Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Volume 5.3 - Anno terzo - Ottobre 1998 A cura dello Student Branch dell'IEEE dell'Università di Padova. Counselor Prof. Paolo Tenti. Direttore editoriale: Virginia Mattera - Redattore: Ivan Rigoni Hanno collaborato: Alfiero Santarelli, Chiara Paci, Paolo Cogo, Lorenzo Cappelletti, Simone Friso. Website URL: http://www.dei.unipd.it/~ieeesb/ - Newsgroup: dei.stud.ieee Realizzazione versione PDF: Marco Adami In questo numero: 1. Anno terzo... si comincia 2. Dal nostro inviato in Turchia 3. Manuale di sopravvivenza alla rete dei Dei (ancora!) 4. Corsi di informatica 5. Un progetto di elettronica 6. Realizzare circuiti stampati 7. Sulle ovvie soluzioni 8. Annunci di lavoro 9. Nel prossimo numero... 1 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 1 Anno terzo... si comincia Con questo numero magico contrassegneremo l'anno "editoriale" e quello di attività dello IEEE Student Branch Padova, di cui questa testata è organo ufficiale. Che sia un numero magico ce lo insegnano la storia, la filosofia e le religioni, ma nessuno di questi tre sarà l'asse portante di ciò che andrete qui a leggere. So che siete rimasti "fulminati" dall'anticipo con cui quest'anno è uscito il Journal: i motivi sono quattro e semplici. • Nel precedente anno di attività abbiamo svolto una intensa campagna di progetto e di propaganda dei nostri obiettivi, campagna che ci ha portato alla triplicazione del numero di iscritti, alla istituzione di diversi gruppi di lavoro (progetto Micromouse, tanto per nominarne uno) e alla collaborazione fattiva con altri gruppi di studenti e con docenti impegnati in varie attività di ricerca, dall'elettronica, all'informatica, alle telecomunicazioni. Non dimentichiamo poi le aziende operanti nel campo... • Avendo messo molta carne al fuoco è ovvio che solo in parte siamo riusciti a cuocerla. Molta altra è pronta per la cottura... Quest'anno, per evitare ritardi e confusione abbiamo avviato i lavori in coincidenza con l'inizio dei corsi. Una riunione dello Staff è già stata effettuata il 9 ottobre u.s. per mettere a punto gli impegni a breve termine. Per chi ancora non lo sapesse, lo Staff è l'organo esecutivo di ogni Student Branch e come tale mette in pratica quello che si decide nelle riunioni (l'anno scorso mensili - quest'anno, di sicuro, si replica). • Mettere a punto l'attività di propaganda presso chi ancora non ci conosce, stabilendo tempi e modi. Questo riguarda soprattutto gli studenti del terzo anno, che sbarcano al Dipartimento di Elettronica e Informatica (DEI). È infatti su di loro che intendiamo investire,per assicurare un continuo ricambio in seno allo Staff, che recentemente ha visto "defezioni", anche se non traumatiche, a causa di lauree, tesi, etc. A chi legge, se ancora non ci conoscesse, per ora segnaliamo il nostro sito web, molto dettagliato a proposito di chi siamo e cosa facciamo: http://www.dei.unipd.it/~ieeesb/ Rimane la promessa di presentarci al più presto, ufficialmente, in pubblico: forse prima di quanto immaginiate. • Abbiamo ormai una rete talmente fitta di validi collaboratori e articolisti, per tutte le rubriche, che siamo "costretti" a pubblicare sempre più spesso un nuovo numero del Journal... E dire che meno di un anno fa eravamo in due... Ai "vecchi" iscritti voglio segnalare che le elezioni del 2 giugno hanno portato al seguente responso: • Chairman: Alfiero Santarelli • Vice chairman : Alessandro Bortolussi 2 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 • Segretario: Marco Trevisan • Tesoriere: (posto vacante) • Webmasters: Raffaele Spangaro, Ivan Rigoni • Postmasters: Daniele Vian, Giacomo Olivato Per quanto riguarda le cariche non elettive, va segnalato il nostro simpatico ed eccellente Counselor, prof. Paolo Tenti, il capace direttore del Journal e Vice Presidente uscente: Virginia Mattera, e chi scrive, Ivan Rigoni, redattore, soprannominato simpaticamente "motore", per motivi che state scoprendo (a vostro discapito). Visto che ho detto tutto quel che serve per aprire degnamente - o no, decidete voi questo numero, denso di cose interessanti, non mi rimane altro che invitarvi a partecipare alle attività che stiamo realizzando, a proporcene di nuove, a darci una mano a cura di Ivan Rigoni ([email protected]) 2 Dal nostro inviato in Turchia Siamo atterrati all'aeroporto Ataturk di Istanbul. Alitalia vi augura un felice soggiorno." Insomma, fatta. Dopo mesi di attesa, tra autorizzazioni, passaporti, biglietti e brighe varie, eccomi a Istanbul, con volo pagato dall'IEEE (privilegio di chairman, e scusate se è poco) per rappresentare Padova al primo congresso degli Student Branch della Regione 8. Assieme a me i due inseparabili e insostituibili compagni di viaggio: Pietro Abbati Marescotti da Roma e Davide Sebastio da Bari (rigorosamente in ordine alfabetico). Con loro, ma non solo con loro, ho vissuto una settimana intensissima in una delle città più strane d'Europa, già capitale di due imperi, e adesso capitale dell'IEEE, un impero con pochi sudditi, sparsi su un territorio immenso che va dal Sudafrica a Mosca alla lontana colonia portoghese di Macao (a pochi chilometri da Hong Kong). In tutto hanno partecipato al meeting una sessantina di ragazzi di tutto il mondo, oltre ad alcune delle massime cariche regionali dell'IEEE; per la prima volta tutti noi abbiamo toccato con mano le enormi potenzialità della rete internazionale formata dagli student branch. Molti gruppi giovani, come il nostro, sono rimasi a bocca aperta di fronte ai risultati raggiunti da quelli più "anziani": primo fra tutti Eindhoven (Olanda), finanziato da industrie del calibro di Philips ed Ericsson, che spesso organizza study tour in Italia o in Canada; poi tanti altri, fra cui gli spagnoli, che sono intervenuti con una delegazione di ben dieci persone e hanno dimostrato di avere formato una rete nazionale molto ben coordinata. Durante i giorni in cui ho partecipato al congresso ci sono state fornite numerose informazioni e consigli su come si puó gestire un branch e dei problemi che nascono; occasionalmente abbiamo seguito dei "tutorials", delle brevi lezioni-conferenze che si sono rivelati interessanti più che altro per l'approccio alla materia più "pratico" di ció a cui sono abituato. Inoltre mi è stato consegnato l'Outgrown Student Branch Award. Il resto sono racconti di viaggio: amicizie nate davanti ad un pranzo o a spasso per la città, dispetti e antipatie, barzellette sempre più oscene mano a mano che si entrava in confidenza, e l'incontro con la cultura islamica e araba, che ci ha riservato parecchie 3 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 sorprese. Aggiungete a questo il piacere di una cucina ricca di spezie e di grassi, ragazze belle e ben vestite, un clima splendido anche a Ferragosto, e qua e là le tracce di una storia antichissima, e capirete che grazie alla nostra associazione ho avuto un'occasione ghiottissima che ho prontamente sfruttato. Soprattutto ho potuto vedere come la lingua che tutti noi parliamo, quella della tecnologia dell'informazione, sia la stessa sotto ogni cielo, e capire che la nostra professione, con i suoi desideri e le sue frustrazioni è per sua natura internazionale e portata allo scambio di esperienze diverse. Per questa ragione chiedo a tutti voi di aiutarmi a dare una forma concreta a questa rete di rapporti internazionali, che per ora è quasi solo sulla carta: la mia speranza quella di arrivare ad organizzare scambi, stage all'estero e qualsiasi cosa che ci porti a crescere verso una cultura e una mentalità internazionale, oltre che attraverso la pratica del nostro lavoro e lo studio delle lingue, anche attraverso i viaggi, il divertimento e le amicizie. E chissà che un giorno non ci si ritrovi ancora a Istanbul, con iraniani ed egiziani, a mangiare il kebab e a raccontare barzellette su Windows... P.S. : Sara' presto attivo un web photo album, con le foto scattate da tutti noi in formato JPEG. Forse le immagini vi diranno più di queste poche parole. a cura di Alfiero Santarelli ([email protected]) 3 Manuale di Sopravvivenza alla Rete del DEI (ancora!) Pur con tanti intoppi, contrattempi e ritardi, alla fine del secondo semestre dell'A.A. 1997-1998, la Guida di Sopravvivenza alla Rete del DEI, ha visto la luce. Per questo, vanno ringraziate tutte le persone che mi hanno aiutato nel progetto (i nomi li trovate nella prefazione), nonché i System Managers della rete dipartimentale, per il lavoro di revisione. Il lavoro ciclopico è ancora in corso. Avete capito benissimo: ANCORA IN CORSO. Per chi ancora non sapesse di che si tratta, sto parlando di un manuale, nato per accelerare i tempi di apprendimento dell'uso delle risorse di calcolo (i.e. computers) presenti nel dipartimento, già lunghi per troppi motivi. Argomenti trattati: concetti base, l'interprete dei comandi Unix, cenni di reti di calcolatori, editor, e-mail, newsgroup, software installato, matlab, manuale dei comandi importanti, etc. Alla fine ci siamo ritrovati con un volume di carta superiore alle aspettative. La soddisfazione è arrivata con le 105 copie distribuite in un mese, che sarebbero state almeno il triplo, se fossimo riusciti a terminare questa prima edizione un paio di mesi prima. Come dicevo, il lavoro è ancora im corso perché vorremmo, a breve, fare uscire una versione ampliata, grazie anche ai suggerimenti di molte persone (Patrik Zanon in testa, che mi ha ricordato che devo terminare la correzione della versione online che trovate alla URL: http://www.dei.unipd.it/~icecube/guida/). Purtroppo, infatti, un manuale cosí deve essere continuamente aggiurnato per adeguarsi ai mutamenti di hardware e software installati ed alle esigenze dei corsi e degli utenti stessi. È un impegno che mi sono preso e che porterò fino alla laurea, cercando di assicurare degli "eredi", che continuino la cosa anche in futuro. Per chi ha già la prima edizione, niente paura! Abbiamo in progetto di preparare una 4 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 integrazione, per evitarvi di dover sostituire la vecchia edizione con la nuova. Nel momento in cui scrivo (digito?), non posso anticipare nulla, ancora, in proposito. Vi informeremo comunque per tempo. Questa iniziativa va anche ad agganciarsi ai corsi organizzati dagli addetti; qui la parola va però a Chiara Paci, che sta coordinando i lavori di organizzazione. Non mi rimane altro che dirvi: • i suggerimenti e le critiche sono ancora bene accetti; • una mano, ancora di piú (due è meglio!); • tenete gli occhi bene aperti! a cura di Ivan Rigoni ([email protected]) 4 Corsi di informatica Mercoledì 7 ottobre alle ore 18.15 nell'aula A del DEI si è tenuto un incontro con gli studenti sul tema Introduzione ai laboratori informatici. Si è svolto, per la prima volta quest'anno, in occasione dell'apertura delle iscrizioni ai laboratori UNIX e PC/WinNT, che sono cominciate il 5 ottobre e chiuderanno il 17 ottobre. Gli argomenti trattati sono stati: • Iscrizione ai laboratori informatici UNIX e PC/WinNT • Regolamento dei laboratori La partecipazione è stata numerosa e attenta. Particolare interesse ha suscitato la parte sul regolamento, da sempre terreno di discussione. Quest'incontro, per l'occasione tenuto in collaborazione con l'addetto, è nato per soddisfare due esigenze. Da una parte, gli addetti si sono spesso ritrovati, negli anni passati, a dover continuamente spiegare come ci si iscrive e come si compila il modulo. Dall'altra è aumentata negli ultimi tempi la richiesta da parte degli utenti di delucidazioni sul regolamento, misconosciuto dalla maggioranza. Inoltre, esso intenderebbe essere una specie di lezione 0 dei corsi sui laboratori informatici che l'IEEE Student Branch ha in programma. I dettagli sono ancora tutti in fase di definizione, ma l'intenzione sarebbe di dare vita a tre corsi: • UNIX e Solaris (per principianti) • MatLab • LaTeX Comunicazioni più dettagliate saranno date non appena sarà definito il calendario. a cura di Chiara Paci ([email protected]) 5 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 5 Un progetto di elettronica Introduzione Nel primo paragrafo parleremo di come costruire un semplice carica pile NiCd e di come, attuando una semplice modifica, trasformarlo in un carica batterie. Il secondo argomento spiega come costruire un alimentatore stabilizzato di prestazioni discrete ed a basso costo. Al giorno d'oggi è è facile andare in negozio e comperare un alimentatore, ma non è semplice trovarne uno di prestazioni discrete a basso costo e che offra la possibilità di essere inserito ed adattato a qualsiasi circuito. Tenendo presente che molti dei circuiti che in futuro verranno presentati dovranno essere alimentati con una tensione continua e costante, si impone la necessità di trattare questo argomento una volta per tutte e vedere come all'occorrenza si può progettare un alimentatore ad "hoc" secondo le proprie esigenze. 5.1. Carica pile Le pile al NiCd hanno una tensione nominale leggermente inferiore alle normali pile usa e getta (~1,2-1,25 V contro gli 1,55 V delle pile alcaline). La capacità di queste pile viene sempre riportata sull'involucro e varia da qualche centinaio di mA/h a qualche A/h ed è inferiore alla capacità delle rispettive pile usa e getta. Una pila al NiCd, però, può durare piú di 1500 ricariche per cui anche supponendo di fare una ricarica al giorno essa durerà oltre 4 anni rendendone conveniente l'impiego in molte applicazioni rispetto alle piú comuni pile alcaline o zinco carbone. Queste pile devono essere caricate con una corrente costante non superiore ad 1/10 della loro capacità per un tempo di circa 12-14 ore; per non deteriorare troppo in fretta la pila non si dovrebbe mai superare questa corrente di carica e non si dovrebbe mai scaricare completamente una pila. Esempio: Una pila con capacità di 750 mA/h sarà in grado di erogare una corrente di 750 mA per la durata di un'ora dopo di che la si potrà considerare scarica e la tensione ai morsetti scenderà velocemente. Per la ricarica va usata una corrente costante pari a 75 mA per un tempo di 12-14 h. Fig. 1 Generatore di corrente costante. 6 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Uno dei piú versatili e comuni stabilizzatori di tensione è l'integrato LM317; questo integrato è dotato di soli tre terminali e risulta particolarmente adatto per questo tipo di applicazioni. Esso è stato costruito per mantenere fissa e stabile ad un valore di 1.25V la tensione tra i piedini U ed R. La Fig. 1 mostra come connettere LM317 per realizzare un generatore di corrente costante. La corrente verrà fissata dalla resistenza R1, infatti essa è collegata tra i piedini U ed R, quindi come visto avrà ai capi una tensione fissa di 1.25V. Una vota nota la corrente di carica per la pila usando le relazioni (1) sarà immediato dimensionare questa resistenza: (1) R1= 1.25 / Idi_carica PR1 = (Idi_carica)2 * R1 Se vi fosse la necessità di variare la corrente di carica si potrebbe sostituire la resistenza R1 con diverse resistenze selezionabili tramite un commutatore, per ognuna delle quali si fisserà una diversa corrente di carica diversa calcolando la rispettiva resistenza tramite le (1). Volendo invece realizzare un carica pile universale si potrà usare lo schema di Fig.2 che potrà, al massimo, erogare poco piú di un 1 A. Fig. 2 Carica pile universale; IMAX =1A. 5.1.1 Carica batterie Si era detto che bastava fare una semplice modifica allo schema per ottenere un carica batterie. La modifica è resa necessaria perché LM317 può erogare al massimo una corrente di 1.5 A, piú che sufficiente per caricare delle pile, ma troppo piccola per caricare delle batterie al piombo in tempi ragionevoli. Per ottenere piú corrente si può ricorrere ad un transistor di potenza collegato secondo lo schema di Fig. 3. Fig. 3 Per ottenere una corrente di carica maggiore. 7 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Anche R2 può essere calcolata in modo semplice, infatti essa serve a stabilire a quale corrente si accende il transistor. Supponendo che il transistor usato abbia una VBEmax = 3 V e che non si voglia far erogare piú di 50 mA all'LM317 (cosí potrà essere usata la versione a bassa corrente che è piú economica) il calcolo di R2 sarà: (2) R2 = VBEmax / ILM317 = 3 / (50 * 10-3) = 68 Ω PR2=(approx.)=( 50*10-3+Idi_carica_Max/hFEmin )2*R2 Come transistor si potrà usare un TIP147 o un MJ4032 che sono transistor di potenza tipo Darlington le cui caratteristiche vengono riportate sotto: VBE_MAX IC_MAX h FEmin Pot.MAX TIP147 3V 15 A 500 90 W MJ4032 3V 16 A 1000 150 W Attenzione che il transistor andrà accuratamente collocato su opportuna aletta di raffreddamento in grado di dissipare la potenza necessaria. Volendo avere una corrente ancora maggiore si potranno collegare due, tre o piú transistor uguali in parallelo; in questo caso, però, è consigliabile mettere una resistenza da 0.1 Ohm in serie ad ogni emettitore dei PNP per compensare lievi differenze sulle V BE. Attenzione al calcolo della potenza su tali resistenze: infatti supponendo sia IMAX la massima corrente erogata da ogni transistor è bene che la potenza delle resistenze da 0.1 Ohm sia maggiore di: (3) PR = (IMAX)2*0.1= qualche W. L'integrato LM317, nel caso debba dissipare un potenza maggiore di 0.7 W va posto su opportuna aletta di raffreddamento; per calcolare la potenza che dovrà dissipare si può ricorrere alla relazione: (4) PLM317=(Vin-VP)*Idi_carica-PR1 inoltre questa potenza non dovrebbe superare i 15 W. Usando un transistor come mostrato in Fig.3 si può calcolare R 2 in modo che la potenza sull'LM317 sia limitata cosí non sarà necessario montarlo su aletta, oppure si può usare un'aletta di piccole dimensioni. In questo caso però è il transistor che dovrà essere ben montato su un'appropriata aletta di raffreddamento. Per calcolare le potenze si useranno le relazioni (5): (5) PT=(Vin-VP-VR1)*Idi_carica-PR1 e PLM317=(Vin-VP)*ILM317-PR1 8 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 5.1.2 Trasformatore e ponte raddrizzatore L'integrato LM317 (vedi note tecniche) ha una V io_min pari a 3 V, questa tensione rappresenta la minima differenza di tensione che dovrà avere l'integrato tra i piedini E ed U, o meglio se la tensione V EU scende sotto i 3 V l'integrato non sarà piú in grado di funzionare correttamente. A questo scopo Vin verrà determinata imponendo la (6); nel caso sia presente anche R2 alla (6) va sommato anche VR2. (6) Vin>=3+VR1+VP Attenzione: tanto piú grande è Vin, tanto maggiori saranno le potenze in gioco sia sul transistor che sull'LM317; vedi (4) e (5). Dopo aver stabilito il valore della Vin si potrà procedere a determinare le caratteristiche del trasformatore e del condensatore di livellamento C. Vale la pena ricordare che dopo il ponte raddrizzatore sul condensatore C, il valore della tensione sarà circa pari alla tensione del secondario del trasformatore moltiplicata per il fattore 1.41. Chiamata V M questa tensione, si ricava dalla (7): (7) VM=Vsecondario_tf*1.41-1.4 dove il numero 1.4 rappresenta la caduta di tensione sui diodi del ponte, nel caso su utilizzi lo schema di Fig.7. Inoltre VM dovrà necessariamente essere maggiore di V in. A questo punto tramite la (8) potrà essere determinato il valore della capacità C (vedi Fig.4). Fig. 4 Doppia semionda raddrizzata e filtrata. (8) C=Idi_carica /∆V*T dove: ∆V=VM-Vin Anche il trasformatore dovrà essere accuratamente scelto; dalla (7) si determina la tensione al secondario e la potenza del nucleo si determina tramite la (9): (9) PNucleo=Vsecondario_tf*Idi_carica Meglio scegliere, per il nucleo, una potenza del 10-15% maggiore del valore calcolato 9 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 dalla (9). Anche la tensione del secondario è bene sceglierla un 10% in piú del valore minimo ricavato dalla (7), poiché nella rete di alimentazione possono esserci delle fluttuazioni del +/-10%. Benché nelle figure abbia sempre riportato solo una pila, faccio notare che piú pile dello stesso tipo possono essere caricate contemporaneamente, basta collegarle in serie; attenzione che in questo caso la V P =1.25 V (tensione nominale di una pila NiCd) raddoppia, triplica ecc. a seconda che si colleghino 2, 3 o piú pile in serie. In questo caso tutte le relazioni da (4) in poi vanno calcolate usando il giusto valore di VP. 5.2. Alimentatore stabilizzato a basso costo Anche nella progettazione dell'alimentatore viene impiegato l'integrato LM317 appena visto. Questo dispositivo infatti è stato costruito proprio per realizzare alimentatori semplici ed a basso costo. Nei data sheet dell'LM317 viene proposto lo schema seguente: Fig. 5 Schema proposto dal costruttore dell'LM317. A colpo d'occhio lo schema potrebbe non sembrare del tutto chiaro quindi meglio iniziare dalla Fig.6. Si è visto che LM317 è stato progettato per mantenere una tensione fissa, pari a 1.25V, tra i piedini U ed R; poiché tra questi due piedini vi è collegata la resistenza R3 significa che anche tale resistenza avrà ai suoi capi la tensione costante di 1.25V, quindi sarà percorsa da una corrente costante pari a: (10) I R3=1.25/R3=costante Poiché questo integrato è stato studiato per avere una IADJ molto piccola (almeno 50 volte piú piccola di I R3) con buona approssimazione si può dire che I R3=IR4 e la tensione d'uscita Vout risulterà pari a VR3+VR4, quindi dalle (11) Vout=1.25*(R4+R3)/R3 R4=(Vout*R3 /1.25)-R3 10 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Fig. 6 Schema di base. Il costruttore suggerisce di scegliere per R 3 un valore di 220 Ω, mentre R 4 è a libera scelta e viene impiegata per impostare la tensione di uscita tramite la seconda delle (11). Esempio: volendo una Vout = 5V si potrà scegliere una R4 di valore commerciale 680 Ω. A questo punto è facile intuire che volendo realizzare un alimentatore universale invece di usare una R 4 di valore fisso si può utilizzare una resistenza variabile. Ad esempio con un potenziometro di 6.8 kΩ si otterrà una tensione d'uscita variabile da un minimo di 1.25V ad un massimo di circa 40V. Meglio non tentare di ottenere piú di 40V, poiché per questo integrato 40V rappresentano la massima differenza di tensione applicabile tra ingresso ed uscita. Ora, capito lo schema base di Fig.6, ritorniamo alla Fig. 5 per spiegare cosa servano gli altri componenti. • C1: va posto quanto piú possibile vicino ai piedini E ed R e serve ad evitare autooscillazioni dell'integrato. Esso dovrà essere 0.1 µF a disco oppure 1 µF al tantalio. • C2: è un condensatore elettrolitico da 10 µF, serve a rendere perfettamente stabile la tensione sul terminale R migliorando la reiezione al ripple dell'integrato. • C3: Questo condensatore serve ad abbattere ulteriormente il ripple residuo all'uscita.C2 e C3 dovranno avere una tensione di lavoro superiore alla massima tensione impostata per Vout. 11 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 • D1: questo diodo non è sempre necessario, ma nel caso ai capi del condensatore di filtro C vi fosse collegato un altro carico, quando si spegne il circuito può accadere che C si scarichi piú in fretta di C3 portando il potenziale di VU ad un valore maggiore rispetto a VE. Se questa tensione supera qualche Volt l'integrato si può danneggiare. Questo diodo di protezione impedisce che la tensione VUE superi i 0.7V. • D2: anche questo diodo non è strettamente necessario ma è consigliato soprattutto in caso si realizzi un alimentatore universale. Infatti in caso di corto circuito, C2 porterà il potenziale del piedino R ad un valore maggiore rispetto al piedino U. Se questa d.d.p. supera qualche Volt l'integrato si può danneggiare. Come D1, anche D2 serve a limitare questa d.d.p ad un valore di 0.7V. 5.2.1 Reiezione al ripple È comune, nella progettazione di alimentatori, trovare una specifica sul ripple. Per ripple s'intende l'ondulazione sovrapposta alla tensione continua presente soprattutto sul condensatore di filtro C, mentre per reiezione al ripple s'intende la capacità dell'integrato di ridurre tale fluttuazione sulla tensione d'uscita. Nelle note tecniche si trova che LM317 ha una reiezione al ripple pari a 80dB questo significa che l'oscillazione residua in uscita dall'integrato verrà attenuata ben 10000 volte rispetto all'ingresso, vedi (12) 80dB=20log(Vout/Vin) Vout=Vin/10000 Esempio: volendo in uscita una tensione di ripple massima di 0.1mVPP basterà garantire all'ingresso dell'integrato una oscillazione non superiore ad 1VPP. Supponendo sia I MAX la massima corrente che dovrà erogare l'alimentatore, sostituendo questa corrente nella (8) è possibile calcolare la capacità C: (13) C=(IMAX/∆V)*T dove: ∆V=Vin_ripple_picco-picco continuando l'esempio precedente si ottiene C=5000 µF (valore commerciale 4700 µF) nel caso IMAX = 0.5A. Subito si osserva che il valore di C è abbastanza elevato benché la reiezione al ripple dell'integrato sia molto grande, ma ciò è dovuto al fatto che la specifica di 0.1mV di ripple in uscita è un valore estremamente piccolo; mai ci si troverà a dover soddisfare una specifica tanto restrittiva. Faccio osservare che il ripple in uscita in realtà sarà piú basso del valore imposto dalla specifica poiché la relazione (13) determina la capacità 12 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 C sovrastimandola leggermente inoltre la presenza di C3, non inserito nei calcoli, contribuisce a ridurre il ripple ulteriormente. Fig. 7 Trasformatore, ponte raddrizzatore e condensatore di filtro C. Nel caso si voglia collegare un carico in uscita che assorba piú di 1.5A bisognerà collegare uno o piú transistor di potenza come si vede in Fig.8; il metodo è lo stesso usato per il carica batterie (si confronti con Fig.3). Il calcolo di R2 si esegue impostando la (2), mentre con la (3) si calcola la potenza sui resistori da 0.1 Ω. Con la (14) si determina la potenza sull'LM317: (14) PLM317=(Vout-Vin)*Iout Nel caso siano presenti i transistor come in Fig.8 la potenza di ciascun transistor sarà: (15) PT=(Vin-Vout)*IMAX - 0.1*(IMAX)2 dove IMAX è la massima corrente che dovrà erogare un transistor. 5.3 LM317: Note tecniche Questo componente dispone di soli tre piedini ed è venduto in contenitore TO 220 come mostrato in Fig. 8. Viene anche fornita la versione a bassa corrente in contenitore TO 92. Fig. 8 Piedinatura e forma dell'integrato LM317. 13 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 E = entrata, si collega la tensione d'ingresso (Vin) non stabilizzata, ma già raddrizzata e livellata. R = Regolazione, opportunamente collegato questo piedino permette di regolare la tensione di uscita (questo terminale spesso viene chiamato adjust). U = uscita, si preleva la tensione stabilizzata (Vout). Massima corrente di uscita............................. Minima tensione di uscita............................... Potenza massima dissipabile......................... Reiezione al ripple.......................................... Minima differenza tensione ingresso/uscita.... I MAX=1.5 A Vmin=1,25 V PMAX=15 W r= 80 dB Vi/o_min=3 V La versione a bassa corrente viene indicata facendo seguire un L (Low) alla sigla LM317 e la corrente massima che può erogare è di: IMAX=100 mA. a cura di Paolo Cogo ([email protected]) 6 Realizzare circuiti stampati Introduzione Quando ho cominciato a sentire la necessità di costruirmi i circuiti stampati che trovavo sulle riviste di elettronica o che io stesso progettavo, ho incontrato subito una grande difficoltà: reperire qualche testo che mi insegnasse come fare, quali fossero i materiali necessari e gli attrezzi da utilizzare. Mi sono arrangiato seguendo prevalentemente i consigli di Mauro, un mio amico che aveva dovuto risolvere i miei stessi problemi molto prima di me. Ormai ho perso il conto del numero di circuiti che ho realizzato con questo metodo imparato un paio di anni fa. Ma era una conquista personale. "Chissà -mi son detto- che non ci sia qualche altra persona che, con la mia stessa mania per l'elettronica, si sia imbattuto nelle mie stesse difficoltà". Ed è cosí nato questo piccolo resoconto che non pretende di essere nulla di piú se non una descrizione di come io riesca a realizzare i miei circuiti stampati. Come avrete modo di constatare proseguendo nella lettura, infatti, ci sono tante sfumature nelle varie fasi di lavorazione che, personalmente, non ho avuto modo di approfondire, ma che potrebbero rivelarsi piú pratiche per il vostro modo di operare. Non esitate, allora, ad avventurarvi nei meandri di qualche procedimento diverso dal mio. Sarò lieto di sentire come vi è andata cosí come gradirò ogni tipo di critica vogliate fare a questo mio piccolo elaborato. 6.1 Un po' di teoria 14 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Prima di iniziare con le mie esperienze, vorrei spiegare brevemente il principio base e alcuni termini tecnici che si usano normalmente in questo campo. Non mi dilungherò molto, anche perché la mia conoscenza si limita solo alla lettura di articoli apparsi sporadicamente su riviste dedicate all'elettronica consumer e a quattro chiacchiere fra amici. 6.1.1 Le schede ramate Le schede ramate che si utilizzano normalmente nella produzione di circuiti stampati casalinghi sono delle semplici basette di vetronite ricoperte da un lato (nel caso di circuiti a singola faccia) da uno strato uniforme di pochi micron di rame. La produzione del circuito consisterà proprio nell'asportare questa ricopertura solo là dove non abbiamo previsto il passaggio di una traccia del circuito. La tecnica utilizzata è molto simile a quella impiegata in fotografia: la luce, emessa da una particolare sorgente luminosa e fatta passare attraverso il negativo, va ad impressionare un cartoncino presensibilizzato. Nel nostro caso il cartoncino è formato dalla scheda ramata su cui è stato steso uno strato uniforme di photoresist. Questa sostanza è sensibile alla luce ultravioletta (e quindi ai raggi solari) nel senso che, dopo un'opportuna esposizione, diventa facilmente attaccabile da alcuni tipi di acidi. Tempo fa l'applicazione dell'emulsione fotorivelatrice era un'operazione che si faceva in casa con risultati scadenti, perchéla stesura deve essere molto omogenea. Oggi, invece, esistono in commercio delle schede ramate presensibilizzate ricoperte da una pellicola adesiva che le proteggono dalla luce indesiderata. Tenute in un ambiente non troppo caldo né umido, tali schede possono conservare perfettamente le proprietà chimiche originali del photoresistanche per piú di due anni. 6.1.2 Il master e lo sviluppo Le sorgenti di luce che permettono di impressionare l'emulsione fotorivelatrice possono essere le piú disparate. Si può cominciare con una lampada alogena da 500-1000W, passare attraverso esperimenti con lampade al mercurio e lampade di Wood, per approdare a lampade UV vere e proprie. Ciò che cambierà sarà soltanto il tempo di esposizione. Continuando con il paragone fotografico, il termine destinato a designare il negativo nel nostro contesto è master. Questo può essere prodotto utilizzando un pennarello indelebile, dei trasferibili, una macchina fotocopiatrice o una stampante, l'importante è che risulti il piú opaco possibile nelle zone dove passano le piste in rame e trasparente in quelle dove non vogliamo che passino (dette di interconnessione). Dopo aver impressionato la scheda attraverso il master, è necessario passare allo sviluppo dell'immagine. Questa fase permette di asportare il photoresist dalle zone di interconnessione delle piste utilizzando della soda caustica disciolta. Solitamente si preparano delle soluzioni da 10g di soda diluita in un litro d'acqua, ma in commercio si possono trovare anche delle buste contenenti tutto l'occorrente per ottenere degli ottimi risultati in questo delicatissimo passaggio della produzione del circuito. 6.1.3 L'incisione e la foratura 15 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Al termine dello sviluppo la scheda potrà essere esposta alla luce senza piú alcun timore. Ciò che si rende necessario, ora, è di asportare il rame. L'operazione, che prende il nome di incisione, viene svolta utilizzando un altro acido e piú precisamente il cloruro ferrico. Oltre ad avere un basso costo, questa sostanza presenta un'alta tolleranza al rame disciolto che lo rende idoneo a piú riutilizzi. Il processo chimico è piuttosto lento se realizzato in condizioni normali. Ci sono, però, alcuni trucchi che permettono di ottenere un'azione piú rapida e incisiva. Si tratta sostanzialmente di portare il cloruro ad una temperatura il piú alta possibile ed aumentare il contenuto di aria nella reazione. Dopo aver pulito per bene la piastra, è opportuno applicare una lacca isolante che permetta di proteggere il circuito dal fenomeno dell'ossidazione a cui è soggetta per via degli inevitabili ossidi di metallo rimasti sulla superficie del rame. La preparazione è quasi giunta al termine. L'ultima lavorazione consiste nella foratura delle piazzole che permetterà di inserire e saldare i componenti del circuito. A questo proposito è bene tener presente il materiale di cui è composta la scheda. La vetronite, infatti, consuma molto velocemente le punte tradizionali, obbligando l'uso di punte speciali e di un trapano che sia in grado di effettuare piú di 15.000-17.000 giri al minuto. Sfortunatamente non ricordo piú il materiale di cui sono costituite le punte, ma se chiedete al vostro negoziante lui lo saprà di certo e voi ve ne accorgerete per il costo sensibilmente elevato. 6.2 Un po' di pratica Dopo questa breve carellata nozionistica, vediamo di entrare nel vivo della produzione. Cercherò di descrivervi, nel modo piú chiaro possibile, le operazioni e gli attrezzi che mi permettono di creare, da una scheda ramata grezza, un buon circuito stampato. 6.2.1 Esposizione In questa sottosezione descriverò quali sono gli accorgimenti che adotto prima e durante l'esposizione alla luce ultravioletta della scheda ramata presensibilizzata. 6.2.1.1 Il master Vediamo innanzitutto come creare il master. Poiché la luce deve essere in grado di passare attraverso il foglio su cui sono disegnate le piste del circuito, utilizzo una carta lucida, solitamente un foglio in acetato trasparente. La cosa piú importante è l'opacità del tracciato. Se questa non fosse sufficiente, infatti, si avrà poco contrasto fra le due zone con il rischio di corrodere anche le piste nel tentativo di asportare il rame dalle zone di interconnessione. Una semplice fotocopia da una rivista, per esempio, non permette di ottenere dei buoni risultati per via della grana non molto fine del toner depositato dal fotocopiatore. Per ottenere risultati eccellenti con questa tecnica sarebbe necessario utilizzare il metodo Xerox, anche se, purtroppo, ho potuto constatare personalmente che non è molto 16 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 diffuso fra le copisterie. Un compromesso si ottiene sovrapponendo due fotocopie, ma faccio presente di non muovere assolutamente l'originale fra la prima e la seconda copia, altrimenti poi sarà impossibile far combaciare perfettamente i due fogli in acetato. Risultati certamente superiori a quest'ultimo metodo si ottengono da una stampante laser. Avendo a disposizione un file contenente l'immagine in solo bianco e nero del circuito, risulta certamente il sistema che preferisco e che cerco di adottare per tutti i miei circuiti. Ma come procurarsi l'immagine? Se il circuito è stato realizzato con qualche CAD per l'elettronica siamo a cavallo, altrimenti si può ricorrere all'uso di uno scanner. L'importante è che sia piano. Con quelli a strisciamento, infatti, si rischia di distorcere le distanze tra punto e punto del circuito. Provate, poi, ad inserire un integrato, magari a 24 piedini, se il passo dei fori non è pari ad 1/10 di pollice! Vi consiglio, inoltre, di utilizzare una risoluzione un po' piú alta del normale (diciamo attorno ai 400dpi) cosí, quando ridurrete la scala dell'immagine per riportarla a grandezza naturale, molte imperfezioni presenti sui bordi delle piste svaniranno. Un altro prezioso consiglio sulla creazione del master consiste nell'aggiungere una sigla all'immagine da riprodurre. Innanzitutto perché vi faciliterà in seguito il riconoscimento del circuito, ma anche perché la stampa dovrà essere eseguita, per un motivo che spiegherò in Posizionamento e fissaggio del master alla scheda, con la scritta riprodotta al contrario. 6.2.1.2 La scheda ramata Le schede ramate si trovano abbastanza facilmente nei negozi di elettronica. Personalmente ne faccio incetta alle fiere dedicate al settore, presso gli stand delle industrie che svendono gli scarti delle loro produzioni. Di solito si trovano quattro o cinque basette rettangolari, di dimensioni diverse, racchiuse in una semplice busta di plastica trasparente. Se sono a singola faccia, noterete la protezione adesiva di colore scuro su un lato solo. Nel ritagliare la vetronite con un seghetto cercate di rimanere un po' abbondanti rispetto alle dimensioni reali del circuito. È sempre possibile tagliarne via un altro pezzo piuttosto che aggiungerlo! Inoltre non dimenticate di smussare i bordi con una lima per eliminare le sbavature prodotte dalla seghettatura. Arrivati a questo punto potete togliere la pellicola adesiva di protezione contro la luce. Il photoresist non dovrebbe risultare molto sensibile alle lampade ad incandescenza, visto che la loro emissione di raggi ultravioletti è molto contenuta. Una stanza con le imposte chiuse e una lampadina alle proprie spalle dovrebbe quindi risultare perfettamente idonea. Personalmente, però, uso una (orribile) lampada da comodino che ha la particolarità di emettere una (inquietante) luce rossa. Una specie di camera oscura, insomma, anche se per i nostri scopi, forse, risulta essere un po' esagerata. 6.2.1.3 Posizionamento e fissaggio del master alla scheda Il posizionamento del master sulla scheda è molto importante. Lo scopo principale è quello di delineare nel modo piú netto possibile i contorni del tracciato. Per questo motivo l'inchiostro depositato sull'acetato dovrà risultare il piú vicino possibile al rame della scheda, in modo che la luce non possa penetrare diagonalmente e colpire marginalmente le piste. 17 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Ecco spiegato il motivo per cui risulta necessario fare attenzione affinché: • non siano presenti dei granelli di sporco sulla scheda; • i bordi della scheda risultino ben smussati; • l'inchiostro con il quale è stata riprodotta l'immagine sia a diretto contatto con il rame. Quest'ultimo punto risulta immediato se si è stampato il circuito con una sigla alla rovescia. Appoggiando il foglio in modo da leggere correttamente la scritta, si noterà che il lato rivolto verso noi è quello privo di inchiostro. Il problema, a questo punto, consiste nel far rimanere fermo e ben aderente il foglio in acetato. Io ho superato questo ostacolo incollando uno strato di materiale spugnoso su una superficie di multilamellare (legno) e racchiudendo il circuito fra questo e un pezzo di vetro, il tutto tenuto fermo da due pinzette. Probabilmente sarebbe sufficiente appoggiare il vetro sopra la scheda ricoperta dal lucido, ma non ho mai provato. 6.2.1.4 Lampada e tempi di esposizione Come abbiamo visto nella sezione Il master e lo sviluppo, i tipi di lampade che si possono utilizzare sono molteplici. Io ero partito con una lampada di Wood, ma ho ottenuto scarsi risultati, probabilmente perché ero ancora alle prime armi. Successivamente mi sono procurato ad una fiera due tubi al neon da 12W ciascuno, indicati specificatamente per questa applicazione. Il loro collegamento elettrico è identico a quello di una qualsiasi lampada al neon di pari potenza. Pertanto un trasformatore ed un reattore acquistati presso un qualsiasi negozio di materiale elettrico soddisferanno egregiamente alle nostre richieste. Credo sia inutile dire che l'illuminazione deve essere uniforme. Assicuratevi, quindi, che la lampada in vostro possesso copra in maniera omogenea tutta la superficie della scheda. Anche la distanza tra lampada e circuito non è una variabile critica. L'importante è che rimanga costante per ogni circuito che produrrete, altrimenti dovrete anche variare in continuazione i tempi di esposizione. Da parte mia ho risolto tutti questi piccoli problemi costruendomi una piccola scatola in legno (ma credo che anche un'altra scatola, tipo quella per le scarpe, possa assolvere benissimo ai nostri scopi), fissando all'interno trasformatore, reattori e lampade. Ho tenuto una distanza di 6cm fra i due neon e di 4cm fra lampade e circuito. Vi consiglio, inoltre, di applicare della carta stagnola dietro ai tubi in modo da sfruttare anche la luce riflessa e diminuire i tempi di esposizione. A questo punto è possibile accendere la lampada. Ma per quanto tempo? Come abbiamo avuto modo di vedere questa variabile dipende da molti fattori: il tipo di sorgente luminosa, la potenza della fonte, la sua distanza dal circuito, l'opacità del master. Non c'è una formula che permetta di stabilire il tempo di esposizione. Bisogna affidarsi alla pratica (vedi Sviluppo piú avanti). L'aspetto negativo è che si può capire se il tempo è stato scelto correttamente solo dopo lo sviluppo, ovvero quando oramai la scheda è stata "bruciata". Non preoccupatevi, quindi, se le prime volte dovrete buttare via la basetta appena terminata perché il lavoro non è stato molto soddisfacente. È 18 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 normale. Indicativamente posso solo dirvi che il tempo necessario va da un minimo di 2 ad un massimo di 8 minuti. Il master, d'ora in poi, non vi serve piú. È comunque una buona idea non buttarlo, ma anzi tenerlo e raccoglierlo da qualche parte, perché potrebbe accadere che vi serva ancora in un prossimo futuro. 6.2.2 Sviluppo Una volta che il photoresist è stato impressionato, è necessario fermare l'immagine sulla superficie di rame. Nelle mie realizzazioni faccio uso di una vaschetta di plastica bianca, di quelle che danno nei supermercati quando si acquista l'insalata di mare sott'olio al banco del pesce, riempita con la soluzione di cui si è parlato nella sezione Il master e lo sviluppo. In particolare, per la preparazione dell'acido, acquisto le buste già pronte per la loro estrema praticità. Trovare una bilancia precisa al grammo non è, infatti, cosí semplice. D'altra parte non è nemmeno opportuno preparare, per esempio, dieci litri di soluzione, anche perché la stessa può essere utilizzata piú e piú volte. A questo punto è sufficiente immergere la scheda ramata nella soluzione ed agitare. Per muovere la basetta, raccoglierla e verificarne lo stato di sviluppo si può utilizzare una pinzetta di plastica. Personalmente attacco una striscia abbastanza lunga di scotch sul lato componenti e la uso come una cordicella. Il motivo è presto detto: rischiare di graffiare la superficie fotoincisa non è certamente una bella cosa e, d'altra parte, ci sono alcuni circuiti di dimensioni tali che una semplice pinzetta non riesce ad afferrare. Durante lo sviluppo noterete che dal circuito si libera un colore nerastro. È il photoresist impressionato che, sotto l'azione dell'acido, si stacca liberando la superficie ramata. Se dopo un po' notate che anche l'immagine del circuito si stacca cominciando a galleggiare nel liquido, significa che state usando una soluzione troppo aggressiva, o perché troppo concentrata o perché troppo calda. Se, invece, vi accorgete che dopo un paio di minuti non appare ancora nulla, in questo caso la soluzione è poco concentrata o troppo fredda. Provate a riscaldare la soluzione, ma se non ottenete ancora nulla, allora il problema sta in una sottoesposizione e la scheda non è piú utilizzabile. Dovete ricominciare da capo. Come avete capito la temperatura della soluzione riveste una certa importanza. Inizialmente cercavo di riscaldarla un po' per portarla alla temperatura di 25-30°C gradi. Successivamente mi sono accorto che anche una temperatura ambiente di 20-25°C è piú che sufficiente. Una volta che l'immagine risulta ben nitida sulla scheda, è necessario passare ad un abbondante risciacquo che tolga tutti i residui della soluzione dalla basetta e ne arresti lo sviluppo. Ovviamente, se lo ritenete opportuno, potete anche immergere ancora il circuito nell'acido e proseguire con lo sviluppo. Un'ultima raccomandazine. Fate attenzione quando maneggiate la soluzione in quanto la soda caustica corrode molto facilmente gli indumenti. Ne basta una sola goccia. I miei vecchi pantaloni ve lo possono assicurare. 6.2.3 Incisione Ormai il photoresist è stato tutto disciolto e ora, se volete, potete lavorare in un ambiente piú luminoso. In quest'ultima fase non rimane che eliminare il rame dalle zone di interconnessione con la soluzione di cloruro ferrico. 19 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Ma dove procurarsi questo acido? Nei negozi di elettronica o presso i soliti stand delle fiere, non faticherete a trovare dei flaconi da litro di soluzione già diluita. Quella che utilizzo io, per esempio, è al 41%. Vi consiglio, inoltre, di procurarvi anche un contenitore, come una bottiglia in plastica, per raccogliere la soluzione già utilizzata. L'operazione di incisione per sola immersione risulta essere, come già accennato, piuttosto lenta. Infatti, se non si pratica almeno un'agitazione sul contenitore, la reazione, nei pressi del lato rame, tenderà a saturare. Per aumentare ulteriormente l'azione corrosiva è bene portare la soluzione ad una temperatura la più alta possibile. Il non plus ultra, comunque, consisterebbe nel far gorgogliare un getto di aria calda sotto alla scheda ramata. In questo modo, infatti, si aggiungerebbe un terzo elemento che favorisce la reazione: l'ossigeno. Certo, però, che costruire una scatola che realizzi tutto questo non è un impresa da poco. Cosí ho cercato di arrangiarmi in modo molto piú grezzo. Mi sono procurato in un negozio specializzato un becker da laboratorio, cosí da essere sicuro di non corrodere con la soluzione qualche pentolame. Con la semplice fiamma di un gas da cucina porto la soluzione fin quasi all'ebollizione. Mi raccomando di fare attenzione ai vapori, in quanto, anche se ne so veramente poco di medicina, non credo siano particolarmente salutari. Con la solita striscia di scotch, comincio ad immergere ed estrarre la basetta dalla soluzione ripetutamente, provocando, cosí, sia l'agitazione che l'apporto di aria necessari. Si nota subito l'azione corrosiva cominciare dai bordi delle piste ed estendersi verso l'interno delle zone non protette. Dopo circa cinque minuti rimarranno solo delle chiazze sparse qua e là che sarà bene eliminare con un'azione localizzata, per non rovinare il tracciato già pronto. Quando mi sembra che il circuito sia soddisfacente, lo lavo abbondantemente sotto l'acqua corrente, strofinando con un vecchio spazzolino da denti, per essere sicuro di togliere i residui dell'acido. Preso un vecchio giornale vado all'aria aperta e applico la lacca isolante, facendo attenzione a non tralasciare alcuna parte del circuito. Questo, come detto, assicura il circuito contro la formazione di antiestetiche e pericolose chiazze verdi dovute all'ossidazione. Successivamente sarebbe buona norma portarsi nelle vicinanze di una buona fonte di luce ed osservare il circuito con attenzione. In primis per compiacervi del risultato ottenuto, ma soprattutto per ricercare qualche imprecisione. Potrebbe capitare, infatti, che sia rimasta ancora qualche striscia di rame che, se non eliminata, farà rischiare un brutto cortocircuito. Analogamente bisognerebbe fare attenzione alle piste interrotte, annotandosi, se opportuno, il numero: durante la saldatura si provvederà a ripristinarne il collegamento. Di solito a me capita di saltare questo seppur utile controllo, perché comunque molte piccole imperfezioni si riescono ad osservare solo durante la fase di foratura, quando passano sotto gli occhi tutte le piazzole, una alla volta. 6.2.4 Foratura Quest'ultima fase è certamente la piú onerosa, in termini economici, vuoi per l'attrezzatura necessaria, vuoi per la delicatezza degli strumenti utilizzati. Infatti, anche se un semplice trapano ed una comune punta vi permettono di portare a termine il lavoro, la comodità e la precisione di strumenti specifici alla lunga risultano, secondo me, indispensabili. Personalmente mi sono comperato sia il trapano che la colonna appositi per questo impiego. Il trapano riesce a raggiungere i 17.000 giri, mentre il mandrino supporta 20 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 punte che vanno fino ai 6cm. Anche le punte meritano un'attenzione particolare. Quelle normali, infatti, dopo una decina di fori cominciano a produrre trucioli al posto della polvere iniziale, segno, ormai, che hanno perso molto della loro capacità di taglio. Quelle speciali, invece, mantengo il taglio per molto piú tempo, ma, sfortunatamente, sono molto costose e poco resistenti. Per le prime prove vi consiglio di utilizzare le prime. Quando avrete fatto un po' di pratica usate il secondo tipo, ma non comperatene una sola, perché la prima vi si romperà dopo il terzo foro. Vedrete! Vi ricordo, infine, le dimensioni piú utilizzate: • 0.8mm di diametro per le resistenze da 1/4W, condensatori, zoccoli di circuiti integrati, ecc.; • 1.2mm di diametro per le resistenze da 1/2W o piú, i diodi da 1/2W, gli elettrolitici di grande capacità, le morsettiere, ecc.; • 1.5mm di diametro per i relè e altri componenti di potenza; • 3.0mm di diametro per le viti di fissaggio del circuito al contenitore. Di quest'ultima dimensione non sono sicuro esistano punte speciali. Personalmente utilizzo quelle normali in quanto i fori da praticare non sono mai molti. 6.3 Conclusioni Finito. Il circuito è pronto per la saldatura dei componenti. Non rimane che mettere a posto tutto ciò è stato utilizzato. Mi raccomando, è importante. Io, alla fine, pulisco sempre tutto per non ritrovarmi la volta, successiva, incrostazioni di cloruro ferrico sul becker e schede ramate sparse ovunque. È anche molto importante che riponiate il tutto in un luogo sicuro, specie se in casa avete bambini piccoli. La prudenza non è mai troppa! Non mi resta che augurarvi un buon lavoro e buon divertimento. a cura di Lorenzo Cappelletti ([email protected]) 7 Sulle ovvie soluzioni Ricordate due numeri fa il brano che raccontava di una disputa tra Watson e Holmes circa problemi apparentemente insolubili e in realtà di banale soluzione? Beh, ecco il seguito. [...] "Allora siete giunto alla soluzione? Come?", disse Watson. "Una fortunata congettura. Ormai so riconoscere una falsa pista quando ne vedo una. Non dovete prendervela troppo se vi dico che ho sospettato fin dal primo momento che i più fantasioni fra gli oggetti da voi disposti erano molto probabilmente ininfluenti. La cosa più astuta da parte vostra è stata il fatto che la soluzione dipendeva non da un oggetto specifico ma da uno qualsiasi di essi. 21 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Ho usato il coltello dell'esercito svizzero. La fiala di etere avrebbe funzionato ugualemnte, e il petardo o il ghiaccio potevano servire allo scopo. Il gatto si sarebbe dimenato; suppongo che l'etere avrebbe potuto porvi rimedio. Ho legato il coltello a uno spago e l'ho fatto ondeggiare. Poi ho afferrato il coltello e ho legato gli spaghi in una graziosa catenaria1 . È la semplicità assoluta... vista in prospettiva." "Complimenti. Vediamo come se la cava con il problema delle dicerie aziendali. Una certa grande impresa ha 1000 dipendenti e un modo un po' strano di licenziarli. A nessuno viene mai detto che è licenziato. Ciascun dipendente da licenziare puó dedurre il suo fato imminente e dare le dimissioni anziché essere mandato via. Tutti i dipendenti dell'azienda vivono nella costante paura di perdere il posto. Le dicerie sui licenziamenti imminenti si diffondono all'istante in tutta l'azienda. Questa fabbrica di dicerie è del tutto precisa. Vi è una tale serie di licenziamenti che nessuno inventa falsità per malignità o per noia. Quando qualcuno è sul punto di essere licenziato, nell'azienda lo sanno tutti tranne lo sventurato. Questi è letteralmente l'ultimo a saperlo. Nessuno ha il coraggio di dire a qualcuno che questi sta per essere liceziato, e tutti hanno imparato con la pratica costante a comportarsi esattamente come se niente fosse quando si trovano in presenza di un compagno condannato. Questo ambiente del pettegolezzo e doppiezzaha reso quanto mai acutele capacità logiche dei dipendenti.Ogni sera, a letto, tutti rimuginano su ciò che hanno e non hanno sentito, vagliando tutte le possibili ipotesi sulla propria posizione in azienda. Nessuna sfumatura, nessun affronto viene trascurato o lasciato nell'indifferenza. Essendo tutti i dipendenti molto svegli (e molto paranoici), tutti riescono a capire le implicazioni logiche di qualsiasi azione. Se un dipendente deduce che è licenziato, la prima cosa che fa la mattina dopo è rassegnare le dimissioni. Un giorno l'azienda venne acquistata da un'impresa più grande. Il direttore della nuova ditta convocò un'assemblea dei dipendenti e disse:"È ora di eliminare il grasso superfluo qui dentro. Cadranno delle teste!" Il direttore non disse chi doveva essere licenziato. Non disse nemmeno quante persone dovevano andarsene. Come sempre, non vi erano segreti per le dicerie aziendali. Immediatamente dopo l'assemblea, le dicerie sapevano chi doveva andarsene. Che cosa accadde poi?" "Cosa intendete dire con 'che cosa accadde'?", domandò Holmes. "È possibile una bellissima deduzione riguardo ai licenziamenti. L'enigma sta nel capire quale sia la deduzione." "Non vi sono informazioni sufficienti." "Il fascino di questo indovinello, Holmes, è quante cose possano essere dedotte da un minimo di informazioni." Holmes sembrava giocare con diverse idee e respingerle tutte. "Suppongo che alcuni dei disgraziati potessero immaginare che cosa stesse succedendo dal modo di comportarsi delgi altri." "No, no, siete lontano. Sono tutti attori consumati, e cosí smidollati che non rivelerebbero il loro destino nemmeno al loro migliore amico." "Ho notato che le pupille degli occhi di frequente tradiscono il bugiardo più sperimentato..." "Non ho detto niente di pupille, per cui non può essere pertinente." 1 Quando si legano due fili appesi, essi si dispongono secondo una curva geometrica che non è una parabola, ma un coseno iperbolico a meno di costante additiva e moltiplicativa, la catenaria appunto. 22 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 "I dipendenti possono riunirsi per confrontare le conoscenze?" "Niente del genere." "Lettere anonime?" "Non sono permesse. A proposito di lettere anonime: un uomo riceve una lettera non firmata che gli dice di recarsi al cimitero locale a mezzanotte. Generalmente non presta attenzione a queste cose, ma obbedisce per curiosità. È una notte mortalmente silenziosa, rischiarata da una falce di luna crescente. L'uomo si sistema davanti alla cripta della sua famiglia. Sta per andarsene quando sente un rumore di passi. Dà un urlo, ma nessuno risponde. La mattina dopo, il custode trova l'uomo morto davanti alla cripta, il volto contratto in una smorfia di terrore. L'uomo aveva votato per Theodore Roosevelt alle elezioni presidenziali americane del 1904?" (continua...) (Fonte: "Labirinto della ragione", W.Poundstone) a cura di Simone Friso ([email protected]) 8 Annunci di lavoro Hewlett Packard Hewlett Packard, secondo produttore di computer, conta olte 120 mila dipendenti, con un aumento del 20 per cento negli ultimi due anni. Ora assumerà 20 specialisti per la sede di Cernusco sul Naviglio (MI). Politica dell'azienda il costante aggiornamento della produzione (un quinto delle vendite '97 stato ottenuto con prodotti disegnati nello stesso anno), grandi investimenti in ricerche e sviluppo e formazione del personale. Questa attenzione alle risorse umane è particolarmente apprezzata daglistudenti universitari, che in un recente sondaggio posizionano HP al sesto posto tra le aziende ideali nelle quali operare. La selezione riguarda ingegneri di information technology per il supporto applicativo. È richiesta conoscenza dei sistemi operativi Unix e Nt/Lan, mentre sono gradite ma non indispensabili esperienze di sviluppo software di tipo gestionale. Si richiede inoltre ottima conoscenza dell'inglese e laurea in informatica o fisica, matematica, ingegneria elettronica, ingegneria gestionale. Le possibiltà di carriera sono reali, in quanto ogni posizione libera viene colmata, quando possibile, da personale interno. La procedura è adottata anche per le opportunità all'estero su richiesta degli interessati (in media ogni anno dieci specialisti decidono di trascorrere un periodo oltre confine). Per aggiornare costantemente i propri dipendenti sugli sviluppi a breve del settore, HP organizza incontri con analisti e Head Hunter con lo scopo di promuovere l'autoformazione: un doppio vantaggio per l'azienda che può costantemente contare su lavoratori motivati e per gli stessi dipendenti un'occasione per non rimanere legati alle mansioni svolte. Inviare il curriculm direttamente a: Hewlett Packard, direzione del personale, via G.Di Vittorio 9, 20036 Cernusco sul Naviglio (Milano). 23 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 Disegnare il web per chi cerca siti. Yahoo! è uno dei motori di ricerca più famosi della rete. Inventato da due studenti, il "giocattolo" si sviluppato rapidamente e ha bisogno di sempre nuovo personale. Una delle ultime proposte riguarda tre posizioni di software engineers, che verranno inseriti nel team "Graphical user interface Yahoos". I requisiti richiesti sono una laurea in informatica o in ingegneria elettronica, conoscenze di Java, Html, Perl e Unix (e della lingua inglese) e un minimo di esperienza nella creazione di siti e nella programmazione per il web. Curriculum esclusivamente via e-mail a: [email protected]. Per dare un'occhiata a tutte le offerte di lavoro di Yahoo! l'indirizzo: www.yahoo.com/openings.html. Web editor cercasi. PDC (Produzione di Comunicazione) è un'agenzia milanese di comunicazione, specializzata nel settore dell'Information Technology, con decennale esperienza nei servizi chiavi in mano. Al fine di potenziare la propria attività nell'area multimediale, ricerca un web editor con conoscenza dei linguaggi Html e Java, nonché dei software grafici. Al candidato si richiedono solide basi informatiche. Disponibilità immediata. Curriculum a: PDC, Viale Bianca Maria 26, Milano; Fax. 02-796189; E-mail: [email protected]. Centro ricerche Motorola. La data di partenza del nuovo centro ricerche e sviluppo di Motorola a Torino (il diciannovesimo in Europa, ognuno specializzato in diversi settori) è fissata per l'inizio del prossimo anno. Lo staff sarà inizialmente composto da 25 ricercatori; in prospettiva si potrà toccare quota 150 addetti. Dovranno essere laureati in ingegneria e qualsiasi altra specializzazione relativa alle nuove tecniche di telecomunicazione per la telefonia mobile di terza generazione. Se l'ottimo background è requisito di base, la conoscenza dell'inglese è data per scontato, visto che il lavoro di ricerca si nutre di rapporti internazionali. Curriculum a: Motorola, Direzione risorse umane, viale Milanofiori C2, 20090 Assago (Mi). Tra Internet e banche dati. Due società del Gruppo Confor di Roma, operante nel campo dell'elettronica di consumo, cercano 24 persone da avviare al lavoro. La Confor Informatica seleziona 4 analisti programmatori con buona conoscenza dei linguaggi Oracle, Html e Java. Sono invece 20 le persone richieste da trade Information Network, azienda che opera attorno a Internet per creare una rete telematica di collegamento tra società, clienti e centri di assistenza. Per rendere più veloce l'accesso alla rete sono necessari giovani (età massima 30 anni) appasionati di informatica, per i quali è previsto un contratto di collaborazione occasionale su installazioni effetuate. Indirizzo: Confor Informatica, oppure Trade Information Network, Via E.Gianturco 1, Roma; e-mail:[email protected], [email protected]. (Fonte: "Corriere Lavoro", inserto del "Corriere della Sera") 24 Student Branch Journal - Volume 5.3 Ottobre 1998 10 Nel prossimo numero... • Dal nostro inviato ad Aberdeen (Scozia) • Gli alias dell'IEEE • Fuzzy logic • Progetto MicroMouse ...e altro ancora. 25