Psicologia Contemporanea, num. 205, Gennaio-Febbraio 2008
L’erotizzazione dei bambini nella pubblicità
di Anna Oliverio Ferraris e Jolanda Stevani
Quando sentiamo parlare di abuso infantile, il nostro pensiero e i nostri
sentimenti vanno, in maniera quasi automatica, agli sventurati piccoli
protagonisti di squallide storie, fatte di maltrattamenti fisici e sessuali ad opera
di adulti. La violenza all'infanzia è una realtà con la quale le cronache ci
costringono a fare i conti. Esistono tuttavia manifestazioni più mascherate e
subdole di violazione dell'infanzia, ossia tutte quelle forme di sfruttamento che il
mondo adulto mette in atto nei confronti dell'universo infantile e che, con
un'unica espressione, potremmo definire "furto dell'infanzia".
Nella nostra società l'infanzia è spesso al centro di un processo schizofrenico:
da un lato, come mai nel passato, la protezione del bambino è riconosciuta
essere dalla collettività un valore primario e inderogabile; dall'altro, appare
invece diffusa la tendenza a perseguire forme sempre più pervasive di
"adultizzazione" dei bambini, che violano questa età della vita proprio nel suo
principio costitutivo, il "diritto ad essere un bambino", di crescere cioè seguendo
tempi e tappe fisiologiche. La forma di adultizzazione precoce di cui ci
occupiamo qui è l'erotizzazione dei bambini, in particolar modo quella che viene
veicolata da alcuni messaggi pubblicitari.
Innanzitutto è necessario chiarire che cosa si intende per erotizzazione.
Secondo la definizione dell'American Psychological Association, il concetto
comprende quattro fattori, ciascuno dei quali, preso singolarmente, può essere
indice di erotizzazione, tant'è che non è necessaria la compresenza di tutti e
quattro i fattori per determinare il fenomeno che, è bene sottolinearlo, non ha
niente a che vedere con una sana sessualità. Si può parlare di erotizzazione
quando: 1) il valore di una persona è ricondotto esclusivamente al suo sex
appeal o al suo comportamento sessuale; 2) una persona è tenuta a
conformarsi ad un modo di pensare che equipara l'attrattiva fisica con l'essere
sexy; 3) una persona è considerata un oggetto sessuale, vale a dire è destinata
ad essere usata da altri come tale, piuttosto che essere stimata per la sua
autonomia e capacità decisionale; 4) la sessualità è imposta ad una persona in
modo inappropriato. Per l'argomento che stiamo trattando, tra i fattori
sopraccitati quello che qui interessa è soprattutto l'ultimo. Freud ci ha insegnato
che i bambini hanno una loro sessualità; la sessualità infantile però è diversa
per molti aspetti rilevanti da quella degli adolescenti e degli adulti. Inculcare
perciò nei bambini modelli di comportamento o atteggiamenti sessuali tipici
degli adulti è una forma di pressione che assomiglia a una violenza.
In termini generali, possiamo dire che il fenomeno rappresenta purtroppo una
tendenza di questi anni, in particolare dei media. Oltre alle immagini pubblicitarie, argomento della nostra indagine, ci sono le riviste destinate alle lettrici
più giovani, le quali proliferano di messaggi che rimarcano l'importanza di
presentarsi sessualmente attraenti per stuzzicare l'interesse dei maschi.
Internet, poi, è una miniera di materiali che propongono soggetti in tenera età
rappresentati in maniera erotizzata. Stilisti alla moda seguono questa tendenza.
Da ricerche recenti emerge che, mentre in passato l'approccio dei più piccoli a
tematiche di tipo sessuale si realizzava in modo prevalentemente indiretto, nel
senso che si basava soprattutto sull'esposizione a rappresentazioni erotizzate
di adolescenti e adulti, oggi per i più piccoli l'iniziazione a queste tematiche è
diventata più diretta ed immediata. Sui media e in alcune pubblicità i bambini
vengono proposti in pose e abbigliamenti che, in maniera più o meno esplicita,
veicolano messaggi di tipo erotico.
Nel 1991, l'esperto di comunicazione Neil Postman denunciava la scomparsa
dell'infanzia, fenomeno già messo in luce da altri studiosi, come Vance
Packard, nel corso degli anni Sessanta e Settanta. Secondo Posteman la
società odierna, consumistica per eccellenza, tende ad opacizzare le differenze
tra adulti e bambini, ponendoli sotto il comune denominatore di consumatori e,
come tali, sempre meno facilmente distinguibili, non solo nel linguaggio,ma
anche negli atteggiamenti e nelle aspirazioni, persino nei comportamenti relativi
alla sessualità. Così, sempre più spesso, si vedono piccoli assumere
atteggiamenti, pose e movenze degli adulti. L'influenza del consumismo ha
trovato terreno fertile nell'evoluzione delle relazioni familiari successiva agli anni
Sessanta, sintetizzabile nel passaggio da una struttura familiare di tipo verticale
ad un assetto basato su legami di tipo orizzontale, ossia relazioni genitori-figli di
tipo paritario, fondate su una equiparazione di diritti all'interno della famiglia,
che di fatto cancella i confini generazionali e indebolisce la scansione delle
tappe evolutive. C'è la tendenza ad accelerare la crescita dei bambini (hurried
child syndrome) in nome di una precocità che dovrebbe renderli vincenti
nell'arena sociale, quando invece soltanto una crescita che rispetta i tempi dello
sviluppo può garantire la formazione di una personalità matura e autonoma.
Tale tendenza è oggi sfruttata dal mercato che, nei bambini accelerati, vede
una grossa fonte di investimenti e di guadagni: se sono dei cloni degli adulti, sia
pure in miniatura, ad essi e ai loro genitori si può proporre una gamma di
prodotti molto più ampia e articolata di un tempo.
Per quanto concerne il mercato pubblicitario, i bambini costituiscono una
succulenta fetta della popolazione dei consumatori: non a caso oggi si parla
tanto di nag factor, un'espressione con cui si intende il "tormento" (richieste
insistenti, capricci, paragoni con gli altri bambini...) che un bambino ben
condizionato dalla pubblicità dà ai suoi genitori, nonni, zii, ecc., affinché
acquistino per lui un determinato prodotto, gli consentano di vestire seguendo i
dettami della moda, di mangiare determinati alimenti (Oliverio Ferraris, 2005).
Che i bambini abbiano una posizione rilevante tra i consumatori è confermato
dai cliché di matrice commerciale applicati ai giovanissimi utenti. Un esempio
sono le cosiddette tweens o tweenager, ossia la fascia che sta tra due età e che
comprende bambine tra i sei e i dodici anni. Un altro esempio è l'acronimo
KGOY (Kids Growing Older Younger), che bene illustra l'immagine di
un'infanzia compressa e accelerata. L'erotizzazione del corpo infantile
rispecchia una tendenza diffusa tra gli operatori della pubblicità, secondo cui il
sesso può essere utilizzato per vendere qualsiasi cosa. In questo caso si tratta
di prodotti per bambini che vengono acquistati dagli adulti, anche se spesso su
richiesta degli stessi bambini. Lo stimolo erotico, quindi, è pensato per
raggiungere gli adulti, il che rende particolarmente ambiguo e inquietante
questo genere di operazioni commerciali.
Nel 2006 due ricercatrici dell'Australia Institute, Emma Rush e Andrea La
Nauze, hanno pubblicato due resoconti, intitolati rispettivamente Corporate
Paedophilia e Letting children be children, in cui sono illustrati i risultati di
ricerche compiute sugli annunci pubblicitari rivolti ai bambini e ai loro genitori.
Da questi studi è emerso che le immagini erotizzate dei bambini, perlopiù
femmine, sono diventate sempre più comuni nella pubblicità. L'espressione
"Corporate Paedophilia" è una metafora utilizzata dalle due ricercatrici per
descrivere la tendenza a vendere prodotti ai bambini prima che essi siano in
grado di comprendere il significato dei messaggi pubblicitari: essa sottolinea
come una strumentalizzazione di questo genere possa essere assimilata ad un
vero e proprio abuso, traducendosi in uno sfruttamento del bambino da parte
dell'adulto al fine di trarne vantaggi economici. Negli Stati Uniti, sulla questione
dell'erotizzazione del corpo infantile, c'è stata una vera e propria mobilitazione
di giornalisti, associazioni per la tutela dell'infanzia, genitori e psicologi, che ha
portato alla costituzione di una "task force" in seno all'American Psychological
Association. Nel 2007 questo gruppo di Eileen L. Zurbriggen ha pubblicato un
rapporto dal titolo Report of the Apa task force on the sexualization of the girls
(APA, 2007) da cui emerge che all'erotizzazione del corpo delle bambine non
concorrono soltanto pubblicità e mass media, ma anche molti genitori,
insegnanti e coetanei. Ciò che si verifica è una sorta di circolo vizioso:
attraverso ricerche di mercato, i pubblicitari cercano di individuare delle
tendenze; tramite i potenti mezzi di cui dispongono (televisioni, giornali,
cartelloni stradali, ecc.), le pubblicità diffondono, rilanciano e potenziano quelle
tendenze che i pubblicitari pensano di avere individuato (generalmente su fasce
particolari della popolazione); questa diffusione su vasta scala ha l'effetto di
modificare i gusti e la mentalità di ampie fette della popolazione generando,a
volte, effetti collaterali non previsti e dando inizio ad un'escalation in una
determinata direzione.
Ma quali possono essere le conseguenze di un'erotizzazione così precoce delle
bambine? Le conseguenze possono riguardare diversi aspetti della personalità.
Dal punto di vista cognitivo, è stato evidenziato che il concentrarsi
eccessivamente sul corpo e sul look in tenera età può generare una negligenza
nei confronti di altri aspetti fondamentali dello sviluppo come il ragionamento, le
attività artistico-espressive, il calcolo matematico, ecc. Per quanto riguarda
invece la sfera emotiva, una preoccupazione costante per l'aspetto fisico può
creare, in chi si scopre "inadeguato", tensioni interne, insoddisfazioni o
vergogna, quando invece i bambini dovrebbero concentrarsi su altri aspetti
dell'esistenza e vivere il proprio corpo in modo spensierato.
Lo sviluppo di una sana immagine corporea e di una solida autostima può
essere ostacolato dallo sforzo di avere le stesse fattezze e gli stessi gusti dei
modelli proposti dalla moda e una conseguenza di tale insensata tensione è la
possibilità di cadere nella trappola dei disturbi alimentari. Infine, quando la
preoccupazione per il proprio aspetto fisico e il giudizio degli altri diventa
un'ossessione, le bambine preferiscono evitare di cimentarsi negli sport come in
altre attività fisiche. L’erotizzazione precoce ha tra i suoi effetti anche quello di
incoraggiare le bambine ad impegnarsi in atteggiamenti seduttivi che attirano
l'attenzione dei maschi prima di essere in grado di comprenderne le potenziali
conseguenze sul piano fisico e psicologico. L'oggettivazione del corpo e
l'identificazione
con
modelli
adulti
conducono
facilmente
ad
una
rappresentazione del sesso di tipo strumentale, nel senso che la sessualità può
essere concepita e vissuta alla stregua di una merce di scambio, a completo
discapito della componente relazionale e affettiva. Il fatto che, per imitazione e
omologazione, una bambina assuma atteggiamenti da Lolita, seduttivi nei
confronti dell'altro sesso, non fa che rafforzare questa tendenza.
A livello sociale tale fenomeno comporta insidie evidenti: questi piccoli che sono
sempre meno piccoli e sempre più prototipi di un'adultità che li oggettivizza e li
deruba del loro diritto di essere bambini, rappresentano un allettante vivaio che
soddisfa le brame voyeuristiche e normalizza gli appetiti dei pedofili.
Trasformata in oggetto di consumo, la bambina che per la gioia dello sponsor (e
della mamma...) assume pose seduttive e occhieggia allusiva dai cartelloni
pubblicitari, lancia un chiaro messaggio di disponibilità; il che ha l’effetto, nella
realtà, di rendere le sue coetanee più esposte e vulnerabili.
Di fronte a forme di pubblicità deresponsabilizzate e aggressive e a dei media
che sfruttano ogni occasione per spettacolarizzare la realtà, scioccare gli
spettatori e dare un'immagine morbosa dell'infanzia, genitori, insegnanti e tutti
coloro che vogliono il bene dei bambini si trovano oggi a dover contrastare una
tendenza diffusa e pericolosa. Inutile dire che questo compito sarebbe
notevolmente facilitato se gli organismi di controllo (garanti, comitati, disciplina
pubblicitaria,ecc.) svolgessero un'azione più incisiva e meno formale di quella
che invece sembrano svolgere attualmente. Si tratta però anche di prendere
coscienza di come i propri atteggiamenti possano incoraggiare questa tendenza
invece di ridurne l'impatto. Lo studio condotto dalla "task force" dell'American
Psychological Association ha evidenziato il ruolo non trascurabile di genitori e
altri adulti, che vivono in stretto contatto con i bambini, nell'erotizzazione del
loro mondo e nel fiancheggiare coloro che, per fini commerciali, cercano di
trasformarlii in piccoli adulti.
Evidentemente molti genitori si adeguano, senza troppe riflessioni, alle mode
del momento, quando invece servirebbe riappropriarsi,del proprio ruolo
educativo. Serve anche ribadire che, nonostante il forte impatto che hanno i
media e le pubblicità, genitori e insegnanti continuano ad essere dei modelli
"forti" per i bambini, assai più di quanto non lo siano per gli adolescenti che,
per le esigenze di emancipazione legate all'età, tendono a prendere le distanze
dagli adulti e ad entrare in polemica con loro.