BREVE RACCONTO DI FANTASCIENZA UN VIAGGIO DI PLAQSTADTL Le due piccole navi spaziali monocomponente viaggiavano alla distanza di soli 0,3 Nanoluce l’una dall’altra. Avevano percorso distanze elevatissime nel vuoto interstellare. Miliardi, centinaia di miliardi di lunghezze spazio-tempo. Provenivano da un mondo remotissimo, situato molto oltre le torri di ammassi stellari e le gigantesche nebulose di polvere cosmica che occupavano ben 4 lunghezze spazio-tempo nella mappa dell’universo. Per fare un raffronto, nessuno dei più potenti radiotelescopi, e nessuna delle sonde spaziali inviate dal pianeta Terra alla ricerca di altre forme di vita, avrebbe mai potuto percorrere distanze nemmeno lontanamente paragonabili. I due occupanti le navi , ognuno al suo posto di guida, erano impegnati nel documentare e fissare una posizione, nelle mappe stellari, a tutti i corpi celesti, pianeti, pianetini, pianeti vividi, quelli che in altri termini si chiamano stelle, e asteroidi. Il compito era incessante tanta è la quantità di questi nel firmamento. Per i due viaggiatori era la prima volta che si venivano a trovare in quel quadrante. Avevano visitato molti altri mondi, trovandone spessissimo totalmente privi di qualsiasi forma di vita. In alcuni erano discesi, avevano fatto le loro rilevazioni, analizzando il sottosuolo fino a diversi tracciaspessori di profondità. Poi l’atmosfera, catalogando e definendo le loro deduzioni sulle possibilità che vi potesse nascere la vita, qualsiasi, vita. I due registravano i dati su strumenti grandi come un bottone, ma che ad un loro comando si aprivano occupando un’area grande quanto, per fare un esempio, un televisore 32 pollici Incasellavano i loro dati, e procedevano poi con il successivo corpo celeste. Nonostante le immense distanze percorse, non avevano problemi di autonomia. Sui loro veicoli spaziali la tecnologia era talmente avanzata che lo spazio percorso da un satellite terrestre in sei dei nostri anni, loro lo ricoprivano in circa cinque minuti. Negli strumenti di osservazione e guida dei loro “monogalattiveicoli”, lo spazio era perfettamente raffigurato, e sapevano come passare da una spaziocurva ad una spaziopiega con assoluta sicurezza e destrezza. Per un osservatore, se mai fosse stato possibile, sarebbe stato stupefacente, fantastico, osservare questi due mezzi interstellari viaggiare velocissimi, coprendo distanze assolutamente incredibili, inimmaginabili, in pochi minuti. L’universo è talmente vasto e popolato da così tanti miliardi di mondi, che i due viaggiatori, nonostante i loro fulminanti spostamenti, avrebbero avuto “lavoro” per molti, molti tempi vitali ancora. Plaqstadtl, e il suo “allievo”, sono botanici. Il loro interesse primario è quello di scoprire e catalogare le varie forme di vita vegetale esistenti nell’universo. Hanno iniziato questa ricerca molto tempo fa, hanno visitato qualche migliaio di sistemi esterni al loro. E sono un po’ delusi. Plaqstadtl, quale capo ricerca, sperava di trovare molte più forme di vita vegetale, da pote trasferire nel suo “giardino”, grande come un continente. Lo aveva avuto in gestione dal com plesso di razze che governano il suo Sistema, ed al quale avrebbe dovuto portare dei risultati fare rapporto, diremmo, pena la sospensione del suo incarico. Aveva così deciso, nell’affannosa ricerca, di trasferirsi in un quadrante molto, molto lontano a sud-est, posto all’estrema periferia della galassia. Il tempo del trasporto era corrispondente in questo caso, alle due ore terrestri, una distanza quasi inimmaginabile, ma l’angoscia di dovere portare risultati, lo spinse ad affrontare un salto temporale di tale portata. Gli sembrava di aver notato un piccolo pianeta dai colori brillanti. I suoi strumenti gli segnalavano, su quel corpo celeste, una discreta zona verde. Si presupponeva quindi essere vegetazi one,(in tutta la galassia la vegetazione è verde). Poi vide molto azzurro-celeste (teniamo presente che ci esprimiamo nella nostra lingua e con le nostre attribuzioni ai colori). Il che gli faceva pensare alla sostanza composta da due molecole di idrogeno e una di ossigeno, ideale, per una certa forma di vita. Plaqstadtl era intento nella consultazione dei suoi strumenti, quando dal suo allievo giunse una comunicazione di emergenza. Il suo monogalatti era stato colpito da qualche oggetto abbastanza grande da procurargli seri danni. L’allievo si scusava, ma, occupato dalle sue ricerche, non si era accorto dell’avvicinarsi del corpo estraneo, e non aveva preso le misure atte ad avitarlo. Il giovane Quinardtl era agitato e preoccupato. Il suo “conduttore” cercò di tranquillizzarlo, si avvicinò a lui a soli 0002 nanoluce, per verificare i danni subiti dalla piccola astrospazio. Potè così vedere uno squarcio piuttosto vasto nel monogalatti dell’allievo e diverse centinaia di ro tami alla deriva. Uno strano “strumento” spaziale, costruito sicuramente da esseri dotati di una certa intelligenza e tecnologia, ancorchè primitiva, galleggiava nelle vicinanze. L’oggetto aveva una forma strana, che lui non seppe definire. Aveva quattro basi di forma arrotondata. Lui pensò che servissero per l’appoggio, poi due strane “ali” molto lunghe, che si estendevano, fuoruscendo dal corpo tozzo, sgraziato, ricoperte da una curiosa sostanza scura, a cellette, che rifletteva la luce della stella più vicina. Aveva poi molte parti rivestite anch’ esse da un materiale luminescente, e molte “antenne”. Era un oggetto molto brutto, sicuramente primordiale. Anche questo aveva riportato molti danni e roteava su se stesso, incontrollato, alla deriva. Plaqstadtl verificò velocemente con i suoi strumenti in quale sistema si trovassero. Era proprio il piccolo sistema con la stella di classe “tre”, da loro denominata “Priquandtl”(sole), attorno alla quale gravitavano 11 corpi celesti, ed uno di questi era proprio quello che lui voleva visitare. Il terzo della stella “Priquandtl”, quello verde-azzurro. Poiché si trovavano al largo del quarto pianeta, piccolo e dal colore rossiccio, lui consigliò al suo allievo di manovrare per discendere su di esso. Plaqstadtl l’avrebbe seguito da vicino e una volta sbarcati, avrebbero verificato meglio l’entità dei danni subiti. Ebbe parecchia difficoltà, l’allievo, a compiere la manovra di atterraggio. Assieme valutarono la vastità dello squarcio nel monogalatti e i danni agli strumenti di navigazione. Plaqstadtl stabilì che la navetta non avrebbe potuto affrontare un viaggio così impegnativo verso il loro sistema, senza compromettere la vita di Quinardtl, decise così di farlo rimanere lì il tempo sufficiente che lui andasse a ispezionare il terzo pianeta, prendesse i campioni di vita vegetale da riportare nel loro “giardino” e tornare poi a recuperare l’allievo, ospitarlo nel suo monogalatti e impostare le coordinate per il ritorno. Non prima di aver fatto sprofondare il veicolo danneggiato in quel terreno rossiccio. Sarebbero stati un po’ strettini, in due, ma non c’era altra soluzione. Plaqstadtl rassicurò il giovane allievo, quindi riprese il viaggio di avvicinamento al terzo pianeta Rimase molto impressionato dalla sua bellezza, dalla sua luminescenza, dai suoi colori. Tutto lo spazio intorno ne era illuminato. Era uno dei corpi celesti più belli che aveva visitato negli ultimi quaranta spazio-tempo. In fase di ulteriore avvicinamento, si rese conto che era abitato da esseri viventi a due e a quattro sostegni. Quelli a quattro sostegni erano sicuramente esseri inferiori, i più avevano una strana appendice al lato opposto della testa, che agitavano in continuazione, lui non capì il perché. Ma si nutrivano di vegetali, la forma di vita motivo della sua ricerca, dei suoi viaggi. Gli esseri a due sostegni, quelli con una intelligenza un po’ più avanzata, gli ideatori e costruttori dell’oggetto primitivo ora alla deriva nello spazio, utilizzavano mezzi meccanici, si muovevano in posizione eretta e ne discendevano o salivano per i loro spostamenti. Il botanico volle fermarsi ad un’altezza adeguata per osservare meglio questi sconosciuti esseri viventi, e si apprestò a compiere alcune circonvoluzioni del bellissimo pianetino. Si fermò ad osservare con calma alcune aree, quelle più densamente popolate da quegli esseri superiori, che seppure ancora in forma primitiva avevano raggiunto un certo grado di tecnologia e conoscenza. Quello che vide, lo fece ricredere rispetto la sua prima valutazione sul grado di civiltà conquistato da quella razza. Coloro che in un primo momento aveva definito esseri intelligenti, compivano azioni tanto assurde, tanto atroci, che lo lasciarono esterrefatto, scioccato, ( in termini terrestri) in alcune aree del globo avvenivano incessanti esplosioni, provocate proprio dagli esseri a due sostegni, che si distruggevano vicendevolmente. Utilizzavano strani e terribili mezzi, dentro i quali si rinchiudevano e dai quali poi emettevano oggetti di forma allungata che andavano a pire quelli che probabilmente erano ricoveri di altri esseri ,uguali a loro, e li disintegravano. Vide oggetti volanti, anche graziosi, dovette ammettere, ma che lanciavano ordigni esplodenti che procuravano danni irreparabili alle loro stesse costruzioni, e molti di questi che nelle esplo sioni venivano smembrati e molte parti dei loro corpi volavano in aria e ricadevano al suolo, di strutti, probabilmente terminati. Molti si muovevano velocemente sui loro sostegni inferiori tenendo in quelli superiori strani oggetti di forma allungata che emettevano fuoco e abbattevano al suolo loro simili che poi rimanevano immobili, anch’essi terminati. Alcuni orribilmente devastati. Plaqstadtl, non riuscì a capire il perché di tutto questo orrore, vide gruppi di questi occupare I posti prima occupati da altri uguali a loro, ed emettere suoni ed alzare i loro oggetti di forma allungata come se fossero felici di aver distrutto i loro simili, e lui continuò a non capirne il per chè. Andò ad una consolle, consultò vari strumenti, mentre il suo monogalatti girava assieme al pia netino in un alternarsi di luce ed ombra. Impiegò non poco tempo, e le informazioni che alla fine trasse, poche e vaghe, catalogavano quegli esseri come una razza denominata “uomo”. Razza primitiva e pericolosa, da evitare. L’uomo, aveva raggiunto solo un certo stadio tecnologico, un modesto progresso intellettivo ma ancora lontano da una vera intelligenza e consapevolezza, tanto che correva il rischio di au toestinguersi. Plaqstadtl non ritenne opportuno scendere a prelevare campioni di vegetali. Si premurò anzi di inviare una segnalazione alla sua area galattica, affinchè la gestione del complesso di razze in breve, del suo governo, evitasse in futuro la navigazione in quel quadrante, e propose la can cellazione dalle mappe siderali di quell’area tanto incontrollabile e pericolosa. In poco meno di quattro nanoluce raggiunse il pianetino rossiccio, prese a bordo il suo allievo e si allontanò schifato da quel sistema. Nell’impostare il salto nello spazio curva, provvide ad eliminare dalla sua strumentazione la mappa con la stella denominata Priquandtl. FINE AUTORE: GIANFRANCO CARPINE È fatto espresso divieto alla riproduzione anche parziale del racconto, senza lo specifico consenso dell’autore.