Termodinamica Uno degli elementi principali della termodinamica è l’esame del bilancio energetico complessivo di un processo fisico (non solo di natura meccanica). Un sistema termodinamico è costituito microscopicamente da un numero molto elevato di elementi (dell’ordine del numero di Avogadro NA = 6.022 · 1023 ), è quindi impossibile descriverne il moto usando le equazioni usuali della dinamica dei sistemi. Occorre trovare delle grandezze più adeguate per la descrizione del sistema. Si tratta di grandezze di tipo globale cioè riassuntive di ciò che avviene a livello microscopico. Esempi di queste grandezze macroscopiche sono la temperatura, il volume, la pressione. La parte di materia che intendiamo studiare è detta sistema termodinamico ed è separata mediante una superficie chiusa, detta confine, dal resto dello spazio, detto ambiente circostante. Il sistema interagisce con l’ambiente. Il confine del sistema può essere fisso o mobile, può consentire il passaggio di massa. In questo caso il sistema termodinamico è detto aperto, mentre se il confine non lascia passare massa il sistema è detto chiuso. Considereremo sistemi chiusi. Un sistema è detto isolato se tra il sistema e l’ambiente non avvengono scambi né di energia né di materia. Il numero minimo di variabili termodinamiche necessario per descrivere il sistema non è fissato a priori. Lo stato termodinamico del sistema è dato dal valore di queste variabili. P Equilibrio termodinamico: lo stato termodinamico di un sistema è detto di equilibrio quando le variabili termodinamiche che lo descrivono sono costanti nel tempo. In questo caso le variabili termodinamiche sono anche dette variabili di stato. Solo alcune variabili di stato sono indipendenti, le altre sono determinate da relazioni, dette equazioni di stato. Ad esempio per un gas perfetto vale pV = nRT e delle tre variabili di stato: pressione (p), volume (V ), temperatura (T ) solo due sono indipendenti (n è il numero di moli e R = 8.31 J/mole·K è la costante dei gas perfetti). Gas perfetto: gas estremamente rarefatto in cui le interazioni tre le molecole avvengono solo tra urti elastici pressione: modulo della componente normale della forza agente su una superficie ∆S per unità di superficie ∆F⊥ ∆S→0 ∆S e si misura in N/m2 . Nel SI l’unità di misura della pressione è il Pascal: 1 P a = 1 N/1m2 . Un’altra unità usata è il bar: 1 bar = 105 P a. mole: una mole di una sostanza contiene un numero di Avogadro (NA ) di unità elementari (atomi o molecole) di quella data sostanza. p = lim L’equilibrio termodinamico si ottiene quando si ha contemporaneamente: P equilibrio meccanico P equilibrio chimico P equilibrio termico (stessa temperatura in tutti i punti) In particolare due corpi si trovano in equilibrio termico quando le loro temperature sono uguali. Principio zero della Termodinamica: due corpi messi a contatto tendono a raggiungere la stessa temperatura (equilibrio termico). Due sistemi in equilibrio termico con un terzo sono in equilibrio tra di loro. Il principio zero della termodinamica permette di dare una definizione oprerativa di uguaglianze tra due temperature e viene utilizzato per misurare la temperatura degli oggetti mediante un termometro. Misura della temperatura È noto che le proprietà di molti corpi variano al variare dell’ambiente termico in cui sono posti (es. la lunghezza di un’asta metallica o la resistenza elettrica di un filo). Possiamo utilizzare questa proprietà per costruire uno strumento per confrontare le temperature dei corpi. Il fenomeno più usato è quello della dilatazione termica (es. termometro a mercurio, in cui la variazione della temperatura è proporzionale alla variazione dell’altezza del liquido nella colonna). Per poter fare una misura della temperatura occorre scegliere alcuni fenomeni riproducibili a cui attribuire una determinata temperatura. Esempio: - ci si mette a pressione costante; si immerge un bulbo con dentro un liquido in una bacinella con acqua e ghiaccio - si segna una tacca dove arriva il liquido e lo si chiama zero - si osserva che durante il cambiamento di stato (cioè quando il ghiaccio si trasforma in acqua) il volume del liquido nel bulbo non cambia - si somministra calore all’acqua fino a quando l’acqua bolle - si segna una tacca dove arriva il liquido nella colonna del bulbo e la si chiama 100 - si divide la lunghezza tra le due tacche in cento parti - il termometro cosı̀ fatto definisce la scala Celsius La scala che abbiamo costruito dipende dal liquido scelto, dalla scelta dei punti a cui fissare lo zero (fusione del ghiaccio) e il 100 (ebollizione): quindi la scala non è assoluta. Nel costruire il termometro si assume che la variazione del volume del liquido nel bulbo sia proporzionale alla temperatura t dV = αdt → V = V0 (1 + αt) α = coefficiente di dilatazione termica. Questa assunzione è vera se la temperatura non varia troppo. - α è molto più grande nei gas che nei solidi e nei liquidi - α varia poco tra un gas e l’altro ma varia molto con la pressione e se si prendono gas sempre più rarefatti si vede che 1 o C −1 α → αGP = 273.15 lo stesso per tutti i gas perfetti p t V gas perfetto a pressione costante V0 V = V0 (1 + αGP t) t legge di Gay-Lussac Legge di Boyle-Mariotte-Lussac: durante una trasformazione isoterma (t = costante) si ha pV = costante 3000 p 2500 pV = cost 2000 1500 t1 < t2 < t3 1000 500 0 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 V Seconda legge di Gay-Lussac: durante una trasformazione isocora (V = costante) si ha p = p0 (1 + αt) con lo stesso α della prima legge. Supponiamo di partire dallo stato 0 in figura e di andare allo stato 1 con una trasformazione isobara e poi allo stato 2 che ha lo stesso volume dello stato 0. La trasformazione da 1 a 2 è isoterma (t1 = t2) p 2 p2 pV = cost isobara: 0 → 1: V1 = V0 (1 + αt1 ) t1 = t2 p0 isoterma: 1 → 2: p0 V1 = p2 V0 1 0 V0 V1 V p0 V1 p0 V0 (1 + αt2 ) = = p0 (1 + αt2 ) V0 V0 La seconda legge di Gay-Lussac è una conseguenza delle altre due, quindi le tre variabili p, V , t non sono indipendenti. p2 = Relazione tra p, V , t Sia 3 uno stato intermedio tra 1 e 2 sulla stessa isoterma p 2 p2 pV = cost isobara: 0 → 1: V1 = V0(1 + αt1) 3 p3 t1 = t2 = t3 p0 isoterma: 1 → 3: p0 V1 = p3 V3 1 0 V0 V3 V1 V p3 V3 = p0 V0 (1 + αt1 ) = p0V0(1 + αt3 ) moltiplicando ambo i membri per 1/α p3 V3 1 1 = p0 V0 ( + t3 ) α α → p3 V3 p0 V0 = 1 ( α1 + t3 ) α Posto 1/α = T0 p3 V3 p0 V0 = (∗) T0 + t 3 T0 Fissiamo una nuova scala di temperatura, detta scala Kelvin T = t + T0 Quando t = −T0 = −1/α = −273.15o C, T = 0, p = p0 (1 + αt) = 0 , V = V0(1 + αt) = 0 T = 0 è detto zero assoluto. Allo zero assoluto p e V si annullano. Usando la temperatura assoluta, l’equazione (*) diventa p3 V 3 p0 V0 = T3 T0 poichè 0 e 3 sono arbitrari, si ha pV = costante equazione di stato dei gas perfetti T La temperatura misurata con la scala Kelvin è detta assoluta. La relazione che lega la temperatura della scala Celsius alla temperatura assoluta T è: t = T − 273.15 L’unità di misura della scala Kelvin (K) è uguale a quella della scala Celsius. Nel SI la temperatura è misurata con la scala Kelvin. Il limite di temperatura più bassa è fissato pari allo zero della scala Kelvin (zero assoluto). Sperimentalmente la temperatura minima raggiunta è dell’ordine di 10−9K. Nella scala Kelvin al punto triplo dell’acqua (l’acqua liquida, il ghiaccio solido e il vapor acqueo possono coesistere, in equilibrio termico ad un solo valore di pressione e temperatura) si attribuisce una temperatura pari a 273.15K (= 0o C) mentre l’unità Kelvin è pari a 1/273.15 della differenza di temperatura tra il punto triplo dell’acqua e lo zero assoluto. N.B.: nelle relazioni che scriveremo, come ad es. l’equazione di stato dei gas perfetti, la temperatura è quella assoluta. Solo quando si devono considerare differenze di temperatura tra corpi è indifferente esprimere i valori delle due temperature in gradi centigradi o in kelvin. pV = costante ? T Sperimentalmente si osserva che fissati V e T , aumentando la massa del gas aumenta la pressione, quindi la costante deve aumentare con la massa del gas. Quanto vale la costante in Data una certa quantità di sostanza (ad es. 2 gr di idrogeno molecolare H2 ) si trova un certo valore della costante. Per ogni altra sostanza A si può determinare la quantità di sostanza che dà lo stesso valore della costante: si trova che questa è tale che quantità di sostanza A 2 gr = peso molecolare sostanza A peso molec.H2 questo rapporto è il numero N di molecole, quindi pV = kN T con k costante che ha lo stesso valore per tutti i gas. D’altraparte il numero di molecole presenti in una data quantità di sostanza è legato al numero di moli n da N = nNA , dove NA è il numero di Avogadro (= numero di molecole contenute in una mole di una data sostanza = 6.022 · 1023 ). pV = knNA T = nRT R = 8.31 J/(mole · K) , R ≡ kNA k = 1.38 · 10−23 J/K Temperatura e calore Ogni cambiamento della temperatura avviene attraverso una interazione tra sistemi che chiameremo scambio di calore. Ad es. una tazza di caffé lasciata su un tavolo si raffredda (diminuisce la sua temperatura), questo avviene perchè il sistema caffé non è in equilibrio termico con l’ambiente esterno (aria) che è ad una temperatura inferiore. Il cambiamento di temperatura è dovuto al trasferimento di un tipo di energia tra il sistema e il suo ambiente. Questa energia è l’energia interna (o energia termica) dovuta al moto delle molecole all’interno dell’oggetto. L’energia interna quando viene trasferita è chiamata calore (Q). Il calore è considerato positivo quando l’energia interna è trasferita al sistema dall’ambiente (il sistema assorbe calore dall’ambiente), negativo in caso contrario (si dice che il calore viene ceduto dal sistema, anche se il calore non è una sostanza trasferita, ma energia trasferita). Il calore è l’energia che viene trasferita tra un sistema e l’ambiente circostante a causa della differenza di temperatura esistente tra di essi. Poichè il calore è energia trasferita, la sua unità di misura nel sistema SI è il joule . In passato questa identificazione non era nota e si era introdotta un’unità di misura per il calore, la caloria, come la quantità di calore necessaria per innalzare la temperatura di un grammo d’acqua da 14.5o C a 15.5oC. La relazione tra queste due unità è 1 cal = 4.186J Capacità termica (C) J K è la costante di proporzionalità tra la quantità di calore e la variazione di temperatura che essa produce. La capacità termica è la quantità di calore che occorre fornire a un corpo per aumentare la sua temperatura di un grado. Calore specifico (c) è la capacità termica per unità di massa Q = C∆T = C(Tf − Ti ) [C] = J kg · K (spesso il calore specifico viene dato in cal/(gr · grado).) Il calore specifico dipende dalla sostanza; assumeremo che il calore specifico sia una costante, cioè che non dipenda Q = c m(Tf − Ti ) [c] = dalla temperatura, anche se questo è vero solo per intervalli piccoli di temperatura. Il calore specifico dell’acqua è definito pari a 1 ocal tra 14.5 oC C·g e 15.5 o C. Il calore specifico e la capacità termica dipendono da come è avvenuto il trasferimento di calore al sistema. Infatti questo trasferimento di calore può avvenire a pressione costante oppure a volume costante. Per i solidi e i liquidi i calori specifici corrispondenti (cp e cV ) differiscono poco, mentre per i gas sono molto diversi. Quando il calore viene assorbito da un campione non sempre la sua temperatura aumenta. Il campione può cambiare di fase (cioè passare da solido a liquido, o da liquido a gas): si osserva che durante i cambiamenti di stato la temperatura rimane costante. Calore latente (L): è la quantità di calore per unità di massa che occorre trasferire a un campione affinché subisca un cambiamento di fase completo. Se il campione ha una massa m la quantità di calore totale trasferita per un cambiamento di fase è Q = mL. Se il cambiamento avviene dalla fase liquida a quella aeriforme (il campione assorbe calore) o viceversa (il campione cede calore) si parla di calore latente di evaporazione (LV ); se il cambiamento di fase avviene dalla fase solida a quella liquida (il campione assorbe calore) o viceversa (il campione cede calore) si parla di calore latente di fusione (LF ). Nel seguito vedremo che si può trasferire energia al sistema anche mediante un lavoro (L) associato ad una forza agente sul sistema. Trasformazioni termodinamiche Se un sistema è in equilibrio termodinamico, il suo stato rimane immutato nel tempo. Quindi se lo stato varia deve essere avvenuta un’interazione tra sistema e ambiente che ha perturbato l’equilibrio e modificato il sistema. Si dice che è avvenuta una trasformazione termodinamica. Lo stato iniziale e quello finale sono di equilibrio e quindi sono caratterizzati dai valori assunti dalle variabili di stato. Consideriamo un sistema termodinamico in un dato stato iniziale, caratterizzato da una pressione pi , da un volume Vi e da una temperatura Ti (ad esempio un gas confinato in un cilindro chiuso da un pistone mobile). Chiamiamo processo termodinamico o trasformazione termodinamica il processo mediante il quale il sistema passa da questo stato iniziale a uno finale caratterizzato da una pressione pf , da un volume Vf e da una temperatura Tf . Durante questo processo il calore può essere trasferito al sistema (calore positivo), ad esempio scaldando la base del pistone, o sottratto al sistema (calore negativo). Inoltre il lavoro può essere compiuto dal sistema per alzare (lavoro positivo) o per abbassare (lavoro negativo) il pistone. In generale durante la trasformazione il sistema passa attraverso infiniti stati che non sono di equilibrio. Tuttavia se la trasformazione avviene mediante una successione di piccolissime perturbazioni ognuna delle quali porta il sistema da uno stato di equilibrio ad un altro poco differente dal precedente, il sistema può essere considerato sempre all’equilibrio termodinamico (trasformazione quasi-statica). La termodinamica classica studia queste trasformazioni che avvengono molto lentamente in cui il sistema è sempre all’equilibrio. Ad es. lo stantuffo potrebbe contenere dei pallini di piombo. ~ il pisTogliendo un pallino il gas spinge con una forza F tone verso l’alto che si sposta di un tratto d~s. L’intensità di questa forza è pari a pA, dove p è la pressione del gas e A è l’area della superficie del pistone. Il lavoro infinitesimo compiuto dal gas è ~ · d~s = pAds = pdV dL = F dove dV è la variazione infinitesima del volume occupato dal gas. Il lavoro totale compiuto dal gas per passare dal volume Vi al volume Vf è Z Z Vf L= dL = pdV Vi per calcolare questo integrale occorre sapere come varia la pressione al variare del volume (e della temperatura del gas). In generale ci sono tanti modi di andare da un dato stato iniziale a uno finale, come mostrato in figura. L’area tratteggiata rappresenta il lavoro compiuto dal sistema durante questo processo. Il lavoro è positivo perchè la trasformazione procede verso destra. Nella figura (b) il passaggio dal i a f avviene in due stadi. Nel primo tratto la pressione è costante (non si tolgono pallini) e l’aumento di volume è ottenuto innalzando la temperatura del gas (scaldando il fondo del cilindro). Quindi viene compiuto un lavoro dal gas e viene fornito calore al sistema. Il secondo tratto è a V costante (si blocca il pistone) e la pressione scende riducendo la temperatura del fondo. In questa fase il sistema trasferisce calore al fondo. Il lavoro, positivo, viene compiuto solo durante il primo stadio, mentre calore viene trasferito durante entrambi gli stadi. Nella figura (c) i due stadi vengono compiuti in ordine inverso. Il lavoro in questo caso è minore. In generale un sistema può essere portato da un dato stato iniziale a un dato stato finale in diversi (infiniti) modi, ciascuno con lavoro e calore trasferiti diversi: il lavoro e il calore sono quantità dipendenti dal percorso seguito. La figura (d) mostra un sistema che compie un lavoro negativo, quando una forza esterna lo comprime riducendone il suo volume: il lavoro compiuto è ancora uguale, in valore assoluto, all’area sottesa dalla curva. La figura (e) mostra un ciclo termodinamico nel quale un sistema passa da uno stato iniziale i a uno stato f (espandendosi) e quindi di nuovo allo stato i, riducendo il suo volume. Il lavoro totale compiuto dal sistema durante il ciclo è la somma del lavoro positivo compiuto durante l’espansione e del lavoro negativo compiuto durante la compressione ed è dato dall’area della superficie tratteggiata. Se il ciclo è percorso in senso orario L > 0, infatti Li,f > Lf,i , mentre se il ciclo è percoso in verso antiorario L < 0. Esempi P Lavoro svolto da un gas ideale a temperatura costante Studiamo una trasformazione termodinamica reversibile in cui la temperatura è mantenuta costante durante tutto il processo (isoterma). Dalla legge dei gas ideali si ha 1 1 = ( costante ) V V a temperatura costante la pressione è inversamente proporzionale al volume (legge di Boyle). Nel piano (p, V ) il luogo dei punti che rappresentano gli stati di equlibrio di un gas a una p = (nRT ) data temperatura è costituito da un ramo di un’iperbole. Il lavoro svolto dal gas durante un’espansione isoterma è Z Vf Z Vf dV Vf L= pdV = nRT = nRT ln V Vi Vi Vi quando il gas si espande Vf > Vi e L > 0, mentre L < 0 quando Vf < Vi . P Lavoro svolto da un gas a volume costante: in una trasformazione isocora Vf = Vi quindi Z Vf L= pdV = 0 Vi P lavoro svolto da un gas a pressione costante: in una trasformazione isobara Z Vf Z Vf p L= pdV = p dV Vi Vi = p(Vf − Vi ) = p∆V Vi Vf V Prima legge della termodinamica Sperimentalmente si vede che passando da uno stato iniziale a uno finale il lavoro L compiuto dal sistema e il calore Q trasferito dipendono dal tipo di trasformazione mentre la quantità Q − L è sempre la stessa. A questa quantità si dà il nome di variazione dell’energia interna ∆Eint = Eint,f − Eint,i = Q − L Questo fatto è detto prima legge della termodinamica: per andare da uno stato i a uno stato f il calore assorbito dal sistema e il lavoro fatto dal sistema dipendono dal procedimento, ma lo loro differenza è sempre la stessa. Questo ci dice che l’energia interna dipende solo dallo stato termodinamico in cui il sistema si trova. E’ una funzione di stato (mentre il calore e il lavoro no). Nel caso di una trasformazione infinitesima dEint = δQ − δL Per convenzione il calore è positivo o negativo a seconda che sia assorbito o ceduto dal sistema, mentre il lavoro è positivo o negativo a seconda che sia positivo o negativo il lavoro fatto dal sistema. Perciò l’energia interna di un sistema cresce quando il sistema assorbe calore Q e diminuisce quando il sistema compie un lavoro L > 0. La prima legge della termodinamica è una generalizzazione del principio di conservazione dell’energia studiato in meccanica. Si possono distinguere diverse trasformazioni termodinamiche: P trasformazioni adiabatiche: non si ha trasferimento di calore tra il sistema e l’ambiente ∆Eint = −L trasf. adiabatica in questo caso se il sistema compie un lavoro positivo l’energia interna del sistema diminuisce. L’unica interazione tra sistema e ambiente è attraverso il trasferimento di lavoro (nell’esempio precedente anche la base del cilindro è isolante). P trasformazioni a volume costante (isocòre): il sistema non può compiere lavoro ∆Eint = Q trasf. a volume costante se viene fornito calore al sistema (quindi Q > 0) l’energia interna del sistema aumenta. P trasformazioni cicliche: sono trasformazioni in cui dopo scambi di calore e lavoro il sistema torna allo stato iniziale: sono quindi descritte da curve chiuse nel piano (p, V ). Le proprietà intrinsiche del sistema devono essere le stesse e quindi anche l’energia interna ∆Eint = 0 ⇒ Q = L trasf. ciclica P trasformazioni di espansione libera: sono trasformazioni nelle quali non si ha né scambio di calore né di lavoro: Q = L = 0. Non possono avvenire lentamente e quindi durante il processo il sistema non è in equilibrio. Il gas si trova in equilibrio solo negli stati iniziale e finale: nel piano (p, V ) questi stati sono individuati da due punti ma non possono essere disegnate le linee per andare da uno all’altro. Questo tipo di trasformazioni sono irreversibili. Le trasformazioni quasi-statiche (che avvengono attraverso stati di equilibrio) sono invece trasformazioni reversibili: esse possono essere arrestate in un qualunque stato intermedio e (variando di poco le condizioni esterne) si può invertire il verso della trasformazione, ripercorrendo gli stessi stati già attraversati. Teoria cinetica dei gas Si occupa di mettere in relazione le proprietà macroscopiche dei gas (es. pressione e temperatura) con le proprietà microscopiche delle molecole del gas (come ad es. la loro velocità). Poichè un sistema macroscopico è costituito da un numero molto grande di molecole, si introducono le quantità medie. Ad esempio la velocità media di un sistema di N molecole è definita come N 1 X h~v i = ~vi N i=1 Analogamente la velocità quadratica media è N N 1 X 2 1 X 2 2 2 hv i = vi = (vix + viy + viz ) N i=1 N i=1 2 N N N 1 X 2 1 X 2 1 X 2 = v + v + v N i=1 ix N i=1 iy N i=1 iz = hvx2i + hvy2 i + hvz2 i Se una molecola urta contro una parete e se l’urto è elastico, la variazione della quantità di moto è y ∆px = −2mvx z ∆py = ∆pz = 0 x Nel caso di un gas perfetto il numero di molecole del sistema è molto grande, ma il gas è cosı̀ rarefatto che si suppone che le molecole non interagiscono fra di loro; si suppone inoltre che le molecole urtano solo le pareti e che questi urti siano elastici. Se il gas è contenuto in una scatola cubica di lato L, il tempo che intercorre tra un urto contro una parete e il successivo è 2L vx La forza media che la parete esercita sulla molecola è ∆t = z L 2mvx mvx2 hfxi = − =− ∆t L quella sulla parete è L mvx2 hfx i = L Se ci sono N molecole (tutte con la stessa massa), con velocità diverse, la forza media totale è PN N 2 1X mN mN 2 2 i=1 vix hFxi = mvix = = hvx i L i=1 L N L x analogamente le forze medie che vengono esercitate sulle altre pareti mN 2 mN 2 hvy i hFz i = hvz i L L Dato che non ci sono direzioni privilegiate hvx2 i = hvy2i = hvz2 i = hv 2 i/3, quindi hFy i = mN 2 hv i 3L La pressione esercitata sulle pareti si ottiene dividendo per l’area della parete L2 hFx i = hFy i = hFz i = mN 2 hv i 3 3L Essendo il volume della scatola V = L3 , si ha µ ¶ 2 1 2 pV = N mhv 2 i = N hKi 3 2 3 hpx i = hpy i = hpz i = p = dove hKi è l’energia cinetica media. Confrontando questa relazione con l’equazione di stato dei gas perfetti pV = kN T si trova 2 3 N hKi → hKi = kT 3 2 cioè in un gas perfetto l’energia cinetica media è proporzionale alla temperatura. Ricordando il legame tra le costanti k e R (kNA = R) e che il numero di molecole è N = nNA , dove n è il numero di moli, si trova 3 nRT 3 hKi = → N < K >= nRT 2 N 2 kN T = dove N hKi è l’energia cinetica totale del gas: in questo modo abbiamo messo in relazione una grandezza macroscopica misurabile (la temperatura), con una grandezza non misurabile (l’energia cinetica totale delle molecole del gas). In questa trattazione si suppone che l’energia sia solo dovuta al moto traslazionale delle molecole, si suppone cioè che le molecole siano puntiformi. L’ipotesi che gli urti contro le pareti siano elastici è ragionevole perchè l’atomo può assorbire energia solo se questa e pari alla differenza di energia tra i livelli energetici dell’atomo: siccome questa energia è molto grande l’urto a temperatura ambiente è elastico. E’ possibile considerare anche il caso in cui le molecole si urtano tra di loro: il risultato non cambia In conclusione se il gas perfetto è un gas monoatomico, come l’elio, il neon , l’argo, l’energia interna del gas è data dalla somma dell’energia cinetica traslazionale delle singole molecole 3 Eint = nRT gas ideale monoatomico 2 Se il gas perfetto è invece formato da molecole bi-atomiche, oltre a traslare la molecola può anche ruotare: si può mostrare in questo caso che i gradi di libertà su cui si equipartisce l’energia sono 5 (3 traslazionali, più due rotazionali) e si trova 5 Eint = nRT gas ideale bi-atomico 2 Per molecole più complesse si hanno più gradi di libertà e l’energia interna aumenta ma è sempre dipendente dalla temperatura del gas. P Calore specifico (molare) a volume costante. Nei gas ci si riferisce a moli di sostanze e si definisce il calore specifico molare mediante la relazione Q = nc∆T dove n è il numero di moli del gas e Q è la quantità di calore scambiato per far variare la temperatura di ∆T . In altre parole il calore il calore specifico molare è la capacità termica di una mole di sostanza: C = nc. In un gas il calore specifico dipende dal modo con in avviene lo scambio di calore. Consideriamo una trasformazione che avviene a V costante: a partire dallo stato i si somministra p al gas del calore lentamente in modo che la temperatura del f p + ∆p gas aumenta da T a T + ∆T e p T + ∆T la pressione passa da p a p + i ∆p, il gas si porta nello stato T finale f . V V Il calore QV fornito durante la trasformazione è legato alla variazione di temperatura da QV = ncV ∆T dove cV è il calore specifico molare a volume costante. Per la prima legge della termodinamica ∆Eint = QV − L = ncV ∆T (V = cost → L = 0) Dalla teoria cinetica dei gas, se il gas ideale è monoatomico Eint = 3nRT /2, quindi ∆Eint = 3 nR∆T 2 → cV = 3 R = 12.5 J/(mole · K) 2 Analogamente nel caso di un gas ideale biatomico 5 R = 20.8 J/(mole · K) 2 Questi valori per cV sono in buon accordo con i dati sperimentali. Ad es. per He cV = 12.5, per Ar cV = 12.6,per O2 cV = 20.8. cV = Consideriamo ora una trasformazione in cui la temperatura del gas aumenti della stessa piccola quantità ∆T considerata prima ma che avviene a a pressione costante. Il gas compie un lavoro p L = p∆V > 0 f p + ∆p e assorbe il calore f0 p T + ∆T i T V V + ∆V Qp = ncp ∆T V dove cp è il calore specifico molare a pressione costante. Per la prima legge della termodinamica Qp = ∆Eint + p∆V La variazione dell’energia interna è la stessa nelle due trasformazioni i → f e i → f 0 , in quanto Eint è proporzionale a T e trasformazioni con ∆T uguali hanno ∆Eint uguali. Nella trasformazione i → f , ∆Eint = QV , quindi Qp > QV : la quantità di calore che bisogna fornire a una data quantità di gas ideale per far aumentare la sua temperatura di ∆T è maggiore se la trasformazione avviene a pressione costante rispetto a quella a volume costante. Possiamo legare cp a cV : ncp ∆T = ncV ∆T + p∆V Dall’equazione di stato dei gas ideali pV = nRT , in una trasformazione isobara p∆V = nR∆T , quindi ncp ∆T = ncV ∆T + nR∆T cp = cV + R → relazione di Mayer Sperimentalmente per i calori specifici dei gas ideali si trova: a) per gas ideali monoatomici (gas rari come elio, neon, argon): cV = 32 R e cp = 52 R costanti per un ampio intervallo di temperature; b) per alcuni gas ideali biatomici (es. idrogeno, azoto): cV = 52 R e cp = 72 R a temperatura ordinaria, mentre a temperature superiori, cp e cV crescono lentamente; c) altri gas biatomici (ossigeno, fluoro, cloro, bromo) e i gas ideali poliatomici hanno colori specifici variabili con la temperatura. Questo diverso comportamento è spiegato dal fatto che, a differenza dei gas monoatomici, all’energia interna contribuisce non solo il moto traslazionale delle molecole ma anche altri moti (rotazionali, oscillatori). Possiamo generalizzare l’equazione che dà l’energia interna di un gas ideale qualunque introducendo cV Eint = ncV T dove cV è quello del gas considerato. p f 00 f p + ∆p f0 p T + ∆T i T V V + ∆V V Per una trasformazione qualunque in cui il gas subisce una variazione di temperatura ∆T si ha ∆Eint = ncV ∆T Nelle tre trasformazioni in figura i valori di Q, L sono diversi, cosı̀ come i valori finali di p e V , mentre la variazione dell’energia interna è sempre la stessa in quanto tutte e tre le trasformazioni comportano la stessa variazione di temperatura e possiamo usare la trasformazione a V = cost per calcolare ∆Eint . P Trasformazione adiabatica di un gas perfetto Si dice adiabatica una trasformazione che avviene senza scambi di calore: Q = 0. Il sistema può solo scambiare lavoro (cioè le pareti del contenitore sono isolanti e mobili). Per la prima legge della termodinamica L = −∆Eint Se il gas si espande L > 0 quindi ∆Eint < 0 e ∆T < 0: in una espansione adiabatica il gas si raffredda. T diminuisce perchè nell’espansione il gas compie un lavoro a spese dell’energia interna. Viceversa in una compressione adiabatica il gas si riscalda (il lavoro è negativo, ∆Eint > 0 e T aumenta). Ricaviamo le equazioni per una trasformazione adiabatica reversibile di un gas perfetto. Per una trasformazione infinitesima con una variazione del volume dV , il lavoro è nRT dV V dove si è utilizzata l’equazione dei gas perfetti. Ma L = pdV = L = −dEint = −ncV dT Uguagliando le due espressioni si trova ncV dT = − nRT dV V → dT R dV =− T cV V Integrando questa relazione tra uno stato iniziale e uno finale µ ¶R Z Tf Z Vf dT R dV Tf R Vf V i cV =− → ln = − ln = ln T c V T c V Vf i i V V Ti Vi Essendo cp = cV + R R cp − cV cp = = −1=γ−1 cV cV cV → dove abbiamo definito γ= cp cV Quindi si ha Tf ln = ln Ti µ Vi Vf ¶γ−1 Tf → = Ti µ Vi Vf ¶γ−1 cioè Ti Viγ−1 = Tf Vfγ−1 Siccome gli stati iniziali e finale sono generici, durante una trasformazione adiabatica si ha T V γ−1 = costante Utilizzando la legge dei gas perfetti (ricavando T e sostituendolo nell’equazione precedente), questa equazione è equivalente a pV γ = costante e anche a Tp 1−γ γ = costante Queste equazioni descrivono una trasformazione adiabatica (reversibile) di un gas ideale. N.B. anche l’espansione libera è una trasformazione adiabatica: in essa però il lavoro svolto è complessivamente nullo e l’energia interna non varia. Le equazioni di prima non si applicano all’espansione libera, anche se questa è adiabatica. Nell’espansione libera il gas si trova in equilibrio solo negli stati iniziali e finali, ma non si può disegnare un diagramma. Dato che l’energia interna non cambia, anche la temperatura non cambia: Tf = Ti espansione libera per un gas ideale si ha quindi pi Vi = pf Vf espansione libera P Trasformazioni isoterme di un gas ideale Poichè T è costante, ∆Eint = 0 e Q = L. Abbiamo già calcolato il lavoro compiuto dal gas durante una trasformazione isoterma Z Vf Z Vf dV Vf pi L= pdV = nRT = nRT ln = nRT ln V Vi pf Vi Vi Si noti che una trasformazione isoterma reversibile comporta sempre uno scambio di calore (Q 6= 0). P Trasformazioni isocore di un gas ideale V è costante, quindi L = 0. Il gas può scambiare solo calore Q = ∆Eint = ncV ∆T = ncV V ∆p V ∆p = nR γ−1 Se il gas assorbe calore dall’ambiente (Q > 0) la sua temperatura aumenta. D’altra parte poichè V è costante, dall’equazione dei gas si ha pi pf = Ti Tf ⇐⇒ pi Ti = pf Tf p e T sono direttamente proporzionali e anche la pressione del gas aumenta. Viceversa quando il gas cede calore (Q < 0), la sua temepratura e la sua pressione diminuiscono. P Trasformazioni isobare di un gas ideale - Entalpia Le pareti del contenitore in cui è contenuto il gas sono mobili e su di esse agisce una pressione esterna costante p. Dall’equazione dei gas si ha Vi Vf = Ti Tf ⇐⇒ Vi Ti = Vf Tf T e V sono direttamente proporzionali. Il gas può scambiare sia calore che lavoro: Q = ncp (Tf − Ti ) nRTi ´ = nR(Tf − Ti ) L = p(Vf − Vi ) = p − p p ∆Eint = Q − L = ncV (Tf − Ti ) ³ nRT f se si cede calore al gas (Q > 0) la sua temperatura e il suo volume aumentano e il gas compie un lavoro; se il gas cede calore (Q < 0) la sua temperatura e il suo volume diminuiscono e il gas subisce un lavoro. Molti processi avvengono in natura a pressione costante. Per le trasformazioni a pressione costante è utile introdurre una nuova funzione, detta entalpia H = Eint + pV entalpia l’entalpia è una funzione di stato, in quanto Eint , p e V sono variabili di stato. In un gas ideale l’entalpia è funzione solo della temperatura (come Eint e il prodotto pV ). Per una trasformazione qualsiasi infinitesima dH = dEint + d(pV ) = ncV dT + nR dT = ncp dT (dove si è usata la relazione di Mayer cp − cV = R). Questo permette di definire il calore specifico a pressione costante in funzione dell’entalpia: 1 ∆H n ∆T Se la trasformazione avviene a p = cost, la variazione della entalpia è pari al calore scambiato: ∆H = Qp N.B.: È utile confrontare con trasformazione a V = cost 1 ∆Eint ∆Eint = QV = ncV ∆T =⇒ cV = n ∆T ∆H = ncp ∆T =⇒ cp = P Entropia Definiamo questa funzione di stato per il gas perfetto (la definizione è però generale). In una trasformazione infinitesima reversibile di un gas ideale il calore scambiato nRT dV V Sappiamo che il calore dipende dalla trasformazione, infatti Z f Z Tf Z Vf dV δQ = ncV dT + nR T V i Ti Vi δQ = dEint + δL = ncV dT + pdV = ncV dT + il primo termine dipende solo dagli stati i e f il secondo dipende da come T varia nella trasformazione (cioè da come T dipende da V ). Se consideriamo la quantità δQ dT dV = ncV + nR T T V e integriamo tra gli stati i e f Z f Z Tf Z Vf δQ Tf Vf dT dV = ncV + nR = ncV ln + nR ln T T V Ti Vi i Ti Vi il risultato dipende solo dagli stati i e f . Definiamo perciò la funzione di stato S, detta entropia tale per cui la sua variazione dS è δQ dS = T TB VB + nR ln (∗) TA VA La variazione di entropia dipende dal calore scambiato nella trasformazione e dalla temperatura a cui avviene lo scambio. In particolare, in una trasformazione adiabatica ∆S = 0. Usando R = (γ − 1)cV , la (*) diventa ∆S = SB − SA = ncV ln SB − SA = ncV ln TB VBγ−1 TA VAγ−1 Utilizzando l’equazione di stato si possono ottenere espressioni equivalenti (eliminando T o V ) pB VBγ SB − SA = ncV ln , pA VAγ (1−γ)/γ SB − SA = ncp ln TB p B (1−γ)/γ TA pA trasf. isoterma (TA = TB ) : trasf. isocora (VA = VB ) : trasf. isobara (pA = pB ) : SB − SA = ncV ln VBγ−1 VAγ−1 TB SB − SA = ncV ln TA TB SB − SA = ncp ln TA N.B.: cp > cV → la variazione di entropia in una trasformazione isobara è maggiore di quella che si ha in una trasformazione isocora se la variazione di temperatura è la stessa (esattamente come succede per il calore scambiato). L’entropia è una variabile di stato (dipende solo dallo stato del sistema) possiamo calcolare ∆S per un processo arbitrario da i a f , anche non reversibile. Ad esempio, consideriamo l’espansione libera di un gas perfetto. Nel diagramma (p, V ) lo stato iniziale e finale del sistema sono rappresentati da due punti. In un’espansione libera la temperatura di un gas ideale non cambia, quindi i e f devono stare sulla stessa isoterma. L’espansione isoterma è un processo fisico diverso dall’espansione libera, ma se entrambi i processi hanno gli stessi stati iniziale e finale, la variazione di entropia è la stessa Z 1 f Q ∆S = Sf − Si = dQ = trasf. isoterma T i T dove Q è il calore ceduto dalla sorgente al sistema (cioè al gas che si è espanso) durante il processo isotermo. Quindi Q > 0 come la variazione di entropia. L’entropia è una funzione di stato e può essere presa come variabile indipendente (assieme ad un’altra) per descrivere il sistema, es. S e T . Per trasformazioni reversibili possiamo considerare i diagrammi nel piano (S, T ) (analogamente ai diagrammi nel piano (p, V ) considerati finora). Integrando dQ ⇒ dQ = T dS T tra lo stato iniziale e finale si trova il calore scambiato nella trasformazione Z f Q= T dS dS = i il calore scambiato in una trasformazione reversibile è dato dall’area superficie sottesa dalla curva della temperatura nel piano (S, T ). Ovviamente il calore dipende dalla trasformazione. Per una trasformazione ciclica reversibile, nel piano (S, T ) il ciclo delimita un’area pari alla somma algebrica dei calori scambiati in totale dal sistema: QA +QC , dove QA > 0 è il calore assorbito nella trasformazione A → B (l’entropia aumenta) e QC < 0 è il calore ceduto nella trasformazione B → A (l’entropia diminuisce). QA + QC è positivo se il ciclo è percorso in senso orario, mentre è negativo se il ciclo è percorso in senso antiorario. In tutti i casi, per il primo principio quest’area è uguale anche al lavoro compiuto durante il ciclo. Nel piano (S, T ) una trasformazione isoterma reversibile è rappresentata da una linea orizzontale (T = cost.); una trasformazione adiabatica da una linea verticale (S = cost. ⇔ dQ = 0); T T2 T1 S1 S2 S Le variazioni di entropia nelle trasformazioni reversibili sono: Q T ∆S = 0 ∆S = ∆S = 0 trasformazione isoterma trasformazione adiabatica trasformazione ciclica P Energia libera Si introduce un’altra funzione termodinamica che è utile soprattutto quando la trasformazione avviene a T = cost: F = Eint − T S energia libera (o potenziale di Helmotz). La variazione dell’energia libera per una trasformazione reversibile infinitesima a T = cost è dF = dEint − T dS = δQ − δL − T dS = −δL dove si è usato che δQ = T dS. L’importanza dell’energia libera è legata al fatto che si può calcolare dalla descrizione microscopica (in meccanica statistica), e da essa poi si derivano tutte le funzioni termodinamiche. Riassumendo, delle varie funzioni termodinamiche introdotte, l’energia interna rende conto degli scambi di calore e di lavoro, l’entropia di quelli di calore, l’entalpia dà lo scambio di calore se la trasformazione avviene a p = cost, l’energia libera dà il lavoro fatto dal sistema se la trasformazione avviene a T = cost. P Trasformazioni cicliche Sono trasformazioni in cui lo stato iniziale coincide con quello finale: per il primo principio Q = L. Se durante il ciclo viene prodotto lavoro (L > 0), assorbendo calore da sorgenti esterne, il ciclo è detto termico (macchina termica). Se invece durante un ciclo viene richiesto un lavoro esterno (L < 0) estraendo calore dal sistema, il ciclo è detto frigorifero (macchina frigorifera). Il ciclo è costituito da varie trasformazioni e possiamo scrivere il calore complessivo scambiato come Q = QA + QC dove QA > 0 rappresenta la somma dei calori assorbiti e QC < 0 la somma dei calori ceduti. Analogamente il lavoro L = LF + LS in cui LF > 0 è la somma dei lavori compiuti e LS < 0 è la somma dei lavori subiti dal sistema. Per un ciclo termico si definisce rendimento la quantità L QA + QC QC |QC | = =1+ =1− QA QA QA QA il rendimento è quindi la percentuale di calore assorbito che viene trasformata in lavoro. η= Dato che l’energia si conserva, se si somministra alla macchina termica una certa quantità di energia termica, QA , in linea di principio si potrebbe ottenere un lavoro che al massimo è pari a QA . In realtà il rendimento è sempre minore di 1, quindi non tutta l’energia termica data al sistema può essere convertita in lavoro. Si ha cioè: 0≤η<1 cioè L < QA , |QC | ≤ QA , QC 6= 0 In un ciclo termico solo una frazione < 1 del calore assorbito viene trasformata in lavoro, c’è sempre del calore ceduto. Questo è ben evidente se si disegna il ciclo nel piano (S, T ). Un ciclo termico (Q > 0) è percorso in verso orario. Il lavoro totale è dato dall’area racchiusa dal ciclo mentre il calore assorbito è dato dall’area totale sottesa dalla curva superiore, quindi η che è il rapporto tra queste due aree è sempre η < 1. P Ciclo di Carnot È costituito da quattro trasformazioni reversibili: 1) 2) 3) 4) trasformazione trasformazione trasformazione trasformazione AB: BC: CD: DA: espansione isoterma reversibile espansione adiabatica reversibile compressione isoterma reversibile compressione adiabatica reversibile Nello stato A il gas è in equilibrio a contatto termico con una sorgente di calore a temperatura T2 . Supponiamo che l’espansione isoterma AB sia una serie di trasformazioni infinitesime in cui la pressione diminuisce di dp e il gas si espande di dV raffreddandosi di dT : si ha quindi una cessione di calore dalla sorgente a temperatura T2 e il gas ritorna alla temperatura T2 . Come risultato il gas passa dallo stato A allo stato B assorbendo il calore QA pari al lavoro LAB fatto dal gas nell’espansione isoterma VB LAB = nRT2 ln = QA VA Nella trasformazione BC il gas è isolato da qualsiasi sorgente di calore e il gas passa dallo stato B(pB , VB , T2 ) allo stato C(pC , VC , T1 ) con T1 < T2 e T2 VBγ−1 = T1 VCγ−1 (∗) Il lavoro fatto dal gas è LBC = −∆Eint = ncV (T2 − T1). Nella trasformazione CD il gas è a contatto termico con una sorgente di calore alla temperatura T1 : se la pressione aumenta di dp, il gas si comprime di dV e aumenta la sua temperatura di dT ; il gas quindi cede dQ alla sorgente e ritorna alla temperatura T1 . Il calore ceduto complessivamente è VD = LCD VC ed è negativo come il lavoro perchè VD < VC . Nella trasformazione DA il gas è isolato termicamente e ritorna allo stato iniziale con QC = nRT1 ln T2 VAγ−1 = T1 VDγ−1 (∗∗) Il lavoro del gas è LDA = −∆Eint = ncV (T1 − T2 ) = −LBC (si assume γ costante). Sommando tutti i contributi Q = QA + QC = L = LAB + LBC + LCD + LDA = LAB + LCD Il rendimento del ciclo è η =1+ QC nRT1 ln(VD /VC ) T1 ln(VC /VD ) =1+ =1− QA nRT2 ln(VB /VA ) T2 ln(VB /VA ) Usando le relazioni (*) e (**) si ha VB /VA = VC /VD e quindi T1 rendimento ciclo Carnot T2 Il rendimento del ciclo dipende solo dalla temperatura delle sorgenti con cui il gas scambia calore. Poichè T1 < T2 , si ha 0 < η < 1. Inoltre QA > |QC | e il gas assorbe complessivamente calore (Q > 0) e produce lavoro L = QA + QC < QA : η =1− il calore assorbito non si trasforma totalmente in lavoro, una parte viene ceduta restando sotto forma di calore scambiato. Anche se il primo principio della termodinamica non pone limiti alle trasformazioni di energia da una forma all’altra, la trasformazione del calore in lavoro appare limitata (mentre è sempre possibile trasformare integralmente il lavoro in calore, per esempio sfruttando l’attrito). Questo fatto è una espressione del secondo principio della termodinamica: non esiste un ciclo di trasformazioni che dia come unico risultato l’acquisizione di calore da una sorgente termica e la sua totale trasformazione in lavoro (enunciato di Kelvin). Si può vedere che η < 1 anche dal calcolo della variazione di entropia. Complessivamente nel ciclo ∆S = 0, perchè l’entropia è una variabile di stato, quindi 0 = ∆SAB + ∆SCD , dato che nelle trasformazioni adiabatiche l’entropia non cambia. Dalla variazione di entropia lungo una isoterma si ha: 0= QC QA + T2 T1 → QA |QC | = → QA > |QC | , (T1 < T2 ) T2 T1 Nel piano (S, T ) un ciclo di Carnot è rappresentato da un rettangolo: l’espansione isoterma alla temperatura T2 è rappresentata dalla linea orizzontale T = T2 ; l’espansione adiabatica dalla linea verticale S = S2 ; la compressione isoterma dalla linea orizzontale T = T1 ; la compressione adiabatica dalla linea verticale S = S1 : T QA = T2 (S2 − S1) T2 QC = T1 (S1 − S2 ) T1 S1 S2 S L = QA + QC = (T2 − T1 )(S2 − S1 ) L T1 η= =1− QA T2 P Cicli firgoriferi In un ciclo frigorifero il sistema complessivamente assorbe lavoro e cede calore Q = L < 0. Nel caso più semplice il sistema assorbe il calore Q0 dalla sorgente fredda e cede calore QC a una sorgente calda: risulta sempre |QC | > Q0. Quindi L = Q0 + QC = Q0 − |QC | < 0: occorre sempre compiere un lavoro sul sistema. Si definisce efficienza di un ciclo frigorifero il rapporto ξ= Q0 Q0 = |L| |Q0 + QC | Un ciclo di Carnot percorso in verso inverso costituisce un esempio di ciclo frigorifero. Il gas assorbe il calore Q0 = nRT1 ln(VC /VD ) dalla sorgente alla temperatura T1 (sorgente fredda) e cede il calore QC = nRT2 ln(VA /VB ) alla sorgente alla temperatura T2 (sorgente calda). L’efficienza è Q0 nRT1 ln(VC /VD ) T1 = = |Q0 + QC | nRT2 ln(VB /VA ) − nRT1 ln(VC /VD ) T2 − T 1 (si è usato VB /VA = VC /VD ). In un ciclo frigorifero di Carnot tanto più le due temperature a cui lavora il ciclo sono vicine tanto maggiore è l’efficienza del ciclo. Inoltre T2 |QC | = Q0 > Q 0 T1 il calore ceduto dal sistema alla sorgente calda è sempre maggiore (in modulo) di quello assorbito, cioè sottratto alla ξ= sorgente fredda e quindi il processo avviene sempre in presenza di lavoro fornito dall’ambiente al sistema: Q0 − |QC | = |L| < 0. Questo fatto è una espressione del secondo principio della termodinamica: non esiste un ciclo di trasformazioni che dia come unico risultato il trasferimento di calore da una data sorgente termica a un’altra sorgente termica a temperatura maggiore (enunciato di Clausius). Nel piano (S, T ) un ciclo di Carnot frigorifero è rappresentato dal rettangolo precedente percorso in verso opposto: il calore assorbito dalla sorgente T fredda (T1 ) è Q0 = T1 (S2 − S1 ), il calore ceduto alla sorgente calda è T2 QC = T2 (S1 − S2 ), T1 quindi S1 S2 S ξ= Q0 T1 = |L| T2 − T1 L’esperienza ci fa notare che certi fenomeni avvengono spontaneamente solo in una data direzione: se consideriamo due corpi a temperatura diversa posti in contatto, c’è sempre una cessione di calore dal corpo più caldo a quello più freddo fino a quando si raggiunge l’equilibrio termico: il calore non passa mai spontaneamente dal corpo freddo a quello caldo. Analogamente un gas che compie un’espansione libera riempiendo un recipiente vuoto a cui è connesso mediante un rubinetto: le molecole del gas non si raccolgono spontaneamente in una sola metà del contenitore. Questi processi si dicono irreversibili, cioè avvengono spontaneamente solo in una data direzione (anche se il processo che va nella direzione contraria non sarebbe proibito dalla conservazione dell’energia). Vedremo che per stabilire in quale direzione si svolgono questi processi bisogna studiare l’entropia. Confrontiamo una trasformazione reversibile con una irreversibile che avvengono tra gli stessi stati A e B con, ad es., TA = TB = T e il gas che viene compresso. Nella trasfor~est = −F ~int (la forza memazione reversibile in ogni istante F dia che le particelle esercitano sul pistone è uguale alla forza che bisogna applicare al pistone per farlo scendere), quindi Z B VB int Lest = −L = − pdV = −nRT ln > 0, (VB < VA ) rev rev V A A Nella trasformazione irreFest versibile all’inizio il sistema è ~est = −F ~int in equilibrio quindi F poi si abbassa velocemente il R pistone: non è possibile calcolare pdV perchè non si conosce la pressione all’interno del gas, ma le particelle del gas hanno rispetto al pistone una velocità maggiore che nel caso reversibile (il pistone viene loro incontro più velocemente), di conseguenza la forza media che le particelle esercitano sul pistone sarà maggiore che nel caso reversibile. Quindi per p far scendere il pistone occorre ap~est maggiore rispetto a plicare una F B quella che si applica nel caso reA versibile, e per arrivare allo stesso stato finale bisogna fare un lavoro V V V maggiore: B A est Lest irr > Lrev Se il gas si espande: nella trasformazione reversibile VB < 0, (VB > VA ) VA Nella trasformazione irreversibile, all’inizio il sistema è in ~est = −F ~int poi si allontana velocemente equilibrio quindi F il pistone: le particelle del gas hanno rispetto al pistone una velocità minore che nel caso reversibile (il pistone si allontana più velocemente) di conseguenza la forza media che le particelle esercitano sul pistone Fest sarà minore che nel caso reversibile. Quindi per far scorrere il pistone occorre applicare una ~est minore rispetto a quella che si applica nel caso reversibile, F int Lest rev = −Lrev = −nRT ln e per arrivare allo stesso stato finale bisogna fare un lavoro minore: p est |Lest irr | < |Lrev | A però nell’espansione il lavoro esterno è negativo quindi si ha ancora B VA VB V est Lest irr > Lrev Nelle due trasformazioni (quella reversibile e quella irreversibile) la variazione dell’energia interna è la stessa (Eint è una variabile di stato), quindi ½ Qrev + Lest rev ∆Eint AB = Qirr < Qrev Qirr + Lest irr Confrontiamo un ciclo di Carnot (termico) con un ciclo in cui l’espansione isoterma A → B è sostituita da una p A B D T2 C T1 V trasformazione irreversibile che porta sempre il sistema da A → B. Sia la trasformazione reversibile che quella irreversibile avvengono alla stessa temperatura T2 , quindi Z B Z B δQirr δQrev < ≡ ∆SAB T T A A la variazione dell’entropia è sempre maggiore della somma (o integrale) delle quantità di calore scambiate irreversibilmente, ciascuna divisa per la temperatura a cui viene scambiata. Più in generale si ha Z B δQ ∆SAB ≥ disuguaglianza di Clausius T A dove il segno uguale vale solo se la trasformazione è reversibile. Un’importante conseguenza della disuguaglianza di Clausius è che se un sistema è isolato, quindi non scambia né calore né lavoro con l’esterno, si ha Z B δQ ∆SAB ≥ =0 T A dove il segno uguale vale solo se la trasformazione è reversibile: in una trasformazione di un sistema isolato l’entropia aumenta o, se la trasformazione è reversibile, rimane costante. L’entropia è perciò un indicatore dell’evoluzione temporale dei sistemi isolati. In particolare nell’espansione libera di un sistema isolato l’entropia aumenta. La disuguaglianza di Clausius si generalizza al caso di un ciclo: I δQirr 0 = ∆Sciclo > T dove l’integrale indica la somma algebrica di tutte le quantità di calore scambiate nel ciclo, divise per la temperatura a cui avviene lo scambio. Se tutte le trasformazioni del ciclo sono reversibili l’integrale dà la variazione dell’entropia, quindi in generale si ha I δQ ≤0 T dove il segno di uguale vale solo se il ciclo è fatto di trasformazioni reversibili. Confrontiamo il rendimento di una macchina di Carnot con p A B D T2 C T1 V quello di una macchina in cui le due isoterme sono sostituite da due trasformazioni irreversibili (le due macchine lavorano alle stesse temperature). η rev η irr |Qrev | T1 =1− C = 1 − Qrev T2 A |Qirr C | = 1 − irr QA (T2 > T1 ) Per la disuguaglianza di Clausius | Qirr Qirr Qirr |Qirr |Qirr T1 A C A C | + <0 → < → < C T2 T1 T2 T1 T2 Qirr A Quindi η irr < η rev una macchina termica di Carnot reale ha un rendimento inferiore della corrispondente macchina di Carnot operante tra le medesime temperature. Terorema di Carnot: ¬ il rendimento di una macchina di Carnot reversibile è maggiore del rendimento di qualsiasi altra macchina, sia reversibile che irreversibile ­ il rendimento di un ciclo di Carnot reversibile è sempre η = 1 − T1/T2 , anche se la macchina lavora con un fluido che non è un gas perfetto ® la definizione della variabile di stato entropia, che abbiamo dato per il gas perfetto, è valida per un sistema qualsiasi Z B δQrev ∆SAB = T A Non dimostriamo il teorema ma vediamo che ® è diretta conseguenza di ­. Infatti se in una macchina di Carnot reversibile il rendimento vale sempre η =1− T1 T2 indipendentemente dal gas utilizzato, allora dalla definizione η =1− |QC | QA → |QC | T1 = QA T2 |QC | QA QC QA = → + =0 T1 T2 T1 T2 questo significa che in un ciclo reversibile, la somma dei calori scambiati diviso la temperatura a cui avviene lo scambio è zero I δQrev =0 T quindi si può introdurre una funzione di stato S la cui variazione infinitesima δQrev dS = T e tale che I Z B δQ dS = 0 e = SB − SA T A si ritrova quindi la definizione di entropia data per il gas perfetto.