Pensiero Razionale

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Pensiero Razionale
Vi sono autori dimenticati, rimossi, oppure letti soltanto perché suscita clamore quel che
superficialmente si dice del loro pensiero, pur restando di fatto autori che nella nostra cultura hanno
un ruolo di comparsa.
Uno di questi è Alan Watts, a cui si deve la diffusione del pensiero zen nel mondo occidentale.
Di questo pensiero ci piace ricordare le storielle, i paradossi, la figura emblematica del Maestro o
del Saggio, sempre pronti a lasciare stupefatto l'allievo. Ma in effetti ne abbiamo compreso ben
poco, benché poi ci piaccia citarlo in qualche salotto , e nemmeno ci sfiora l'idea che quel signore
volesse invece regalarci una possibilità diversa di stare al mondo e di vivere la nostra vita.
Sempre più spesso, al giorno d'oggi, quando ci capita di venire in contatto con un modo di pensare
diverso dal nostro, lo orecchiamo appena e poi disinvoltamente concludiamo che è troppo
complicato o che quanto proposto non è realizzabile nella nostra cultura o, ancora, tiriamo in ballo
la nostra esistenza stressante, incompatibile con questa o quell'altra filosofia di vita.
In realtà ho la sensazione, che noi non ascoltiamo mai veramente ciò che l'altro dice .
Se si tratta di nostri amici o persone a noi vicine la scusa è che tanto sappiamo già dove vanno a
parare; se si tratta invece di libri o pensieri lontani dai nostri, li approviamo o meno, adattandoli
però ai nostri schemi mentali. Anche per quel che concerne la filosofia zen, la leggiamo per
ritrovarci il nostro modo di pensare. Il risultato è che ci priviamo della possibilità di aprirci al suo
vero messaggio: imparare a fare ciò che è in realtà semplicissimo.
Lo Zen "è una medicina per i sinistri effetti" di tutti i condizionamenti e gli atteggiamenti del
mondo occidentale, "per la paralisi mentale e per l'ansietà che provengono da un'eccessiva
coscienza, di sé". Egli mette in luce l'ipertrofia del1'Io; il suo eccessivo sviluppo, tipico della nostra
cultura. Ma quale sarebbe in realtà l'essenza dello Zen?
Essa si può racchiudere in quattro parole: mai nessun secondo pensiero: una visione del mondo che
non potrebbe insegnare nulla di più semplice.
Si può tradurre così: qualsiasi cosa tu stia facendo sì, proprio qualsiasi è perfetta così com'è.
Non c'è un gesto migliore di un altro; in ogni azione che compi non c'è un secondo fine. Vado a
trovare un mio amico, non perché mi deve dare dei soldi o per parlargli di qualcosa, vado a trovarlo
e basta!
Se in ogni cosa che faccio non ci deve essere mai un secondo pensiero, ogni azione è tutto e io
non sono nient'altro che l'azione che sto compiendo.
`Nel camminare, bisogna camminare e basta, sedendosi bisogna sedersi, Soprattutto mai tentennare.
Poiché la qualità essenziale della naturalezza è la sincerità della mente indivisa che non oscilla fra
alternative.Insomma, il senso profondo dello Zen è che il mondo è tutto qui, che non c'è alcun fine
da perseguire, alcuna meta da raggiungere e che non occorre fare alcuno sforzo per migliorarci,
perché non c'è niente di noi che non vada bene.
Non c'è niente di svalutare nello Zen, non è una visione del mondo basata sul giudizio, ma
semplicemente sull'essere presenti a ciò che facciamo.
È tutto qui sintetizza in modo perfetto che tutto l'Universo è presente in ogni nostra azione.
È tutto qui significa che il tutto è qui, in ogni istante, e che il mondo si sta creando adesso.
Mentre ogni religione si fonda sul passato, sulla ricorrenza, sulla memoria, lo Zen si abbandona alla
vita ora, così com'è, senza schemi, pregiudizi, certezze senza alcuna teoria, senza credere in nulla.
tutto qui. Non c'è nello Zen alcun riferimento alla crescita spirituale: la ricerca di perfezione è anzi
ritenuta la causa principale del nostro malessere e dei nostri disagi.Talune psicoterapie che si
ispirano al pensiero zen non cercano di migliorare, o mandare via “quelli che noi chiamiamo
disagi” ma lascia tutto così com'è, perché Solo così cessa la guerra interiore.
Ho letto una antica poesia zen che recita:
Il Maestro zen non è buono, non è dolce, spesso ha un brutto carattere, si arrabbia senza motivo. Ha
imparato a non castigarsi, a non lottare con se stesso, a guardare ogni cosa che gli accade senza
alcun secondo pensiero, senza chiedersi se sia giusta o sbagliata e, soprattutto, ha imparato a
guardarla nel momento esatto in cui capita. Il mondo è creato adesso e quindi tutto ciò che capita,
capita adesso.
Tutto il contrario di quello che facciamo noi, figli dell'Occidente, che continuiamo a collegare, e a
paragonare, il presente con il passato, a credere in qualcosa o in qualcuno, a valutarci, a giudicarci,
a stimarci o a disistimarci. Secondo lo Zen invece io vengo creato in questo momento e ogni cosa
che mi succede è come un'onda del mare che si frange sui miei piedi.
Se passiamo il tempo a "spiegare" l'onda che è appena arrivata, non ci accorgiamo della nuova che
sta già per incalzarci. Se non stiamo immersi nel presente, ci ritroveremo sempre a cavalcioni
dell'onda sbagliata o di quella che ormai non c'è più o di quella che non arriverà mai, come succede
a quelli di noi che pensano sempre al futuro. In questa metafora l'unico vero protagonista è il mare,
in cui la vita di ogni uomo è come un'onda, dove la prima non è uguale alla seconda, né alla terza,
pur essendo onde dello stesso mare.
E visto che il protagonista è proprio il mare, tanto vale che impariamo il più in fretta possibile a
lasciare fare all'acqua. Lo Zen insegna che il vero grande segreto della vita è essere sempre lì dove
sei, completamente abbandonato a ciò che sta accadendo.
Chuang Tzu sostiene che: "`L'uomo perfetto usa la propria mente come uno specchio, che non
s'impadronisce di nulla, che non rifiuta nulla: riceve ma non trattiene.
Insomma bisogna imparare a considerare anche…...gli eventi della vita come immagini che
vengono e vanno su una superficie riflettente.
Mai nessun secondo pensiero significa che non c'è qualcosa o un momento più importante di altri né
vi sono situazioni decisive. Basta stare dove si è, veramente seduti su ciò che sta accadendo, senza
cercare di cambiare le cose, imparando "dai bambini, dalle bestie, dalle piante. l'arte semplice e
gioiosa di non vivere che in vista della vita".
Ma l'essenza dello Zen si spinge oltre. Questa filosofia raccomanda di non lasciare spazio a nessun
secondo pensiero perché la nostra presenza nelle cose è determinante, decisiva.
Perché? Che potenza avrà mai questo nostro essere veramente e soltanto in quello che ci accade?
Cosa potrebbe succederci di così profondo, di così significativo, se quando amiamo non abbiamo
alcun secondo pensiero, se quando siamo in bagno siamo presenti alla secrezione dei nostri
escrementi, se quando siamo in auto guidiamo e basta, senza avere `in mente la meta né il fine del
viaggio?
Semplicemente, cominceremo a utilizzare altre funzioni del cervello, questo Diavolo che imita, cioè
`scimmiotta' in un quadro limitato ciò che si realizza nell'illimitato.
Eliminare la presenza cerebrale ed incantare il cervello, farà si che e il nostro potere diventi
immenso.
Lo Zen è un invito a non usare più gli strumenti conosciuti: quando stiamo con noi stessi, non ha
più senso che pensiamo, che ci chiediamo il perché delle cose, che cerchiamo di riflettere su ciò che
ci è capitato.
Perde di consistenza, di significato tutto il colore della Storia e più che mai quello della nostra
storia. Tutti i commenti, tutte le spiegazioni che diamo di continuo ai fatti che ci accadono non
hanno, insomma, niente a che vedere con lo Zen.
La parola è come un seme e rappresenta, istante per istante, "il momento fisico-chimico che
corrisponde al corpo, Ma noi siamo inclini a stimare poco il corpo della parola e a ritenere che sia
qualche cosa di insignificante. Spesso pensiamo che è soltanto una parola.
Spesso diciamo il novantanove per cento delle cose "tanto per parlare" o per avere qualcosa da dire
o, ancora, per allontanarci da ciò che sta accadendo.
I condizionali, le ipotesi, gli obiettivi non hanno più significato di fronte alla consapevolezza
dell'uomo. Che senso ha parlare di ciò che non c'è, che senso ha parlare d'altro, se tutto ciò che sta
accadendo è qui, se le forze del mondo stanno danzando dentro e intorno a me, adesso?
Eppure, comunemente, siamo abituati a parlare con una persona mentre si pensa ad altro, oppure a
fare l'amore con una e a godere pensando ad un altro, come più volte ho letto sui testi di illustri
psicoterapeuti.
Che cosa mi accadrà mai di terribile se si affacciano questi famosi secondi pensieri?" mi chiedevo
tempo fa, "Perché non posso fare una cosa e pensarne un'altra?"
Nella nostra tradizione i peccati e i precetti sono ben altri, per lo Zen, invece, ciò che conta è non
pensare a nient'altro se non a ciò che stiamo facendo. Allo Zen non sembra interessare il valore
morale che diamo alla nostra vita, se facciamo o meno beneficenza, se abbiamo successo, se siamo
felici, se abbiamo un buon rapporto con i nostri genitori, se siamo contenti dei nostri
comportamenti, se il lavoro va bene.
Allo Zen non interessa neppure se crediamo o meno in un'entità superiore, se siamo piccoli o grandi
peccatori, se abbiamo letto i libri giusti. E nemmeno se stiamo mettendo in ordine la nostra vita o se
stiamo ricominciando daccapo, come ognuno di noi ama ripetere a se stesso, lasciando poi alla fine
tutto così com'è. Per lo Zen non è neppure importante se lasciamo le cose a metà, se non portiamo
mai a termine i progetti che ci siamo messi in testa di realizzare.
"Ma il maestro" scrive Watts "sorveglia come il giardiniere osserva la crescita di un albero, e
desidera che il suo allievo si comporti come l'albero: un atteggiamento di crescita senza scopo, in
cui non vi siano scorciatoie poiché ogni tappa del cammino è tanto un principio quanto una fine. Per
quanto sembri paradossale, la vita piena di scopi non ha contenuto, non ha senso, la mentalità
taoista non produce o non forza nulla ma `fa crescere' tutto.
Per il Saggio, tutto è puro. Se non c'è nessun secondo pensiero noi siamo in ogni cosa una presenza
incontaminata.
"I Maestri mistici" "affermano che questo stato di grazia magica è lo stato di natura, quello del
vitello appena nato. Le più belle imprese sono compiute dagli esseri che si sono conservati più
semplici. In fondo, tutte le tradizioni culturali-religiose ci invitano a guardare in noi stessi, a essere
presenti a ciò che accade dentro di noi. La religione cattolica; per esempio, ci fa fare l'esame di
coscienza, come tutti noi abbiamo imparato da bambini in chiesa. Questo ci porta a giudicare i
nostri atti, a stabilire se siamo bravi o cattivi, proprio l'opposto di quello che insegna lo Zen. La
presenza a se stessi di tradizione zen è solo uno sguardo verso la nostra interiorità, nient'altro; è la
percezione che siamo lì, nelle cose che stiamo facendo; significa lasciare tutto dentro di noi, così
com'è, osservandolo semplicemente. Non c'è niente, ma proprio niente, da rimettere a posto, da
migliorare. Anzi, sarebbe veramente pericoloso realizzare qualsiasi forma di miglioramento, perché
finiremmo per assomigliare all’ideale che ci siamo messi in testa . Finiremmo per diventare
caricature di noi stessi.
Fiordineve
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