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INVESTMENT
STRATEGY
Del team Research & Investment Strategy
17 giugno 2016
Prevalgono i timori per la Brexit, crescita ancora
fragile
Le politiche monetarie divergenti non basteranno a dare impulso agli
asset rischiosi
Punti chiave


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

Nessuna modifica all’asset allocation: visto
il clima di incertezza, confermiamo una
strategia prudente, con esposizione
underweight sull’azionario e una view positiva
sul credito. Continuiamo a raccomandare di
coprire il rischio di una possibile Brexit.
L’impatto immediato di una vittoria del "leave"
sugli asset rischiosi sarebbe forte, sebbene
non ai livelli del periodo della crisi finanziaria.
Non possiamo inoltre escludere ripercussioni
negative più persistenti tra mercati, economie
e a livello politico in Europa.
Riteniamo più probabile una vittoria del voto
per rimanere nell’UE, che andrebbe a
innescare un relief rally di breve durata,
spingendo al rialzo i rendimenti dei Gilt. Le
valutazioni elevate dei mercati azionari
dovrebbero limitare il potenziale di rialzo.
Il referendum ha scoperchiato un vaso di
Pandora di incertezze politiche in Europa, che
vanno dalla balcanizzazione a una maggiore
integrazione.
Le nostre previsioni di crescita globale per il
2016 rimangono al 2,8%. Eppure, la crescita
resta fragile. La debolezza del comparto
manifatturiero US è bilanciata da una lieve
accelerazione nell’Area Euro e in Giappone.
Come previsto, in un clima di incertezza
economica e politica, le principali banche
centrali hanno optato per l’inerzia. In caso di
Brexit, prevediamo un’iniezione coordinata di
liquidità allo scopo di mitigare le turbolenza
dei mercati. In caso di “Bremain”, prevediamo
un ritorno delle divergenze di politica
monetaria, con un probabile rialzo della Fed a
luglio. Con ogni probabilità, a fronte di
un’inflazione ancora bassa, a settembre la
BCE annuncerà un’estensione dei suoi
programmi di acquisti di titoli. La BoJ
probabilmente implementerà ulteriori
interventi di QQE nel corso dell'autunno.
La Fed abbassa le previsioni a lungo termine dal 3,25% al 3%
US Fed funds rates projections (end of year)
4.0%
3.5%
3.0%
2.5%
1.63%
1.5%
1.0%
0.0%
3.5%
3.0%
2.38%
2.0%
0.5%
4.0%
AXA IM baseline
1Y risk-adjusted forwards (15 June 2016)
FOMC median (15 Jun 2016)
Implied by Euro$ options (15 June 2016)
0.875%
0.375%
03-16
0.9%
0.65%
2016
Fonte: Datastream e AXA IM Research
Asset allocation suggerita
Global allocation
Cash
Equities
Government bonds
Credit
▲/▼ Changes of the month
2017
1.125%
3.0%
2.5%
2.0%
1.375%
1.0%
1.5%
1.0%
0.5%
2018
2019
Short term
(3-6M)
Medium term
(12-24M)
●
●
=
●
=
●
●
=
0.0%
Fonte: AXA IM Research
Considerata la straordinaria incertezza che domina i mercati
finanziari nell’attesa del referendum sulla Brexit, in questa testo
abbiamo messo insieme i principali elementi emersi dalla
nostra analisi, anziché analizzare il contesto macroeconomico
generale o procedere ad analisi di mercato più approfondite.
Abbiamo scritto molto sul potenziale impatto che l’ormai
imminente referendum sulla Brexit potrebbe avere
sull’economia del Regno Unito1 e sul resto dell’UE2.
Considerando i possibili futuri scenari che si prospettano
per l’UE dopo il referendum3, siamo convinti che la
questione più pressante per l'Unione Europea sia
costituita dalle conseguenze politiche nel tempo.
Abbiamo considerato anche l’impatto del referendum
sulle principali asset class europee4. In questo articolo
abbiamo sintetizzato tutte le ricerche condotte e abbiamo
inserito dei link per potere accedere agevolmente ai
documenti sottostanti.
Nel Regno Unito il PIL potrebbe perdere dal 2
al 7%, la sterlina potrebbe avere una flessione
del 10% e i titoli azionari britannici potrebbero
subire perdite del 10 - 15%
In base alla nostra valutazione del potenziale impatto
della Brexit sull’economia britannica abbiamo concluso
che, se il Regno Unito dovesse uscire dall’UE, il PIL
nazionale entro il 2030 potrebbe calare del 2 - 7%.
Come previsto, quasi tutte le asset class nel Regno Unito
hanno
evidenziato
oscillazioni
sincronizzate
e
idiosincratiche, in linea con l’aumento o l’attenuazione
dei timori sulla Brexit. La sterlina si è dimostrata il
barometro più sensibile del sentiment in relazione alla
Brexit e prevediamo che possa subire un deprezzamento
del 10% vs l’USD. In conclusione, ci aspettiamo che i
mercati sconteranno la probabilità di un ulteriore
allentamento della politica monetaria in caso di uscita
dall’UE. I mercati obbligazionari sono stati in balia di
forze opposte: la prospettiva di un allentamento
monetario e il rischio di fughe di capitali. Queste forze
contrastanti hanno in linea di massima neutralizzato
l’impatto sulle scadenze a dieci anni.
Le prospettive per quanto concerne gli asset rischiosi ci
sembrano più preoccupanti5. La debolezza dell’attività a
livello nazionale potrebbe fare insorgere qualche timore
per gli utili, nonostante gli elevati proventi derivanti dagli
scambi internazionali, che sarebbero favoriti dal previsto
deprezzamento della sterlina. In caso di decisione pro
uscita dall’Unione Europea, le valutazioni sul mercato
azionario britannico a nostro avviso registrerebbero una
correzione del 10%-15% e il credito IG denominato in
sterline guadagnerebbe 50 bps.
1
Page, D., “Brexit”, AXA IM Research, 19 febbraio 2016.
Alimi, M., “L’impatto economico della Brexit sulla UE”, AXA IM
Research, 31 maggio 2016
3 Alimi, M., “Europe after the UK referendum”, AXA IM Research, 1
giugno 2016
4 Wenzel, F., “Brexit impact on European asset markets”, e
Venizelos, G., “Brexit and credit”, AXA IM Research, 10 giugno
2016
5 Page, D., “Brexit impact on UK asset markets”, AXA IM Research,
25 maggio 2016
2
Impatto limitato sulla crescita dell’Area Euro
Il risultato del referendum si farà probabilmente sentire
anche nel resto dell’UE. A nostro parere l’impatto
economico diretto della Brexit sull'economia dell’Area
Euro sarà probabilmente negativo, ma non di grande
entità: si limiterà a circa lo 0,5% del PIL, distribuito su più
anni.
L'impatto più evidente e preoccupante del referendum
sarebbe il suo effetto sulla politica europea e sulle future
sorti dell’Unione. Attualmente a nostro avviso l’UE è
istituzionalmente debole, incapace di ridare impulso alla
crescita, di influire sulla globalizzazione o di affrontare in
modo efficace le questioni migratorie. Per questa
ragione, qualunque sia l’esito del referendum nel Regno
Unito, ne deriveranno rischi e opportunità per il futuro
dell’UE; potrebbe ad esempio tornare in auge il “rischio
di ridenominazione” e si potrebbe ripresentare la
possibilità di un’Area Euro di dimensioni ridotte.
L’esatta natura degli accordi commerciali post-Brexit
sarà importante per gli scambi tra Area Euro e Regno
Unito, che rappresentano il 5% del PIL. L’atteso
rallentamento del PIL e il deciso deprezzamento della
sterlina con ogni probabilità ridurranno l’attuale surplus
commerciale. Tuttavia, l’attività commerciale nell’Area
Euro potrebbe essere favorita dal rimpatrio di servizi
finanziari, con una riduzione delle importazioni dal Regno
Unito. Il ribilanciamento delle attività post-Brexit, ad
esempio per quanto riguarda i servizi finanziari, potrebbe
anche comportare un reindirizzamento degli investimenti
esteri diretti dal Regno Unito, attualmente loro principale
destinazione per l’UE, verso il resto dell’Area Euro. Ad
ogni modo, la preoccupazione generale per l’Area Euro
in seguito alla Brexit potrebbe frenare gli afflussi,
soprattutto nel breve termine. La fiducia nelle economie
dell’UE potrebbe affievolirsi, anche se un impatto di
questo genere dipenderebbe molto dal tipo di reazione
delle autorità dell’UE, e in particolare di quelle dell’Area
Euro, in caso di vittoria dei fautori del "leave".
Flessione della crescita nell’Europa centroorientale dello 0,3 - 0,9%
La Brexit potrebbe anche avere un impatto diretto sulle
economie dell’Europa centro-orientale6, attraverso
quattro diversi canali di trasmissione: attività
commerciale, investimenti esteri diretti, contributi UE alla
regione e pagamento delle rimesse. Il surplus
commerciale dei Paesi dell’Europa centro-orientale, ad
esempio, potrebbe risentire del rallentamento del PIL nel
Regno Unito e dell’atteso deprezzamento della sterlina.
Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria registrano un
surplus commerciale bilaterale con il Regno Unito pari,
rispettivamente, al 2%, all’1% e all’1% del PIL. I flussi di
investimenti esteri diretti dal Regno Unito verso i Paesi
dell’Europa centro-orientale oscillano tra il 2% e il 10%
del PIL, con l’Ungheria che si aggiudica il 10%. Il
rallentamento dell'attività nel Regno Unito potrebbe
6
Davradakis, M., “Brexit and Central Easter Europe”, AXA IM
Research, 10 giugno 2016
2 AXA INVESTMENT MANAGERS - INVESTMENT RESEARCH - 17/06/2016
anche ridurre o portare a un’inversione di questi flussi di
investimenti, soprattutto dove si predilige la forma del
portafoglio di investimenti (Ungheria e Bulgaria). La
Brexit potrebbe provocare una contrazione del bilancio
dell’UE, al quale attualmente il Regno Unito contribuisce
per il 10%. Ciò a sua volta ridurrebbe gli afflussi di fondi
verso i maggiori Paesi dell’Europa centro-orientale, che
attualmente ricevono fondi dall’UE per circa il 2%-6% del
PIL. Infine, le economie dell’Europa centro-orientale
potrebbero registrare un calo delle rimesse dal Regno
Unito a causa del rallentamento dell'attività economica,
seppure un effetto di questo tipo dovrebbe essere di
entità modesta. Tenendo conto di tutti questi fattori, ci
aspettiamo un impatto negativo sulle maggiori economie
dell’Europa centro-orientale intorno allo 0,3-0,9% del PIL.
È inoltre probabile che le economie dell’Europa centroorientale (non appartenenti all’area dell’euro) abbiano un
ruolo determinante nel quadro di incertezza politica che
mina la sacralità del concetto di mercato unico. Le
relazioni tra l’UE e alcune importanti economie di
quest'area, come la Polonia e l’Ungheria, negli ultimi
anni hanno avuto un forte sviluppo. Questi e altri Paesi
potrebbero seguire l'esempio del Regno Unito,
introducendo riforme di portata nazionale e indicendo
consultazioni referendarie. I possibili scenari che ne
risulterebbero potranno variare in base alla reazione
dell’UE. Come nel caso del Regno Unito, ci
aspetteremmo che l’UE tenga fede ai suoi principi
cardine e rifiuti di accettare un’ulteriore diluizione delle
sue istituzioni democratiche. Anche in caso di
consultazioni referendarie, i Paesi dell’Europa centroorientale dovranno poi considerare la perdita del
supporto di politica economica che l’appartenenza
all’Unione assicura alle loro economie, e si dovranno
preoccupare della possibilità di entrare nella sfera
d’influenza della Russia una volta lasciata l’Unione
Europea. Questa eventualità potrebbe aumentare il costo
percepito dell’uscita dall’UE per questi Paesi. È
interessante osservare che, se da un lato dai recenti
sondaggi condotti in Polonia e Ungheria emerge un 40%
di favorevoli ai referendum, relativamente bassa (pari,
rispettivamente al 22% e al 29%) è la percentuale di
coloro che si dicono pronti a votare a favore dell’uscita
dall’Europa.
I mercati dell’UE: modalità risk-off, ribassi
azionari compresi tra il 10 e il 15%, rendimenti
dei Bund in territorio negativo
Gli asset rischiosi dell’Area Euro risentirebbero
negativamente della Brexit. L’impatto diretto sugli utili
societari dell’Area Euro è relativamente contenuto, in
quanto i proventi esposti al Regno Unito rappresentano
meno del 5% dell’esposizione totale. Ciò nonostante, la
correlazione tra i due mercati è stata forte e le
preoccupazioni di ordine politico giustificano in larga
misura il beta di 1,1 delle quotazioni azionarie dell’Area
Euro rispetto alle azioni del Regno Unito. A nostro
avviso, in caso di Brexit i valori azionari dell’Area Euro
perderanno fino al 10-15%. Anche i mercati del credito
dell’Area Euro risentirebbero di una vittoria del “leave”,
che potrebbe portare a un sostanziale ampliamento degli
spread. Un impatto di questo tipo dovrebbe comunque
essere direttamente attenuato dal programma di acquisti
di titoli (CSPP) della Banca centrale europea (BCE). Gli
spread del credito IG dovrebbero guadagnare 10-20 bps,
dai 5-10 bps dei titoli non finanziari che potrebbero
rientrare nel CSPP ai 30-40 bps per i titoli finanziari
subordinati. Riteniamo che il probabile impatto sul credito
US sarà limitato per ragioni legate al flight to quality.
L’ondata di avversione al rischio che la Brexit
provocherebbe in tutta l’Area Euro potrebbe comportare
una riduzione dei tassi nei paesi ‘core’. Ciò si
manifesterebbe con l’impatto combinato di un
deterioramento del sentiment sul rischio e di crescenti
aspettative di ulteriori stimoli monetari. Per quanto
riguarda il deterioramento dell’appetito per il rischio, in
caso di Brexit prospettiamo una flessione dei rendimenti
sui Bund a 10 anni fino a 25 bps.
Una tale incertezza politica sarebbe di ostacolo all'attività
economica e perturberebbe i mercati finanziari. Ciò fa
lievitare il rischio di un deciso peggioramento delle
condizioni finanziarie dopo il voto, che andrebbe ad
aggravare le difficoltà di crescita dell’UE. In anticipazione
di un esito di questo tipo, ci aspettiamo che le autorità
dell’UE e dell’Area Euro reagiscano prontamente a
un’eventuale vittoria dei favorevoli alla Brexit, affermando
unità e integrazione e discutendo delle misure
necessarie per sostenere nell’immediato l’Unione
Europea e creare prospettive positive per il suo futuro.
Sicuramente non sarà facile.
AXA INVESTMENT MANAGERS - INVESTMENT RESEARCH - 17/06/20163
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