Tradizione e innovazione: itinerari dell’identità religiosa in Himalaya
RESPONSABILE SCIENTIFICO:
Dr. Martino Nicoletti (ricercatore indipendente)
RICERCATORI COINVOLTI:
Dr.ssa Hildegard Diemberger (Univ. di Cambridge)
Dr.ssa Chiara Letizia (Università di Roma – La Sapienza)
Dr. Martino Nicoletti (ricercatore indipendente)
OBIETTIVI DEL PROGETTO, RICERCHE PREGRESSE E NOTE METODOLOGICHE:
Il progetto di ricerca “Tradizione e innovazione: itinerari dell’identità religiosa in Himalaya” ha
come obiettivo lo studio di alcuni aspetti della vita religiosa nel contesto himalayano, considerati
significativi per la definizione di una specifica identità sociale e culturale.
Il progetto si colloca come proseguimento naturale dell’attività di ricerca svolta nell’ultimo
quinquennio, ricerca che e' stata focalizzata sullo studio delle relazioni che intercorrono tra
ritualità, mitologia e percezione/organizzazione/valorizzazione, in termini simbolici, dell’habitat
naturale proprio dei contesti etnici presi in esame.
Le ricerche condotte dal responsabile del progetto e dai suoi diretti collaboratori nell’ambito delle
attività di Ev-K2-CNR, si sono sviluppate, sino ad ora, seguendo alcuni temi specifici:
- studio dello sciamanesimo dei Kulunge Rai della regione nepalese del Solukhumbu con
particolare riferimento al tema del “viaggio sciamanico”;
- studio sull’organizzazione simbolica dello spazio tra gruppi di lingua-tibeto birmana stanziati nel
Nepal orientale;
- ricerche relative alle valenze sacrali delle confluenze fluviali nelle culture tradizionali del Nepal
orientale ;
- studi sull’attività oracolare in ambito tibetano (Tibet meridionale, regione di Porong) con
particolare riferimento alle figure di oracoli viventi femminili e alla connessione di questa
tradizione con culti di montagne e di divinità montane;
- studi sulle valenze rituali di alcune specifiche danze tradizionali officiate da laici nella regione
tibetana di Porong. In particolare le ricerche si sono concentrate sullo studio del ciclo di danze
Gyalsen.
Nella quasi totalità delle ricerche le indagini, oltre ad avvalersi degli strumenti tradizionali propri
dell’indagine etnografica, hanno utilizzato una metodologia di tipo “visuale”. Questa, in alcuni
casi, non si è limitata a costituire un elemento integrativo della ricerca, ma ha avuto una funzione
“strutturante” delle stesse indagini, consentendo così la pubblicazione dei prodotti della ricerca
sotto forma di lavori capaci di concedere ampio spazio a documenti visivi, nonché alla loro analisi
critica.
Nel tentativo di convergere con lo spirito dell’insieme delle ricerche scientifiche svolte dal
Comitato Ev-K2-CNR, i risultati della ricerca, al di là della esclusiva collocazione in ambito
scientifico ed accademico, sono stati in parte orientati verso la divulgazione scientifica così da
consentire una fruizione dei prodotti stessi da parte di una più vasta utenza.
Nel triennio 2003-2005 il progetto intende attivare una nuova serie di linee di indagine che hanno
come principale obiettivo lo studio della vita religiosa intesa come elemento fondante di una
specifica identità culturale. La ricerca, oltre a considerare contesti per così dire “tradizionali”,
vorrebbe porgere particolare attenzione alla selezione di una serie di elementi religiosi tipici di
contesti in rapido e consistente mutamento socio-culturale, così da mettere in rilievo alcune
modalità di “adattamento”, “reinterpretazione”, “rifunzionalizzazione” e“invenzione” di forme
culturali tradizionali. L’analisi verrà svolta sia nell’ambito propriamente mitico, sia- e soprattuttoin sede “operativa”, vale a dire rituale. La scelta di analizzare il tema delle identità in mutamento
risponde al desiderio di fare luce su uno degli aspetti emergenti nel panorama sociale delle culture
himalayane, soggette ad un rapido e vorticoso processo di modernizzazione.
La scelta di avvicinare questo tema attraverso uno studio di aspetti significativi della vita religiosa
risponde in gran parte ad una consolidata vocazione di fondo del progetto che da anni è impegnato
nel campo dell’etnografia religiosa.
In ambito nepalese la ricerca intende valorizzare alcuni aspetti specifici connessi con i processi di
rapida modernizzazione ed occidentalizzazione che hanno interessato il Nepal negli ultimi decenni.
Le aree individuate per poter meglio analizzare e comprendere questi fenomeni sono quelle della
Valle di Katmandu e delle aree rurali maggiormente interessate dai flussi turistici (trekker e
alpinisti).
In ambito tibetano le ricerche prenderanno in esame alcune aree tradizionalmente occupate da
popolazioni nomadi che hanno subito un rapidissimo mutamento socio-economico e socioculturale in seguito all’ instaurazione di sistemi amministrativi di modello cinese.
Qualora possibile, il progetto intenderebbe inoltre far partire una serie di ricerche in altre regioni
himalayane e del sud-est asiatico, in particolare lo Yunnan cinese e alcune regioni del Vietnam e
Laos, abitate da gruppi etnici di lingua tibeto-birmana.
LINEE DI RICERCA DEL PROGETTO:
Nel corso del triennio il progetto avvierà le seguenti linee tematiche di ricerca:
Estetiche altre: tradizione e innovazione nella tradizione sciamanica himalayana
In ambito himalayano la ritualità sciamanica si struttura attivamente a partire da forme espressive
coreutico-musicali. Musica, danza, canto, elementi coreografici e attività cinetica a carattere
comunicativo e simbolico hanno infatti una tale persistenza, omogeneità e complessità da
consentire un’analisi della prassi sciamanica attraverso gli strumenti tipici dell’antropologia del
teatro e quella della performance, così da introdurre una nuova lettura di questo fenomeno alla luce
delle ricerche esistenti su specifici aspetti della teatralità asiatica popolare ed arcaica. Inoltre, la
ritualità sciamanica nepalese è spesso caratterizzata dalla concomitante produzione di una serie di
manufatti rituali (oggetti tridimensionali rappresentanti spiriti o demoni, disegni con polveri
colorate, dispositivi magici etc.) il cui carattere è quasi sempre effimero: realizzati prima o nel
corso di un rituale, essi vengono distrutti al termine o nelle fasi finali, del rito stesso.
L’assenza di una tradizione scritta a cui uniformarsi o di un modulo canonico unico a cui ispirarsi
sistematicamente fanno dell’insieme di queste espressioni una realtà variegata ed estremamente
dinamica, aperta ad innovazioni e soprattutto naturalmente disposta ad assorbire elementi
eterogenei, non appartenenti ab origine al contesto culturale tradizionale. La ricerca intende
dunque volgersi allo studio dell’estetica indigena contemporanea, concentrando la propria
attenzione sia sugli aspetti coreutico-musicali, sia sullo studio della cultura materiale attinente alla
ritualità sciamanica. In entrambi i casi si cercherà di mettere in risalto gli aspetti maggiormente
attinenti ai processi di mutamento sociale e modernizzazione presenti nelle realtà culturali studiate.
In molti casi si possono osservare marcati processi di interazione con modelli culturali buddhisti ed
induisti, e di adozione di contenuti tipicamente occidentali. Non da ultimo si consideri anche che la
prassi rituale di tipo sciamanico, soprattutto nel caso della dimensione urbana nepalese ha trovato
negli ultimi anni una specifica utenza anche in occidentali residenti (o in transito) in Nepal. In casi
ancora più estremi e circoscritti, si riscontra la recente formazione di una specifica tradizione
sciamanica nepalese il cui monopolio è affidato a sciamani di origine europea o americana che
hanno ricevuto un appropriato training sciamanico in Nepal.
Nello specifico la ricerca si fonderà sulla base dell’osservazione di una serie ristretta di rituali
sciamanici a carattere terapeutico diffusi presso gruppi etnici di lingua tibeto-birmana stanziati in
Nepal (Rai) e nella regione dello Yunnan (RPC), nonché sullo studio di rituali di possessione a
carattere oracolare presenti tra le popolazioni tibetane dell’area di Porong (Tibet meridionale).
La ricerca si svilupperà a partire da alcuni specifici aspetti:
a) la funzione del corpo e della corporeità all’interno della ritualità sciamanica contemporanea
(simboli, usi e funzioni del corpo dello sciamano nel corso dell’officio rituale; la funzione
coreutica e musicale all’interno del rituale sciamanico; simboli, usi e funzioni del corpo dei
pazienti e dei partecipanti al rituale; estetica della salute, estetica della malattia: il doppio volto di
una estetica del corpo; il training sciamanico inteso come acquisizione di saperi attraverso uno
specifico uso del corpo;)
b) il corpo dilatato e modificato (il costume sciamanico; i principali strumenti musicali e
paraphernalia rituali: caratteristiche, impiego, aspetti simbolici, procedimenti di fabbricazione;
nozioni indigene relative alla definizione di uno stato alterato di coscienza; la possessione spiritica
e l’egresso dal corpo intesi come peculiare “prassi” rituale e come specifica espressione di una
esperienza personale);
c) gli elementi del rito (analisi dei manufatti rituali che intervengono nel corso del rituale
sciamanico: l’altare sciamanico, le effigi delle entità che intervengono nel rituale, le offerte
destinate alle entità invisibili, i dispositivi magici per l’esorcismo o la cattura di spiriti e demoni,
disegni e diagrammi simbolici; aspetti e significati del sacrificio cruento nello sciamanesimo:
criteri estetici e di selezione della vittima, modalità di sacrificio, significati simbolici tipici del
sacrificio sciamanico);
d) estetica dello spazio e del tempo all’interno della ritualità sciamanica (criteri di selezione e
modalità di edificazione di uno spazio sacro destinato al rituale; la ritualità domestica ed
extradomestica; desacralizzazione e smantellamento di uno spazio ritualizzato; oggetti e persone
collocate nello spazio: simbologia relativa alla organizzazione attiva dello spazio; i momenti
propizi per l’officio: definizione dei criteri secondo la mentalità indigena; i rituali diurni e notturni;
la nozione di “durata” nel rituale sciamanico);
e) il background concettuale (analisi dei principali aspetti della cosmologia sciamanica e dei più
importanti miti di fondazione relativi alla ritualità sciamanica nel suo complesso e a suoi peculiari
aspetti (ex.: nascita strumenti musicali, nascita danza, nascita sacrificio, nascita malattia, etc.);
Affermazione della tradizione buddhista Theravada nella Valle di Kathmandu: il buddhismo
“tradizionale” e quello “modernista” a confronto
La forma più antica di buddhismo della Valle di Kathmandu è quella praticata dai Newar, che
rappresentano oggi il 5% della popolazione nepalese. La società newar è organizzata secondo un
sistema di caste bicefalo: alla sommità della gerarchia si hanno da un lato i bramani, e dall’altro la
casta di operatori rituali buddisti, che compiono per i loro clienti i rituali domestici, alla stessa
stregua dei bramani. Il buddhismo Newar presenta delle caratteristiche peculiari rispetto ad ogni
altra forma di buddismo conosciuta: esso ha preso in prestito la maggior parte delle divinità hindu,
i riti hindu del ciclo della vita, dalla nascita al matrimonio, e la divisione in caste. Inoltre, non
esistono più monaci: nel corso dei secoli XIV e XV, i monaci hanno infatti abbandonato il celibato
e l’antica comunità monastica si è trasformata in un gruppo di discendenza patrilineare,
organizzato secondo regole di purezza rituale e inserito in una gerarchia di caste della quale
costituisce il vertice. Il buddismo newar è dunque, al pari dell’induismo, una religione
inestricabilmente legata alla società newar, il cui accesso è determinato per nascita e conseguente
iniziazione.
Negli ultimi anni si registra nella valle di Kathmandu un fenomeno assai interessante: l’arrivo dei
monaci missionari della tradizione Theravada, di formazione birmana singalese e più recentemente
thailandese, che propongono di dare un nuovo e radicale orientamento al buddismo newar.
Le radici storiche di questo movimento buddista sono rintracciabili all’inizio del XX secolo in Sri
Lanka, dove il buddismo è stato razionalizzato, modernizzato e riformulato in senso nazionalista e
missionario.
Con l’arrivo della tradizione Theravada, in Nepal si registrano tra i buddisti newar un numero
sempre crescente di conversioni, possibili e pensabili solo all’interno della progressiva
occidentalizzazione del Nepal e della perdita dei codici di riferimento tipici della cultura
tradizionale newar.
La ricerca vuole prendere in esame due buddismi “a confronto”, e mettere in luce le ragioni
storiche e culturali delle loro differenze, nella convinzione che essi rappresentino i due estremi di
un orizzonte religioso nepalese che da tradizionale si fa sempre più occidentale, mettendo in atto la
trasformazione della religione buddhista da fondamento di relazioni sociali a fatto di “coscienza
privata”.
E’ infatti possibile osservare attualmente in Nepal un buddhismo tradizionale “etnico” cui si
accede per nascita in una determinata casta, e un buddhismo universalista (e dunque extra etnico
ed extra castale) impegnato in un’attività di proselitismo e conversione aperta a tutti. Questo
buddismo modernista è pensabile solo in base a una occidentale distinzione tra “civico” e
"religioso”, propria del cristianesimo delle origini.
La ricerca intende, mediante ripetute ricerche sul campo nella Valle, analizzare la presenza e
l’attività missionaria dei monaci Theravada, analizzare il variegato panorama di risposte che i
singoli devoti newar forniscono a questo forte stimolo,. individuare le spinte e che stanno
conducendo ad un così rapido e significativo mutamento nel panorama religioso della valle di
Kathmandu, così da evidenziare le modificazioni che il fenomeno sta provocando a livello sociale
e culturale.
L’attività oracolare come specchio di un’identità.
In questo specifico ambito la ricerca intende prendere in esame l’attività di alcuni specifiche
categorie di oracoli viventi presenti nell’area di Porong (Tibet) e nello Yunnan cinese. Oltre ad una
analisi dei caratteri distintivi dell’operato di questi stessi officianti, il lavoro di ricerca vorrebbe
mettere in luce le forme di innovazione e adattamento verificatesi in seno alla stessa attività
oracolare in concomitanza ai massicci processi di interazione culturale di cui, per differenti ragioni
e in differenti momenti, sia i tibetani di Porong che i Na-khi dello Yunnan sono stati oggetto
COLLABORAZIONI, PARTNERSHIP E COLLOCAZIONE DEI PRODOTTI DELLA
RICERCA:
L’insieme delle linee attraverso cui il progetto intende articolarsi rappresentano il crocevia di
interessi scientifici che appartengono non solo ai ricercatori del progetto, ma che trovano risposta
anche nelle attività di altri progetti di ambito nazionale ed europeo. In ambito nazionale le ricerche
verranno condotte in collaborazione con le attività di ricerca del Dipartimento Uomo e Territorio
dell’Università degli studi di Perugia, nonché con il patrocinio e la collaborazione della
Fondazione Lerici che da anni dirige e svolge programmi di ricerca a carattere archeologico e etnoarcheologico in Asia del sud-est.
In ambito europeo le ricerche saranno condotte in diretta collaborazione con il Dipartimento di
Asiatistica (Asia centrale) dell’Università di Cambridge, il Dipartimento di Antropologia
dell’Università di Oxford, quello di tibetologia dell’Università di Vienna. Ciò vale in particolare
per le attività di ricerca di diretta attinenza al Tibet. Relativamente alla realtà nepalese, le ricerche
saranno condotte in collaborazione con l’unità di ricerca del CNRS “Milieux, Sociétés et Cultures
en Himalaya” a Villejuif (Parigi). Il coordinatore del progetto sta attualmente avviando un accordo
tra l’area “scienze antropologiche” del progetto Ev-K2-CNR e il Dipartimento di Antropologia
(CNAS) della Tribhuvan University di Kirtipur.
Al di là del caratteristiche specifiche dei temi di ricerca proposti, il progetto si colloca entro una
sfera marcatamente internazionale anche per via dell’adozione di una metodologia di indagine a
carattere visuale. Come già in passato essa si concretizzerà attraverso la produzione di documenti
fotografici, video digitali, musicali e sonori.
Questo elemento situa il lavoro di ricerca entro il circuito di analoghe ricerche svolte da alcuni dei
dipartimenti universitari sopra citati, e al tempo stesso accelera i processi di diffusione dei prodotti
della ricerca entro canali alternativi ed innovativi rispetto al supporto cartaceo. I documenti di
natura visiva, uniti a quelli di natura musicale e a quelli propriamente testuali, , potranno formare
la base per l’elaborazione di cd-rom, documentari, cd-musicali, volumi o articoli in campo
scientifico. Inoltre i dati raccolti in forma già digitalizzata potranno agevolmente confluire in
archivi o banche date digitali relative a campi affini ai temi di ricerca del progetto.Ad esempio il
progetto, per intermediazione della Dr.ssa Diemberger, ha istituito rapporti di collaborazione e già
fornito materiale di ricerca all’Archivio Musicale di Vienna e al Dipartimento di Tibetologia
dell’Università della Virginia in vista della realizzazione di una banca dati in rete contenente i
risultati e gli aggiornamenti delle ricerche tibetologiche svolte dai maggiori istituti di ricerca
europei e statunitensi.
Parallelamente alle esigenze prettamente scientifiche, la prospettiva “visuale” si mostra
particolarmente efficace anche in relazione alle esigenze di trasferibilità e divulgazione della
cultura scientifica: documentari televisivi, volumi fotografici e cd-rom di larga diffusione sono
capaci di dare ampia visibilità al progetto e all’insieme delle iniziative di Ev-K2-CNR. A questo
riguardo il progetto ha già da anni istituito forme di collaborazione con la Rai Radiotelevisione
Italiana e con il National Geographic Channel italiano, collaborazioni che hanno sinora consentito
la diffusione televisiva di parte di materiale video proveniente dalla attività di ricerca.
Non da ultimo si consideri che la prospettiva visuale, imponendo un largo uso di strumenti
tecnologici a carattere professionale (macchine, videocamere, DAT e altri sistemi di registrazione
audio digitali, computer per montaggio audio/video, etc.), si predispone naturalmente ad attirare
l’interesse di settori privati interessati a testare apparecchiature in condizioni ambientali e
lavorative particolarmente estreme.
MODALITÀ DI ESECUZIONE DELLE ATTIVITÀ:
Per quanto concerne la strutturazione della ricerca in termini concreti, considerata l’ampia
articolazione delle linee tematiche prescelte, la ricerca dovrebbe svolgersi entro un arco triennale
di attività.
Ad eccezione delle auspicabili ricerche in Yunnan, per le quali non è ancora stato possibile dare un
inizio concreto alle ricerche, tutti i temi prescelti sono stati selezionati sulla base di una solida e
pregressa attività di ricerca in contesti e temi affini. Le ricerche si svilupperanno dunque a partire
non soltanto da un già avvenuto spoglio della relativa letteratura scientifica, ma anche da una serie
di sopralluoghi o di prolungate indagini sul campo già svolte nel corso degli ultimi anni.
Date queste premesse, le ricerche si svolgeranno attraverso una serie mirata di soggiorni di ricerca
sul campo, da compiere prevalentemente entro i primi due anni di attività, così da impiegare il
terzo anno di attività per la pubblicazione dei risultati delle indagini compiute, risultati che
potranno prendere alcune delle specifiche forme di cui si è già fatto cenno poco sopra.