Master di Coordinamento delle Professioni Sanitarie D.ssa

Master di Coordinamento delle Professioni Sanitarie
D.ssa STELLINO
8 – 15 Marzo 2008
ASPETTI ETICI
Nel corso delle lezioni verranno affrontati 3 argomenti (=”attrezzi” per lo svolgimento della nostra
professione):
1. Lo sviluppo morale
2. I principi dell’etica
3. Analisi transazionale. La teoria di Berne “Il modello della relazione sotto il profilo etico”
Glossario:
Morale = insieme dei valori che noi poniamo a riferimento del nostro agire (ogni persona, gruppo,
popolo può avere una sua morale)
Etica = riflessione sui comportamenti dell’uomo (ci sono molte teorie etiche)
Deontologia = fa capo ai diversi codici deontologici professionali (codici professionali  elenchi
del “chi” devo essere con l’ obiettivo di acquisire una propria identità professionale/ diverso dal
mansionario che definisce il “cosa” devo fare)
Bioetica = etica riportata alla medicina e all’uso delle nuove tecnologie (affronta problematiche
relative per esempio all’eutanasia, alla clonazione, ecc) e, quindi, più legata all’aspetto medico
2) I principi dell’etica
 Principali TEIORIE etiche:
ETICA DEONTOLOGICA = la moralità di un atto/omissione dipende dal principio che lo giustifica e
non dalle conseguenze. Enfatizzano invece l’insieme di regole e responsabilità a cui ogni
professionista è obbligato ad aderire.
ETICA CONSEQUENZIALISTA = la moralità di un atto/omissione dipende dalle conseguenze
prodotte da quell’atto/omissione.
ETICA delle VIRTU’ =
ETICA delle SITUAZIONI = il contesto e le circostanze determinano quelle azioni/omissioni che sono
moralmente lecite. In questo modello non sono solo le “norme” a determinare se un’azione è
etica o meno ma il vissuto individuale, le caratteristiche soggettive ed intersoggettive del
momento e dei partecipanti. E’ il contesto a determinare la libertà di un comportamento.
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
Principi di un’etica clinica = linee guida che devono orientare gli operatori nel loro
agire quotidiano. Spesso il “carico” quotidiano non permette di vedere in modo chiaro ciò
che stiamo facendo, come stiamo operando. A volte sarebbe utile “staccarci” dalla
confusione e dal “fare” per tentare di “osservare dall’alto” il nostro modo di operare. Noi
siamo chiamati a lavorare per il “malato” e con i “colleghi” (= persone) e questo non è fine
a sé stesso ma ha come obiettivo quello di ricercare il “benessere” delle persone nel loro
complesso. A livello di coordinamento, ciò che è importante è tentare di dare senso alle
cose, a ciò che si fa promuovendo confronto e comunicazione tra le persone.
E’, dunque, determinante far riferimento ai principi etici apprezzati e, ormai, ampiamente
condivisi:
A. Principio di rispetto per l’autonomia del malato
B. Principio di beneficienza o beneficialità
C. Principio di non maleficienza
D. Principio di giustizia
E. Principio di integrità morale della professione
1. Principio di rispetto per l’autonomia del malato
 Rispetto della libertà dell’altro
 Rispetto delle decisioni della persona assistita
 Legittima l’obbligatorietà del consenso libero ed informato
 Esige che si rispettino da parte dei sanitari le richieste del malato formulate in
modo libero ed informato, e in senso più lato, che si promuova e si alimenti
l’autonomia decisionale di chi si affida alle cure di un medico, di un infermiere,
di un operatore sanitario in genere.
 Commento  Tale principio impone di rispettare la volontà del malato. Tutti
noi nel nostro operare quotidiano tentiamo, però, di cadere nel
“paternalismo” (“so io ciò che è bene per te”).Tale atteggiamento è da evitare.
Assume importanza determinante in relazione a questo aspetto sia la nostra
disponibilità a spiegare al malato ciò che sta accadendo e ciò che si sta facendo
per lui sia la nostra disponibilità all’ascolto delle sue paure, richieste, ecc.
Rispettare la sua autonomia non significa solo chiedere il consenso attraverso
una banale firma, ma preoccuparci da capire se la persona ha compreso tutto
ciò che sta accadendo attorno a lui. Noi dobbiamo creare le condizioni
favorevoli per fare sì che il malato capisca e possa esternare le sue paure e
perplessità, convinti del fatto che noi non siamo “l’altro” e proprio in quanto
tale è diverso da noi e, quindi, AUTONOMO. Questa autonomia viene sancita
anche a livello giuridico poiché è sempre il malato che decide per sé stesso.
Il consenso, inoltre, deve essere informato ed è dunque fondamentale
informare il paziente rispetto a ciò che si prospetta nel suo futuro in termini di
cura, trattamenti, ecc. Questo occorre farlo con parole giuste e la momento
giusto. Per assolvere al nostro compito di informazione del paziente occorre
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professionalità e formazione ma soprattutto autenticità (il malato capisce
anche il nostro “non detto”)
2. Principio di beneficienza o beneficialità
 Il dovere di beneficienza chiede al sanitario di fare il bene del malato, di
rimuovere il male che l’ha colpito e, se possibile, di prevenire mali e danni
 Commento  Tale principio impone di operare sempre per ottenere la
situazione migliore per il malato e cioè per il suo “bene”. Come detto sopra, è
importante accertarsi che quest’ultimo possa consapevolmente scegliere il suo
bene in relazione alla sua malattia. Da un punto di vista etico, gli operatori
sanitari sono tenuti a chiedersi costantemente se ciò che stanno facendo
“giova” al malato (e non a sé stessi).
3. Principio di nonmaleficienza
 Prevenzione o rimozione del male
 Il dovere di non-maleficienza si limita a vietare di arrecare danno al malato,
nella linea del motto “ippocratico”: “ primum non nocere….”
 CommentoTale principio impone di accertarsi di non operare in direzione
opposta al bene del malato. Non sempre è, tuttavia, facile entrare in sintonia
con il malato e riuscire ad ascoltarlo e guidarlo verso il suo bene; ciò che è
importante è essere consapevoli che se tali condizioni non si sono venute a
creare si può (anzi si deve) lasciar fare ad altri togliendoci dalla situazione
(chiedere di essere sostituiti da altri colleghi = azione di grande professionalità
e responsabilità)
4. Principio di giustizia. Esige che:
 Si valutino le ricadute, le conseguenze sociali (ossia gli effetti positivi o negativi
su terzi) di una decisione clinica presa nell’interesse di un malato
 Si ripartiscano equamente i vantaggi e gli svantaggi, i benefici e gli oneri
complessivi (attuali e futuri, immediati e a lunga scadenza) provenienti da
un’azione inizialmente progettata e realizzata all’interno della diade medico –
paziente
 Commento  Tale principio impone di essere equi con il malato e con i
colleghi. L’essere “giusti” non è tanto uno stato bensì un divenire assieme agli
altri. A volte può essere sufficiente porsi delle domande rispetto al giusto/non
giusto per non cadere nell’indifferenza e nel qualunquismo.
5. Principio dell’integrità morale della professione
 “esigi di essere trattato come una persona autonoma e come un buon
professionista”  esigi cioè di essere rispettato nelle tue proprie opzioni
morali
 Come si vede è una sorta di principio ribaltato sul versante del professionista e
su quei criteri di condotta sui quali si basano gli standard ritenuti validi dalla
comunità medico – scientifica (è il diritto di agire secondo scienza e coscienza)
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
Commento Tale principio sancisce al professionista la propria autonomia
nell’esercitare la professione
 Questi sono i principi universali frutto della stesura di tante carte etiche universali la cui
tecnica di base comune è quella di dar senso al nostro operare ponendoci in continuazione
“buone domande”
 “Quando l’organizzazione è ben integrata l’energia prodotta diventa maggiore della somma
degli sforzi per ottenerla, si produce energia. A questo non si può arrivare solo con sforzi
materiali; solo nella sfera morale si può ottenere più di quanto si è speso. Gli elementi che
intervengono per attivare un giusto spirito direttivo vanno ricercati nell’etica. Non un’etica
teorica ma pratica, che si manifesta in comportamenti tangibili, visibili, misurabili” (Cecilia
Cortese)  a volte, l’unica chiave per uscire dai “conflitti” è l’aspetto etico che ci consente
di spostare la logica da “me” all’”altro” (malato, collega, ecc)
3) Lo sviluppo morale
(“la maturità morale è la condizione per una vera professionalità)
Gli stadi di giudizio morale (Lawrence Kohlberg)
1° ASSIOMA: “ Non è importante quello che fai ma come lo fai”  ciò che conta nella morale è il
“perché” faccio un’azione (per me o per gli altri). In base a questo assioma devo rivoluzionarmi
internamente partendo dall’analisi cognitiva del contesto valutandone tutte le diversità e gli
aspetti morali ed i valori che lo caratterizzano
2° ASSIOMA: “ci sono 3 livelli di moralità: bassa moralità, media moralità, alta moralità. Non si può
passare velocemente da un livello all’altro ma lo sviluppo della moralità è un processo lento
costituito da acquisizioni graduali”.
 LIVELLI:
I . LIVELLO PRE-CONVENZIONALE. Composto da 2 stadi:
1° stadio  agire per paura = tipico dell’età infantile o adolescenziale e frequente
soprattutto a prime fasi del nostro lavoro. E’ lo stadio caratterizzato dalla paura di
sbagliare, di parlare, di agire. Talvolta questo stadio si risolve con l’esperienza ma
alcune persone rimangono vittime della paura per tutta la vita. In realtà, non
dovremmo mai aver paura di operare per il bene del malato
2° stadio  agire per proprio tornaconto = è importante renderci conto che
l’opportunismo in realtà ci caratterizza tutti e non è solo di tipo economico bensì di
prestigio. Un buon modo per valutarci è quello di “osservarci” quando non siamo
osservati da terzi: capire come operiamo quando non dobbiamo render conto a
nessuno se non a noi stessi a alla persona nei confronti della quale operiamo.
 Basso livello di moralità
 Situazione di dipendenza da sé stessi
Conclusioni – Al livello pre-convenzionale le giustificazioni morali si concentrano
su considerazioni pragmatiche:
- Il soddisfacimento di bisogni ed interessi
- Evitare un danno concreto a sé stessi
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- L’obbedienza alle regole e alle figure autoritarie
II . LIVELLO CONVENZIONALE. Composto da 2 stadi:
3° stadio  obbedire alle regole = l’obbedienza è determinata dalle regole del
gruppo che nei miei confronti diventa una potenza perché può agire su di me una
forte pressione sociale. Il rischio è quello di essere influenzato dal gruppo a tal
punto da perdere il proprio senso critico. Il gruppo è importante ma non deve
annientare il singolo.
4° stadio  fare il proprio dovere = le regole che caratterizzano i conteso devono
essere moralmente corrette. Qualora alcune direttive esulassero dai principi
morali queste devono essere segnalate, contestate, discusse. Non dobbiamo
abdicare alla possibilità di criticare quanto imposto se moralmente non corretto,
con il solo obiettivo di eseguire, fare il nostro dovere e basta. Come abbiamo
detto, nel fare il proprio dovere è determinante sempre fare il bene dell’altro e se
questo viene meno va dichiarato (non sempre essere eccessivamente “ligi” è
positivo).
 Media moralità
 Situazione di dipendenza dal gruppo
Conclusioni – A livello convenzionale la persona cerca di vivere in accordo con
regole condivise, ha una concezione interiorizzata di “brava persona”
- Stadio 3: la “brava persona” è colui che ha buone intenzioni, mostra
interesse per gli altri, entra in relazioni reciproche, vive in base alle
aspettative degli altri, rispetta i diritti ed i doveri del gruppo
- Stadio 4: la coscienza dell’individuo definisce e risponde agli obblighi e ai
diritti che sono incorporati nelle istituzioni sociali, legali, morali, religiose
delle società.
-  in questo stadio si registra un movimento in avanti anche se l’individuo è
ancora “tenuto” e “vincolato” dal gruppo.
III. LIVELLO POST CONVENZIONALE. Si divide in 2 stadi:
5° stadio  riconoscere giusto ciò che è bene per la persona = non si è più
concentrati su sé stessi ne influenzati dal gruppo ma la logica del nostro operare
è polarizzata su malato, sulle sue peculiarità, sulle sue necessità.
6° stadio  ispirarsi ai principi universali = regolare il proprio operato in base ai
principi prima accennati.
 Alta moralità
 Situazione di autonomia
Conclusioni – A livello post convenzionale, la persona ha sviluppato principi
morali astratti che tendono a focalizzarsi sulla libertà, l’uguaglianza, la giustizia,
la comunanza, la benevolenza ed il rispetto per la dignità dell’individuo.
I principi incorporano considerazioni morali generali che sono al di sopra delle
regole. Si focalizzano su valori positivi come: vita, libertà, dignità.
- Stadio 5  gli obblighi, le aspettative ed i diritti morali specifici
devono derivare da valori e diritti umani fondamentali che
creano la base di una società giusta. In caso di conflitto, i
principi diventano prioritari rispetto alle leggi effettive e alle
abitudini culturali. La validità di una legge viene valutata sulla
base di principi morali più generali.
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-
Stadio 6  i principi morali si differiscono alla giustizia, al
rispetto intrinseco per la dignità umana, alla preoccupazione
universale per gli altri, alla massima libertà compatibile con la
libertà altrui e all’equità nella distribuzione del bene, nel
rispetto reciproco.
 “ Gli uomini hanno perduto questa verità ma tu non la dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile
della tua rosa…….
Io sono responsabile della mia rosa…….Ripetè il piccolo principe per ricordarselo”
“Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene con il cuore.
L’essenziale è invisibile agli occhi”
(Saint Exupéry)
3) Analisi transazionale. Il modello di Berne
Berne ci aiuta a capire quale posizione abbiamo rispetto all’altro e per questo suddivide le persone
in 4 gruppi:
1) Io sono ok
Tu sei ok
2) Io sono ok
Tu non sei ok
____________________________________________
3) Io non sono ok
Tu sei ok
4) Io non sono ok
Tu non sei ok
1) Io sono ok/Tu sei ok  persona ottimista, positiva che sa di valere e apprezza gli altri.
Questo è un ottimismo “buono” che mette in luce la persona e non è da confondere con la
superficialità. Il leader che si colloca in questo gruppo è un leader positivo. È una persona
che suscita e da fiducia all’altro. L’essere ottimista dipende sicuramente dal nostro
carattere e anche dal nostro vissuto. Sapere che gli altri valgono significa incentivare,
valorizzare, rendere positivo, stimolare, motivare ogni individuo con le sue capacità e con i
suoi limiti. Per valorizzare gli altri però è indispensabile avere fiducia e stima in sé stessi. La
positività sta nella capacità di trasformare gli errori in opportunità di apprendimento.
2) Io non sono ok/Tu non sei ok  persona che si considera “brava” ma gli altri molto meno.
Spesso interviene con frasi del tipo “lascia stare, faccio io” che non sempre nasconde
solidarietà ma sfiducia nell’altro. La convinzione è quella di valere molto rispetto al gruppo
ma, in questo caso, non ha molto senso lavorare per il gruppo in quanto tutto incentrato su
una sola persona. In realtà, ogni persona dovrebbe prima di valutare gli altri valutare sé
stessa e partire dal presupposto che gli altri, proprio in quanto “altro” da me sono diversi e
non per questo meno validi.
3) Io non sono ok/Tu sei ok  persona con bassa o nulla autostima, convinta di non valere e
di non essere capace rispetto agli altri molto capaci. In questa situazione diventa molto
complesso motivare gli altri in quanto insoddisfatti di sé stessi, la negatività non conduce
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alla positività. La persona che si colloca in questo gruppo diventa “vittima” del gruppo e
quest’ultimo diventa“ carnefice”. Anche questo modo di valutare le persone e sé stessi
dipende in parte dal carattere in parte dalle esperienze vissute nella propria vita (infanzia),
il più delle volte svalutanti e demotivanti. A livello di coordinamento, nei confronti di
questo tipo di persone è determinante riprendere la “cosa” e mai la “persona”che deve
sempre essere salvaguardata. Un coordinatore di questo tipo non riuscirà mai ad essere
autorevole nei confronti degli altri (l’autorevolezza non sta tanto in COSA dico ma in COME
lo dico)
4) Io non sono ok/Tu non sei ok  persone negative a cui non va bene nulla, tutto fa schifo,
tutto è da buttare. E’ una persona pessimista poiché convinta che nulla serve, nessuna
occasione è sfruttata per apprendere, nessuna novità è gradita.
Rispetto ai 4 gruppi proposti da Berne, ciò che è importante è collocare noi stessi e le
persone che compongono il nostro gruppo o che via via incontriamo (malati e colleghi). A
seconda degli episodi e dei diversi momenti della vita possiamo essere persone ottimiste,
pessimiste, possibiliste, ecc…..ciò che è importante è esserne consapevoli.
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