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L’ ÉLITE DELLO CHAMPAGNE
15 NOVEMBRE 2006
1
PREMESSA
Nel novembre 2005 scrissi:
“Speriamo che Cristina, Mariano o altri per lui possano proporre all’attenzione dei
colleghi qualche altra regione francese o qualche altra nazione viticola. Sono
serate di utile approfondimento per chi vuol sapere qualcosa di più sui vini, sulla
storia e sulla cultura di Paesi vicini o lontani dal nostro. Si crede di sapere, ma è
vero, invece, che non si sa mai abbastanza. Una prova l’abbiamo avuto stasera. Lo
champagne è un vino nobile e di chiara fama di cui tutti hanno sentito parlare.
Ma lo si conosce veramente?”
Era la conclusione di una serata trascorsa a Palazzo Roccabruna di Trento avente
come tema “Champagne: territorio e vini” organizzata dall’allora Presidente Cristina
Giotto e come relatore l’esperto ed appassionato Mariano Francesconi.
Ora sono qui a parlare ancora di Champagne, anziché di qualche altra regione
francese, e ne sono estremamente felice perché questo dipartimento francese ed il vino
che vi si produce sono noti e celebri in tutto il mondo ma non sono certo che tutti
possano dire di conoscere bene entrambi.
L’incontro messo in calendario per il
giorno 15 novembre 2006 presso il
ristorante “Il Libertino” di Trento del
nostro collega sommelier professionista
Luca Maurina, è quindi l’occasione
buona per riparlarne e per riprendere il
filo del discorso iniziato una anno fa con
la serata che ho citato.
Mariano Francesconi, relatore della serata, ha intitolato l’incontro
“L’Élite dello Champagne” in quanto ha portato in degustazione
alcuni prodotti molto particolari e scelti fra i migliori (che non
sempre sono i più conosciuti e commercializzati) che il mercato offre.
La serata è trascorsa piacevolmente in un giusto equilibrio fra la
parte didattico-tecnica e quella conviviale: il relatore ha
sapientemente condensato la parte teorica per dedicare più tempo
alla degustazione, lasciando spazio anche all’assaggio dei gustosi
piatti fatti preparare dal padrone di casa per tutti i presenti.
Da parte mia, dato che con queste mie righe mi rivolgo anche ai colleghi assenti,
svilupperò soprattutto la parte teorica perché, come ho già detto in altra occasione,
scrivendo non si possono trasmettere odori e sapori e piacevolezze per la vista ed il
palato.
Per questo mi avvarrò di gran parte della relazione che scrissi nell’occasione
precedente, perché tuttora valida nei concetti. Per chi ha già avuto occasione di
ricevere la mia precedente relazione valga come occasione di ripasso; per chi la legge
per la prima volta valga come occasione di approfondimento per ciò che già sanno.
2
LA VALLÉE DE LA MARNE
LE MONTAGNE DE REIMS
5
LA CÔTE DES BLANCS
LA CÔTE DE L’AUBE o DES BARS
LA CÔTE DE SÉZANNE
IL VINO
Lo champagne è l’elaborazione, secondo rigide regole ormai consolidate e applicate da tutti i
produttori, di un vino-base.
Il vino-base deve essere prodotto esclusivamente con le uve dei tre vitigni ammessi dal disciplinare
che sono:
lo CHARDONNAY che conferisce eleganza, finezza di aromi e profumi anche in
champagnes lungamente invecchiati. È il vitigno più usato (circa il 30% del
totale) e proviene prevalentemente dalla Côte des Blancs ma anche dall’Aube e
dalla Vallée de la Marne.
il PINOT NERO che viene vinificato in bianco o in rosato e conferisce forza
alcolica, struttura e ricchezza di corpo. È molto usato per la vinificazione di vini
fermi, per lo champagne Blanc de Noirs, per i Rosé e per le cuvée. È coltivato
soprattutto nella zona di Reims ma si trova anche nelle altre zone della
Champagne soprattutto nell’Aube.
il PINOT MEUNIER è il meno pregiato dei tre vitigni, però garantisce
produttività, vinosità e freschezza. È il vitigno tipico della Vallée de la Marne.
3
Il vino-base è generalmente una cuvée cioè l’assemblaggio di diversi vini provenienti da diverse
annate nelle percentuali decise dallo Chef de cave (Direttore di cantina) di ciascuna Maison de
Champagne (Casa produttrice). In questo caso lo champagne che si ottiene viene definito Sans
Année o Non Vintage.
Il vino-base può anche essere una cuvée di vini diversi provenienti dalla stessa vendemmia. Lo
champagne viene allora definito Millésime o Vintage.
Lo champagne elaborato con il vino-base prodotto con sole uve bianche (Chardonnay) viene
chiamato Blanc de Blancs.
Se viene prodotto con sole uve nere (Pinot noir, Pinot meunier) vinificate in bianco viene chiamato
Blanc de Noirs.
Se il vino-base è prodotto con sole uve nere vinificate in rosato lo champagne viene chiamato Rosé.
Esistono diverse tecniche per ottenere il vino rosato per gli champagne Rosé
- Cuvée. È la pratica più diffusa e consiste nell’aggiunta di una percentuale di vino rosso in quello
bianco fino ad ottenere la tonalità desiderata.
- Rosè de pressurage. Dopo la pressatura delle uve nere il mosto viene lasciato a macerare per
breve tempo sulle vinacce che poi vengono allontanate.
- Saignée. Questo metodo, oggi poco usato, in italiano significa sanguinamento o salasso. L’uva
nera (Pinot noir) viene pigiata e messa nei tini. Dopo qualche ora di macerazione, quando lo Chef
de Cave giudica che il colore estratto dalle bucce sia quello desiderato, toglie (salasso) parte del
mosto non fermentato dalla botte in modo che non si arricchisca ulteriormente di tannini ed
antociani. Il mosto rosso prelevato viene aggiunto al mosto bianco per la successiva fermentazione
alcolica.
LO CHAMPAGNE
Ho detto che lo champagne è l’elaborazione, secondo rigide regole ormai consolidate ed applicate
da tutti i produttori, di un vino-base.
Qui di seguito mi limito ad elencare le operazioni tradizionali e regolamentari necessarie affinché
un vino fermo si trasformi in un vino spumante.
Il metodo viene definito Metodo Champenois e prevedere la rifermentazione in bottiglia per la
presa di spuma. Poiché tale denominazione è riservata esclusivamente alla Francia, in Italia lo
stesso metodo, perfettamente identico, viene definito Metodo classico.
Il Metodo Champenois prevede le seguenti operazioni di cantina
Élaboration du vin ou de la cuvée
Addition de la liqueur de tirage
Mise en bouteille
Prise di mousse
Maturation sur lies
Remuage sur pupitres
Dégorgement
Addition de la liqueur d’expédition
Bouchage définitiv – Habillage
Preparazione del vino-base o della cuvée
Addizione sciroppo per la rifermentazione
Messa in bottiglia
Presa di spuma
Maturazione sui lieviti
Raccolta delle fecce nella bidule
Sboccatura
Aggiunta dello sciroppo di dosaggio
Tappatura finale e confezionamento
Risparmierò ai miei colleghi sommelier la spiegazione dettagliata di ogni singola operazione: mi
sembrerebbe di offendere la loro preparazione. Perciò vado avanti a riassumere ciò che ci ha
raccontato Mariano.
4
TIPOLOGIA DEGLI CHAMPAGNE IN BASE AL CONTENUTO ZUCCHERINO
La percentuale di residuo zuccherino nello champagne determina una classificazione, che viene
riportata in etichetta, e che si riferisce al “gusto morbido/zuccherino” assente o presente all’analisi
sia chimica che organolettica. La classificazione è riportata nella tabella seguente.
DENOMINAZIONE
RESIDUO ZUCCHERINO in g/litro
Pas dosé (Nature, Brut sauvage, Dosage zero o altro)
<1
<6
< 15
12-20
17-35
33-50
> 50
Extra brut – Brut integral
Brut
Extra dry
Sec
Demi-sec
Doux
CLASSIFICAZIONE DEGLI CHAMPAGNE
Questo è un argomento interessante ed un po’ insolito per noi, dato che qui in Italia non esiste un
sistema simile di classificazione.
L’Institut National des Appellations d'Origine (I.N.A.O.) nel 1927 definì e delimitò la zona della
regione Champagne-Ardenne dove era legalmente autorizzata la produzione dei vini chiamati
Champagne. Oltre ad avere individuato le zone viticole, si confermò anche la valididità della
classificazione dei vigneti secondo il sistema chiamato Échelle des Crus (scala dei cru).
Questa classificazione risale all’anno 1911 e tiene conto della qualità di ogni singolo cru e della sua
distanza dal cuore commerciale della Champagne, cioè dal capoluogo della regione Reims e da
Epernay. In estrema sintesi il sistema classifica i comuni della Champagne in base al valore
commerciale delle uve prodotte nel comune stesso ed espresso con un valore percentuale.
I comuni sono classificati in tre categorie:
Grand Cru 100%
-
Premier Cru 90-99%
-
Sans Cru 80-89%
La percentuale posta accanto alla denominazione definisce il valore commerciale, e perciò
qualitativo, delle uve provenienti da una determinata zona della Champagne ed ha come riferimento
base il prezzo stabilito per le uve.
Esemplificando, si può dire che le uve provenienti da un comune Grand Cru, classificato 100%,
riceveranno la remunerazione del 100% del prezzo stabilito.
Invece le uve provenienti da un comune Premier Cru, classificato ad esempio 90%, riceveranno una
remunerazione pari al 90% del prezzo stabilito.
I Comuni classificati Grand Cru sono 17 e precisamente:
Nel territorio Montagne de Reims: Ambonnay, Beaumon-surVesle, Bouzy, Louvois, Mailly-Champagne, Puisieulx, Sillery,
Verzy, Verzenay.
Nella Vallée de la Marne: Aÿ, Tours-sur-Marne.
Nella Côte des Blancs: Chouilly, Cramant, Avize, Le Mesnilsur-Oger, Oger, Oiry,.
I Comuni classificati Premier Cru sono 41 mentre quelli classificati Cru sono 255.
Continuo con i numeri che possono anch’essi essere interessanti.
In Champagne operano 15.000 viticulteurs che conferiscono gran parte del raccolto alle 110
Maison de Champagne operanti nel territorio. Circa 5.000 viticoltori trattengono parte delle loro
uve con le quali producono direttamente il proprio champagne che, in molti casi, è di una
personalità e di una qualità assolutamente eccezionali.
5
Il disciplinare prevede anche una Classificazione dei produttori che, sull’etichetta di ogni
champagne, sono contraddistinti da una sigla di due lettere maiuscole.
R.M = Récoltant-Manipulant. Sono i vignaioli che con le uve dei propri vigneti producono
champagne. La legge consente loro di acquistare da terzi un massimo del 5% di uve.
R.C = Récoltant-Coopérateur. Sono i vignaioli che conferiscono le uve alla cantina sociale la quale
produce gli champagnes, li commercializza oppure li consegna al produttore per la vendita in
proprio.
S.R = Société de Récoltant. Sono vignaioli dello stesso gruppo familiare che spumantizzano i loro
vini in un impianto collettivo, ma ciascuno lo vende con la propria etichetta
C.M = Coopérative de Manipulant. Sono cooperative di vignaioli produttori. La cooperativa
produce e commercializza gli champagne elaborati con le uve dei soci produttori.
N.M = Négociant-Manipulant. Sono le Maison de Champagne che acquistano le uve dai produttori
elaborano e commercializzano lo champagne con il proprio nome.
M.A = Marque Auxiliaire o Marque d'Acheteur. Si tratta di uno champagne il cui nome (marca)
non appartiene all'effettivo produttore ma a terzi (catene di supermercati, ristoratori od altro simile).
Proseguendo nella sua spiegazione, Mariano Francesconi ci dà anche informazioni relative a:
sistemi di allevamento e potatura differenziati da zona a zona;
le rese in campagna e le norme per la pressatura delle uve;
i portinnesti usati;
le norme per la spumantizzazione.
Piuttosto che riassumere questa materia, un po’ complessa e tecnica, ritengo sia più utile a chi
legge, che io riporti per esteso le norme che regolano la produzione dello champagne nella
Regione Champagne. Ognuno, se riterrà opportuno, potrà leggere il contenuto di queste norme
per approfondire l’argomento e per rendersi conto che un prodotto unico ed irripetibile come lo
champagne francese sia l’anello finale di una catena fatta di vitigni, terroir, clima, tradizione,
ma anche di regole molto dettagliate e severe.
Il testo qui sotto riportato è stato integralmente copiato dal sito Web
http://spazioinwind.libero.it/corradoc/storia%20.htm
6
Una regolamentazione dettagliata
Tra i numerosi regolamenti che disciplinano la produzione, segnaliamo qui di seguito qualche
esempio che definisce le fasi principali di elaborazione dello Champagne.
1. Coltura
All’interno della zona delimitata dalla legge del 22 luglio 1927 (34.000 ettari a denominazione
dei quali nel 1999 sono piantati a vigna poco più di 31.000 ettari e 30.147 sono in produzione),
i nuovi impianti e i reimpianti sono così regolamentati:
• il diritto di nuovi impianti è accordato con autorizzazioni ministeriali molto limitate;
• il diritto di reimpianti si ottiene solo dopo aver precedentemente sradicato, all’interno della
stessa azienda, un vigneto di superficie uguale.
Al momento, però, tutte le autorizzazioni per nuovi impianti sono sospese.
All’interno dello stesso comune, avente diritto alla denominazione "Champagne", gli impianti
si possono effettuare solo nelle parcelle espressamente delimitate e non su tutto il territorio del
comune, come invece avviene nella maggior parte delle altre regioni vinicole.
Gli unici vitigni utilizzabili in Champagne sono:
• lo Chardonnay (uva bianca)
• il Pinot nero e il Pinot meunier (uve nere)
Le norme che regolano l’impianto delle viti sono formulate per limitare le rese, per favorire
una migliore maturazione delle uve e quindi un miglioramento della qualità; esse stabiliscono:
• la distanza tra i filari di vigna (inferiore o uguale a 150 cm);
• la distanza fra i ceppi di vite dello stesso filare (da 90 a 150 cm);
• che la somma delle due distanze (tra filare e filare e tra ceppo e ceppo) deve essere inferiore
a 250 cm.
La densità di ceppi per ettaro ha lo scopo di limitare la vigoria e la produzione di ogni singola
vite, in modo che ogni "piede" dia pochi grappoli ma di grande qualità.
È regolata anche l’altezza massima, in rapporto al terreno, delle gemme poste all’estremità
dei tralci, in relazione al sistema di potatura adottato:
• potatura corta a Chablis o a Cordone (sistema Royat)
• potatura Guyot e potatura Valle della Marna.
Queste disposizioni hanno lo scopo di mantenere i grappoli abbastanza vicini al terreno e
favorire così la loro maturazione, grazie agli effetti benefici del gesso (restituzione durante la
notte del calore immagazzinato dal terreno durante le ore di sole).
La regolamentazione della potatura è stabilita in relazione alla zona di produzione e al
vitigno:
Per i Grand Cru 100% e i Premier Cru da 99% a 90% sono ammesse solo le potature a
Chablis e Cordon Royat, perché danno uve di maggior qualità. Sono vietate la potatura
Guyot e la potatura Valle della Marna.
Per i vitigni Chardonnay e il Pinot Nero la potatura deve essere obbligatoriamente
effettuata a Chablis, Cordon Royat o Guyot.
La potatura Valle della Marna è autorizzata solo per il Pinot meunier.
2. Vendemmia
Il diritto alla denominazione "Champagne" può essere applicato soltanto ai vini ottenuti
entro il limite della resa massima per ettaro, fissata ogni anno da Decreto ministeriale.
7
3. Pigiatura
È stabilita una severa limitazione di rendimento alla torchiatura: da 160 Kg. d’uva si possono
ottenere soltanto 102 litri di mosto, che, date le perdite in fase di vinificazione, corrispondono
a 100 litri di vino.
È eliminata la deuxième taille e quindi da un "marc" (ossia 4.000 Kg. d’uva, l’unità di misura
tradizionale della Champagne, che rappresentava la capacità del torchio più comunemente
usato) si possono ottenere 2.550 litri di mosto così suddivisi:
• 2.050 litri di cuvée (ossia 10 pièces o botti da 205 litri di mosto fiore o mosto di prima
spremitura)
• 500 litri di taille (il mosto della seconda spremitura)
Ad ogni vendemmia viene fissato per Decreto il grado alcolico minimo che devono avere i
mosti per poter essere vinificati per produrre lo Champagne.
4. Spumantizzazione
Il sistema di elaborazione per rendere il vino spumeggiante, che è stato inventato e
perfezionato in Champagne, può essere utilizzato anche in altre regioni vinicole del mondo.
In Champagne, però, è obbligatorio osservare numerose regole specifiche, a cui i produttori di
Champagne devono sottostare e che danno come risultato la produzione di vini di altissima
qualità. Tra queste regolamentazioni, si segnalano in particolare:
Seconda fermentazione
La seconda fermentazione in bottiglia è obbligatoria. In tutto il territorio A.O.C. è proibito
per legge utilizzare altri metodi di produzione quali il "travaso" ed il metodo "Charmat"
(rifermentazione in autoclave, in grandi recipienti).
Impiego di zucchero
L’uso dello zucchero per l’arricchimento del mosto (chaptalization), per la presa di spuma
(liqueur de tirage) e per il dosaggio (liqueur de dosage o liqueur d’expédition) è
dettagliatamente regolamentato e controllato da funzionari pubblici.
Grado alcolico
Deve essere come minimo di 10 gradi per i non millesimati e di 11 gradi per i millesimati: in
realtà il tenore in alcool dello Champagne è normalmente tra gli 11 e i 12 gradi.
Acidificazione severamente regolamentata
• L’acidificazione è autorizzata nel limite di 1,5 g/ litro, espresso in acido tartarico;
• L’aggiunta di acido citrico deve essere inferiore o uguale a 0,50 g/ litro e tenendo conto che il
livello finale di questo acido non superi mai 1 g/ litro;
• il tenore di anidride solforosa non deve superare i 200 mg./ litro, ma in realtà questo limite
nello Champagne non è mai raggiunto:
La disacidificazione, quando si rende assolutamente indispensabile, non può essere effettuata
che con tre prodotti ben determinati e regolamentati.
4. Durata del processo di spumantizzazione
Per legge deve essere di almeno quindici mesi dopo il tirage (messa in bottiglia per la presa di
spuma) per i non millesimati (S.A. = sans année), mentre per i millesimati la durata minima è
di tre anni, da contare sempre dalla data del tirage. Tradizionalmente però i produttori più
noti invecchiano i loro Champagnes non meno di tre anni per i sans année e di cinque anni nel
caso dei millesimati.
8
IL TERRITORIO ED IL TERROIR
Raccontano che lo champagne sia nato nell’Abbazia d’Hautvillers nei
pressi della città di Épernay, situata
nel cuore della regione
Champagne-Ardenne, per le intuizioni del monaco benedettino Dom
Pierre Pérignon (1638 - 1715).
Épernay, internazionalmente riconosciuta come la capitale dei vini
champagne, è una piccola cittadina di pochi abitanti (26.000) nel cui
territorio si trovano numerose
ed importanti Maison de
Champagne e, circondata da
vigneti e da boschi, l’Abbazia
d’Hautvillers.
L’importanza di questa
cittadina la possiamo
riassumere in queste
cifre:
30.000 ettari vitati;
200.000.000 di bottiglie di champagne;
18 Maisons de Champagne fra cui la celeberrima Moët & Chandon,
per un totale di 110 chilometri di cantine tutte visitabili senza preavviso o su appuntamento.
La RÉGION CHAMPAGNE-ARDENNE è una delle 26 regioni in cui è divisa amministrativamente la
Francia. Ogni regione è suddivisa in DIPARTIMENTI (DÉPARTEMENTS) che sono 100 in totale e
ciascuno è contraddistinto da un numero che serve per il codice postale e per le targhe
automobilistiche.
La regione è suddivisa in quattro dipartimenti e il suo capoluogo è Châlons-en-Champagne.
I dipartimenti sono:
Ardennes 08
(km² 5.229 - 290.000 abitanti) con capoluogo Charleville.Mezières
Marne 51
(km² 8.162 - 565.000 abitanti) con capoluogo Châlons-en-Champagne
Aube 10
(km² 6.004 - 292.000 abitanti) con capoluogo Troyes
Haute-Marne 52 (km² 6.211- 195.000 abitanti) con capoluogo Chaumont
A noi, più che la divisione amministrativa, interessano le zone viticole.
9
La zona coltivata a vite nella Regione Champagne si estende su 32.178 ettari suddivisi come nella
sottostante tabella (Fonte Le Comité Interprofessionnel du vin de Champagne CIVC 2002):
Denominazione
Ettari a vigneto Chardonnay Pinot Noir Pinot meunier
Le Montagne de Reims
7.960
24%
40%
36%
La Vallée de la Marne
11.593
16%
22%
62%
Côte des Blancs & de Sézanne
5.808
82%
82%
9%
Aube ou Côte des Bar
6.817
7%
87%
5%
TOTALI
32.178
8.956
12.303
10.919
MONTAGNE DE REIMS
Questo territorio, assieme alla Côte des Blancs, costituisce il “cuore” della Champagne e si estende
attorno alla città di Reims. È un vasto altopiano ricoperto di foreste ed i suoi fianchi, costituiti da
terreni gessosi (sols crayeux), sono tutti piantati a vite ed esposti a nord. I grappoli tuttavia riescono
a raggiungere una perfetta maturazione grazie ad un fenomeno climatico particolare: la sera l’aria
fredda discende versa il basso, mentre l’aria calda formatasi in basso durante il giorno, è spinta
verso l’alto donando un calore particolare alle vigne. La foresta in alto funziona anch’essa da
regolatore termico, come succede in qualche collina alsaziana.
Il 60% della superficie è coltivato a Pinot noir, vitigno che si adatta bene ai suoli gessoso-calcarei.
Il resto della produzione viene dallo Chardonnay che trova anche qui un ambiente favorevole,
purché coltivato in collina e riparato dai venti.
Tutti i tecnici e gli esperti sono concordi nel sostenere che il terroir de Champagne sia unico al
mondo grazie ad una felice ed irripetibile combinazione di clima, di conformazione e composizione
del terreno.
Lo sprofondamento della Piattaforma parigina (Bassin Parisien) ha formato una serie di rilievi
collinari sui fianchi dei quali la vite ha trovato il suo ambiente ideale.
Questi rilievi sono chiamati craie champenoise e rivestono un ruolo fondamentale. Questo
particolare terreno calcareo, costituito da poche decine di centimetri di terra fertilissima sotto il
quale c’è uno strato di calcare quasi bianco e di consistenza gessosa, caratterizzato dalla presenza di
fossili marini di Belemnita Quadrata, ha consentito, nei secoli, di ricavare delle profonde gallerie e
dei grandi ambienti, trasformati in cantine, per la conservazione perfetta dei vini durante il processo
di affinamento.
Inoltre, questo terreno ha una grande capacità di drenaggio dell’acqua. Questa particolarità evita,
nei momenti di forti precipitazioni, il formarsi di una eccessiva umidità, fornendo alle radici della
vite la quantità ideale di umidità.
Al contrario, quando il clima è caldo e secco, l’umidità profonda viene richiamata in alto per
capillarità consentendo alla vite di nutrirsi e di non entrare in sofferenza per stress idrico.
È per tutte queste ragioni che in questa zona c’è la maggior parte dei
comuni classificati Grand Cru (9 su 17): Ambonnay, Beaumontsur-Vesle, Bouzy, Louvois, Mailly-Champagne, Puisieulx, Sillery,
Verzenay, Verzy.
10
VALLÉE DE LA MARNE
Nel corso dei millenni il fiume Marna si è aperto un passaggio fra le rocce dell’altopiano formando
quella che viene chiamata Vallée de la Marne. Qui è ancora presente il terreno di tipo calcareo
gessoso denominato craie, salvo ad ovest di Chatillon-sur-Marne dove il suolo diventa più “grasso”
del tipo argilloso-marnoso.
I vigneti sono piantati su ambedue le rive della valle sia nella parte pianeggiante che collinare. Per
più del 60% si tratta di Pinot noir (nel Comune di Aÿ questo vitigno costituisce il 90% dell’intera
produzione). Nella porzione più ad ovest diventa, invece, preponderante il Pinot meunier.
Questa bella e validissima zona viticola è, molto a torto, un po’ trascurata dai visitatori e dagli
amatori del vino soprattutto perché non è ricca di comuni classificati Gran Cru o Premier cru: anzi,
solo il Comune di Aÿ è classificato Grand Cru 100% per lo Champagne. Esiste poi il Comune di
Tours-sur Marne classificato Grand Cru ma solo per il Pinot noir.
VEDUTA DELLA VALLE DELLA MARNA
UNA CURIOSITÀ
Nel territorio del Comune di Mareuil-sur-Aÿ si trova il celebre vigneto Clos des Goisses, di
proprietà della Maison Philipponnat. La collina ed il vigneto, riflettendosi nell’acqua del canale
Marna-Reno danno l’illusione, per un effetto singolare, di vedere una flûte per champagne
coricata. Tutto è garantito senza trucco: vedere la cartolina storica riprodotta qui sotto.
11
CÔTE DES BLANCS E LA CÔTE DE SÉZANNE.
La Côte des Blancs si estende per una quindicina di
chilometri a sud di Epernay. Ancora più a sud troviamo la
Côte de Sézanne, stretta zona viticola lunga una cinquantina
di chilometri.
Gli champagnes di questa zona assai rinomata sono tutti
ottenuti lavorando esclusivamente le uve Chardonnay che
qui occupano più del 95% dei vigneti. Gli champagnes sono,
perciò, “Blanc de blancs” ed è per questa particolarità che la
zona ha assunto il nome di Côte des Blancs.
Lo Chardonnay ha trovato qui un ambiente ideale. È un
vitigno precoce e, quindi, molto sensibile alle gelate
primaverili. Qui le colline sono orientate ad est e le vigne
piantate sul colle sono protette dai venti freddi che soffiano
da ovest. Come si vede, grazie all’abilità ed all’esperienza
dei vignaioli antichi, niente è nato per caso e niente è stato lasciato al caso.
Gli champagnes della Côte des Blancs sono riconosciuti, da esperti e da assaggiatori, come
espressione inimitabile di delicatezza, freschezza, finezza ed eleganza. Sono tutte qualità molto
positive ma che possono esprimersi in modo differente e seconda del terroir da cui provengono: a
Cramant l’uva esprime più forza, ad Oger gli champagnes sono fini ed incisivi; ad Avize si
caratterizzano per finezza ed eleganza e per la persistente presenza in bocca.
Parecchi comuni della Côte des Blancs sono classificati Grand Cru 100%. Sono: Avize, Cramant,
Le Mesnil-sur-Oger, Oger, Oiry.
La Côte de Sézanne, pur essendo zona pregevole per la produzione di champagnes e
paesaggisticamente molto bella, non ha una fama così grande ed affermata come quella delle altre
tre regioni situate più a nord. La piccola cittadina di Sézanne (circa 6.000 abitanti) è di antico
impianto medioevale e merita una visita. I vigneti sono tutti piantati a Chardonnay.
VEDUTA DE LA CÔTE DES BLANCS
VEDUTA DE LA CÔTE DE SEZANNE
12
L’AUBE ou CÔTE DES BARS.
Il dipartimento dell’Aube si trova nella parte meridionale della
zona della Champagne dove è ancora autorizzata la produzione
del famoso vino spumante. La zona viticola è denominata Côte
de Bars perché i due centri principali, abbastanza piccoli, si
chiamano Bar-sur-Aube (7.200 abitanti) e Bar-sur-Seine
(3.600 abitanti).
È considerata una zona minore rispetto alle altre, però c’è un
po’ di forzatura in questa affermazione anche se i tecnici
riconoscono che gli champagnes qui prodotti sono
effettivamente diverso da quelli prodotti nelle altre zone consentite.
Il clima dell’Aube è molto più piovoso (la zona viene chiamata “Champagne Humide”) ed anche il
sottosuolo non è più gessoso ma argilloso-calcareo. Vi si allevano il Pinot noir, in prevalenza, ed il
Pinot meunier. I Pinot dell’Aube, a detta degli esperti, non raggiungono la finezza di aromi e sapori
dei confratelli della Montagne de Reims o della Vallée de la Marne, ma sono più rustici e corposi: il
che significa diversità ma non inferiorità.
Gli champagnes qui prodotti hanno corpo e sostanza a scapito della tradizionale finezza ed
eleganza. Qualcuno ha detto che gli champagnes dell’Auboise o si amano o si odiano come succede
spesso anche con le persone dotate di forte personalità.
Anche se il discorso esula dall’argomento Champagne, non si può parlare di questa zona senza
citare un vino famoso: il Rosé des Riceys.
È un vino non effervescente, che non ha nulla a che vedere con gli champagnes rosé, il quale,
secondo quanto dice la storia, fu il vino prediletto del Re Luigi XIV. È prodotto esclusivamente
con uve Pinot noir provenienti dai tre villaggi Riceys-Haut, Riceys Haute-Rive, Riceys-Bas situati
vicino a Bar-sur-Seine nella parte più meridionale dell’Aube.
È considerato il miglior vino rosato di Francia, di tipo più borgognone che champenois
Infine, il Rosé des Riceys, a conferma della sua bontà, è il solo vino francese che può fregiarsi di
tre appellations: Champagne, Coteaux Champenois e Rosé des Riceys.
DUE CURIOSITÀ
1. Il piccolo comune di Colombey-les-Deux-Èglises (660
abitanti) è diventato famoso perché qui venne ad abitare e
morì il Generale Charles de Gaulle (Lille 1890-Colombeyles-Deux-Eglises 1970). Qui gli fu dedicato nel 1972 il
Memoriale Charles de Gaulle, su cui si eleva una Croce di
Lorena in granito alta 43,5 metri, simbolo di Francia Libera
movimento di liberazione e resistenza francese durante la
seconda guerra mondiale.
2. Nel villaggio di Essoyes visse a lungo, a partire dall’anno
1905, lavorando nel suo atelier, il grande pittore Pierre
Auguste Renoir (Limoges 1841- Cagnes–Sur–Mer 1919).
Dopo la sua morte fu qui seppellito, assieme alla sua modella,
diventata poi sua moglie Aline Charigot (originaria
dell’Aube) ed ai tre figli Pierre, Jean e Claude. Fu lei che gli
fece scoprire questo villaggio immerso nel verde dell’Aube en
Champagne. Qui Renoir lavoro a lungo nell’atelier costruito in
fondo al giardino della sua casa creando alcune delle sue opere più grandi e significative.
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LE CLIMAT (IL CLIMA)
Il clima particolare della Champagne è un altro dei fattori che influiscono positivamente sulle uve e,
quindi, sui vini prodotti in questa regione francese.
Il vigneto champenois si trova al limite settentrionale per la coltivazione della vite: precisamente, a
nord di Reims tocchiamo i 49,5 gradi di latitudine ed a sud i 48 gradi a Bar-sur-Seine. L’altitudine
dei vigneti varia da 90 a 300 metri.
Per quanto riguarda la temperatura, nel periodo dal 1921 al 1980, abbiamo avuto le seguenti medie
annuali: 10,4°C a Épernay, 10°C a Reims e 10,1°C a Troyes. (al di sotto di 9,6°C la vite non
sopravvive).
L’instabilità climatica caratterizza la zona, con frequenti cambiamenti fra un mite clima atlantico ed
un rigido clima continentale. I forti venti provenienti dalla Normandia arrivano fino qui senza
incontrare ostacoli. La conformazione ondulata della Champagne e le fitte foreste poste al sommo
dei rilievi collinari creano microclimi temperato-umidi favorevoli alla coltivazione della vite.
In primavera esiste la possibilità di gelate, anche fino a
maggio inoltrato con grave pregiudizio per il successivo
raccolto. Non è raro vedere una gran quantità di stufette
poste tra i filari per evitare che i germogli primaverili
possano subire i danni del gelo.
Altri sistemi vengono usati per combattere le gelate
primaverili: l’aspersione a pioggia del vigneto con acqua per
mantenere la temperatura allo zero termico; oppure l’uso di
grandi pale a vento per movimentare l’aria umida circostante
onde evitare il formarsi della brina gelata
Gli sbalzi di temperatura possono creare interferenze e problemi al momento della fioritura e
dell’impollinazione con conseguenti riduzioni delle rese alla vendemmia. Temporali e grandinate
improvvise e di forte intensità possono danneggiare i vigneti.
Ma questo clima così particolare e difficile, al limite del rischio, (naturalmente in combinazione con
il tipo di terreno) conferisce alle vendemmie rese per ettaro molto contenute, uve ricche di
componenti volatili (esteri) che conferiscono ai vini complessità di profumi oltre che finezza ed
eleganza.
TRADIZIONE + METODO + RIGOROSITÀ DELLE NORME + VITIGNI SELEZIONATI + TERROIR + CLIMAT
=
CHAMPAGNE
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LA STORIA.
Ma dov’è finito l’Abate benedettino Dom Pierre Pérignon? Tranquilli,
non me lo sono dimenticato. È un personaggio talmente ingombrante,
quando si parla di Champagne, che non lo si può dimenticare quando si
scrive la cronaca o la storia di questa regione e di questo vino spumante.
DOM PIERRE PÉRIGNON
Non intendo ripercorrere la storia della viticoltura in Champagne, ma solo dare qualche
informazione di carattere generale per rimarcare quanta tradizione e quanta storia ci sia alle spalle
di un vino così famoso come lo Champagne.
Probabilmente la vite fu portata in Francia dai Romani al tempo della conquista della Gallia (58-50
a.C.) e si diffuse in tutte le zone dove le condizioni di clima e di terreno lo consentivano. Il secolo
successivo l’imperatore Domiziano (51-96 d.C) emanò un Editto che imponeva la distruzione dei
vigneti delle province dell’Impero e la drastica riduzione di quelli esistenti in Italia. Si dovette
arrivare fino all’anno 282 quando l’imperatore Probo abrogò l’editto consentendo nuovamente la
coltivazione della vite.
La Champagne, attraversata dal fiume Marna, era un facile corridoio di passaggio per gli eserciti
sulla direttrice est-ovest. Per questa ragione fu più volte messa a soqquadro e disastrata dal
passaggio di eserciti e dalle battaglie che qui vennero combattute con una certa frequenza.
È rimasta famosa nella storia quella combattuta nell’anno 451 dai Romani comandati dal generale
Ezio, alleato con i Visigoti del re Teodorico I, contro Attila, re degli Unni.
La battaglia si svolse in campo aperto nei pressi della città di Chalons-sur-Marne e finì in una
carneficina (circa 200.000 morti) con la sconfitta di Attila che vide così interrotta la sua marcia di
conquista verso Parigi. La battaglia fu chiamata dei “Campi Catalaunici” dal latino “Cathulanicus”
che significa “appartenente alla città di Chalons”. Le città di Reims e di Épernay, al centro della
zona furono spesso coinvolte nelle battaglie e nei saccheggi: Reims fu presa e distrutta 7 volte ed
Épernay addirittura 11 volte fra l’anno 450 ed il 1000.
Nel medioevo, dall’anno 1000 in poi, la coltivazione della vite ebbe un grande sviluppo, sostenuto
soprattutto dagli ordini monastici che usavano il vino principalmente come “vino da messa”. In tutta
la Francia e naturalmente anche nella Champagne, la viticoltura conobbe un nuovo splendore anche
perché i regnanti dimostrarono di apprezzare il vino prodotto tanto che veniva offerto in omaggio
agli altri regnanti europei. Si trattava sempre di vini fermi e rossi perché i bianchi non erano molto
apprezzati.
Anche nei secoli successivi la Champagne conobbe altre guerre, distruzioni e saccheggi ma seppe
sempre risorgere. La splendida gotica Cattedrale di NotreDame a Reims fu la sede dell’incoronazione dei re francesi:
da Ugo Capeto, Conte di Parigi, incoronato Re di Francia
nell’anno 987 fino a Carlo X di Borbone incoronato nel 1824.
La Champagne raggiunse il massimo splendore sotto il lungo
regno del Re Sole Luigi XIV (1638-1715) che prediligeva il
vino rosso qui prodotto e che, durante i sui 72 anni regno
diede grande impulso alla viticoltura. Egli, però, non conobbe
lo champagne che nacque qualche decennio dopo la sua morte.
LA CATTEDRALE DI REIMS
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Ed arriviamo finalmente ai tempi di Dom Pérignon.
Intorno al 1670 Pierre Pérignon (1638-1715), che era un giovane frate benedettino, giunse
all'Abbazia d'Hautevillers, vicino ad Épernay, con l'incarico di cellérier cioè amministratoreeconomo. Trovò il convento ed i vigneti in uno stato di totale abbandono, e si adoperò per rimettere
tutto in sesto.
Sembra che fosse astemio, vegetariano buon conoscitore delle uve, abile enologo e commerciante.
Le sue intuizioni ed i suoi esperimenti nel campo della viticoltura e dell’enologia furono così
importanti e decisivi, che Dom Pérignon può essere definito il padre dell’enologia moderna e dello
champagne anche se il vino prodotto allora era assai diverso da come lo conosciamo oggi.
Consapevole che il clima e la situazione geografica del territorio non era della più favorevoli, dettò
regole severe sulla coltivazione dei vigneti per ottenere comunque delle uve sane e ricche che
potessero dare vini importanti.
Le regole della vinificazione stabilite da Dom Pérignon, vennero pubblicate e diffuse nel 1718 tre
anni dopo la sua morte. Riassumerò qui di seguito le principali.
Selezionò ed impiantò esclusivamente le uve migliori e più adatte al sottosuolo gessoso ed al
clima, privilegiando il Pinot noir.
Fece ridurre drasticamente le rese per aumentare la concentrazione del vino con potature severe
per mantenere le piante ad una altezza massima di un metro dal suolo in modo che potessero
beneficiare anche del calore del suolo oltre che produrre pochi grappoli.
La vendemmia doveva essere fatta nelle ore fresche del primo mattino e la pigiatura, soffice e
delicata senza macerazione, doveva essere fatta immediatamente dopo il raccolto e,
tassativamente, prima delle ore 10 del mattino. L’uva doveva rimanere fresca ad ogni costo. Le
uve non dovevano essere pigiate con i piedi, perché venivano estratti troppi tannini e troppo
colore.
Si doveva usare un tipo di torchio efficiente e veloce con più torchiature per tempi brevi e
tenendo separati i mosti delle diverse spremiture. Il primo mosto che scaturiva dal torchio,
chiamato “vin de goutte” (vino di gocciolamento), era spremuto solo dal peso della trave di
legno. Dava un vino delicato non adatto per essere bevuto da solo perché mancava di corpo. Il
secondo e terzo mosto, chiamato “premier e deuxième taille” (primo e secondo taglio) perché la
massa di uva doveva essere tagliata a pezzi e rimessa nel torchio. Il mosto dava vini di buona
qualità. Il quarto mosto proveniente dalla quarta torchiatura, chiamato “vin de taille” (vino di
taglio) dava vini di scarsa qualità. Le successive spremiture davano i “vins de pressoir” (vini di
pressatura) decisamente colorati e di scarso pregio e quindi privi di interesse per il cantiniere
professionista.
Faceva mantenere separate le uve provenienti dai vari vigneti ed anche la vinificazione veniva
fatta separatamente. Applicava, senza saperlo, il moderno concetto di cru.
Affinò le tecniche del taglio dei vini, assemblando i vini prodotti da uve provenienti da zone
diverse per assicurare, nei diversi anni, una costanza di gusto e qualità. Praticamente inventò
quella che fu chiamata cuvée.
Era convinto che era meglio imbottigliare il vino piuttosto che lasciarlo nelle botti dove
invecchiava male.
Sostituì il vecchio tappo di legno, avvolto di canapa imbevuta d’ olio, a forma tronco-conica
usato fino ad allora, con tappi di sughero, (già in uso nella zona di Jerez in Spagna) ancorati al
collo della bottiglia per mezzo di una gabbietta metallica.
Con queste tecniche applicate con rigorosità e pignoleria ottenne dei vini così importanti ed
apprezzati che la Champagne cominciò a rivaleggiare con la vicina Borgogna.
Fin qui i meriti dell’Abate Dom Pierre Pérignon. Ma non fu l’inventore dello Champagne come noi
lo conosciamo: anzi fece di tutto, senza riuscirci, per evitare che i suoi vini diventassero frizzanti,
dato che egli considerava la frizzantezza uno spiacevole difetto.
Ma questo conta poco perché il suo enorme merito, da tutti riconosciutogli, fu quello di gettare le
basi dell’ enologia moderna. Non è certo cosa da poco!
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LA RISOLUZIONE DI ALCUNI PROBLEMI
Tante ipotesi sono state fatte sulle ragioni per cui i vini fermi, come erano quelli prodotti e voluti
dai produttori della Champagne, si trasformassero in vini frizzanti.
C’è chi racconta che tutto nacque da un errore. I vini fermi imbottigliati, probabilmente non bene
filtrati dai lieviti ed ancora un poco zuccherini, fecero scoppiare alcune bottiglie durante
l’affinamento in cantina.
Altri raccontano che l’abate aggiungesse fiori e zucchero al vino per renderlo più profumato e
gradevole, tappando poi le bottiglie con il tappo di legno tronco-conico. Stappando la bottiglia dopo
qualche tempo si produceva della schiuma.
Si dice che questi fatti casuali fecero intuire a Dom Pérignon il processo della “prise de mousse”
(presa di spuma) causata dallo zucchero aggiunto e dai lieviti naturali presenti nei fiori.
Più scientificamente è bene ricordare che la Champagne ha un clima piuttosto freddo. Proprio il
freddo provocava, in autunno ed in inverno, l’interruzione della fermentazione alcolica inibendo
l’azione dei lieviti e mantenendo nel vino quantità ingenti di zucchero residuo. In primavera, con
l’aumento della temperatura, i lieviti “in letargo” riprendevano l’attività consumando lo zucchero
residuo trasformandolo in alcol ed anidride carbonica. Poiché il gas CO2 era intrappolato nella
bottiglia, si solubilizzava nel vino facendo aumentare la pressione interna fino al punto che qualche
bottiglia scoppiava (anche perché le bottiglie non avevano lo spessore necessario per contenere
questa forte pressione interna).
Si dice che da allora, resosi conto che il vino “spumante” era gradevole, Dom Perignon decise di
perfezionare il fenomeno naturale della rifermentazione in bottiglia dando avvio così alla
produzione del vino di Champagne spumante. Fino ad allora il vino della Champagne era un vino
fermo.
Anche altri vignerons della regione iniziarono a produrre il vino seguendo le indicazioni e le
tecniche studiate dall’abate. Da allora i miglioramenti della tecnica di produzione furono continui
fino ad arrivare al secolo ventesimo e precisamente all’anno 1927 quando L’Institut National des
Appellations d'Origine (I.N.A.O.) definì le norme per produrre il vino spumante e concesse la
A.O.C. Champagne (Appellation d’Origine Contrôlée).
Le principali tappe di questo percorso sono le seguenti:
Remuage sur pupitres.
Un problema di non facile soluzione era quello dell’intorbidimento del vino, durante la
rifermentazione in bottiglia, causato dei lieviti e delle altre sostanze solide presenti nel vino le quali
si depositavano sul fianco delle bottiglie.. Fin dal primo Ottocento la pratica più comune era quella
di travasare il vino da una bottiglia all’altra fino all’eliminazione dei depositi. Era un procedimento
lento, costoso ma aveva soprattutto il difetto che quasi tutta l’anidride carbonica si disperdeva
rendendo il vino poco effervescente e piatto.
Il problema fu risolto nel 1818 quando Antoine de Müller, chef de
cave della Maison Veuve Clicquot di proprietà della signora Barbe
Nicole Ponsardin vedova Clicquot, inventò le pupitres ed il sistema
remuage sur pupitres che permise l’accumularsi delle fecce nel collo
delle bottiglie per una più facile eliminazione delle stesse senza perdere
la pressione e, di conseguenza, le bollicine.
VEUVE CLICQUOT
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Alcune scoperte ed alcune invenzioni.
Nel secolo XIX i lieviti e la loro importanza durante la fermentazione alcolica dei mosti erano
conosciuti. Molto meno conosciute erano le basi scientifiche e le ragioni per cui il mosto si
trasformava in una soluzione alcolica.
Durante la seconda metà dell’800 una serie di studi e di sperimentazioni riuscì a chiarire molti di
questi problemi.
Cagniard de La Tour riprendendo certi lavori di un certo Leuwenhoek riuscì a dimostrare che i
lieviti erano dei funghi unicellulari appartenenti al regno vegetale.
Louis Pasteur (1822-1895) dimostrò in maniera incontrovertibile la relazione che esiste fra la
presenza di lieviti e la fermentazione naturale.
Hansen inventò un procedimento per ottenere colture di lieviti puri partendo da una sola cellula.
Maumené, constando che le rifermentazione in bottiglia non erano sempre uguali, scoprì che ciò
dipendeva dal fatto che ogni tipo di uva portava con sé dei ceppi di lieviti diversi uno dall’altro i
quali avevano influenze diverse sulla rifermentazione.
Verso l’anno 1880, prima ancora di conoscere bene l’azione di lieviti, parecchi produttori
cominciarono ad usarli per la seconda fermentazione. A fine 800 era ormai noto che i lieviti
provenienti dai crus della Champagne e coltivati nei laboratori, consentivano una più facile presa di
spuma, una rifermentazione più regolare, facilitavano il deposito delle fecce nella bottiglia e, in
definitiva, semplificavano il lavoro in cantina, dando nel contempo la certezza della riuscita della
presa di spuma.
A fine secolo, non si era ancora capito quale era la quantità ottimale di pressione interna alla
bottiglia. Doveva essere sufficiente a far saltare il tappo per la rimozione delle fecce senza che essa
si abbassasse troppo con perdita eccessiva di anidride carbonica. D’altro canto non doveva essere
eccessiva, perché c’era il pericolo di scoppio delle bottiglie.
Il già citato Maumené sostenne che il valore di pressione ideale doveva essere
compreso fra 4 e 6 atmosfere. Per poter controllare meglio il fenomeno pressorio,
Maumené inventò l’aphromètre (afròmetro) che era uno strumento per la misurazione
della pressione che si crea nelle bottiglie di Champagne durante la presa di spuma.
Armand Walfart nel 1884 mise a punto il sistema per effettuare il "dégorgement à la glace”
cioè l’operazione delicata che consente di eliminare la “bidule” con il suo contenuto di sedimenti.
Un tempo si usava eseguire manualmente la sboccatura al volo (à la volée). Alla bottiglia veniva
tolto il tappo e la pressione interna “sparava” fuori le fecce accumulatesi nel collo della bottiglia. Se
l’operazione non veniva fatta con estrema perizia c’era il pericolo che lo spumante rimanesse
leggermente torbido e che ne andasse perso troppo.
Il nuovo metodo della sboccatura con il ghiaccio (dégorgement à la glace) prevedeva
l’immersione del collo della bottiglia nel ghiaccio in modo che si formasse all’interno un cilindretto
ghiacciato contenente tutte le fecce da eliminare.
Anche la temperatura dello spumante si abbassava di molti gradi riducendo il tal modo la forza
dirompente dell’anidride carbonica. Le bottiglie venivano poi rimesse in posizione normale e si
toglieva il tappo. La pressione espelleva il cilindro ghiacciato, lo spumante rimaneva cristallino e la
perdita di vino e di pressione era molto modesta.
È il sistema ancora oggi in uso con piccole modifiche che riguardano essenzialmente il liquido
refrigerante e l’automazione di tutto il processo.
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Jacques Ducoin & Claude Cazals , due vignerons francesi, depositarono il brevetto di una
“cassa mobile” che chiamarono “Gyro” che permetteva di effettuare l’operazione di remuage
contemporaneamente per parecchie bottiglie.
Questa invenzione, con i successivi perfezionamenti, rivoluzionò
nel corso dei decenni successivi l’operazione di remuage. Le
grandi aziende utilizzano ora impianti automatizzati chiamati
giropalette (gyropalettes), costituiti da grandi gabbie dove sono
sistemate centinaia di bottiglie. I giropalette possono lavorare a
ciclo continuo e sono regolati in modo che alla fine del ciclo si
abbia lo stesso risultato ottenuto con il remuage manuale
tradizionale.
ALCUNE DATE IMPORTANTI
Nella storia evolutiva. dello champagne ci sono alcune date che rivestono una particolare
importanza o significato.
1887: Il Syndicat des Grandes Marques de Champagne ottenne il riconoscimento del nome
“Champagne” esclusivamente per i vini prodotti nella Regione Champagne
1908: primo tentativo di delimitazione delle regioni viticole che potevano pretendere di avere una
denominazione di origine controllata (A.O.C.) ai fini di reprimere le frodi nel campo viticoloenologico. In Champagne il territorio viticolo fu fissato in 15.000 ettari.
1927: la legge stabilì e delimitò le regioni viticole che potevano fregiarsi dell’Appellation
d’Origine Contrôlée. In Champagne il territorio viticolo fu fissato definitivamente in 34.000 ettari e
furono dettate le norme per la coltivazione dei vitigni autorizzati.
1935: un regolamento ridefinì le norme per le rese della vendemmia, la gradazione alcolica minima,
il rendimento in mosto della pressatura, la durata dell’invecchiamento (minimo 12 mesi).
1936: il decreto riprende la legge del 1927, ne ribadisce le ragioni e precisa tutte le condizioni
perché i vini possano fregiarsi dell’A.O.C. Champagne. L’A.O.C., che è di competenza
dell’I.N.A.O. (Institut National des Appellations d'Origine) prevede 35 regole di qualità. (Vedasi
pagg. 8 e 9). L’Appellation Champagne è stata oggetto di numerose contraffazioni. La difesa
dell’esclusività del “marchio Champagne” in tutto il mondo è affidato al Comité Interprofessionnel
du Vin de Champagne (C.I.V.C.)
1938: nuova regolamentazione delle potature.
1952: regolamentazione per l’utilizzo del millesimo (100% della varietà di uva della stessa annata e
3 anni di invecchiamento minimo in bottiglia a partire dall’anno della vendemmia).
1978: definizione della densità d’impianto del vigneto (8-9.000 ceppi per ettaro), dell’altezza
massima delle vigne, della resa in uva di ciascun ceppo.
1984: divieto di imbottigliare il vino prima del 1° gennaio successivo alla vendemmia.
1991: approvazione obbligatoria dei centri di pressatura.
1993: regolamentazione delle rese in mosto al momento della pressatura.
1997: revisione dei tempi minimi d’invecchiamento in bottiglia: da 12 a 15 mesi per gli champagne
non millesimati e di 3 anni per i millesimati.
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ALCUNE ALTRE NOTIZIE
NOTIZIA 1 – APPELLATION CHAMPAGNE
La Champagne vanta tre Appellations d'Origine Contrôlée:
A.O.C. Champagne: vini spumanti
A.O.C. Coteaux champenois: vini rossi, rosè e bianchi tranquilli ottenuti con gli stessi vitigni dello
champagne: Chardonnay, Pinot noir e Pinot meunieur.
A.O.C. Rosé des Riceys: vino rosè fermo, proveniente esclusivamente dal Comune di Riceys,
nell’Aube.
NOTIZIA 2 – DOC TRENTO
La DOC Trento, che contraddistingue gli spumanti trentini prodotti con il metodo classico della
rifermentazione in bottiglia, è stata concessa con il D.M. 9.7.1993, sostituito con il nuovo D.M.
30.10.2002.
NOTIZIA 3 – TIPI DI POTATURA
Abbiamo detto che le potature delle vigne in Champagne sono strettamente regolamentate per zona
e per vitigno. Descrivo qui di seguito un po’ più dettagliamene i vari sistemi a beneficio di chi
desidera approfondire l’argomento.
Nella Champagne sono autorizzati quattro sistemi di potatura (taille). Essi sono:
LA TAILLE EN CHABLIS (POTATURA CHABLIS)
POTATURA A CHABLIS CON 5 TRALCI E 5 GEMME
È obbligatoria per i Grand Cru 100% e i Premier Cru da 99% a 90% e per i vitigni Chardonnay e
Pinot nero. È il più diffuso sistema di potatura nella Champagne.
Prevede un massimo di 5 tralci che partono direttamente dal basso del ceppo ciascuno dotato di un
capo a frutto tagliato a 4 gemme per il Pinot noir ed a 5 gemme per lo Chardonnay.
Partendo dal piede del ceppo i tralci sono legati al filo inferiore con una distanza di cm 30 l’uno
dall’altro. I prolungamenti, cioè i tralci a frutto portanti le gemme, devono essere ad una altezza
massima di cm 60 dal suolo.
LA TAILLE EN CORDON DE ROYAT
Questo tipo di potatura chiamata Cordon Unilateral o anche
Cordon de Royat, può essere usata in alternativa alla
potatura tipo Chablis e prevede un solo tralcio orizzontale,
senza limiti di lunghezza, fissato al filo di ferro inferiore ad
una altezza massima di cm 60 dal suolo. I capi a frutto che
partono dal tralcio devono essere spaziati di almeno cm 15 e
portare due gemme (Pinot noir) e 3 gemme (Chardonnay)
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LA TAILLE GUYOT
La potatura a Guyot è autorizzata per i vitigni Pinot Noir e
Chardonnay ma è vietata per gli Champagne Grand Cru e
Premier Cru.
Può essere Guyot semplice e consiste nel ripiegare un tralcio
lungo, partente dalla parte medio bassa del ceppo, e
fissandolo poi, orizzontalmente al terreno, al primo filo di
ferro. Il tralcio principale può portare anche fino a 10
gemme. Un altro piccolo tralcio, sempre nascente dal ceppo
e tagliato a tre gemme, viene lasciato per l’annata
successiva. Esiste anche il Guyot doppio: due tralci lunghi (e
due corti) piegati e legati uno a destra e uno a sinistra del ceppo. È adatto per terreni profondi e
generosi.
LA TAILLE VALLÉE DE LA MARNE
È un tipo di potatura simile al Guyot autorizzata solo per il
Pinot meunier coltivato nella Valle della Marna. Il tralcio
lungo proveniente dal ceppo principale può portare al
massimo 18 gemme. Il disciplinare prevede molte varianti
di questo tipo di taglio.
In tutti i sistemi di potatura sono vietati gli scavalcamenti fra ceppi vicini e la sovrapposizione dei
tralci a frutto. È da notare che in Champagne il disciplinare prevede che ogni vigna possa portare al
massimo 18 gemme fruttifere contro le 30 o 40 autorizzate per i vini da tavola.
LA POTATURA
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NOTIZIA 4 – L’ETICHETTA
Il Disciplinare dell’A.O.C. Champagne prevede che in etichetta compaiano alcune indicazioni
obbligatorie affinché il consumatore possa avere le informazioni fondamentali e necessarie ad
individuare il prodotto contenuto nella bottiglia. Tali norme, come tutti sappiamo, sono comuni e
simili in tutti i paesi vinicoli, pur nella diversità dei singoli disciplinari e delle leggi nazionali.
A.O.C. CHAMPAGNE
LA MARCA
IL GRADO ALCOLICO
IL CONTENUTO
LA CLASSIFICAZIONE
IL NOME DEL PRODUTTORE E DELLA LOCALITÀ
IL REGISTRO DEL PRODUTTORE
LA NAZIONE
Altre eventuali indicazioni possono essere: il millesimo, il tipo (Blanc de Blancs, Rosé ecc)
NOTIZIA 5 – TIPI DI BOTTIGLIE
Per particolari occasioni, in commercio esistono anche alcune singolari versioni della bottiglia
champagnotta, che hanno nomi esotici e rappresentano multipli e sottomultipli di una bottiglia da
750 ml.
(IMMAGINE TRATTA DA: http://www.vinoinrete.it/sommelier/sommelier%20-1-%20bottiglie.htm
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NOTIZIA 6 – I CRÉMANT A.O.C.
In Champagne si produce lo Champagne A.O.C.
La Francia è anche produttrice di altri vini spumanti, elaborati con il metodo della rifermentazione
in bottiglia. Però, dato che l’Appellation Champagne è di uso esclusivo dei vini spumanti prodotti
nell’omonima regione, questi vini sono chiamati CRÉMANT ad Appellation d’Origine Contrôlée.
La dizione «Crémant » deriva da « crème » (crema, panna, spuma densa che galleggia sopra un
liquido.)
I vini Crémant A.O.C. sono quindi vini bianchi effervescenti (talvolta rosati), ottenuti da vitigni
particolarmente adatti alla spumantizzazione, provenienti da regioni determinate e che, per
definizione legislativa, si distinguono dallo Champagne principalmente per due caratteristiche.
1. La zona di produzione. Sono prodotti in regioni viticole francesi fuori della Champagne
2. La sovrapressione in bottiglia. Lo Champagne deve avere un pressione minima di 5 atmosfere,
mentre per i Crémant sono sufficienti 3 atmosfere.
1. CRÈMANT DE DIE (A.O.C. riconosciuta nell’anno 1993).
Elaborato da vitigno Clairette coltivato in una
piccola zona di 1.400 ettari situata attorno alla
cittadina di Die sul fiume Drôme nella Vallée
du Rhône. Il vino è particolarmente fine di
profumi mielati e floreali.
2. CRÈMANT DE LIMOUX ( A.O.C. riconosciuta nell’anno 1990).
Proviene da una piccola zona di 1.300
ettari attorno alla città di Limoux a sud di
Carcassone nella regione Roussillon al sud
della Francia. Beneficia di un clima caldo
con influenze oceaniche e mediterranee.
Vi si producono due diversi tipi di vini
effervescenti:
Blanquette di Limoux , vino dolce
naturale, da vitigno Mauzac con il metodo
antico dell’avvio spontaneo della seconda fermentazione in bottiglia;
Crémant de Limoux da vitigni Mauzac, Chardonnay e Chenin blanc.
3. CRÈMANT DE JURA (A.O.C. riconosciuta nell’anno 1995).
E’ prodotto nella omonima regione a sud-est della
Francia, al confine con la Svizzera su una superficie
vitata di ca. 1.700 ettari sui fianchi più ben esposti
dell’altopiano del Giura ad una altezza fra i 250 ed i
500 metri. Il clima è abbastanza freddo e costringe a
vendemmie piuttosto tardive.
E’ la patria del cosiddetto Vin Jaune (vino giallo),
da vitigno Savagnin, e Vin de Paille (vino di paglia)
dolce naturale ottenuto da uve molto appassite.
Il Crémant de Jura, prodotto con uve Savagnin e Pinot nero, è complesso, di buona freschezza,
ben strutturato e morbido.
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4. CRÈMANT DE LOIRE (A.O.C. riconosciuta nell’anno 1997).
Il vigneto de la Val de Loire si sviluppa lungo il
fiume che porta lo stesso nome e che bagna, da est
ad ovest città storiche quali Orléans, Tours, Saumur,
Angers, e che sfocia, infine, nel profondo estuario
dove è situato il porto di Nantes. Celebre per la
dolcezza del clima e l’eleganza dei suoi castelli, la
Vallée de la Loire lo è anche per la ricchezza e la
diversità dei suoi vini. I vigneti coprono una
superficie di 75.000 ettari; di questi, ca. 300 ettari a sud della città di Saumur, sono coltivati a
Sauvignon blanc, Chenin blanc, Melon de Bourgogne (denominato anche Muscadet) con le
uve dei quali si produce il Crémant de Loire
5. CRÈMANT DE BOURGOGNE.( A.O.C. riconosciuta nell’anno 1974).
Viene prodotto in Borgogna che ha una superficie
coltivata a vite di 24.000 ettari ed è situata al
centro/sud-est della Francia, in una zona bagnata da
alcuni corsi d’acqua il più importante dei quali è la
Saône. Vi si trovano a nord le città di Auxerre,
Chablis e Dijon ed a sud la città di Mâcon.
Il vino Crémant è prodotto con uve Chardonnay,
Pinot nero ed Aligoté. Ha una struttura abbastanza
importante senza note varietali particolari, anche perché il disciplinare prevede una sosta di
almeno 2 anni sui lieviti.
6. CRÈMANT DE BORDEAUX. ( A.O.C. riconosciuta nell’anno 1990).
Il celeberrimo vigneto di Bordeaux si estende attorno
alla città omonima, al centro-ovest della Francia, e
nelle grandi vallate formate dai fiumi Garonne e
Dordogne che confluiscono entrambi nel profondo
estuario La Gironde. La superficie vitata è di 113.000
ettari.
I vini effervescenti A.O.C., denominati Crèmant e
Muosseux, possono essere prodotti in tutta la zona
vinicola della Gironde. Con i vitigni Sémillon e Muscadelle (che sono gli stessi vitigni dei
famosi Sauternes) si ottiene il Crémant de Bordeaux.
7. CRÈMANT D’ ALSACE. ( A.O.C. riconosciuta nell’anno 1976).
Viene prodotto in Alsazia, regione vinicola situata
lungo il fiume Reno, al confine con la Germania.
E’ addossata al contrafforte sud-ovest dei Vosgi e
si presenta come un vigneto lungo circa 100 km e
largo non più di 5 km. Circa 1.300 ettari sono
riservati all’allevamento di vitigni adatti alla
produzione del Crémant.
Come già detto, i Crémant sono vini effervescenti
ottenuti con il metodo tradizionale della rifermentazione in bottiglia, derivanti principalmente da
uve Pinot bianco, grigio e nero, Riesling, Sylvaner. Sono vini che conservano note fresche,
fruttate e varietali.
Esiste anche il Crémant rosé ottenuto da sole uve Pinot nero.
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CHAMPAGNE EGLY-OURIET “LES VIGNES DE VRIGNY” 1er CRU 12,5°
PRODOTTO DA EGLY-OURIET R.M. AD AMBONNAY - MONTAGNE DE REIMS
La Maison Egly-Ouriet di Francis Egly si trova ad Ambonnay in piena Montagne de Reims.
Possiede 11,5 ettari di vigneto coltivati a Pinot nero, Pinot meunier e poco Chardonnay. La Maison
preferisce produrre champagnes da monovitigno anziché da cuvée di vini di vitigni diversi.
I terreni sono quelli tipici della Montagne de Reims, ricchi di gesso (craie) che conferiscono agli
champagne una particolare nota minerale.
Il Brut “Les vignes de Vrigny” è una cuvée (80% della vendemmia 2001 e 20% di altre riserve) di
sole uve Pinot meunier di vecchie vigne. Non è classificato Grand Cru perché l'uva proviene
esclusivamente dai vigneti di Vrigny (classificata Premier Cru dal 2003).
CHAMPAGNE GRAND CRU 100% BLANC DE BLANCS 12°
PRODOTTO DA JACQUES SELOSSE R.M. AD AVIZE – COTE DES BLANCS
Le etichette portano ancora il nome del fondatore della Maison Jacques Selosse, ma dal 1980 gli è
subentrato il figlio Anselme responsabile attuale dell’Azienda che possiede circa 7 ettari di vigneti
coltivati a Chardonnay ed a Pinot Noir. Produce circa 45.000 bottiglie di champagne all’anno.
In questa Azienda si lavora con i principi della coltivazione biodinamica. Il terreno viene lavorato
due volte all’anno per renderlo leggero e poroso e permeabile all’acqua. Le viti sono mantenute
basse ed hanno un rendimento molto ridotto per ettaro. Non vengono impiegati prodotti chimici per
la lotta antiparassitaria. La fermentazione alcolica avviene in barrique senza l’aggiunta di lieviti
selezionati. La fermentazione malolattica non è svolta completamente, tanto che l'acidità naturale
del vino non viene neutralizzata e non si effettua mai alcun tipo di filtrazione. Anselme Selosse
nella vinificazione cerca di mantenere nel vino le caratteristiche della varietà e del terreno. Nella
liqueur d'expedition, quando viene usata, preferisce usare il fruttosio puro d'uva.
Lo champagne in degustazione è un extra brut al 100% Chardonnay di tre annate diverse.
Invecchia sui lieviti almeno per 4 anni e con 3 spostamenti delle cataste in cantina. Al momento
del dégorgement non viene aggiunto alcun dosaggio. La leggera perdita di vino provocata
dall'operazione di sboccatura viene compensata procedendo a un rabbocco con champagne della
medesima qualità.
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CHAMPAGNE DOM PÉRIGNON BRUT VINTAGE 1996 12,5°
PRODOTTO DA MOËT ET CHANDON N.M. A ÉPERNAY– VALLÉE DE LA MARNE
Poche parole per descrivere questa celeberrima Maison di Épernay che può vantarsi di produrre uno
champagne che ricorda nel nome quello del “creatore” Dom Pérignon.
La casa ha una storia secolare. Fu fondata nel 1743 da Claude Moët, amico di Dom Pérignon. I suoi
champagnes si imposero subito in tutta l’Europa di allora per la qualità eccezionale. Una sua figlia
sposerà Pierre-Gabriel Chandon e la casa, nel 1832, assumerà il nome attuale “Moët et Chandon”
con il quale è conosciuta in tutto il mondo. Possiede più di 900 ettari di vigneto dai quali
provengono le uve per produrre più di 21 milioni di bottiglie all’anno.
In degustazione abbiamo lo champagne della vendemmia 1996 una cuvée di Chardonnay e Pinot
noir creata la prima volta per un distributore americano negli Anni Trenta e diventato lo
champagne più conosciuto al mondo. La Maison produce i suoi champagnes utilizzando solo il
mosto fiore.
CHAMPAGNE PHILIPPONNAT “CLOS DES GOISSES” VINTAGE 1996 12°
PRODOTTO DA PHILIPPONNAT N.M. A MAREUIL-SUR-AY– VALLÉE DE LA MARNE
La Maison Philipponnat è situata nel cuore della Champagne, nel villaggio di Mareuil-sur-Aÿ, a 5
km a est di Epernay, non lontano dalla Marna.
È qui che lo Champagne prodotto con le uve dei suoi vigneti matura dolcemente nel silenzio e
nell’oscurità delle cantine storiche del XVIII° secolo.
Erede di una tradizione antica di Maestri di cantina, la Maison Philipponnat produce oggi circa
500.000 bottiglie di Champagne molto apprezzate dai più fini conoscitori.
Dal Brut Royale Riserve, vero ambasciatore della Casa, alla prestigiosa Cuvée du Clos des Goisses
millesimata, i vini sono assemblaggi dove predomina il Pinot noir e sono tutti vini pieni e
strutturati.
Inoltre la Maison Philipponnat possiede una collezione eccezionale di vecchi millesimati che
riposano dolcemente sui lieviti nei caveaux tenuti segreti.
Fondata all’alba del XX° Secolo fornisce i suoi Champagnes a hotels, ristoranti, enoteche e a clienti
tradizionali e amanti delle cose particolari.
Lo champagne “Clos des Goisses” è ottenuto da uve Pinot noir (65%) e Chardonnay (35%)
viene prodotto solo nelle annate migliori e le uve provengono da un singolo cru situato sui
pendii ripidi esposti a sud di Mareuil-sur Aÿ nel cuore della Champagne. Ha un invecchiamento
minimo di dieci anni. La produzione è limitata a 15-20.000 bottiglie l’anno
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CHAMPAGNE POL ROGER “CUVÉE SIR WINSTON CHURCHILL” VINTAGE 1995 12°
PRODOTTO DA POL ROGER A ÉPERNAY– VALLÉE DE LA MARNE
POL ROGER ha creato la sua famosa casa produttrice di champagne all’età di 24 anni. È di
proprietà della famiglia e tuttora è da lui diretta. Grazie alle migliori uve Chardonnay, Pinot noir e
Pinot meunier ottenute da 85 ettari di proprietà, grazie ai contratti di fornitura con altri produttori,
ed infine grazie a cantine profonde e fresche adatte al lungo invecchiamento, nascono vini di
eccellenza caratterizzati dalla particolare e famosa mousse di piccolissime bollicine. Gli
champagnes Pol Roger sono vini con caratteristiche di grande eleganza e struttura. Nel corso degli
anni, la casa ha consolidato la sua reputazione di produttore di champagne di grande qualità e
potenzialità di invecchiamento.
In onore dell'estimatore più famoso e leale della casa vinicola ed in occasione del ventennale
della morte dello statista inglese, è stata creata la Cuvée Sir Winston Churchill. Vi predomina la
forza del Pinot noir (75%) unita all’eleganza dello Chardonnay (25%).
Dal 1975 solo sette vendemmie sono state ritenute degne di portare questo nome.
CHAMPAGNE TAITTINGER “COMTES DE CHAMPAGNE ROSÉ” VINTAGE 1996 12°
PRODOTTO DA TAITTINGER A REIMS – MONTAGNE DE REIMS
La Maison è stata creata nel 1931 da Pierre Taittinger che subentrò all’antica casa fondata a Reims
nel 1734 da Jacques Fourneaux negoziante di vino champagne. Pierre Taittinger decise già allora
che lo Chardonnay sarebbe stato il vitigno principe dei suoi champagnes in perfetta sintonia con i
consumatori del XX° secolo che prediligevano la finezza, la leggerezza e l’eleganza che questo
vitigno sapeva esprimere. Attualmente la Maison è diretta da Pierre-Emmanuel Taittinger che
continua con successo sempre crescente l’attività della famiglia. I vigneti situati parte a Cramant e
ad Avize nella Cote des Blancs e parte a Bouzy, Mailly, Ambonnay e Verzanay nella Montagne de
Reims ammontano a circa 285 ettari.
Lo champagne Comte de Champagne rosé è composto per il 70% da Pinot noir vinificato in rosso
e per il 30% da Chardonnay. Viene usato solo il mosto di prima spremitura e affina sui lieviti per
almeno 5 anni.
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ELOGIO DI UN NOME.
Quanta forza evocatrice può esserci in un semplice vocabolo, da tutti conosciuto anche se si tratta di
una parola straniera: CHAMPAGNE.
Lo champagne, splendido vino allegro e frizzante, fa pensare alle feste, alla voglia di vivere, alla
gioia anche sfrenata, ai balli, all’amore, alle ostriche, al caviale e a tutto quanto significa, come
dicono i Francesi, il “savoir-vivre”.
Una coppa di champagne (non una flûte) levata in alto per un brindisi di
gioia richiama alla mente epoche storiche diverse durante le quali alcune
classi sociali facevano della spensieratezza e del bel vivere la ragione della
propria esistenza.
Vi ricordate i vari re Luigi, le loro favorite, i loro
cortigiani? (Risale a quest’epoca la storiella che sostiene
che la coppa da champagne sia stata modellata sul seno di
Madame de Pompadour, la favorita del re Luigi XV).
Più avanti nel tempo, a cavallo dei secoli 19° e 20°, in
quegli anni pieni di nuove scoperte scientifiche, di
avvio dell’industrializzazione e di grande fervore
produttivo, si impose, ancora una volta in Francia, uno
stile di vita gioioso e spensierato: la cosiddetta “Belle
Époque” durante la quale musicisti di valore, ballerini
e coreografi di talento, principi della Russia zarista,
belle donne e ballerine di can-can al Moulin Rouge,
immortalate da Toulouse-Lautrec, vivevano, consumando ostriche e caviale serviti con fiumi di
champagne ai tavoli di “Maxim”, ignari che dopo pochi anni l’Europa sarebbe sprofondata nella
Prima Guerra Mondiale.
È passato un secolo da allora. Tutto è cambiato: anche la spensieratezza ed il modo di vivere. Ci
sono state rivoluzioni, guerre, nascita e morte di stati, migrazioni di popoli, grandi progressi
tecnologici, mutamenti politici e sociologici che hanno trasformato la geografia e la storia
dell’Europa e del mondo.
Il nostro caro e vecchio champagne non è rimasto più solo. Altre nazioni viticole hanno imparato a
produrre il “vino con le bollicine” con quel metodo chiamato “Champenois” che solo i Francesi
possono usare. Devono accontentarsi di chiamare il loro vino con nomi meno evocativi ma che non
sminuiscono la bontà e la qualità del vino versato, questa volta, nella flûte.
Facciamo allora un brindisi alla storia ed alla gioia di vivere, alle fortune
future alzando in alto un bicchiere spumeggiante di champagne francese,
di spumante metodo classico italiano, di Cava spagnolo, di Sekt tedesco.
Sarà sempre e comunque, un gesto di gioia, di allegria, di festa e di buon
augurio!
RENATO FILIPPI
Sommelier A.I.S. Trento
Rovereto, 26 dicembre 2006
e-mail:[email protected]
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