modulo di Elettrotecnica Elettrici 2000/01 2° semestre

Anno Accademico 2010/2011 – CdL in Ingegneria Navale
(Bozza)
CAP. IV – METODOLOGIE APPLICATIVE – COMPONENTI – SISTEMI
ELETTRICI
IV.1 Generalità
In questo capitolo verranno descritte alcune delle principali ricadute applicative e
procedurali direttamente collegate alla teoria delle reti sviluppata precedentemente.
Ovviamente il percorso storico che ha portato alla realizzazione di apparecchiature e
sistemi elettrici di interesse sociale e strategico (basta pensare alle pressanti richieste
dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione tipica del fine Ottocento o lo sforzo
tecnologico legato alla partecipazione alle due Guerre Mondiali) ha visto sì
importanti realizzazione ma anche continui “ritorni” sull’impostazione dello studio
di problematiche elettriche e dei modelli generali con ulteriori ricadute applicative.
Con una visione estremamente rapida possiamo così sintetizzare tale percorso
storico:
a) nella seconda metà del Settecento e nella prima metà dell’Ottocento sono state
poste le basi (non solo per l’impulso dell’Illuminismo) per un raccordo tra la
presentazione semi-empirica dei fenomeni elettrici ed un inquadramento degli
stessi in modelli matematici di profonda validità e portata; tale percorso è
stato agevolato senz’altro dalla presenza (spesso tormentata) di personalità
scientifiche di impareggiabile rilievo, anche in assenza di qualsiasi supporto,
incentivo o mezzo di comunicazione1; le applicazioni “elettriche” si limitarono
allo studio dei processi chimici ed ad limitato numero di dispositivi isolati.
a. nella seconda metà dell’Ottocento si sentì prepotentemente da un lato
la necessità di dotare le fabbriche di macchinari che consentissero tassi
di produzione più elevata e minori ingombri, dall’altro di fornire
energia ed illuminazione alle stesse fabbriche ed ai centri abitati con
alimentazione elettrica a largo raggio e quindi con interconnessioni a
largo raggio; è del 1892 la prima linea ad Alta Tensione in Italia (RomaTivoli 75 kV a tensione stazionaria) parallela alla linea tranviaria a 550
V; da un lato si svilupparono le grandi macchine rotanti e statiche per la
generazione, la trasmissione, la distribuzione e l’utilizzazione
dell’energia elettrica, dall’altro si assestano in misura decisiva i modelli
generali della Fisica Matematica, in particolare dell’Elettromagnetismo
(James Clerk Maxwell, 1873)
1
Si potrebbero portare numerosissimi esempi; mi limiterò a citare – perché poco conosciuta – la vita di
disagi di Michael Faraday (1791-1867), i cui studi e le cui intuizioni a tutto campo nel mondo della
Chimica e della Fisica sono fondamentali e di attualissimo interesse. E’ forse più nota la vicenda
politica di Benjamin Franklin che fu costretto – esule presso la Corte in agonia del Re di Francia – a
proporre in inglese ed francese le sue idee scientifiche ed il suo laboratorio elettrico.
1
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IV.1 Cenni di conversione elettromeccanica
La conversione elettromeccanica si basa sulla espressione della forza di Lorentz:
Fq  qE  v  B 
2
Se consideriamo una carica q in un conduttore filiforme perfetto (all’interno del quale
in campo elettrico E=0), e supponiamo di muovere, con un’azione esterna, il conduttore
stesso in un campo magnetico, ogni carica sarà soggetta a una forza ortogonale alla
direzione del moto ed al campo magnetico (tale forza sarà nulla se il moto avviene
lungo le linee del campo magnetico). Le cariche potranno muoversi nel volume
occupato dal conduttore (immaginando per semplicità che non possano abbandonare
lo stesso). Potremo quindi, a seconda dei casi, fare diverse considerazioni
1) Nel caso di una barretta rettilinea AB di conduttore che si muova di moto
uniforme “trasversalmente” (cioè su un piano ortogonale) ad un campo
magnetico B uniforme, tutte le particelle libere del conduttore sono soggette a
forze che le spingono verso gli estremi, dove si accumuleranno fino al
raggiungimento di una situazione di equilibrio tra il campo di repulsione
coulombiano e il campo della forza di Lorentz. Nella situazione di fig.1 viene
evidenziata la separazione delle cariche. Da notare esplicitamente che la forza
di Lorentz agisce sulle cariche nel conduttore, mentre il campo coulombiano
generato dalla separazione delle cariche può essere “sentito” e misurato in
tutto lo spazio. Quindi si può valutare la tensione indotta
B
B
F
   q  t dl   v  B  t dl lungo la barretta attraverso la misura della tensione
q
A
A
lungo un percorso esterno alla barretta
B
 
A
Fq
q

 t AB dl  VAB 
AB , solidale con la stessa:
B
E  t dl
A,
. Nell’intervallo di tempo dt la barretta
  AB
avrà coperto una “superficie” di larghezza vdt, tagliando idealmente le linee
di flusso di B. Per tale ragione si parla in gergo di tensione indotta da flusso
tagliato:
d tagliato
dt

d
( Bv dt ) LAB ;
dt
Fq
+++++++++++++++
A
+++++++++++++++
+
+++++++++++++++
+
v
+
+++++++++++++++
+
+++++++++++++++
B
+++++++++++++++
B
+++++++++++++++
2
B
   v  B  t dl  vB LAB
A
B
v
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
In questa espressione non sono considerate forze di natura diversa (chimica, termica, ..)
2
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Fig.1
Fig.2
2) Consideriamo ora (fig.2) una spira quadrata (percorso chiuso) immersa in un
campo magnetico uniforme e ruotante con velocità angolare costante Ω ad es.
in senso orario attorno ad un asse ortogonale al piano del foglio. Sulle cariche
della spira agirà, a seconda del tratto della spira e della sua posizione, una
forza di Lorentz variabile in modulo e verso; se la spira si trova in posizione
“orizzontale”, la forza di Lorentz è nulla dappertutto in quanto v e B sono
paralleli; in posizione verticale la forza è massima ed è diretta verso
l’osservatore per i punti della porzione superiore della spira, in verso opposto
nella porzione inferiore. Con forza di intensità variabile le cariche saranno
quindi spinte a “circolare” nella spira 3. Il tutto è riconducibile alla valutazione
della forza elettromotrice indotta (legge di Faraday-Neumann)
Fq
d
 Ei  t dl   q  t dl   dt . Infatti, quando il flusso Φ concatenato con la spira è
massimo, la forza è nulla; nel tempo il flusso varia con legge cosinusoidale. La
spira chiusa consente una migrazione di cariche, ossia una corrente elettrica
che, con il riferimento fissato in fig.2, è positiva quando il flusso decresce, cioè
per mezzo giro. In tale intervallo, il suo effetto è la creazione di un campo
magnetico di “rinforzo”, ovverosia essa tende a “mantenere” il flusso
concatenato.
3) Per avere ovunque ortogonalità tra campo di velocità e campo magnetico, si
può modificare la distribuzione del campo magnetico avvolgendo la spira su
supporto ferromagnetico e facendola ruotare in un traferro tra espansioni o
“scarpe” polari magnetiche (Nord e Sud), sagomate in modo tale che il campo
magnetico risulti praticamente radiale. In tal caso la forza di Lorentz risulta
praticamente costante nel passaggio sotto una scarpa polare, inverte il senso
passando sotto l’altra. I due lati ortogonali al foglio danno luogo ad una
tensione indotta lungo il loro asse non nulla, per cui si dicono attivi; si
sottolinea che sugli altri due lati la forza di Lorentz non è nulla, ma tensione
lungo il loro asse è nulla. Questo è il principio di un possibile alternatore
elettrico o generatore (trasforma energia meccanica in energia elettrica).
4) Se la spira ferma, con il riferimento fissato in fig.2, è interessata da una
corrente di intensità i(t), possiamo immaginare che il campo di velocità sia
quello di migrazione delle cariche all’interno del conduttore; quindi le stesse
sono soggetta ad una forza ortogonale al conduttore attivo e quindi ad una
3
In realtà nei due tratti di spira ortogonali all’asse di rotazione le cariche sono spinte temporaneamente verso le
pareti.
3
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coppia motrice. Se la spira è libera di ruotare, si mette in movimento (principio
del motore elettrico)4.
5) Se il campo B è un campo stazionario (di un magnete permanente o di un
elettromagnete) ed i è costante, siamo nel caso del motore a corrente continua;
6) Se il campo B è variabile con legge sinusoidale, la corrente i(t) può essere
ottenuta per induzione elettromagnetica; è possibile far sì da avere una coppia
motrice significativa ed avremo il motore in corrente alternata;
7) Possiamo ottenere una corrente indotta in una spira libera di ruotare (rotore)
attraverso un campo rotante (motore asincrono); per ottenere un campo rotante
basta considerare l’effetto di tre solenoidi disposti simmetricamente (con assi a
120°) sulla periferia di uno statore (parte fissa della macchina), alimentati da
una terna di correnti simmetriche (sfasate nel tempo di 120°) a pulsazione Ω.
Ogni solenoide produce in ogni punto del traferro un campo sinusoidale a
pulsazione Ω diretto lungo l’asse geometrico del solenoide (z1,z2,z3); tale
campo può essere scomposto in due campi rotanti (diretto ed inverso) con
velocità angolare +Ω e - Ω, di intensità costante pari alla metà del valore
massimo del campo. Il contributo al campo del secondo solenoide può a sua
volta essere scomposto un campo rotante diretto ed uno inverso, ma la
posizione spaziale e del secondo avvolgimento e la fase della seconda
corrente fanno sì che la componente diretta sia allineata alla prima e la
componente inversa sia sfasata di 120° rispetto alla prima; ripetendo il
discorso per il terzo solenoide si può riconoscere che le tre componenti dirette
si sommano dando luogo ad un campo risultante di valore pari a 3/2 rispetto a
quello del singolo avvolgimento, mentre le componenti inverse danno istante
per istante somma nulla (in fig.3, la situazione per t=0).
8) Per quanto detto una terna di avvolgimenti disposti simmetricamente lungo la
periferia interna dello statore, alimentata da una terna simmetrica di tensioni,
equivale ad un magnete rotante (Nord-Sud) e pertanto viene definito coppia di
poli. Se gli avvolgimenti non vengono distribuiti sull’intera circonferenza, ma
su una parte 1/p dell’angolo giro, avrò una macchina a p coppie di poli.
Disponendo in modo regolare gli avvolgimenti sulla periferia interna di
statore, si avrà alternanza di poli Nord e poli Sud; il passo polare (differenza
angolare tra due Nord consecutivi) è pari a 2π/p. La velocità di rotazione
equivalente del campo rotante è ω=Ω/p e quindi la velocità di sincronismo
della macchina è p volte più bassa (per p=1 e f=50 Hz la velocità è di 50 giri/s
ossia 3000 giri al minuto, per p=4 la velocità è 750 giri al minuto).
Sui due lati non attivi ha luogo una separazione di cariche che si attestano sulle pareti. Vi sono sonde di misura
del campo magnetico che si basano su questo principio (effetto Hall).
4
4
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1z1
B1=BM cosΩt 1z1
B1i
B1d
Ω
B3d
-Ω
Ω
B2d
B3=BM cos(Ωt+2π/3) 1z3
B1  B 2  B3  B1d  B 2d  B3d 
B3i
B2i
3
BM
2
1z2
1z3
B2=BM cos(Ωt-2π/3) 1z2
fig.IV.3
IV.2 Cenni sulla macchina sincrona
La macchina sincrona si presenta come in fig.IV.4:
-
sul rotore è generalmente installato l’induttore, che con il suo movimento può
creare un campo magnetico rotante e quindi indurre tre tensioni simmetriche
in tre avvolgimenti disposti simmetricamente sullo statore (generatore
sincrono o alternatore);
-
l’induttore può essere a coppie di poli salienti o liscio: le coppie polari
equivalenti sono ottenute mediante avvolgimenti avvolti su nuclei
ferromagnetici ben evidenziati ed opportunamente sagomati, oppure con
gruppi di spire paralleli disposte in cave di rotore, costituenti una sorta di
solenoide corto;
-
sulla periferia interna dello statore (indotto) sono ricavate delle cave per
l’alloggiamento dei conduttori di fase terminanti all’esterno;
-
l’induttore a poli salienti è sagomato in modo che il profilo del campo al
traferro sia sinusoidale sul periodo pari a doppio del passo polare
-
sistemando lungo la periferia interna dello statore, in modo simmetrico, i
conduttori di tre avvolgimenti, dal moto del rotore si può ottenere, a vuoto,
una terna simmetrica di tensioni (funzionamento da alternatore sincrono
trifase) .
-
alimentando gli avvolgimenti di statore con una terna simmetrica di correnti,
possiamo avere il funzionamento da motore sincrono, in cui, fissata la
frequenza di alimentazione, è fissato il numero di giri n=60f/p dove f è la
frequenza di alimentazione e p il numero delle coppie polari; è molto meno
diffuso del motore asincrono di cui nel seguito. Ovviamente il motore sincrono
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va inizialmente portato a velocità molto prossima al sincronismo (ad esempio,
viene fatto partire “a folle” come motore asincrono oppure a mezzo di un
motore ausiliario di lancio). In fig.IV.5 è riportata la macchina a traferro
“linearizzato”; si mette in evidenza la distanza lungo il traferro tra due
espansione N-S adiacenti (semipasso polare τ)
fig,IV.4 – Configurazione del rotore della macchina sincrona (induttore) a poli
salienti (e: espansioni polari; n: nuclei ferromagnetici) e a “poli lisci”.
fig,IV.4 – Configurazione del rotore della macchina sincrona (induttore) a poli
salienti; è possibile sagomare le scarpe polari in modo da avere una forma
sinusoidale del campo magnetico al traferro (induzione radiale).
In fig. IV.5 è riportata la caratteristica d’indotto (valore efficace della tensione
concatenata sui tre avvolgimenti di statore) in funzione della intensità di corrente
di eccitazione che genera il campo di rotore; in realtà, a seconda del tipo di carico,
si avranno intensità di corrente diverse per fase e quindi occorrerà considerare la
composizione del campo di rotore con quello generato dall’indotto; per carico
ohmico-induttivi la reazione d’indotto provoca una diminuzione del flusso per
polo e quindi una diminuzione delle tensione ai morsetti; nel caso ohmicocapacitivo tale tensione aumenta.
In fig.IV.6 si riporta qualitativamente la caratteristica “esterna” dell’alternatore,
ovvero la variazione della tensione di uscita al variare dell’intensità della corrente
erogata. Anche in questo caso si nota l’influenza del tipo di carico. Considerazioni
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più circostanziate portano alla individuazione di un circuito equivalente
all’alternatore ed alla definizione di una impedenza sincrona.
fig.IV.5 Caratteristica di carico
fig.IV.6 Caratteristica esterna
IV.3 La macchina asincrona (vedasi per file a parte sulla macchina
asincrona)
- Campo rotante creato dalle correnti di statore di pulsazione ω con p terne di
bobine (coppie polari)
s 

p
s  r
: s=1 : rotore fermo; s=0 : rotore
s
al sincronismo ; s<0 : rotore lanciato oltre il sincronismo; s>1 : rotore fatto girare in
senso opposto al campo rotante
- Scorrimento tra campo rotante e rotore s 
- Funzionamento da motore (s compreso tra 0 e 1) oppure da generatore (s<0 o
s>1)
- A rotore bloccato, rete equivalente simile a quella di un trasformatore
- A rotore in moto, rete equivalente riferita alle grandezze di statore a pulsazione
(ω) diversa da quella di rotore (s ω)
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I 2s 
E2 s
R22  ( sL2 d )

sE2
R22  ( sL2 d ) 2

E2
2
 R2 
2
   ( X 2d )
 s 

R2
1 s 
 R2  R2 

s
 s 
Bilancio energetico
P1  PCu1  PFe1  Ps
 PCu 2
1 s  2
Ps  PFe2  PCu 2  Pm  R2 I 22  R2 
I2
s


 sPs ; Pm  (1  s ) Ps
rendimento di conversion e  2 
Pm
 1  s  snom  0.05
Ps
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CARATTERISTICHE MECCANICHE
Coppia motrice
1 s  2
R2 
I 2
Pm
Pm
spE 22
sR2V12
s 
 R2 
1

Cm 


  2
  2
2
2

r  s (1  s)

R

(
sX
)
   R2  ( sX 2 d )


2
2
d
(1  s)
p


R2
V12
dC
2
2
 0  R2 R2  ( sX 2 d )  sR2 2 X 2 d ( sX 2 d )  0  s M  s*  
 CM  2
ds
X 2d
 L2 d
-
Per l’avviamento possiamo considerare una variazione di R2 (avviamento reostatico)
o una variazione della reattanza di dispersione (motore a doppia gabbia).
La regolazione di velocità non è ampia; possiamo considerare variazioni limitate
dello scorrimento. Altrimenti occorrerà variare il numero delle coppie polari.
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Motore asincrono monofase
Si costruisce un secondo avvolgimento interessato da corrente sfasata rispetto
alla corrente dell’avvolgimento principale. In questo modo si potrà creare un campo
rotante sufficiente a far avviare il rotore che sarà soggetto ad una coppia significativa.
Basterà quindi creare un circuito ausiliario prevalentemente capacitivo
(condensatore di avviamento). Per piccole potenze.
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IV.4 Cenni sulla macchina a corrente continua (in preparazione)
Principio della commutazione - Collettore
Tensione unidirezionale
Tensione risultante
Flessibilità nel funzionamento da generatore (dinamo) e/o da motore
Reazione d’armatura
Flessibilità dei sistemi di eccitazione: indipendente, parallelo, serie
Flessibilità della caratteristica meccanica
Svantaggi
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IV.5 Cenni sui convertitori (elettronica di potenza)
IV.5.1 Circuiti raddrizzatori
Tra i bipoli fondamentali si è già accennato (§I.17) al diodo ideale e
reale5 (fig.IV.5.1): si hanno fenomeni significativi di conduzione (con
caratteristica non lineare) se la tensione tra anodo A è catodo C è positiva
(tratto © di “conduzione”), non si hanno praticamente fenomeni di
conduzione se tale tensione è negativa (tratto ® di “interdizione”, a meno di
non raggiungere valori di tensione eccessivi che determinano il collasso
(breakdown) del componente) .
A
VAC
anodo
vAC
i
I
diodo reale
diodo ideale
©
I
VAC
catodo
C
+ e(t)
vu
®
fig.IV.5.1
fig.IV.5.2
La caratteristica è fortemente asimmetrica; quindi, imponendo una tensione vAC
variabile (ad esempio sinusoidale) , l’intensità di corrente risulterà fortemente
distorta e viceversa. Se si alimenta con un generatore sinusoidale una serie diodoresistore (fig.IV.5.2), la caratteristica di fig. IV.5.1 andrà confrontata con quella del
bipolo “visto” dal diodo
v AC t   e(t )  Ru i  i 
e(t )  v AC (t )
(IV.5.1)
R
Tale caratteristica è una retta che intercetta la zona di conduzione se e(t)>0, quella di
interdizione se e(t)<0 (fig. IV.5.3)
5
Un diodo reale viene realizzato attraverso una “giunzione P-N” di due strati di un materiale
tetravalente puro, semiconduttore intrinseco come il Silicio, uno drogato con materiale trivalente
(come il boro) che quindi rende lo strato ricco di “lacune elettroniche” (P è l’anodo) e l’altro drogato
con materiale pentavalente (quale l’antimonio) che quindi rende lo strato ricco di elettroni disponibili
per la conduzione (N è il catodo). Applicando una tensione positiva si avrà una agevole migrazione o
diffusione di elettroni verso l’anodo e “lacune” verso il catodo; la migrazione inversa è evidentemente
molto difficile.
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Ru
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VAC
v AC t   e(t )  Ru i
diodo reale
diodo ideale
©
vu
t
I
e
®
fig.IV.5.3
fig.IV.5.4
La tensione sul diodo risulterà trascurabile se e(t)>0, per cui la tensione sul resistore
v2 risulterà praticamente coincidente con e(t); se e(t) è minore di zero, risulterà invece
piccola l’intensità di corrente e quindi trascurabile la v2 (fig.IV.5.4, raddrizzamento ad
una semionda).
La tensione di uscita risulta quindi periodica con lo stesso periodo della e(t) – se
questa è periodica -, ma con un valore medio significativo; nel caso e(t) sia
sinusoidale di valore massimo EM e periodo T
1
V* 
T
t1 T
1
 v t  dt   E
AC
M
 0,318 EM
t1
Anche l’intensità di corrente presenterà quindi un valore medio non nullo. Nel caso
(frequente) in cui la e(t) sia fornita attraverso un trasformatore su ferro (fig.IV.5.5),
questa circostanza potrebbe comportare saturazione del ferro e conseguente cattivo
funzionamento del trasformatore. Per tensioni non elevate si può ricorrere ad una
alimentazione “doppia” del resistore Ru considerando un trasformatore con
secondario a presa centrale (fig.IV.5.6), circuito a doppia semionda). Le due tensioni
v2 e v2* sono di uguale ampiezza ed in opposizione di fase; a vuoto (Ru infinita) le
correnti al secondario sono praticamente nulle perché i due diodi sono in antiserie;
per R finita,, il diodo D conduce per il semiperiodo in cui v è positiva (mentre v* è
negativa e quindi il diodo D* interdetto); per l’altro semiperiodo D* conduce e D è
interdetto. In tale caso, a parità di valore massimo EM della tensione di alimentazione
il valore medio nel periodo T raddoppia
V* 
1
T
t1 T
2
 v t  dt   E
AC
M
 0,636 EM ;
t1
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Tale valore risulta abbastanza prossimo al valore efficace della tensione di ingresso
sinusoidale (=0,707 EM) (fig.IV.5.7)
vAC
i
vAC
i
+
e=v
2
D
e=v2
+
v
Ru
vu
Ru
u
v2*
D*
fig.IV.5.5
fig.IV.5.6
vu
t
v*2
v2
fig.IV.5.7
Con questa soluzione si avranno correnti a valor medio non nullo nei
due avvolgimenti, significative in semiperiodi diversi; con opportune
disposizioni (ravvicinate) dei due avvolgimenti si potrà creare un campo
magnetico praticamente alternativo dovunque.
Per tensioni più elevate si potrà utilizzare il circuito di fig. IV.5.8 (ponte
di Graetz) con unico avvolgimento interessato da correnti alternative
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+
e=v2
Ru
vu
fig. IV.5.8
Una versione polifase del circuito ad una semionda è presentata in
fig.IV.5.9; la tensione sul carico è rappresentata in fig. IV.5.10 nel caso
trifase. Come si nota, all’aumentare del numero delle fasi il valore
medio della tensione di uscita diventa sempre più prossima al valore
massimo e si riduce sempre più il fattore di ondulazione.
+ e1(t)
1
i1(t)
i2(t)
+ e2(t)
2
0
i3(t)
+ e3(t)
vu
Fig. IV.5.9
v
u
e3
t
e1
e2
Fig.IV.5.10
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IV.5.2 Tiristori o SCR (Silicon Controlled Rectifier) – Il TRIAC (triode
for alternating current)
Il tiristore o SCR è un diodo controllato. La effettiva conduzione del
diodo, se ammessa, avviene solo se si invia un opportuno comando
(anche un “impulso”) di tensione sul terminale di controllo (gate G)
(fig.IV.5.11)
VAC
A
SCR reale
©
VAC
I
anodo
catodo
G gate
SCR ideale
I
C
®
fig.IV.5.11- Caratteristica di un tiristore
Il tiristore si comporta quindi come un interruttore a stato solido (in
chiusura); inoltre esso si interdice se l’intensitàC di corrente scende al
disotto di un valore di soglia; in caso di grandezze variabili, si interdice
sempre (e non si riaccende fino ad un nuovo comando sull’elettrodo di
controllo) se la intensità di corrente passa per lo zero. Il tempo di
“accensione” è di 1-4 μs, quello di “spegnimento” di 10-25 μs
16
Anno Accademico 2010/2011 – CdL in Ingegneria Navale
Il TRIAC è costituito sostanzialmente da due SCR in antiparallelo, che
hanno l’elettrodo di controllo in comune. La conduzione può essere
attivata sia per tensioni positive che negative (con impulsi positivi e
negativi). In fig. IV.5.12 è rappresentata la caratteristica reale e quella
ideale
A
I
VAC
VGC
G
C
vAC
VAC
TRIAC reale
TRIAC ideale I
VGC
®
fig.IV.5.12- Caratteristica di un triac
Come si vede si possono parzializzare i fenomeni di conduzione; il triac
quindi può funzionare come un regolatore di corrente alternata.
Per elevate correnti e tensioni si preferisce usare due tiristori separati in
antiparallelo, per meglio dissipare le perdite sul componente.
Costruttivamente il tiristore è costituito da un quadruplo strato
di semiconduttori p-n-p-n (fig. IV.5.13), con l'anodo collegato allo
stato p esterno, il catodo allo strato n esterno ed il gate al p intermedio.
L’iniezione di elettroni attraverso l’elettrodo di controllo consente la
conduzione anche attraverso la giunzione inversa.
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Anno Accademico 2010/2011 – CdL in Ingegneria Navale
fig.IV.5.13
L'impiego tipico si ha nei raddrizzatori di tensione controllabili, in grado
di fornire tensioni continue regolabili da una tensione alternata fissa.
Altri impieghi si hanno negli inverter e nei convertitori di tensione
alternata. Il circuito di innesco degli SCR fa si che questo si trova in
ritardo rispetto alla tensione anodo-catodo; questo provoca un
frazionamento della tensione raddrizzata (il cosiddetto Controllo di
fase)..
Altri fondamentali componenti dei circuiti di potenza sono alcuni tipi di
transistori. Nel caso di tali componenti (funzionalmente simili a quelli
impiegati nei circuiti elettronici di segnale) si è in presenza di giunzioni
multiple PNP o NPN in cui i due strati esterni sono indicati come
emettitore e collettore, lo strato centrale (base) regola il meccanismo di
conduzione collettore-emettitore.
Si rinvia ad altra occasione la descrizione del funzionamento dei
transistori di segnale e di potenza. Tra questi ultimi preme tuttavia,
segnalare gli IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor) di recentissima
introduzione per le applicazioni nel campo della trazione ferroviaria,
interessati da correnti di intensità superiori a 1000 A e tensioni superiori
a 6000 V (fig. IV.5.14)
fig. IV.5.14 – IGBT
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IV.6 La propulsione elettrica navale
L’impiego delle tecnologie elettriche non è nuovo nella catena di
propulsione delle navi essendo noti fin dall’inizio del secolo scorso i
vantaggi in termini di efficienza e manutenzione di soluzioni elettriche
alternative al tradizionale riduttore meccanico per ricondurre la velocità
di rotazione dei motori diesel o a turbina al più basso numero di giri
delle eliche. L’introduzione dei convertitori elettronici ed in generale dei
componenti elettronici di potenza ha consentito soluzioni “ad hoc” di
sistema a bordo delle navi. Vengono adottate soluzioni “miste” (sistemi
diesel-elettrici) o “integrali” (AES, “all electric ships”). L’impiego
integrale delle tecnologie elettriche dell’impiantistica di bordo assicura
importanti vantaggi, quali incremento del comfort a bordo per la
riduzione di vibrazioni e rumore, maggiore spazio a disposizione,
superiori prestazioni dinamiche della nave (ivi compresa la regolazione
della velocità, il controllo locale e generale, i sistemi di registrazione ed
allarme, la gestione di emergenze), riduzione di consumi ed emissioni,
integrazione tecnologica e di automazione, manutenzione meno onerosa.
Il campo di applicazione della propulsione elettrica navale è stato
sicuramente quello delle navi di grande taglia (6), con particolare
riguardo alle navi da crociera che negli ultimi anni hanno assunto
dimensioni impensabilmente elevate. Le positive esperienze in termini di
prestazioni, sicurezza e comfort stanno favorendo un rapido processo di
trasferimento di tali soluzioni innovative ad altri comparti della
navigazione commerciale e militare.
Risulta oggi sempre più frequente il ricorso ad un sistema
elettrico,in cui la potenza elettrica necessaria a bordo viene fornita da
una centrale di generazione che alimenta i diversi carichi, propulsori
compresi,attraverso un unico schema di distribuzione. Precedentemente,
Ad esempio a bordo della nave da crociera “Costa Fortuna” (varata nel 2004) è installato un sistema di
generazione della ABB –Asea Brown Boveri, comprendente 6 alternatori per complessivi 90 MVA; esso è
collegati ad un quadro di distribuzione in media tensione da 6,6 kV, per alimentare i servizi di hotel e di
propulsione della nave. La propulsione è realizzata con due motori elettrici sincroni ciascuno da 20 MW di
potenza a 140 giri, in grado di conferire all’unità una velocità di 23 nodi. Il numero di giri dei motori elettrici
viene controllato da azionamenti statici a frequenza variabile (cicloconvertitori) che consentono una regolazione
accurata nell’intera gamma di velocità, sia in marcia avanti che indietro.
La nave Queen Mary con i suoi 86 MW di propulsione elettrica su quattro eliche e 112 MVA di alternatori
detiene allo stato (2010) il primato quanto a potenze elettriche installate.
La propulsione è stata adottata anche su navi traghetto, navi oceanografiche, posacavi/tubi, navi rompighiaccio.
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i blocchi dei motori e della trasmissione erano separati dai servizi
ausiliari per l’illuminazione e impianti elevatori e dal servizio elettrico
per cucine ed accoglienza alberghiera. Ne risulta una maggiore
efficienza strutturale complessiva dovuta alla possibilità di regolare il
regime dei generatori all’andamento dei carichi elettrici.
Le moderne navi “all-electric” in servizio o in costruzione
forniscono già elevati standard di qualità e sicurezza che comunque
vanno sempre migliorando nelle nuove unità in fase di progetto
attraverso l’ulteriore implementazione di tecniche avanzate e di
tecnologie innovative. Particolare attenzione e sviluppo hanno
riguardato i processori di controllo, la rete informatica di gestione, i
problemi legati ad disturbi elettromagnetici di origine interna ed esterna
(“compatibilità elettromagnetica”), la diagnostica e l’affidabilità dei
componenti e dei sistemi, l’ esercizio in sicurezza.
IV.6.1 Sistemi per la produzione di energia elettrica a bordo di navi.
Ogni nave è dotata di impianto autonomo in grado di produrre
l’energia elettrica richiesta durante la navigazione e in manovra. Può
essere tuttavia prevista alimentazione da terra durante la permanenza in
porto, anche per limitare al massimo i prodotti di combustione.
Fino agli anni 70 gli impianti di propulsione erano costituiti o da
turbine a vapore o da motori diesel a due o a quattro tempi;
l’alimentazione elettrica veniva fornita a mezzo di turboalternatori di
adeguata potenza alimentati da vapore delle stesse caratteristiche
termodinamiche del vapore che alimentava la turbina principale di
propulsione. I turboalternatori dovevano essere affiancati da uno o più
diesel alternatori detti comunemente “gen-sets” che provvedevano a
soddisfare le esigenze di energia elettrica quando era limitata la
disponibilità di vapore, e cioè quando la nave è in porto a motore di
propulsione fermo (fig.IV.6.1.1)
Dopo gli anni ’70 la propulsione navale tradizionale ebbe un crollo
a vantaggio dei motori diesel e agli inizi degli anni ’80, per la riduzione
dei costi di esercizio della nave si passò agli impianti detti “unifuel”.
Sulle navi dotate di motori a due tempi, fu introdotto il concetto di
generatore-asse azionando direttamente il generatore per mezzo del
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Anno Accademico 2010/2011 – CdL in Ingegneria Navale
motore di propulsione. Tra le possibili soluzioni si prevedeva
l’alternatore rotante alla stessa velocità dell’elica quando il generatore è
inserito lungo la linea d’assi o all’estremità del motore opposta a quella
che aziona l’albero portaelica. Per una disposizione diversa si prevede
un moltiplicatore di giri per far ruotare il generatore asse ad una velocità
di rotazione superiore a quella dell’elica. Altre soluzioni (meccaniche o
elettroniche) consentono di “scollegare” la rotazione dell’alternatore da
quella dell’elica.
fig.IV.6.1.1
Schema di impianto per la produzione di energia elettrica a bordo mediante generatore asse
a numero di giri costante: 1 motore principale di propulsione, 2 generatore – asse, 3 gen-sets
IV.6.2 Propulsione elettrica
Il motore principale della nave può azionare un generatore
elettrico che comanda un motore elettrico di propulsione. I primi
impianti furono realizzati in “corrente continua” (dinamo); tale tipo
viene ancora oggi impiegato in impianti particolari per la elasticità di
regolazione di tali motori(7). La propulsione in “corrente alternata” si è
diffusa per i vantaggi dell’alternatore sulla dinamo; inoltre, per gli
sviluppi riscontrati nel campo dell’elettronica di potenza si è passati
dall’uso motore asincrono al motore sincrono per potenza superiori a 10
MW. Le moderne navi da crociera sono a propulsione elettrica con due
assi azionati da motori sincroni a tensione elevata (tipicamente 6-11 kV)
ed eliche a pale orientabili o fisse a seconda del tipo di convertitore
statico adottato oppure con propulsori di tipo azimutale (“azipod”).
(7) in alcuni casi (ad. es. sommergibili) l’energia elettrica viene fornita da batterie di accumulatori di notevoli
dimensioni, a loro volta ricaricati a mezzo di gruppi elettrogeni.
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Nella fig.IV.6.1.2 è presentato uno schema semplificato unifilare di
una centrale per la propulsione elettrica per nave da crociera
d)
b)
e)
a)
c)
a)
fig.IV.6.1.2.
Schema generale di propulsione elettrica: a) alternatori collegati a motori
diesel, b) sbarra a 6 kV , c) Motore di propulsione alimentato alla
tensione di 3 kV, d) Gruppi di condizionamento ed eliche di manovra, e)
alimentazione dei carichi essenziali (macchina del timone, servizi
generali, pompe dei circuiti di raffreddamento del motore, .), circuiti
luce.
La potenza richiesta dalla propulsione elettrica comporta una
radicale rivisitazione dell’impianto elettrico di bordo, il quale deve
assicurare le necessarie capacità di generazione, regolazione e
distribuzione dell’energia elettrica a tutti gli utilizzatori. La suddetta
architettura di tipo “tutto elettrico” AES è fondata sul cosiddetto sistema
elettrico integrato (IPS Integrated Power System).
L’IPS racchiude la centrale elettrica di bordo, basata sull’insieme di
generatori connessi ad una sbarra principale: da essa vengono
alimentati, direttamente oppure tramite trasformatori o convertitori
elettronici, tutti i carichi di bordo.
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I vantaggi offerti dal sistema AES sono notevoli: basti pensare alle
superiori dinamiche dei motori elettrici rispetto ai diesel; la possibilità
(avendo eliminato il vincolo della linea d’asse) di allocare pesi ed
ingombri in modo più razionale (offrendo un’elevata flessibilità in termini
di compartimentazione degli spazi e quindi di continuità del servizio in
caso di guasti) la riduzione dei fumi e dei consumi di combustibile dovute
alla possibilità di modulare il numero di motori primi (termici) in servizio
al fine di esercirli nell’intorno del punto di minimo consumo specifico; la
conseguente riduzione di manutenzione ed il prolungamento della vita
operativa del macchinario; maggior comfort dovuta alle assenze di
vibrazioni; l’utilizzo di supporti rotanti fuoribordo per alloggiare i motori
elettrici (con il conseguente recupero di spazi a bordo della nave);
l’eliminazione del timone dei relativi attuatori e una manovrabilità di
gran lunga superiore rispetto ai timoni tradizionali;l’elevato grado di
automazione degli apparati elettrici di centrale e di regolazione del moto
dell’elica con conseguente riduzione del personale addetto
fig.IV.6.1.3
La fig. IV.6.1.3 rappresenta il layout dell’impianto in MT dell’IPS di una
tipica nave da crociera (si nota la doppia sbarra a 11 kV, due
trasformatori di servizio hotel, 2x2 macchine di condizionamento, 2x2
macchine per la spinta direzionale bow thruster, due motori da 17.4 MW
per la propulsione, alimentati ciascuno tramite un cicloconvertitore8).
.
8
Trattasi di un sistema trifase raddrizzatore-inverter per conversione di tensione sinusoidale a frequenza ed
ampiezza fissa in tensione sinusoidale a frequenza ed ampiezza variabile.
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