Pensavo solo che - riprendo anche l`idea di cooperazione IT e high

Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Le Relazioni economiche tra Russia e Unione Europea
1. Quadro di sintesi
1. Premessa "storica": i consolidati rapporti tra l’Unione Europea e l’URSS e il blocco
socialista e i problemi creatisi con la sua dissoluzione e l’allargamento a Est
dell’UE. Il risveglio dell’atavico timore russo dell’accerchiamento all’interno del
travagliato processo di transizione del sistema politico ed economico;
2. La diffidenza e il carattere altalenante dei rapporti tra UE e Russia: le ragioni degli
uni e degli altri. La comprensibile avversione russa al “lecturing” da parte dell’UE.
L’innegabile maggiore sforzo di adeguamento agli standard UE (e internazionali)
richiesto alla Russia;
3. Lo stato attuale dei rapporti tra UE e Russia: l’Accordo di Partenariato e
Cooperazione (APC), gli spazi economici ecc.
4. Prospettive di crescita dell’UE e della Russia post-crisi globale e il recente
Partenariato per la modernizzazione (PpM). Una nuova spinta ai rapporti tra UE e
Russia?
5. L’interesse comune di UE e Russia a una partnership strategica e al successo del
PpM, alla luce delle policy delineate dai vertici (agenda Europa 2020 con l’accento
su una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva e l’obiettivo del Presidente
Medvedev di modernizzare la Russia);
6. Le debolezze del modello economico russo post-crisi e la necessità di portare a
compimento le riforme strutturali. La posta in gioco: modernizzazione o
marginalizzazione, ma anche il mantenimento del consenso politico.
7. Medvedev contro Putin? Le prossime scadenze elettorali
2. I rapporti altalenanti tra le due parti in una prospettiva storica
Tra Unione Europea e URSS, e poi tra UE e Russia vi sono comunque sempre stati rapporti
ampi, complessi e diversificati. La fine della guerra fredda ha portato a un complessivo
miglioramento delle relazioni dell’Unione Europea con l’Unione Sovietica (prima del 1991)
e poi con la Russia e i paesi ex URSS (dopo il 1991); e questo grazie anche a rapporti diretti
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
tra le parti, ossia senza la mediazione degli Stati Uniti. Ripercorriamo alcune date di
particolare rilievo:
1989: inizia la progressiva caduta del blocco socialista;
1991: dissoluzione dell’URSS e formazione della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)
composta non da tutte le 15 ex repubbliche socialiste sovietiche. L’UE deve riprendere ora i
negoziati sostituendo l’unica controparte con 15 paesi;
2004: ampliamento dell’UE, al cui interno entrano 3 paesi ex URSS (i Baltici: Lettonia,
Estonia e Lituania) e alcuni paesi dell’ex blocco socialista (Polonia, Repubblica Ceca,
Slovacchia, Ungheria, Slovenia). Con altri paesi ex URSS (Armenia, Georgia, Ucraina,
Bielorussia, Moldavia, Azerbaijan) vengono conclusi altri tipi di accordi, secondo la cd.
Politica Europea di Vicinato (PEV), destinata da Bruxelles ai paesi per ora esclusi dalla
prospettiva di un ingresso nell’UE.
3. Gli accordi tra UE e Russia: l’Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC), gli spazi
economici speciali, ecc.
Il rapporto che l’UE ha con la Russia è particolare e privilegiato, sia in quanto erede
naturale dell’URSS, una delle due super potenze dell’epoca della guerra fredda, sia
soprattutto per l’oggettiva rilevanza del paese rispetto agli altri dell’Est Europa.
Sotto il profilo strettamente economico, va ribadito come tra Russia e UE vi sia una forte
interdipendenza. L’UE è un partner commerciale strategico per la Russia: secondo
fonti statistiche russe, nel 2010 all’UE faceva capo il 49% dell’interscambio (import +
export). Oltre il 53% delle esportazioni russe hanno avuto come destinatario l’UE, laddove
oltre il 42% delle importazioni russe provengono dall’UE. La Russia è tra i maggiori
fornitori di materie prime, con petrolio e gas al primo posto. L’Unione Europea è tra i
principali fornitori di prodotti finiti di qualità e a elevato contenuto tecnologico.
Le relazioni tra Russia e UE risentono dell’andamento economico della Russia: nei
momenti di debolezza economica la Russia è stata (ed è) più conciliante nei confronti delle
richieste dell’UE. Viceversa, con la favorevole congiuntura economica, cresce l’assertività
della Russia e il rifiuto a “prendere ordini o lezioni dall’UE”. Negli anni ‘90 nel pieno cioè
del processo di transizione, sono stati conclusi i maggior accordi tra le due parti, come
l’Accordo di Partenariato e Cooperazione. Con l’inizio del 2000, l’irrobustimento della
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
crescita da un lato (trainata dall’ascesa dei prezzi del petrolio) e, dall’altro, l’ascesa politica
di Vladimir Putin, hanno condotto a un deterioramento delle relazioni tra Russia e UE. Nel
2008 è stato toccato il punto più basso (legato anche al conflitto russo-georgiano dell’agosto
di quell’anno).
Riassumiamo di seguito i principali accordi intervenuti tra Russia e UE.
Nel 1994 è stato sottoscritto l’Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC), entrato poi in
vigore nel 1997 con una validità di dieci anni. L’APC può definirsi un accordo quadro per
promuovere la collaborazione non solo economica – attraverso la promozione degli scambi
commerciali e degli investimenti e lo sviluppo di rapporti economici non conflittuali tra le
parti - ma anche politica, sociale. Per oltre un decennio ha costituito la base per le relazioni
tra Russia e UE offrendo la base giuridica per il commercio bilaterale e gli investimenti
dell’UE in Russia.
Sotto il profilo economico l’obiettivo finale dell’APC è creare una zona di libero scambio.
Parallelamente vengono avviati i negoziati internazionali per l’ingresso della Russia
nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, OMC o WTO in inglese.
Atteso il livello di arretratezza (economica oltre che giuridica) di un paese che aveva
vissuto per 70 anni con un’economia pianificata, cui erano estranee le regole del mercato, è
comprensibile che gli sforzi di adeguamento gravino in massima parte sulla Russia e
analoghi a quelli intrapresi da quasi tutti i paesi dell’Est per realizzare il processo noto come
transizione.
Nel 2002 l’UE riconosce alla Russia lo status di economia di mercato, status riconosciuto, a
distanza di pochi anni, anche da parte degli Stati Uniti.
Nel 2003 nel Summit di San Pietroburgo viene stabilita, quale complemento dell’APC, la
creazione di quattro spazi comuni: 1. spazio economico europeo; 2. spazio di libertà,
giustizia, sicurezza; 3. spazio comune di sicurezza esterna; 4. spazio comune nella ricerca e
nell’istruzione.
Nel 2004 vengono conclusi i negoziati tra UE e Russia per consentire a quest’ultima
l’ingresso nel WTO (e conclusi, nel 2006, con gli USA). L’ingresso della Russia darà un
forte impulso alle relazioni economiche tra le due parti. La Russia è l’unico tra i maggiori
paesi emergenti che non è ancora membro del WTO. E questo per diversi motivi in parte
imputabili alla stessa Russia la quale ha creato un’unione doganale con la Bielorussia,
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
l’Ucraina e il Kazakhstan (in vigore dal gennaio 2010) rallentando pertanto il processo.
Nuovi negoziati sono attualmente in corso per un prossimo ingresso della Russia nel WTO.
Nel Summit del maggio 2005 vengono concordate quattro roadmaps al fine di facilitare la
realizzazione dei 4 spazi comuni (senza tuttavia che sia fissata un’agenda precisa).
Nel 2007 allo scadere dell’APC (dieci anni) sono stati intrapresi i negoziati per il rinnovo,
nel momento peraltro di maggiore tensione tra Russia e UE (e Stati Uniti in generale) per
questioni soprattutto politiche (la dichiarazione di indipendenza del Kossovo osteggiata e
non riconosciuta dalla Russia).
Il biennio 2007-2008 è segnato dalla crisi finanziaria e poi economica globale con pesanti
ripercussioni su entrambe le parti. A ciò si viene ad aggiungere il conflitto russo-georgiano
dell’agosto 2008, che aggrava ulteriormente le tensioni fra le parti.
Ma, come vedremo in seguito, la crisi sembra avere fatto bene e contribuito a ristabilire uno
spirito di maggiore collaborazione.
Il parziale successo dell’APC ha diverse cause. E’ giusto però riconoscere che le
circostanze in cui è stato concluso sono radicalmente mutate, come pure i rapporti di forza:
da una parte, l’UE ha acquisito, anche in forza dell’allargamento del 2004, un ruolo
regionale di primo piano e ha spostato sempre più a est i propri interessi; dall’altra la
Russia, grazie a una crescita economica sostenuta e all’uso strategico delle risorse
energetiche, è tornata a essere una grande potenza. Sono mutate, pertanto, le reciproche
percezioni, aspettative e strategie d’azione. L’UE deve necessariamente mantenere buone
relazioni con la Russia per la sua forte dipendenza energetica. Quest’ultima teme invece,
oltre alla perdita di influenza sulle ex repubbliche sovietiche, una sorta di accerchiamento e
isolamento dovuto al progressivo e parallelo, seppur non sincrono, avanzare sia dell’UE che
della NATO.
La Russia, inoltre, come è tipico di una grande potenza, nutre una naturale avversione per
quella che viene vista come un’invasione nei propri affari interni – sia economici sia politici
– o nella propria sfera di influenza geo-politica (l’area coincidente con l’ex URSS).
Attraverso l’APC, l’UE ha infatti toccato argomenti “sensibili” quali democrazia e diritti
umani. Successivamente, con l’ampliamento nel 2004, ha spostato i propri confini fino alla
Russia e i nuovi paesi membri nutrono non di rado sentimenti di ostilità/rivalsa nei
confronti della Russia. La Russia teme inoltre che la Politica Europea di Vicinato possa
facilitare una progressiva ‘europeizzazione’ dello spazio post-sovietico aprendo così paesi
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
come la Georgia, l’Ucraina, la Moldova all’influenza di un attore esterno. L’orientamento
“inclusivo” dell’UE, anche tramite la PEV, comporta infatti un’ulteriore “invasione” dello
spazio ex sovietico, che va ad alimentare l’atavico timore russo dell’accerchiamento.
Va altresì sottolineato che la Russia è critica rispetto all’approccio europeo plasmato sullo
schema degli accordi di cooperazione (con strumenti giuridici vincolanti) che consente
all’UE di esercitare forme di condizionalità, laddove la Russia preferirebbe un modello
cooperativo più paritetico. In politica estera e anche nei rapporti con l’UE la Russia
predilige il bilateralismo. Nonostante l’inclinazione di molti degli stati membri verso un
approccio più flessibile, la Commissione europea sembra restia a seguire questo
orientamento mettendo in difficoltà gli stessi negoziati per il rinnovo dell’APC.
4. Il Partenariato per la Modernizzazione (PpM): questa volta sarà diverso?
Di recente la Russia e l’UE sembrano voler far compiere un salto di qualità ai loro rapporti.
Nel Summit tenutosi a Rostov sul Don (31 maggio-1 giugno 2010) è stata infatti varata una
nuova politica, la quale dovrebbe rafforzare la cooperazione tra Mosca e Bruxelles: il
Partenariato per la modernizzazione, PpM o PfM in inglese (Partnership for
Modernization). Questa svolta crediamo dipenda anche dal fatto che – dopo la crisi globale
– entrambe le parti si sono ritrovate più deboli nel panorama mondiale e quindi
maggiormente disponibili a collaborare.
Il PpM è un’agenda condivisa per la modernizzazione, uno strumento complementare, ma
più operativo rispetto agli accordi già presenti, che dovrebbe beneficiare della minore
formalizzazione e del minor grado di politicizzazione.
Il principale strumento sono i dialoghi settoriali in ambiti quali: trasporti, efficienza
energetica, Piccole e Medie Imprese (PMI), diritti di proprietà intellettuale, sviluppo
territoriale bilanciato tra centro e periferia, sistema giudiziario e lotta alla corruzione (un
cavallo di battaglia purtroppo non vincente del Presidente Medvedev), cooperazione in
settori come ricerca e sviluppo (R&S), innovazione e spazio.
La Russia ha tuttavia posto come pre-condizione che l’UE non pretenda di “lecturing”,
ossia rinunci alla propria naturale tendenza a dare lezioni. La Russia cioè è parsa incline a
una “europeizzazione” nella misura in cui contribuisca a modernizzare il paese - una
priorità sotto la presidenza di Medvedev – ma non a una “EU-izzazione”.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
In una prospettiva storica uno dei principali problemi della Russia è stata l’arretratezza
(tecnologica, culturale, politica, ecc.) e i rapporti con l’Occidente sono stati spesso motivati
da questa leva. La Russia ha cioè guardato all’Occidente, in primis l’Europa (con un
ruolo cruciale di Francia, Germania e Italia), come a un modello e soprattutto come un
partner per colmare il gap di arretratezza. D’altra parte all’interno del paese vi è spesso
stata l’opposizione delle componenti più conservatrici. E’ una costante della storia, il
contrasto tra forze che spingono la Russia ad aprirsi e quelle che la spingono invece a
chiudersi. Anche adesso è così, ma le spinte a una maggiore apertura dovrebbero essere più
forti in quanto la crisi ha evidenziato come un’economia troppo incentrata sullo
sfruttamento delle materie prime renda il paese vulnerabile perché lo espone a fattori di
rischio non prevedibili e controllabili, come l’andamento nella domanda e nel prezzo delle
risorse naturali.
Il PpM potrebbe, di conseguenza, rappresentare un punto di svolta nei rapporti spesso
bloccati tra le due parti perché poggia su interessi e obiettivi condivisi: l’Agenda “Europa
2020” per l’UE, la volontà del Presidente Medvedev di modernizzare la Russia.
Entrambe le parti hanno interesse al successo della PpM. Entrambe sono impegnate in
progetti di riforma dei propri sistemi economici miranti a rafforzare il rispettivo peso e a
garantire una nuova fase di crescita dopo la crisi e la stagnazione degli ultimi due anni. La
crescita nell’UE è infatti bassa e diseguale; la Russia ha ripreso a crescere, ma a tassi
dimezzati rispetto al passato e soprattutto rispetto alle maggiori economie emergenti, come
Cina e India. A muovere Medvedev (ma anche il primo ministro Putin), va sottolineato, vi
sono anche ragioni di opportunismo politico: il mantenimento del consenso presuppone
una crescita più sostenuta di quella attuale e richiede modifiche a un modello di sviluppo
che sta tramutandosi in modello di arretratezza. Per far crescere l’economia a tassi più
elevati è necessario riattivare le riforme strutturali, modernizzare il paese, diversificare
l’economia affrancandola dall’eccessiva dipendenza dalle materie prime, ridurre il peso
dello Stato. La parola d’ordine è modernizzare per evitare che la Russia venga, in una
prospettiva non lontana, marginalizzata.
La modernizzazione si inserisce tra le priorità del Presidente Medvedev e del paese più in
generale. L’età dell’oro “nero” sta volgendo al termine in quanto non garantisce da sola un
tasso di crescita in linea con le maggiore economie emergenti. Il decennio appena iniziato
necessita di investimenti – russi, ma soprattutto stranieri - e di un modello di sviluppo più
bilanciato. Sono necessari capitali, ma soprattutto tecnologia. In molti settori la Russia è un
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
paese arretrato. Ma per attirare capitali e risorse dall’estero è necessario creare un humus
adatto, ossia un business environment favorevole. E in Russia, non è un caso, tutto questo
non c’è come confermano le classifiche internazionali (ad esempio le survey annuali Doing
business-DB o Transparency International-TI).1
Economia e politica sono pertanto strettamente legate. E lo sono ancora di più atteso che
a fine 2011 e nella primavera del 2012 vi sono due importanti scadenze elettorali (rinnovo
della Duma ed elezioni presidenziali).
5. Il difficile rapporto tra Russia e UE, tra assistenza e diffidenza: le ragioni degli uni e
degli altri
La Russia è l’erede dell’URSS, una delle due grandi potenze dell’epoca della Guerra
Fredda e partner strategico per l’UE e viceversa. In questi anni tuttavia le relazioni hanno
registrato alti e bassi, accompagnate spesso da una diffidenza reciproca, quando non una
conflittualità, accentuatasi con l’allargamento a Est dell’UE. Noi crediamo che vi siano
responsabilità da parte dell’UE, la quale tende di frequente a guardare alla Russia come se
fosse un paese che abbia avanzato la propria candidatura per diventare uno stato membro; e
quindi la sottoponga a continue valutazioni per verificare il grado di convergenza.
L’Occidente in generale si è creato l’immagine di una Russia avviata verso una volontaria,
inevitabile transizione verso modelli economici e politici di matrice occidentale; modelli
implicitamente ritenuti superiori e, quindi, a tendere; rifiutando di fatto di vedere il paese
per come è realmente ed intenda essere. Molte incomprensioni e contrasti discendono dalla
difficoltà ad accettare che il paese possa optare per modelli di sviluppo differenti da quelli
dell’UE tradendo la sua naturale proiezione europea.
Venendo alla Russia, obiettivo fondamentale e leitmotiv in questi anni – accentuatosi con
l’ascesa al potere di Vladimir Putin - è stato la volontà di affermare o piuttosto riaffermare lo status di grande potenza nel panorama mondiale e il diritto a proporre idee e
modelli (economici, politici, culturali) non recepiti passivamente dall’esterno: in sintesi, il
diritto a non doversi “allineare” all’Occidente. Questa volontà è espressa dal concetto di
mondo multipolare; fondamentale nella visione russa è l’aspirazione del paese a costituire
uno tra i poli indipendenti di potere. Una multipolarità strumentale alla difesa e alla
1
Secondo le classifiche di DB, la Russia figura al 120^ posto su 183 paesi. Secondo la survey di TI che
misura il livello di corruzione, la Russia è al 154^ su 178 paesi..
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
legittimazione di un proprio percorso e sviluppo autonomo-autoctono. La multipolarità è
stata la reazione all’unipolarismo di matrice americana.
Il “polo” che vede al centro la Russia è costituito dai paesi dello spazio post-sovietico. Il
progressivo ampliamento a Est dell’UE, pertanto, non è stato visto con favore dalla Russia e
ha alimentato il timore “storico” dell’accerchiamento e dell’isolamento; che si era
riacceso con la dissoluzione dell’URSS (che per i russi è equivalso alla dissoluzione
dell’impero) e poi con il venir meno dell’influenza geo-politica ed economica sui paesi
dell’ex Unione Sovietica e del blocco comunista. Questo timore è stato ulteriormente
alimentato dall’UE (attraverso la Politica Europea di Vicinato), dalla strategia espansiva
della NATO e altresì dalla crescente pressione (economica e demografica) che la Cina
esercita sui ricchissimi e scarsamente popolati territori siberiani e dell’Estremo Oriente
russo. Dalla prospettiva russa, USA, UE e NATO si arrogano il diritto di espandere la
propria zona di influenza, direttamente o indirettamente (per scopi diversi da quelli
commerciali alla difesa dal terrorismo). Alla stessa Cina è riconosciuto il diritto di
espandere la propria zona di influenza all’Asia, ma tale diritto non viene riconosciuto alla
Russia, cui si chiede implicitamente di ritirarsi dalle sue zone di influenza economica e
politica, nel Baltico, in Asia Centrale, nel Caucaso, nel Mar Nero (zone storicamente sotto
l’influenza russa ancor prima che sovietica).
Non vi è dubbio che l’allargamento dell’UE abbiano accresciuto la conflittualità, a motivo
del senso di rivalsa dei nuovi paesi membri nei confronti della Russia. Di fronte agli
atteggiamenti apertamente critici dell’UE la Russia reagisce facendo ricorso quando
possibile al bilateralismo e alla strategia del divide et impera. E ciò allo scopo di poter
recuperare maggiori margini di manovra e negoziazione. Il divide et impera viene spesso
utilizzato nei confronti dell’UE, sfruttando le divisioni interne e l’incapacità europea di
esprimere una linea comune (come nel caso della politica di sicurezza energetica). La
Russia in qualche misura fa emergere le contraddizioni latenti nell’UE, dovute al naturale e
insanabile conflitto tra interessi comunitari e nazionali.
Questa tendenza della Russia a rompere l’accerchiamento e recuperare maggiori margini di
manovra vale anche per quanto concerne gli accordi con l’UE. In linea di principio, come
abbiamo detto, la Russia non ama gli accordi quadro multidisciplinari come l’APC e negli
anni ha spesso cercato di concludere accordi bilaterali con singoli Stati dell’UE.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
6. 1999-2008: il decennio dell’oro (nero) per l’economia russa, ma anche il decennio
perduto
Dopo il default dell’agosto 1998, tra il 1999 e il 2007 – e fino al I semestre 2008 - la Russia
ha attraversato un decennio d’oro: il paese è cresciuto a un tasso medio del 7% con punte
anche dell’8%, grazie in massima parte all’ascesa del prezzo del petrolio.
E’ giusto tuttavia sottolineare che, sotto alcuni aspetti, si tratta anche di un decennio
perduto, in quanto i vertici del paese non hanno saputo-voluto approfittare della favorevole
congiuntura per affrontare i nodi strutturali dell’economia: a) eccessiva dipendenza dalle
materie prime e dal circuito “esportazione materie prime-importazione prodotti finiti”; b)
scarsa diversificazione del tessuto produttivo; c) modesta incidenza delle piccole-medie
imprese rispetto ai grossi complessi industriali ex sovietici o ai gruppi finanziarioindustriali-GFI sorti a seguito dei processi di privatizzazione dei primi anni ’90 (ai cui
vertici vi sono i cd. “oligarchi”); d) arretratezza tecnologica. In estrema sintesi, non è stato
portato a termine il processo di transizione attraverso le riforme strutturali.
E’ giusto riconoscere anche i fattori positivi. Memori del default del 1998, Ministero delle
Finanze e Banca di Russia hanno sfruttato la fase espansiva dell’economia e gli elevati
prezzi del petrolio per rafforzare la posizione patrimoniale e finanziaria del paese, ridurre il
debito estero, accumulare riserve valutarie (le terze al mondo per ammontare), accantonare
risorse finanziarie in due fondi: di riserva e per il benessere nazionale.
Con la crisi la Russia si è scoperta nuovamente vulnerabile. La crisi ha colpito
pesantemente il paese e ha dimostrato l’insostenibilità del modello di sviluppo. Dalla
seconda metà del 2008 e per quasi tutto il 2009, l’economia si è praticamente fermata. Nel
2008 il PIL, seppure in rallentamento, è cresciuto del 5,6%. Nel 2009 invece il prodotto è
sceso del 7,8% quale conseguenza dell’ondata recessiva che ha investito le maggiori
economie avanzate e ha ridotto la domanda di materie prime facendo crollare il prezzo del
petrolio (meno di 40 dollari a dicembre 2008 rispetto ai 147 a fine luglio dello stesso anno).
Una flessione molto più accentuata rispetto ai principali paesi emergenti (i cd. BRIC, ossia
Brasile, Cina e India oltre la Russia), alcuni dei quali sono praticamente passati indenni
attraverso la crisi. La Russia nel complesso tuttavia ha tenuto in quanto la crescita
economica del decennio precedente unita alle politiche fiscali e di bilancio prudenti sopra
citate hanno consentito di affrontare la crisi partendo da una solida situazione finanziaria.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
7. L’economia russa nel dopo-crisi e le debolezze del modello di sviluppo finora seguito.
Riforme strutturali e modernizzazione del paese, leitmotiv della Presidenza Medvedev
La Russia è uscita dalla crisi e ha ripreso un percorso di crescita. Da ultimo, la crisi in Nord
Africa e soprattutto gli eventi in Libia sono stati come la manna dal cielo per l’economia e il
bilancio russi: dal gennaio 2011 il prezzo del petrolio è salito sensibilmente superando i 100
dollari al barile; facendo così affluire nelle casse dello Stato miliardi di dollari. L’economia
ne ha subito beneficiato. Le prospettive sono nel complesso positive: trainate dalla crisi
libica e dai prezzi del petrolio, le esportazioni hanno ripreso a crescere. Le recenti
proiezioni dell’FMI (World Economic Outlook-WEO di aprile 2011) sono state riviste al
rialzo e confermano il miglioramento delle prospettive di crescita (4,8 per il 2011 e 4,5%
nel 2012), sostenuta dai prezzi delle commodities, l’espansione della produzione industriale,
la sensibile ripresa della domanda interna.
Ma, questo è il punto, la Russia cresce ora a tassi dimezzati rispetto al passato e non può
certo essere ritenuta tra le “locomotive” della ripresa. Il problema è ancora più serio in
quanto non solo il PIL reale bensì anche il PIL potenziale – quello cioè che potrebbe essere
inespresso – è fermo intorno al 4%. Troppo poco per competere con gli altri paesi dei
BRIC, i cui tassi di crescita sono ben più elevati come mostra la tabella seguente.
Growth in real GDP (in percent)
Country
Emerging and developing economies
2008
2009
2,7
(stime)
2010
2011
7,3
6,5
2012
6,5
Brazil
5,1
-0,6
7,5
4,5
4,1
China
9,6
9,2
10,3
9,6
9,5
India
6,4
6,8
10,4
8,2
7,8
Russia
5,2
-7,8
4,0
4,8
4,5
Advanced Economies
0,2
-3,4
3,0
2,4
2,6
United States
0,0
-2,6
2,8
2,8
2,9
Euro Area
0,5
-4,1
1,7
1,6
1,8
Fonte: International Monetary Fund, World Economic Outlook Database, April 2011
Si ritorna ancora una volta a parlare di riforme strutturali e di un processo di transizione
non completato; quello stesso processo che i paesi entrati a far parte dell’UE (e quelli che
entreranno a far parte) hanno dovuto invece completare. Ognuno fa i conti con il proprio
passato e con il proprio presente, ossia con le cose non fatte. E i vertici russi hanno le loro
colpe.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Non viene quindi da sorprendersi che da più parti e all’interno dei think tank russi si ponga
l’accento sull’esigenza di modernizzare il paese attraverso incentivi all’afflusso di capitali,
ma soprattutto agli investimenti esteri, alle joint-venture o accordi con partner stranieri per
avere know how e tecnologia. La parola d’ordine è modernizzazione per evitare i rischi di
una marginalizzazione.
La Russia può accrescere il suo PIL potenziale solo modificando un modello economico che
non le consente di stare al passo con i paesi avanzati, ma in primo luogo con quelli
emergenti del sud-est asiatico, passati praticamente indenni attraverso la crisi globale. In
sintesi sono una priorità improcrastinabile:
- gli investimenti in infrastrutture. L’URSS ha pagato in termini di arretratezza il mancato
utilizzo della tecnologia per finalità diverse da quelle militari (l’esatto contrario
dell’esperienza statunitense). La tecnologia non ha migliorato la vita della popolazione e
non ha dato origine a quel circuito virtuoso – impossibile ovviamente in un’economia
pianificata – di attrarre investitori privati che sostenessero la ricerca e l’innovazione;
- il miglioramento del business climate al fine di incentivare gli investimenti dall’estero e
importare know how, tecnologia;
- la lotta contro la corruzione e le inefficienze della pubblica amministrazione;
- la diversificazione dell’economia (per settori produttivi, per territorio) anche e
soprattutto in termini di assetti proprietari (larga parte dell’economia è infatti in mano
allo Stato o ai grandi gruppi finanziario-industriali);
- la riduzione del peso dello Stato nell’economia attraverso un programma di
privatizzazioni;
- il completamento del processo di transizione al mercato, anche tramite l’ingresso nel
WTO.
8. Riforme economiche e consenso politico all’approssimarsi di due scadenze elettorali.
Medvedev contro Putin?
I vertici del paese si stanno muovendo nel senso che, dalle semplici parole a favore delle
riforme, sembra che si stia passando ai fatti. Intendo con ciò riferirmi al programma di
privatizzazioni di aziende statali lanciato alcuni mesi fa, e agli ultimi interventi del
Presidente Medvedev, con riferimento in particolare al divieto per chi ricopra cariche di
governo di ricoprire contemporaneamente cariche presso società pubbliche. A ministri e
vice primi ministri a capo di 17 società pubbliche è stato chiesto di dimettersi entro il 1^
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
luglio prossimo per evitare gli innegabili conflitti di interesse, evitare gli interessi privati,
accrescere l’efficienza delle società, renderle per così dire accountable.
Tale gesto rientra nel piano di lotta alla corruzione e impegno per una maggiore trasparenza
perseguito da Medvedev; eppure molti analisti ne hanno sottolineato la chiara valenza
politica ai danni del primo ministro Putin, colui cioè che quelle persone – in massima parte
provenienti dalle file dell’ex KBG – ha posto al vertice di quelle società.
E qui vorrei soffermarmi sul contesto politico. Il decennio appena trascorso è stato anche il
decennio che ha visto l’ascesa politica di Vladimir Putin, dapprima come primo ministro,
poi come Presidente e poi di nuovo come primo ministro.
Il 2011 e il 2012 sono due scadenze importanti per la Russia: a dicembre si terranno le
elezioni parlamentari mentre nella primavera del 2012 i russi saranno chiamati a scegliere il
loro Presidente; il quale - a differenza del passato – potrà restare in carica non 4 bensì 6
anni (a seguito di un emendamento alla costituzione).
Ci troviamo quindi già in un clima pre-elettorale. La domanda che molti si pongono è quale
dei due candidati uscirà vittorioso, qualora vi fosse una 'battaglia politica' tra Putin e
Medvedev. Dato per scontato che Medvedev intenda cercare la riconferma del mandato
presidenziale, molti vedono nei recenti atti un gesto per ingraziarsi l’elettorato liberale. Io
non credo in un effettivo antagonismo tra i due, quanto invece a una ripartizione del potere.
La coppia Putin-Medvedev è un tandem i cui punti di contatto sono maggiori di quelli che li
dividono (fosse solo per il fatto che è stato Putin a scegliere il proprio delfino). Medvedev è
di idee più moderne e liberali in economia come in politica rispetto a Putin, che peraltro non
ha mai rinnegato il proprio background di ufficiale del KGB. Credo invece che - messi
insieme proprio nelle loro diversità - vogliano dare l’impressione di poter soddisfare le
esigenze della maggior parte dell’elettorato. Penso pertanto che non ci sarà nessuna vera
battaglia politica bensì un accordo tra i due.
In Russia l'elettorato liberale è una minoranza non organizzata e non rappresentata
politicamente. L’azione dei vertici non è quindi influenzata dalla componente liberale
quanto invece da quella parte che potremmo definire piccolo-borghese (pensionati,
dipendenti statali, militari) e dalle classi agiate. I liberali non sono l’ago della bilancia. La
maggioranza della popolazione voterà per il candidato che gli verrà proposto.
Perché allora Medvedev ha scelto di alterare lo status quo attraverso la richiesta di
dimissioni dalle aziende di Stato di chiunque ricopra incarichi politici? A mio avviso non si
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
tratta di una mossa contro Putin quanto invece condivisa anche da quest’ultimo e per
motivazioni diverse, sia politiche che economiche.
L’obiettivo è il mantenimento del consenso politico. A causa della crisi e della debole
ripresa economica, gli indici di popolarità di Putin e Medvedev sono scesi, rispettivamente,
dal 76 al 69% e dal 76 al 66% nel periodo gennaio-marzo 2011. Non è a rischio la
rielezione, ma i russi sono giustamente preoccupati.
Nel corso del secondo mandato presidenziale di Putin il progressivo accentramento delle
leve energetiche in grosse corporazioni statali (i cd. “national champions”) è stato
accompagnato dalla crescita delle ambizioni economiche e politiche di quelli che io
definisco gli “oligarchi di Stato”, ex KGB-FSB che rappresentano la componente
maggiormente conservatrice e che lo stesso Putin ha messo a capo delle aziende statali.
Durante la fase espansiva si sono opposti alle riforme capaci di promuovere la
modernizzazione dell’economia e la diversificazione del tessuto produttivo. In una parola,
alle riforme strutturali. La crisi economica, peraltro ha evidenziato la loro incapacità di
traghettare la Russia fuori dalla crisi (in quanto interessati unicamente al mantenimento del
potere). Gli oligarchi di Stato, pertanto, rappresentano un pericolo politico.
Il consenso politico è strettamente correlato al miglioramento del tenore di vita della
popolazione. Quando l’economia è entrata in recessione è stato viceversa palese che solo
gli sforzi compiuti dalla componente più liberale del Governo hanno consentito alla Russia
di affrontare una crisi di particolare gravità.
Il modello di sviluppo seguito fino a oggi e voluto da Putin – seppure criticato dalla
componente governativa più liberale - necessita di una profonda revisione in quanto nel
medio-lungo termine non consente di garantire un tasso di crescita dell’economia adeguato
ad assicurare: a) un diffuso ed effettivo miglioramento dello standard di vita della
popolazione; b) lo status di grande potenza che la Russia (e tutti i suoi cittadini pretendono)
intende avere nel panorama mondiale (si può essere grande potenza politica e piccola
potenza economica?); c) di stare al passo con gli altri membri dei BRIC; d) il consenso
politico dell’elettorato.
Non è democrazia o liberalismo: è semplice opportunismo politico, sia di Putin che di
Medvedev. Di qualcuno cioè che al potere conta di restare per parecchi anni ancora.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
ALLEGATO
Il processo di transizione nell’Est Europa
Il processo di transizione nei paesi dell’Est europeo ha significato l’abbandono di
un’economia pianificata e centralizzata e l’introduzione di un modello di economia aperta e
di mercato. A tale scopo cruciali sono state le riforme strutturali e la progressiva uscita dello
stato dall’economia, attraverso un programma di privatizzazioni. Con l’ingresso dei privati
sono così entrati i capitali, soprattutto esteri attraverso gli investimenti diretti in
insediamenti produttivi (IDE o FDI in inglese); e con questi un trasferimento di tecnologia e
di know how, che ha contribuito a restringere il profondo divario di sviluppo (cd. gap) e
l’arretratezza accumulata in decenni rispetto all’Occidente (e al modello capitalista).
I paesi coinvolti sono attualmente 28, che si possono suddividere in 4 categorie sulla base
dei rapporti più o meno stretti con l’Unione Europea:
a) paesi entrati nell’UE con i processi di allargamento del 2004 e del 2007. Si tratta di 10
paesi, di cui 3 ex URSS (i Baltici) e di cui 2 entrati a far parte dell’area dell’euro;
b) paesi con status di potenziali candidati (nell’area dei Balcani);
c) paesi legati all’UE dalla PEV, la Politica Europea di Vicinato: 16 paesi di cui 6 dell’Est
Europa, e più precisamente ex URSS;
d) altri, tutti ex URSS (in Asia Centrale). Tra questi un rapporto particolare e privilegiato
con l’UE lo ha la Russia, erede naturale di una grande potenza, l’URSS, ed essa stessa
grande potenza, con un ruolo strategico negli equilibri geo-politici mondiali.
Il modello di riferimento è stato l’Occidente con l’Unione europea quale attore di
primissimo piano. La transizione in questo caso ha significato, per i paesi entrati nell’ottica
UE, convergenza, ossia avvicinamento agli standard europei, al framework politicoeconomico e giuridico dell’UE a 15. Con riferimento allo sviluppo economico si è parlato di
“catching up” inteso come raggiungere il livello di sviluppo dell’Occidente colmando il
profondo divario tra il tenore di vita dei paesi in transizione e quello della media dell’UE a
15, misurato come PIL pro capite.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Per alcuni paesi transizione ha significato altresì integrazione (economica, finanziaria)
nell’UE e nell’economia globale e, in alcuni casi, integrazione monetaria, con due paesi che
hanno adottato l’euro come valuta (Slovenia e Slovacchia).
Accordi di partenariato e di cooperazione (APC): Russia, Europa orientale, Caucaso
meridionale e Asia centrale
L’UE ha concluso dieci accordi di partenariato e di cooperazione con la Russia, i paesi
dell’Europa orientale, del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale. Tali accordi hanno
l’obiettivo di consolidare la democrazia e sviluppare l’economia attraverso la cooperazione
in una vasta gamma di settori e il dialogo politico. Essi istituiscono un consiglio di
cooperazione incaricato di sorvegliare l'attuazione degli accordi. Tali partenariati hanno i
seguenti obiettivi:
- fornire un contesto appropriato al dialogo politico;
- sostenere le iniziative avviate per consolidare la democrazia e sviluppare l’economia in
tali paesi;
- portare a termine il passaggio all’economia di mercato;
- promuovere il commercio e gli investimenti.
I partenariati intendono inoltre gettare le basi per una cooperazione legislativa, economica,
sociale, finanziaria, scientifico civile, tecnologica e culturale. Per la Russia, l'accordo è
anche volto a creare le condizioni necessarie all'instaurazione di una zona di libero scambio.
Per quanto riguarda gli scambi di merci, l'UE e i dieci paesi interessati si concedono
reciprocamente il trattamento della nazione più favorita. Inoltre, stabiliscono la libertà di
transito delle merci, via o attraverso il loro territorio. Nel caso di merci in ammissione
temporanea, ciascuna Parte concede all’altra l’esenzione dagli oneri all’importazione e dai
dazi. Non possono esserci restrizioni quantitative all’importazione tra le parti, e le merci
vengono commercializzate ai prezzi di mercato. In caso di pregiudizio o di rischio a causa
delle importazioni, il consiglio di cooperazione deve trovare una soluzione accettabile per le
due Parti.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Tra le disposizioni riguardanti le attività commerciali e gli investimenti, ci sono le
condizioni relative al lavoro, allo stabilimento e all’attività delle società, ai servizi
transfrontalieri, ai pagamenti correnti e ai capitali. Per quanto riguarda il lavoro, le parti si
adoperano per evitare la discriminazione in questo settore di tutti i residenti provenienti da
una delle Parti, legalmente impiegati in un’altra. Per la Russia, sono menzionate iniziative
per coordinare la sicurezza sociale.
Per quanto riguarda le imprese, gli accordi prevedono che:
- lo stabilimento delle società nel territorio dell’UE avvenga in condizioni non meno
favorevoli di quelle degli altri paesi terzi;
- l’attività delle società avvenga con un trattamento non meno favorevole di quello
concesso alle società dell’UE;
- l’attività delle filiali avvenga nelle stesse condizioni delle filiali dei paesi terzi;
- le società europee che si stabiliscono in un NSI (nuovi Stati indipendenti dell’ex Unione
sovietica), le condizioni di stabilimento e di attività non dovranno essere meno
favorevoli di quelle delle società meglio trattate, sia nazionali che di un paese terzo.
Tali condizioni non si applicano al trasporto aereo, fluviale e marittimo. Per la Russia, esse
si applicano anche a certi servizi bancari e di assicurazione di cui all’allegato 6 del suo
APC.
Per i servizi transfrontalieri, le Parti si impegnano a prendere le misure necessarie per
autorizzarne progressivamente la fornitura. Per la Russia, alcuni settori elencati negli
allegati possono essere regolamentati a livello nazionale. Per quanto riguarda il trasporto
marittimo internazionale, le parti dovranno applicare in maniera effettiva il principio del
libero accesso al mercato e al traffico su base commerciale.
Per ciò che concerne i pagamenti correnti e i capitali, le parti si impegnano con degli
accordi ad autorizzare tutti i pagamenti correnti legati alla circolazione dei beni, dei servizi
o delle persone. Dovrà inoltre essere garantita la libera circolazione dei capitali quando si
tratta di investimenti diretti nonché della liquidazione o del rimpatrio del prodotto di detti
investimenti e di tutti gli utili che ne derivano.
Tutti gli accordi, tranne quello della Repubblica di Moldavia, contengono un capitolo
dedicato alla tutela della proprietà intellettuale, industriale e commerciale nonché sulla
cooperazione legislativa.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Per quanto riguarda la cooperazione economica, i settori sono simili nella gran parte degli
APC. Essa si concentra su: sviluppo economico e sociale, sviluppo delle risorse umane,
sostegno alle imprese (privatizzazione, investimenti e sviluppo dei servizi finanziari, in
particolare), agricoltura e settore alimentare, energia, trasporti, turismo, tutela ambientale,
cooperazione regionale e politica monetaria. In sostanza, lo scopo di detta cooperazione
economica è di contribuire al processo di riforma, di rilancio dell'economia e allo sviluppo
sostenibile dei NSI. Sono promosse le riforme economiche e sociali nonché la
ristrutturazione dei sistemi economici e commerciali.
Disposizioni istituzionali
Gli accordi istituiscono un consiglio di cooperazione incaricato di sorvegliare l’attuazione
degli accordi. Esso si riunisce una volta l'anno a livello ministeriale. Il consiglio è assistito
da una commissione parlamentare di cooperazione.
Gli accordi sono conclusi per un periodo iniziale di dieci anni, dopo di che potranno
essere automaticamente rinnovati di anno in anno a condizione che nessuna delle Parti si
opponga.
Politica di vicinato
A partire dal 2003, l'UE ha lanciato la politica europea di vicinato (PEV) per evitare la
nascita di nuove linee di divisione tra l'UE e i suoi vicini in seguito all'allargamento del
2004. La PEV ha l'obiettivo di favorire l'instaurarsi di relazioni strette tra l'UE e i suoi
partner nella prospettiva di creare un clima di stabilità, prosperità e sicurezza. Insieme ai
paesi partner mediterranei, i paesi dell'Europa orientale e del Caucaso meridionale, ovvero
l'Armenia, l'Azerbaigian, la Georgia, la Moldavia e l'Ucraina, la Bielorussia, costituiscono
la base dei paesi partner della PEV. In questo ambito, gli APC formano il quadro
dell'attuazione della PEV con ciascun paese partner dell'Europa orientale e del Caucaso
meridionale.
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