Mercoledì 5 dicembre 2012 Burri e l’informale Barbara Cinelli La biografia artistica di Alberto Burri é caratterizzata dalla repentina inversione di carriera: da medico ad artista, prima nel campo di prigionia del Texas nel 1944 e poi, definitivamente, nel 1946, al rientro in Italia. L’assenza nel suo percorso di una formazione tradizionale si salda, nell’immediato dopoguerra, con la diffusione dell’Informale, uno dei linguaggi più antiaccademici della contemporaneità. Questa coincidenza ha determinato una inclusione dell’opera di Burri in questo movimento cui si ascrivono anche i francesi Fautrier e Dubuffet, il tedesco Wols e l’americano Pollock. Due elementi rendono questa inclusione problematica: da un lato la difficoltà di codificare l’Informale entro precisi confini sia geografici che cronologici, dall’altro la precisa volontà di Burri che ha rifiutato con una scelta consapevole ogni programmatico coinvolgimento in schieramenti precostituiti, contribuendo ad alimentare un’immagine di artista isolato e quasi autoreferenziale. La costituzione a Città di Castello della Fondazione intitolata all’artista, che donava alla sua città natale la propria collezione ed il museo omonimo, sanciva poi nel 1981 questa lettura, che fondava il mito di Burri e della sua forza espressiva, moderna, ma al contempo autonoma dalle contingenze dell’Informale: “Burri – scriveva allora Cesare Brandi – é l’artista che ha profonde radici nella cultura figurativa europea, ma nessun patronimico. Burri nasce per forza endogena, e se Minerva nacque dalla testa di Giove, Burri nasce dalla sua testa”. Nel corso della lezione verranno ripercorsi gli anni che vanno dal 1947, quando Burri espose alla Galleria della Margherita a Roma le sue prime opere non-figurative, fino al 1960, anno in cui la Biennale di Venezia attribuiva il Gran Premio della Pittura a Fautrier, un episodio molto contestato che segna il punto massimo della parabola dell’Informale e che si assume quindi come limite cronologico della lezione. I comprimari di questa vicenda sono soprattutto Emilio Villa e Michel Tapié, personalità antitetiche che offrirono a Burri occasioni quanto mai diverse in ordine alla sua carriera. Villa, esperto di lingue scomparse, con elitari interessi per la filologio, la paleografia, l’antropologia, ebbe la funzione di catalizzare le curiosità linguistiche dell’artista orientandolo decisamente verso le sperimentazioni più avanzate, come le combustioni che Burri inaugurò proprio sulle carte destinate ad una collaborazione editoriale con il poeta; Tapié, sapiente promotore dell’art autre, mercante e gallerista attivo da Roma a Torino a Parigi, sancì con le mostre della torinese Galleria Notizie e della francese Rive Droite l’ingresso di Burri nella compagine Informale, inaugurando una lettura che la critica seguirà anche oltre gli anni Cinquanta. Attraverso questa ricomposizione di testimonianze é possibile rileggere la vicenda di Burri con modalità che incrinano l’ipotesi brandiana di una assoluta autonomia, per individuare semmai un temperamento capace di piegare le suggestioni del contesto artistico alla definizione di un’ipotesi linguistica propria, piuttosto orientata ad un interesse per i materiali e la costruzione che alle suggestioni della materia e del gesto. In tale prospettiva appare significativo l’acuto giudizio della giovane Carla Lonzi, che in occasione della Biennale veneziana del 1960, con uno scarto deciso rispetto alle consuete polemiche, informale sì – informale no, alludeva, per il pittore “della juta, dei legni combusti, dei ferri” ad una “edizione, forse più integrale, dello spirito dada”. Bibliografia La bibliografia su Burri é molto cospicua e la riassume ottimamente Massimo DE SABBATA, Burri e l’Informale, Il Sole 24 Ore 2008, che costituisce un valido e documentato strumento di corretta divulgazione. Nel 1981, all’atto di costituzione del Museo Burri a Città di Castello é stato pubblicato un volume in grande formato, Collezione Burri, con numerose illustrazioni ed un testo introduttivo, breve, ma significativo di Cesare Brandi; nel 1990 seguiva Burri. Contributo al catalogo sistematico, a cura della Fondazione di Palazzo Albizzini, attualmente in corso di revisione. Da consultare nella pubblicazione originale per l’impaginazione del testo e le immagini riprodotte, l’articolo più volte poi ristampato, di Emilio VILLA, Burri, “Arti Visive”, 4-5 maggio 1953. Fondamentale anche il catalogo dell’esposizione Alberto Burri, a cura di Bruno Mantura e Alessandra De Feo, Roma Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 1976. Per Michel Tapié Tapié. Un Art Autre. Torino Parigi New York Osaka, a cura di Mirella Bandini, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna, 1997. Sull’Informale si segnala all’interno di una folta bibliografia il catalogo della mostra Pittura degli anni Cinquanta in Italia, Torino, Civica Galleria d’Arte Contemporanea, 2003 e Carla Lonzi, Scritti sull’arte, Milano 2012. Su Emilio Villa Emilio Villa poeta e scrittore, a cura di Claudio Parmiggiani, Modena 2008. Ultima lezione: mercoledì 12 dicembre, ore 17.30 Avanguardie artistiche e scenografie moderne nel cinema italiano degli anni Trenta. Il caso di La contessa di Parma di Alessandro Blasetti Raffaele De Berti