fermiamo l`aids sul nascere

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“FERMIAMO L’AIDS SUL NASCERE”
Dal 2001 il Cesvi è fortemente impegnato nella lotta all’Aids nell’Africa australe, dove molte future
mamme sono sieropositive senza saperlo e rischiano di trasmettere al proprio bambino il virus HIV.
Il progetto “Fermiamo l’Aids sul nascere”, avviato nel piccolo ospedale Saint Albert in Zimbabwe,
prevede diverse attività: una terapia farmacologia per ridurre la trasmissione del virus dalle
mamme sieropositive ai neonati oltre a un programma di prevenzione e assistenza alimentare
e psicologica alle mamme; creazione di strutture di accoglienza e di lotta all’esclusione sociale
per gli orfani dell’Aids; supporto all’assistenza medica per i malati di Aids (accesso alle cure con
farmaci antiretrovirali); promozione di campagne educative e di prevenzione con il coinvolgimento della
popolazione e delle istituzioni locali.
Negli ultimi 7 anni il Cesvi ha fatto passi da gigante in Zimbabwe: oltre 40.000 donne sono state
sottoposte al test Hiv e seguite con appoggio psicologico durante gravidanza, parto e allattamento;
2.000 bambini fuori pericolo di contagio, 1.400 operatori sanitari sono stati formati e oltre 300.000
persone sono state sensibilizzate sul tema dell’Aids e sulle modalità di prevenzione. L’intervento Cesvi è
oggi attivo in 7 ospedali e 17 cliniche rurali dello Zimbabwe e poi in Sudafrica, Repubblica Democratica
del Congo e Uganda.
In Zimbabwe secondo gli ultimi dati, grazie anche all'intervento del Cesvi negli ultimi 6 anni nel distretto
di Centenary dove si trova il Str. Albert, la percentuale di sieroprevalenza è scesa dal 23 al 13% e
siamo riusciti a salvare l'81% dei bambini nati da mamme sieropositive.
In Zimbabwe e in Sudafrica a queste attività si sono aggiunti altri interventi per la lotta all’Hiv/Aids
presso l’ospedale St. Albert ed è stato ristrutturato un edificio che è diventato una Casa del Sorriso,
centro d’accoglienza dei ragazzi abbandonati o orfani per l’Aids, dimenticati da tutti, continuamente a
rischio di droga e piccola delinquenza. La Casa è per loro una possibilità concreta di fuga dalla strada e
di riscatto: possono avere un luogo dove accedere a cibo, cure mediche, servizi igienici; possono
frequentare corsi di formazione e imparare un lavoro.
Il primo bambino nato sano da una mamma sieropositiva in Zimbabwe, che ha scelto di sottoporsi al
programma del Cesvi, si chiama Takunda (in lingua shona “Abbiamo vinto”). Oggi ha sette anni ed è un
bambino sano, simbolo dell’Africa che non si rassegna ai pregiudizi e che con il nostro aiuto si
organizza, si mobilita e sconfigge la malattia. A lui il Cesvi ha dedicato il “Fondo Takunda” per aiutare le
donne e i bambini africani e il “Premio Takunda”, dedicato alle migliori iniziative di solidarietà mondiale.
La nuova sfida del Cesvi in Africa è prendersi cura delle mamme affinché possano crescere i propri figli
e accompagnarli nell’infanzia e nell’adolescenza. Il progetto pilota per la cura di 120 mamme malate di
AIDS è partito nell’Ospedale Saint Albert nel gennaio 2004: la terapia antiretrovirale per una mamma
costa 1 euro al giorno, quanto un caffè in Italia.
Ma tutto ciò non basta di fronte ai numeri della catastrofe africana: bastano solo 18 euro per
effettuare il test HIV a 2 mamme prima del parto e ai loro bimbi al 18° mese di vita; 30 euro per
curare una mamma sieropositiva per 1 mese intero; 130 euro per salvare un neonato assicurandogli
un trattamento medico-alimentare completo.
Per donazioni: C/c postale 772244 intestato a CESVI, specificare la causale “Fermiamo l’Aids sul
nascere”, Numero Verde 800-036.036 o sito internet www.cesvi.org
I progetti Cesvi di lotta all’Aids nell’Africa Australe, non riguardano solo la prevenzione del contagio
madre-figlio ma anche la prevenzione della diffusione del virus, la cura dei soggetti già affetti ed il
supporto sociale ai malati e agli orfani dell’Aids.
Per informazioni:
Ufficio Stampa Cesvi:
Sara Maresca, tel. 035/2058021, cell. 349 8235008, fax 035/260958, [email protected]
Elena Acerbi, tel. 035/2058047, [email protected]
www.cesvi.org
In particolare in Uganda l’attenzione è concentrata sull’attività di sensibilizzazione alla prevenzione e di
testing volontario della popolazione, che, nel 2007 ha riguardato circa 100.000 persone.
Nella Repubblica Democratica del Congo e in Sudafrica all’attività di sensibilizzazione si affianca anche
quella di cura, mediante la somministrazione di farmaci antiretrovirali e il supporto alle famiglie delle
vittime di Aids, attraverso l’appoggio finanziario per l’inizio di un’attività generatrice di reddito
(allevamento o agricoltura).
Infine in Zimbabwe l’attività educativa e di testing ha raggiunto oltre 110.000 persone, mentre oltre
10.000 malati sono state trattati con farmaci antiretrovirali.
In tutto circa 300.000 persone hanno beneficiato degli interventi Cesvi contro Hiv&Aids in Africa.
DATI SULL’AIDS 2007 (Fonte: Rapporto UNAIDS/OMS presentato nel 22 novembre 07)
Le persone contagiate dall’HIV sono 33,2 milioni, in calo rispetto al 2006 (39,5 milioni), di cui 15,4
milioni donne. Di questi 2,5 milioni si sono infettati nel 2007, mentre 2,1 milioni sono stati i decessi nel
mondo per Aids e malattie collegate, di cui 330 mila bambini.
La situazione resta drammatica: nella sola Africa Subsahariana si contano 22,5 milioni di persone che
vivono con l’HIV, 1.700.000 nuove infezioni (68% di nuovi casi a livello mondiale), oltre 1,6 milioni di
morti (76% a livello globale).
Il tasso di donne affette da HIV è in aumento in tutte le regioni africane e nell’Africa sub-sahariana
tocca il 61%, più che in qualsiasi area. Come sottolineato dal direttore generale dell’OMS, Margaret
Chan, il vasto contagio delle donne rende questa tragedia ancora più grave, poiché esse costituiscono
la spina dorsale delle famiglie e delle comunità.
In Kenya e Zimbabwe il numero di adulti affetti da HIV è in flessione, grazie ad una diminuzione dei
comportamenti a rischio, dovuta anche all’attività di sensibilizzazione e di prevenzione attuata dalle Ong
attive in quei paesi. In Kenya si registra una diminuzione delle infezioni tra le donne gravide (pari a
circa il 25%); dati simili provengono anche dalle aree urbane di Botswana, Costa D’Avorio, Malawi
e Zimbabwe.
Nella maggior parte degli stati africani si è arrivati ad una stabilizzazione nel tasso di infezioni da Hiv
che tuttavia resta la principale causa di mortalità nell’Africa subsahariana. In particolare il Sudafrica è
la nazione con la più alta incidenza di infezioni da Hiv nel mondo. In Mozambico, invece, la diffusione
del virus è di nuovo in aumento, dopo l’apparente stabilizzazione degli scorsi anni. Anche nella
Repubblica Democratica del Congo si registra una incremento dell’incidenza delle infezioni da Hiv,
in particolar modo nelle aree rurali.
La diffusione del virus è aumentata anche nell'Asia Centrale - dove si registra una crescita del 20% dal
2001 (da 92 mila a 130 mila) - e in Oceania (da 3 800 a 14 mila).
Nello scenario europeo, i problemi più gravi sono rappresentati invece, dalla scarsa informazione e dal
ritardo nelle diagnosi, come denunciato dagli esperti dell’Onu e dell’Ue, riuniti nell’iniziativa “Hiv in
Europa 2007”. La mancanza di assistenza e di test precoci causa il diffondersi del virus e l'aumento dei
casi di morte. Più della metà delle persone che hanno contratto il virus, infatti, non ne sono a
conoscenza. Di conseguenza questi soggetti hanno la probabilità di trasmettere il virus tre volte
superiore rispetto a chi è consapevole di avere l'Hiv.
Per informazioni:
Ufficio Stampa Cesvi:
Sara Maresca, tel. 035/2058021, cell. 349 8235008, fax 035/260958, [email protected]
Elena Acerbi, tel. 035/2058047, [email protected]
www.cesvi.org
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