Dossier tecnico n° 4 - Dipartimento di Ingegneria Industriale

Dossier tecnico n° 4
Tecniche d interruzione degli
interruttori di bassa tensione
Tecniche di
interruzione
degli interruttori
di bassa tensione
Dossier tecnico n° 4
Redatto a cura del
Servizio Tecnico Commerciale
Dipartimento di Bassa Tensione
Questo Dossier tecnico ha per obbiettivo di:
■ fare la conoscenza con un fenomeno che si manifesta inevitabilmente tutte
le volte che si apre un circuito: l’arco elettrico;
■ analizzare da un punto di vista teorico l’interruzione dei diversi tipi di corrente
ottenuta tramite l’estinzione dell’arco;
■ illustrare gli aspetti tecnologici dei dispositivi di interruzione, con particolare
riferimento agli interruttori.
Indice
1. Introduzione
Definizione delle correnti
da interrompere
2
2. L’arco elettrico
Le sue condizioni di formazione
Le sue proprietà fisiche
Le sue proprietà elettriche
Le sue condizioni di estinzione
3
3
3
3
4
2
3. Ruolo dell’arco nell’interruzione 5
4. Interruzione di correnti
permanenti
In corrente continua
In corrente alternata monofase
In corrente alternata trifase
5
5
6
7
5. Interruzione di correnti
presunte (con limitazione)
Definizioni
In corrente continua
In corrente alternata monofase
In corrente alternata trifase
I parametri dell’interruzione
Interruzione mediante i fusibili
7
7
9
9
10
11
11
6. L’interruttore di bassa tensione
Le sue funzioni
Le sue tecnologie
Le sue prestazioni
12
12
13
15
7. Conclusioni
16
8. Simbologia
16
1
Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
1. Introduzione
Le sorgenti d’alimentazione degli
impianti elettrici sono gli alternatori
e i trasformatori. Queste sorgenti,
per quanto perfette, posseggono
un’impedenza interna
Questa impedenza ha due effetti molto
importanti (vedi fig.1):
■ in regime normale, fa scendere la
tensione rispetto a quella a vuoto U o,
portandola a U n quando la sorgente
eroga la corrente I n. Nel caso dei
trasformatori, il massimo valore di
questa caduta di tensione con corrente
In corrisponde alla loro tensione di
corto-circuito (espressa in % rispetto
a Un);
■ in caso di corto-circuito, limita la
corrente ad un valore, espresso come
multiplo di In.
Considerando un trasformatore trifase
possiamo ricavare la sua corrente di
corto-circuito Icc dalla proporzione:
Ucc In
=
Un Icc
A titolo di esempio ad una Ucc%
del 5% corrisponde una I cc di:
Icc = 100 ⋅
In
= 20 ⋅In
5
ovvero per un trasformatore di
1000 kVA a 400 V, una corrente
di 29 kA. È facile immaginare quali
danni una tale corrente può provocare
ad un impianto (riscaldamenti e sforzi
elettrodinamici sono infatti
proporzionali al quadrato della
corrente).
Pertanto, anche se vengono prese tutte
le precauzioni per rendere il cortocircuito poco probabile, è necessario
prevedere dei dispositivi di protezione
capaci di interrompere le correnti
derivanti dal corto-circuito stesso.
2
U = U 0 - Zi I
U0
∆ Un = Zi In
Un
In
corrente di corrente di
impiego sovraccarico
Icc
I
corrente di corto-circuito
fig. 1
Definizione delle correnti
da interrompere
La sola conoscenza del valore della
corrente da interrompere non è
sufficiente per concepire un
dispositivo di interruzione
appropriato.
L’interruzione di tutte le correnti è
funzione di diversi parametri legati alle
sorgenti (alternatori e trasformatori),
alle linee ed agli utilizzatori:
■ un circuito elettrico è sempre
induttivo, e quindi le variazioni della
corrente da interrompere generano,
fin dall’apertura del circuito, delle
“controreazioni” in tensione che
contribuiscono al suo mantenimento.
Questa f.c.e.m. di tipo Ldi/dt, può
assumere un valore elevato qualunque
sia il valore della corrente i, fino
all’annullamento della corrente stessa;
■ il valore della resistenza del circuito
da interrompere contribuisce
all’interruzione fino a che la corrente
possiede un valore significativo, ma
non è più di alcun aiuto per i ≅ 0,
perché la caduta di tensione ohmica
diventa trascurabile;
■ le capacità tra i conduttori attivi, siano
esse distribuite (capacità parassite
delle sorgenti e dei cavi) o concentrate
(batterie di condensatori per la
compensazione dell’energia reattiva o
per filtraggio) modificano le condizioni
d’interruzione;
■ la frequenza della corrente da
interrompere, poiché è a priori più facile
interrompere una corrente alternata,
che passa periodicamente per lo zero,
piuttosto che una corrente continua;
■ infine la tensione fornita dalla
sorgente: l’apparecchio di interruzione
deve, dopo l’estinzione della corrente,
resistere dielettricamente alla tensione
imposta dalla rete, sempre presente.
Nella pratica si definiscono tre tipi di
corrente da interrompere:
1. Corrente di corto-circuito
Questa, in un dato punto dell’impianto,
non è sistematicamente uguale alle
“20•In” della sorgente.
■ Dipende dalle caratteristiche della
sorgente stessa; la cui Ucc% può variare
tra il 3% ed il 7%;
■ può essere minore:
■ a seconda che il guasto sia più o
meno franco,
■ a seconda della lunghezza e della
sezione delle linee a monte;
■ può essere maggiore se più sorgenti
sono collegate in parallelo.
2. Correnti di sovraccarico
La corrente può superare il valore
nominale e diventare dannosa:
■ durante un periodo transitorio di
avviamento o di funzionamento di un
utilizzatore;
■ se per un certo tempo la somma delle
potenze degli utilizzatori alimentati
supera le previsioni del progettista in
tutta o parte dell’installazione
(coefficiente di contemporaneità).
3. Correnti nominali (o inferiori)
Un interruttore, essendo previsto per
interrompere le forti correnti di cortocircuito e di sovraccarico, può, a
maggior ragione, assicurare anche il
comando dei circuiti e degli utilizzatori.
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
2. L’arco elettrico
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
I
U = R ⋅i = ρ⋅ ⋅i = ρ⋅l⋅ j ≅ lk
s
dove k è un valore costante.
■ si produce un’energia d’arco
N
ione +
e
e
Catodo
a: composizione della colonna d'arco
Anodo
Le sue proprietà elettriche
(vedi fig. 2b)
■ La più importante è di fare comparire
una tensione d’arco composta da:
■ una parte costante UAC (funzione
dei materiali utilizzati) compresa tra
20 V e 40 V, che si manifesta fin dalla
minima separazione dei contatti
■ una parte UL variabile in funzione
della lunghezza dell’arco pari a 50 o
100 V per ogni centimetro d’arco, che
compare quando la lunghezza dell’arco
si è stabilizzata nel suo contesto di
equilibrio tra pressione e temperatura.
Si ha così un valore totale
Ua=UAC+UL
Possiamo notare che:
■ il segno di Ua cambia negli stessi
istanti in cui cambia il segno della
corrente d’arco
■ il valore della corrente d’arco non
influisce significativamente sulla
tensione d’arco, poiché l’arco “lavora” a
densità di corrente (j=i/s) pressoché
costante; infatti sia le sezioni delle
macchie anodiche e catodiche, sia
quella della colonna d’arco, sono
proporzionali alla corrente, e quindi per
analogia con una resistenza:
e
e
←
(vedi fig. 2a)
Dopo la separazione dei due contatti,
uno (il catodo) emette elettroni, l’altro
(l’anodo) li riceve. Essendo il fenomeno
dell’emissione per sua stessa natura
energetico, il catodo sarà caldo.
Diventando così la radice dell’arco
termoemissiva, gli elettroni vengono
emessi maggiormente dai punti caldi,
il che dà luogo ad un fenomeno di
ristagno dell’arco capace di creare dei
vapori metallici.
Questi vapori ed il gas ambiente
tenderanno conseguentemente ad
essere ionizzati.
ione +
←
Le sue proprietà fisiche
ione -
e
←
L’arco appare in un ambiente gassoso:
■ per una scarica dielettrica tra due
elettrodi:
■ quando il campo elettrico, funzione
della forma degli elettrodi e della natura
e della densità del gas, supera un
determinato valore,
■ in seguito ad una scarica superficiale
su un materiale isolante, che degenera
poi nell’ambiente gassoso;
■ all’apertura di un circuito elettrico
percorso da una corrente: anche se il
circuito è puramente resistivo, è
necessaria una certa distanza per
evitare la scarica elettrica. Ed a
maggior ragione, se il circuito è
induttivo, la distanza necessaria è
maggiore, a causa della grandezza del
termine L•di/dt (dovuta alla rapida
variazione di corrente; vedi cap. 3).
Anodo
←
Le sue condizioni di
formazione
Per cui si noterà:
■ un aumento degli elettroni liberi;
■ produzione di ioni positivi che
ricadono sul catodo e contribuiscono
al suo riscaldamento;
■ produzione di ioni negativi che
bombardano l’anodo provocandone
il riscaldamento.
L’insieme di tutte queste agitazioni
avviene in una colonna di plasma ad
una temperatura che, in funzione
dell’intensità della corrente e delle
dimensioni della stessa colonna di
plasma, può variare da 4000 K
a 20000 K.
←
L’arco elettrico non è stato inventato;
si è manifestato al primo fisico che
tentò di interrompere un circuito
percorso da corrente.
In effetti il circuito, sempre induttivo,
fornisce agli elettroni l’energia
sufficiente ad oltrepassare la distanza
che si crea nella zona di separazione
dei conduttori.
Il gas presente, generalmente aria,
è ionizzato da questi elettroni “pionieri”
e la formazione di questo plasma
facilita il passaggio della corrente.
In queste condizioni l’interruzione
sembra compromessa, a meno che
una migliore conoscenza del fenomeno
non riveli delle proprietà interessanti,
e molto favorevoli per l’interruzione
dell’arco.
Fortunatamente è così.
U AC
Catodo
U AC ~ 30 V alla separazione
dei contatti
Anodo
UL
Catodo
U L ~ 70 V/cm dopo l'allungamento
dell'arco
Ua = U AC + U L
b: tensione d'arco
fig. 2
∫
Wa = ua ⋅ia ⋅ dt
se l’arco di lunghezza l è immerso in
un campo magnetico, è sottoposto alla
forza F=B•i•l•sinα, dove α è l’angolo
compreso tra i e B. Questa forza,
massima in caso di B perpendicolare a
i, ha per effetto di incurvare l’arco e poi
di spostarlo trasversalmente (Questo
effetto è chiamato “soffio magnetico”).
■
3
Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
Le sue condizioni di
estinzione
L’estinzione dell’arco si ottiene quando la
sua corrente diventa e resta nulla.
Aspetto termico
Quando la corrente d’arco è piccola o
diventa piccola, inferiore per esempio a
10 A, l’energia termica ceduta all’esterno
può diventare maggiore dell’energia
sviluppata dall’arco e questo “muore” di
freddo (arco detto “gelato”) mentre la
tensione d’arco aumenta (vedi fig. 3a).
Durante questo aumento della tensione
d’arco, può anche avvenire una brusca
estinzione se le capacità parassite
“corto-circuitano” l’arco. Questo si verifica
quando la tensione d’arco diventa
maggiore della tensione di carica delle
capacità distribuite (vedi fig. 3b). Questo
fenomeno è chiamato “strappamento”.
Non sempre il fenomeno ha questo
svolgimento, infatti:
se la corrente d’arco si stabilizza contro
una parete isolante, la sua superficie di
scambio termico diminuisce, e i
componenti dell’isolante, localmente
molto caldi, possono favorire la
conduzione e il mantenimento dell’arco;
■ se la corrente d’arco è elevata la
colonna d’arco è molto esotermica e solo
l’andamento congiunto della tensione
d’arco e della tensione di rete permettono
di ridurre questa corrente e poi di
annullarla.
■
Aspetto dielettrico
Non è sufficiente che la corrente d’arco
divenga nulla per assicurarne l’estinzione;
occorre che l’ambiente fino a quel
momento ionizzato, si rigeneri
dielettricamente per “resistere” alla
tensione di rete ancora presente.
Questi fenomeni di rigenerazione dovuti
alla ricombinazione degli ioni positivi o
negativi e con gli elettroni è
fortunatamente molto rapido ed in pratica,
affinché la corrente d’arco resti nulla, è
necessario che la tensione di rete
rimanga sempre inferiore alla
caratteristica di rigenerazione (Ud).
Se la tensione d’arco diventa e resta
superiore alla tensione di rete (in valore
assoluto se si tratta di tensione alternata)
il fenomeno di rigenerazione verrà
innescato quando la corrente si avvicina
allo zero; in questa fase il numero di
cariche elettriche nel plasma si riduce al
minimo indispensabile per la conduzione
della corrente, e si annulla totalmente
proprio in concomitanza con lo zero della
corrente.
Ma l’arco e le capacità parassite hanno la
stessa tensione fino all’estinzione della
corrente d’arco. Una volta annullata la
corrente d’arco, questa tensione
raggiunge la tensione di rete attraverso
un fenomeno di oscillazione libera tra
queste capacità distribuite e le costanti L
ed R del circuito (vedi fig. 4).
4
Questo “raccordo” in tensione è chiamato
Tensione Transitoria di Ristabilimento,
“TTR”.
Essendo queste capacità molto piccole, le
oscillazioni hanno una frequenza molto
elevata e sono molto smorzate.
In pratica si presentano due casi:
i,u
Ud
Ua
ia
interruzione di corrente continua
(vedi fig. 5a);
Ur
■
«TTR»
m
interruzione di corrente alternata:
se al momento dello zero della corrente
il valore istantaneo della tensione di rete
è ancora dello stesso segno di quello
della tensione d’arco, si ha la situazione
della fig. 5b. In questo caso la condizione
di interruzione definitiva si verificherà se
l’andamento successivo della tensione di
rete non intersecherà più le caratteristiche
di rigenerazione, sia per i valori positivi
che per quelli negativi
■
i
■
se il valore istantaneo della tensione di
rete è di segno opposto alla tensione
d’arco ma di valore assoluto inferiore si
ha il caso di fig. 5c. L’estinzione dell’arco
è definitiva se la TTR non oltrepassa la
caratteristica di rigenerazione.
Nel caso contrario in cui la TTR intersechi
la curva di rigenerazione, si può originare
una corrente postarco di tipo
elettroluminescente. In questo caso, se la
corrente postarco resta di valore pari a
quella del caso di arco “gelato”,
sussistono ancora le condizioni per
l’estinzione. Se invece la corrente
postarco oltrepassa un valore critico in
corrispondenza ad una tensione
anch’essa critica, si avrà un reinnesco
della corrente d’arco e bisognerà
attendere un nuovo passaggio per lo
“zero” per interromperla.
■
t
tm
L,r
G
TTR
C
i
fig. 4: la tensione transitoria
di ristabilimento, TTR
i,u
Ua
Ur
i
t
a
i,u
Ud +
Ua
i
i,u
arco "gelato"
Ud
t
Ua
Ur
Ur
ia
Ud -
b
im
i,u
t
a: estinzione dell'arco
Ua
Ud +
tm
i
L
ia
t
ic
E
b: le capacità parassite
"corto-circuitano" l'arco
fig. 3
Ur
C
c
Ud -
fig. 5
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
3. Ruolo dell’arco nell’interruzione
La corrente stabilita alla chiusura può
essere calcolata mediante la legge di
Ohm generalizzata:
e – R•i – L•di/dt = 0
Dopo un transitorio di chiusura la
corrente si stabilizza raggiungendo
il regime permanente.
Sulla base di tale legge, la corrente
non potrebbe essere annullata
definitivamente se non quando la
tensione “e” diventasse nulla o la R
diventasse infinita.
Essendo queste due condizioni
estreme, improponibili nella pratica, si
è preferito introdurre un arco nel
circuito per utilizzare le proprietà della
sua tensione Ua e le sue condizioni di
estinzione.
All’apertura del circuito l’equazione
diventa:
e – R•i – L•di/dt – ua = 0
Così la corrente sarà forzata a zero o
passerà per lo zero; queste sono le
condizioni d’estinzione dell’arco che
permetteranno l’interruzione della
corrente.
Un approccio progressivo della teoria
dell’interruzione si effettua distinguendo
i due casi seguenti, a seconda che la
tensione d’arco ua sia introdotta nel
circuito:
■ quando la corrente è in regime
permanente (vedi capitolo 4);
■ prima che la corrente abbia raggiunto
il valore stabilizzato della corrente
presunta (vedi capitolo 5).
4. Interruzione di correnti permanenti
Per correnti permanenti si intendono
correnti nominali, di sovraccarico e di
corto-circuito che hanno raggiunto un
valore stabile qualunque al momento
dell’apertura del circuito.
L’apertura del circuito può essere:
■ sia volontaria, comandata da un
operatore, indipendentemente dal
valore della corrente;
■ sia “automatica” mediante l’azione di
un dispositivo sensibile al valore stesso
della corrente, che comanda
direttamente o indirettamente l’apertura
del circuito.
Per ragioni di semplicità, le condizioni
di interruzione sono qui analizzate
prima in corrente continua e poi in
corrente alternata.
Allo scopo di interrompere la corrente,
èquindipiùsempliceesufficientemente
rappresentativo considerare ua come
una funzione a gradino ponendo:
ua = Ua per t > to
(con to istante in cui u a = E).
La corrente dopo l’apertura (t > to),
ha quindi l'andamento:
ia =
E Ua
−
R R
t−t

− o
⋅  1− e τ 


Ua
Ua
con τ = L/R, e si ha interruzione
nell’istante ta:
t a = τ ⋅log
Ua
E
Ua
+ to
Ua − E
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
in cui la corrente passa per lo zero
(una corrente negativa dovuta alla
preponderanza di Ua rispetto a E non
avrebbe alcun senso fisico).
Il calcolo dell’integrale:
t
t0
In corrente continua
(vedi fig. 6).
u=E
prima dell’apertura: io = E/R
dopo l’apertura:
E – R•i – L•di/dt – ua = 0
A partire dall’apertura dei contatti, ua
cresce fino al valore massimo Ua.
La legge di Ohm generalizzata mostra
che la corrente non potrà essere
forzata a zero finché ua non diventerà
superiore a E.
Altrimenti la corrente tenderà al valore:
I'o = (E – Ua) / R, non nullo.
L
R
U
E, r
Ua
i,u
i0
E
ia
ta
∫
Wa = ua ⋅ia ⋅ dt
to
t0
fornisce:
Ua 
U   U 
1

Wa =  ⋅L ⋅i2o  ⋅ 2 ⋅ a ⋅ 1+  1− a  ⋅log

2

E  
E
Ua − E 
ta
t
fig. 6
5
Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
L’interpretazione di questa espressione
è facilitata ponendo:
1

WLO =  ⋅L ⋅i2o 
2

e osservando le curve (Wa/WL0) e (ta/τ)
in funzione del rapporto Ua/E
(vedi fig. 7).
Queste curve mostrano che:
■ se Ua = E allora W a /WL0=2 ma il
tempo di interruzione è infinito;
■ se Ua è molto grande, al limite
tendente all’infinito, allora Wa/WL0=1.
L’energia dell’arco è uguale all’energia
induttiva iniziale, e il tempo di
interruzione è teoricamente nullo: la
potenza dell’arco, Wa/ta è però molto
grande;
■ il ginocchio della curva Wa/WL0
è un ottimo pratico e dunque
Ua
< 2,5
E
è un buon compromesso.
A questo intervallo corrispondono
Wa=1,2•WL0 e ta=τ.
Il coefficiente 1,2 (rilevato dalla curva)
è molto soddisfacente poiché si
avvicina al minimo assoluto 1, difficile
da raggiungere.
1,5 <
In corrente alternata
monofase
ta
__
τ
Wa
___
W L0
2
2
1,5
1,5
Wa
___
W L0
1
1
ta
__
τ
0,5
0,5
0,2
1
1,5
2
3
5
10
"ottimo"
fig. 7: curve Wa/W L0 e ta / τ
i a ,ua
i,u
Ua
Ua
ia
ia
t
Ur
Ua Ud -
Ua
IUaI
a
i = lo ⋅ sin(ωt − ϕ )
con:
t
cosϕ =
R
(L ⋅ω )2 + R2
fig. 8
i,u
Ua
e:
Ud +
E
(L ⋅ω )2 + R2
A partire dalla separazione dei contatti
compare l’arco, e l’andamento della
tensione nel tempo può sembrare
complesso. Tuttavia ua ha sempre lo
stesso segno di i e il suo valore
assoluto tende a Ua (vedi fig. 8).
Lo studio matematico di ia ta e Wa a
partire dalla legge di Ohm
generalizzata,
u – R•i – L•di/dt – ua = 0
è sempre possibile ma meno semplice.
6
Ud +
t
u = E⋅ sinωt
Io =
Ua
__
E
i
i,u
Ua+
Ur
i
t
Ua(t)
t
Ud -
Ua t0
fig. 9
Ur
Ua -
ta
b
fig. 10
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
Inoltre, dal momento che questi calcoli
non tengono conto delle condizioni di
ristabilimento in tensione di una reale
interruzione in alternata, è necessaria
l’analisi dei due casi Ua > E e U a <<
E:
■ se Ua > E (vedi fig. 9) la tensione
d’arco contribuisce a forzare verso
“zero” e a mantenere nulla la corrente.
Ciò indipendentemente dallo
sfasamento ϕ tra i e u;
■ se Ua << E l’interruzione resta
possibile e risulta complessivamente
più facile che in corrente continua
grazie agli zeri naturali di i. La riuscita
dell’interruzione è condizionata da dei
fenomeni postarco ad ogni zero di
corrente che si traducono in una “gara
di velocità” tra la rigenerazione
dielettrica dell’arco e la tensione di rete.
Esaminiamo due possibilità:
■ se il valore assoluto di U a raggiunto
ad uno zero di corrente supera la
tensione di rete in questo istante, TTR
compresa (vedi fig.10), allora la curva
di rigenerazione dielettrica resta
maggiore della tensione di rete: si ha
interruzione;
■ se invece, il simmetrico di Ua
raggiunto ad uno zero di corrente è
inferiore alla tensione di rete in questo
istante, TTR compresa, la tensione di
rete rischia di intersecare la curva di
rigenerazione dielettrica (U d) se questa
non è sufficientemente rapida. (vedi fig.
10b). In queste condizioni l’arco può
ristabilirsi e non c’è interruzione
(almeno in questo zero di corrente).
In entrambi i casi l’influenza del fattore
di potenza cosϕ del circuito da
interrompere è importante perché
introduce uno sfasamento degli zeri di
corrente rispetto al valore della
tensione di rete. In particolare se
cosϕ ≅ 1 tensione e corrente sono nulle
negli stessi istanti, e l’interruzione è
molto facilitata.
In corrente alternata trifase
Quando il neutro è distribuito, le
condizioni di interruzione trifase sono le
stesse del caso monofase e si ragiona
in tensione di fase, polo per polo.
Quando il neutro non è distribuito, il
corto-circuito introduce un punto neutro
“flottante” (vedi fig. 11).
In tali condizioni:
■ il primo polo che interrompe dovrà
sopportare una tensione di
ristabilimento pari circa a 1,5 •E, poiché
il punto neutro tenderà a spostarsi da N
a N’;
■ a questo punto gli altri due poli si
troveranno a lavorare in serie per
interrompere la corrente monofase
alimentata dalla tensione concatenata.
Questa corrente risulta pari a circa
√3/2 volte la corrente di corto-circuito
trifase. Il punto di neutro si potrà
spostare lungo il lato orizzontale del
triangolo in funzione delle diverse
tensioni d’arco sui due poli in serie.
Al completamento dell’interruzione, la
totale tensione di ristabilimento (√3•E)
si ripartirà fra i due poli in relazione al
loro comportamento dielettrico.
Tenuto conto di questa aleatorietà della
TTR su un polo (nel caso limite tutta la
tensione concatenata su un polo) non è
a priori detto che l’interruzione di
entrambi i due ultimi poli sia tanto più
facile di quella del primo polo.
i1
0
N
i3
i2
N"
N'
i1 = 0
Un
i 2 = i3
N' e N" = Neutro "flottante"
fig. 11
5. Interruzione di correnti presunte (con limitazione)
Definizioni
i=
t
t

− 
− 
E 
⋅  1− e τ  = ip ⋅  1− e τ 
R 



In corrente alternata monofase,
l’istante di apparizione del guasto o di
chiusura del circuito hanno una grande
importanza nell’evoluzione della
corrente transitoria.
Considerando come istante “zero”
l’istante di apparizione del guasto,
caratterizzato da un angolo α rispetto
al precedente zero di tensione, tale
tensione si può esprimere come (vedi
fig. 13a): u = E•sin (ωt+α)
L’espressione della corrente diventa
■
i=
E 
⋅ sin(ωt + α − ϕ ) − sin(α − ϕ )
Z 
E  
i = ⋅ sin ωt +
Z  
u
t
"α"
a
i "simmetrica"
t
α=ϕ
− ⋅t 
π
 −e L 

2

R
b
i
i
i "asimmetrica"
E
R
Ip
E
R
t
α ≠ϕ
R
− t
⋅e L


in cui notiamo due componenti:
■ una alternata, sfasata di ϕ rispetto ad u,
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
l’altra unidirezionale, tendente a zero
per t che tende all’infinito.
È interessante notare due casi
particolari:
■ α = ϕ detto “regime simmetrico” (vedi
fig. 13b) in cui l’espressione della
corrente è:
E
i = ⋅ sinωt
Z
Tale corrente ha fin dall’inizio lo stesso
andamento che in regime permanente
ed un valore di cresta pari a E/Z; non
c’è dunque alcuna componente
unidirezionale.
■ α−ϕ = π/2 detto “regime asimmetrico”
in cui (vedi fig.13c) l’espressione
generica della corrente è:
■
Corrente presunta
È la corrente che circolerebbe nei
circuiti di un impianto se ogni polo
dell’interruttore o il fusibile venisse
sostituito da un conduttore
d’impedenza trascurabile (IEC 50-441).
In un circuito di prova di
apparecchiature è la corrente di
taratura.
Ricordiamo che:
■ in corrente continua l’andamento
della corrente è del tipo (vedi fig. 12):
τ
fig. 12
t
c
fig. 13
7
Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
La componente unidirezionale assume
il valore iniziale massimo E/Z, e
sommando istante per istante le
componenti alternata e unidirezionale si
evidenzierà il valore di cresta della
corrente, funzione del rapporto R/L dal
quale dipende lo smorzamento della
componente unidirezionale.
Nota:
Per effetto della somma istantanea
delle componenti unidirezionale ed
alternata, il valore massimo della
corrente di cresta in un determinato
circuito, si ottiene quando α=0, e cioé
quando il guasto appare in
corrispondenza dello zero di tensione.
■ In corrente alternata trifase (vedi
fig. 14), la corrente in ogni fase può
dare origine agli stessi casi particolari
(simmetrici e asimmetrici) del
monofase. Ad ogni modo, quale che sia
α, si ha quasi sempre:
■ una fase in regime quasi-simmetrico
■ una fase in regime quasi-asimmetrico
■ la fase rimanente detta in “piccola
semionda”.
Interruzione con limitazione
Con questa espressione si intende che
si sono presi provvedimenti per
impedire che la corrente di cortocircuito raggiunga il massimo valore di
cresta della corrente presunta (vedi fig.
15a)
Questa tecnica è importante e spesso
indispensabile per evitare danni
all’impianto.
La limitazione sarà ottenuta grazie alla
tensione d’arco soltanto se questa
diventa rapidamente più grande della
tensione di rete e si mantiene tale (vedi
fig. 15b).
In effetti la legge di Ohm:
e – R•i – L•di/dt – ua = 0
permette di definire tre condizioni di
limitazione (vedi fig. 15c):
Laboratoire VOLTA A3076 90/05/31/001
creazione al più presto di una
tensione d’arco;
■ evoluzione di questa tensione d’arco
il più velocemente possibile per
raggiungere Ua = e – R•i e quindi
■
L⋅
di
=0
dt
il che significa che la corrente ha
raggiunto il suo valore massimo ic;
■ mantenimento della tensione d’arco
Ua al più elevato valore possibile in
modo che di/dt sia negativa e la
corrente sia forzata verso zero.
Riassumendo “presto, veloce,
elevato” questo è il motto per
“interrompere grazie all’arco ...
correnti presunte... con
limitazione...”.
Ip
i
.005
200.0
10 ms
i interrotta
asimmetria vera
t
a
traccia 1
40 000 kA
I1
Ua
U
traccia 4
205.V
V1
Ur
Ua
traccia 2 quasi-asimmetria
40.00 kA
I2
traccia 5
204.V
V2
t
b
traccia 3 piccola
semionda
40.00 kA
I3
i
traccia 6
204.V
V3
di
=0
dt
di
<0
dt
onde di tensione
onde di corrente
t
c
fig. 14: oscillogrammi di una interruzione di un circuito di prova in corrente alternata
8
fig. 15
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
In corrente continua
La tensione continua si esprime come
u(t) = E.
■ Fino all’apertura del circuito la
corrente è:
t
t

− 
− 
E 
i⋅ ⋅  1− e τ  = ip ⋅  1− e τ 
R 



■ Dopo l’apertura del circuito, compare
una tensione d’arco. Se quest’ultima
cresce rapidamente il suo andamento
globale potrà essere assimilato ad una
funzione a gradino il cui fronte di salita
sarà definito da ua = E all’istante to
(vedi fig. 16).
La corrente dopo aver raggiunto un
valore io decresce in modo
esponenziale e s’annulla dopo un
tempo ta << τ.
Il calcolo dell’energia d’arco,
ta
∫
Wa = ua ⋅ia ⋅ dt
to
In corrente alternata
monofase
In condizioni di limitazione l’interruzione
della corrente avviene come se si
trattasse momentaneamente di una
interruzione di corrente continua.
■ Il caso di regime simmetrico, in
particolare, è quasi equivalente ad una
interruzione di una corrente presunta
con tensione di rete E= Un √2
(vedi fig. 18a).
■ Nel caso di regime asimmetrico la
limitazione è spesso migliore poiché la
curva della tensione d’arco interseca la
curva della tensione di rete prima che
la corrente abbia raggiunto un valore
molto elevato (vedi fig. 18b).
■ Nei casi intermedi, con piccola
semionda l’interruzione con limitazione
può avere luogo solo alla seconda
semionda di corrente, essendo la prima
semionda di valore troppo modesto
(fig. 18c).
i,u
Ua
Un 2
i p "SIM"
ic
Ur
T/2
t
a
fornisce

R ⋅io  
1
 U  U −E
Wa =  ⋅L ⋅i2o  2 ⋅ a ⋅ 1− a
⋅log 1+

2
 Rio 
U
Ri

o
a − E 


da cui l’insieme di curve (W a/WL0)
(vedi fig. 17), introducendo il parametro
k=io/ip (detto rapporto di limitazione).
Si noti che l’energia d’arco è tanto più
modesta quanto più il rapporto di
limitazione k è piccolo. Questa energia
risulta ottimale per l’interruttore per
Nota
Una limitazione efficace per forti
correnti di corto-circuito, può essere
ottenuta solo se la tensione d’arco
interviene in un tempo molto inferiore
a T/4 (con T periodo della tensione
di rete).
i,u
Ua
< 2,5
E
analogamente al caso di corrente in
regime permanente.
1,5 <
i p "ASIM"
Ur
ic
T/2
t
2
Ip
b
Ip
i0
Wa
___
W L0
15
ic
i
τ
t
1.2
k=1
1
0.95
k = 0,9
0.85
k = 0,8
ip
ia
0.75
Ua
k = 0,7
0.5
k = 0,6
t
Ua
0.3
E
i p "piccola semionda"
k = 0,5
0.2
k = 0,25
c
0
t0
fig. 16
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
t
1
fig. 17
1,5
2
2,5
3
Ua
__
E
fig. 18
9
Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
In corrente alternata trifase
2° caso: apertura simultanea dei poli.
La corrente della fase in regime
simmetrico agisce, per prima, su di un
dispositivo di sgancio che provoca
un’apertura onnipolare molto rapida.
In questo caso le tensioni d’arco si
sviluppano sulle tre fasi a partire dallo
stesso istante.
Tutto si svolge come se la fase in
regime quasi-simmetrico fosse
interrotta ad una tensione concatenata
con una tensione d’arco doppia.
Questa apertura onnipolare deve
avvenire in un tempo minore di T/4 e
sarà ancora più efficace per tempi
minori di T/8, visto che in questo caso
la fase in piccola semionda viene
interrotta pur essendo interessata da
una corrente modesta.
Bisogna considerare due casi:
1° caso: apertura indipendente dei
poli.
Ciascun polo introduce una tensione
d’arco funzione della corrente che
l’attraversa (vedi fig. 19).
In prima approssimazione l’interruzione
avviene nel seguente modo:
■ una delle fasi interrompe in regime
simmetrico monofase ma con un
ristabilimento in tensione ad un valore
di 1,5•E;
■ le altre due fasi effettuano una
interruzione in regime bifase di una
“coda di corrente”.
Un tale comportamento all’interruzione:
ha generalmente luogo in dispositivi
aventi un’inerzia totale delle parti in
movimento piccola;
■ è volutamente ricercato sui grandi
apparecchi aventi energia di manovra
esterna ultra rapida (ad esempio ad
effetto Thomson con scarica
capacitiva).
■
Laboratoire VOLTA A0201 89/02/014
1 ms
i p1
traccia 1
20,00 kA
traccia 4
200 V
traccia 2
20,00 kA
traccia 5
200 V
traccia 3
20.00 kA
traccia 6
200 V
I1
V1
I2
ip2
V2
I3
V3
fig. 19: oscillogramma di una interruzione di un circuito di prova in corrente alternata trifase, con apertura indipendente dei poli
10
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
I parametri dell’interruzione
Al fine di apprezzare l’efficacia
dell’interruzione i parametri da tenere in
considerazione sono:
■ corrente di cresta interrotta = i c
(valore assoluto della corrente di cresta
massima).
La sua conoscenza permette di definire
gli sforzi elettrodinamici massimi nel
circuito.
■ Sollecitazione termica o integrale
di joule = ∫ i2•dt.
L’andamento della corrente interrotta
non corrisponde ad una funzione
matematica semplice e questo integrale
è calcolato passo passo per via
informatica. L’integrale di Joule traduce
le sollecitazioni termiche sugli elementi
del circuito.
■ Durata dell’interruzione = t a
tempo totale d’interruzione se il circuito
è trifase.
■ Tensione d’arco massima = U a
ordine di grandezza:
■ da 250 V a 500 V per interruttori
normali,
■ da 600 V a 900 V per interruttori
limitatori; queste “sovratensioni” non
sono pericolose perché sono inferiori
alle tensioni di prova normalizzate per
gli impianti BT.
■ Energia d’arco = ∫ ua•ia •dt.
Anche questo integrale è calcolato
passo passo con l’ausilio del
calcolatore. Essa rappresenta l’energia
sviluppata nella zona d’arco.
Ordine di grandezza: da 1 kJ a 100 kJ
a seconda degli apparecchi e delle
correnti interrotte. Questa energia
condiziona la vita elettrica degli
apparecchi.
Interruzione mediante
i fusibili
Anche il fusibile interrompe grazie
all’arco.
La sua relativa semplicità consiste nel
fatto che un filamento, debitamente
dimensionato, è portato alla sua
temperatura di fusione dalla corrente
che lo attraversa.
Con forti correnti il riscaldamento che
porta alla fusione del filamento è di tipo
adiabatico, e la sua energia di prearco
è definita dalla formula:
tpa
∫
R i2 ⋅ dt = m⋅ c ⋅ Tf
0
con:
R = resistenza del filamento
m = massa del filamento
c = calore specifico del materiale del
filamento.
Tf = temperatura di fusione
tpa = tempo di prearco
Questa energia termica (di prearco)
è indipendente dalla tensione di rete.
L’arco raggiunge rapidamente la
lunghezza del filamento fuso e la
tensione d’arco assume un valore
funzione di questa lunghezza e della
pressione che si viene a creare
nell’involucro (vedi fig. 20).
Tale involucro può essere riempito di
polvere di silice per assorbire l’energia
d’arco attraverso la fusione della silice
stessa.
Nota
La coda di corrente si spiega con il
percorso “preferenziale” che l’arco si
crea nella silice fusa. L’arco si raffredda
contro le pareti ancora calde.
Qualche osservazione a proposito dei
fusibili:
■ il fusibile non può interrompere che a
seguito di elevate correnti di
sovraccarico o di corto circuito;
■ il fusibile è talvolta dotato di un
percussore per segnalare la fusione e
talvolta anche per agire indirettamente
su di un dispositivo di interruzione
complementare, al fine di effettuare
un’apertura su tutte le fasi;
■ dopo il guasto e la fusione di un
fusibile gli altri fusibili “superstiti”
possono aver sfiorato il loro punto di
fusione ed avere così modificato le loro
caratteristiche; tali fusibili possono
allora in futuro fondere
intempestivamente ad una corrente
inferiore al loro calibro. Per questo
motivo è necessario sostituire sempre
tutti i fusibili insieme.
i
ip
ÀÀÀÀÀ
@@@@@
€€€€€
@@@@@
€€€€€
ÀÀÀÀÀ
@@@@@
€€€€€
ÀÀÀÀÀ
@@@@@
€€€€€
ÀÀÀÀÀ
@@@@@
€€€€€
ÀÀÀÀÀ
@@@@@
€€€€€
ÀÀÀÀÀ
elemento fusibile
t
t pa
silice
U
Ua
involucro isolante
Ur
elemento di raccordo
t
i
ia
t
fig. 20
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
11
Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
6. L’ interruttore di bassa tensione
Un interruttore (vedi fig. 21) è un
apparecchio di manovra e protezione
capace di chiudere e interrompere un
circuito in presenza di qualsiasi
corrente fino al suo potere di
interruzione estremo Icu (vedi norma
CEI EN60947.2).
Benché la sua funzione essenziale sia
l’interruzione automatica delle correnti
di corto-circuito e di sovraccarico grazie
all’azione degli sganciatori, l’interruttore
permette anche, attraverso un’azione
volontaria esterna, l’interruzione delle
correnti di sovraccarico e di quelle
“normali” (minori o uguali alla
nominale). Inoltre, dopo ogni apertura
assicura un isolamento in tensione del
circuito interrotto.
La progettazione di un interruttore che
potesse riunire nello stesso contenitore
tutte queste funzioni ha condotto
all’utilizzo di soluzioni specifiche quanto
a:
■ meccanismo di apertura/chiusura;
■ sganciatori;
■ circuiti elettrici dei poli;
■ elementi di interruzione (contatti,
camere di interruzione).
Questo capitolo fa un’analisi delle sue
funzioni, delle sue tecnologie e delle
sue prestazioni.
Condurre la corrente
Questa funzione necessita di
precauzioni costruttive per avere nello
stesso tempo un riscaldamento
ammissibile ed una possibilità
d’apertura rapida.
Inoltre se l’interruttore è adatto per
realizzare la selettività cronometrica
(categoria B secondo CEI EN60947.2)
può essere necessaria una tenuta
elettrodinamica e termica elevata per
sopportare le correnti di corto circuito
durante l’intervallo di tempo richiesto
per il funzionamento degli apparecchi
a valle.
Aprire il circuito, interrompere
la corrente
L’apertura può essere effettuata:
mediante azione volontaria sul
meccanismo, manuale o
telecomandata; la corrente da
interrompere può avere un valore
qualunque;
■
mediante azione indiretta sul
meccanismo, provocata dallo
sganciatore in seguito ad una
sovracorrente: questo provoca
un’apertura automatica e definitiva
dell’interruttore, anche se l’organo di
manovra è mantenuto nella posizione
di “chiuso”;
■ mediante l’azione di uno sganciatore
ausiliario sul meccanismo; ad esempio
dispositivo a minima tensione, a lancio
di corrente, a corrente differenziale
ecc. ecc. L’apertura è automatica e
definitiva e la corrente in quell’istante
può assumere un valore qualsiasi.
■
Garantire il sezionamento
Quando l’interruttore è aperto è
richiesto un livello di isolamento tra le
parti in tensione e quelle fuori tensione.
Questo livello è definito da prove
dielettriche, come quelle previste dalla
norma CEI EN60947.2 (si veda in
proposito il dossier tecnico n° 2,
“Evoluzione degli interruttori BT con la
Norma IEC 947.2”).
attacco superiore
caminetto di sfiato dei gas
griglia di sfiato
Le sue funzioni
separatore della camera di interruzione
contatto d'arco inferiore
zona di
interruzione
contatto fisso
contatto mobile
contatto d'arco superiore
➤
Chiudere il circuito
Azionando il meccanismo, la corrente si
stabilisce già quando i contatti sono
appena in contatto ed alla messa in
tensione, alcuni carichi assorbono
correnti ben superiori a In (per esempio
i motori da 7 a 8 volte In per qualche
secondo). Affinché questi sovraccarichi
non diano luogo a dei fenomeni
dannosi nelle zone di contatto
(erosione dovuta all’arco) la chiusura
deve essere rapida specialmente per
correnti elevate.
Inoltre, per sopportare tutte le
condizioni abituali, gli interruttori
devono poter stabilire delle correnti da
15 a 20 volte superiori alla loro corrente
nominale.
La realizzazione di questa funzione
richiede delle specificità, perché un
interruttore deve sempre essere pronto
a riaprire in caso di guasto
nell’impianto, compreso il caso in cui il
guasto sia già presente al momento
della chiusura.
➤
griglia isolante
F
O/D
posizioni della leva
di comando:
chiuso - F scattato relé - O/D aperto - O riarmo - R -
O
R
blocco sganciatore magnetotermico
(intercambiabile) con:
sganciatore termico
sganciatore magnetico
attacco inferiore
fig. 21: spaccato di un interruttore BT industriale da 400 A
12
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
I meccanismi
I tre principi di base sono:
■ meccanismo a due posizioni stabili
ON e OFF (per gli interruttori di tipo
modulare);
■ meccanismo a tre posizioni stabili
ON, OFF, TRIP utilizzato
principalmente negli interruttori di tipo
scatolato in cui l’organo di manovra
permette:
■ la chiusura brusca dei contatti,
indipendente dalla velocità di manovra,
■ l’apertura brusca dei contatti,
indipendente dalla velocità di manovra,
■ l’apertura per sgancio, che avviene
anche se il nasello è mantenuto nella
posizione ON; dopo l’apertura per
sgancio la richiusura dovrà essere
preceduta dal riarmo del meccanismo,
■ il sezionamento visualizzato (l’organo
di manovra non può essere lucchettato
in posizione OFF, se tutti i contatti non
sono realmente aperti);
■ meccanismo ad accumulo di energia
per interruttori di tipo aperto, più
sofisticato, perché prevede un
dispositivo di carica molle che agisce
precedentemente alla chiusura ed alla
apertura permettendo così un ciclo di
manovra “O-CO” senza ricarica
intermedia.
Gli sganciatori
Gli sganciatori sono estremamente
diversificati; per questo, nel seguito,
vengono enunciati solo i principi di
base che costituiscono il minimo
indispensabile per affrontare
l’interruzione delle sovracorrenti.
■ Gli sganciatori magnetotermici (detti
convenzionali):
■ in condizioni di sovraccarico, è
l’effetto di un riscaldamento significativo
dovuto al passaggio di una corrente
determinata che provoca lo sgancio
mediante un elemento
“termomeccanico”, generalmente una
lamina bimetallica.
Con correnti prossime alla nominale la
temperatura del sensore termico
raggiunge valori corrispondenti ad uno
stato di equilibrio termico. Lo stato di
equilibrio termico corrispondente alla
corrente più alta che non provoca lo
sgancio, determina il calibro nominale
dello sganciatore.
Lo sganciatore può essere
“compensato” per tener conto
dell’influenza della temperatura
ambiente.
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
Per dei sovraccarichi molto elevati il
riscaldamento avviene in regime quasi
adiabatico, di conseguenza i tempi di
sgancio sono funzione dello stato di
riscaldamento preliminare della lamina
bimetallica (caratteristiche di intervento
a caldo e a freddo dello sganciatore),
■ In condizioni di corto-circuito, a
partire da una certa soglia di corrente,
lo sgancio avverrà “istantaneamente”
grazie ad una bobina che mette in
movimento un’ancora od un nucleo
magnetico. Il tempo di intervento della
soglia di corrente deve essere minore
di 200 ms, ma diventa molto più breve
(da 3 ms a 5 ms) per forti correnti.
■ Gli sganciatori elettronici, sono
composti da trasformatori di corrente
speciali che alimentano schede
elettroniche. L’insieme ha come
obbiettivo la stima della corrente che
attraversa i poli dell’interruttore per
agire di conseguenza su di un
dispositivo di sgancio.
I loro punti di forza sono:
■ maggiore precisione nella
regolazione delle soglie;
■ curve di sgancio regolabili a seconda
dell’impiego;
■ capacità di fornire informazioni
localmente ed a distanza.
I contatti
I contatti degli interruttori BT sono
costituiti da zone di elementi conduttori
sottoposti ad una pressione diretta
nella stessa direzione del loro possibile
spostamento (vedi fig. 22).
Due fenomeni fisici legati al materiale
utilizzato ed alla forza di contatto
devono attirare la nostra attenzione:
■ la resistenza di contatto (Rc).
Essa deve essere la minima possibile
perché condiziona la potenza
sviluppata nel punto di contatto, che
deve essere dissipata per conduzione.
Questi riscaldamenti possono
accentuare i fenomeni d’ossidazione e
di corrosione dei contatti, che possono
essere realizzati in rame fino a 100 A,
e devono essere a base di argento per
correnti superiori, in modo da
preservarli da deterioramenti.
Con forti correnti, nel punto di contatto,
la potenza sviluppata può superare la
potenza dissipabile. La zona di
contatto può allora essere portata alla
fusione; per evitare quindi la saldatura
dei contatti viene generalmente
utilizzata una coppia di materiali
eterogenei, per esempio con
l’introduzione di tellurio o di carbonio
nel materiale di uno dei contatti.
Fino a 630 A il contatto viene realizzato
con un solo elemento; al di sopra di
questo valore di corrente è preferibile
utilizzare un sistema a più “dita” di
contatto in parallelo.
■ La repulsione elettrodinamica.
Per interazione magnetica tra i filetti di
corrente disposti a raggiera
(vedi fig. 22), si genera una forza di
repulsione dei contatti detta repulsione
elettrodinamica. Questa repulsione ha
conseguenze dannose perché provoca:
■ erosione indesiderata dei contatti a
causa dell’energia d’arco
■ rischio di saldatura o di
microsaldature se i contatti si
richiudono
■ formazione di “punti caldi” che
favoriscono la stagnazione dell’arco e
quindi l’emissione termoionica;
possono essere così compromesse le
condizioni di estinzione dell’arco
durante la sua fase di rigenerazione.
Bisogna notare che per migliorare la
tenuta elettrodinamica, per correnti
nominali superiori a 630 A, è molto
vantaggiosa la tecnica “multidita”.
In definitiva, la scelta del materiale e la
forza di contatto sono determinanti
perché influenzano la resistenza di
contatto, la repulsione elettrodinamica
e molti altri aspetti come erosione,
microsaldature, ecc.
⇒
Le sue tecnologie
forza di contatto
(Fc)
I
I
fig. 22
13
Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
Particolarità del contatto mobile
Con forti correnti, superiori a 15 volte In,
bisogna:
■ per gli apparecchi previsti per restare
chiusi al passaggio della corrente di
corto circuito, migliorare la tenuta
elettrodinamica mediante una
“compensazione” prodotta dalla stessa
corrente. Vediamo qualche schema
possibile:
■ per attrazione mutua; questo schema
impedisce l’apertura al passaggio di
forti correnti (vedi fig. 23a)
■ per repulsione equilibrata, mediante
opportuno posizionamento del perno A
(vedi fig. 23b); è una soluzione
utilizzata negli interruttori a corrente
nominale elevata, non limitatori. Questi
interruttori sono generalmente installati
in testa all’impianto ed il loro intervento
è spesso ritardato per ottenere
selettività; la loro tenuta elettrodinamica
deve dunque essere elevata per
sopportare correnti di corto-circuito pari
a “20 volte In” e più;
■ per gli apparecchi che devono aprirsi
e interrompere rapidamente, migliorare
le condizioni di repulsione del contatto
mobile al fine di ottenere più
velocemente una elevata tensione
d’arco.
Sono possibili alcuni schemi
(vedi fig. 24):
■ a semplice anello di repulsione,
■ a doppia repulsione (spesso
realizzata tramite un doppio contatto),
■ ad estrattore; un nucleo magnetico
spinge o tira il contatto mobile.
Gli effetti elettrodinamici di repulsione
possono essere rinforzati dall’aggiunta
di opportuni circuiti magnetici:
■ con effetti proporzionali al quadrato
della corrente tramite un circuito di
attrazione (vedi fig. 25a) o di repulsione
(vedi fig. 25b). in forma di U,
■ con effetti proporzionali alla
variazione della corrente (di/dt), quindi
particolarmente efficaci con forti
correnti (vedi fig. 25c).
In alcuni casi si fa in modo che i
contatti mobili si richiudano da soli
dopo un brevissimo tempo per poi
riaprirsi definitivamente solo se il corto
circuito non è stato eliminato da un
interruttore situato a valle. Questo è il
principio utilizzato nei blocchi limitatori
del sistema SELLIM realizzato da
Merlin Gerin.
Le camere di interruzione
Il ruolo essenziale di queste parti è di
mantenere la tensione d’arco ad un
valore conveniente ed assorbire
l’energia sviluppata nell’arco
(talvolta questa energia è elevatissima:
se Ua = 500 V e I = 10 kA per 2 ms,
allora Pa = 5 MW e Wa=10 kJ).
Le camere di estinzione devono anche
soddisfare a condizioni di rigenerazione
dielettrica sufficienti per garantire
l’interruzione definitiva della corrente,
nonostante la presenza della tensione
di rete e della “TTR” (vedi cap. 2,
paragrafo: “aspetti dielettrici dell’arco”).
I fenomeni fisici da tenere in conto per
ottenere l’interruzione non sono più
soltanto elettrici; anche i fenomeni
termici (fusione, sublimazione,
evaporazione) aerodinamici, di
irraggiamento, giocano un ruolo
importante nel bilancio energetico
istantaneo.
Il principio di base di una camera di
interruzione consiste nello spostare
l’arco verso una serie di separatori o
placchette metalliche, disposte
trasversalmente alla colonna d’arco
principale, al fine di:
a
frazionare l’arco in tanti archi
elementari quanti sono gli intervalli,
ciascuno dei quali genera così una
tensione d’arco minima UAC di valore
compreso tra 20 e 40 V, e dovuta al
fenomeno anodo-catodo
(vedi fig. 26a). La tensione d’arco
totale Ua che si manifesta quando c’è
frazionamento, in prima
approssimazione si calcola così (dove
si è tenuto conto di un contributo
dovuto all’allungamento dell’arco, U'L,
di circa 75 V/cm) :
Ua = N • UAC + (L - N • e) U' L
e se:
N • e = L/2 ,
allora:
Ua = N • 20 + L/2 • 75, (V)
dove:
e = spessore dei separatori in cm
N = numero dei separatori
L = lunghezza della camera di
estinzione in cm.
Per esempio con N = 10 e L = 4 cm,
Ua = 200 V+150 V=350 V.
■ Immagazzinare, mediante il
riscaldamento o fusione temporanea
dei separatori, l’energia prodotta dalla
forte corrente nella colonna di plasma.
Nella pratica esiste un limite di
efficienza della camera corrispondente
ad un limite di corrente, al di sopra del
quale l’arco non riesce ad entrare nella
zona dei separatori pur avendo con
questi ultimi un eccessivo scambio
termico (vedi fig. 26b).
■
a
Fr
apertura
Fm
Fm
i
i
i
i
b
Fm
apertura
Fm
b
Fr
Fr
(i/2)
Fm
Fm
i
i
i
i
i
Fm
a
i
c
Fr
Fr
(i/2)
i
c
Fr
i
i
Fm
2/3
i
Fm
i
fig. 24: principio di repulsione dei contatti:
a: a semplice anello di repulsione;
■ b: a doppia repulsione (spesso realizzata
tramite un doppio contatto);
■ c: ad estrattore; un nucleo magnetico
spinge o tira il contatto mobile.
■
b
i
fig. 23.
14
i2
Fm
i
i2
1/3
A
apertura
estrattore
i
fig. 25: dispositivi magnetici di repulsione
dei contatti:
■ a: circuito di attrazione a U;
■ b: circuito di espulsione a U;
■ c: repulsione per di/dt elevata.
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
e
i
L
e
N
e
⇒
e
a
i
contatto
mobile
contatto
fisso
b
fig. 26
La precamera
Questa zona è costituita dal volume
che divide la zona in cui avviene la
separazione dei contatti dall’inizio delle
placchette che compongono la camera
di interruzione.
Una sua appropriata configurazione va
studiata per:
■ evitare la stagnazione dell’arco sui
contatti principali (erosione e punti
caldi); i contatti d’arco vi contribuiscono
provocando lo spostamento della
radice dell’arco dai contatti fissi verso
l’interno della camera;
■ favorire un allungamento dell’arco più
rapido e maggiore di quello provocato
dalla sola apertura meccanica dei
contatti.
Gli effetti magnetici già ricordati in
relazione alla repulsione del contatto
mobile contribuiranno al
raggiungimento di questi obiettivi,
agendo sulla corrente d’arco.
Oltre a questo “soffio magnetico”,
comparirà un vero soffio aerodinamico
se l’energia dell’arco nascente
vaporizza o sublima dei materiali
isolanti gasogeni.
Infine un aumento di pressione,
inevitabile nel caso di interruzione di
forti correnti in ambiente ristretto,
favorisce l’aumento della tensione
d’arco, perché:
■ la sezione retta della colonna d’arco
viene ridotta e quindi la sua resistenza
aumenta;
le differenze di pressione tra queste
zone (sovrapressione dovuta all’arco) e
la parte posteriore della camera di
estinzione (pressione atmosferica)
favoriscono l’ingresso dell’arco ed il suo
mantenimento nella camera.
■
Elementi complementari
La parte posteriore della camera e le
griglie di sfiato dei gas contribuiscono
anch’esse all’interruzione mediante:
■ l’impiego, nella parte posteriore della
camera, di griglie isolanti munite di fori
il cui diametro e la cui ripartizione
contribuiscono a far lavorare la camera
allo stesso modo dall’alto al basso e
dal davanti all’indietro dei separatori;
■ delle griglie isolanti o metalliche
(quasi sempre presenti) che
permettono alla zona di interruzione di
comunicare con l’esterno pur
garantendo un filtraggio ed un
raffreddamento dei gas.
Le sue prestazioni
Le prestazioni di un interruttore
permettono di garantire la sua attitudine
all’impiego in un certo impianto ed in un
punto determinato.
La loro valutazione è fatta tramite prove
elettriche, dielettriche, meccaniche e
climatiche, che sono definite dalle
norme.
Per quel che riguarda l’interruzione,
queste prove permettono, per ogni tipo
di tensione (Volt, frequenza), di
garantire:
■ la durata meccanica a vuoto e con In;
■ i poteri di interruzione relativi ai cicli:
■■O-CO per definire I cu, corrente di
corto circuito estremo
■■O-CO-CO per definire Ics, corrente di
corto circuito di servizio.
Inoltre, prove specifiche caratterizzano
il coordinamento con forti correnti tra
due interruttori associati nello stesso
circuito al fine di ottenere:
■ la selettività amperometrica
(per avere continuità di servizio);
■ la filiazione (per avere vantaggi
economici).
(Per chiarimenti sui concetti di
selettività e filiazione, si veda il dossier
tecnico n° 2, “Evoluzione degli
interruttori BT con la Norma
IEC 947.2”).
Così, tenendo conto delle diverse
caratteristiche e delle varie prestazioni,
talvolta contraddittorie in uno stesso
apparecchio, i costruttori propongono
una vasta gamma di apparecchi atti a
soddisfare l’insieme dei bisogni degli
impianti (vedi fig. 27).
fig. 27: gamma degli interruttori di bassa tensione Merlin Gerin
MERLIN GERIN - Dossier Tecnico n° 4
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Tecniche di interruzione
degli interruttori di bassa tensione
7. Conclusioni
L’avvenire dell’arco?
Sebbene la realizzazione degli
interruttori di bassa tensione utilizzi
importanti miglioramenti legati
all’evoluzione delle conoscenze dei
materiali, e all’impiego dell’elettronica,
ancora oggi l’arco elettrico resta il
mezzo più adatto all’interruzione delle
correnti in bassa tensione.
È dunque prevedibile che ancora per
molti anni la protezione dei circuiti
elettrici sarà affidata ad interruttori per i
quali la padronanza dei fenomeni fisici
connessi con l’arco elettrico sarà
fondamentale.
8. Simbologia
α: istante di apparizione del guasto,
E: tensione nominale in corrente
continua, tensione di cresta in corrente
alternata,
ϕ: angolo di sfasamento
tensione\corrente,
i, (i0): corrente all’istante t, (all’istante
t0),
ia: corrente d’arco all’istante t,
Icc: corrente di corto-circuito,
In: corrente nominale in regime
permanente, Aeff,
Ip: corrente presunta,
Is: corrente di sovraccarico,
r: impedenza del generatore,
R,L,C: resistenza, induttanza e capacità
totali del circuito interrotto,
ta: durata dell’arco,
t (to): tempi, (istante iniziale),
τ: costante di tempo,
u: tensione all’istante t,
ua: tensione d’arco all’istante t,
Ua: tensione d’arco stabilizzata,
UAC: tensione anodo-catodo di ciascun
arco elementare,
Ud+,Ud-: caratteristiche di rigenerazione,
Un: tensione nominale in corrente
alternata, Veff,
Ur: tensione di ristabilimento,
Wa: energia d’arco,
WL0: energia induttiva iniziale per i=i0,
ω: pulsazione in corrente alternata,
(ω = 2πf = 2π/T).
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In ragione dell’evoluzione delle Norme e dei materiali, le
caratteristiche riportate nei testi e nelle illustrazioni del presente
documento si potranno ritenere impegnative solo dopo
conferma da parte di Schneider Electric.