CBL usato come oscilloscopio: risonanza RLC

CBL usato come oscilloscopio: risonanza RLC
Michela Farronato
Contributo al 5° CONGRESSO NAZIONALE ADT, Monopoli
Questo lavoro è nato nell’ambito di una tesi di laurea “Una proposta didattica per
laboratorio di fisica con acquisizione dati in tempo reale RTL”. (Università di Padova
2002, relatore prof. G.Torzo)
1. Introduzione
I sistemi risonanti sono una parte importante nell’insegnamento della fisica ma
raramente essi vengono affrontati sperimentalmente.
In particolare, i circuiti risonanti RLC vengono quasi sempre trattati solo in modo
teorico perché un loro studio sperimentale nel laboratorio tradizionale richiede un uso
non banale dell’oscilloscopio e solo impiegando un costoso oscilloscopio digitale,
dotato di memoria, si può affrontarne uno studio quantitativo esauriente.
Invece se si utilizza CBL o analoga interfaccia per uso didattico, collegata a PC o a
calcolatrice grafica, la sperimentazione diventa assai più agevole e consente anche
un’analisi successiva sui segnali raccolti. Essi infatti vengono memorizzati nella loro
interezza e possono quindi venire rielaborati, numericamente o graficamente, anche
dagli studenti lontani dal laboratorio.
Il solo accorgimento necessario è scegliere intervalli di frequenze adatti alla limitata
velocità di camp ionamento dell’interfaccia. Qui la situazione è simmetrica a quella del
laboratorio con oscilloscopio: la banda passante dei comuni oscilloscopi è dell’ordine
dei MHz (qui dell’ordine dei kHz), ma con CBL non c’è limite a bassa frequenza,
mentre per l’oscilloscopio tradizionale è necessario lavorare sempre a frequenze
superiori a 50Hz per ottenere una immagine stabile sullo schermo.
2. Circuito alimentato in regime sinusoidale.
Studiamo il comportamento di un circuito RLC quando esso è alimentato in regime
sinusoidale da un generatore a frequenza variabile.
1
Questo studio diventa relativamente semplice se si usa un generatore di segnali, dotato
di una uscita analogica Vf proporzionale alla frequenza, ed un rettificatore- integratore
per rivelare l’ampiezza della oscillazione in funzione della frequenza.
L’equazione del circuito è:
L
dI q
+ + RI = V0 cos( ωt + ϕ)
dt C
Deriviamo l’equazione rispetto al tempo ponendo I = - dq/dt e otteniamo un’equazione
differenziale non omogenea per la carica q(t):
V
d 2 q R dq
q
+
+
= 0 cos( ωt + ϕ)
2
dt
L dt LC
L
la cui soluzione stazionaria dev’essere un segnale di frequenza uguale a quella del
segnale di polarizzazione (forzante) e sfasato di un angolo ϕ.
Figura 1: Circuito per misure della curva di risonanza
In parallelo all’elemento (resistore, condensatore o induttore) di cui vogliamo
analizzare l’andamento, poniamo un raddrizzatore-integratore a semionda costruito
con un diodo Shottky e un condensatore. All’uscita del raddrizzatore- integratore
otteniamo una tensione continua Va pari all’ampiezza della tensione oscillante ai capi
dell’elemento in parallelo.
La CBL connessa alla TI 89 misura Va e Vf al variare della frequenza del segnale che
viene controllata manualmente agendo su un potenziometro del generatore.
La tensione Vf, proporzionale alla frequenza del segnale sinusoidale, è letta dal primo
canale e l’ampiezza Va del segnale ai capi dell’elemento studiato è letta dal secondo
canale.
2
Per poter misurare la curva di risonanza ai capi di R, di L e di C è necessario fare tre
diverse acquisizioni posizionando, di volta in volta, il componente analizzato con un
terminale a massa; questo se usiamo i sensori di tensione Vernier standard che
leggono solo tensioni riferite alla massa comune 1 .
Usiamo una resistenza R = 1 KΩ, una capacità C = 94 nF e un’induttanza L = 0.314 H
(questi valori sono stati scelti per ottenere un segnale più facilmente rivelabile ai capi
di R e per mettere in evidenza l’effetto del coefficiente di smorzamento).
Un esempio di acquisizione per il segnale ai capi R, di L e di C, ottenuto con segnale
sinusoidale di ampiezza Vo = 4.3V, è fornito in figura 2, ove l’asse delle ascisse (X) è
ancora nella unità di misura (V) del segnale Vf.
Figura 2: Tensione misurata ai capi di R, di L e di C, in funzione della tensione Vf.
Per tracciare i grafici con l’asse delle ascisse nelle usuali unità di misura della
frequenza (Hz) si deve ricavare la relazione tra Vf e frequenza f (taratura del segnale):
si eseguono alcune acquisizioni del segnale sinusoidale prelevato all’uscita del
generatore e della tensione Vf e si misura per ciascun valore di Vf il periodo T della
sinusoide, mediante lettura degli intervalli di tempo in modalità TRACE.
Una interpolazione lineare Y=AX+B dei valori (1/T) verso Vf fornisce i parametri
della relazione cercata: f = AVf +B.
In figura 3 sono riportati i grafici della tensione in funzione della frequenza. Dato che
la tensione dipende linearmente dalla frequenza, questi grafici hanno la stessa forma
di quelli riportati in figura 2 e su questi possiamo fare alcune osservazioni qualitative.
1
Se si usano invece una interfaccia LabPro e 3 sonde di tensione differenziale (con i relativi circuiti
raddrizzatori-integratori) si possono ottenere contemporaneamente le tre curve di risonanza
(Va → CH1, VR → CH2, VC → CH3, VL → CH4).
3
Il grafico della tensione ai capi della resistenza parte da zero a frequenza zero e tende
a zero a frequenza infinita, passando per Vo = 4.3 V al valore di picco.
Figura 3: Le tre curve di risonanza graficate come ampiezza verso frequenza.
Invece il grafico della tensione ai capi della capacità parte da ampiezza pari a Vo e
sale ad un valore di picco > Vo per annullarsi a frequenza infinita. La curva relativa
alla induttanza parte da ampiezza nulla, sale ad un valore di picco > Vo per tendere
ad ampiezza pari a Vo a frequenza infinita.
Osserviamo poi che i massimi delle tre curve non corrispondono esattamente alla
stessa frequenza.
Per capire le ragioni di questi andamenti si dovrà utilizzare un modello teorico, e per
effettuare delle verifiche quantitative di tale modello si potranno utilizzare le capacità
grafiche e di calcolo della TI 89.
2.1. Modello per interpretare i dati sperimentali.
Per ottenere una previsione teorica per l’andamento delle ampiezze in funzione della
frequenza del segnale di polarizzazione, possiamo utilizzare la legge di Ohm.
Sappiamo che le impedenze di capacità e induttanza dipendono dalla frequenza e
quindi, per questo circuito, la legge di Ohm V = RI va scritta V(ω) = Z(ω)I(ω), ove
Z(ω) è l’impedenza di ciascun elemento (ZR = R, ZC = 1/jωC, ZL = jωL) e ω = 2πν è
la pulsazione del segnale a.c. 2 .
La f.e.m. del generatore V(t,ω) è la somma delle d.d.p. ai capi degli elementi in serie:
2
Per la parte resistiva bisogna fare attenzione: l’induttanza presenta una componente resistiva, dovuta
alla dissipazione sul nucleo di ferrite, che vale Rs = 83 Ω, se misurata a 1000 Hz con un
impedenzimetro.
4
1
) I ( t , ω) = Z (ω) I (t , ω)
j ωC
V (t , ω) = ( R + jωL +
I segnali sinusoidali possono essere espressi nella forma V(t,ω) = Vo exp(jωt) per la
tensione e I(t,ω) = Io exp(j(ωt + ϕ)) per la corrente. Z(ω) = R + jωL + 1/(jωC) è
l’impedenza totale del circuito che può essere rappresentata anche come
Z = Zo exp(-jϕ) come si può vedere se determiniamo il rapporto V(t,ω)/I(t,ω).
Il segnale ai capi di ogni elemento è dato dal rispettivo fattore di partizione e per le
ampiezze valgono le relazioni:
|V R/Vo | = |R/Z|; |V L/Vo | = |ZL/Z| e |VC/Vo | = |ZC/Z|
ove con |A(jω)| si intende il modulo della grandezza complessa A(jω)
Esplicitando i moduli di ZL ZC e Zo si ottengono le relazioni:
|ZL| = ωL, |ZC| = 1/ωC, |Z| = |R+jωL(1-1/LCω2 )| = (R2 +L2 ω2 (1−ωo 2 /ω2 ))1/2
ove si vede che ω 0 = 1 /( LC ) è la pulsazione a cui il modulo di Z è minimo e pari a
R.
Possiamo riscrivere l’ampiezza ai capi dei tre componenti in funzione della pulsazione
ω e dei valori R, L e C come:
VR = V0
R
R + ( ωL − 1 / ωC )
2
VL = V0
VC = V0
2
1 / ωC
R + ( ωL − 1 / ωC ) 2
2
ωL
R + (ωL − 1 / ωC) 2
2
2.2. Confronto qualitativo
Per una verifica qualitativa basta una semplice analisi delle funzioni |VR|, |VC| e |V L|.
Per frequenza tendente a zero i limiti sono:
VR(0) = 0 ; VL ( 0) = V0 ; VC (0) = 0 ;
per ω = ω0 = 1 /( LC ) si ottengono i valori:
VR (ω 0 ) = V0 ;
VL ( ω0 ) = V0 ω 0 L / R = V0 L / C / R ;
VC (ω 0 ) = V0 / ω0 RC = V0 L / C / R
5
e infine per frequenza tendente a infinito i limiti sono:
VR(∞)= 0 ; VL (∞) = 0 ; VC (∞ ) = V0
Le tre funzioni VR VL
VC sono anche facilmente graficabili con la TI 89 (attraverso
definizioni opportune nell’ambiente Y=) e possono quindi essere confrontate con le
curve sperimentali in tutto l’intervallo di frequenze.
In figura 4 riportiamo le tre curve calcolate con i valori nominali per la tensione Vo e
per gli elementi R, L e C.
Figura 4: Curve teoriche dell’andamento delle tensioni in funzione della frequenza.
Possiamo concludere che i dati raccolti obbediscono, in modo qualitativo, alle
previsioni del modello.
2.3. Confronto quantitativo
Per una verifica quantitativa del modello si possono ancora utilizzare le capacità
grafiche e di calcolo della TI 89, che ci permette di prevedere rapidamente tutti i
dettagli dell’andamento delle ampiezze in funzione della frequenza del segnale di
eccitazione.
Ad esempio, sia nei grafici dei dati sperimentali che in quelli delle funzioni teoriche,
abbiamo visto che il massimo non si trova allo stesso valore della ascissa: il massimo
per VR si ottiene alla frequenza di risonanza, mentre per VL e VC il massimo viene
raggiunto ad una frequenza leggermente inferiore e superiore, rispettivamente.
Per capire da quali parametri del circuito dipende questa separazione dei massimi
dobbiamo calcolare le derivate prime delle tre funzioni e trovare i valori della
frequenza per i quali esse si annullano.
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Questo calcolo può essere fatto con carta e penna ma si tratta di un lavoro lungo e
tedioso: ancora una volta possiamo ricorrere all’aiuto della TI 89. Durante una
lezione, l’uso della calcolatrice grafica può servire per lasciare agli studenti più tempo
per analizzare il problema in sé, senza impegnarli in lunghi calcoli che possono
comunque essere svolti a casa o in un altro momento.
Per semplificare la scrittura delle funzioni possiamo introdurre le notazioni
ω 0 = 1 /( LC ) e γ = R /2L , cosicché ad esempio la funzione VR (normalizzata a Vo )
diventa VR /V0 = 1/ 1 + (ω /2γ) 2[1 − (ω 0 /ω) 2] .
2
In ambiente Home scriviamo le funzioni normalizzate che vogliamo derivare, quindi,
con la sequenza di tasti (F2, 1) che attiva la funzione “SOLVE(”, e poi la sequenza
(F2,1) “derivata(”, lasciamo alla calcolatrice il compito del calcolo.
Per la funzione VR/Vo ritroviamo che il massimo si ha per
ω = ωo .
Analogamente per VC troviamo che il massimo si ha per
ω = ( ω02 − 2 γ 2 ) 1/ 2 ≈ ω 0 (1 − γ 2 ω20 )
Infine per VL: il massimo di VL si ha per
ω = ω 20 ( ω 20 − 2γ 2 )1 / 2 ≈ ω0 (1 + γ 2 ω 20 )
Si vede quindi che la separazione dei massimi vale circa ∆ω LC = 2γ 2 ω 0 , tanto
maggiore quanto maggiore è lo smorzamento.
Se calcoliamo il valore di ∆ω LC con i valori nominali dei componenti usati,
(corrispondenti a γ = 1590 e ωo = 5800), otteniamo il valore 871 rad/s pari ad una
separazione in frequenza di 138 Hz. Se però cerchiamo di interpolare le curve
sperimentali con le funzioni teoriche i valori nominali vanno cambiati in ωo = 6000 e
γ = 1900: in questo modo si ottengono i grafici di figura 5.
7
Figura 5: Curve sperimentali e interpolazioni per i segnali ai capi di R, di L e di C rispettivamente.
2.4. Misura contemporanea di due curve di risonanza
Utilizzando sonde di tensione differenziale è possibile con CBL acquisire
contemporaneamente due curve di risonanza. Ovviamente si dovranno usare anche
due rettificatori- integratori (figura 6).
Figura 6: Circuito per la misura contemporanea di due curve di risonanza (L e C).
Ripetiamo, con questo apparato, una misura delle curve di risonanza con due diversi
valori della resistenza: R1 = 1000 Ω e R2 = 560 Ω.
Figura 7: Segnale ai capi di C (quadrati) e di L (puntini) con R = 1 KΩ (a sinistra), e R = 560 Ω (a
destra) in funzione della frequenza angolare. I valori dell’induttanza e della capacità sono
rispettivamente L = 314 mH e C = 94 nF. Diminuendo la resistenza diminuisce la separazione fra i
picchi mentre aumenta il loro valore.
I grafici mostrano che, diminuendo il valore della resistenza, la separazione tra i
picchi diminuisce (come previsto dalla teoria) e il valore del massimo cresce in misura
uguale per VC e VL.
8
Misuriamo la separazione in frequenza angolare per i segnali con R = 1 KΩ e
confrontiamo il risultato con il valore previsto. La teoria prevede infatti
∆ω =
ω 20
ω − 2γ
2
0
2
− ω20 − 2 γ 2 = 945 rad/s. Il valore determinato sperimentalmente è
pari a ∆ω = 920 rad/s.
2.5. Il fattore di merito della risonanza
Le previsioni teoriche ci dicono che diminuendo il valore della resistenza diminuisce
il valore del modulo dell’impedenza Z. Al limite se R = 0, per ω = ωo , la corrente
tenderebbe a divergere.
Figura 8: Segnale ai capi di R (con C = 94 nF e L = 314 mH). I valori nominali della resistenza sono R
= 1 KΩ, R = 560 ? e R = 100 Ω, rispettivamente. I segnali sono stati acquisiti fornendo la stessa
tensione d’ingresso.
La larghezza della risonanza viene definita come differenza fra i valori ω2 e ω1 (con
ω2>ωo >ω1) in corrispondenza dei quali la tensione si riduce di un fattore
2 rispetto
al valore di picco, condizione soddisfatta per le frequenze che sono soluzioni della
seguente equazione:
9
VR R
1
= =
V0 Z
2
Le due soluzioni sono:
ω2 =
R2
1
R
+
+
= γ 2 + ω 20 + γ
2
4L
LC 2 L
ω1 =
e
R2
1
R
2
2
−
= γ + ω0 − γ
2 +
4 L LC 2L
Se calcoliamo il prodotto dei due valori, troviamo che ωo è il medio proporzionale di
ω1 e ω2 cioè ω 1 :ωo = ωo :ω 1. Quindi ω 1 e ω 2 non sono equidistanti da ωo , ovvero la
curva di risonanza non è simmetrica. La larghezza della risonanza risulta
∆ω = ω 2 − ω1 =
ω0 ω0 1 L
R
ω
=
=
è detto fattore di merito (o
= 2γ = 0 dove Q =
∆ω 2 γ R C
L
Q
fattore di qualità o anche Q-valore) della risonanza.
Il fattore di merito misura il rapporto tra l’energia immagazzinata e l’energia dissipata
in un ciclo dalla componente resistiva del circuito. Per capire meglio il significato del
Q-valore consideriamo che esso è proporzionale al rapporto tra l'energia del circuito
all'istante t e quella dissipata nel ciclo (periodo) successivo. Ad esempio se
consideriamo l’energia immagazzinata nella capacità:
1
CV02 e − 2γt
2
1
1
E (t + T ) = CV02 e −2 γ( t +T ) = CV02e −2 γt e − 2γT
2
2
1
Ediss = E (t ) − E( t + T ) = CV02 e − 2γt (1 − e −2 γT )
2
E (t ) =
e quindi
ω / 2π Q
E (t)
1
1
1
=
≈
=
= o
=
− 2 γT
E diss 1 − e
1 − 1 + 2 γT 2 γT
2γ
2π
In figura 8 osserviamo che, come prevede la teoria, la larghezza di risonanza
diminuisce diminuendo la resistenza.
Determiniamo il fattore di merito per le tre curve come rapporto fra frequenza e
larghezza di risonanza e confrontiamo tali valori con quelli previsti dalla teoria.
10
Dobbiamo tenere conto della resistenza parassita dell’induttore che vale circa 80 Ω Il
fattore di risonanza determinato sperimentalmente per la curva con R = 1000 Ω vale Q
= 1.5 ; il valore teorico è pari a Q = 1.69.
Per la curva con R = 560 Ω troviamo Qteorico = 2.86 e Qsperimentale = 2.12.
Abbassando il valore della resistenza l’errore aumenta. Man mano infatti che essa cala
diventa importante la presenza del raddrizzatore. La misura diventa perciò difficile se
utilizziamo il circuito con R = 100 Ω. Non si riesce a raggiungere un buon valore di
Q. Il fattore di merito previsto è 10.15. Il valore sperimentale trovato vale 3.44.
Il fattore di merito tuttavia non dipende solo dalla resistenza nel circuito RLC: esso
vale Q =
ω0 ω0 1 L
=
=
e quindi, a parità di resistenza, cresce con L e cala con C.
∆ω 2 γ R C
Per verificarlo, eseguiamo nuove misure con valori diversi della capacità o
dell’induttanza mantenendo costanti gli altri valori.
In figura 9 è mostrato l’effetto di una variazione di L ( L1 = 150 mH e L2 = 314 mH)
e di una variazione di C (C 1 = 94 nF e C1 = 188 nF).
Figura 9: A sinistra il segnale ai capi di L (con R = 1000 ohm, C = 94 nF.): i puntini indicano la curva
con L = 314 mH, i quadrati la curva con L = 150 mH; a destra il segnale ai capi di C (con R = 1000
ohm, L = 314 mH): i puntini indicano la curva con C = 94 nF, i quadrati la curva con C = 188 nF.
3. Una misura più “comoda” usando PC e LabPro
Utilizzando due sonde di tensione standard, due di tensione differenziale e
l’interfaccia
LabPro,
collegata
ad
un
PC
è
anche
possibile
acquisire
contemporaneamente le tre curve di risonanza. Si dovranno usare tanti rettificatoriintegratori quante sono le curve che si vogliono misurare.
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Figura 10: Circuito per la misura contemporanea di tre curve di risonanza.
Ripetiamo con questo diverso apparato una misura delle curve di risonanza, come
fatto nell’esperimento precedente, con tre diversi valori della resistenza: R1 = 1000 Ω,
R2 = 560 Ω e R3 = 100 Ω.
Per confrontare fra loro i segnali rilevati ai capi della capacità o della induttanza con
un diverso valore della resistenza nel circuito RLC è necessario regolare il valore della
tensione d’ingresso. Riducendo infatti il valore della resistenza si osserva che i
massimi aumentano notevolmente (diminuisce la dissipazione, e aumenta il fattore di
merito Q = ωo/∆ω. Tanto più stretta è la curva di risonanza, tanto maggiore è il fattore
di merito. Le sonde di tensione differenziale leggono al massimo ±5V, e si deve
quindi ridurre la tensione d’ingresso. Poi si può, in ambiente Data Matrix Editor,
riportare tutto in scala.
Il fatto che la tensione rilevata ai capi dei vari elementi sia maggiore rispetto a quella
d’ingresso è spiegato dal fatto che in risonanza ad ogni ciclo il sistema immagazzina
un po’ di energia (in proporzione alla ampiezza della forzante) e ne dissipa un po’ (in
proporzione al coefficiente di smorzamento). Il valore dell’ampiezza di picco dipende
sia dell’ampiezza della forzante che da γ.
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Figura 11: Andamento della tensione ai capi di R (cerchi blu), di L (triangoli verdi) e di C (quadrati
verde chiaro) in funzione della frequenza. I vari simboli individuano un punto ogni dieci dati rilevati
dalla sonda.
Figura 12: La configurazione è identica alla figura 12. Qui il marker individua il valore massimo
raggiunto dalla tensione ai capi di C (grafico a sinistra) e ai capi di L (grafico a destra).
Con un’apposita opzione del programma LoggerPro è possibile far scorrere una retta
verticale per individuare un qualsiasi punto sulle tre curve. E’ quello che facciamo per
determinare i massimi delle tre funzioni e quindi la separazione fra i massimi delle
tensioni VL e VC e poi per determinare il fattore di merito Q.
Dalla figura 12 determiniamo quindi ∆ω LC = 957 perfettamente compatibile con il
valore teorico.
La separazione fra i massimi di VL e VC diminuisce diminuendo il valore della
resistenza.
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Determiniamo per le tre curve VR il fattore di merito Q. Per R = 1000 Ω : Q = 1.65,
per R = 560 Ω : Q = 2.47 e per R = 100 Ω : Q = 8.34. L’accordo con i valori teorici
(determinati dalla formula Q=(1/R) L / C ) è migliore rispetto al metodo precedente.
L’errore varia dal 2% per la misura con R maggiore fino al 18 % con R più piccola.
Lavorare con PC è più comodo che con la calcolatrice grafica. Si possono acquisire
contemporaneamente le curve ai capi dei tre elementi contro le due della calcolatrice
grafica (PHYSICS consente di usare contemporaneamente solo 3 canali e un canale
viene occupato per la misura della frequenza). Tuttavia è necessario disporre oltre che
di un computer, del software Logger Pro (per acquisire i dati) e di un software per
trasferire i grafici in un documento. Il costo è sicuramente ma ggiore e inoltre si perde
il vantaggio della portatilità.
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