Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento dei resi ISSN Stampa 1590-170X ISSN Online 1720-8351 Suppl. al No. 5, Vol. 14 - Ottobre 2013 Focus su Carenza iodica Guest Editors Massimo Tonacchera Paolo Vitti Editrice Kurtis s.r.l. Via Arluno, 4 20010 Casorezzo (MI) Visita il nostro sito Internet: www.kurtis.it Con il grant educazionale di IBSA Farmaceutici Italia Rivista fondata da Aldo Pinchera Organo Ufficiale della Società Italiana di Endocrinologia (SIE) Società Affiliate Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS) Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) Società Italiana dell’Obesità (SIO) Associazione Italiana della Tiroide (AIT) Associazione Medici Endocrinologi (AME) DIREZIONE SCIENTIFICA Ezio Ghigo Francesco Trimarchi Paolo Vitti DIRETTORE EDITORIALE CAPIREDATTORI Michele Marinò, Emanuela Arvat COORDINATORI Marco Centanni, Renato Cozzi, Paola Fierabracci, Fabio Lanfranco SETTORI AUTOIMMUNITÀ ENDOCRINA ENDOCRINOLOGIA GINECOLOGICA MALATTIE DELLA TIROIDE Corrado Betterle Paolo Moghetti Stefano Mariotti CHIRURGIA ENDOCRINA ENDOCRINOLOGIA ADOLESCENZIALE MALATTIE ENDOCRINE E METABOLICHE DELL’OSSO Nicola Palestini Antonio Agostino Sinisi Salvatore Minisola DIABETE ENDOCRINOLOGIA MOLECOLARE ONCOLOGIA ENDOCRINOLOGICA Domenico Salvatore Rossella Elisei DIAGNOSTICA DI LABORATORIO ENDOCRINOLOGIA PEDIATRICA MEDICINA NUCLEARE Marco Ferdeghini Marco Cappa Marco Salvatore ENDOCRINOLOGIA ANDROLOGICA IPERTENSIONE, SURRENE E DISORDINI DEL RICAMBIO IDRO-SALINO OBESITÀ E DISLIPIDEMIA Uberto Pagotto Csilla Gabriella Krausz Ferruccio Santini Marco Boscaro NEUROENDOCRINOLOGIA Anna Spada RUBRICHE UNO SGUARDO ALLA STORIA IMMAGINI IN ENDOCRINOLOGIA NOVITÀ IN ENDOCRINOLOGIA Roberto Toni Andrea Lania Francesco Latrofa ASSISTENTI DI REDAZIONE Andrea Benso, Caterina Di Cosmo, Valentina Gasco, Lucia Montanelli SEGRETARIA DI REDAZIONE Raffaella Menconi ORGANO UFFICIALE SOCIETÀ ITALIANA DI ENDOCRINOLOGIA (SIE) Presidente: F. 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Settembrini vol. 14, Suppl. al n° 5, Ottobre 2013 Focus su Carenza iodica Guest Editors: Massimo Tonacchera, Paolo Vitti Introduzione Massimo Tonacchera, Paolo Vitti Lo iodio nella fisiopatologia tiroidea Caterina Di Cosmo, Paolo Beck-Peccoz Epidemiologia della carenza iodica r t i d K e ic s i t ur Lucia Antonangeli, Fabrizio Aghini-Lombardi, Stefano Mariotti E , 3 1 2 7 Monitoraggio della iodoprofilassi in Italia 1 0 ©2 Antonella Olivieri, Daniela Rotondi, Paolo Stacchini, Augusto Pastorelli, Roberto Raschetti, Roberto Da Cas, Carlo Corbetta, Vera Stoppioni, Giuseppe Parlato, Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo 14 Carenza iodica e gravidanza Lucia Montanelli, Luca Chiovato 18 Carenza iodica e sviluppo intellettivo Francesco Vermiglio, Mariacarla Moleti, Francesco Trimarchi 22 Carenza iodica e gozzo nodulare Massimo Tonacchera, Fabio Orlandi, Paolo Vitti 27 Profilassi iodica: attualità e prospettive Massimo Tonacchera, Gianfranco Fenzi, Paolo Vitti 34 Conclusioni Massimo Tonacchera, Paolo Vitti 40 Vol. 14, Suppl. al n° 5, ottobre 2013 INTRODUZIONE La causa più frequente della patologia tiroidea nella popolazione mondiale è la carenza di iodio, che può provocare gozzo, noduli, ipotiroidismo o ipertiroidismo nei soggetti più anziani. Particolare importanza ha la carenza iodica della madre durante la gravidanza per le ripercussioni sulla funzione tiroidea del feto e del neonato, che portano a difetti dello sviluppo cerebrale e delle funzioni cognitive. Si tratta di un problema di salute pubblica, diffuso a livello mondiale, che oggi colpisce in modo particolare i Paesi in via di sviluppo, ma è anche presente in Europa. In Italia è stato calcolato che oltre 6 milioni di persone sono affette da gozzo o patologia nodulare tiroidea. Negli ultimi 20 anni sono stati fatti sostanziali progressi in questo settore con l’introduzione di efficaci programmi di iodoprofilassi basati sul consumo di sale arricchito con iodio. I programmi di iodoprofilassi, promossi e sostenuti dall’OMS, dall’UNICEF e da Micronutrient Initiative con la consulenza tecnico-scientifica dell’ICCIDD, sono stati posti in essere in base alla constatazione che oltre due miliardi di individui della popolazione mondiale erano soggetti a rischio di carenza iodica, oltre 700 milioni i soggetti colpiti da gozzo clinicamente manifesto, oltre 30 milioni i soggetti con vario grado di menomazione mentale cognitiva da inadeguato apporto iodico durante la vita fetale e neonatale e oltre 6 milioni con deficit conclamato dello sviluppo mentale da gravissima carenza durante la vita intrauterina (cretinismo endemico). Questi ultimi rilievi hanno indotto il vertice mondiale della salute ad includere la carenza iodica tra le prime dieci emergenze della salute pubblica da eliminare entro pochi anni. Nel 2008 la Commissione preposta alla redazione del Copenhagen Consensus, costituito da 8 eminenti economisti tra i quali 5 premi Nobel, ha valutato il valore economico in termini di costo/beneficio dei programmi di lotta contro la Fame e la Malnutrizione nel mondo e ha indicato tra le massime priorità la correzione della carenza iodica attraverso l’arricchimento con iodio del sale. Il successo dei programmi di iodoprofilassi ha ridotto da 110 a 47 i Paesi nel mondo con gradi significativi di carenza iodica nel 2007. In questo supplemento verrà descritta l’epidemiologia della carenza iodica in Italia, il monitoraggio della iodoprofilassi, il ruolo del corretto apporto di iodio in gravidanza e sullo sviluppo intellettivo dei neonati, e gli effetti della carenza iodica nello sviluppo del gozzo nodulare. Infine verranno affrontati sia il tema della iodoprofilassi attualmente prevista nel nostro Paese sia la proposta di nuovi metodi di arricchimento con iodio degli alimenti. 1 0 ©2 E , 3 r t i d K e ic s i t ur Massimo Tonacchera, Paolo Vitti 1 Vol. 14, Suppl. al n° 5, ottobre 2013 INTRODUZIONE Lo iodio è un micronutriente essenziale per la sintesi degli ormoni tiroidei, che sono gli unici ormoni nei vertebrati a contenere atomi di iodio nella loro molecola. Gli ormoni tiroidei, e di conseguenza lo iodio, sono fondamentali durante l’intero arco della vita umana, svolgendo nel feto e nel bambino un ruolo centrale nello sviluppo del sistema nervoso centrale e scheletrico e regolando nell’adulto il metabolismo basale, lipidico, glucidico ed osseo e l’apparato cardiovascolare. La carenza nutrizionale di iodio rappresenta la causa più frequente della patologia tiroidea nella popolazione mondiale. A seconda della sua gravità essa può determinare ipotiroidismo, gozzo, deficit di accrescimento, ritardo nello sviluppo psicomotorio e ritardo mentale irreversibile (cretinismo) (1, 2). Lo iodio (sotto forma di ioduro) è ampiamente ma non uniformemente distribuito nel nostro pianeta. Le acque degli oceani ne sono ricche, mentre a seguito degli eventi climatici verificatisi nel tempo, la quantità di iodio presente nel suolo è scarsa in vaste aree. Lo ioduro nell’acqua del mare è ossidato a iodio elementare, che volatilizza nell’atmosfera e ritorna nel terreno tramite la pioggia, completando in questo modo il ciclo (Figura 1). In molte regioni, tuttavia, il ciclo dello iodio è lento e incompleto e lascia il suolo e l’acqua potabile poveri di iodio. Colture provenienti da questi terreni avranno pertanto basso contenuto di iodio e uomini ed animali che le assumono svilupperanno carenza del micronutriente. Terreni iodocarenti sono comuni nelle aree montane e nelle aree colpite frequentemente da inondazioni. La carenza di iodio può tuttavia colpire anche le regioni pianeggianti e costiere. 1 0 ©2 Lo iodio nella fisiopatologia tiroidea Caterina Di Cosmo1, Paolo Beck-Peccoz2 Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Endocrinologia, Università degli Studi di Pisa; 2Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Unità di Endocrinologia e Diabetologia, Università degli Studi di Milano 1 gli animali. Tuttavia, le concentrazioni di iodio presenti nella maggior parte dei cibi e bevande sono basse. In generale, i cibi di più largo consumo forniscono da 3 a 80 µg di iodio a porzione (3). Solo alcune popolazioni, come per esempio quelle delle coste giapponesi che consumano grandi quantità di alghe, hanno un elevato introito di iodio con l’ali- r t i d Figura 1 Ciclo dello iodio. E , 3 mentazione. Le alghe, infatti, come gli animali marini, sono in grado di concentrare lo iodio dall’acqua. Il contenuto di iodio è estremamente variabile nei diversi alimenti. Secondo dati della Food and Agricolture Organization (FAO) e della World Health Organization (WHO) del 2004 (Tabella 1), le concentrazioni più elevate si riscontrano nel K e ic s i t ur FONTI DELLO IODIO Gli alimenti costituiscono la principale fonte di iodio per gli uomini e Corrispondenza: Paolo Beck-Peccoz, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Unità di Endocriologia e Diabetologia, Padiglione Granelli, Via Francesco Sforza 35, 20122 Milano. E-mail: [email protected] 2 Lo iodio nella fisiopatologia tiroidea Tabella 1 Contenuto medio di iodio negli alimenti di comune consumo secondo dati FAO/WHO del 2004. Alimenti Pesce di mare e crostacei Pesce d'acqua dolce Carne Latte Uova Cereali Legumi Vegetali Frutta Contenuto medio di iodio (µg/100 g p.f.) 800 30 50 50 90 50 30 30 20 p.f.: peso fresco. pesce di mare e nei crostacei. Carne e latte presentano valori medi intorno a 50 µg/100 g di peso fresco (p.f.), le uova ne contengono circa 90 ed il pesce d’acqua dolce 30 µg/100 g di p.f. Per quanto riguarda gli alimenti di orgine vegetale, i valori più elevati si trovano nei cereali, seguiti dai legumi e dalle altre verdure e infine dalla frutta. All’interno di ciascuna categoria le variazioni possono essere comunque molto ampie e va sottolineato come tali dati siano soltanto indicativi, dal momento che la localizzazione geografica influenza notevolmente il contenuto di iodio. Nella società moderna l’apporto di iodio è complesso e dipende non tanto dal contenuto di iodio del suolo e delle acque di irrigazione, ma dalla qualità e varietà dell’alimentazione. Negli alimenti industriali e quindi presenti nelle grandi catene di distribuzione è presente, infatti, una quantità di iodio maggiore rispetto agli alimenti naturali. Va aggiunto inoltre che la quantità di iodio presente nei mangimi per gli animali di allevamento influisce sulla quantità di iodio presente nei derivati. In molti paesi, infine, l’uso del sale iodato fornisce alla dieta un addizionale apporto di iodio. 1 0 ©2 3 Accanto all’alimentazione, fonti minori di iodio sono rappresentate dai coloranti presenti nei cosmetici, dai farmaci ad uso topico e sistemico (per esempio, tintura di iodio, diiododrossichinolina crema, iodio-povidone, amiodarone) e dai mezzi di contrasto radiografici (per esempio, sodio amidotrizoato, ipodato, LipiodolTM). ASSORBIMENTO E METABOLISMO DELLO IODIO Lo iodio è ingerito sotto diverse forme chimiche. Lo ioduro è assorbito direttamente nell’intestino mentre lo iodato, largamente usato nella iodazione del sale, è ridotto e assorbito come ioduro. Lo iodio è quasi completamente assorbito nell’intestino tenue (circa il 90% della quota ingerita) e solo una piccola parte è escreta nelle feci (4). r t i d Lo iodio assorbito dall’intestino, insieme a quello derivante dal metabolismo periferico degli ormoni tiroidei, costituisce il pool plasmatico dello iodio. Questo viene concentrato nella tiroide che lo utilizza per la sintesi ormonale ed in parte viene escreto dal rene. Un adulto sano utilizza per la sintesi ormonale 80 µg di iodio, che provengono direttamente dalla dieta per circa 55 µg e dal metabolismo periferico degli ormoni tiroidei per circa 25 µg (Figura 2). Con un apporto di iodio normale (150 µg), lo iodio plasmatico è escreto con le urine per il 90% (135 µg), di cui 95 µg provengono dallo iodio assorbito dall’apparato digerente e 40 µg dal metabolismo periferico degli ormoni tiroidei. Dunque, in condizioni di equilibrio, lo iodio che si ritrova nelle urine corrisponde a quello assorbito dall’apparato digerente. K e ic s i t ur Figura 2 Rappresentazione schematica della cinetica dello iodio in un adulto sano in condizioni di adeguato apporto di iodio. Modificata da: Glinoer D 2004 The regulation of thyroid function during normal pregnancy: importance of the iodine nutrition status. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 18:133-152. . E , 3 95 g Apporto di iodio (150 g) 55 g Tiroide (captazione del 35%) Rene (135 g) 80 g Ormone tiroideo Metabolismo periferico ormone tiroideo 40 g 25 g 80 g Feci (15 g) CATERINA DI COSMO, ET AL. Figura 3 A) Rappresentazione schematica del metabolismo intratiroideo dello iodio. Nel tireocita, lo iodio captato dal NIS sotto foma di ioduro (I-) viene organificato e legato ai residui tiroisilici della tireglobulina (Tg) dalla tireoperossidasi (TPO) per formare iodotironine. Modificata da (15). B) Struttura della T4 e della T3. A B Colloide T3 T4 Membrana apicale I HO O I T4 T4 I– T3 I HO O I– TSHr Lisosoma I– CH2CHNH2COOH I I– I– I Plasma E , 3 La tiroide concentra lo iodio sotto forma di ioduro (I-) attraverso il symporter sodio/ioduro (NIS), localizzato nella membrana basolaterale dei tireociti. Il NIS è una glicoproteina di membrana in grado di concentrare mediante trasporto attivo lo iodio nella tiroide e in altri tessuti (5). La clearance renale dello iodio è piuttosto costante, mentre quella tiroidea varia con l’apporto iodico, arrivando a più dell’80% della quota assorbita in condizioni di iodocarenza cronica (6). Piccole quantità di iodio sono captate anche dalla mucosa gastrica, dalle ghiandole salivari, dal plesso coroideo e, durante l’allatamento, dalle ghiandole mammarie (5). L’identificazione del NIS e studi successivi condotti in animali hanno chiarito i meccanismi molecolari che mediano l’assorbimento intestinale dello ioduro. Il NIS è abbondantemente espresso nell’orletto a spazzola degli enterociti in tutti i segmenti dell’intestino tenue, dal duodeno all’ileo, con livelli di espressione che diminuiscono dall’apice del villo alla r t i d K e ic base (7). La localizzazione apicale è in accordo con un ruolo del NIS nel trasporto dello ioduro dal lume intestinale all’enterocita, da dove può successivamente raggiungere il circolo attraverso altri trasportatori o canali. Lo iodio è assorbito in alcuni tratti del canale alimentare e secreto in altri. Lo iodio inorganico è, infatti, presente nel succo gastrico e nella s i t ur I T3 Membrana basolaterale TSH 1 0 ©2 I CH2CHNH2COOH saliva (4). Studi nei ratti hanno dimostrato come il NIS, localizzato nella membrana basolaterale delle cellule epiteliali, medi, almeno in parte, il trasporto dello ioduro dal circolo alle cellule epiteliali gastriche (8). L’efflusso dello ione dalla cellula epiteliale al lume gastrico può essere passivo o mediato da altri trasportatori. Nonostante queste acquisizioni, Tabella 2 Meccanismi di autoregolazione tiroidea in condizioni di eccesso o carenza di iodio. Il contributo di ciascun fattore va da 0 (nessuno) a +++ (importante). Modificata da: Bürgi H et al 2010 Iodine excess. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 24:107-115. Meccanismi Ruolo nell'eccesso di iodio Ruolo nella carenza di iodio TSH NIS Effetto Wolff-Chaikoff Blocco della secrezione ormonale dai depositi Ridistribuzione dello iodio organico nella colloide Secrezione dello iodio non ormonale 0 +++ +++ (solo in acuto) ++ + ++ +++ +++ 0 0 ++ 0 TSH: ormone tireotropo; NIS: symporter sodio/ioduro. 4 Lo iodio nella fisiopatologia tiroidea restano ancora da chiarire i meccanismi di regolazione e il significato funzionale del trasporto dello ioduro nel lume gastrico. Alcuni studi suggeriscono che la secrezione gastrica dello ioduro sia parte di un sistema di ricircolo entero-tiroideo dello ioduro che consente il risparmio dello iodio (9), altri sostengono che abbia un’azione antiossidante (10) ed antimicrobica (11). Il corpo di un adulto contiene 1520 mg di iodio, di cui il 70-80% nella tiroide (12). Lo I- trasportato dal NIS a livello della membrana basolaterale diffonde dal tireocita al lume follicolare mediante la pendrina, che media a livello della membrana apicale lo scambio secondo gradiente elettrico di uno ione I- con uno Cl- (13) (Figura 3 A). Una volta raggiunto il lume follicolare, lo Iviene ossidato a iodio molecolare dalla tireoperossidasi (TPO), che utilizza come cofattore il perossido d’idrogeno (H2O2), generato a sua volta dalla dual oxidase (DUOX) 2, una flavoproteina NADPH-dipedente (14). Lo iodio organico viene legato tramite un legame covalente ai residui tirosilici della tireoglobulina (Tg), una grossa glicoproteina localizzata nel lume del follicolo, dalla TPO con formazione di molecole di monoiodotirosina (MIT) e di diiodotirosina (DIT). Lo stesso enzima catalizza la coniugazione di due molecole di DIT con produzione di tetraiodotironina o tiroxina (T4) e in piccola parte di una di DIT e una di MIT con produzione di triiodotironina (T3) (Figura 3 B). Dopo essere stata prelevata dal lume follicolare mediante endocitosi, la Tg iodinata è idrolizzata nei lisosomi e la T4 e T3 liberate nel citosol raggiungono attraverso trasportatori di membrana il circolo (15). Le molecole di MIT e DIT, anch’esse liberate dalla proteolisi della Tg, sono deiodinate dalle dealogenasi citosoliche (16), con recupero dello iodio. In generale, un adulto sano utilizza circa 80100 µg di iodio al giorno per produrre gli ormoni tiroidei. Più del 90% dello iodio ingerito è alla fine escreto con le urine, per cui in con- 1 0 ©2 5 Tabella 3 Introito giornaliero minimo di iodio raccomandato in base all’età e alle condizioni fisiologiche. Modificata da (24). Età e condizioni fisiologiche Introito minimo di iodio raccomandato (µg/die) Bambini 0-5 anni 90 Bambini 6-12 anni 120 Adulti >12 anni 150 Gravidanza 250 Allattamento 250 dizioni di equilibrio, lo iodio assorbito nell’intestino equivale a quello escreto con le urine (Figura 2). K e ic MECCANISMI DI ADATTAMENTO DELLA TIROIDE ALLE VARIAZIONI DELL’APPORTO IODICO r t i d La tiroide è in grado di mantenere un’adeguata sintesi e secrezione ormonale a fronte di ampie variazioni nell’apporto iodico. I meccanismi operanti in caso di carenza o eccesso di iodio sono di seguito elencati e riassunti nella Tabella 2. E , 3 un aumento del volume della tiroide (gozzo), all’inizio diffuso, successivamente nodulare; il TSH, infatti, oltre alla produzione di ormoni tiroidei, stimola anche la proliferazione delle cellule follicolari. Il caratteristico pattern ormonale presente nei bambini provenienti da zone di moderata-grave carenza iodica è costituito da un aumento dei livelli sierici del TSH associati a bassi livelli di T4 e concentrazioni di T3 normali o ai limiti alti; queste alterazioni ormonali sono incostanti negli adulti. L’insufficienza tiroidea e il cretinismo si sviluppano solamente nelle condizioni di grave carenza cronica di iodio. Gli effetti della carenza iodica sullo sviluppo della ipofunzione tiroidea e sul gozzo variano tra le diverse popolazioni ed anche tra gli individui residenti nella stessa area endemica. Tale variabilità è imputabile a fattori dietetici, ambientali ed anche genetici, in gran parte non ancora identificati. Diverse sostanze, presenti negli alimenti e nell’ambiente, possono interferire con il metabolismo tiroideo, aggravare gli effetti della carenza iodica ed interferire sui meccanismi di compenso. Per esempio le crucifere (cavoli, cavolfiore, broccoli) e la cassava contengono sostanze i cui metaboliti compentono con lo iodio per la captazione tiroidea (17). Il fumo di sigaretta aumenta i livelli di tiocianati che sono inibitori competitivi del NIS sia a livello tiroideo che della ghiandola mammaria durante l’allattamento (18). Tra gli interferenti ambientali, il perclorato, prodotto dagli scarichi industriali, agisce come inibitore competitivo del NIS (19). CARENZA DI IODIO E FATTORI INTERFERENTI Quando l’introito di iodio è insufficiente (inferiore a 100 µg/die), la secrezione dell’ormone tireotropo (TSH) aumenta. Il TSH stimola la captazione dello iodio da parte delle cellule follicolari tiroidee tramite una maggiore espressione del NIS, la degradazione della Tg e la sintesi preferenziale dell’ormone biologicamente più attivo, la T3. Fino a quando l’introito giornaliero di iodio supera la soglia di circa 50 µg/die, nonostante la riduzione dei livelli circolanti dello iodio inorganico, la captazione tiroidea dello iodio è ancora adeguata ed il contenuto intratiroideo dello iodio nei limiti della norma. Al di sotto di questa soglia la captazione e la riserva intratiroidea dello iodio si riducono e molti individui sviluppano s i t ur ECCESSO DI IODIO Diversi sono i meccanismi di autoregolazione messi in atto dalla tiroide in caso di eccesso di iodio, tutti TSH-indipendenti (Tabella 2). Effetto Wolff-Chaikoff Wolff e Chaikoff dimostrarono come nei ratti una singola iniezione di 500 µg di ioduro (dose eccedente di 100 volte il fabbisogno giornaliero) bloccasse l’incorporazione di iodio CATERINA DI COSMO, ET AL. all’interno dei residui tirosilici della Tg, cioè l’organificazione (20). Questo blocco autoregolatorio TSHindipendente si basa sulle elevate concentrazioni intracellulari di ioduro. I meccanismi molecolari alla base dell’effetto Wolff-Chaikoff sono ancora controversi. Uno dei meccanismi proposti è rappresentato dall’eccessiva formazione dell’anione triioduro che si forma per l’aumentata disponibilità dello ioduro dalla reazione I-+I2⇔I3. In presenza di elevate concetrazioni di ioduro, questa reazione è spostata a destra con sequestro di I2, che è un intermedio nel processo di organificazione dello iodio (21). L’effetto inibitorio dell’eccesso di iodio è transitorio e dura 26-50 ore; successivamente, infatti, si instaura il fenomeno dell’escape, che garantisce il ripristino dell’organificazione e quindi la sintesi ormonale (22). Blocco della secrezione degli ormoni contenuti nei depositi di colloide La tiroide accumula grandi quantità di ormoni nel lume follicolare sotto forma di residui tirosilici della Tg. In caso di blocco della sintesi ormonale, da assunzione per esempio di antitiroidei di sintesi, la secrezione di ormoni tiroidei si riduce solo dopo che significative quantità dei depositi intratiroidei sono state utilizzate; questa evenienza richiede nell’uomo diverse settimane. L’eccesso di iodio, al contrario, abbassa i livelli della T4 sierica quasi istantaneamente, suggerendo che lo iodio non blocca solo la sintesi, ma anche la secrezione dell’ormone preformato accumulato. ©2 01 Tg e il loro iodio può essere secreto come iodio non ormonale, liberando pertanto la tiroide dall’eccesso di iodio. FABBISOGNO GIORNALIERO DI IODIO Studi basati sulla misura della captazione e del turnover giornalieri dello iodio hanno stabilito la quantità di iodio necessaria in base alle differenti età e condizioni fisiologiche (23, 24). Queste quantità sono elencate nella Tabella 3. L’introito di iodio raccomandato nell’adulto non sembra cambiare con l’età tranne che in alcune condizioni fisiologiche quali gravidanza e allattamento. Durante la gravidanza e l’allattamento la dose di iodio raccomandata aumenta a causa dell’aumentato fabbisogno di ormoni tiroidei della madre, della richiesta fetale di iodio, dell’aumento della clearence renale dello iodio e del passaggio dello iodio nel latte. E , 3 Ridistribuzione dello iodio organico In caso di eccesso di iodio prevale la formazione di DIT su quella di MIT, che favorisce a sua volta la sintesi della T4, molecola meno attiva della T3. Secrezione dello iodio non ormonale MIT e DIT sono rilasciate come prodotti collaterali della lisi della r t i d 9. Josefsson M, Grunditz T, Ohlsson T, Ekblad E 2002 Sodium/iodide-symporter: distribution in different mammals and role in entero-thyroid circulation of iodide. Acta Physiol Scand 175:129-137. 10. Venturi S, Venturi M 1999 Iodide, thyroid and stomach carcinogenesis: evolutionary story of a primitive antioxidant?. Eur J Endocrinol 140:371-372. 11. 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Exp Biol Med (Maywood) 231:277-281. s i t ur 6 Vol. 14, Suppl. al n° 5, ottobre 2013 EPIDEMIOLOGIA DELLA CARENZA IODICA IN ITALIA CENNI STORICI La presenza del gozzo e del cretinismo era già nota in Italia sin dall’antichità. In opere di storici del primo secolo d.C. come Plinio il Vecchio e Giovenale sono state ritrovate citazioni relative al gozzo e ad una sua possibile relazione con alcune caratteristiche delle acque potabili. I primi rapporti ufficiali sul gozzo e sul cretinismo in Italia risalgono al 1848, quando una apposita Commissione nominata dal Re di Sardegna ne identificò estesi focolai in Piemonte, Liguria, Alta Savoia e Sardegna (Figura 1), ed al 1856 quando l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere documentò la presenza di gozzo in tutta la Lombardia. Nella seconda metà dell’800, Cesare Lombroso ipotizzava una patogenesi comune tra gozzo e cretinismo. Solo in epoche più recenti si è Epidemiologia della carenza iodica Lucia Antonangeli1, Fabrizio Aghini-Lombardi1, Stefano Mariotti2 1 U.O di Endocrinologia 1, Università degli Studi di Pisa Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Cagliari 2 cominciato a capire la relazione tra carenza iodica e gozzo endemico. Tuttavia solo negli anni ’50 sono state condotte le prime indagini epidemiologiche utilizzando criteri moderni in tutte le regioni italiane. Contrariamente a quanto ritenuto fino ad allora, la presenza della carenza iodica e del gozzo sono state documentate non solo in circoscritte ed isolate località di montagna, ma anche in molte aree pianeggianti, prevalentemente rurali, dell’intero territorio nazionale (1). E , 3 r t i d K e ic Figura 1 Relazione della commissione nominata nel 1848 dal Re di Sardegna per studiare il gozzo ed il cretinismo. 1 0 ©2 Una prima rassegna delle indagini epidemiologiche condotte in Italia tra il 1978 e il 1991, limitata agli studi conformi alle raccomandazioni della World Health Organization (WHO), ha permesso di costruire una prima “mappa” della carenza iodica e della endemia gozzigena in Italia (Tabella 1). Le indagini considerate hanno riguardato la popolazione in età scolare residente in aree extraurbane, perlopiù collinari e montane di numerose località distribuite su tutto il territorio nazionale (2). La popolazione esaminata comprendeva oltre 70.000 bambini, 5.000 dei quali residenti in aree urbane di controllo. Nella maggior parte delle osservazioni l’escrezione urinaria media di iodio (EUI) era compresa tra 50 e 75 µg/g cr. ed in alcune aree addirittura inferiore a 50 µg/g cr. e la carenza iodica non era limitata alle sole regioni settentrionali ma era presente anche nelle regioni centro-meridionali e anche in pianura ed in alcune località costiere. Nelle aree urbane venivano riscontrati valori più elevati di ioduria, compresi tra 85 e 175 µg/g cr. La prevalenza di gozzo, determinata mediante palpazione del collo, nella stessa popolazione giovanile era compresa tra il 14 e il 73% ed era inversamente correlata alla EUI. In generale la prevalenza di gozzo risultava più elevata nelle regioni centromeridionali che nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale. Nelle aree di controllo, la prevalenza di gozzo era inferiore al 10% (2). s i t ur Corrispondenza: Lucia Antonangeli, U.O di Endocrinologia 1, Università degli Studi di Pisa, Via Paradisa 2, 56124 Pisa. E-mail: [email protected] 7 LUCIA ANTONANGELI, ET AL. Tabella 1 Prevalenza di gozzo ed escrezione urinaria di iodio in alcune regioni italiane, in base ai risultati delle indagini epidemiologiche condotte nel periodo 1978-1991. Regione Aree endemiche % gozzo (popolazione giovanile) Ioduria (media) 24 37-59 15 21-69 22-59 17-41 21-73 47-60 14 55 48 22-57 41-67 19-40 10* 85-122* 125* 45-110* 35-97* 54-84* 35-60* 64* 46* 38* 58-80* 19-76** 66-105* Trentino Alto Adige Friuli Veneto Emilia-Romagna Toscana Marche Campania Abruzzo Molise Basilicata Puglia Calabria Sicilia Sardegna Regione Aree di controllo % gozzo (popolazione giovanile) Toscana Marche Campania Calabria Sicilia Sardegna 6 8 <10 <10-15 2,2-6,6 10 1 0 ©2 E , 3 K e ic Ioduria (media) r t i d 88-175* 165* 85* 90-110* 88-114** 105* Soggetti esaminati in zone endemiche: 60.066. Soggetti esaminati in zone di controllo: 5.046. *µg/g di creatinina; **µg/l. SITUAZIONE ATTUALE Le indagini epidemiologiche condotte nel periodo 1992-2004 hanno confermato la tendenza all’incremento della EUI rispetto alle indagini condotte in precedenza. Nel 2004 la ioduria risultava, infatti, 80-90 µg/l. In linea generale, valori più bassi sono stati documentati nelle regioni centro-meridionali ed insulari (EUI 72 µg/l) rispetto alle regioni settentrionali (EUI 90 µg/l). La prevalenza di gozzo, determinata mediante ecografia tiroidea, nella popolazione scolare risultava del 1020%, con una prevalenza del 6-10% nelle regioni centro-settentrionali e del 15-20% nelle regioni centromeridionali (Tabella 2) (3). Nelle aree esposte ad una più grave carenza iodica, lo studio di campioni di popolazione adulta ha evidenziato una elevata prevalenza di gozzo tinella. In ciascun area sentinella e di controllo, sono stati studiati il consumo di sale iodato per uso alimentare, la EUI di campioni di bambini di età compresa tra 11 e 13 anni e la frequenza di ormone tireotropo (TSH) neonatale superiore a 5 mU/l. Nelle tre regioni studiate la EUI è risultata aumentata rispetto a quanto documentato nel recente passato sia nelle aree sentinella che nelle aree di controllo. Tuttavia, nelle aree sentinella del Piemonte e soprattutto della Calabria, la EUI mediana è risultata ancora inferiore a 100 µg/l, ed il numero dei bambini con ioduria inferiore a 50 µg/l superiore al 20% dei casi. In particolare, nelle aree sentinella della Calabria la mediana della EUI era sovrapponibile a quanto osservato nel recente passato. Nella maggior parte delle aree urbane di controllo delle due regioni la EUI risultava superiore a 100 µg/l o di poco inferiore. Per quanto riguarda la Toscana, le aree sentinella scelte (Garfagnana e Val Tiberina), erano state oggetto di precedenti indagini epidemiologiche condotte rispettivamente negli anni ’80 e ’90 (5, 6). In Garfagnana, è stato documentato un ulteriore incremento della EUI, che ha ampiamente superato i valori normali già osservati nel 1991, con un’ulteriore riduzione della prevalenza di gozzo nella popolazione scolare, nodulare, come conseguenza della prolungata esposizione al deficit nutrizionale di iodio. In generale, nel periodo considerato, circa 5 milioni di italiani, pari al 12% della popolazione nazionale era affetto da gozzo. Recentemente, dopo l’attuazione delle Legge sulla prevenzione del gozzo e delle altre malattie da carenza iodica, l’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi in Italia (OSNAMI), ha iniziato un’indagine pilota in tre regioni rappresentative rispettivamente dell’Italia settentrionale (Piemonte), centrale (Toscana) e meridionale (Calabria). In ciascuna regione sono state scelte alcune aree, definite “aree sentinella”, nelle quali era stata documentata in passato la presenza di endemia gozzigena e nel comune capoluogo di ogni area sen- s i t ur Tabella 2 Escrezione urinaria di iodio e prevalenza di gozzo nella popolazione scolare (6-14 anni) in Italia nel 2004. I dati sono distinti per regioni centro-settentrionali e regioni centro-meridionali. Regioni centro-settentrionali* Escrezione urinaria di iodio Prevalenza di gozzo 90 µg/l 4-6% Regioni centro-meridionali* Escrezione urinaria di iodio Prevalenza di gozzo 72 µg/l 10-20% *Popolazione scolare, area extraurbana. 8 Epidemiologia della carenza iodica Figura 2 Modificazioni della prevalenza di gozzo nella popolazione scolare (6-14 anni) residente in Garfagnana (Toscana) prima (1981) e in seguito all’attuazione di profilassi volontaria con sale iodato nell’alimentazione quotidiana. Garfagnana: prevalenza di gozzo Profilassi volontaria 80 80 80 Prevalenza (%) 1981 60 1991 61,0% 8,1% 60 60 40 40 40 20 20 20 0 1-5 6-8 9-11 12-14 Popolazione scolare attualmente di poco superiore al 6% (Figura 2). In Valtiberina, è stata invece documentata una EUI di poco inferiore a 100 µg/l, sovrapponibile a quanto osservato nella precedente indagine condotta nel 1995. La prevalenza di gozzo nella popolazione scolare è comunque risultata del 6%, sovrapponibile a quanto osservato in Garfagnana, anche in questo caso invariata rispetto al recente passato. Va ricordato, tuttavia, che in Garfagnana la carenza iodica documentata alla fine degli anni ’70 era molto grave, con valori di ioduria inferiori a 40 µg/l ed in alcune località inferiori a 20 µg/l. In una recente estesa indagine che ha interessato la popolazione scolare di 8 regioni dell’Italia meridionale, la mediana della EUI determinata in 23.000 campioni estemporanei di urine è risultata di 75 µg/l indicando la persistenza di una carenza iodica di grado lieve/moderato, anche se differenze significative sono state osservate tra aree urbane ed aree extraurbane (81 µg/l vs 73 µg/l) e tra aree con maggiore densità di popolazione rispetto alle aree meno abitate (87 µg/l vs 66 e 61 µg/l) (7). Il TSH neonatale è un indicatore biologico indiretto molto sensibile ed affidabile per monitorare l’appor- 1 0 ©2 9 2006 0 1-5 6-8 9-11 12-14 Popolazione scolare E , 3 1-5 EPIDEMIOLOGIA DELLE TIREOPATIE ED APPORTO IODICO Una menzione particolare deve essere riservata alle indagini epidemiologiche volte a valutare la prevalenza e la distribuzione delle tireopatie in rapporto alle modificazioni dello stato di nutrizione iodica. Di grande interesse a questo proposito, lo studio trasversale condotto nell’intera popolazione residente a Pescopagano, un paese dell’Appennino Lucano caratterizzato da carenza iodica di grado lieve-moderato (8). All’epoca dello studio nessuno faceva uso di sale iodato e la EUI, espressa come mediana, era 55 µg/l, con valori inferiori a 100 µg/l nell’81% dei campioni. Gozzo era s i t ur 6-8 9-11 12-14 Popolazione scolare K e ic to iodico di una popolazione. Una frequenza inferiore al 3% di neonati con TSH sierico superiore a 5 mU/l indica un adeguato apporto iodico. Nelle 3 regioni esaminate, la percentuale di neonati con valori di TSH superiore a 5 mU/l è risultato 3,3% in Toscana, 3,8% in Piemonte e 4,8% in Calabria. Queste percentuali non sono diverse da quelle osservate nel 2004, anno precedente l’entrata in vigore della Legge sulla iodoprofilassi (4). r t i d 0 6,2% presente nel 46% della popolazione generale ed aumentava progressivamente con l’età dal 16% nella popolazione infantile fino al 59% nella popolazione anziana. Gozzo nodulare era assente nell’infanzia, raro nei giovani fino a 25 anni ed aumentava progressivamente fino al 28,5% nei soggetti di 56-65 anni. Nel 2010 – a distanza di 15 anni dallo studio precedente e dopo 5 anni dall’attuazione della Legge sulla iodoprofilassi – è stata condotta una nuova indagine utilizzando gli stessi criteri metodologici. I risultati mostrano che circa il 66% della popolazione usa regolarmente il sale iodato e che l’escrezione urinaria di iodio è pari a 98 µg/l, significativamente più elevata rispetto a quella osservata nella precedente indagine. Nella popolazione infantile e nei giovani adulti di età <25 anni non è stato osservato alcun caso di gozzo. Gozzo nodulare è stato documentato solo in soggetti di età >35 anni (9). CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Nonostante l’indubbio miglioramento dell’apporto nutrizionale di iodio, in parte dovuto al miglioramento delle comunicazioni ed alla diversificazione alimentare (“profilas- LUCIA ANTONANGELI, ET AL. si silente”), l’Italia è ancora caratterizzata da una carenza iodica di grado lieve anche se in alcune aree l’apporto iodico è da considerare adeguato o quasi adeguato. Le indagini epidemiologiche condotte negli ultimi anni hanno evidenziato un sensibile incremento della EUI ed una drastica riduzione della prevalenza di gozzo nella popolazione scolare. Questi risultati sono più evidenti nelle regioni centro-settentrionali rispetto a quelle centro-meridionali, e nei centri a maggiore densità urbana rispetto alle comunità più piccole. In buona parte, a questi risultati ha certamente contribuito l’attuazione della Legge 55 del 2005, come testimoniato dal generale aumento del consumo di sale iodato in tutto il territorio nazionale, sia pure con alcune differenze anche significative da regione e regione. EPIDEMIOLOGIA DELLA CARENZA IODICA IN EUROPA E , 3 CENNI STORICI La carenza iodica ed il gozzo endemico appartengono alla storia del continente europeo e sono noti da oltre centocinquant’anni. Tutti i paesi europei, ad eccezione dell’Islanda, hanno sperimentato in diversa misura questa piaga e tutte le sue conseguenze sanitarie e socio-economiche. Il cretinismo endemico è stato ampiamente descritto nel passato in molte regioni europee, soprattutto in circoscritte aree montane in Austria, Bulgaria, Croazia, Francia, Spagna e Svizzera, ed era così frequente che il termine “ cretino delle Alpi” divenne di uso comune. Agli inizi del diciannovesimo secolo, è stato suggerito per la prima volta che l’uso del sale fortificato con iodio potesse migliorare le condizioni di salute delle popolazioni residenti in aree montane (10). La Svizzera è stato il primo paese europeo in cui la carenza iodica è stata completamente eradicata con l’attuazione di un programma di iodoprofilassi mediante l’uso di sale iodato esteso a tutta la popolazione e seguito da un costante monitoraggio. 1 0 ©2 Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, la Società Europea della Tiroide, insieme con altre Società internazionali, quali WHO e UNICEF, ha affermato che ad eccezione dei paesi scandinavi, della Svizzera e dell’Austria, la maggior parte dei paesi europei o alcune aree di questi, soprattutto nella parte meridionale del continente, erano ancora esposti alle conseguenze della carenza iodica (11). A partire dagli anni ’90, è stato introdotto l’uso dell’ecografia e standardizzato il metodo per la valutazione del volume tiroideo per la stima della prevalenza di gozzo (12). Di particolare interesse è l’indagine multicentrica (“Thyro-Mobil” study), condotta nella seconda metà degli anni ’90 in 32 aree iodocarenti di 12 paesi europei utilizzando un automezzo attrezzato con ecografo portatile. In tutti i soggetti è stata eseguita l’ecografia tiroidea e sono stati raccolti campioni di urina per la determinazione della ioduria. Da questa indagine è emerso che l’Olanda aveva raggiunto un adeguato apporto iodico, ottenuto dapprima con la iodazione delle acque potabili ed in seguito con l’utilizzo r t i d dello iodio nella panificazione industriale. Gli altri paesi europei interessati da questa indagine, ancora privi di strumenti legislativi in materia di iodoprofilassi, risultavano caratterizzati da una deficienza iodica di grado moderato o lieve (13). SITUAZIONE ATTUALE A partire dai primi anni del 2000, è stato condotto un numero crescente di studi su vari aspetti della deficienza iodica ed il suo controllo in Europa, basati su indagini locali, regionali e nazionali (14, 15). Nell’ultima revisione dello stato di nutrizione iodica in Europa condotta dall’International Council for the Control of Iodine Deficiency Disorders (ICCIDD) West-Central Europe (16, 17), 14 paesi europei erano ancora iodocarenti. In 13 la carenza iodica era di grado lieve ed in uno (Albania) di grado moderato/grave. In 15 paesi l’apporto iodico era adeguato ed in 4 (Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Svezia) quasi sufficiente. Di 8 nazioni non erano disponibili dati recenti o attendibili (Tabella 3). K e ic s i t ur Tabella 3 Stato di nutrizione iodica nei paesi dell’Europa centro-occidentale, in base all’escrezione urinaria di iodio (vedi testo). Adeguato Austria Bosnia Bulgaria Cipro (Nord) Croazia Finlandia Inghilterra Macedonia Olanda Polonia Portogallo Repubblica Ceca Repubblica Slovacca Serbia Svizzera Quasi adeguato Moderatamente insufficiente Gravemente insufficiente Islanda Lussemburgo Norvegia Svezia Belgio Danimarca Francia Germania Grecia Irlanda Italia Iugoslavia Montenegro Romania Slovenia Spagna Turchia Ungheria Albania 10 Epidemiologia della carenza iodica Nell’ultima rassegna mondiale della WHO-UNICEF, pubblicata nel 2007, sono riportati i dati sulla EUI di 32 su 40 paesi dell’Europa centro-occidentale, relativi alle indagini effettuate prima del 2004 (18). Di 18 nazioni erano disponibili dati nazionali, delle altre 14 dati subnazionali. Delle restanti 8 nazioni non erano disponibili dati. La EUI variava tra 30 µg/l in Albania a 228 µg/l in Macedonia. Apporto iodico insufficiente era presente in 11 paesi, in 10 dei quali la carenza era di grado lieve e solo in uno (Albania) moderata/grave. Negli altri 20 paesi l’apporto iodico era adeguato, con una ioduria compresa tra 100 e 199 µg/l (Figura 3). Nella stessa rassegna sono stati riportati i dati relativi alla prevalenza di gozzo in 23 paesi. In 13 nazioni erano disponibili dati nazionali, nelle altre 10 dati subnazionali. La prevalenza di gozzo valutata mediante palpazione variava dall’1,3% in Serbia e Montenegro al 47% in Slovenia. La prevalenza di gozzo determinata mediante ecografia variava dallo 0% in Svizzera ed in Croazia al 31,8% in Turchia. Figura 3 Apporto nutrizionale di iodio in Europa in base ai dati forniti dalla World Health Organisation (WHO) 2007. Svezia Islanda Finlandia Norvegia Danimarca Olanda Irlanda UK Germania Apporto nutrizionale di iodio 1. Stato sconosciuto 2. Carenza grave 3. Carenza moderata 4. Carenza lieve 5. Quasi carenza 6. Sufficienza 7. Quasi sufficienza 8. Eccesso d E , 3 1 0 ©2 itr K e ic Francia Belgio Svizzera Italia s i t ur Polonia Republica Ceca Austria Slovacchia Ungheria Romania Bulgaria Spagna Turchia Slovenia Portogallo Croazia Bosnia & Erzegovina Yugoslavia Albania Grecia Cipro Macedonia EPIDEMIOLOGIA DELLA CARENZA IODICA NEL MONDO CENNI STORICI Nel 1960 la WHO ha pubblicato la prima rassegna sulla estensione della carenza iodica e alla conseguente diffusione del gozzo endemico, relativa a 115 nazioni. Tale rassegna è stata determinante nel focalizzare l'attenzione sulla dimensione del problema di salute pubblica rappresentato dalla carenza iodica, considerata per certe aree un fenomeno naturale permanente. Da allora, molti paesi hanno iniziato ad attuare programmi di iodoprofilassi con sale iodato. Negli anni ’70, due endocrinologi di fama mondiale, John Stanbury di Harvard e Basil Hetzel di Adelaide, fortemente impegnati nella lotta contro i disordini da carenza iodica, furono i primi a riconoscerne gli effetti negativi s u l l o sviluppo cerebrale. Questi 11 scienziati hanno avuto un ruolo di primo piano nella costituzione nel 1986 a Kathmandu della ICCIDD. Negli anni successivi, l’ICCIDD insieme con WHO, UNICEF e le Associazioni Scientifiche della Tiroide di tutti i continenti, hanno sancito per mezzo di risoluzioni e dichiarazioni che l’eliminazione della carenza iodica e la conseguente eradicazione del gozzo endemico erano tra gli obiettivi primari da raggiungere entro l’anno 2000 (Figura 4). SITUAZIONE ATTUALE Nella rassegna pubblicata dalla WHO nel 2004, viene riportato lo stato nutrizionale di iodio a livello mondiale in base ai dati della EUI raccolti tra il 1993 ed il 2003 in 126 paesi nelle diverse regioni WHO (19). In 54 paesi la popolazione aveva un insufficiente apporto iodico. Di questi paesi, uno solo nel Mediterraneo Orientale aveva una grave carenza iodica, 13 (6 in Africa, 4 in Europa, 2 nel Pacifico occidentale ed 1 nelle Americhe) avevano una carenza iodica moderata e 40 una carenza iodica di grado lieve. L’apporto nutrizionale di iodio risultava adeguato in 43 paesi, con una EUI compresa tra 100 e 199 µg/l. In 24 paesi la EUI era compresa tra 200 e 299 µg/l e superiore a 300 µg/l in 5 paesi. Le regioni WHO maggiormente interessate dal problema erano l’Europa (60%) ed il Mediterraneo Orientale (55%), seguiti dall’Africa e dal Sud-Est Asiatico (40% ciascuna), dal Paci- LUCIA ANTONANGELI, ET AL. Figura 4 Dichiarazione mondiale WHO/UNICEF per la sopravvivenza, protezione e sviluppo dell’infanzia, sottoscritta da 150 Capi di Governo. E , 3 fico Occidentale (26%) e dalle Americhe (10%). La prevalenza di gozzo nella popolazione generale dei paesi inclusi nella rassegna era del 15,8%, variando tra 4,7% nelle Americhe al 37,3% nel Mediterraneo Orientale. Ad eccezione delle Americhe e del Pacifico Occiden- 1 0 ©2 r t i d apparentemente in contraddizione con il corrispondente stato nutrizionale di iodio, può essere spiegato con l’intervallo di tempo piuttosto lungo intercorso tra l’attuazione della iodoprofilassi e la scomparsa del gozzo clinicamente rilevante. Una rassegna del 2007 relativa ai 193 stati membri della WHO, riporta che 2 miliardi (35,2%) di persone nel mondo, dei quali un terzo di bambini in età scolare, sono ancora esposti alle conseguenze di un insufficiente apporto iodico e che ancora oggi in 47 paesi la carenza iodica rappresenta un grave problema di salute pubblica (18, 20) (Tabella 4). La prevalenza più bassa di carenza iodica è stata osservata nelle regioni americane (10,6%), dove il consumo di sale iodato ad uso domestico è risultato il più alto al mondo (circa 90%). Al contrario, la più alta prevalenza di carenza iodica si ha in Europa (52%), dove solo il 25% della popolazione consuma sale iodato e dove molti paesi non dispongono ancora di efficienti programmi di sorveglianza degli effetti della carenza iodica. Rispetto al recente passato, tuttavia, sono stati osservati indubbi progressi. Infatti, 12 paesi hanno raggiunto un apporto ottimale di iodio e la percentuale di bambini a rischio di sviluppare disordini da carenza iodica si è K e ic tale, dove la prevalenza di gozzo era inferiore rispetto a quella osservata nel 1993, in tutte le altre regioni risultava aumentata, con un incremento compreso tra il 18,5% nel Sud-Est Asiatico e l’81,4% nelle regioni dell’Africa. Questo incremento della prevalenza di gozzo, s i t ur Tabella 4 Percentuale di popolazione e numero di soggetti con insufficiente apporto di iodio in età scolare e nella popolazione generale (tutte le fasce di età). Dati della World Health Organisation 2007 (vedi testo). Carenza iodica nel mondo Apporto di iodio insufficiente (<100 µg/l) Regioni WHO Africa Americhe Sud-Est Asiatico Europa Mediterraneo Orientale Pacifico Occidentale Totale Popolazione scolare Popolazione generale Percentuale (%) N totale (milioni) Percentuale (%) N totale (milioni) 40,8 10,6 30,3 52,4 48,8 22,7 31,5 57,7 11,6 73,1 38,7 43,3 41,6 263,7 41,5 11,0 30,0 52,0 47,2 21,2 30,6 312,9 98,6 503,6 459,7 259,3 374,7 2000 12 Epidemiologia della carenza iodica Tabella 5 Situazione della nutrizione iodica: numero di nazioni in termini di “situazione iodica e numero totale di paesi stimati”. Apporto iodico Insufficiente: grave carenza iodica Insufficiente: moderata carenza iodica Insufficiente: lieve carenza iodica Sufficiente Più che sufficiente Eccessivo Paesi con dati disponibili Totale n. paesi Paesi senza dati 2003 13 2011 N % N % N % 1 13 40 43 24 5 126 192 66 1% 10% 32% 34% 19% 4% 0 10 37 49 27 7 130 192 62 0% 8% 28% 38% 21% 5% 0 9 23 69 34 11 148 193 45 0% 6% 16% 47% 24% 7% ridotta al 5%. In Australia e negli Stati Uniti, due nazioni in precedenza iodosufficienti, l’apporto iodico si è ridotto rispetto al passato, tanto che l’Australia è caratterizzata da una carenza iodica di grado moderato, mentre gli Stati Uniti hanno una escrezione urinaria di iodio mediana di 160 µg/l, che risulta ancora adeguata, ma è circa la metà del valore osservato negli anni ’70. L’apporto nutrizionale di iodio risulta più che sufficiente o eccessivo in 34 nazioni. L’ultimo aggiornamento sullo stato nutrizionale di iodio è riportato in una rassegna del 2012 riguardante circa il 96% della popolazione mondiale (21). Sono stati osservati notevoli progressi rispetto al 2003 ed al 2011 in molte regioni. Il numero di paesi classificati come iodocarenti si è ridotto da 54 a 32, mentre la percentuale di paesi con un adeguato stato nutrizionale di iodio è salito dal 34% al 47%. Contemporaneamente si è osservato un incremento del numero di paesi con un apporto iodico più che sufficiente o eccessivo da 29 a 47 (Tabella 5). Per completare il quadro dello stato nutrizionale di iodio, i progressi verso il raggiungimento della Iodazione Universale del Sale (USI) sono stati valutati sulla base 1 0 ©2 2007 dell’uso domestico regolare di sale iodato. Tra il 2011 ed il 2012 il consumo percentuale di sale iodato ad uso domestico è risultato del 71% nei paesi sviluppati (21). Il consumo domestico di sale iodato era globalmente circa il 70% negli anni novanta. Questo dato potrebbe pertanto sembrare un mancato miglioramento rispetto ai due decenni precedenti. È da sottolineare tuttavia che il numero di paesi valutati circa il consumo domestico di sale iodato è cresciuto da 90 nel 2002 a 128 nel 2012, indicando pertanto che la percentuale è riferita ad un numero maggiore di paesi monitorati. E , 3 r t i d 6. Aghini-Lombardi F, Pinchera A, Antonangeli et al 1993 Iodized salt prophylaxis of endemic goiter: an experience in Toscana (Italy. Acta Endocrinol 129:497-500. 7. Aghini-Lombardi F, Vitti P, Antonangeli L et al; Southern Italy Study Group for Iodine Deficiency Disorders 2013 The size of the community rather than its geographical location better defines the risk of iodine deficiency: results of an extensive survey in Southern Italy. J Endocrinol Invest 36:282-286. 8. Aghini-Lombardi F, Antonangeli L, Martino E, et al 1999 The spectrum of thyroid disorders in an iodine deficient community: The Pescopagano Survey. J Clin Endocrinol Metab 84:561-566. 9. Aghini-Lombardi F, Fiore E, Tonacchera M et al 2013 The effect of 15 years voluntary iodine prophylaxis through iodized salt in a small rural community: the Pescopagano experience. J Clin Endocrinol Metab 98:1031-1039. 10. Burgi H, Supersaxo Z, Sel B 1990 Iodine deficiency diseases in Switzerland one hundred years after Theodor Kocher’s survey: a hystorical review with some new goitre prevalence data. Acta Endocrinol (Copenh) 123:577-590. 11. WHO, UNICEF, ICCIDD 1994 Indicators for assessing iodine deficiency disorders and their control through salt iodization. Geneva: WHO/NUT/94.6.1994. 12. Vitti P, Martino E, Aghini-Lombardi F et al 1994 Thyroid volume measurement by ultrasound in children as a tool for the assessment of mild iodine deficiency. J Clin Endocrinol Metab 9:600-615. 13. Delange F, Benker G, Caron P et al 1997 Thyroid volume and urinary iodine in European schoolchildren: standardization of values for assessment of iodine deficiency. Eur J Endocrinol 136:180-187. 14. Delange F, Robertson A, McLoughney E, Gerasimov G 1998 Elimination of iodine deficiency disorders in central and eastern Europe, the Commonwealth of Independent States, and the Baltic States. Geneva: WHO, WHO/ Euro/NUT/98.1.1998. 15. WHO, UNICEF, ICCIDD 2001 Assessment of the iodine deficiency disorders and monitoring their elimination. Geneva: WHO, WHO/NHD/01.1.2001. 16. Vitti P, Delange F, Pinchera A, Zimmermann MB, Dunn JT 2003 Europe is iodine deficient. Lancet 361:1226. 17. Iodine deficiency in Europe: National reports on iodine status in West-Central European countries. First symposium of ICCIDD WestCentral Europe. J Endocrinol Invest 2003; 26 (9 Suppl): 1-62. 18. WHO/ICCIDD/UNICEF 2007 Assessment of the iodine deficiency disorders and monitoring their elimination. 2nd edition. Geneva: WHO. 19. WHO. Iodine status worldwide. WHO Global database on iodine deficiency. Geneva 2004 20. Zimmermann MB 2009 Iodine deficiency. Endocr Rev 30:376-408. 21. Timmer A 2012 Iodine nutrition and universal salt iodisation: a landscape analysis in 2012. IDD Newsletter 40:5-9. K e ic BIBLIOGRAFIA 1. Baschieri L, Costa A, Basile A eds 1978 Il Gozzo. Roma: Pozzi Editore. 2. Aghini-Lombardi F, Antonangeli L, Vitti P et al 1993 Status of iodine nutrition in Italy. In: Delange F, Dunn JT, Glinoer D eds. Iodine deficiency in Europe. A continuing concern. New York: Plenum Press; 403. 3. Aghini-Lombardi F Proceedings of the 3rd West-Central Europe Symposium, Istambul, September 2004. 4. Aghini-Lombardi F, Antonangeli L 2007 Controlling iodine deficiency in Italy IDD Newsletter 25:4-5. 5. Fenzi GF, Aghini-Lombardi F, Giusti LF et al 1986 Epidemiological studies on endemic goiter and IDD in Tuscany, Italy. IDD Newsletter 2:8-10. s i t ur Vol. 14, Suppl. al n° 5, ottobre 2013 INTRODUZIONE L’emanazione nel marzo del 2005 della legge n. 55 “Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica” mette a disposizione a livello nazionale un importante strumento legislativo volto a ridurre la frequenza dei disordini derivanti dalla carenza di iodio. La normativa prevede una serie di misure finalizzate a promuovere il consumo di sale arricchito di iodio (30 mg/kg) su tutto il territorio nazionale, quali la presenza obbligatoria di sale iodato nei punti vendita, la fornitura del sale comune soltanto su specifica richiesta dei consumatori, l’uso di sale arricchito di iodio nella ristorazione collettiva e la possibilità di utilizzazione nella preparazione e nella conservazione dei prodotti alimentari. Recentemente il Ministero della Salute ha predisposto una lista di sanzioni a carico di quegli esercenti che non assicurano la disponibilità del sale iodato sia nei punti vendita che nella ristorazione collettiva. Tali provvedimenti saranno varati a breve, non appena sarà terminato l’iter procedurale previsto. A supporto dello strumento legislativo, e coerentemente con le linee guida internazionali (1) che indicano il monitoraggio della iodoprofilassi come strumento necessario per garantirne il successo, l’intesa StatoRegioni del 26 febbraio 2009 ha istituito, presso l’Istituto Superiore di Sanità, l’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI). Questo rappresenta la struttura epidemiologica mediante la quale viene effettuata la sorveglianza del programma nazionale di iodoprofilassi. L’OSNAMI ha il compito di valutare periodicamente l’efficienza e l’efficacia del programma di prevenzione, ma anche di effettuare il monitoraggio dei nuovi casi 1 0 ©2 Monitoraggio della iodoprofilassi in Italia Antonella Olivieri1, Daniela Rotondi1, Paolo Stacchini2, Augusto Pastorelli2, Roberto Raschetti3, Roberto Da Cas3, Carlo Corbetta4, Vera Stoppioni5, Giuseppe Parlato6, Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo* Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze, 2Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, 3Centro Nazionale di Epidemiologia Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma; 4Laboratorio Regionale per lo Screening Neonatale Regione Lombardia, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, Milano; 5Laboratorio Regionale per lo Screening Neonatale Regione Marche, Ospedale S.Croce, Fano; 6Laboratorio Regionale per lo Screening Neonatale Regione Calabria, Università degli Studi “Magna Graecia”, Catanzaro 1 di ipertiroidismo, e di sostenere le campagne di informazione sull’uso di sale iodato presso la popolazione. r t i d K e ic VALUTAZIONE DEGLI INDICATORI DI EFFICIENZA E DI EFFICACIA DELLA IODOPROFILASSI E , 3 EFFICIENZA DELLA IODOPROFILASSI La valutazione dell’efficienza della iodoprofilassi si basa sull’analisi di indicatori che consentono di verificare l’apporto nutrizionale di iodio alla popolazione. Come indicato in Tabella 1, gli indicatori utilizzati a tale scopo sono: il contenuto di iodio nelle confezioni di sale immesse in commercio, i dati di vendita del sale iodato, la determinazione della ioduria in campioni della popolazione in età scolare reclutati in specifiche “aree sentinella” opportunamente individuate. Relativamente alla valutazione del contenuto di iodio nel sale commercializzato, è importante ricordare che, oltre ai controlli di qualità eseguiti a livello di produzione, ad ulteriore tutela della salute dei consumatori è s i t ur operativa sul territorio nazionale una fitta rete di controlli ufficiali delle ASL territoriali che prevedono analisi di campioni di sale per uso alimentare in tutte le Regioni (Figura 1). Le analisi sono finalizzate alla valutazione della conformità alla normativa vigente del contenuto di iodio rilevato nei campioni raccolti sul territorio. La legge, infatti, prevede limiti di tolleranza compresi tra 24 e 42 mg di iodio per kg di sale. Laddove siano riscontrate non conformità alla legge sono previste sanzioni pecuniarie a carico delle industrie produttrici. Anche nell’ambito delle attività di monitoraggio dell’OSNAMI sono previste analisi del contenuto di iodio in campioni di sale per uso alimentare prelevati presso la grande distribuzione. I risultati finora raccolti, che hanno riguardato 163 campionamenti, hanno mostrato un adeguato contenuto di iodio (29,8±2,5 mg/kg). Nella Figura 2 sono riportati i dati di vendita del sale iodato su tutto il territorio nazionale. Grazie alla collaborazione dei principali Corrispondenza: Antonella Olivieri, Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena 299, 00161 Roma. E-mail: [email protected] **Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo: S. Andò (Calabria), M. Bagnasco (Liguria), P. Bellitti (Basilicata), M. Cignarelli (Puglia), E. Consiglio (Campania), M. D’Armiento (Lazio), E. Degli Uberti (Emilia Romagna), G. Doveri (Valle D’Aosta), M. Gasperi (Molise), C. Mian (Veneto e Friuli Venezia Giulia), S. Mariotti (Sardegna), G. Napolitano (Abruzzo), F. Orlandi (Piemonte), G. Radetti (Trentino Alto Adige), C. Regalbuto (Sicilia), F. Santeusanio (Umbria), A. Taccaliti (Marche), M.L. Tanda (Lombardia), M. Tonacchera (Toscana). 14 Monitoraggio della iodoprofilassi Tabella 1 Criteri di valutazione per il monitoraggio della iodoprofilassi e risultati dell’OSNAMI relativi alla situazione attuale. Obiettivi Risultati del monitoraggio 30 µg I/g sale (limiti di tolleranza : 24-42 µg I/ g sale) 90% 29,8±2,5 µg I/g sale Indicatori di efficienza Contenuto di iodio nel sale venduto Percentuale di vendita del sale iodato Valore mediano della ioduria nella popolazione scolare 100-199 µg /l 54% grande distribuzione 23% ristorazione collettiva 7% industria alimentare 98 µg/l Centro-Nord 78 µg/l Sud-Isole Indicatori di efficacia Percentuale di gozzo nella popolazione scolare Percentuale di TSH neonatale >5 µU /ml Incidenza di ipotiroidismo congenito 0-4,9% <3% < 1:2.400 (periodo 2000-2006) 4-10% Centro-Nord 10-15% Sud-Isole 7,2% 1:2.400 TSH: ormone tireotropo. produttori e/o distributori di sale che operano in Italia e che annualmente mettono a disposizione i loro dati, è stato possibile accertare che attualmente il 54% di tutto il sale venduto presso la grande distribuzione è sale iodato, mentre la percentuale di vendita nella ristorazione collettiva non supera il 23%. Questo dato è piuttosto significati- 1 0 ©2 K e ic vo dal momento che la ristorazione collettiva comprende mense scolastiche, mense aziendali, caserme, ecc., e in Italia corrisponde a circa due miliardi di pasti all’anno (2). Ancor più critica è la situazione nell’industria alimentare presso la quale la percentuale di vendita del sale iodato non supera il 7% di tutto il sale venduto. E , 3 r t i d Figura 1 Sistema di monitoraggio e valutazione del processo produttivo del sale iodato. Sale iodato 15 È stata inoltre analizzata la concentrazione urinaria di iodio su campioni estemporanei di urine di bambini in età scolare reclutati dagli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo successivamente all’introduzione della legge n. 55. I dati raccolti negli ultimi tre anni hanno mostrato che i valori mediani di ioduria, rilevati in circa 4.000 bambini residenti in 11 Regioni italiane (Figura 3), sono ancora al di sotto di 100 µg/l (Regioni del Centro-Nord 98 µg/l, Regioni del Sud-Isole 78 µg/l), indicato dal World Health Organization (WHO) quale valore soglia al di sotto del quale la popolazione esaminata viene identificata come iodocarente (1). È importante ricordare che la ioduria rappresenta un indicatore di recente intake di iodio, in quanto circa il 92% dello iodio introdotto con l’alimentazione viene assorbito a livello intestinale e, in soggetti con adeguato apporto iodico, oltre il 90% viene escreto nelle urine nelle 24-48 ore successive (3, 4). Quanto minore è l’apporto nutrizionale di iodio, pertanto, tanto più ridotta sarà la ioduria. Inoltre, data l’ampia variabilità giornaliera del contenuto di iodio urinario, che è fortemente condizionato dall’assunzione di iodio con gli alimenti nelle 24 ore precedenti al campionamento, la ioduria misurata in campioni estemporanei non può essere utilizzata come indicatore di intake di iodio a livello individuale ma solo in ampi studi epidemiologici per i quali il bias dovuto a tale variabilità diventa trascurabile (5). Monitoraggio interno (siti di produzione e/o distribuzione) Adesione a programmi di controllo e assicurazione di qualità da parte di produttori e distributori Monitoraggio esterno (siti di produzione e/o distribuzione) Ispezioni del Ministero della Salute nei complessi industriali di produzione e/o distribuzione Monitoraggio esterno (punti vendita) Controlli ufficiali delle ASL territoriali per la verifica della conformità alla legge del contenuto di iodio rilevato nelle confezioni di sale venduto s i t ur EFFICACIA DELLA IODOPROFILASSI La valutazione degli effetti positivi della iodoprofilassi sulla popolazione, in termini di riduzione delle patologie correlate alla iodocarenza, viene effettuata attraverso l’analisi della prevalenza di gozzo in campioni della popolazione in età scolare reclutati in specifiche “aree sentinella”, dell’andamento nel tempo dei valori di ormone tireotropo (TSH) neonatale, dell’incidenza di ipotiroi- ANTONELLA OLIVIERI, ET AL. Figura 2 Trend temporale delle percentuali di vendita del sale iodato in Italia. I dati si riferiscono alla grande distribuzione e alla ristorazione collettiva. Grande distribuzione Ristorazione collettiva 60 50 54 47 44 Vendita sale iodato (%) Vendita sale iodato (%) 53 43 39 40 60 34 30 20 10 50 40 30 20 14 17 14 23 13 10 Legge 55/2005 0 25 20 Legge 55/2005 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 dismo congenito a livello nazionale (Tabella 1). Un altro importante obiettivo dell’azione di monitorag- 0 K e ic gio dell’OSNAMI è quello di evitare l’esposizione della popolazione ad un eccesso di iodio, che può provo- E , 3 r t i d Figura 3 In rosa sono indicate le 11 regioni italiane che hanno partecipato al monitoraggio della ioduria e della prevalenza del gozzo nella popolazione scolare. 1 0 ©2 s i t ur 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 care un aumento (generalmente transitorio) dell’incidenza di ipertiroidismo e di autoimmunità tiroidea (6, 7). Relativamente a questo punto, l’azione di monitoraggio attualmente è focalizzata sulla sorveglianza dell’ipertiroidismo perché clinicamente più importante. Tale obiettivo è raggiunto attraverso la sorveglianza delle prescrizioni di farmaci anti-tiroidei, quale misura indiretta dei nuovi casi di ipertiroidismo nella popolazione. Per ciò che riguarda la frequenza di gozzo in età scolare, questa è stata stimata sugli stessi bambini per i quali è stata valutata la ioduria, grazie alla collaborazione degli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo. Coerentemente con le indicazioni del WHO (1), che indicano una percentuale di gozzo in età scolare del 4,9% quale valore soglia al di sopra del quale viene indicata una condizione di iodocarenza, i dati raccolti confermano il permanere di un insufficiente apporto nutrizionale di iodio nella popolazione scolare italiana (Regioni del Centro-Nord 4-10%, Regioni del Sud-Isole 1015%). A tale proposito è importante ricordare che la prevalenza di gozzo è un indicatore di intake di iodio a lungo termine poiché, sebbene il 16 Monitoraggio della iodoprofilassi volume tiroideo si riduca all’aumentare dell’intake di iodio, è necessario che i bambini siano nati e cresciuti in condizioni di iodosufficienza perché la prevalenza di gozzo nella popolazione scolare possa raggiungere valori <5,0% (8). L’altro indicatore utilizzato per valutare l’efficienza della iodoprofilassi è il TSH neonatale (1), che in Italia viene determinato in tutti i neonati per l’esecuzione dello screening neonatale dell’ipotiroidismo congenito. I neonati sono più sensibili degli adulti alla carenza di iodio in quanto nella tiroide neonatale è presente un accelerato turn over dello iodio (9, 10). Pertanto, in popolazioni neonatali esposte ad un insufficiente apporto nutrizionale di iodio durante la vita fetale e nei primi giorni di vita, la tiroide viene iperstimolata dal TSH per far fronte all’accelerato turn over dello iodio e per garantire un’adeguata attività secretoria. Di conseguenza il TSH alla nascita risulterà più frequentemente elevato (>3% con valori di TSH >5,0 mU/l) rispetto a quello osservato in popolazioni neonatali esposte ad un adeguato apporto iodico (11). Numerose variabili, quali il metodo di dosaggio, l’età al prelievo, l’età gestazionale, l’utilizzo di disinfettanti iodati, possono influenzare i valori di TSH nei primi giorni di vita (12); è quindi importante tener conto di tali fattori quando si utilizza questo indicatore dello stato nutrizionale di iodio nella popolazione neonatale. L’OSNAMI, grazie alla collaborazione dei Centri di Screening di tre Regioni rappresentative del Nord, Centro e Sud del paese (Lombardia, Marche, Calabria), ha analizzato i dati relativi al TSH dei nati in queste regioni tra il 2004 ed il 2011 (N=600.000). I risultati di questa analisi hanno confermato il permanere in Italia di una frequenza ancora superiore al 3% (6,3% nel 2004; 7,3% nel 2011) di valori di TSH >5,0 mU/l. 1 0 ©2 17 Infine, attraverso i dati dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) analizzati dall’Istituto Superiore di Sanità, è stato possibile monitorare l’andamento delle prescrizioni di metimazolo in Italia. L’analisi ha dimostrato che l’incremento del consumo di metimazolo osservato nel periodo 2006-2011 è significativamente più ridotto rispetto all’incremento rilevato nel periodo 2000-2005 (8,5% vs 23,2%, p=0,01). SOSTEGNO ALLE CAMPAGNE DI INFORMAZIONE L’azione di sostegno alle campagne di informazione presso la popolazione sull’uso di sale iodato viene realizzata attraverso la cooperazione dell’OSNAMI con i medici del territorio e l’aggiornamento costante del sito web www.iss.it/osnami i cui contenuti sono destinati non solo agli addetti ai lavori, ma anche a cittadini comuni che vogliano trovare informazioni semplici su carenza di iodio e iodoprofilassi in Italia. E , 3 r t i d efficace, possa cioè tradursi in una tangibile riduzione della frequenza delle patologie correlate alla iodocarenza con un conseguente risparmio in termini di costi socio-sanitari. BIBLIOGRAFIA 1. World Health Organization 2007 Assessment of iodine deficiency disorders and monitoring their elimination : a guide for programme managers. 3rd ed. Available at: http://www.who.int/ nutrition/publications/micronutrients/iodine_d eficiency/9789241595827/en/. 2. 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J Clin Endocrinol Metab 98:1031-1039. 8. Zimmermann MB, Andersson M 2012 Assessment of iodine nutrition in populations: past, present, and future. Nutr Rev 70:553570. 9. Delange F 1998 Screening for congenital hypothyroidism used as an indicator of the degree of iodine deficiency and of its control. Thyroid 8:1185-1192. 10. Delange F 2007 Iodine requirements during pregnancy, lactation and the neonatal period and indicators of optimal iodine nutrition. Public Health Nutr 10:1571-1580. 11. Zimmermann MB, Aeberli I, Torresani T, Bürgi H 2005 Increasing the iodine concentration in the Swiss iodine salt program markedly improved iodine status in pregnant women and children: a 5-y prospective national study. Am J Clin Nutr 82:388-392. 12. Li M, EastmanCJ 2010 Neonatal TSH screening: is it a sensitive and reliable tool for monitoring iodine status in populations?. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 24:63-75. K e ic CONCLUSIONI Ad otto anni dall’approvazione della legge, i dati dell’OSNAMI indicano che solo la metà del sale per uso alimentare venduto è rappresentato da sale iodato e, in base all’analisi di specifici indicatori biologici, è confermato il persistere in Italia di una condizione di carenza nutrizionale di iodio che, seppure non severa, determina ancora un’alta frequenza di gozzo e di altri disordini correlati. È quindi importante rafforzare l’informazione e la sensibilizzazione della popolazione sui benefici derivanti dall’utilizzo del sale iodato e tenere alta l’attenzione degli operatori del Sistema Sanitario Nazionale, affinché la iodoprofilassi possa essere anche in Italia un programma di prevenzione efficiente ed s i t ur Vol. 14, Suppl. al n° 5, ottobre 2013 INTRODUZIONE Lo iodio è un micronutriente essenziale per la sintesi degli ormoni tiroidei. Un apporto di iodio adeguato con la dieta è fondamentale per assicurare la normale crescita degli organismi animali e dell’uomo (1). Lo iodio è presente nel corpo umano solo in piccole quantità (15-20 mg) e il suo fabbisogno giornaliero è di appena 150 µg/die, ma aumenta in gravidanza e durante l’allattamento. Purtroppo in molti paesi del mondo, tra cui l’Italia, lo iodio è presente in quantità così esigue nel suolo, nelle acque e negli alimenti che il suo fabbisogno minimo giornaliero non è comunque soddisfatto (2, 3). Lo iodio, dopo essere stato ingerito con l’acqua e gli alimenti, viene rapidamente assorbito dall’intestino. Il rene è la via di escrezione principale dello iodio, ma la maggior parte dello iodio presente nel sangue viene attivamente captata dalla tiroide per la sintesi degli ormoni tiroidei [tiroxina (T 4 ) e triiodotironina (T3)]. Quando l’apporto di iodio si riduce, i meccanismi che controllano l’omeostasi degli ormoni tiroidei provocano prima un aumento della captazione tiroidea dello iodio e successivamente un’ipertrofia della ghiandola, che determina la formazione del gozzo. Quando la carenza di iodio è prolungata questi meccanismi di compenso diventano insufficienti e può insorgere un ipotiroidismo da ridotta produzione di ormoni tiroidei. Le conseguenze dell’ipotiroidismo sono tanto più gravi quanto più precoce è la sua comparsa nel corso della vita. Gli ormoni tiroidei esplicano, infatti, un ruolo essenziale nei processi di maturazione di tutti gli organi e apparati. La carenza prolungata di ormoni tiroidei nel feto, nel neonato e nel bambino può causare un ritardo di crescita e danni irreversibili del sistema nervoso centrale. 1 0 ©2 Carenza iodica e gravidanza Lucia Montanelli1, Luca Chiovato2 1 Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa; Unità di Medicina Interna ed Endocrinologia, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Università degli Studi di Pavia 2 EPIDEMIOLOGIA DELLA CARENZA IODICA La carenza iodica e i disordini che da essa derivano (iodine deficiency disorders, IDD) non costituiscono un problema di salute pubblica in Giappone, negli Stati Uniti e in alcuni paesi del Nord Europa dove la dieta è ricca di iodio, o dove da molti anni sono stati adottati programmi di iodioprofilassi. Nel 2011 l’International Council for the Control of Iodine Deficiency Disorders (ICCIDD) ha stimato che quasi due miliardi di individui della popolazione mondiale continuino ad avere un apporto insufficiente di iodio, 1/3 di questi sono bambini in età scolare. In pratica, la carenza iodica rimane un problema di salute pubblica in 32 paesi (4). Fortunatamente, un aggiornamento dei dati epidemiologici al 2013 ha mostrato un incoraggiante aumento del numero dei paesi iodio-sufficienti (5). E , 3 r t i d di gozzo e, in caso di gozzo pre-esistente, ne determina il suo aumento. Quando il grado di carenza iodica è grave, può causare ipotiroidismo nella gestante e associarsi a un’aumentata frequenza di aborto, parto prematuro e mortalità perinatale. Il cretinismo endemico, una condizione morbosa caratterizzata da ritardo mentale grave, rappresenta la conseguenza più temibile della carenza iodica grave in gravidanza e dell’ipotiroidismo materno-fetale. Nel neonato la carenza iodica provoca un ipotiroidismo congenito transitorio; questa disfunzione tiroidea contribuisce allo sviluppo di deficit sia di crescita che mentali, più o meno gravi a seconda della durata dell’ipotiroidismo (7). K e ic CONSEGUENZE DELLA CARENZA IODICA I disordini da carenza iodica comprendono un ampio spettro di condizioni morbose che variano a seconda del momento della vita in cui si verificano (6). I neonati, i bambini e le donne in gravidanza sono più esposti ai danni da carenza iodica in quanto hanno un fabbisogno maggiore di iodio. In gravidanza la carenza iodica lieve o moderata provoca la comparsa s i t ur CARENZA IODICA, FUNZIONE TIROIDEA E GOZZO IN GRAVIDANZA La carenza iodica è la causa principale di alterazioni morfo-funzionali tiroidee nelle donne gravide senza malattie tiroidee preesistenti (8, 9). In gravidanza si assiste ad un aumento fisiologico della clearance renale dello iodio con conseguente maggiore perdita di questo elemento dall’organismo. La perdita di iodio aumenta nella seconda parte della gravidanza poiché una parte del pool inorganico dello iodio materno si sposta nell’unità feto-placentare per alimentare la produzione di ormoni tiroidei nella tiroide fetale. La perdita di iodio Corrispondenza: Lucia Montanelli, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa, Via Paradisa 2, 56124 Pisa. E-mail: [email protected] 18 Carenza iodica e gravidanza 1 0 ©2 80 70 L’associazione tra aumento di volume del collo e gravidanza è nota fin Tabella 1 Indici di iperstimolazione tiroidea in gravidanza. Ipotiroxinemia relativa - FT4 ai limiti inferiori della norma Secrezione preferenziale di T3 - Rapporto T3/T4 elevato Aumento del TSH Aumento della tireoglobulina FT4: tiroxina libera; T3: triiodotironina; T4: tiroxina; TSH: ormone tireotropo. Non gravide Gravide 60 50 40 30 20 10 0 Scozia Area iodio-carente r t i d s i t ur Islanda Area iodio-sufficiente K e ic dall’antichità, già nell’Egitto dei Faraoni questo segno era considerato patognomonico dello stato gravidico. Nel corso degli anni molto studi hanno dimostrato la correlazione tra aumentata prevalenza del gozzo e ridotto apporto iodico (11) nelle donne gravide rispetto a quelle non gravide (Figura 1) e l’aumento progressivo delle dimensioni del gozzo con il progredire della gestazione (12). Nei paesi con apporto iodico sufficiente, come negli Stati Uniti, la prevalenza del gozzo in gravidanza è bassa e non differente da quella osservata nelle donne non gravide (13). A partire dagli anni ’90 l’avvento dell’ecografia ha permesso di misurare con precisione il volume tiroideo. È stato così dimostrato che anche nelle aree iodio-sufficienti il volume della tiroide aumenta del 10-15% durante la gravidanza. Nelle aree a carenza iodica, anche lieve, il volume tiroideo aumenta durante la gravidanza in misura maggiore (16-31%) (8). Studi condotti in Belgio hanno dimostrato che in una popolazione non selezionata di donne gravide il volume tiroideo aumentava in media del 20% (10, 14, 15). Nelle donne con gozzo preesistente alla gravidanza l’aumento di E , 3 EFFETTO GOZZIGENO DELLA GRAVIDANZA 19 Figura 1 Prevalenza di gozzo (ghiandola tiroidea visibile e palpabile) in donne non gravide e gravide residenti in una zona iodiocarente (Scozia) e in una zona a sufficiente apporto iodico (Islanda) negli anni ’60. Dati modificati da (11). Prevalenza di gozzo durante la gravidanza ha uno scarso rilievo funzionale nei paesi con apporto iodico ottimale (superiore a 150-200 µg/die), mentre nei paesi a carenza iodica grave o moderata l’aumento del fabbisogno di iodio durante la gravidanza può precipitare l’ipotiroidismo della madre, soprattutto nella seconda parte della gestazione (6). Nei paesi a carenza iodica lieve (apporto iodico giornaliero tra 50 e 100 µg/die) lo iodio contenuto nell’alimentazione è spesso appena sufficiente per far fronte ai normali fabbisogni dell’adulto. In gravidanza, quando si assiste alle fisiologiche modificazioni dell’economia tiroidea, si manifestano gli effetti del ridotto apporto iodico sia sulla madre sia sul feto e sul neonato. Fin dalle prime fasi della gestazione il ridotto apporto iodico è evidenziato da indici sierologici indicativi di iperstimolazione ghiandolare: ipotiroxinemia relativa [valori di T4 libera (FT4) ai limiti inferiori della norma], secrezione preferenziale di T3 (rapporto T3/T4 elevato) e valori di ormone tireotropo (TSH) e tireoglobulina più alti (Tabella 1) (8-10). L’iperstimolazione tiroidea durante tutta la gravidanza spiega la comparsa di gozzo o l’aumento di volume di un gozzo preesistente nelle gestanti che vivono in aree geografiche con apporto iodico insufficiente (9, 10). volume della tiroide variava dal 17 al 55% (16). Un ulteriore studio belga ha mostrato che, mentre molti parametri di funzione tiroidea si normalizzavano 6 mesi dopo il parto (14), il 40-50% delle donne mostrava ancora un gozzo di modeste dimensioni e la persistenza del rapporto T3/T4 elevato e della tireoglobulina sierica alta. Questi dati indicano che l’aumento del volume tiroideo durante la gravidanza è solo parzialmente reversibile dopo il parto e dimostrano che l’apporto iodico deve essere aumentato non solo in gravidanza, ma anche nel post partum, soprattutto nelle donne che allattano. L’effetto gozzigeno della gravidanza è ancora più evidente nelle Tabella 2 Effetto della gravidanza sulla funzione e sulla morfologia tiroidea in donne affette da gozzo diffuso o nodulare preesistente alla gestazione. Modificata da (16). ↑ Tireoglobulina sierica ↑ Dimensioni del gozzo ↑ Tendenza all’autonomia funzionale ↑ Numero e dimensioni dei noduli tiroidei LUCIA MONTANELLI, ET AL. donne gravide già affette da gozzo diffuso e nodulare prima della gravidanza (Tabella 2) (7, 16). TERAPIA DEL GOZZO NON TOSSICO IN GRAVIDANZA Nei paesi iodio-insufficienti la maggior parte delle tireopatie gravidiche è rappresentata da gozzi non tossici diffusi o nodulari. In questa condizione la terapia con L-tiroxina non è controindicata poiché l’ormone attraversa la barriera placentare solo in minima quantità e non influenza lo stato tiroideo dei feti normali e, d’altra parte, può ridurre le dimensioni del gozzo nella madre o almeno prevenirne l’aumento ulteriore. Uno studio del 1995 evidenziava l’efficacia della supplementazione iodica sul volume tiroideo e della supplementazione iodica associata a L-tiroxina rispetto a un gruppo di donne gravide trattate con placebo (17) (Tabella 3). La L-tiroxina deve essere somministrata a dosi capaci di sopprimere, almeno parzialmente, la secrezione del TSH. Prima di iniziare la terapia è opportuno effettuare un dosaggio degli ormoni tiroidei liberi e del TSH per verificare lo stato di eutiroidismo della madre. Nei primi mesi di gravidanza la presenza di elevati valori di gonadotropina corionica umana (hCG) può stimolare la funzione tiroidea per cui si deve adottare una certa cautela nella scelta della dose iniziale di L-tiroxina, che dovrà essere inferiore a quella (1,5-1,8 µg/kg/die) consigliata nel gozzo al di fuori della gravidanza. La terapia con L-tiroxina in gravidanza richiede controlli, almeno trimestrali, di TSH, FT4 e FT3 al fine di aggiustare la dose in base ai cambiamenti del fabbisogno dell’ormone tiroideo. La terapia non è controindicata e deve essere continuata anche nel post partum durante l’allattamento. CARENZA IODICA E FUNZIONE TIROIDEA FETALE E NEONATALE Nelle aree a carenza iodica il feto e il neonato hanno un rischio molto più elevato di sviluppare ipotiroidismo rispetto a tutte le altre fasce di età (6). Sebbene la funzione tiroidea della madre e del feto siano regolate in maniera autonoma, non sono indipendenti. La funzione tiroidea del feto dipende totalmente dallo iodio proveniente dal circolo materno attraverso la placenta. L’apporto iodico materno è molto importante anche nei neonati allattati al seno; lo iodio è concentrato attivamente dalla mammella per cui nel latte sono presenti quantità rilevanti di questo elemento. La carenza iodica della madre durante la gravidanza, pertanto, si può ripercuotere sul feto e sul neonato e, a seconda del deficit di iodio, può provocare gozzo neonatale, ipotiroidismo neonatale transitorio e/o deficit dello sviluppo intellettivo di gravità variabile fino al cretinismo endemico (7). E , 3 1 © 20 r t i d K e ic METABOLISMO DELLO IODIO NEL NEONATO Il contenuto di iodio nella tiroide fetale varia a seconda dell’età gesta- Tabella 3 Effetto della gravidanza sul volume tiroideo (VT) in 3 gruppi di donne senza gozzo trattate con placebo (gruppo A), iodio (gruppo B) e iodio + L-tiroxina (gruppo C) e sui loro neonati. Modificata da (17). Gruppo VT iniziale (ml) Incremento del VT al parto (%) VT dei neonati (ml) A 13,3±0,7 +30 (20-37) 1,05±0,05 B 13,5±0,7 +15 (4-27) p 0,05* 0,76±0,05 p 0,0001* C 13,0±0,6 +8 (3-13) p 0,05* 0,75±0,05 p 0,0001* *p statisticamente significativa verso gruppo A. zionale: è molto basso durante le prime fasi di sviluppo fetale, aumenta rapidamente dopo la 15a settimana di gestazione, quando la tiroide comincia a captare attivamente lo iodio, e raggiunge un plateau nei neonati a termine (18). Tuttavia, il contenuto totale di iodio nella tiroide dei neonati a termine dipende dall’apporto alimentare di questo elemento nella popolazione. In condizioni di carenza iodica alcuni neonati, in particolare quelli pretermine che hanno un contenuto di iodio intratiroideo minore, hanno difficoltà a far fronte alla produzione giornaliera di T4. Questa difficoltà si traduce, a seconda del grado di carenza iodica, in un aumento di dimensioni della tiroide, in una ipertireotropinemia transitoria associata a T4 sierica normale o in un ipotiroidismo neonatale transitorio (6); la carenza iodica, inoltre, provoca una maggiore frequenza di valori borderline elevati di TSH neonatale. s i t ur GOZZO NEONATALE In presenza di carenza iodica lieve, come in molti paesi europei, per mantenere una tiroxinemia normale in presenza di depositi intratiroidei di iodio ridotti è necessaria una iperstimolazione della tiroide neonatale, che si traduce in un aumento del TSH e della tireoglobulina circolanti, e in un aumento del volume tiroideo (17, 19). In altre parole, un apporto iodico anche solo lievemente ridotto in gravidanza comporta la comparsa di gozzo sia nella madre sia nel neonato (17) (Tabella 3). Glinoer e coll. mostravano come il volume tiroideo dei neonati nati da madri non trattate durante la gestazione fosse significativamente maggiore rispetto a quello dei neonati nati da madri trattate con iodio e/o iodio associato a Ltiroxina (Tabella 3) (17). La supplementazione con iodio durante la gravidanza (250 µg/die) (20) provoca una marcata riduzione dei valori di tireoglobulina sierica alla nascita e la normalizzazione del volume tiroideo nel neonato (7, 8) (Tabella 3). In pratica, un’adeguata supplementazione iodica 20 Carenza iodica e gravidanza in gravidanza contrasta, nei paesi iodio-carenti, i processi che portano allo sviluppo di gozzo. IPOTIROIDISMO NEONATALE TRANSITORIO Nelle popolazioni esposte a grave carenza iodica si assiste alla comparsa di ipotiroidismo transitorio nel 7,513,3% dei neonati. La frequenza dell’ipotiroidismo neonatale transitorio è correlata al grado di deficit alimentare di iodio e alla prevalenza dei disordini da carenza iodica della popolazione adulta. La somministrazione di iodio alle madri durante la gravidanza previene il deficit tiroideo neonatale. Studi condotti in Europa negli anni ’80-’90 hanno mostrato che nelle popolazioni esposte a deficit di iodio moderato o lieve l’incidenza dell’ipotiroidismo neonatale transitorio era fino a 6 volte superiore a quella delle popolazioni degli Stati Uniti (21, 22). Nei neonati, una ioduria bassa era inversamente correlata a valori più elevati di TSH. In Toscana, negli anni 1990-1992, i valori del TSH rilevati allo screening neonatale erano significativamente più elevati in Garfagnana, zona iodio-carente, rispetto a Livorno, zona iodio-sufficiente (23). giornaliero di iodio variabile con la fascia di età previene la comparsa di gozzo nelle nuove generazioni. Alcuni studi hanno stabilito la quantità di iodio necessaria in base alle differenti età e alle condizione fisiologiche (3, 7, 20). Moleti e coll. hanno inoltre dimostrato un significativo miglioramento della funzione tiroidea nelle donne trattate con supplementazione iodica a lungo termine (2 anni prima della gravidanza) rispetto a quelle trattate con iodio all’inizio della gravidanza (24) con conseguenti benefici sullo sviluppo della progenie. 1. Zimmermann MB Iodine deficiency and endemic cretinism. In: Braverman LE, CooperDS EDS. Werner and Ingbar’s The Thyroid: a fundamental and clinical text. 10th ed. Philadelphia: Lippincott Williams and Wilkins; 217-241. 2. Hetzel BS 1989 The story of iodine deficiency. Oxford: Oxford University. 3. International Council for Control of Iodine Deficiency Disorders 2008. UNICEF Report 2008. IDD Neswletter 30, no. 4. 4. Andersson M, Karumbunathan V, Zimmermann MB 2012 Global iodine status in 2011 and trends over the past decade. J Nutr 2012; 142:744-750. 5. Pearce EN, Andersson MA, Zimmermann MB 2013 Global iodine nutrition: where do we stand in 2013?. Thyroid 23:523-528. 6. Delange F 1994 The disorders induced by iodine deficiency. Thyroid 4:107-128. 7. Zimmermann MB 2012 The effect of iodine deficiency in pregnancy and infancy. Paedriatric and Perinatal Epidemiology 26 (Suppl 1):108117. 8. Glinoer D 1994 The thyroid gland and pregnancy: iodine restriction and goitrogenesis revealed. Thyroid Int 5:1-16. 9. Glinoer D 2004. The regulation of thyroid function during normal pregnancy: importance of the iodine nutrition status. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 18:133-152. 10. Glinoer D, De Nayer P, Bourdoux P et al E , 3 1 © 20 CORREZIONE DELLA CARENZA IODICA È stato ampiamente documentato che la correzione della carenza iodica può prevenire il gozzo endemico e gli altri disordini da carenza iodica, compresi quelli che si verificano durante la gravidanza e nel periodo neonatale. È stato dimostrato che un apporto 21 12. 13. 14. 15. 16. BIBLIOGRAFIA r t i d 11. 17. 1990 Regulation of maternal thyroid during pregnancy. J Clin Endocrinol Metab 71:276-287. Crooks J, Tulloch MI, Turnbull AC, Davidsson D, Skulason T, Snaedel G 1967 Comparative incidence of goiter in pregnancy in Iceland and Scotland. Lancet 2: 625-627. Bauch K, Meng W, Ulrich FE et al 1986 Thyroid status during pregnancy and post partum in regions of iodine deficiency and endemic goiter. Endocrinol Exp. 20:67-77. Levy RP, Newman DM, Rejali LS, Barford DA 1980 The myth of goiter in pregnancy. Am J Obstet Gynecol 137:701-703. Glinoer D, Lemone M, Bourdoux P et al 1992 Partial reversibility during late postpartum of thyroid abnormalities associated with pregnancy. J Clin Endocrinol Metab 74:453-457. Glinoer D, Lemone M 1992. Goiter and pregnancy: a new insight into an old problem. Thyroid 2:65-70. Glinoer D, Fernandez Soto M, Bourdoux P et al 1991. Pregnancy in patients with mild thyroid abnormalities: maternal and neonatal repercussions. J Clin Endocrinol Metab 73:421-427. Glinoer D, De Nayer P, Delange F et al 1995 A randomized trial for the treatment of mild iodine deficiency during pregnancy: maternal and neonatat effects. J Clin Endocrinol Metab 80:258-269. Delange F, Bourdoux P, Laurance M, Peneva L, Walfish P, Willgerodt H 1993 Neonatal thyroid function in iodine deficiency. In: Delange F, Dunn J, Glinoer D eds. Iodine deficiency in Europe. New York: Plenum Press; 199. Glinoer D 1996 Maternal and neonatal thyroid function in mild iodine deficiency. In: Nauman J, Glinoer D, Braverman LE, Hostalek U eds. The thyroid and iodine. Stuttgart: Schattauer; 129. World Health Organisation (WHO) 2007 Assessment of Iodine Deficiency Disorders and Monitoring their Elimination. 2nd ed. Geneva: World Health Organisation. Burrow GN, Dussault JH 1980 Neonatal thyroid screening. New York: Raven Press. Zimmermann MB 2009. Iodine deficiency. Endocr Rev 30:376-408. Chiovato L, Lapi P, Santini F et al 1994 Ipotiroidismo neonatale transitorio e carenza iodica. Ann Ist Super Sanità 30:309. Moleti M, Lo presti VP, Campolo MC et al 2008 Iodine prophylaxis using iodized salt and risk of maternal thyroid failure in conditions of mild iodine deficiency. J Clin Endocrinol Metab 93:2616-2621. K e ic 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. s i t ur Vol. 14, Suppl. al n° 5, ottobre 2013 INTRODUZIONE Nonostante i notevoli progressi compiuti negli ultimi 20-30 anni grazie alla implementazione di programmi di iodoprofilassi, la carenza iodica rappresenta ancora oggi la più importante causa di danno neurologico prevenibile. Secondo le più recenti stime fornite dalla World Health Organization (WHO) e dall’International Council for the Control of Iodine Deficiency Disorders (ICCIDD), l’apporto nutrizionale di iodio risulta ancora inadeguato in circa 30 degli oltre 150 paesi nel mondo di cui si dispone di dati nazionali/subnazionali (1). Tale valutazione, basata sulla determinazione dell’escrezione urinaria di iodio (EUI) in bambini e ragazzi in età scolare, è verosimilmente sottostimata, e probabilmente destinata ad attestarsi su valori più alti quando si disporrà dei risultati, ancora limitati e frammentari relativi alle singole fasce di popolazione (neonati, bambini, adolescenti, adulti, donne in età fertile, donne in gravidanza). Questo problema è stato oggetto di specifica valutazione da parte di un gruppo di ricerca nordamericano, che ha dimostrato come, all’interno di una medesima popolazione, lo stato di nutrizione iodica sia tutt’altro che omogeneo: a fronte, infatti, di uno stato di assoluta iodosufficienza documentato nei bambini di 6-11 anni (mediana EUI 213 µg/l), nella sottopopolazione delle donne in gravidanza l’apporto nutrizionale di iodio risultava assolutamente subottimale (mediana EUI 129 µg/l) (2). Tale discrepanza, oltre a sottolineare l’inadeguatezza delle valutazioni epidemiologiche basate su dati non stratificati, rende ragione della progressiva evoluzione dello spettro dei disordini da carenza iodica. L’attenzione è, infatti, oggi pressoché esclusivamente focalizzata su quelle che, per severità ed irreversibilità, sono a diritto considerate le principali conseguenze del 1 0 ©2 Carenza iodica e sviluppo intellettivo Francesco Vermiglio, Mariacarla Moleti, Francesco Trimarchi Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Messina deficit nutrizionale di iodio, patogeneticamente correlate all’esposizione alla carenza del micronutriente durante la vita intrauterina. FABBISOGNO IODICO IN GRAVIDANZA E CONSEGUENZE DELLA IODOCARENZA SULLA FUNZIONE TIROIDEA MATERNA E FETALE K e ic Come è noto, il fabbisogno iodico non è costante nelle varie epoche della vita, andando da un minimo di 90-130 µg/die nel lattante ad un massimo di 250-300 µg/die nella gestante e nel puerperio (3). L’esigenza di una maggiore disponibilità di iodio durante la gravidanza è fisiologicamente correlata ad almeno quattro ordini di fattori: - aumento del 50% e più della produzione di ormone tiroideo materno; - aumento della clearance renale dello iodio; - desiodazione placentare delle iodotironine materne; - trasferimento diretto di iodio inorganico all’unità feto-placentare. Tutti gli eventi sopra citati concorrono al progressivo depauperamento del pool iodico materno che, se non adeguatamente precostituito e/o reintegrato durante la gravidanza, può, più o meno rapidamente, diventare insufficiente a soddisfare le esigenze funzionali della madre e del feto. In condizioni di restrizione iodica, la tiroide materna va rapidamente incontro ad una serie di modificazio- E , 3 r t i d ni adattative, in massima parte indipendenti dall’ormone tireotropo (TSH), nel loro insieme finalizzate a garantire una adeguata produzione giornaliera di ormone tiroideo. Tali modificazioni sono principalmente rappresentate da incremento della vascolarizzazione ghiandolare e della captazione dello iodio, aumento in altezza delle cellule follicolari e, non ultimo, secrezione preferenziale di triiodotironina (T3 ) rispetto alla tiroxina (T4). Quest’ultimo evento si traduce in una riduzione più o meno marcata delle concentrazioni plasmatiche di T4, laddove quelle della T3 si mantengono su livelli normali, o persino aumentati, e tali sia da garantire adeguate concentrazioni intracellulari dell’ormone (eutiroidismo tissutale), sia da prevenire l’incremento soprafisiologico del TSH. Tale condizione, caratterizzata da bassi livelli di T4 libera ma normali concentrazioni di TSH, è indicata in letteratura come ipotiroxinemia isolata, ed è espressione di un compenso funzionale tiroideo alla inadeguata disponibilità di substrato per la biosintesi ormonale. In condizioni di esaltata richiesta funzionale, come quella osservata durante la gravidanza, se la condizione di iodocarenza non viene opportunamente corretta, il meccanismo adattativo di secrezione preferenziale della T3 è destinato progressivamente a fallire, per esaurimento dei depositi intratiroidei di iodio, e conseguente evoluzione biochimica e clinica verso l’ipotiroidismo conclamato. È da notare, tuttavia, che i meccanismi di auto- s i t ur Corrispondenza: Francesco Vermiglio, Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario “G. Martino”, Via Consolare Valeria 1, 98125 Messina. E-mail: [email protected] 22 Carenza iodica e sviluppo intellettivo regolazione tiroidea sopra descritti valgono solo per la tiroide della madre ma non per quella del feto, dal momento che diventano operativi soltanto in epoca post-natale. Ne consegue che, nelle condizioni di insufficiente apporto iodico, mentre la madre è esposta al rischio di ipotiroxinemia isolata, il feto è potenzialmente esposto al rischio di insufficienza funzionale tiroidea conclamata, le cui conseguenze sono tanto più gravi quanto più precocemente tale situazione si stabilisce (4). Figura 1 Rappresentazione schematica delle fasi di sviluppo del sistema nervoso centrale del feto in relazione con il contributo tiroideo tiroideo materno e fetale. T4: tiroxina; TSH: ormone tireo-stimolante; TRs: recettori per gli ormoni tiroidei. Modificata da (6). 1° Trimestre 2° Trimestre 14/40 3° Trimestre 28/40 Post-natale Termine 6/12 Proliferazione neuronale Inizio della migrazione neuronale Corteccia Ippocampo Coclea RUOLO DEGLI ORMONI TIROIDEI SULLO SVILUPPO DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE FETALE Gli ormoni tiroidei sono essenziali per lo sviluppo del sistema nervoso centrale fetale (SNCf). A seconda della severità, della durata e dell’epoca di esposizione alla carenza iodica durante le 40 settimane di gestazione, la compromissione della funzionalità tiroidea materna e/o fetale può indurre danni di entità variabile a carico del SNCf, che esitano in fenotipi estremamente eterogenei: dal cretinismo endemico, che rappresenta la forma più severa di compromissione dello sviluppo cerebrale, ai cosiddetti “disordini neurologici minori” (5), caratterizzati da deficit cognitivo-intellettivi meno gravi e variamente associati a disturbi percettivo-motori (Tabella 1). ©2 01 Cervelletto s i t ur Mielinizzazione Proliferazione delle cellule gliali K e ic Formazione delle sinapsi Migrazione/Arborizzazione di assoni e dendriti 0 0 0 Livelli di T4 (pmol/l) E , 3 r t i d Materni Materni+Fetali Espressione dei TRs Apo-TRs TRs occupati Formazione della ghiandola tiroidea D3 Neonatali Produzione degli ormoni tiroidei TSH fetale 1° Trimestre D2 2° Trimestre 14/40 3° Trimestre 28/40 Post-natale Termine 6/12 Tabella 1 Disordini neuromotori e intelletivi in nati da madri residenti in aree di carenza iodica lieve e moderata. Modificata da (5). Regione Test Risultati principali Spagna Adattati localmente: Bayley, McCarthy, Cattell Basso sviluppo psicomotorio e mentale Bleichrodt, 1989 Italia (Sicilia) Bender-Gestalt Bassa capacità integrativa percettiva e anomalie neuromuscolari e neurosensoriali Vermiglio, 1990 Italia (Toscana) Wechsler, Raven Livelli inferiori di QI verbale, percezione, attenzione e funzioni motorie Fenzi, 1990 Italia (Toscana) Tempo di reazione WISC Velocità inferiore di risposta motoria agli stimoli visivi Vitti, 1992; Aghini-Lombardi, 1995 India Verbale, test di apprendimento figurati, test di motivazione Capacità inferiore di apprendimento Tiwari, 1996 Iran Bender-Gestalt, Raven Ritardo nello sviluppo psicomotorio Azizi, 1993 23 Primo autore, data FRANCESCO VERMIGLIO, ET AL. Lo sviluppo del SNCf si articola in tre fasi successive (6). La prima coincide con un momento molto precoce della gestazione, ancor prima dell’inizio della sintesi degli ormoni tiroidei fetali. In questa fase, che si realizza quindi sotto il controllo esclusivo degli ormoni tiroidei materni, i neuroni proliferano e migrano nella corteccia cerebrale, nell’ippocampo e nell’eminenza mediana. Nella seconda fase, che va dall’inizio della funzione tiroidea fetale (12a-13a settimana) fino al termine della gravidanza, si completano la neurogenesi e la migrazione neuronale, lo sviluppo assonale, l’arborizzazione dendritica, la sinaptogenesi, la differenziazione e migrazione della glia e l’inizio della mielinizzazione. Tali eventi si realizzano sotto il controllo degli ormoni tiroidei materni e degli ormoni tiroidei del feto. La terza fase, infine, quella che si compie dopo la nascita e termina intorno al primo anno di vita, è sotto il controllo esclusivo degli ormoni di origine neonatale (Figura 1). Numerosi studi sperimentali sul ratto hanno dimostrato come l’insufficienza funzionale tiroidea materna e fetale provochi profonde alterazioni della proliferazione, migrazione e maturazione neuronale, e dei meccanismi di mielinogenesi, sinaptogenesi e di regolazione della neurotrasmissione (4). La T4 attraversa la barriera ematoencefalica grazie allo specifico trasportatore degli ormoni tiroidei OATP1c1, ampiamente espresso dalle cellule endoteliali di tutto il SNCf. La T4, inoltre, raggiunge il liquido cerebrospinale attraverso il plesso corioideo, che esprime, oltre all’OATP1c1, anche l’MCT8, che promuove il trasporto dell’ormone nei taniciti ependimali che rivestono il terzo ventricolo. Una volta all’interno del SNCf, la T4 viene trasferita negli astrociti, dove viene successivamente convertita in T3 dalla desiodasi di tipo 2 (D2), il cui pattern di espressione è quantitativamente e cronologicamente differente nelle varie aree cerebrali. La T3 generata negli astrociti viene quindi trasferita con meccanismo non anco- 1 0 ©2 ra conosciuto all’esterno della cellula e trasportata successivamente dall’MCT8 all’interno del neurone, che, possedendo il corredo recettoriale nucleare specifico per la T3, costituisce il vero bersaglio dell’azione ormonale (6) (Figura 2). Il neurone rappresenta anche la sede di metabolizzazione della T3 da parte della desiodasi di tipo 3 (D3), la cui espressione spaziale e temporale, analogamente a quella della D2, è ontogeneticamente regolata per modulare la biodisponibilità locale di ormone in relazione al programma differenziativo delle diverse aree cerebrali (7). Differenti isoforme dei recettori per gli ormoni tiroidei (TRs) sono espresse a livello della corteccia cerebrale embrionale sin dalla 9a settimana, e la loro espressione aumenta di circa 10 volte da tale epoca e fino alla 18a settimana. Tali recettori vennero originariamente identificati da Bernal, che E , 3 r t i d dimostrò anche come l’occupazione recettoriale da parte della T3 fosse dell’ordine del 25-30% alla 18a-20a settimana, con ciò dimostrando come gli effetti biologici dell’ormone si espletassero già durante il primo trimestre della gravidanza umana (8, 9). In epoca successiva, il pattern ontogenetico umano di diverse isoforme del gene del TR è stato delucidato da altri autori. Iskaros e coll. hanno descritto l’espressione delle isoforme TRβ1, TRα1 e c-erbA1α2 in campioni cerebrali umani di sole 8 settimane, con una predominanza dell’isoforma TR1α1, la cui espressione aumenta molto rapidamente fino alla 14a settimana (10). Oltre agli effetti genomici della T3, la T4 e la rT3 regolano la polimerizzazione dell’actina, evento determinante per la migrazione neuronale. Gli effetti actina-correlati comprendono lo sviluppo di neuriti K e ic s i t ur Figura 2 Trasporto, internalizzazione e metabolismo degli ormoni tiroidei a livello del sistema nervoso centrale del feto. Si veda il testo per le abbreviazioni. Modificata da (6). T4 OATP1c1 T4 T3 nel sangue Endotelio OATP1c1 ? T4 T4 T3 D2 CP MCT8 Astrocita T3 ? T3 TR Neurone T4 T4 MCT8 D2 Astrocita T3 T3 MCT8 T3 D3 T2 CSF T3 Tanicita 24 Carenza iodica e sviluppo intellettivo e l’adesione delle cellule a substrati contenenti laminina. Un’isoforma troncata del TRα1 media, a livello citoplasmatico, l’azione dell’ormone tiroideo sul citoscheletro (11). Studi sperimentali sistematici condotti negli ultimi 30 anni dal gruppo di Gabriella Morreale de Escobar hanno inoltre dimostrato che: a) la biodisponibilità di T3 per la neuroembriogenesi è funzione delle concentrazioni di T4 di origine materna nel primo trimestre e materno/fetale a partire dal secondo trimestre di gravidanza (12); b) le concentrazioni di T4 nei liquidi fetali (liquido amniotico, extracelomatico, circolazione fetale) in una fase precedente l’inizio della funzione tiroidea fetale sono tali da risultare biologicamente rilevanti (13); c) l’ipotiroxinemia materna durante le prime fasi dello sviluppo cerebrale (primo trimestre di gravidanza), qualunque ne sia la causa (inadeguato apporto nutrizionale di iodio o patologia autoimmune), può indurre sovvertimento della citoarchitettura della corteccia cerebrale per profonde alterazioni dei meccanismi di migrazione neuronale (14). Analoghe alterazioni citoarchitetturali della corteccia sono state descritte nell’uomo, e caratteristicamente associate ad autismo. Quest’ultima condizione è stata recentemente messa in relazione con l’ipotiroxinemia materna severa in epoca gestazionale precoce (15). In sintesi, la T3 è necessaria per lo sviluppo della corteccia cerebrale durante la prima metà della gravidanza, quando la T4 materna costituisce il solo substrato disponibile per la desiodazione ad ormone biologicamente attivo. Altrettanto importante è il ruolo svolto dalla D2 e dalla D3 nel determinare la biodisponibilità locale della T3 durante la vita fetale; nell’insieme, l’attività delle due desiodasi è modulata, nelle varie fasi dello sviluppo cerebrale, per garantire sufficienti concentrazioni di T3 a partire dalla T4 ma, al tempo stesso, per proteggere differenti aree cerebrali da una concentrazione eccessiva (o intempestiva) di T3, finché l’attività di tale ormone non sia richiesta per la differenziazione tissutale. 1 0 ©2 25 CONSEGUENZE DELLA IODOCARENZA SULLO SVILUPPO NEUROINTELLETTIVO L’ipotesi che la gravità del danno neuropsicomotorio sia correlata con la severità e la durata della carenza iodica deriva da due principali considerazioni: a) nelle regioni del mondo in cui sono stati introdotti programmi di profilassi iodica e laddove l’apporto nutrizionale di iodio è migliorato a seguito della progressiva urbanizzazione e della implementazione della grande distribuzione alimentare (profilassi iodica silente), il cretinismo endemico è completamente scomparso; b) nelle aree caratterizzate da carenza iodica moderato-lieve vengono descritti esclusivamente disordini neurologici minori, espressione, questi ultimi, di alterazioni più sottili dello sviluppo del SNCf. L’attenuazione del fenotipo neurologico correlata con il miglioramento dello stato di nutrizione iodica è stata documentata dal nostro gruppo di ricerca in una serie di studi condotti in un’area della Sicilia Nord-Orientale. Nell’arco temporale di circa 30 anni, parallelamente alla progressiva scomparsa in questi territori del cretinismo endemico, si è assistito all’individuazione di un fenotipo neurologico meno severo, ma certamente più subdolo perché non immediatamente percepibile, diffuso a larghi strati della popolazione scolare e per questo definito deficit cognitivo endemico (ECD). Tale condizione, caratterizzata da alterazione delle capacità visive, percettivo-motorie e integrative, veniva riscontrata nel 14% dei bambini in età scolare residenti nell’area iodocarente contro il 3,5% della popolazione di controllo. I bambini affetti, peraltro considerati assolutamente normali da genitori, insegnanti e medici di famiglia, presentavano, inoltre, difetti neurosensoriali e muscolari e un quoziente intellettivo (QI) <90 nel 95% di essi (16). L’evidenza che questi bambini, tanto alla nascita quanto al momento della valutazione, fossero perfettamente eutiroidei suggerì l’ipotesi che il danno neurologico del E , 3 r t i d bambino fosse il risultato di una insufficienza funzionale della tiroide materna secondaria alla carenza iodica. Tale ipotesi è stata oggetto di uno studio prospettico successivo dal quale emerse come circa il 70% dei bambini nati da madri iodocarenti (la cui funzione tiroidea era stata monitorata nella prima metà della gravidanza) risultasse affetto da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) e come esistesse una correlazione significativa tra livelli di tiroxinemia materna e QI dei bambini. Quest’ultimo risultava 11 punti più basso nei bambini con ADHD rispetto a quelli non affetti e ben 22 punti più basso rispetto ai bambini del gruppo di controllo iodosufficienti. L’evidenza che quasi il 90% delle madri con ipotiroxinemia isolata avesse generato bambini affetti da ADHD fornisce per la prima volta la prova dell’esistenza di una relazione diretta tra deficit funzionale tiroideo materno (anche lieve) da iodocarenza lieve-moderata e danno neurologico nei nati (17). Gli effetti dell’esposizione a vari gradi di deficit nutrizionale di iodio e della iodosupplementazione in gravidanza sullo sviluppo intellettivo di bambini di età ≤5 anni sono stati oggetto di una metanalisi di recentissima pubblicazione, nella quale sono analizzati i risultati di 10 studi d’intervento e di 14 studi osservazionali pubblicati tra il 1980 ed il 2011. I risultati di tali studi dimostrano come il QI nei nati da madri rese iodosufficienti prima e/o durante la gravidanza sia più alto, mediamente, di 7-8 punti rispetto a quello dei nati da madri persistentemente iodocarenti. Il dato forse più interessante che emerge da questa metanalisi è, tuttavia, quello relativo all’efficacia della supplementazione iodica in relazione con l’epoca in cui la stessa viene intrapresa. Complessivamente, emerge come la precocità dell’intervento di iodoprofilassi (pre-gestazionale o gestazionale precoce) sia associata ad un effetto massimale in termini di “guadagno” sul QI, laddove l’efficacia non appare significativa quando K e ic s i t ur FRANCESCO VERMIGLIO, ET AL. Figura 3 Outcome neurocognitivo in nati da madri con diverso apporto nutrizionale di iodio nel 1° trimestre di gravidanza (19). 6. 7. 113 QI totale QI verbale 110 107 104 p=0,002 <50 50-100 150 Accuratezza nella lettura 108 107 106 105 104 103 102 101 p=0,06 <50 50-100 150 Rapporto iodio/creatinina (µg/g) materno nel primo trimestre © 20 , 3 1 la correzione della iodocarenza venga effettuata in epoca gestazionale più tardiva (18). Tali risultati appaiono sostanzialmente in linea con quelli di un ulteriore studio (19), non compreso nella citata metanalisi perché di pubblicazione immediatamente successiva, che, in aggiunta, dimostra come il rischio di compromissione dell’outcome cognitivo non sia confinato ai nati da madri con più severa iodocarenza (EUI <50 µg/l) ma sia presente anche nei nati da madri lievemente/moderatamente iodocarenti (EUI 50-150 µg/l) e come il QI totale dei bambini sia direttamente correlato con lo stato di nutrizione iodica delle loro madri nel primo trimestre di gravidanza (Figura 3). Quest’ultimo studio, condotto su una popolazione di gravide del Regno Unito, paese tradizionalmente considerato iodosufficiente, pone ulteriormente Comprensione nella lettura 101 110 109 108 107 106 105 104 103 102 101 8. 9. p=0,04 <50 50-100 150 10. 104 103 102 11. 101 100 K e ic 12. 99 98 97 Ed itr hypothyroxinemia on the progeny. Thyroid 10:871-887. 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Lancet 382:331-337. p=0,04 <50 50-100 150 Rapporto iodio/creatinina (µg/g) materno nel primo trimestre 13. 14. l’accento sulla necessità di attuazione di sistematiche verifiche territoriali dello stato di nutrizione iodica, con particolare enfasi a quelle fasce di popolazione maggiormente vulnerabili, come le donne in età fertile e le gestanti. 15. 16. BIBLIOGRAFIA 1. Pearce EN, Andersson M, Zimmermann MB 2013 Global iodine nutrition: where do we stand in 2013?. Thyroid 23:523-528. 2. Caldwell KL, PanY, Mortensen ME, Makhmudov A , Merrill L, Moye J 2013 Iodine status in pregnant women in the National Children’s Study and in U.S. women (15-44 years), NHANES 2005-2010. Thyroid 23:927937. 3. Zimmermann MB 2009 Iodine deficiency. Endocr Rev 30:376-408. 4. Morreale de Escobar G, Obregon MJ, Escobar del Rey F 2004 Role of thyroid hormone during early brain development. Eur J Endocrinol 151 (Suppl 3):U25-U37. 5. Glinoer D, Delange F 2000 The potential repercussions of maternal, fetal, and neonatal 17. 18. 19. s i t ur 26 Vol. 14, Suppl. al n° 5, ottobre 2013 INTRODUZIONE Con il termine di gozzo non tossico si indica un aumento di volume della tiroide non riferibile a processi flogistici o neoplastici e non associato ad ipertiroidismo o ipotiroidismo. Il gozzo non tossico può essere endemico, sporadico e familiare. Queste forme sono indistinguibili sul piano clinico e anatomo-patologico e differiscono per il diverso peso svolto da fattori ambientali e genetici nella loro patogenesi. Il gozzo si definisce endemico quando è presente in più del 5% della popolazione giovanile di un’area geografica ed è dovuto ad un insufficiente apporto alimentare di iodio. Il gozzo sporadico si manifesta in soggetti residenti in aree a sufficiente apporto iodico. Il gozzo familiare è causato da mutazioni di geni coinvolti nel metabolismo degli ormoni tiroidei, trasmesse come carattere autosomico recessivo. Il gozzo è una patologia cronica che evolve nel tempo e si presenta in forme cliniche diverse nelle diverse fasi della vita. Ha il suo inizio durante l’adolescenza o la pubertà, quando in molti ragazzi e ragazze può essere riscontrato un minimo ingrandimento diffuso della ghiandola tiroidea, che rappresenta una risposta fisiologica ai complessi cambiamenti ormonali che si verificano in questa fase della vita. Il gozzo adolescenziale di solito regredisce. Con il passare del tempo il gozzo diventa nodulare e progressivamente acquisisce la capacità di secernere ormoni tiroidei indipendentemente dalla regolazione da parte dell’ormone tireotropo (thyroid stimulating hormone: TSH). Questa condizione viene definita di autonomia funzionale ed è caratterizzata dal riscontro di livelli sierici di TSH ridotto in presenza di normali valori di ormoni tiroidei. La fase di autonomia funzionale può persistere in modo asintomatico per diversi anni, ma alla fine la tiroide 1 0 ©2 Carenza iodica e gozzo nodulare Massimo Tonacchera1, Fabio Orlandi2, Paolo Vitti1 Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa; 2 Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino 1 diventa francamente iperfunzionante. Questa successione di eventi è stata ben definita nelle aree di endemia gozzigena, dove la carenza di iodio nell’alimentazione rappresenta il principale fattore ambientale responsabile della comparsa del gozzo in soggetti geneticamente predisposti. Sul piano clinico le forme di tireotossicosi conseguenti all’evoluzione dell’autonomia tiroidea vengono distinte in gozzo multinodulare tossico (GMT) ed adenoma tossico. E , 3 r t i d nomia funzionale ed alla fine il GMT. Un modello che spiega complessivamente l’evoluzione verso l’autonomia funzionale e l’ipertiroidismo è stato proposto da Studer, che ha dimostrato l’esistenza di noduli di origine monoclonale e policlonali nella stessa ghiandola multinodulare (3-5). Le cellule epiteliali che costituiscono i follicoli tiroidei sono policlonali e possiedono diverse potenzialità di crescita e diversa capacità di sintesi degli ormoni tiroidei. Conseguentemente, vi è una certa eterogeneità di crescita e di funzione all’interno della ghiandola tiroidea e anche all’interno di un singolo follicolo. In modelli animali di iperplasia tiroidea indotta dalla deplezione di iodio (6, 7) è stato dimostrato che durante la formazione del gozzo si verifica una notevole proliferazione dei tireociti oltre che un aumento dell’attività funzionale. Questi due eventi possono indurre mutazione nel DNA genomico delle cellule tiroidee. È infatti noto che la sintesi degli ormoni tiroidei richiede la produzione di H2O2 (8) con conseguente formazione di radicali liberi che possono danneggiare il DNA e l’alto tasso di replicazione cellulare riscontrato nel gozzo impedisce la riparazione di tali mutazioni. La comparsa di mutazioni che conferiscono un vantaggio di crescita (ad esempio le mutazioni del recettore del TSH) favorisce la crescita focale (Figura 1). Pertanto, noduli tiroidei funzionalmente autonomi si possono svilup- K e ic PATOGENESI La prima teoria completa sullo sviluppo del gozzo multinodulare è stato proposta da Marine (1) e successivamente confermata da Taylor (2). La carenza di iodio può portare ad un aumento della secrezione di TSH che determina una iperplasia della tiroide (gozzo). Successivamente la tiroide entra in un fase di relativa quiescenza, caratterizzata dall’accumulo di colloide all’interno dei follicoli, condizione definita sul piano istologico di gozzo colloide. Marine ha ipotizzato che la ripetizione di queste due fasi determinerebbe alla fine la formazione di un gozzo multinodulare (1). Quando il gozzo si è sviluppato, i livelli sierici di TSH e di ormoni tiroidei sono nella norma e in questa fase il gozzo multinodulare viene definito normofunzionante o non tossico (gozzo multinodulare non tossico: GMNT). Successivamente si sviluppa l’auto- s i t ur Corrispondenza: Massimo Tonacchera, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa, Via Paradisa 2, 56124 Pisa. E-mail: [email protected] 27 MASSIMO TONACCHERA, ET AL. Figura 1 Storia naturale del gozzo in accordo con l’ipotesi di Studer. La comparsa di mutazioni che conferiscono un vantaggio di crescita [ad esempio le mutazioni del recettore dell’ormone tireotropo (TSH)] favorisce la proliferazione di cloni cellulari meno sensibili all’azione del TSH sul controllo della capacitá proliferative e funzionali delle cellule tiroidee. Il progressivo aumento di noduli tiroidei funzionalmente autonomi, in grado cioè di secernere ormoni tiroidei indipendentemente dalla regolazione del TSH, determina la comparsa dell’autonomia funzionale e la successiva evoluzione verso l’ipertiroidismo franco. TSH Normale secrezione ormoni tiroidei Secrezione ormonale autonoma I II III IV Eutiroidismo K e ic V Ipertiroidismo E , 3 pare da cloni cellulari che contengono una mutazione “vantaggiosa”, come dimostrato dalla presenza di mutazioni attivanti il recettore del TSH in microscopiche aree “calde” nel contesto del GMNT (9, 10). 1 0 ©2 r t i d s i t ur Figura 2 Prevalenza del gozzo diffuso e nodulare in un paese della Basilicata, caratterizzato da carenza iodica di lunga durata. Sono stati esaminati 1.411 soggetti residenti, valutati mediante studio ecografico della tiroide ed esami di funzione tiroidea. La prevalenza del gozzo aumenta con il progredire dell’età. Il gozzo diffuso è presente in circa il 30% dei soggetti giovani adulti e progressivamente aumenta con l’età. I noduli tiroidei non sono presenti nei bambini, sono rari nei soggetti di età compresa tra 15 e 25 anni, ed aumentano progressivamente fino all’età di 65 anni. STORIA NATURALE 60 50 Gozzo diffuso Gozzo nodulare 40 % La carenza iodica svolge un ruolo rilevante nell’evoluzione del gozzo nodulare verso l’autonomia funzionale e la tireotossicosi. In diversi paesi è stata infatti dimostrata una riduzione dell’incidenza di GMT dopo l’istituzione e l’attuazione della profilassi iodica (11). Il ruolo dell’apporto iodico è stato anche valutato mettendo a confronto l’incidenza dei diversi tipi di ipertiroidismo in una regione con basso apporto iodico (Jutland, regione della Danimarca) con un paese con adeguato apporto di iodio come l’Islanda (12). L’incidenza dell’ipertiroidismo è risultata essere significativamente più alta nello Jutland (38,7/100.000 all’anno) che in Islanda (23,6/100.000 all’anno). Nella zona di basso apporto di iodio, il GMT è stata la causa più comune di ipertiroidismo, mentre tale patologia era infrequente in Islanda, dove il morbo di Basedow risultava essere la causa dominante di ipertiroidismo. Anche la distribuzione dei nuovi casi di ipertiroidismo in rapporto all’età dei pazienti è risultata diversa tra le due regioni. In Islanda, la maggior parte dei casi di ipertiroidismo è stata osservata in persone di età 20-60 anni. Il paziente tipico era una giovane donna con morbo di Basedow. Nello Jutland, invece, il picco di ipertiroidismo era presente nei soggetti anziani ed il paziente tipico era una donna anziana con GMT. Studi condotti in una popolazione dell’Italia meridionale, con carenza iodica medio-lieve, hanno confermato un rapporto stretto tra la durata della carenza iodica e lo sviluppo di gozzo nodulare, autonomia funzionale e ipertiroidismo (13). In un paese della Basilicata, caratterizzato da carenza iodica di lunga durata, sono 30 20 10 0 15-25 26-35 36-45 46-55 Età (anni) 56-65 66-75 >75 28 Carenza iodica e gozzo nodulare Figura 3 Prevalenza di autonomia funzionale tiroidea in un paese della Basilicata, caratterizzato da carenza iodica di lunga durata. La prevalenza dell’autonomia funzionale aumenta progressivamente con l’età, passando dallo 0,7% nei soggetti di età inferore ai 20 anni al 15,4 % nei soggetti di età superiore ai 75 anni. 15 10 % stati esaminati 1.411 soggetti residenti, valutati mediante studio ecografico della tiroide ed esami di funzione tiroidea. La prevalenza di gozzo nodulare, autonomia funzionale tiroidea ed ipertiroidismo aumentava con il progredire dell’età. I noduli tiroidei non erano presenti nei bambini, erano rari nei soggetti di età compresa tra 15 e 25 anni, ed aumentavano progressivamente fino all’età di 65 anni, per poi diminuire successivamente (Figura 2). La prevalenza di autonomia funzionale tiroidea aumentava progressivamente dallo 0,7% nei soggetti sotto i 20 anni al 15,4 % nei soggetti sopra i 75 anni (Figura 3). Questa prevalenza di ipertiroidismo subclinico è nettamente superiore a quella riscontrata nelle aree iodosufficienti. L’autonomia funzionale tiroidea era osservata più frequentemente nel gozzo nodulare (21,2%) che nel gozzo diffuso (6,4%). Anche la prevalenza di ipertiroidismo clinicamente manifesto (ormoni tiroidei al di sopra della norma) era circa il doppio di quella riscontrata in aree iodosufficienti (14) e non presentava una maggior frequenza nel sesso femminile rispetto a quello maschile, a differenza di quanto si osserva nel morbo di Basedow. Questi dati indicano che, nella sua storia naturale, il gozzo nodulare evolve gradualmente e lentamente verso l’autonomia funzionale ed infine verso la tireotossicosi franca. 5 K e c i r t i d E , 3 1 0 ©2 0 <14 15-25 26-35 36-45 46-55 Età (anni) ALTRI FATTORI AMBIENTALI IMPLICATI NELLA PATOGENESI DEL GOZZO NODULARE Altri fattori ambientali proposti quali fattori di rischio per lo sviluppo di gozzo nodulare sono la presenza di sostanze presenti nell’alimentazione che interferiscono con il metabolismo dello iodio (sostanze gozzigene, oggi definite interferenti endocrini), il fumo di sigaretta, e l’incremento del peso corporeo. Tabella 1 Sostanze gozzigene naturali che possono interferire con il corretto meccanismo di sintesi degli ormoni tiroidei. Sostanza gozzigena Miglio, soia Manioca di patata dolce, sorgo comune Noce di cocco Crucifere (cavolo, cavolfiore, broccoli, rape) Alghe marine (fuco) 29 Agente Azione Flavonoidi Inibizione della tireoperossidasi Glucosidi cianogenici metabolizzati a tiocianati Inibizione della captazione tiroidea dello iodio Flavonoidi Inibizione della tireoperossidasi Glucosinolati Danneggiamento della captazione tiroidea dello iodio Eccesso di iodio Inibizione del rilascio degli ormoni tiroidei s i t ur 56-65 66-75 >75 Alcuni pazienti possono sviluppare il gozzo per sostanze gozzigene presenti nella dieta o all’assunzione di farmaci (14). La spiegazione degli effetti dovuti a tali sostanze è che interferiscono con il corretto meccanismo di sintesi degli ormoni tiroidei. Nella Tabella 1 sono indicate diverse sostanze gozzigene naturali. Anche la carenza di ferro e selenio dovuta a malnutrizione, quando associata ad un basso apporto nutrizionale di iodio, può alterare la sintesi degli ormoni tiroidei ed indurre ingrandimento della tiroide. L’impatto del fumo come concausa di gozzo è dovuto all’aumento della concentrazione sierica di tiocianati che derivano dalla combustione del fumo di sigaretta. I tiocianati possono avere un effetto inibente la captazione dello iodio a livello della cellula follicolare tiroidea. Ovviamente in aree dove la popolazione è esposta ad una grave carenza iodica una contaminazione di tiocianati da fumo ha un effetto maggiore sullo sviluppo del gozzo. Studi recenti hanno mostrato un incremento del volume della tiroide nei soggetti obesi rispetto ai controlli. MASSIMO TONACCHERA, ET AL. DIFETTI DI GENI IMPLICATI NELLA SINTESI ORMONALE Difetti in geni che giocano un ruolo importante nella fisiologia tiroidea e nella sintesi ormonale possono determinare disormonogenesi con ipotiroidismo e trasformazione nodulare della tiroide. Nel caso di difetti gravi in omozigosi dei geni che codificano per la tireoglobulina, la tireoperossidasi, il trasportatore sodio/iodio, la pendrina, la iodotirosina deiodinasi ed il gene dell’ossidasi tiroidea si può sviluppare gozzo e ipotiroidismo. Negli ultimi 50 anni sono stati descritti numerosi difetti genetici in ogni tappa della sintesi degli ormoni tiroidei. Se non diagnosticata alla nascita, la diminuita sintesi degli ormoni tiroidei può risultare in un’elevata secrezione di TSH ed un gozzo dapprima diffuso e poi a carattere nodulare (Tabella 2). Difetti minori degli stessi geni coinvolti nell’ormonogenesi con compromissione funzionale meno severa, dovuti a varianti alleliche, possono essere canditati per lo sviluppo del gozzo 1 0 ©2 nodulare non tossico, specialmente in casi di apporto iodico al limite inferiore o insufficiente. Una forte predisposizione genetica è stata dimostrata da studi familiari e sui gemelli (15). Bambini nati da genitori con gozzo hanno un rischio significativamente più alto di sviluppare il gozzo rispetto a bambini nati da genitori senza gozzo. Anche la più alta concordanza nei gemelli monozigoti che in quelli dizigoti suggerisce una forte predisposizione genetica (16). Il gozzo è più diffuso nel genere femminile, e questo potrebbe essere dovuto ad una differente genetica o all’influenza degli ormoni steroidei femminili. Evidenze sperimentali dimostrano che l’estradiolo può provocare la crescita di cellule tiroidee in vitro o può amplificare la crescita di cellule tiroidee indotte da altri fattori di crescita. La maggior parte dei gozzi familiari mostra un modello di ereditarietà autosomico dominante, indicando difetti genetici predominanti. Interazioni tra geni o meccanismi poligenici (ad esempio effetti di E , 3 r t i d varianti alleliche e polimorfismi) possono aumentare la complessità patogenetica del gozzo ed offrono una spiegazione per questa eterogeneità genetica (14). MUTAZIONI GENETICHE NEI NODULI FUNZIONANTI La frequenza delle mutazioni del gene del recettore del TSH nei pazienti affetti da adenoma tossico o gozzo nodulare tossico riportata in letteratura è variabile soprattutto in rapporto alla regione geografica studiata. Uno dei primi studi eseguiti in Italia, ha dimostrato che il 73% degli adenomi tossici aveva mutazioni attivanti del gene del recettore del TSH (17). Risultati analoghi sono stati pubblicati da vari autori negli adenomi tossici di pazienti residenti in aree di moderata endemia gozzigena dell’Europa, ed in particolare in Belgio, Germania, Spagna e Grecia, ed in Brasile. Studi eseguiti in Giappone e in USA, aree dove la popolazione è alimentata con una dieta sufficiente di iodio, non hanno rilevato mutazioni del recettore del TSH (18), anche se uno studio recente di pazienti giapponesi con adenoma tossico ha mostrato mutazioni del gene del recettore del TSH nel 40% dei casi (18%). Le mutazioni del gene del recettore del TSH sono state caratterizzate in vitro mediante studi funzionali (17). Dopo espressione nelle cellule eucariote tali mutazioni sono capaci di attivare in maniera costitutiva l’adenosina monofosfato ciclico (AMPc) e alcuni di questi recettori mutati determinano attivazione della via degli inositoli (17). È tuttavia molto probabile che le mutazioni del gene del recettore del TSH non siano sufficienti a spiegare la patogenesi di tutti gli adenomi tossici della tiroide. Sappiamo che altre cause possono essere rappresentate da mutazioni attivanti della proteina Gs, mentre fino ad oggi non sono state riscontrate mutazioni in altre proteine regolatrici la produzione di AMPc. K e ic Tabella 2 Difetti in geni che giocano un ruolo importante nella fisiologia tiroidea e nella sintesi ormonale, che possono determinare disormonogenesi con ipotiroidismo e trasformazione nodulare della tiroide. Difetti del trasporto dello iodio Alterazioni del NIS. Mutazioni inattivanti (autosomiche recessive) Difetti nel processo di iodinazione enzimatica Assenza parziale o completa dell’attività della TPO. Apporto insufficiente di H2O2. Mutazioni del gene della TPO e del gene DUOX 2: inserzioni, slittamento del modulo di lettura, codoni di stop (autosomiche recessive) Sindrome di Pendred Mutazioni inattivanti del gene PDS. Ipotiroidismo conclamato o subclinico, gozzo e sordità neurosensoriale (autosomiche recessive) Anomalie del gene della tireoglobulina Difetti nell’organificazione dello iodio dovuti a difetti della tireoglobulina. Mutazioni nei siti di splicing donatori, stop prematuro dello splicing, mutazioni nonsenso (autosomiche recessive) Alterazione del riciclo dello iodio Eccessiva secrezione renale dello iodio sotto forma di MIT e DIT. Difetti molecolari (mutazioni del gene DEHAL 1) Risposta ridotta dei tessuti bersaglio agli ormoni tiroidei Resistenza agli ormoni tiroidei. Gozzo, ipo- ed ipertiroidismo di grado variabile, livelli sierici elevati di FT3, FT4 e TSH. Mutazioni puntiformi, delezioni slittamenti del modulo di lettura (sporadiche, di solito autosomiche dominanti) del recettore ormone tiroideo NIS: trasportatore sodio/iodio; TPO: tireoperossidasi; DUOX: gene che codifica ossidasi tiroidea; PDS: gene che codifica pendrina; DEHAL 1: gene che codifica iodotirosina deiodinasi; MIT: monoiodotirosina; DIT: diiodotirosina; FT3: triiodotironina libera; FT4: tiroxina libera; TSH: ormone tireotropo. s i t ur 30 Carenza iodica e gozzo nodulare MANIFESTAZIONI CLINICHE DEL GOZZO Le uniche manifestazioni cliniche del gozzo semplice (o normofunzionante) sono quelle legate all’aumento di volume della tiroide (19). Raramente il gozzo è causa di sintomatologia locale, e generalmente è ben tollerato, anche se di grosse dimensioni. Gozzi di notevoli dimensioni, che possono comprimere la trachea, l’esofago, e vasi del collo, possono essere associati a sintomi e segni tra cui stridore inspiratorio, disfagia, e sensazione di soffocamento. Questi sintomi ostruttivi possono essere accentuati dalla cosiddetta manovra Pemberton. Questa consiste nel sollevare entrambe le braccia fino a toccare i bordi del capo. In questo modo si determina una riduzione dello spazio cervico-mediastinico ed un aumento della pressione intratoracica. In presenza di gozzi di grosse dimensioni si assiste ad una distensione delle vene giugulari anteriori e laterali per compressione da parte della tiroide sulla vena cava superiore. L’interessamento del nervo laringeo ricorrente, con comparsa di raucedine, potrebbe suggerire la presenza di un carcinoma tiroideo, sebbene anche la paralisi delle corde vocali possa, se pur raramente, risultare da gozzo nodulare benigno. Le variazioni di dimensioni della tiroide sono un evento lento e progressivo e solo occasionalmente, all’interno dei noduli, possono verificarsi fenomeni di tipo emorragico che si associano a bruschi aumenti di dimensioni della formazione nodulare, talora accompagnati da sintomatologia di tipo doloroso o ad accentuazione e/o comparsa dei sintomi ostruttivi. 1 0 ©2 E , 3 VALUTAZIONE DEL GOZZO La valutazione clinica del gozzo si basa su un’accurata storia clinica, su un preciso esame obiettivo, con particolare riguardo alla tiroide, al collo ed alle strutture adiacenti, ed infine su una valutazione dello stato metabolico del paziente. 31 È importante stabilire da quanto tempo il gozzo è presente: patologie di lunga durata indicano un carattere maggiormente benigno di quelle che compaiono in modo repentino o che bruscamente modificano il loro comportamento clinico. Occorre ottenere informazioni circa i farmaci eventualmente utilizzati dal paziente, indagando in particolare quelli per i quali è nota un’azione gozzigena o che contengano iodio. L’associazione con una ghiandola dolente può suggerire la presenza di una tiroidite subacuta, mentre la comparsa di un’improvvisa tumefazione con eventuale dolore è suggestiva per una emorragia (cisti emorragiche). La storia familiare è importante: la comparsa di gozzo in età adulta deve far propendere per la diagnosi di gozzo da carenza iodica o per una tiroidite, mentre se presente dall’infanzia è possibile che il quadro sia dovuto a grave deficienza iodica o difetti dell’ormonogenesi. Lo stato metabolico del paziente deve essere valutato attraverso precise domande, anche se, nella maggior parte dei casi, il gozzo si presenta con eutiroidismo. I sintomi di ipotiroidismo (sonnolenza, astenia, affaticabilità) sono vaghi e a lenta insorgenza, tanto che possono essere confusi con la sintomatologia aspecifica dovuta all’età del paziente. Analogamente, anche ansia, nervosismo, palpitazioni, calo ponderale e sudorazione, che si osservano nell’ipertiroidismo, sono sintomi aspecifici che possono anche essere causati da un concomitante disordine di tipo emotivo. Alla presenza di gozzo spesso i pazienti associano una serie di disturbi generali, che tuttavia, ad una valutazione attenta, risultano non legati direttamente alla malattia tiroidea. Per effettuare un corretto esame obiettivo del collo, il paziente deve essere seduto in una stanza ben illuminata, meglio se di fronte ad una finestra. Il medico deve prestare attenzione, oltre che alle dimensioni r t i d della tiroide, alla sua consistenza, alla presenza di noduli, ed alle loro caratteristiche di consistenza e motilità, alla presenza ed alle caratteristiche dei linfonodi laterocervicali. In condizioni normali la tiroide non è visibile, neanche invitando il paziente a distendere il collo. La motilità durante la deglutizione consente di distinguere la tiroide dagli altri tessuti del collo, tuttavia la motilità può essere persa in presenza di gozzi di notevoli dimensioni, o in caso di tiroidite di Riedel e di carcinomi infiltranti. Durante la palpazione del collo l’esaminatore deve valutare il profilo della ghiandola tiroidea e stabilire i limiti dei lobi laterali. La tiroide normale, alla palpazione, si presenta soffice e gommosa, e le dimensioni dei lobi non devono superare quelle della falange terminale del pollice dell’individuo in esame. La consistenza della ghiandola varia in base al tipo di patologia associata al gozzo. In presenza di tiroiditi o di recenti emorragie la ghiandola è di consistenza aumentata, mentre una consistenza notevolmente aumentata o lignea si osserva in caso di carcinoma infiltrante o tiroidite di Riedel. Il lobo piramidale è presente in caso di aumenti di volume diffusi della ghiandola, e va distinto dai linfonodi paratracheali. Un soffio e/o un fremito vascolare si possono apprezzare in caso di ipertiroidismo da morbo di Basedow. Altre strutture del collo possono essere coinvolte nella patologia tiroidea. In presenza di gozzo, soprattutto se di grosse dimensioni e con interessamento mediastinico, si possono avere compressione e deviazione della trachea, con comparsa di dispnea e stridore inspiratorio. Voce rauca si osserva in caso di stiramento del nervo ricorrente, e va confermata con la laringoscopia. Nei pazienti con voluminosi gozzi retrosternali, la compressione dei vasi del collo può essere causa di fenomeni di stasi venosa, facilmente evidenziabili con il segno di Pemberton. La palpazione evidenzia la presen- K e ic s i t ur MASSIMO TONACCHERA, ET AL. za di noduli, che richiede l’accertamento della natura degli stessi. Noduli di consistenza aumentata, aderenti alle strutture circostanti ed in associazione con linfoadenopatia devono far sospettare un carcinoma. Tuttavia, l’introduzione dell’ecografia nella pratica clinica ha profondamente modificato l’approccio al paziente con malattie della tiroide (19). L’esame ecografico fornisce un utilissimo complemento all’esame clinico. L’ecografia permette una misura oggettiva delle dimensioni di un gozzo e definisce i caratteri di noduli tiroidei palpabili; mette in evidenza noduli non palpabili e permette di selezionare quelli da sottoporre ad agoaspirazione. La possibilità di disporre di una misura precisa delle dimensioni della tiroide (volume in ml, piuttosto che classi di gozzo stimate con la palpazione) ha permesso di usare i dati ottenuti con l’ecografia come parametri essenziali di definizione del grado di carenza iodica anche lieve e per valutare gli effetti della iodoprofilassi. Il volume tiroideo nei ragazzi in età scolare è infatti uno degli indicatori di carenza. L’ecografia permette anche di rilevare la presenza di noduli di piccole dimensioni e non palpabili, e di selezionare quelli che meritano di essere sottoposti ad agoaspirazione per la presenza di caratteri ecografici sospetti di malignità. L’impiego dell’ecografia nell’aspirazione con ago sottile ha contribuito notevolmente a garantire un prelievo idoneo nel caso di noduli di piccole dimensioni o posizionati posteriormente e quindi non palpabili e nei noduli misti consentendo un campionamento adeguato della parte solida del nodulo. L’ecografia riveste un ruolo fondamentale nello studio dei linfonodi, in quanto è possibile distinguere un linfonodo infiammatorio che ha un aspetto omogeneo, forma ovale, un ilo evidenziabile sotto forma di una stria iperecogena centrale da un linfonodo sede di metastasi che è rotondeggiante, senza ilo e con struttura disomogenea. Il riscontro nel siero di elevati valori di calcitonina deve ©2 01 far pensare alla presenza di un carcinoma midollare della tiroide. L’esame citologico di materiale ottenuto tramite aspirazione con ago sottile del nodulo consente di porre diagnosi di carcinoma papillifero o anaplastico, mentre in caso di neoplasie follicolari non è possibile distinguere, con il solo agoaspirato, tra forme benigne o maligne. È inoltre opportuno valutare se l’aumento di volume della tiroide, ed in particolare del nodulo, causi coinvolgimento delle strutture adiacenti. A tal fine è utile praticare una radiografia diretta del collo per trachea per valutarne la compressione o la dislocazione, mentre immagini meno penetranti possono indicare la presenza di calcificazioni intratiroidee. In caso di gozzi di notevoli dimensioni, soprattutto nelle fasi di valutazione pre-operatoria, può essere utile eseguire una tomografia assiale computerizzata o una risonanza magnetica del collo e mediastino. E , 3 r t i d multinodulare. Gli esami di laboratorio rilevano un ipertiroidismo di solito non particolarmente grave. Gli anticorpi anti-recettore del TSH (causa dell’ipertiroidismo nei pazienti con morbo di Basedow) sono negativi, mentre possono essere presenti anticorpi anti-tireoglobulina e antitireoperossidasi a basso titolo, espressione di una tiroidite focale che spesso accompagna il gozzo di vecchia data. La scintigrafia mostra una ghiandola di dimensioni aumentate e la distribuzione del tracciante radioattivo appare disomogenea per la presenza di aree ipocaptanti e ipercaptanti. All’ecografia si rileva un ingrandimento della ghiandola con marcata disomogeneità, presenza di noduli multipli, spesso con margini non ben definiti, con lacune e calcificazioni grossolane. Il trattamento con tionamidi non porta ad una risoluzione permanente dell’ipertiroidismo. Il loro uso è indicato per ripristinare le condizioni di eutiroidismo, mentre il trattamento definitivo prevede la somministrazione di radioiodio o l’intervento di tiroidectomia. Il tipo di trattamento definitivo è legato alle dimensioni del gozzo, alla presenza o meno di noduli sospetti per neoplasia maligna, alle condizioni generali ed alla presenza di patologie associate che controindichino l’intervento di tiroidectomia. In generale il trattamento con radioiodio è indicato nella maggior parte dei pazienti che presentano un gozzo nodulare che non determini fenomeni compressivi, per i quali è necessario l’intervento di tiroidectomia. Una discussione a parte merita il trattamento dell’autonomia funzionale che determina un quadro di ipertiroidismo “subclinico” caratterizzato dal riscontro di valori di TSH indosabili in presenza di normali valori di ormoni tiroidei. È stata riportata in letteratura un’aumentata incidenza di fibrillazione atriale (20) e mortalità per patologie cardiovascolari (20) nei soggetti con ipertiroidismo subclinico, soprattutto in quelli di età superiore a 60 anni, e di osteopenia/osteoporosi in donne in post- K e ic EVOLUZIONE CLINICA DEL GOZZO NODULARE Nella maggior parte dei casi il gozzo nodulare cresce gradualmente e risulta asintomatico per un lungo periodo. L’evoluzione verso l’autonomia funzionale avviene gradualmente e l’ipertiroidismo si manifesta solitamente nelle persone anziane. Il GMT, infatti, è la forma di ipertiroidismo più frequente nell’età medioavanzata, soprattutto nelle aree caratterizzate da carenza iodica (12). L’ipertiroidismo nell’anziano è difficile da diagnosticare, in quanto è spesso paucisintomatico e le manifestazioni cliniche sono più sfumate di quelle osservati nel giovane. I pazienti presentano un gozzo da molto tempo, che può determinare sintomi da compressione tracheale o esofagea. Frequentemente sono presenti disturbi che coinvolgono l’apparato cardiovascolare quali tachicardia, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco (20). Spesso i pazienti riferiscono una progressiva perdita di peso asintomatica. All’esame obiettivo si rileva presenza di un gozzo s i t ur 32 Carenza iodica e gozzo nodulare menopausa (20). Pertanto le forme di ipertiroidismo subclinico associate a gozzo richiedono quasi sempre un trattamento. In effetti nelle zone di carenza iodica la prevalenza del gozzo nodulare con autonomia funzionale raggiunge il 14,5% nei soggetti di età superiore ai 60 anni (20) ed in questa fascia di età il rischio di comparsa di fibrillazione atriale è più elevato ed il trattamento dell’ipertiroidismo subclinico deve essere sempre considerato con attenzione. BIBLIOGRAFIA 1. Marine D 1924 Etiology and prevention of simple goiter. Medicine 3:453-479. 2. Taylor S 1953 The evolution of nodular goiter. J Clin Endocrinol Metab 13:1232-1247. 3. Derwahl M, Studer H 2001 Nodular goiter and goiter nodules: where iodine deficiency falls short of explaining the facts. Exp Clin Endocrinol Diabetes 109:250-260. 4. Studer H, Peter HJ, Gerber H 1989 Natural heterogeneity of thyroid cells: the basis for understanding thyroid function and nodular growth. Endocr Rev 10:125-135. 1 0 ©2 33 5. 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La correzione della carenza alimentare di iodio è in grado di prevenire il gozzo endemico e la sua evoluzione nodulare (1, 2). La prevenzione del gozzo endemico si basa principalmente sull’incremento dell’apporto quotidiano di iodio alla popolazione (1, 2). Sfortunatamente, nonostante la ben dimostrata efficacia dello iodio e la disponibilità di metodi per la supplementazione iodica, il gozzo endemico e gli altri disordini da carenza iodica – primi su tutti gli effetti sullo sviluppo cerebrale durante la vita fetale e nei primi anni di sviluppo – non sono stati eradicati non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche nei paesi industrializzati. La causa principale di questo insuccesso è che la profilassi iodica non è solo un problema tecnico o medico, ma dipende molto da fattori sociali, politici, legali e organizzativi. Diversi sono i metodi utilizzabili per la correzione della carenza nutrizionale di iodio (Tabella 1). La scelta del metodo più idoneo dipende in prima istanza da alcuni fattori logistici: - orografia dell’area iodocarente; - fattori socio-economici; - cooperazione delle autorità sanitarie locali; - capacità e risorse organizzative locali; - livello d’informazione. Tutti questi fattori devono essere considerati al momento della scelta del metodo di iodoprofilassi. D’altra parte, ogni metodo deve osservare le seguenti caratteristiche: - efficacia: il metodo scelto deve assicurare un’adeguata quantità di iodio in una forma chimica tale che, una volta introdotta nell’organismo, possa essere utilizzata dalla ©2 01 Profilassi iodica: attualità e prospettive Massimo Tonacchera, Gianfranco Fenzi, Paolo Vitti Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa tiroide per la sintesi degli ormoni tiroidei; - sicurezza: ogni possibile complicanza deve essere minima, facilmente controllabile ed accettabile alla luce del beneficio sostanziale e generale; - praticabilità: il metodo prescelto deve essere adatto alle caratteristiche socio-economiche della popolazione dell’area endemica; - basso costo: è necessario che il programma scelto abbia un favorevole rapporto costo/beneficio. Qualunque sia il metodo prescelto, la profilassi iodica – per essere efficace – deve essere estesa a tutta la popolazione e non a gruppi selezionati. E , 3 r t i d fattori possono condizionare l’effettiva concentrazione di iodio nel sale: provenienza e qualità del sale, conservazione e modalità di confezionamento. Numerosi composti iodati, con caratteristiche chimico-fisiche diverse possono essere utilizzati nella iodoprofilassi (Tabella 2). Lo ioduro di potassio (KI) e lo iodato di potassio (KIO3) sono i più comunemente utilizzati per la iodazione del sale. Il KI è più economico ma meno stabile. Il KIO3 è molto più stabile e resistente all’evaporazione. La quantità di iodio da aggiungere al sale dipende dalla quantità media di sale consumata pro capite dalla popolazione. K e ic METODI DI IODOPROFILASSI IODOPROFILASSI CON SALE FORTIFICATO CON IODIO Il metodo più semplice ed economico per incrementare l’apporto iodico giornaliero consiste nell’uso di sale arricchito con iodio nell’alimentazione quotidiana. Il sale, assunto quotidianamente in piccole quantità, rappresenta il veicolo ideale per la somministrazione di iodio ed è il metodo di iodoprofilassi più utilizzato nei paesi industrializzati che dispongono di reti adeguate di distribuzione. Le tecniche di iodazione del sale sono semplici, ben standardizzate e di basso costo. Inoltre, le caratteristiche organolettiche del sale da cucina e da tavola arricchito in iodio non sono alterate ed il prodotto è generalmente ben accetto dal consumatore. Molti s i t ur SICUREZZA DEL SALE FORTIFICATO CON IODIO La profilassi con sale arricchito con iodio si è dimostrata un metodo Tabella 1 Diversi metodi di profilassi iodica. La scelta del metodo è in rapporto alle caratteristiche del paese, alla distribuzione della popolazione e alle condizioni socio-economiche. Sale fortificato con iodio (ioduro/iodato) Olio iodato (orale o parenterale: sottocute, intramuscolare) Iodazione delle acque potabili Aggiunta di iodio al pane (panificazione) Iodazione delle acque di irrigazione Arricchimento in iodio dei mangimi animali Arricchimento in iodio dei vegetali edibili Corrispondenza: Massimo Tonacchera, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa, Via Paradisa 2, 56124 Pisa. E-mail: [email protected] 34 Profilassi iodica: attualità e prospettive Tabella 2 I diversi composti iodati utilizzati per la iodoprofilassi, le rispettive formule ed il loro contenuto di iodio. Modificata da: Lange’s Handbook of Chemistry. 6a ed. 1944. New York: McGraw-Hill, Inc. Composto Formula Iodio (%) I2 100 Ioduro di calcio CaI2 86,5 Iodato di calcio Ca(IO3) 65 Iodio Ioduro di potassio KI 76,5 Iodato di potassio KIO3 59,5 Ioduro di sodio NaI 85 Iodato di sodio NaIO3 64 molto efficace in tutti i paesi nei quali è stata adottata e si è rivelata, a regime, priva di effetti collaterali. Nella fase iniziale e in presenza di carenza iodica di grave e di lunga durata, si è registrato un transitorio incremento di nuovi casi di ipertiroidismo dovuti all’emergere di stati di ipertiroidismo latente. In realtà, a lungo termine, la profilassi iodica riduce la frequenza dell’ipertiroidismo, che nelle aree di carenza iodica è doppia rispetto a quelle riscontrate nei paesi con adeguato apporto iodico. Una maggiore suscettibilità allo sviluppo di autoimmunità tiroidea, probabilmente conseguente all’azione immunogenica dello iodio, è stata documentata in molti studi sperimentali nell’animale ed in molti studi epidemiologici (3, 4) condotti dopo l’attuazione di programmi di iodoprofilassi (4). Quest’ultimo rilievo – osservato anche nella recente indagine condotta a Pescopagano – non costituisce un evento particolarmente rilevante sul piano clinico anche perché limitato all’aumento dei casi di tiroidite autoimmune (ma non di morbo di Basedow), a fronte dell’indubbio vantaggio dell’eradicazione del gozzo e dell’evoluzione verso l’autonomia funzionale confermata dalla riduzione dei casi di ipertiroidismo non autoimmune (3). Recentemente, al fine di ridurre l’impatto che l’eccessivo consumo di sale sull’alimentazione esercita sulla salute e in particolare sull’i- 1 0 ©2 35 pertensione arteriosa e sulle malattie cardiovascolari (5), è stata lanciata una forte campagna per ridurne drasticamente il consumo. Questo provvedimento non contrasta di per sé con il principio e l’esigenza di iodoprofilassi, ma può richiedere un adeguamento della concentrazione di iodio nel sale arricchito in misura adeguata a compensare la riduzione del consumo globale di sale per via diretta (sale aggiunto direttamente al cibo) o indiretta (sale presente negli alimenti preconfezionati) (6-8). E , 3 r t i d tuata correttamente, non comporta alcuna complicanza locale. Una singola somministrazione orale assicura una quantità adeguata di iodio per 1-2 anni. La somministrazione orale è molto meno efficace, perché, a differenza dalla somministrazione parenterale, viene meno l’accumulo intramuscolare o sottocutaneo di iodio. Il prodotto più utilizzato è il Lipiodol Ultrafluid (38% di iodio o 480 mg/cc) prodotto dal Laboratorio Guerbet Aulnay sous Bous Cedex, France. Una fiala da 10 ml costa 4.400 sterline. K e ic METODI ALTERNATIVI DI IODOPROFILASSI IODOPROFILASSI CON OLIO IODATO Questo metodo di profilassi iodica è particolarmente indicato nei paesi in via di sviluppo e con ampia dispersione della popolazione sui territori di grande estensione raggiungibili con difficoltà. L’olio iodato, disponibile in fiale da 10 ml, è stabile e non richiede conservazione in ambiente refrigerato. Può essere somministrato per via parenterale intramuscolare, sottocutanea od orale. La preparazione più largamente usato è il Lipiodol® (1 ml contiene 480 mg di iodio). Una singola iniezione intramuscolare o sottocutanea di 0,5-1,0 ml protegge dagli effetti della carenza iodica per un periodo di tempo che va da 3 a 5 anni. L’iniezione non è particolarmente dolorosa e, se effet- s i t ur IODAZIONE DELLE ACQUE POTABILI Lo iodio aggiunto direttamente all’acqua potabile rappresenta un metodo efficace di iodoprofilassi ed è in grado di correggere la carenza iodica. In questo caso lo iodio è aggiunto all’acqua sottoforma di I2 KI o KIO 3 , in quantità tali da garantire un introito giornaliero di 150 µg. Il costo di questa tecnica è stato stimato in 64 sterline/persona/anno. La iodazione dell’acqua potabile, come mezzo per assicurare un adeguato apporto di iodio alla popolazione, è stata sperimentata con successo in zone più o meno limitate, ma non si è dimostrata vantaggiosa sul piano economico e organizzativo rispetto alla iodoproflassi con sale arricchito di iodio (9). In Europa il sistema di iodazione dell’acqua è disponibile rivolgendosi alla ditta Rhone-Poulenc Rorer (Francia). AGGIUNTA DI IODIO NELLA PANIFICAZIONE L’utilizzo dello iodio come conservante nell’industria alimentare ed in particolare nella panificazione, introdotta negli Stati Uniti sin dal 1921, ha prodotto un significativo incremento dell’escrezione urinaria di iodio. L’aggiunta di iodato o di ioduro di potassio nella panificazione è stata attuata in Tasmania (1964) ed in Olanda (1968). MASSIMO TONACCHERA, ET AL. In Tasmania, il monitoraggio della iodoprofilassi mediante pane iodato ha indicato che questa modalità di iodoprofilassi, il cui costo è contenuto, è molto efficace. Tuttavia, il sempre minor consumo di pane e la grande diversificazione di questo prodotto ne hanno ridotto in maniera netta l’efficacia (10). Un risultato simile è stato osservato in Belgio (11), dove la fortificazione con iodio del pane ha portato ad un miglioramento dello stato di nutrizione iodica nella popolazione scolare. ALTRI METODI ALTERNATIVI DI IODOPROFILASSI ARRICCHIMENTO IN IODIO DEI MANGIMI ANIMALI L’arricchimento di iodio del mangime animale è un metodo già sperimentato con successo nei paesi scandinavi. Il latte e i prodotti caseari provenienti da bovini, ovini e caprini nutriti con mangimi arricchiti di iodio hanno un contenuto di iodio proporzionale al grado di arricchimento e, se consumati nelle abituali quantità, possono di per sé essere sufficienti a coprire buona parte del fabbisogno giornaliero. Essi hanno inoltre il vantaggio che – essendo generalmente assunti come tali, senza essere sottoposti a cottura – non sono esposti al rischio di evaporazione dello iodio che si ha in varia misura con qualsiasi tipo di cottura (12, 13). 1 0 ©2 IL FUTURO DELLA IODOPROFILASSI ARRICCHIMENTO IN IODIO DEI VEGETALI EDIBILI Sono in corso programmi di biofortificazione dei vegetali edibili per favorire l’accumulo di maggiori quantità di iodio da parte di alcune piante quali pomodori, spinaci, carote, patate, lattuga (15). Con il termine di “biofortificazione” si intende la supplementazione di microelementi nella catena alimentare sfruttando le capacità di assorbimento dei vegetali: si tratta di un sistema piuttosto semplice e poco costoso per migliorare la nutrizione umana senza tuttavia implicare alcun cambiamento nei regimi dietetici (15). E , 3 IODAZIONE DELLE ACQUE DI IRRIGAZIONE La iodazione delle acque di irrigazione è una procedura molto complessa, che richiede un impegno progettuale e finanziario di grande rilevanza. Questa è stata attuata in maniera estensiva in Cina, con l’obiettivo di correggere la carenza di iodio all’origine della catena alimentare, arricchendo il suolo con questo micronutriente e di conseguenza i vegetali e gli animali che ne traggono direttamente o indirettamente il nutrimento (14). K e ic IODIO E PIANTE SUPERIORI Numerose indagini hanno dimostrato come la principale fonte di iodio per gli uomini e gli animali sia rappresentata dagli alimenti, principalmente da quelli di origine vegetale; tuttavia, mentre questo elemento risulta essere essenziale per la salute umana ed animale, il suo ruolo nel metabolismo vegetale, ammesso che esista, non è ancora stato dimostrato. Nonostante gli studi compiuti fin dagli inizi del secolo scorso, non è stato infatti ancora possibile trarre conclusioni definitive circa gli effetti esercitati dallo iodio sulla crescita delle piante; sembra invece che, pur essendo assorbito dal suolo ed esercitando effetti che, a seconda dei casi, possono essere positivi o negativi sullo sviluppo e l’accrescimento, esso non svolga alcuna funzione essenziale all’interno della pianta. L’assorbimento dello iodio da parte delle piante dipende dalla quantità e dalla forma di iodio che è presente nel terreno a livello radicale. Nel suolo possono coesistere entrambe le forme di I- e di IO3-, con prevalenza del primo in condizioni riducenti, ad esempio in terreni allagati, e del secondo in condizioni ossidanti (16). Entrambe le forme possono essere assorbite dalle piante, anche se gli effetti sulla cre- r t i d scita sono diversi a seconda delle quantità, delle modalità di somministrazione, della specie vegetale considerata e perfino del tessuto vegetale analizzato. Non si possono quindi trarre delle conclusioni generali. Quello che si osserva più comunemente è che le piante assorbono iodio in funzione di quella che è la disponibilità nel terreno e sembrano tollerare meglio maggiori livelli di IO3- che di I-, e che, in generale, al di là della specie chimica, concentrazioni molto basse di iodio (0,02-0,2 mg kg-1) stimolano la crescita, soprattutto in specie alofite. La maggiore tolleranza nei confronti dell’IO 3 - può essere in parte dovuta al fatto che esso viene assorbito più lentamente dello I-; con l’aumento della valenza e del peso molecolare delle diverse specie di iodio, infatti, diminuirebbe la capacità della pianta di assorbirle; è anche possibile che IO 3 - debba essere ridotto a I- per essere assorbito (16). All’interno della pianta, lo iodio si ritrova principalmente a livello radicale ed il trasporto verso la parte aerea aumenta con l’aumentare della disponibilità dell’elemento nel suolo ed avverrebbe prevalentemente per via xilematica, dal momento che va ad interessare soprattutto le foglie piuttosto che i semi (16). È stato infine ipotizzato che la tossicità dello iodio sia causata dall’inibizione dei processi fotosintetici dovuta all’ossidazione intracellulare di I- a I2 (15): da qui anche la sua utilizzazione come potente erbicida. I sintomi di fitotossicità da eccesso di iodio sono rappresentati dall’imbrunimento delle foglie più giovani e dalla clorosi di quelle più vecchie (15). Alcuni studi effettuati negli ultimi anni hanno consentito di aggiungere alcune importanti informazioni riguardo la fisiologia dello iodio nelle piante e i suoi movimenti nel suolo. Sono state ad esempio analizzate le dinamiche di questo elemento nel sistema suolopianta utilizzando isotopi marcati: è stato così messo in evidenza come s i t ur 36 Profilassi iodica: attualità e prospettive soprattutto suoli a prevalente componente argillosa ed organica, ma anche suoli sabbiosi, presentino un’elevata capacità di ritenzione nei confronti di I-, il quale viene solo in piccola parte dilavato o perso per processi di volatilizzazione, rimanendo invece localizzato principalmente negli strati superficiali del terreno, dai quali può essere rilasciato in maniera lenta e stabile per un certo periodo di tempo. All’interno della pianta (nello studio è stato analizzato il cavolo cinese), le quantità dell’isotopo marcato seguono la distribuzione: radice > stelo > picciolo > foglia, e all’interno di quest’ultima l’accumulo di iodio decresce dalle venature principali verso quelle secondarie fino ai bordi esterni ed è maggiore in foglie giovani piuttosto che in foglie vecchie, suggerendo che il trasferimento dello iodio all’interno della pianta sia un processo passivo, strettamente legato al movimento dell’acqua e degli altri nutrienti. Un altro interessante studio realizzato nella stessa specie ha messo in evidenza come l’assorbimento dello iodio sia più efficace quando esso viene somministrato sotto forma di IO3- piuttosto che nella forma di Ise la concentrazione è bassa (<0,5 mg l-1), mentre per concentrazioni maggiori l’andamento è opposto. A bassa concentrazione, inoltre, l’assorbimento dello iodio risulta essere più sensibile agli inibitori metabolici, suggerendo che i meccanismi di assorbimento possano essere molteplici e passino da attivi a passivi con l’aumentare della concentrazione, soprattutto per la forma IO3-. Infine, la maggior parte dello iodio assorbito dalla pianta viene intercettato e accumulato a livello radicale, mentre quello trasportato nella parte aerea sembra essere accumulato selettivamente all’interno dei cloroplasti. Sono state anche messe a confronto diverse fonti di iodio ed è stato evidenziato come i fertilizzanti inorganici come KI forniscano una fonte di approvvigionamento più immediata per la pianta ma anche 1 0 ©2 37 più soggetta ad eventuali perdite dal terreno per volatilizzazione e più difficilmente gestibile nella individuazione dei livelli più idonei che favoriscano un buon accumulo senza effetti fitotossici. Al contrario, la somministrazione di iodio in forma organica, rappresentata da alghe essiccate e mescolate a diatomite (polvere di diatomee + minerali argillosi, con elevata capacità di adsorbimento), garantisce un rifornimento di iodio più lento, ma anche più duraturo nel tempo e meno soggetto a perdite per volatilizzazione e dilavamento. Un altro aspetto da considerare è anche la scoperta piuttosto recente della capacità che hanno le piante, o alcune piante, di produrre ed emettere nell’atmosfera metil alogenuri, tra cui ioduro di metile (CH 3 I), contribuendo sensibilmente al rilascio di composti alogenati volatili, estremamente reattivi in numerosi processi chimici che hanno luogo nella stratosfera e nella troposfera. Una produzione significativa di CH3I da parte di piante di riso è stata riportata per la prima volta in uno studio del 1995. Nello stesso anno, un’analisi effettuata su un totale di 118 specie vegetali erbacee ha messo in evidenza come sia piuttosto comune la produzione di metil alogenuri e metantioli da parte delle piante, mediante una reazione catalizzata da una metiltransferasi identificata in ben 87 specie tra quelle analizzate. L’attività dell’enzima è risultata relativamente bassa in specie considerate tolleranti nei confronti della salinità; attività molto alte sono state invece riscontrate in specie appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae, le quali risultano essere spesso anche abbastanza resistenti nei confronti degli erbicidi contenenti ioduro. Al contrario, nessuna delle specie esaminate tra quelle note per essere sensibili nei confronti dei cloruri (come soia, cotone e vite) ha mostrato un’apprezzabile attività dell’enzima. Queste metiltransferasi degli alogenuri e dei bisolfuri potrebbero quindi fornire E , 3 r t i d un importante meccanismo per l’eliminazione degli alogenuri e degli ioni HS - , che sono entrambi in grado di esercitare effetti fitotossici. Nella specie modello Arabidopsis thaliana – il cui genoma, primo tra quelli di tutte le piante superiori, è stato interamente sequenziato – sono stati identificati tre geni codificanti per enzimi appartenenti al gruppo delle metiltransferasi degli alogenuri; tali geni sono stati denominati “harmless to ozone layer” (HOL), in quanto la loro perdita di funzione renderebbe la pianta incapace di emettere nell’atmosfera metil alogenuri gassosi e quindi la renderebbe inoffensiva nei confronti dello strato di ozono. L’espressione di questi geni sarebbe ubiquitaria nella pianta e presente durante l’intero ciclo di sviluppo. K e ic s i t ur BIOFORTIFICAZIONE Dal momento che le piante sono in grado di assorbire lo iodio presente nel terreno e di accumularlo (almeno in parte) nei loro diversi tessuti, e poiché esse costituiscono una parte rilevante della dieta sia umana che animale, esse rappresentano sicuramente una delle principali fonti di iodio all’interno della catena alimentare ed un arricchimento di questo elemento nei vegetali destinati all’alimentazione sarebbe auspicabile per cercare di ridurne le notevoli carenze che si riscontrano a livello mondiale. In un approccio di biofortificazione, per ottenere risultati significativi in termini di arricchimento in iodio che non vadano però a scapito della resa colturale e anche delle qualità organolettiche dei vegetali che vengono coltivati, è necessario studiare in maniera approfondita la fisiologia dell’elemento all’interno della pianta, effettuare prove di tolleranza nei confronti delle diverse forme dell’elemento che possono essere somministrate e quindi assorbite mediante analisi delle curve di crescita in funzione delle diverse dosi, e infine identificare anche quali sono gli organi o i tessuti in MASSIMO TONACCHERA, ET AL. Figura 1 Escrezione urinaria di iodio in 50 volontari sani che hanno consumato per 5 giorni alla settimana e per 2 settimane cibi vegetali arricchiti con iodio; i valori di ioduria pre-trattamento (basal) erano di 98 µg/l, che incrementavano a 118 µg/l durante l’assunzione dei vegetali iodati (T1) e diminuivano a 85 µg dopo la interruzione della somministrazione (PT). Modificata da Tonacchera et al, J Clin Endocrinol Metab 2013. 140 120 * * 100 12 maniera significativa al miglioramento dello stato di nutrizione iodica dei soggetti trattati senza provocare effetti collaterali (Figura 1). In nessuno dei volontari sottosposti a tale tipo di dieta alimentare si è verificato un eccessivo apporto di iodio (20). 10 BIBLIOGRAFIA 8 80 6 60 4 40 2 20 0 K e ic 0 Basal T1 E , 3 cui l’elemento viene maggiormente accumulato. Sperimentazioni effettuate con un approccio di questo tipo in alcune specie vegetali hanno portato a risultati anche molto diversi tra loro. Una delle specie più coltivate a livello mondiale è il riso; uno studio pubblicato nel 1999 ha evidenziato come in questa specie la maggior parte dello iodio assorbito si accumuli nelle radici, nello stelo e nelle foglie, e assai poco riesca a raggiungere la granella (16). Di conseguenza, anche fornendo le concentrazioni di iodio più alte, la quantità di questo elemento ricavabile dai semi è insufficiente per soddisfare la dose giornaliera raccomandata di 150 µg per un individuo adulto. Questi risultati hanno indirizzato la ricerca verso la biofortificazione di piante erbacee, in cui la foglia riesca ad accumulare maggiori quantità di iodio. Risultati interessanti sono stati ottenuti con lo spinacio, il quale, in coltura idroponica ed in presenza di una soluzione nutritiva contenente una concentrazione di IO3- di 1 µM (quantità che non esercita alcun 1 0 ©2 PT r t i d 1. 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Vegetali arricchiti con iodio sono attualmente presenti nel nostro mercato agroalimentare (20); in particolare l’industria si è specializzata nella coltivazione di pomodori, carote, patate ed altri vegetali biofortificati con iodio. In uno studio recente è stato dimostrato che la assunzione giornaliera di questi vegetali arricchiti con iodio contribuisce in s i t ur 38 Profilassi iodica: attualità e prospettive plying iodine to severely iodine-deficient population in Xinjiang, China. Lancet 344:107-110. 15. Perata P, Pecchioni N, Meriggi P et al 2005 Lo iodio nell’alimentazione umana ed il ruolo delle colture erbacee. Agronomica 5: 47-53. 16. Mackoviak CL, Grossl PR 1999 Iodate and iodide effects on iodine uptake and partitioning in rice (Oryza sativa L.) grown in solution culture. Plant Soil 212: 135-143. 1 0 ©2 39 17. 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La iodoprofilassi, e in particolare il consumo di sale iodato, ha permesso di ridurre o cancellare in molti paesi questi problemi. In Italia, mediante la promulgazione di una legge ad hoc del 2005 è stato incentivato un programma di iodoprofilassi rendendo obbligatoria la disponibilità di sale arricchito di iodio in tutti i punti di vendita. Purtroppo anche dopo l’entrata in vigore di questa legge l’utilizzo di sale iodato ancora non raggiunge il 50% della popolazione, percentuale ben lontana da quel 95% che è l’obiettivo del programma ministeriale. In questo campo tutta la comunità medica è chiamata a dare il suo contributo ad un’informazione corretta sugli effetti benefici dell’uso del sale iodato in tutta la popolazione, senza eccezioni. Per favorire un’ulteriore diffusione del consumo di sale iodato da parte della popolazione italiana si può agire su più fronti: rinnovando una campagna mediatica di sensibilizzazione a livello nazionale; attraverso una informazione capillare da parte di tutti i medici (di base e specialisti endocrinologi) e intervenendo su una riduzione del prezzo del sale iodato che, seppur lievemente, risulta comunque più alto rispetto al prezzo del sale non iodato; favorendo l’utilizzo del sale iodato nell’industria alimentare per la conservazione degli alimenti. Inoltre l’introduzione sul mercato di alimenti biofortificati con iodio apre nuove ed interessanti prospettive per il miglioramento dello stato di nutrizione iodica nel nostro Paese. 1 0 ©2 E , 3 r t i d K e ic s i t ur Massimo Tonacchera, Paolo Vitti 40 1 0 ©2 L’Endocrinologo è pubblicato bimestralmente da: Editrice Kurtis s.r.l., Sede legale e amministrativa, Redazione e Stampa: Via Arluno 4, 20010 Casorezzo (MI) Tel. 02 48202740 - Fax 02 48201219 E-mail: [email protected] Internet: http://www.kurtis.it Sede commerciale: Via Luigi Zoja 30, 20153 Milano Tel. 02 48202740 - Fax 02 48201219 E-mail: [email protected] Direttore Responsabile Canzio Fusé E , 3 r t i d K e ic Supplemento al No. 5, Vol. 14 - Ottobre 2013 a l’Endocrinologo. Reg. Trib. Milano n. 241 del 26/03/1999. ROC (Registro Operatori Comunicazione) n. 6133. Copyright 2013 Editrice Kurtis s.r.l. ISSN Stampa 1590-170X ISSN Online 1720-8351 s i t ur I diritti d’autore di quest’opera sono riservati. Nello specifico sono vietate la riproduzione, anche parziale e in qualsiasi forma (fotocopie, microfilm, ecc.), la ristampa, la traduzione, la trasmissione verbale o radiotelevisiva, la memorizzazione su mezzi informatici (CDRom, impianti di elaborazione dati, ecc.) senza il consenso scritto dell’Editore. Inoltre, anche nel caso di autorizzazione, la riproduzione di quest’opera, o di una qualsiasi sua parte, è ammessa solo nei limiti stabiliti dalla legge. ASSOCIATO A: A.N.E.S. ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA Finito di stampare nel mese di dicembre 2013. CODICE: 11873