Consiglio Sanitario Regionale Regione Toscana LINEE GUIDA PER LA DIAGNOSI E CURA DELLA EPILESSIA Coordinatore: L. Gabbani Membri: A. Amadori, F. Ammannati, P. Balestri, M.R. Bardini, N. Battistini, A. Bianchi, A. Bonelli, P. Bonanni, P. Brovedani, D. Buti, R. Campostrini, G. Cardamone, G. Carriero, N. Di Lorenzo, A. Filippini, C. Fonda, C. Francois, R. Galli, P. Gallina, A. Gaudenzi, G. Graziani, M. Guarnieri, A. Mariottini, E. Mazzeschi, L. Murri, G.C. Muscas, M. Paganini, P. Palumbo, B. Pucci, A. Pupi, R. Rocchi, G.P Vatti, G. Zaccara, E. Zammarchi. Indirizzo per la corrispondenza: Data definitiva di stesura: Marzo 2003 1 Indice Analitico I. Metodologia 7 1. Peso 8 2. Livelli di prova e forza delle raccomandazioni 9 3. Sintesi e raccomandazioni 9 II. Definizioni e alcuni dati epidemiologici 10 1. Crisi epilettica 10 2. Epilessia 12 3. Classificazione 14 4. Incidenza 15 5. Prevalenza 15 6. Eziologia 16 7. Prognosi 17 8. Mortalità 17 9. Costi 18 10. Sintesi e raccomandazioni 18 III. Diagnosi di epilessia 20 1. Si tratta di epilessia? 20 2. Definire il tipo di crisi ed i fattori precipitanti 20 3. Definire il tipo di sindrome e l’eziologia 21 4. Sintesi e raccomandazioni 23 IV. Esplorazioni neurofisiologiche 25 1. Elettroencefalogramma (EEG) 25 2. Strumentazione e materiali 27 3. EEG in età pediatrica 27 a. Pretermine 27 b. Neonati e bambini 28 4. Metodiche di registrazione 28 5. Monitoraggio EEG e video-EEG 29 6. EEG digitale e “jerk back averaging” 30 7. Potenziali evocati 31 8. Stimolazione magnetica transcranica 31 9. Magnetoelettroencefalografia 31 10. Referto EEG 32 2 11. Sintesi e raccomandazioni V. Immagini cerebrali 32 35 1. Metodiche morfologiche 35 2. Metodiche funzionali 38 3. Sintesi e raccomandazioni 38 VI. Indagini di laboratorio e genetica 40 1. Indagini di laboratorio 40 2. Indagini cromosomiche e genetiche 41 3. Sintesi e raccomandazioni 42 VII. Neuropsicologia 45 1. Valutazione del livello cognitivo globale 45 2. Valutazione di idoneità a compiti specifici 45 3. Valutazione di disturbi soggettivi di rilevanza clinica 46 4. Valutazione delle competenze cognitive lobari 46 5. Valutazione neuropsicologica in età evolutiva 47 6. Sintesi e raccomandazioni 48 VIII. Terapia farmacologia 50 1. Quando iniziare una terapia antiepilettica 50 2. Probabilità di ricorrenza dopo una prima crisi 50 3. Primo farmaco da utilizzare nelle crisi parziali e tonico-cloniche (sindromi epilettiche focali sintomatiche) 50 4. Epilessie focali benigne dell’età evolutiva (sindromi epilettiche focali idiopatiche) 52 5. Primo farmaco da utilizzare nelle crisi generalizzate (sindromi epilettiche generalizzate idiopatiche) 53 6. Epilessie generalizzate sintomatiche 53 7. Crisi non classificabili 55 8. Cosa fare se il primo farmaco è inefficace 55 9. Monitoraggio plasmatici dei farmaci antiepilettici 57 10. Interruzione della terapia 58 11. Sintesi e raccomandazioni 59 IX. Altre opzioni farmacologiche e terapie alternative 68 1. Stimolazione vagale 68 2. Dieta chetogena 69 3. Farmaci immunomodulanti e plasmaferesi 69 3 4. Calcio antagonisti 70 5. Acetazolamide 70 6. Stimolazione magnetica transcranica 70 7. Yoga 71 8. Trattamenti psicologici 7 9. Marijuana 71 10. Sintesi e raccomandazioni 71 X. Chirurgia delle epilessie 74 1. Indicazioni generali per la selezione di pazienti con epilessia intrattabile potenziali candidati alla chirurgia 74 2. Valutazione prechirurgica 75 3. Specifici approcci chirurgici 76 4. Sintesi e raccomandazioni 77 XI. Crisi epilettiche acute o occasionali 79 1. Convulsioni febbrili 79 2. Crisi epilettiche associate al trauma cranico 82 3. Crisi acute in corso di affezioni mediche e chirurgiche 83 4. Sintesi e raccomandazioni 86 XII. Gli stati epilettici 91 1. Trattamento dello SEGC 92 a. Stato epilettico iniziale (primi 30 minuti) 92 b. Stato epilettico definito (>30 minuti fino a 60-90 minuti) 94 c. Stato epilettico refrattario 95 2. Sintesi e raccomandazioni 96 XIII. Epilessia nelle donne 99 1. Epilessia e ormoni sessuali 100 2. Contraccezione 100 3. Gravidanza 100 4. Parto e puerperio 102 5. Sintesi e raccomandazioni 103 XIV. Problemi medici e anestesiologici in pazienti con epilessia 106 1. Sintesi e raccomandazioni 107 XV. Disturbi psichiatrici ed epilessia 109 1. Comorbilità psichiatrica in epilessia 109 2. Utilizzo di farmaci psicotropi in pazienti con epilessia 110 4 3. Le crisi psicogene 111 4. Sviluppo cognitivo ed epilessia 112 5. Sintesi e raccomandazioni 112 XVI. Problematiche sociali, lavorative e medico-legali 115 1. L’approccio multidisciplinare 116 2. La scuola 116 3. Il lavoro 118 4. Il servizio militare 120 5. La patente di guida 120 6. Gioco e sport 120 7. Disabilità ed epilessia 121 8. Esenzione ticket 121 9. Associazioni 122 10. Sintesi e raccomandazioni 122 XVII. Bibliografia 124 XVIII. Allegati 159 -Allegato 1 – GLOSSARIO DEI TERMINI CHE DESCRIVONO LA SEMIOLOGIA DELLE CRISI EPILETTICHE 159 -Allegato 2 – TIPI DI CRISI 166 -Allegato 3 – SINDROMI EPILETTICHE E CONDIZIONI CORRELATE 170 -Allegato 4 – MALATTIE SPESSO ASSOCIATE A CRISI E SINDROMI EPILETTICHE 178 - Allegato 5 - DISTURBI CHE DEVONO ESSERE CONSIDERATI IN DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLE CRISI EPILETTICHE 181ì0 - Allegato 6 – FARMACI UTILIZZATI NEL TRATTAMENTO DELLE CRISI EPILETTICHE 182 - Allegato 7- PRINCIPALI INTERAZIONI FARMACOCINETICHE DEI FARMACI ANTIEPILETTICI 187 - Allegato 8- PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO 192 - Allegato 9- PANEL DI ESPERTI 196 5 Glossario delle abbreviazioni significative AAN: American Accademy of Neurology CF: Convulsioni Febbrili CFC: Convulsioni Febbrili Complesse CFS: Convulsioni Febbrili Semplici EEG: Elettroencefalogramma fMRI: Risonanza magnetica funzionale GOIF: Gruppo Operativo Interdisciplinare Funzionale GOM : Gruppi Operativi Multi Professionali Hp: Iperventilazione ILAE: International League Against Epilepsy IMAO: Inibitori della monoaminoossidasi PCOS: Sindrome Dell’ovaio Policistico PET: Tomografia ad emissione di positroni RM: Risonanza Megnetica SE: Stato Eilettico SEGC: Stato Epilettico Generallizato Convulsivo SENC: Stato Epilettico Non Convulsivo SLI: Stimolazione luminosa intermittente SPECT: Tomografia ad emissione di singolo fotone SSRI: Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina TC: Tomografia computerizzata 6 I. Metodologia La malattia Epilessia scelta per queste Linee Guida è rilevante in termini epidemiologici e presenta alti costi di gestione che possono variare notevolmente da situazione a situazione. Questo documento non è stato ideato per essere, né deve costituire, uno standard per l’assistenza ai pazienti con epilessia. Gli standard per l’assistenza sono determinati sulla base di tutti i dati clinici disponibili per il singolo caso e sono soggetti a cambiare secondo i progressi della conoscenza scientifica e tecnologica. I parametri pratici contenuti in queste Linee Guida sono stati scelti analizzando le principali prove presenti in letteratura al momento della loro redazione ma non includono tutti i metodi appropriati per l’assistenza ed è possibile che vi siano altri metodi in grado ad ottenere gli stessi risultati. L’aderenza ai parametri riportati non assicura automaticamente un esito favorevole in tutti i casi e nemmeno che la procedura o il piano di trattamento raccomandati siano quelli più appropriati per quel singolo paziente. Lo scopo è solo quello di aiutare tutti gli operatori ad avere un accesso rapido alle principali informazioni mentre il giudizio ultimo nel singolo caso deve essere sempre effettuato dal professionista alla luce dei dati clinici presentati e delle opzioni diagnostiche e terapeutiche disponibili in quel momento. Se tuttavia ci si discosta dalle procedure raccomandate le ragioni dovrebbero essere documentate nelle note personali del paziente al momento in cui una decisione rilevante viene presa. La costituzione dei gruppi che hanno collaborato allo sviluppo di queste Linee Guida si è basata sulla scelta di professionisti che per funzione esercitata all’interno del Sistema Sanitario Regionale Toscano, per specifica competenza e curriculum fossero considerati esperti in questa malattia. Un nucleo iniziale di membri convocati dal Consiglio dei Sanitari della Regione Toscana ha successivamente coinvolto altri professionisti esperti su specifici argomenti. I gruppi sono stati costituiti considerando la multiprofessionalità e le diverse specializzazioni mediche. I membri di ciascun gruppo sono affiliati a varie società scientifiche. Ciascun membro che ha partecipato alla stesura di queste Linee Guida ha dichiarato di non avere conflitti d’interesse tali da impedire la partecipazione al progetto. I quesiti specifici cui dare risposta sono stati stabiliti durante una prima riunione durante la quale sono stati definiti anche i gruppi di lavoro. Sono state prese in considerazione, inizialmente, varie Linee Guida presenti nella letteratura internazionale ed è stato deciso di fare principale riferimento alle Linee Guida sulle Epilessie dello Scottish Intercollegiate Guideline Network (SIGN) (1) ed al Manuale Metodologico del Programma Nazionale per le Linee Guida (2). Altri documenti consultati sono stati: le Clinical Evidence distribuite dal Ministero della Salute (3), gli standard e le Linee Guida dell’American Accademy of Neurology (AAN) (4) e dell’International League Against Epilepsy (ILAE) (5). 7 Ai redattori è stato chiesto di basare le raccomandazioni sulle prove disponibili in letteratura. La raccolta delle prove ha adottato una struttura gerarchica di ricerca e valutazione delle evidenze. Queste sono state ricercate, innanzi tutto, nella Cochrane Library (6). Qualora questo tentativo si fosse rilevato infruttuoso sono stati identificati singoli trial e/o studi comparativi non randomizzati utilizzando il database MEDLINE (7). Sono stati considerate, infine, le opinioni condivise dalla maggioranza della comunità scientifica riportate in review, monografie o libri. La ricerca è stata limitata alla lingua inglese ed agli studi sull’uomo considerando gli studi definiti rilevanti dai singoli gruppi di lavoro. Una volta raccolte e valutate le prove i vari gruppi hanno steso una prima versione condivisa che è stata sottoposta all’attenzione di tutti i partecipanti per eventuali commenti. La bozza è stata rivista e cambiata sulla base dei commenti ricevuti dopodiché è stato designato un comitato di redazione per la stesura definitiva ed uniforme dei vari contributi. Problemi ed opinioni ulteriori sono stati esaminati durante la seconda ed ultima riunione plenaria. Nelle Linee Guida le raccomandazioni sono state quantificate con un certo grado di livello di prova (LDP) e forza della raccomandazione (FDR) espressi rispettivamente in cinque livelli con numeri romani e tre livelli in lettere da A a C. LDP si riferisce alla probabilità che un certo numero di conoscenze sia derivato da studi pianificati e condotti in modo tale da produrre informazioni valide e prive d’errori sistematici; la FDR è stata stabilita in accordo allo schema della US Agency for Healthcare Research and Qualità (AHRQ) già utilizzata in altre Linee Guida (2). 1. Peso Indicata Tecnica diagnostica o terapia indispensabile in tutti i casi Non indicata Tecnica diagnostica o terapia non consigliabile Indicata solo Tecnica diagnostica o terapia da adottare in sottogruppi di pazienti (specificandoli) Ottimale Tecnica diagnostica o terapia utile ma applicabile solo in centri specializzati Integrativa Tecnica che porta ad una maggiore conoscenza delle cause In sospeso Procedura sulla quale non è possibile dare un giudizio definitivo. Il pannel d’esperti di queste Linee Guida considera o non considera indicata una specifica procedura sulla base della propria esperienza. 8 2. Livelli di prova e forza delle raccomandazioni FDR A LDP I Prove ottenute da più studi clinici controllati randomizzati con bassi falsi positivi e negativi e/o metanalisi e revisioni sistematiche di studi randomizzati adeguatamente eseguite B II Prove ottenute da studi controllati randomizzati con alti falsi positivi o alti falsi negativi III Prove ottenute da studi non randomizzati contemporanei a studi di coorte C IV Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli storici V Prove basate su serie di casi aneddotici, sull’opinione di esperti autorevoli o su comitati di esperti come indicato in linee guida o consensus conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste linee guida. 3. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 1-1: Lo scopo di queste Linee Guida è di aiutare tutti gli operatori ad avere un accesso rapido alle informazioni mentre il giudizio ultimo nel singolo caso deve essere sempre effettuato dal professionista alla luce dei dati clinici presentati e delle opzioni diagnostiche e terapeutiche disponibili in quel momento. Sintesi 1-2: Le raccomandazioni riportate sono state quantificate con un certo grado di livello di prova (LDP) e forza della raccomandazione (FDR) espressi rispettivamente in cinque livelli con numeri romani e tre livelli in lettere da A a C. 9 II. Definizioni e alcuni dati epidemiologici Le crisi epilettiche e l’epilessia sono disturbi neurologici molto frequenti. Si possono presentare a qualsiasi età ma non sono ugualmente distribuiti nelle varie popolazioni con importanti differenze tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo. Uno dei problemi maggiori nell’interpretazione dei vari studi epidemiologici è rappresentato dalla variabilità dei dati dovuta alla diversa metodologia utilizzata per definire e classificare i disturbi e per accertare i casi. L’ILAE riporta una serie di precisazioni circa la terminologia e le misure epidemiologiche raccomandate (8, 9). Considerando tali standard sono riportati di seguito alcuni termini e misure epidemiologiche derivate dai principali studi presenti in letteratura. 1. Crisi epilettica E’ un evento presumibilmente conseguente ad un’attività abnorme ed eccessiva di un gruppo di neuroni cerebrali. La manifestazione clinica consiste in un fenomeno improvviso e transitorio che è in relazione alle aree cerebrali coinvolte dalla scarica. Tali variazioni includono sintomi motori, sensoriali, autonomici o mentali, rilevati dal paziente o da un osservatore, durante i quali il paziente può o meno presentare una turba di coscienza (10-14) (vedi per la terminologia il glossario riportato nell’Allegato 17.1). Seguendo la classificazione ILAE del 2001 il tipo di crisi epilettica viene definito come un evento ictale che si pensa rappresenti un unico meccanismo patofisiologico e substrato anatomico. Questa è una entità diagnostica con implicazioni eziologiche, terapeutiche e prognostiche. Nello schema derivato da questa classificazione e riportato nell’Allegato 17.2, vengono distinte crisi autolimitate o continue (stati epilettici) (13). Si devono, inoltre, considerare altre due principali caratteristiche: ¾ Crisi focale. La semiologia iniziale della crisi indica, o è consistente, con l’iniziale attivazione di una singola parte di un emisfero cerebrale. Il termine focale è sinonimo, ma da preferire, a parziale. La distinzione tra crisi parziali semplici (senza disturbo di coscienza) e complesse (con disturbo di coscienza o crisi dialeptica) non è più consigliata nell’ultima proposta classificativi della ILAE (13, 14). ¾ Crisi generalizzata. La semiologia iniziale della crisi indica, o è consistente, con un coinvolgimento più che minimo di entrambi gli emisferi cerebrali. In realtà nelle crisi generalizzate il cervello non è colpito in modo totale e, a seconda del tipo di crisi, della sua partenza e del suo sviluppo, alcune aree corticali possono essere interessate più o meno di altre. Tuttavia il termine viene mantenuto per indicare sia la bilateralità sia la non focalità dei fenomeni. Una crisi che inizia in modo focale può successivamente evolvere verso una secondaria generalizzazione (13, 14). 10 Altri termini utilizzati per descrivere alcune specifiche situazioni comprendono: ¾ Convulsione. E’ una manifestazione motoria tipica della crisi epilettica di grande male caratterizzata dalla comparsa di movimenti ritmici delle estremità (movimenti clonici o clonie). Il termine viene spesso utilizzato per indicare le crisi epilettiche che hanno una semiologia motoria nell’ambito di specifiche situazioni come le convulsioni febbrili e gli stati epilettici convulsivi (813). ¾ Crisi febbrile. E’ una crisi epilettica che si verifica in un bambino di età superiore ad un mese, in associazione con una malattia febbrile, non causata da un’infezione del sistema nervoso centrale, in assenza di una precedente storia di crisi, o di crisi non provocate o di crisi acute sintomatiche (8, 9, 13). ¾ Crisi neonatali. Sono crisi epilettiche che si verificano nelle prime quattro settimane di vita (8, 9, 13). ¾ Crisi non provocate. Sono crisi che insorgono spontaneamente in assenza di un danno acuto cerebrale o di un fattore scatenante. La terminologia adottata negli studi per designare l’eziologia distingue tra: - crisi remote sintomatiche conseguenti ad una condizione che ha determinato un danno cerebrale non evolutivo. Tali casi si verificano in individui in cui l’epilessia insorge dopo la risoluzione della fase acuta di un’infezione, di un trauma cranico, di un ictus, o di altre patologie che causano, come esiti, una lesione statica. - crisi non provocate ad eziologia sconosciuta. In tali situazioni non può essere identificato un chiaro antecedente. Ove possibile questi casi devono essere denominati in base alla terminologia adottata dalla ILAE che distingue le epilessie idiopatiche da quelle probabilmente sintomatiche (termine da preferire a criptogenetiche). - crisi sintomatiche di un’encefalopatia progressiva. Vengono compresi in questo gruppo i casi conseguenti ad un disturbo cerebrale progressivo (tumori, infezioni, virus lenti, infezioni da HIV, parassitosi, malattie autoimmuni, malattie metaboliche, malattie neurodegenerative) (8, 9, 13). ¾ Crisi provocate (acute sintomatiche). Sono crisi che si verificano in una stretta associazione temporale con un’alterazione acuta sistemica, metabolica o tossica (p.e. infezioni, neoplasie, ictus, traumi cranici, emorragie cerebrali, intossicazioni acute o sospensione di alcool). Sono eventi spesso isolati, associati ad una situazione acuta, ma possono anche ricorrere quando la condizione acuta si ripresenta, come ad esempio nelle crisi da sospensione alcolica. Possono anche evolvere in uno stato epilettico (8, 9, 13). ¾ Crisi riflesse. Sono crisi precipitate da stimoli sensoriali. Crisi riflesse isolate possono presentarsi in situazioni che non implicano di per sé la diagnosi di epilessia. Crisi precipitate da 11 specifiche circostanze come la febbre, la sospensione di alcool, non sono da considerare crisi riflesse (8, 9, 13). ¾ Crisi singola o isolata. E’ un termine utilizzato per indicare che una o più crisi si sono presentate in un periodo non superiore alle 24 ore. Negli studi più crisi che si verificano in un periodo di 24 ore sono considerati, per convenzione, un singolo evento (8, 9, 13). ¾ Eventi non epilettici. Sono le manifestazioni cliniche parossistiche che vengono considerate non correlate alla scarica abnorme di un gruppo di neuroni cerebrali. Un termine molto utilizzato in letteratura per definire tali eventi è quello di Manifestazioni Parossistiche non Epilettiche (MPNE). Esse comprendono: a) disturbi della funzione cerebrale (vertigini, sincopi, disturbi del movimento e del sonno, aure emicraniche, amnesia globale transitoria, enuresi notturna etc.) e b) pseudocrisi (disturbi del comportamento, improvvisi, di origine non epilettica che vengono considerati come di esclusiva natura psichica). Il termine di crisi psicogene è un termine utilizzato per indicare l’esclusiva natura psichica dell’evento non epilettico e viene da molti preferito a quello di pseudocrisi (8, 9). In Allegato 17.5 sono riportate alcune delle principali condizioni che possono porre dei problemi di diagnosi differenziale con le crisi epilettiche. ¾ Stato epilettico. Viene definita come una stabile e duratura condizione epilettica caratterizzata da una crisi di durata superiore a 30 minuti oppure da una serie di crisi ravvicinate senza recupero delle funzioni corticali tra una crisi e la successiva. Un episodio di stato epilettico dove essere considerato come un evento singolo (8, 9, 13). 2. Epilessia Il termine collettivo Epilessia è comunemente impiegato per indicare i disturbi o le malattie che si accompagnano a crisi epilettiche. Nella definizione proposta dalla Commissione ILAE per l’epidemiologia l’epilessia è caratterizzata da crisi epilettiche ricorrenti (due o più), non provocate da una causa immediatamente identificabile (8, 9). Alcuni dei termini comunemente utilizzati per descrivere questi disturbi sono: ¾ Disordine epilettico. E’ una condizione neurologica caratterizzata da crisi epilettiche ricorrenti non provocate da una causa immediatamente identificabile (13). ¾ Encefalopatia epilettica. E’ una condizione in cui si pensa che le anormalità epilettiche di per sé contribuiscano al progressivo disturbo della funzione cerebrale (13). ¾ Epilessia (farmaco)resistente o intrattabile. E’ l’epilessia di un paziente le cui crisi persistono nonostante l’utilizzo adeguato di farmaci antiepilettici con minimo due farmaci di prima linea, sia come monoterapia sia in combinazione, appropriati per la sindrome epilettica. I farmaci 12 dovrebbero essere utilizzati fino al limite della tolleranza ed i livelli plasmatici dei farmaci dovrebbero essere monitorizzati allo scopo di valutare la compliance (15). ¾ Epilessia attiva. Un caso prevalente di epilessia attiva è quello di un paziente che ha avuto per lo meno una crisi epilettica nei cinque anni precedenti, indipendentemente dalla presenza del trattamento con farmaci antiepilettici. Un caso prevalente sottoposto a trattamento è quello in cui un soggetto con una diagnosi di epilessia, assume farmaci antiepilettici nel giorno di accertamento (8, 9). ¾ Epilessia in remissione. Un caso prevalente di epilessia in remissione è quello di un paziente in trattamento con farmaci antiepilettici senza crisi per ≥ 5 anni. Si distingue tra remissione in trattamento farmacologico e senza trattamento farmacologico a seconda che il paziente assuma o meno la terapia nel giorno di accertamento (8, 9). ¾ Malattia epilettica. E’ una condizione patologica che ha un’eziologia singola, specifica e ben definita. Così la malattia di Unverricht-Lundborg rientra nel gruppo delle sindromi dell’epilessie miocloniche progressive assieme alla malattia di Lafora, alla sialidosi e così via (13). ¾ Sindrome epilettica. Una sindrome rappresenta un complesso di segni o sintomi che, associati tra di loro, determinano un’unica e caratteristica entità. Si distinguono anche: − Sindrome epilettica idiopatica. E’ una sindrome caratterizzata dalla presenza di un epilessia, comunemente ad insorgenza età-dipendente, in assenza di lesioni strutturali encefaliche od altri segni o sintomi neurologici. Il termine idiopatico indica la presumibile influenza genetica sulla suscettibilità alle crisi. − Sindrome epilettica sintomatica. E’ una sindrome in cui le crisi epilettiche sono il risultato di una o più lesioni cerebrali strutturali accertabili. − Sindrome epilettica probabilmente sintomatica. E’ una sindrome in cui si ritiene che le crisi epilettiche siano il risultato di una lesione cerebrale anche se questa non è stata identificata. Probabilmente sintomatica è un termine sinonimo, ma da preferire, a criptogenetico. − Sindrome epilettica benigna. E’ una sindrome caratterizzata da crisi epilettiche facilmente trattabili, o che non richiedono trattamento, ed in cui vi è una remissione senza sequele. − Sindrome epilettica riflessa. E’ una sindrome in cui le crisi sono precipitate da stimoli sensoriali (13, 14). 13 3. Classificazione L’elaborazione di un sistema di classificazione delle crisi e delle sindromi epilettiche rappresenta uno strumento indispensabile per consentire la comunicazione fra coloro che si occupano di epilessia e per poter confrontare i dati ed i risultati degli studi e delle ricerche. L’ILAE è l’organizzazione che ha dato i maggiori contributi alla classificazione ed alla terminologia con cui indicare le crisi e le sindromi epilettiche (5). Quest’ultime nella classificazione del 1989, ancora oggi spesso utilizzata, vengono distinte, in base al tipo di crisi, in generalizzate e focali e, in base all’eziologia, in idiopatiche (non legate ad un danno cerebrale e con presumibile base genetica) e sintomatiche/criptogenetiche (in cui è identificabile/presumibile una lesione cerebrale alla base del disturbo) (14). Nel corso degli anni questo schema è stato rivisto e nell’ultima stesura del 2001 viene proposto l’utilizzo di una terminologia standardizzata ma sufficientemente flessibile da prendere in considerazione alcuni aspetti pratici e dinamici della diagnosi (13). Lo schema proposto è diviso in cinque livelli od assi: ¾ L’Asse I riporta la descrizione fenomenologica delle sintomatologia ictale ed utilizza un glossario standardizzato della terminologia descrittiva indipendente da altri fattori come l’EEG e l’eziologia (Allegato 17.1) (12). ¾ L’Asse II riporta il tipo, od i tipi, di crisi presentati dal paziente. A questo proposito viene individuata una lista di crisi che prevede una distinzione in crisi autolimitate e continue (forme di stati epilettici) a loro volta classicamente distinte in generalizzate e focali. Viene inoltre indicata la localizzazione per le crisi focali e i fattori scatenanti per le crisi riflesse (Allegato 17.2) (5, 13). ¾ L’Asse III riporta la diagnosi sindromica che viene derivata da una lista di sindromi epilettiche ampiamente accettate e riconosciute. Viene tuttavia specificato che una diagnosi sindromica non è sempre possibile in tutti i casi e che nella lista vengono identificate delle condizioni in cui la presenza di crisi non implica di per se la diagnosi di epilessia (p.e. crisi neonatali benigne, crisi febbrili). Inoltre viene sottolineata la presenza di sindromi ancora in discussione od in sviluppo. (Allegato 17.3) (5, 13). ¾ L’Asse IV riporta, quando è conosciuta, l’eziologia derivata da una lista di malattie specifiche frequentemente associate alle crisi e sindromi epilettiche. (Allegato 17.4) (5, 13). ¾ L’Asse V, tuttora in fase di preparazione, riporta il grado di compromissione causato dalla condizione epilettica. Il riferimento attuale è quello derivato dallo schema proposto dalla WHO ICIDH-2 (5, 13). 14 4. Incidenza Le prime crisi non provocate nei paesi industrializzati hanno un valore aggiustato per età compreso tra 18,9 e 69,5 per 100.000 (gli studi più recenti mostrano valori più alti) (16, 17). Combinando i tassi d’incidenza per le convulsioni singole o isolate e le crisi ricorrenti, l’incidenza per tutte le crisi epilettiche nello studio di Rochester, uno degli studi metodologicamente più completi, è risultata essere compresa tra 72,9 e 86,1 (18). Nei paesi in via di sviluppo i tassi d’incidenza possono risultare fino a 190 per 100.000 (19). L’incidenza di epilessia nei paesi industrializzati è compresa tra 24 e 53 per 100.000 e sembra essere simile nelle varie aree geografiche. Tuttavia in alcuni studi nei paesi in via di sviluppo sono riportati valori che superano i 100 casi per 100.000. L’incidenza cumulativa di epilessia nei paesi industrializzati è compresa tra 1,7 e 3,1% all’età di 80 anni (16). Gli studi più recenti sull’incidenza rilevano, ma solo nei paesi industrializzati, alcune differenze di distribuzione in relazione all’età. L’incidenza dell’epilessia e delle crisi non provocate è più alta nel primo anno, successivamente decresce e si riduce ulteriormente durante l’adolescenza rimanendo relativamente bassa durante l’età adulta per poi crescere nuovamente nell’età più avanzata (16, 17). Questo tipo di distribuzione è anche tipico delle crisi acute sintomatiche il cui rischio durante la vita è del 3,6% (20). Le convulsioni febbrili sono il disturbo neurologico più frequente nell’età pediatrica dato che si verificano fino nel 5% dei bambini entro il terzo anno di vita (21). Riguardo al sesso alcuni studi riportano tassi d’incidenza per le prime crisi e l’epilessia maggiori nel maschio che nella femmina (rapporto M/F: 1,2 – 1,7). Vi sarebbero anche delle differenze nella razza rilevate soprattutto per gli stati epilettici. Tuttavia molti degli studi effettuati sono troppo complicati da fattori socio-economici e le reali differenze legate sia al sesso sia alla razza non sono ancora spiegabili in termini di fattori di rischio specifici per la malattia (16, 17). Sempre per gli stati epilettici sono riportati, negli Stati Uniti per le forme convulsive, valori compresi tra 50.000 e 250.000 casi ogni anno (22, 23). L’incidenza degli stati epilettici sembra essere cresciuta per l’aumento dei casi nell’anziano e degli stati mioclonici associati ad un danno cerebrale dopo un arresto cardiaco (24, 25). 5. Prevalenza La prevalenza è una misura epidemiologica che rappresenta più la gravità e la cronicità dell’epilessia che la sua frequenza nella popolazione. Nella maggior parte degli studi la prevalenza 15 durante la vita esprime il numero sia dei pazienti con epilessia attiva sia con epilessia in remissione. Nei paesi industrializzati la prevalenza dell’epilessia attiva è compresa tra il 3,5 e 10,7 per 1.000 (16). Un esiguo numero di studi effettuati nei paesi in via di sviluppo mostra tassi di prevalenza notevolmente più alti di quest’intervallo ma si tratta di piccoli studi effettuati in aree geografiche isolate dove fattori genetici ed ambientali unici possono essere predominanti (16,17). Il punto di prevalenza nei paesi industrializzati è compreso tra 3,7 e 8 (16). 6. Eziologia L’accertamento dei casi e la conoscenza della malattia varia da paese a paese in relazione al sistema sanitario in cui l’indagine è condotta e nei vari studi la causa della malattia non è sempre riportata poiché essa richiede, comunemente, un minimo di indagini strumentali che non sono sempre possibili. Per questo i casi d’epilessia attribuibili ai vari fattori eziologici variano considerevolmente secondo il tipo di studio considerato, dall’età e dall’area geografica in cui viene condotto (8, 9, 16, 17). L’Allegato 17.5 riporta l’elenco delle condizioni specifiche più frequentemente associate ad epilessia. Nella maggior parte degli studi condotti nei paesi industrializzati una causa specifica delle crisi epilettiche o dell’epilessia è riportata solo in circa il 25-30% dei casi (16, 17). I casi di epilessia ad insorgenza in età infantile hanno prevalentemente un’eziologia genetica (epilessie idiopatiche) o sono secondari alla presenza di un’encefalopatia non progressiva dovuta a lesioni cerebrali occorse in epoca prenatale o perinatale (16, 17, 26). In relazione soprattutto a fattori genetici bisogna ricordare che il 10% dei soggetti tra i 7 e 19 anni con crisi epilettiche hanno una fotosensibilità (27). Fino ai 3-4 anni di vita la febbre rappresenta la causa che induce più frequentemente crisi epilettiche mentre nell’età adulta e nell’anziano prevalgono i casi sintomatici di traumi e di ictus. Analogamente l’aumentata incidenza di crisi epilettiche e di epilessia riportata nei paesi industrializzati nell’anziano è, probabilmente, in relazione all’aumentata incidenza in questa età di malattie cerebrovascolari (16, 17, 20, 21). Il rischio di sviluppare un’epilessia cronica dopo le convulsioni febbrili è del 2-7% (28). Le convulsioni febbrili prolungate sono un fattore di rischio per lo sviluppo, in età giovanile-adulta, di un’epilessia temporale associata alla presenza di una sclerosi mesiale temporale (29, 30). Bisogna inoltre ricordare che in età infantile la febbre può essere un fattore scatenante per vere crisi epilettiche, situazione diversa dalle convulsioni febbrili (31). Altri fattori di rischio importanti nell’età adulta per lo sviluppo di crisi epilettiche sono l’abuso di alcool, o la sua sospensione (3234), le intossicazioni di farmaci o droghe (35-42) ed il trauma cranico (43). In pazienti in cui le 16 crisi si verificano entro una settimana da un trauma cranico il rischio di sviluppare una successiva epilessia è considerato attorno al 25%, e del 33% se il paziente ha più di 16 anni (44). Le crisi che si verificano subito dopo un evento non sembrano associate a successive ricorrenze (45). Se non si verificano crisi precocemente dopo un trauma i fattori associati ad un alto rischio d’epilessia sono la presenza di un ematoma (31%) e di una frattura depressa (15%) (44). 7. Prognosi Il rischio di presentare una nuova crisi dopo una prima non provocata è alto (46, 47) anche se i farmaci antiepilettici appaiono in grado di ridurre tale rischio (48). Tuttavia la prognosi dell’epilessia riguardo al controllo delle crisi dopo trattamento farmacologico appare essere buona e la maggioranza dei pazienti riesce ad ottenere una prolungata remissione (49-51). In alcuni casi è possibile anche sospendere il trattamento ma i fattori di rischio per una ricaduta non sono completamente identificati. Quello che sappiamo è che vi sono sindromi epilettiche a prognosi buona, altre a prognosi incerta e cattiva e che il numero di pazienti che presenta ancora crisi nonostante il trattamento farmacologico è tutt’altro che trascurabile (52, 53). Infatti è stata riscontrata una prevalenza di pazienti con epilessia grave fino a 90 su 100000 (54) ed una prevalenza di pazienti adulti con ≥ 12 crisi focali all’anno di 0,96 su 1000 (55). 8. Mortalità I dati dei paesi industrializzati indicano che le persone con epilessia hanno una maggiore mortalità rispetto a quelle senza epilessia. Il rischio è maggiore nelle persone con epilessia cronica, in particolare giovani, ed in quelli con un’eziologia definita. In alcuni studi è riportato un rapporto standardizzato di mortalità (SMR) di ≥ 8. Tale rapporto è lievemente più alto (SMR 1,6) anche nelle epilessie idiopatiche. I traumi, i suicidi, le polmoniti, e le crisi sono le cause di morte più frequenti nelle persone con epilessia rispetto alla popolazione generale (9). La morte improvvisa è anch’essa una causa riconosciuta, specialmente nei pazienti con epilessia grave (56). 17 9. Costi Molti pazienti con epilessia presentano disabilità significative e complicazioni fisiche, neuropsicologiche e comportamentali (57, 58). La conoscenza della dimensione del problema appare necessaria per la programmazione sanitaria e per contribuire ad allocare le risorse nei vari settori (farmaceutico, diagnostico, riabilitativo, sociale etc.) che consideri i reali costi-benefici degli interventi. In un recente studio condotto in Lombardia è stato riscontrato che i costi dell’epilessia variano notevolmente a seconda si considerino i pazienti di nuova diagnosi, i pazienti che presentano differenti risposte ai farmaci ed i candidati alla chirurgia. Le maggiori differenze dei costi per paziente variano in relazione alla severità ed alla frequenza delle crisi (59). Inoltre in altri studi condotti in differenti situazioni sanitarie (Dipartimenti Universitari, Ospedali Generali, Servizi Ambulatoriali) è stato osservato anche che i costi differenti dipendevano anche dal tipo di struttura di riferimento (60)e che i costi diretti erano significativamente più alti nei pazienti sotto i 18 anni rispetto agli anziani (61). Le ammissioni ospedaliere ed i farmaci appaiono la maggiore fonte di spesa (62). Considerando la grande variabilità di condizioni che sottendono i disturbi epilettici, anche allo scopo di controllare da una parte l’appropriatezza degli interventi e dall’altra la spesa, è consigliabile che i pazienti affetti da queste malattie siano prevalentemente gestiti da neurologi o da altri specialisti esperti. Essi devono, cioè, aver conseguito durante il proprio curriculum formativo un’esperienza specifica nella gestione di questi pazienti e devono essere impegnati in un continuo aggiornamento professionale (4, 5). 10.Sintesi e raccomandazioni Sintesi 2-1: Le crisi epilettiche e l’epilessia sono disturbi neurologici molto frequenti. Nei paesi industrializzati le prime crisi non provocate hanno un valore aggiustato per età compreso tra 18,9 e 69,5 per 100.000 (gli studi più recenti mostrano valori più alti). L’incidenza cumulativa di epilessia nei paesi industrializzati è compresa tra 1,7 e 3,1% all’età di 80 anni. Sintesi 2-2: Gli studi più recenti sull’incidenza mostrano alcune differenze di distribuzione in relazione all’età. Nei paesi industrializzati l’incidenza dell’epilessia e delle crisi non provocate è più alta nel primo anno, successivamente decresce e si riduce ulteriormente durante l’adolescenza rimanendo relativamente bassa durante l’età adulta per poi crescere nuovamente nell’età più avanzata. Questo tipo di distribuzione è anche tipico delle crisi acute sintomatiche. 18 Sintesi 2-3: Nei paesi industrializzati la prevalenza dell’epilessia attiva è compresa tra il 3,5 e 10,7 per 1.000. Sintesi 2-4: I casi di epilessia ad insorgenza in età infantile hanno prevalentemente un’eziologia genetica (epilessie idiopatiche) o sono secondari alla presenza di un’encefalopatia non progressiva dovuta a lesioni cerebrali occorse in epoca prenatale o perinatale. Sintesi 2-5: Fino ai 3-4 anni di vita la febbre rappresenta la causa più frequente di crisi epilettiche mentre nell’età adulta e nell’anziano prevalgono i casi sintomatici di traumi e di ictus. Analogamente l’aumentata incidenza di crisi epilettiche e di epilessia nell’anziano è, probabilmente, in relazione all’aumentata incidenza in questa età di malattie cerebrovascolari e di altre malattie legate all’invecchiamento. Sintesi 2-6: Vi sono sindromi epilettiche a prognosi buona, altre a prognosi incerta e cattiva. La prevalenza di pazienti che presenta ancora crisi nonostante il trattamento farmacologico è stimabile in circa 1 caso su 1.000. Sintesi 2-7: Le persone con epilessia hanno una maggiore mortalità rispetto a quelle senza epilessia. Il rischio è maggiore nelle persone con epilessia cronica. Sintesi 2-8: Molti pazienti con epilessia presentano disabilità significative e complicazioni fisiche, neuropsicologiche e comportamentali. La conoscenza della dimensione del problema appare necessaria per la programmazione sanitaria e per contribuire ad allocare le risorse nei vari settori (farmaceutico, diagnostico, riabilitativo, sociale etc.) che consideri i reali costi-benefici degli interventi. Raccomandazione 2.1. (Grado C) E’indicato che i pazienti affetti da epilessie siano prevalentemente diagnosticati da neurologi o da altri specialisti esperti i quali devono aver conseguito durante il proprio curriculum formativo un’esperienza specifica nella gestione di questi pazienti e devono essere impegnati in un continuo aggiornamento professionale. 19 III. Diagnosi di epilessia Nella diagnosi di un paziente con sospetta epilessia vi sono due importanti passi da effettuare. Il primo è stabilire il tipo di crisi presentate dal paziente, il secondo è quello di stabilirne la causa e l’eventuale inquadramento sindromico. 1. Si tratta di epilessia ? Il primo passo verso la diagnosi di epilessia è quello di stabilire se l’evento clinico presentato può essere compatibile con una crisi epilettica. Una storia accurata interrogando il paziente o un testimone fornisce informazioni insostituibili per la diagnosi ed i medici di medicina generale, i pediatri di famiglia, i medici dell’emergenza territoriale e dell’accettazione ospedaliera giocano un ruolo unico nell’ottenere questi dati (63, 65). Infatti distinguere una crisi epilettica da un evento non epilettico, in particolare una sincope o una crisi psicogena, non è sempre facile (66, 67). Una sincope può essere associata a scosse miocloniche, versione degli occhi verso l’alto e brevi automatismi (67-70) e le crisi psicogene possono imitare molto bene una crisi epilettica (particolarmente quelle di origine frontale) (71-73). D’altra parte una crisi epilettica può manifestarsi con una sintomatologia simile alla sincope, con sintomi bizzarri che mimano una crisi psicogena o anche con sintomi che possono essere associati ad altri disturbi come l’emicrania (7387). L’Allegato 17.5 riporta le principali condizioni che possono porre dei problemi di diagnosi differenziale con l’epilessia. 2. Definire il tipo di crisi ed i fattori precipitanti Le crisi epilettiche possono presentarsi in modo drammatico o subdolo, essere autolimitate, continue, isolate o ricorrere a breve distanza (8-14). L’Allegato 17.3 riporta l’elenco dei vari tipi di crisi epilettiche e le loro principali caratteristiche cliniche. Vengono anche riportati alcuni degli stimoli che possono indurre crisi epilettiche. Crisi epilettiche minori come le assenze, le crisi miocloniche, alcune crisi focali, possono non essere diagnosticate per molti anni od essere considerate dal paziente, o da i suoi familiari, come eventi non patologici. Al contrario una crisi maggiore, come la generalizzata tonico-clonica, viene sottoposta precocemente all’attenzione del medico (46-48, 88-90). 20 La descrizione delle crisi deve includere i sintomi preictali incluse le variazioni affettive e del comportamento prima della crisi, le sensazioni soggettive del paziente (aura), i sintomi vocali (stridore/pianto, emissione di parole rallentate, frasi deformate), i sintomi motori (versione della testa o degli occhi, tipo di postura, presenza di scosse -ritmiche- o d’irrigidimento, automatismi, movimenti focali o generalizzati), il tipo di respirazione (variazioni del pattern, arresto, cianosi), le variazioni autonomiche (dilatazione pupilare, ipersalivazione, variazioni nella frequenza respiratoria o cardiaca, pallore, vomito) e le variazioni del livello di coscienza o l’incapacità a comprendere il linguaggio (10-12, 91). E’ consigliato utilizzare nei report la terminologia riportata nel glossario dei sintomi ictali delle crisi riportata in Allegato 17.1. Altri elementi da annotare sono i sintomi postictali che comprendono l’eventuale amnesia per l’evento, la confusione, lo stato di sopore o di sonnolenza, la cefalea e i dolori muscolari, le paralisi transitorie (di Todd), la nausea o il vomito (10-12, 63-66, 91). Oltre che la descrizione delle crisi, altre notizie importanti da apprendere riguardano l’età d’insorgenza (alcune crisi sono caratteristiche dell’età infantile e altre, come gli spasmi, si verificano solo in quest’età e non più in età adulta), la distribuzione circadiana (al risveglio, la notte, il giorno) ed i fattori precipitanti (luci intermittenti, deprivazione di sonno, abuso di alcool, uso ed abuso di farmaci, stress, lettura etc.) delle crisi (10-13, 31). 3. Definire il tipo di sindrome e l’eziologia La diagnosi di una sindrome epilettica può fornire informazioni sulla prognosi a breve e lungo termine e fornire le basi per lo studio dei fattori eziologici, della storia naturale, e del trattamento di questi disturbi (52, 53). Nell’Allegato 17.3 viene riportata un elenco di sindromi epilettiche e le loro principali caratteristiche, mentre nell’Allegato 17.4 viene riportato un elenco di malattie frequentemente associate a crisi epilettiche. Oltre che il tipo di crisi altri principali elementi da indagare per definire l’eziologia e il tipo di sindrome sono: l’età d’esordio, la storia familiare, il tipo e il livello di sviluppo (fisico e neurologico), il comportamento e lo stato di salute all’esordio inclusa l’eventuale presenza di malattie febbrili e di precedenti stati di malessere (31, 91). Crisi epilettiche provocate sono conseguenti a una condizione acuta come l’ipoglicemia, l’ingestione di tossici, le infezioni intracraniche, il trauma cranico o di altri fattori precipitanti. Le crisi non provocate si manifestano in assenza di tali fattori. La loro eziologia può essere idiopatica (genetica) remota sintomatica (preesistenza di un danno o di un’anomalia cerebrale) e probabilmente sintomatica/criptogenetica (senza causa conosciuta) (8-14). Bisogna poi ricordare che le crisi focali sono presenti in tutte le 21 età, anche se la loro incidenza aumenta dopo i 60 anni (16, 17) e che l’insorgenza di un’epilessia generalizzata idiopatica dopo i 25 anni è rara (90-99). Nei bambini l’età è un fattore critico nel determinare le caratteristiche cliniche ed elettroencefalografiche dell'epilessia poiché molte sindromi epilettiche sono manifestazioni etàdipendenti della suscettibilità epilettica. In particolare le epilessie che iniziano nei primi due anni di vita, e soprattutto nel primo anno, possono essere difficilmente classificabili fin dall’esordio come sindromi epilettiche note e in molti casi si può arrivare ad una diagnosi sindromica solo valutando l’evoluzione nell’arco di diversi mesi o anni (31, 100-108). Per tale motivo è importante individuare particolari fasce di età utili per l’inquadramento diagnostico in una sindrome epilettica piuttosto che un’altra. Convenienti categorie di età potrebbero essere: ¾ neonatale (fino a 44 settimane di età concezionale) ¾ infantile (1 mese- 2 anni) ¾ prescolare (2-5 anni) ¾ scolare (5-10 anni) ¾ giovanile (> 10 anni) Le crisi epilettiche nel bambino possono essere particolarmente polimorfe con un’ampia variabilità della fenomenologia tra un soggetto e un altro. Esse tendono, anche, a variare nel tempo nello stesso soggetto mentre con l’aumentare dell’età, e quindi con la progressiva maturazione, le crisi tendono a diventare più organizzate e meno diverse da un soggetto ad un altro. Altro fattore fondamentale per la diagnosi sindromica è la valutazione dell’integrità del funzionamento neurologico. Nel bambino è sempre opportuno valutare lo sviluppo psicomotorio precedente l’esordio dell’epilessia, la comparsa di un arresto o di una regressione o, viceversa, la preesistente storia di ritardo e/o di altri disturbi neurologici. La presenza di questi disturbi orienta per un’eziologia sintomatica, un’encefalopatia epilettogena o di entrambe. Al contrario la presenza di un’anamnesi personale e di un esame obiettivo generale e neurologico nella norma sono elementi a favore per la diagnosi di un’epilessia idiopatica. Infine, sempre nel bambino, bisogna ricordare che l’esame obiettivo generale, che deve includere necessariamente la valutazione del fenotipo (che può indirizzare verso una sindrome genetica) e della cute/annessi cutanei (alla ricerca di alterazioni discromiche e dismorfiche il cui rilievo può indicare la presenza di una sindrome neuroectodermica), dovrebbe essere sempre ripetuto nel tempo giacché alcune segni specifici potrebbero comparire in età successive (31, 100-108). 22 4. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 3-1: La diagnosi di crisi epilettica e di epilessia è, prima di tutto, clinica e, in assenza di un’osservazione diretta, si basa sulla storia del disturbo ictale riferito dal paziente o da un testimone. A volte può essere difficile stabilire, fin dall’inizio, una diagnosi corretta poiché diverse condizioni possono simulare una crisi epilettica e, viceversa, il racconto di una crisi epilettica può essere simile a quello di un evento non epilettico. Raccomandazione 3.1 (Grado C) Nel sospetto di crisi epilettiche è indicato che i medici di medicina generale, i pediatri di famiglia, il personale dei mezzi di soccorso, i medici dell’emergenza territoriale e dell’accettazione ospedaliera raccolgano dal paziente o dai testimoni delle crisi tutte le informazioni utili ad una precoce diagnosi differenziale. In un paziente con il sospetto di crisi epilettiche è indicato indagare i seguenti elementi: Raccomandazione 3.2 (Grado C) La descrizione delle crisi riferita dal paziente deve includere: ¾ frequenza delle crisi; ¾ circostanze, fattori scatenanti e eventi morbosi acuti (p.e. trauma cranico, intossicazioni, febbre, malattie in corso e stati di malessere, deprivazione di sonno); ¾ sintomi prima e durante le crisi (p.e. aure sensoriali e psichiche, disturbi di coscienza); ¾ durata dei sintomi ictali; ¾ sintomi successivi alle crisi (p.e. amnesia per l’evento, confusione, sopore, sonnolenza, cefalea e dolori muscolari, paralisi di Todd, nausea o vomito); ¾ traumi, morso della lingua ed incontinenza. Raccomandazione 3.3 (Grado C) La descrizione delle crisi riferita da un testimone deve includere: ¾ frequenza delle crisi; ¾ descrizione il più dettagliata possibile di quanto osservato prima e durante le crisi (p.e. comportamento, grado di responsività, fenomeni motori, vocalizzazione, colore della cute, respiro, polso); ¾ descrizione il più dettagliata possibile dei segni e del comportamento successivo alle crisi (p.e. amnesia per l’evento, confusione, sopore, sonnolenza, cefalea e dolori muscolari, paralisi di Todd, nausea o vomito). 23 Raccomandazione 3.4 (Grado C) L’anamnesi deve comprendere anche le seguenti notizie rilevanti ¾ età, sesso; ¾ storia familiare; ¾ storia di sofferenza o infezioni prenatali e perinatali; ¾ tappe e livello dello sviluppo fisico e neurologico; ¾ età d’esordio e storia medica precedente, inclusi precedenti convulsioni febbrili, infezioni del sistema nervoso, traumi cranici e altre malattie neurologiche o sistemiche; ¾ comportamento, storia psichiatrica precedente, storia sociale; ¾ uso di alcool e farmaci. Raccomandazione 3.5 (Grado C) La ricerca dei segni obiettivi deve includere: ¾ la valutazione dello stato mentale e cognitivo e il rilievo di altri segni che possono essere espressione di un disturbo neurologico di cui le crisi epilettiche rappresentano un sintomo; ¾ l’aspetto fenotipico del soggetto (che può indirizzare verso una sindrome genetica) e la valutazione della cute e degli annessi cutanei alla ricerca di alterazioni discromiche e dismorfiche. Nell’infanzia il fenotipo e i segni cutanei devono essere rivalutati nel tempo. Sintesi 3-2: La definizione del tipo di crisi e degli eventuali fattori precipitanti fornisce informazioni sulla prognosi e ha importanti ripercussioni su come impostare la richiesta di esami diagnostici e sulla scelta del trattamento. Raccomandazione 3.6 (Grado C) Nei casi di dubbio inquadramento clinico è indicata la gestione diagnostica da parte di medici esperti. Raccomandazione 3.7 (Grado C) La definizione dell’eziologia e della sindrome non è sempre possibile fin dall’inizio e, soprattutto per l’età pediatrica, è indicato che l’evoluzione del disturbo sia seguita nel tempo da parte di medici esperti. 24 IV. Esplorazioni neurofisiologiche 1. Elettroencefalogramma (EEG) Per risultare utile l’EEG deve essere richiesto sulla base di specifiche indicazioni, escludendone un uso routinario in tutti i pazienti che presentano manifestazioni critiche neurologiche non definite od un’epilessia già diagnosticata. L’attività EEG deve essere registrata quando esiste un sospetto clinico di epilessia, per definirne cause, diagnosi differenziale ed inquadramento sindromico. Inoltre l’EEG ha lo scopo di registrare un’attività intercritica e/o critica e di definirne la localizzazione, la frequenza e la morfologia. Può essere d’ausilio nell’individuare la presenza di un’encefalopatia (metabolica, infettiva, degenerativa), lesioni cerebrali focali (vascolari, tumori) o un difetto di maturazione cerebrale mentre risulta scarsamente utile nel valutare l’effetto dei farmaci antiepilettici sull’attività parossistica intercritica, poiché poco sensibile alla loro azione (109-111). Fanno eccezione l’epilessia con assenze, in cui la quantificazione delle scariche di punta-onda permette di monitorizzare l’efficacia del trattamento, e alcune encefalopatie epilettiche dell’infanzia, tra cui la sindrome di West nella quale la scomparsa del pattern ipsaritmico si accompagna al miglioramento dei sintomi (31, 108). In pazienti con epilessia l’EEG presenta anomalie specifiche solo in un certo numero dei soggetti esaminati. Negli adulti con epilessia, una singola registrazione mostra anomalie nel 29-38% dei casi, se ripetuta si può raggiungere il 59-77%, ma oltre la quinta registrazione l’incremento dell’informazione è modesto. Esistono anche falsi positivi, in quanto l’1,8-4% della popolazione che non ha mai avuto crisi epilettiche, può avere un’attività EEG di tipo epilettiforme. La specificità dell’EEG è almeno del 96% mentre la sensibilità raggiunge rispettivamente il 29 e 59% alla prima registrazione e dopo registrazioni ripetute. La percentuale di positività dell’EEG intercritico è comunque in funzione della prevalenza dell’epilessia nella popolazione esaminata (1, 109-119). La possibilità di rilevare anomalie specifiche con l’EEG di routine aumenta fino al 90% con la durata della registrazione, l’esecuzione di prove di attivazione (iperventilazione, stimolazione luminosa intermittente), ma soprattutto deprivazione di sonno e registrazione durante il sonno (111). Tuttavia nella letteratura l’effetto attivante del sonno non è quantitativamente ben definito e spesso confuso con l’effetto di registrazioni ripetute o con la deprivazione di sonno. Ancor meno studiato è l’effetto di tali metodiche di attivazione, nei soggetti sani. La polisonnografia trova una particolare indicazione nelle forme di epilessie idiopatiche del bambino e dell’adolescente, nella sindrome di Lennox-Gastaut, nella sindrome delle punte-onde continue durante il sonno e nelle epilessie parziali dell’adulto. Nella sindrome di West, il pattern 25 della ipsaritmia varia in funzione del ciclo sonno-veglia. Gli stadi di sonno lento leggero rappresentano una fase del sonno con elevata incidenza di anomalie rispetto ad altre fasi, ma il relativo valore localizzatorio rispetto all’area epilettogena, è più alto nella fase REM (31). In alcuni selezionati casi in cui l’EEG di routine e l’EEG con prove di attivazione, e deprivazione di sonno, non rilevassero anomalie, è indicato il monitoraggio video-EEG a lungo termine che aumenta la probabilità di registrare anomalie intercritiche ed eventi critici (109, 110). L’EEG di routine in caso di specifiche necessità di diagnosi differenziale dovrebbe includere, a seconda delle esigenze, canali poligrafici per l’elettrocardiogramma, l’attività respiratoria e l’attività muscolare (109). La poligrafia ha una complessità variabile in relazione al numero di gruppi muscolari registrati e costituisce l’esame neurofisiologico di scelta nelle sindromi miocloniche generalizzate (epilessie miocloniche) o focali (sindrome di Kojewnikow) (31). Sul piano prognostico l’EEG può fornire indicazioni utili. La presenza di anomalie epilettiformi registrate poche ore o poche settimane dopo una prima crisi epilettica, rappresenta un fattore di rischio per una seconda crisi, se non trattata, a differenza dei pazienti che non mostrano anomalie epilettiformi o con EEG normale. Studi effettuati su popolazioni di bambini (119-122) ed adulti (123-125) mettono in evidenza che l’EEG eseguito entro le prime 24 ore da una prima crisi offre un’elevata possibilità di rilevare anomalie, anche se deve essere tenuto presente che nelle prime 24-48 ore, c’è un’alta probabilità di evidenziare anomalie transitorie (rallentamento post-ictale) e quindi da interpretare con cautela. L’EEG eseguito a distanza da una prima crisi non risulta, invece, predittivo del rischio di ricorrenza (47, 123, 126). Nei bambini, l’EEG mostra anomalie con maggior frequenza rispetto agli adulti (91). La presenza di anomalie generalizzate si associa ad un maggior rischio di ricaduta, rispetto ad anomalie focali (124). Questi aspetti devono essere presi in considerazione nel consigliare l’inizio della terapia dopo una prima crisi. Nel caso di crisi ripetute l’EEG può fornire ulteriori informazioni se le crisi mostrano un cambiamento nel tipo e nella frequenza (110). Il valore prognostico dell’EEG in caso di sospensione della terapia, è controverso e considerato di secondaria importanza rispetto ad altri fattori clinici (127-129). Una recente revisione metanalitica ha messo in evidenza che solo 7 studi su popolazioni pediatriche erano in grado di fornire elementi per un corretto timing d’interruzione della terapia antiepilettica. Tra i parametri sfavorevoli emergeva la presenza di un EEG anormale e la presenza di crisi parziali. Non vi erano evidenze sufficienti, invece, circa il ruolo dell’EEG per le epilessie generalizzate dell’infanzia e per la popolazione adulta (130). 26 2. Strumentazione e materiali La diagnostica elettroencefalografica in epilettologia richiede un minimo di 21 elettrodi, collocati secondo il Sistema Internazionale 10-20. Per le epilessie parziali sono richiesti strumenti con almeno 16 canali, mentre per le epilessie generalizzate il numero può essere anche ridotto. I montaggi disponibili devono includere i bipolari, longitudinali e trasversali, e referenziali (ad esempio con gli elettrodi di ciascun emisfero riferiti al lobo auricolare omolaterale). Una particolare attenzione deve essere posta nel rispettare l’equidistanza e la simmetria tra elettrodi per evitare false differenze in ampiezza. Gli elettroencefalografi digitali permettono di applicare in replay montaggi diversi ad una stesso esame, ma ciò non deve indurre a diminuire il tempo di registrazione (almeno 30 min. liberi da artefatti) in quanto si riduce anche la possibilità di registrare potenziali patologici. E’ auspicabile che si raggiunga uno standard nei montaggi impiegati nei diversi laboratori per facilitare la lettura ed il confronto tra materiale proveniente da fonti diverse. I parametri di acquisizione sono stabiliti da linee guida internazionali. E’opportuno evitare filtri per l’attività muscolare ed il notch, in quanto si incorre nel rischio di alterare la morfologia dei parossismi rapidi e di perdere, p., le punte di bassa ampiezza. La velocità di scorrimento deve essere di 15 e 30 mm/sec, tenendo presente che le basse velocità possono limitare la visualizzazione di potenziali lenti o la valutazione di minime asimmetria interemisferiche (109). 3. EEG in età pediatrica a. Pretermine Le condizioni del paziente dovrebbero essere chiaramente indicate all’inizio e durante il corso della registrazione. Nonostante le dimensioni ridotte della testa, il numero di elettrodi deve essere pari almeno a 9, con montaggi bipolari longitudinali e trasversali. E’ preferibile utilizzare elettrodi a coppetta e applicati con pasta o collodio; le impedenze devono essere monitorizzate durante la registrazione. In relazione alla presenza di frequenti artefatti ambientali ed alla peculiarità dei pazienti, è utile ridurre al massimo la lunghezza dei cavi elettrodici, avvicinando la testina di preamplificazione alla testa del paziente e registrare, ove necessario, anche canali poligrafici per l’elettro-oculogramma, l’elettroencefalogramma, l’elettromiogramma e il respiro. La registrazione deve comprendere fasi di veglia e sonno, con durata pari ad almeno 1 ora. La reattività deve essere esplorata mediante stimolazione luminosa ripetitiva, stimoli somato-sensoriali (tapping) ed uditivi (109, 131). 27 b. Neonati e bambini Anche in questa fascia di età è utile segnalare le condizioni del paziente all’inizio e durante il corso della registrazione. Il numero di elettrodi deve essere il maggiore possibile e simile a quello dell’età adulta, in quanto aumenta la possibilità di esplorare diverse aree cerebrali. Poiché i bambini tendono a muoversi molto, risulta spesso utile utilizzare elettrodi a coppetta, applicati con pasta o collodio, monitorizzando le impedenze durante la registrazione. La registrazione deve comprendere periodi con occhi chiusi alternati a periodi con occhi aperti e, fasi di veglia e sonno, possibilmente spontaneo, per aumentare la quantità di informazioni e ridurre gli artefatti (109, 131). In età pediatrica, secondo alcuni autori, fino al 40% dei pazienti con epilessia che si rivolgono allo specialista, presentano dubbi interpretativi con sole registrazioni EEG standard intercritiche. In questi casi è spesso necessario registrare gli episodi dubbi tramite una long-term video-EEG monitoring che consente di valutare, simultaneamente, l’evento clinico e l’EEG (111). 4. Metodiche di registrazione La registrazione standard deve iniziare con la calibrazione seguita da prove di apertura-chiusura e blink oculari (indicati sui tracciati), per il riconoscimento di artefatti da movimenti oculari nel corso della registrazione. Un utile metodo per il riconoscimento di ritmi delle aree centrali motorie è l’apertura-chiusura indipendente, della mano destra e sinistra. Le procedure di attivazione correnti sono: ¾ l’iperventilazione (Hp) per 3 min., seguita da almeno 2 min. di registrazione senza attivazioni, da ripetere se priva di effetti e se il quesito clinico è di epilessia con assenze. La risposta alla Hp dipende dalla partecipazione del paziente e dalla maturazione cerebrale. Un’eccessiva ipersincronizzazione deve porre il sospetto di ipoglicemia. ¾ la stimolazione luminosa intermittente (SLI) deve essere effettuata in treni successivi di 10 sec., intervallati da almeno 7 sec. Ciascuna sequenza di flash comprende 5 sec. ad occhi aperti seguiti da 5 con occhi chiusi. La lampada deve essere posta ad una distanza di 30 cm. circa. La SLI non deve essere effettuata durante o prima di 3 min. dalla Hp. Le frequenze ideali sono 1, 2, 4, 6, 8, 10. 12, 14, 16, 18, 20, 60, 50, 40, 30, 25. Alcuni strumenti non hanno un ampio spettro di frequenze luminose per cui molti laboratori adottano sequenze ridotte, incorrendo nel rischio di falsi negativi. La SLI deve essere interrotta allorché il paziente avverte una sensazione di malessere o compare un’attività epilettiforme sull’EEG. 28 ¾ il sonno aumenta la possibilità di registrare anomalie epilettiformi e può essere richiesto quando l’EEG standard non mostra alterazioni, nonostante sussista un fondato sospetto clinico per epilessia, in particolare per un’epilessia focale. Va ricordato che la deprivazione di sonno, impiegata come mezzo di attivazione o per indurre un sonno spontaneo, può favorire l’insorgenza di crisi. Sostanze ipnoinducenti vengono talora usate in soggetti poco collaborativi o quando il sonno non viene raggiunto spontaneamente, ma possono alterare l’EEG (attenuazione di parossismi od induzione di attività rapida). ¾ la deprivazione di sonno. Negli adulti questo tipo d’attivazione dovrebbe comprendere l’intera notte, mentre per i ragazzi sopra i 12 anni deve essere il massimo possibile. In molti laboratori, viene richiesto ai pazienti una deprivazione parziale, che risulta sufficiente se gli ambienti offrono un buon isolamento e confort e la registrazione avviene nella fase postprandiale. La registrazione deve contenere fasi di veglia, sonnolenza, ed almeno 40 min. di sonno (possibilmente con stadi 1 e 2). Oltre all’EEG, vanno acquisiti elettrocardiogramma, elettromiogramma submentoniero, elettrooculogramma, talora respirogramma, per escludere artefatti oculari sulle aree frontali e ottenere uno staging del sonno. La poligrafia consente di affinare le correlazioni fra gli eventi motori registrati in periferia mediante l’elettromiogramma di superficie e gli eventi cerebrali registrati dall’EEG. In particolare trova indicazione nell’individuazione del mioclono epilettico. ¾ la polisonnografia per l’intera notte, trova indicazione per la diagnosi di eventi notturni e per differenziarli da eventi non epilettici; in tali casi è opportuno associare la video-registrazione (109). 5. Monitoraggio EEG e video-EEG Nel caso che registrazioni EEG standard o con attivazioni non producano elementi utili alla diagnosi si deve procedere, in casi selezionati, con registrazioni di lunga durata che possono andare da alcune ore sino a diversi giorni o settimane. Questo tipo di esame può essere effettuato con strumenti portatili, al proprio domicilio od in regime di ricovero, quando vi sia un elevato rischio di crisi o nel caso si voglia osservare in modo più definito, anche gli aspetti comportamentali. La registrazione ambulatoriale (EEG dinamico o ambulatoriale) ha il vantaggio di essere effettuata durante attività abituali, ma contiene molti artefatti, che vengono in genere annullati allorché il paziente si corica. L’esame è particolarmente utile per quantificare l’attività parossistica soprattutto in pazienti con epilessie generalizzate o con crisi che sopraggiungono in situazioni particolari non riproducibili in laboratorio. 29 Altra metodica è la video-EEG, utilizzata per esaminare in sincronia comportamento ed attività bioelettrica cerebrale. Questa può essere applicata per alcune ore in pazienti con crisi frequenti od impiegata per lo studio long-term video-EEG monitoring, nei casi in cui è richiesta una diagnosi differenziale tra crisi e pseudocrisi o per studi pre-chirurgici (15, 132, 133). Per quest’ultima applicazione è necessario un particolare training del tecnico di Neurofisiopatologia, che deve, oltre ad essere in grado di operare un montaggio soddisfacente con elettrodi con il collodio, seguire il paziente nel corso della registrazione e testare lo stato neurologico (livello di coscienza, vigilanza, linguaggio, etc.) e trascrivere i segni clinici (tono muscolare, mioclonie, movimenti distonici o altre modificazioni motorie positive o negative, deficit del campo visivo, segni vegetativi, etc.) durante gli eventi critici, oltre che nel corso di attività EEG patologica apparentemente senza equivalente clinico (109). 6. EEG digitale e jerk back averaging Per ovviare alla soggettività dell’analisi visiva, è stata proposta una quantificazione dei diversi parametri dell’ EEG. Tuttavia la loro applicazione clinica, a seconda del tipo di esame, non è ancora entrata nella routine diagnostica per motivi diversi, quali la mancanza di una validazione, la complessità tecnica e la relativa rarità dei casi che necessitano di tali indagini. Le tecniche del dipolo sono le più promettenti. Il modello matematico che rende conto in modo ottimale dell’attività intercritica è rappresentato sotto forma di uno o più dipoli equivalenti inscritti in coordinate tridimensionali in una sfera che rappresenta la testa del paziente. Le coordinate possono essere riportate sulla RM del soggetto. Si realizza in questo modo un approccio non traumatico di riconoscimento della sorgente del segnale, che integrata con altri segnali di neuroimaging, può essere utilizzata nel pianificare gli interventi di neurochirurgici e per migliorarne efficacia e sicurezza (134). Tali metodiche, tuttavia, sono ancora a livello sperimentale e non sono incluse negli standard per la selezione dei pazienti candidati alla neurochirurgia (15, 135). La tecnica di jerk back averaging, praticata sempre più spesso dopo l’avvento delle registrazioni digitali, consente di affinare le correlazioni fra gli eventi motori registrati in periferia mediante l’elettromiogramma di superficie e gli eventi cerebrali registrati dall’EEG. In particolare nelle mioclonie di origine corticale consente il calcolo delle latenze fra il potenziale cerebrale e il suo correlato muscolare periferico. Nel caso di mioclonie corticali o sottocorticali è possibile l’estrazione progressiva, a partire dall’attività di base, di un potenziale correlato di bassa ampiezza, assente o mal definito nel corso dell’analisi visiva normale (136, 137). 30 7. Potenziali evocati I potenziali evocati vengono registrati come l'EEG con elettrodi di superficie posizionati sulla testa e consistono nella reazione elettrica a determinati stimoli sensitivi. Questi potenziali sono normalmente non riconoscibili in quanto hanno un voltaggio molto basso e sono mascherati dall'attività EEG. Con una particolare tecnica (ripetizione degli stimoli e sovrapposizione elettronica o averaging dei singoli tracciati ottenuti) si riesce a filtrare il segnale dei potenziali evocati dal tracciato EEG. I potenziali evocati vengono utilizzati in epilettologia per determinare l’eccitabilità corticale. In particolare sono di particolare rilevanza diagnostica i potenziali evocati somestesici nelle epilessie miocloniche progressive e nelle epilessie parziali idiopatiche per individuare componenti evocate di ampiezza gigante (138, 139). I potenziali evocati multimodali possono essere, inoltre, utili nell’iter prechirurgico dell’epilessia per individuare aree corticali di interesse funzionale (p.e. per definire l’area sensitivo-motoria quando i potenziali evocati sono associati alla stimolazione magnetica transcranica ed alla risonanza magnetica funzionale). 8. Stimolazione magnetica transcranica La stimolazione magnetica transcranica è una procedura durante la quale l’attività elettrica del cervello è influenzata da un campo magnetico temporaneo. La stimolazione magnetica transcranica è una metodica d’indagine non invasiva che permette, tramite la somministrazione di impulsi magnetici, di verificare l’integrità funzionale delle vie motorie centrali e di studiare la localizzazione e le connessioni di aree corticali. Nel campo dell’epilessia la stimolazione magnetica transcranica trova alcuni specifici campi di applicazione nello studio dell’eccitabilità corticale e nella determinazione della dominanza emisferica per il linguaggio (140). 9. Magnetoelettroencefalografia La magnetoelettroencefalografia rileva i campi magnetici prodotti da correnti elettriche all’interno della corteccia cerebrale. Tale metodica si sta rivelando utile nello studio della localizzazione dei focolai epilettici, soprattutto di quelli posti in profondità (140). Tuttavia la sua applicabilità nella selezione e nell’inquadramento dei pazienti candidati ad un intervento di chirurgia delle epilessie è ancora da definire (15, 135). 31 10. Referto EEG Un referto completo, oltre alla semiologia EEGrafica, deve contenere elementi clinicamente utili e coerenti al quesito posto dal medico richiedente. Il report dovrebbe indicare: ¾ lo stato del paziente, i problemi neurologici ed internistici, la terapia e, se disponibili, l’obiettività neurologica e le indagini neuroradiologiche; ¾ il numero di elettrodi, gli elettrodi speciali, lo stato di coscienza del paziente nel corso della registrazione, le attivazioni eseguite e gli eventuali artefatti; ¾ la descrizione dell’EEG inerente il ritmo postcentrale, l’attività di fondo, asimmetrie, attività epilettiformi od altre attività patologiche, effetti delle manovre di attivazione; ¾ una conclusione che correli il pattern EEG ad un contesto clinico, possibilmente al quesito clinico ed alla eventuale prognosi (109). La terminologia nel referto deve attenersi al glossario proposto dalla International Federation of Clinical Neurophysiology (142). 11. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 4-1: Nel sospetto di crisi epilettiche l’EEG è utilizzato a scopo diagnostico per differenziare una crisi epilettica da altri eventi non epilettici, per definire il tipo di crisi e di sindrome e per stabilire la prognosi del disturbo. Tale esame può, inoltre, fornire indicazioni circa la necessità di effettuare successivi studi di neuroimmagine ed influenzare, così, la gestione del paziente. Sintesi 4-2: La specificità dell’EEG è alta (>95%) mentre la sensibilità raggiunge valori superiori al 50% solo dopo registrazioni ripetute. La percentuale di positività dell’EEG intercritico è comunque in funzione della prevalenza dell’epilessia nella popolazione esaminata (più alta nel bambino). In un paziente con una prima crisi epilettica l’esecuzione di un EEG è indicata: Raccomandazione 4.1 (Grado C) Per definire l’eziologia del disturbo e per stabilire la presenza di un’eventuale sofferenza cerebrale Raccomandazione 4.2 (Grado C) Per definire il tipo di crisi e di sindrome 32 Raccomandazione 4.3. (Grado C) In caso di negatività di un primo EEG e di dubbio inquadramento diagnostico è indicato che la modalità d’esecuzione di un nuovo esame sia consigliata da medici esperti. In un paziente con epilessia nota l’esecuzione di un EEG è indicata solo: Raccomandazione 4.4 (Grado C) Per definire la presenza di crisi subcliniche o valutare una variazione della semiologia delle crisi Raccomandazione 4.5 (Grado C) Per definire un’eventuale tossicità della terapia farmacologia Raccomandazione 4.6 (Grado C) Per valutare l’efficacia della terapia nelle crisi di assenza e in alcune encefalopatie epilettiche (p.e. sindrome di West). Raccomandazione 4.7 (Grado C) Soprattutto per l’età pediatrica il pannel di esperti di queste linee guida considera indicato eseguire un EEG per valutare il rischio di ricaduta durante la sospensione della terapia antiepilettica. Raccomandazione 4.8 (Grado C) L’esecuzione d’indagini EEG complesse (polisonnografia, EEG dinamico, video-EEG, long term video-EEG monitoring) è indicata solo in casi selezionati da medici esperti per ottenere una diagnosi differenziale tra crisi epilettiche e non epilettiche o per definire più precisamente il tipo di crisi e d’epilessia. Raccomandazione 4.9 (Grado C) La registrazione delle crisi epilettiche tramite long term video-EEG monitoring è indicata solo nei casi selezionati da medici esperti nell’ambito di una valutazione prechirurgica sia per la localizzazione dell’area epilettogena che per distinguere le crisi epilettiche dagli eventi non epilettici. Altre esplorazioni neurofisiologiche sono da considerarsi integrative per: Raccomandazione 4.10 (Grado C) 33 Confermare la diagnosi di alcune forme di epilessia con alterazioni neurofisiologiche specifiche (p.e. jerk back averaging e potenziali evocati somestesici nell’epilessie miocloniche) Raccomandazione 4.11 (Grado C) Definire aree funzionali corticali nella diagnostica prechirurgica (p.e. potenziali evocati multimodali, stimolazione magnetica transcranica, dipolo-EEG, magnetoencefalografia). 34 V. Immagini cerebrali Le metodiche di imaging consentono oggi l’acquisizione di dati morfologici e funzionali per l’identificazione delle anomalie strutturali e le alterazioni di funzione dell’encefalo. 1. Metodiche morfologiche Le metodiche morfologiche comprendono, in età neonatale fino all’incirca i 18 mesi di età epoca in cui le fontanelle craniche si chiudono, l’ecografia transfontanellare, la Tomografia Computerizzata (TC) e la Risonanza Magnetica (RM). L’ecografia transfontanellare esplora l’encefalo avvalendosi della finestra acustica costituita dalla fontanella anteriore. Più recentemente sono stati considerati altri approcci oltre a quello transfontanellare quali, ad esempio, il retromastoideo. Nei pazienti con presenza di discontinuità ossee relative a pregressi traumi o accessi neurochirurgici la tecnica ecografica può essere utilizzata anche nella popolazione adulta. Altro impiego delle metodiche ecografiche è quello in sede operatoria dove vengono utilizzate per il repere di piccole focalità sottocorticali. Accanto al dato puramente morfologico possono essere impiegate le tecniche che misurano la velocità del flusso ematico (doppler, ecocolordoppler, power doppler) nei vari distretti encefalici, la cui riduzione, o il cui aumento in caso di malformazioni vascolari, possono essere correlate alla zona epilettogena (143-147). L’ecografia non permette, però, con completezza l’analisi strutturale dello sviluppo corticale, ed è scarsamente sensibile nel rilevare precoci alterazioni alla base di eventuali encefalopatie metaboliche epilettogene. La TC è oggi considerata metodica rapida e sicura. Consente diagnosi di un processo espansivo neoplastico ed è in grado di evidenziare anomalie vascolari (p.e. aneurismi del circolo encefalico o malformazioni arterovenose) tramite le acquisizioni di angiografia TC. La sensibilità di questa metodica nell’evidenziare e nel precisare displasie corticali è bassa mentre è alta nel rilevare la presenza di calcificazioni parenchimali come quelle riscontrabili nella sclerosi tuberosa, nelle infezioni da citomegalovirus o in alcune malattie metaboliche come ad esempio la sindrome di Cockhaine (143, 144, 91, 148-151). Nella valutazione di anomalie vascolari o nel sospetto di processi espansivi è necessaria l’indagine dopo somministrazione di mezzo di contrasto endovena. I mezzi di contrasto iodati non ionici oggi in commercio consentono, grazie alla loro bassa osmolarità, l’impiego in tutte le situazioni, fatta salva la cautela nei casi di insufficienza degli emuntori parenchimali o nel caso di diatesi allergiche per le quali deve essere fornita all’operatore adeguata informazione per la necessaria preparazione. 35 In pediatria l’impiego di radiazioni ionizzanti è generalmente sconsigliato (lo prevede anche il decreto legislativo 187/2000) qualora vi siano altre metodiche che possano fornire l’indirizzo diagnostico senza l’impiego di dette radiazioni. Pertanto in età pediatrica la TC (diretta) viene richiesta generalmente in seconda istanza per la ricerca di eventuali calcificazioni endocraniche, non sempre rilevabili allo studio con RM (143). L’impiego della TC in pediatria e in età adulta è indicato nelle situazioni di urgenza-emergenza, qualora si consideri possibile che sia necessario un intervento chirurgico immediato, nella traumatologia importante e nella ricerca di emorragie subaracnoidee, per le quali la metodica è particolarmente sensibile (144, 148-151). Con la TC possono essere eseguiti studi di perfusione in fase ictale e postictale nell’ambito di pochi secondi o minuti tramite la studio del mean transit time del mezzo di contrasto somministrato per vena e la valutazione del rCBF e del Rcbv. La RM è da considerarsi la metodica di scelta nella valutazione delle sindromi epilettiche per la sua alta sensibilità anche se a fronte di una specificità non alta. Nei pazienti con epilessia, con questa metodica, possono essere identificate alcune lesioni strutturali non identificate alla TC. Esse includono molti casi di sclerosi mesiale temporale, un numero significativo di displasie corticali e un piccolo numero di altre lesioni che includono alcuni tumori del lobo temporale e gli angiomi cavernosi (1, 91, 152-173). La RM permette di evidenziare la tipologia dello sviluppo corticale, sia sotto sia sopratentoriale, lo stato della mielinizzazione durante l’età dello sviluppo e le sue alterazioni sia di maturazione sia conseguenti a danni vascolari, tossici, metabolici o genetici. Per la valutazione dello sviluppo corticale e delle sue anomalie sono indicate le tecniche a strato sottile nelle sequenze tipicamente morfologiche, e cioè T1 dipendenti. Lo studio con le tecniche gradient echo volumetriche consente un’analisi fine della morfologia corticale permettendo ricostruzioni multiplanari, e il 3D rendering. Secondo le varie ditte produttrici di apparecchi di Risonanza vengono denominate con diversi acronimi, indicanti tuttavia la stessa tipologia di immagine: SPGR, MP-RAGE, 3D- T1 FFE etc. Le sequenze non in tecnica 3D utilizzabili in cui esiste un alto contrasto tra sostanza bianca e sostanza grigia, in particolare per il rilievo di focolai di eterotopia neuronale, sono le sequenze FSE – IR (inversion ricovery). Per la valutazione delle aree focali di alterato segnale quali, ad esempio, nelle displasie tipo Taylor, nelle distrofie muscolari congenite, negli astrocitomi, etc., le sequenze T2 sono più sensibili sia nella versione classica delle sequenze a doppio echo in densità protonica (DP) che in quelle a lungo echo T2 dipendenti, sia nelle sequenze FSE T2 dipendenti o nelle sequenze FLAIR, con annullamento del segnale proveniente dal liquor. 36 La somministrazione di mezzo di contrasto è richiesta tutte le volte che vi sia il sospetto di un’alterazione di barriera su base infiammatoria, vascolare, infettiva o neoplastica. Le controindicazioni all’impiego della RM sono le compromesse capacità vitali che richiedano l’impiego di numerose linee vitali essenziali, la presenza di stimolatori elettronici e tutto ciò di ferromagnetico presente all’interno dell’organismo. L’impiego di tecniche ultraveloci consente, tuttavia, l’acquisizione di scansione nei tre piani dello spazio in un tempo inferiore al minuto e può costituire una metodica di screening veloce alternativa alla TC. In particolare l’impiego delle acquisizioni in diffusione permette di evidenziare le aree di alterata mobilità e diffusione delle molecole d’acqua conseguenti al blocco delle pompe di membrana (diffusione isotropica). La durata delle acquisizioni in DWI è dell’ordine di poche decine di secondi e consente di evidenziare alterazioni parenchimali in fase acuta più precocemente delle altre metodiche (2 ore). L’estensione delle alterazioni può essere tuttavia sopravalutata rispetto all’alterazione definitiva. L’impiego della perfusione in RM si avvale di due metodiche, una corrente e l’altra sperimentale. La metodica corrente si basa sull’utilizzo di mezzo di contrasto somministrato in vena in bolo e dell’impiego di sequenze echoplanari ad alta risoluzione temporale, consentendo così lo studio della dinamica vascolare. La metodica sperimentale, denominata Arterial Spin Labelling, consente di marcare magneticamente gli eritrociti e di seguirne il percorso intracranico, permettendo studi di perfusione senza l’impiego di mezzo di contrasto. La spettroscopia in RM permette di valutare la presenza di marcatori metabolici del pool neuronale (NAA), del pool delle membrane (Cho) e del pool gliale (mI), riferita più frequentemente alla Cr, la cui stabilità di concentrazione consente di considerarla come referente interno. I pazienti epilettici evidenziano una riduzione dei valori medi di NAA ed un incremento dei valori di Cho con conseguente diminuzione del rapporto NAA/Cho + Cr rispetto alla popolazione normale. La spettroscopia protonica può contribuire alla definizione della lateralità del focus epilettico e alla identificazione della patologia bilaterale. La spettroscopia con altri metaboliti quali il glutammato, il GABA ed altri neurotrasmettitori sono oggetto di studio (174, 175). La RM funzionale (fMRI) consente attraverso la tecnica BOLD, di valutare l’eventuale attivazione, o deattivazione, metabolica di aree corticali attraverso la somministrazione di paradigmi specifici. L’impiego clinico maggiore nell’epilessia è quello di valutare la funzionalità di varie aree corticali in pazienti candidati alla chirurgia (15, 135). 37 2. Metodiche funzionali La SPECT e la PET sono due metodiche funzionali che dovrebbero essere utilizzate nei pazienti con epilessia solamente quando vi è un’indicazione chirurgica (176, 177). Per quanto riguarda la SPECT gli studi intercritici non consentono un’affidabile localizzazione del focolaio epilettogeno, mentre è accurato nella individuazione del focolaio lo studio SPECT durante la fase critica in caso di crisi focali non precisamente localizzabili. Questo non è di facile realizzazione dato che l’iniezione del tracciante deve avvenire esattamente all'esordio della crisi e quindi in fase di monitoraggio continuo. Le immagini ottenute in corso di crisi devono essere comparate con gli studi effettuati in fase interictale per evidenziare modificazioni anche di grado modesto. La coregistrazione delle immagini SPECT con quelle RM può aumentare le capacità localizzatorie. Per quanto riguarda la PET attualmente solo gli studi intercritici effettuati con FDG e con Flumazenil si sono dimostrati markers affidabili per la localizzazione del focolaio epilettogeno. Sebbene con la PET si possano ottenere dati quantitativi del metabolismo del glucosio è più importante misurare l'utilizzazione relativa del glucosio nelle regioni sospettate di essere epilettogene comparandole con le regioni controlaterali. In tali situazioni appare utile monitorare l’EEG durante la fase di uptake cerebrale di FDG (15, 135, 150, 170-172, 176, 177). 3. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 5-1: La RM dell’encefalo è l’esame di scelta per l’identificazione di lesioni strutturali cerebrali. Nelle situazioni acute e nei pazienti scarsamente collaboranti, o che presentino controindicazioni all’esecuzione di una RM, la TC cranio rappresenta una valida alternativa. L’utilizzo di mezzi di contrasto aumenta la sensibilità di tali metodiche nell’identificare anomalie vascolari o processi espansivi. Nei neonati l’ecografia transfontanellare è considerato l’esame iniziale più opportuno. La TC è particolarmente utile quando si ricerchino eventuali calcificazioni endocraniche, non sempre rilevabili dalla RM. Raccomandazione 5.1 (Grado C) L’esecuzione di una RM è indicata per definire l’eziologia delle crisi epilettiche soprattutto nelle seguenti situazioni: ¾ esordio in qualsiasi età di crisi focali sulla base della storia o dell’EEG; 38 ¾ esordio di crisi inclassificabili o apparentemente generalizzate nel primo anno di vita o nell’adulto; ¾ presenza di un deficit focale neurologico o neuropsicologico persistente; ¾ difficoltà ad ottenere il controllo delle crisi con farmaci di prima scelta; ¾ perdita del controllo delle crisi con i farmaci o variazioni nel pattern delle crisi che induca il sospetto di una malattia progressiva. Raccomandazione 5.2 (Grado C) In un paziente con crisi epilettiche od epilessia una valutazione tramite TC o RM è indicata come urgente in presenza di: ¾ un deficit neurologico postictale che non si risolve rapidamente e non è sostenuto da una causa metabolica evidente; ¾ storia di trauma recente, cefalea persistente, neoplasia, disturbi della coagulazione, stati d’immunodeficienza. Sintesi 5-2: Le immagini funzionali RMf, SPECT e PET forniscono informazioni circa il metabolismo ed il flusso cerebrale. Esse possono essere utilizzate nello studio dei disturbi epilettici ma sono di limitata utilità clinica nella maggioranza dei pazienti con epilessia. Esse hanno un importante ruolo complementare nello studio dei pazienti candidati ad un intervento chirurgico. Raccomandazione 5.3 (Grado C) L’esecuzione d’immagini funzionali (RMf, SPECT e PET) è ottimale in pazienti valutati da medici esperti quando, in una prospettiva chirurgica, vi siano dubbi circa l’area di origine delle crisi o per valutare specifiche funzioni cerebrali a rischio durante l’intervento. 39 VI. Indagini di laboratorio e genetica 1. Indagini di laboratorio Nel bambino, e probabilmente anche nell’adulto, in fase diagnostica iniziale gli esami ematochimici routinari (emocromo, glucosio, elettroliti, calcio, magnesio, azoto, creatinina, transaminasi) non appaiono indispensabili in tutti i casi ma dovrebbero essere sempre effettuati in presenza di una storia, o del riscontro clinico, di una malattia che si associa a vomito, diarrea, disidratazione, o difficoltà nel tornare allo stato di coscienza precedente (91, 178-180). Possono essere di una qualche utilità nella diagnostica differenziale tra crisi epilettiche ed eventi non epilettici la determinazione dei livelli plasmatici di creatininchinasi (elevati nel caso di una crisi tonico-clonica, normali nella sincope), il dosaggio della prolattina (può essere elevata in caso di crisi epilettica tonico-clonica, mai elevata nell’isteria), e la determinazione dell’equilibrio acidobase (è possibile il riscontro di un’acidosi sistemica nel caso di una crisi convulsiva) ma nessuno di questi test è sufficientemente affidabile da poter essere utilizzato di routine (91). Nei parametri pratici per l’esecuzione di una rachicentesi riportati dall’AAN non vi è, sia nei bambini sia negli adulti, indicazione che derivi dalla presenza di sole crisi non febbrili. In un soggetto che presenti una prima crisi epilettica una rachicentesi dovrebbe essere eseguita solo nel sospetto di una meningite o di una encefalite (91, 181-182). In caso di una prima crisi uno screening tossicologico dovrebbe essere effettuato, a prescindere dall’età del soggetto, quando vi sia un qualsiasi sospetto d’assunzione di farmaci o di abuso di sostanze (91). Esami specifici alla ricerca di un’eventuale patologia del metabolismo devono essere riservati alle forme di epilessia che, per tipo di manifestazioni critiche, per caratteristiche elettroencefalografiche, per eventuale associazione di arresto/regressione o di ritardo di sviluppo psicomotorio e/o per presenza di una facies particolare, inducono a sospettare che si tratti di forme sintomatiche di patologie cerebrali. In particolare una malattia metabolica ereditaria dovrebbe essere presa in considerazione in presenza di un bambino con crisi epilettiche intrattabili, spasmi infantili, crisi miocloniche, micro o macrocefalia, consanguineità, morti non spiegate nella fratria (p.e. SIDS), disturbo neurologico simile e/o ritardo mentale in un fratello o in parenti stretti, episodi ricorrenti di perdita di coscienza, associazione di paresi spastica, atassia, disturbi extrapiramidali, cecità o sordità, progressione o fluttuazione dei sintomi, ritardo del linguaggio, malattia psichiatrica (183, 184). Quando una malattia metabolica si presenta in epoca neonatale, essa deve essere prontamente riconosciuta in quanto mette il neonato a rischio di vita o di danni neurologici gravi e irreversibili. 40 Si tratta, pertanto, di una vera situazione d’emergenza. Una patologia metabolica in un neonato può manifestarsi alla nascita o dopo un intervallo libero variabile che precede l’inizio dell’alimentazione, e può esprimersi mediante il manifestarsi precoce di difficoltà ad alimentarsi, diarrea, vomito, polipnea, deficit di crescita, irritabilità, ipotonia o ipertonia, turbe dei movimenti oculari, mioclono, opistotono, manifestazioni motorie afinalistiche, convulsioni, letargia, coma, acidosi metabolica, epatomegalia, singhiozzo insistente, dismorfismi. Le principali indagini di laboratorio che dovrebbero essere eseguite nella pratica clinica nel sospetto di una malattia metabolica sono: ¾ nel plasma: glucosio, ammonio, aminoacidi, acido lattico, acido piruvico, rapporto lattato/piruvato, equilibrio acido-base, elettroliti (per la valutazione del GAP anionico), acido urico, enzimi lisosomiali, (VLCFA), acidi grassi non esterificati (NEFA), spot per acil-carnitine. ¾ nelle urine: ricerca di chetoni e di sostanze riducenti, ricerca di acidi organici (nel sospetto di un’aciduria organica anche in assenza di acidosi), ricerca dell’acido orotico, test per i mucopolisaccaridi e per gli oligosaccaridi (quando l’osservazione di una facies gargoile e/o di epatosplenomegalia e alterazioni scheletriche facciano sospettare una malattia da accumulo), test della dinitrofenilidrazina (DNPH). 2. Indagini cromosomiche e genetiche In un soggetto con epilessia l’esecuzione del cariogramma, è indicata quando l’esame obiettivo pone il sospetto di un’anomalia cromosomica e quando la malattia è associata a ritardo mentale non diversamente spiegabile. Infatti patologie cromosomiche, compresa la sindrome dell’X fragile che può interessare entrambi i sessi ma è più frequente nei maschi, sono presenti in una percentuale rilevante (circa il 10%) dei soggetti con ritardo moderato o grave (185). Altre situazioni che richiedono un’indagine cromosomica sono la presenza di una storia familiare di frequenti ed inspiegate sofferenze neonatali o morti in epoca neonatale, di micro o macrocefalia e ipotonia muscolare con iporiflessia profonda, di malformazioni o dismorfismi e deficit di accrescimento staturale, e quando non sia possibile una precisa diagnosi eziologica alternativa. Nelle epilessie idiopatiche, dove è presunta un’eziologia genetica, viene segnalato un maggior rischio di sviluppo di epilessia per la fratria di un probando affetto nell’ordine del 5%, rispetto al rischio cumulativo della popolazione generale dell’1-2%. Il rischio aumenta se nella famiglia vi sono più casi affetti e se il probando presenta un tratto EEG di tipo epilettico. Il rischio per un nuovo nato da un genitore con epilessia è nell’ordine del 4-6%, più alto se è la madre ad essere 41 affetta. Nelle epilessie sintomatiche, certe o presunte, il rischio familiare è solo lievemente più alto rispetto alla popolazione generale ed attorno al 2-3 % (26, 186). In questi anni lo studio di genetica molecolare ha permesso di individuare diverse mutazioni geniche in rare forme di epilessia idiopatica con trasmissione genetica mendeliana ed in alcune gravi forme sintomatiche d’encefalopatia epilettogena quali le epilessie miocloniche progressive. Al momento sono state individuati mutazioni dei canali del potassio voltaggio-dipendenti KCNQ2 e KCNQ3 nelle crisi neonatali benigne familiari (187, 188), mutazioni del canale voltaggio dipendente SCN2A nelle crisi neonatali-infantili benigne familiari (189), mutazioni delle subunità alfa-4 e beta-2 del recettore nicotinico dell’acetilcolina nella epilessia autosomico dominante notturna del lobo frontale (190. 191), mutazioni dei canali del sodio voltaggio dipendenti SCN1A, SCN2A , SCN1B e della subunità gamma-2 del recettore GABA-A nella epilessia generalizzata con crisi febbrili plus (192-195), mutazioni del gene della subunità alfa-1 del recettore GABA-A nella epilessia mioclonica giovanile autosomica dominante (196) e mutazioni del canale del sodio voltaggio-dipendente SCN1A nella epilessia mioclonica severa dell’infanzia (197). Tali scoperte hanno fatto inserire queste forme di epilessia tra le canalopatie. Tuttavia, recentemente, l’individuazione di mutazioni del gene LGI1 o Epitempina, un gene deleto nei tumori gliali, nell’epilessia autosomico dominante temporale laterale ha evidenziato che altre strutture funzionali possono essere coinvolti nella patogenesi di queste malattie (198). Tra le epilessie miocloniche progressive segnaliamo nella malattia di Unverricht-Lundborg la presenza di mutazioni nel gene che codifica la Cistatina B (199), nella malattia di Lafora mutazioni di una proteina tirosin-fosfatasi (Laforina) (200), nella epilessia mioclonica a fibre raggiate (MERRF) mutazioni del DNA mitocondriale (201) e altre mutazioni individuate nelle più rare forme di Sialidosi e Ceroidolipofuscinosi (202). 3. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 6-1: Gli esami ematochimici routinari sono spesso normali dopo una prima crisi non provocata o non mostrano alterazioni significative correlate alla malattia. Il dosaggio della creatinchinasi, della prolattina e la valutazione dell’equilibrio acido base possono essere d’aiuto per distinguere una crisi convulsiva da un evento non epilettico ma nessuno di questi test è sufficientemente affidabile per essere utilizzato di routine per questo scopo. Raccomandazione 6.1 (Grado C) 42 L’esecuzione di esami ematochimici di routine è indicata solo quando si sospetti che la crisi sia provocata da un’alterazione metabolica soprattutto in presenza di anamnesi o di riscontro clinico di: ¾ vomito ¾ diarrea ¾ disidratazione ¾ difficoltà nel recuperare lo stato di coscienza precedente Raccomandazione 6.2 (Grado C) L’esecuzione di una rachicentesi è indicata solo se vi è il sospetto clinico che la crisi epilettica sia sintomatica di una meningite o di un’encefalite. Raccomandazione 6.3 (Grado C) L’esecuzione di esami ematochimici per uno screening tossicologico è indicato solo quando vi sia un qualsiasi sospetto d’assunzione di farmaci o di abuso di sostanze che possono aver indotto la crisi epilettica. Sintesi 6-2: La maggioranza dei pazienti con epilessia non presenta alterazioni metaboliche e/o genetiche conosciute. Raccomandazione 6.4 (Grado C) L’esecuzione di specifici test di laboratorio e di genetica è indicata solo in casi valutati da personale esperto quando si sospetti che le crisi epilettiche siano sintomatiche di una malattia associata a tali alterazioni, spesso caratterizzata anche da: ¾ resistenza al trattamento ¾ peculiare pattern EEG ¾ arresto, regressione o ritardo di sviluppo psicomotorio ¾ presenza di dismorfismi facciali o somatici Sintesi 6-3: Nelle forme più comuni di epilessia idiopatica non vi sono controindicazioni ad una nuova gravidanza anche se il rischio di sviluppare un’epilessia nel nuovo nato è maggiore rispetto a quello della popolazione generale. 43 Raccomandazione 6.5 (Grado C) In pazienti con epilessia che desiderino programmare una gravidanza è indicata una consulenza da parte di medici esperti per indicare la percentuale del rischio della trasmissione genetica della malattia e per conoscere la possibilità d’effettuare, preliminarmente, test diagnostici specifici. 44 VII. Neuropsicologia La valutazione neuropsicologica non è essenziale per la diagnosi di crisi epilettiche o di epilessia. Tuttavia può divenire utile, o anche necessaria, in relazione a specifici eventi che intervengono nel corso della vita di questi pazienti. Nell’esecuzione di ciascuna valutazione non si può prescindere dalle notizie che riguardano le crisi, la sindrome epilettica e la terapia in corso (203-206). 1. Valutazione del livello cognitivo globale Può rendersi necessario quando sia richiesto d’obiettivare un giudizio di disabilità. Non esiste un consenso sull’utilità di applicare tale giudizio, anche quando richiesto per fini d’accesso a benefici assistenziali generici, per le inevitabili ricadute negative che possono essere comunque presenti. Tali ricadute sono legate a fattori culturali e sociali riguardanti la percezione della malattia epilettica nella popolazione generale ed a fattori locali (p.e. l'atteggiamento delle commissioni di invalidità o delle commissioni militari rispetto all'equivalenza tra la condizione di invalidità o riforma e capacità di guida, o preclusione di accessi accademici o lavorativi). La valutazione cognitiva globale di un paziente con epilessia è, quindi, da considerarsi non neutrale ai fini degli esiti. Test di livello cognitivo sono inseriti in quasi tutte le batterie per l'epilessia. Le valutazioni per gruppi hanno dimostrato la presenza di una correlazione inversa tra livello cognitivo ed età di esordio delle crisi (207) mentre una correlazione più debole è stata riscontrata con il numero totale di crisi generalizzate tonico-cloniche presentate dal soggetto (208). I test più frequentemente utilizzati per la valutazione di livello sono le Matrici Progressive di Raven nelle varie forme (PM38, CPM, PM47, PM47 advanced), la WAIS-R per adulti e la versione per bambini (203-308). 2.Valutazioni di idoneità a compiti specifici. La valutazione di competenze specifiche richiederebbe, formalmente, la disponibilità di confronti di popolazione (epilessia verso non epilessia) per ogni singola attività certificata. Tali confronti sono però disponibili solo per la guida di autoveicoli (209, 210) e mancano per le altre attività professionali e ricreative. Possono essere rilevanti al fine della valutazione la stima delle risorse attentive e della memoria di lavoro, in particolare quando il giudizio d’idoneità si riferisce ad operazioni nelle quali la tempistica della risposta è critica per il risultato (211). Le abilità cognitive 45 implicate (attenzione sostenuta e divisa, suscettibilità all'interferenza, soluzione di problemi, programmazione e pianificazione) sono valutabili con strumenti standardizzati nella popolazione italiana (212). La ricerca della presenza di un disturbo cognitivo transitorio, può essere consigliata quando siano difficilmente obiettivabili le manifestazioni cliniche delle crisi, siano presenti scariche EEG relativamente frequenti e con durata <3 sec. e/o vi sia il sospetto di un disturbo cognitivo non percepito (213). Tale valutazione può richiedere l'esecuzione dei test neuropsicologici monitorizzando contemporaneamente l’EEG ed è opportuna la rilevazione di tempi di reazione semplici e con scelta, e l’esecuzione di prove di attenzione continua, sostenuta, con compiti distraenti (paradigma di Brown-Peterson). Critico il criterio di continuità del test che deve coprire un tempo sufficientemente lungo e con livelli di performance relativamente costanti. La memoria a breve termine sembra particolarmente sensibile alle scariche subcliniche (214). 3.Valutazione di disturbi soggettivi di rilevanza clinica. Il disturbo di gran lunga più frequentemente lamentato dai pazienti con epilessia è quello di memoria che spesso, se indagato, è più propriamente un disturbo di memoria di lavoro o di recupero degli item, probabilmente legato ad un deficit d’estensione della codificazione dell’informazione verbale (215). Dall'affermazione precedente deriva la necessità di non limitarsi ad esami elettivi di alcune funzioni specificatamente riferite deficitarie, ma di considerare, anche, il contributo delle altre componenti (indagine di profilo) (207). Nella valutazione di un disturbo soggettivo interferente e persistente deve essere anche considerato il possibile effetto dei farmaci antiepilettici e delle crisi paucisintomatiche o subcliniche (207, 208, 216, 217). 4.Valutazione delle competenze cognitive lobari. Questa valutazione è generalmente attinente alle procedure di trattamento chirurgico ed è orientata a valutare le abilità specifiche del soggetto in relazione sia alla patologia di organo sottostante, quando presente, che agli effetti locali ed a distanza della scarica epilettica. La localizzazione della dominanza emisferica e delle aree sensibili del linguaggio è il principale obiettivo in funzione dell'intervento (203-205, 218). 46 La valutazione neuropsicologica perichirurgica consta sia dell'esame esteso delle funzioni strumentali che di un esame di livello cognitivo. Essa è poi associata ad una valutazione neuropsicologica delle manifestazioni cliniche delle crisi che non può prescindere dalla valutazione in video-EEG. In casi dubbi la valutazione della dominanza emisferica deve essere effettuata ricorrendo al test di Wada (15, 135). L’esame neuropsicologico in funzione della chirurgica, è anche condizionato dalla necessità di valutare le variazioni indotte dall’intervento chirurgico. 5.Valutazione neuropsicologica in età evolutiva Una valutazione neuropsicologica estesa, che comprenda l’assessment dell’intelligenza, delle abilità linguistiche, mnesiche, percettive, attentive e dell’apprendimento scolastico è spesso indicata in età evolutiva. Questa ha lo scopo di stabilire un livello base di funzionamento verso il quale confrontare un eventuale cambiamento legato a fattori inerenti il paziente (età cronologica, fase di sviluppo, livello di plasticità del sistema nervoso centrale al momento dell’insorgenza dell’epilessia) e l’epilessia (patologia sottostante, tipo, gravità e frequenza delle crisi, terapia). Scopo dello studio neuropsicologico del bambino con epilessia è quindi quello di identificare il profilo del funzionamento cognitivo attraverso un’analisi delle aree di maggiore capacità e di debolezza al fine d’intervenire tempestivamente per ridurre le eventuali disabilità. La valutazione cognitiva/neuropsicologica, inoltre, dovrebbe essere svolta il più precocemente possibile e quindi anche nel bambino in fase pre-scolare, al fine di documentare l’emergenza o meno delle principali funzioni (p.e. linguaggio), tracciandone il percorso al fine di identificare sviluppi lenti, in ritardo o atipici (204-205). La valutazione del funzionamento cognitivo e adattativo dovrebbe essere rivolta a tutti i pazienti con epilessia in età pediatrica, a prescindere dall’età cronologica e dalla gravità dell’epilessia, attraverso strumenti età-specifici che, tuttavia, non sono sempre disponibili per la popolazione italiana. Pazienti d’età prescolare e pazienti gravemente compromessi, in virtù della farmacoresistenza e del quadro neuroradiologico, dovrebbero essere valutati abbastanza precocemente con scale di profilo cognitivo e di abilità comunicative globali, quali le Griffiths Developmental Scales e questionari sullo sviluppo linguistico redatti dai genitori (219). I pazienti con epilessie unilobari possono necessitare, invece, di valutazioni neuropsicologiche più selettive tese ad evidenziare anche i disturbi minimi del linguaggio, della memoria, dell’attenzione, delle abilità spaziali che però possono interferire, nelle prime fasi dell’età scolare, con l’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo. 47 Alcuni standard per la valutazione cognitiva/neuropsicologica del bambino sono stati proposti all’interno del gruppo di studio di neuropsicologia della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) (220). Le prove del protocollo neuropsicologico di primo livello sono state selezionate sulla base della loro sensibilità nel rilevare i deficit che più comunemente si associano all’epilessia in età evolutiva, alla loro congruenza con i modelli teorici cognitivistici delle funzioni mentali, alla disponibilità di dati normativi sulla popolazione italiana e alla facile reperibilità degli strumenti psicodiagnostici. Le prove forniscono informazioni sul funzionamento intellettivo e sulle funzioni cognitive di base (memoria, attenzione, percezione, linguaggio), pre-requisiti dei successivi apprendimenti. 6. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 7-1: L’esame neuropsicologico è spesso normale in pazienti con epilessia e non è utile per porre o confermare la diagnosi di crisi epilettiche. La sua esecuzione può, tuttavia, risultare necessaria in relazione a specifici eventi che intervengono nel corso della vita di questi pazienti. Nell’esecuzione di ciascuna valutazione non si può prescindere dalle notizie che riguardano le crisi, la sindrome epilettica e la terapia in corso. Nell’adulto con epilessia l’esecuzione di specifici test neuropsicologici è indicata solo come valutazione integrativa per: Raccomandazione 7.1 (Grado C) Valutazioni globali del livello cognitivo in relazione alla necessità d’individuare disabilità o comunque condizioni di svantaggio nell’ambito dell’apprendimento e del conseguimento d’obbiettivi scolastici o lavorativi Raccomandazione 7.2 (Grado C) Valutazioni d’idoneità a compiti specifici nell’ambito delle attività quotidiane, lavorative e ricreative Raccomandazione 7.3 (Grado C) Valutazione di disturbi soggettivi di rilevanza clinica (generalmente attenzione e memoria) che possono essere in relazione sia agli effetti del trattamento farmacologico, che all’occorrenza di crisi subcliniche. 48 Raccomandazione 7.4 (Grado C) Nel bambino con epilessia l’esame neuropsicologico è indicato per valutare l’interferenza della malattia sulle tappe dello sviluppo cognitivo e sull’apprendimento. Raccomandazione 7.5 (Grado C) Nel bambino e nell’adulto con epilessia l’esame neuropsicologico è indicato per la valutazione delle competenze cognitive lobari in ambito perichirurgico. 49 VIII.Terapia farmacologica 1. Quando iniziare una terapia antiepilettica La decisione di iniziare o meno una terapia antiepilettica deve tenere conto sia dei rischi derivanti dalla probabilità che altre crisi possano presentarsi che dei possibili effetti tossici (allergici ed idiosincrasici o cronici) conseguenti all’uso dei farmaci antiepilettici. Fattori psicologici e sociali devono essere attentamente valutati. E’ necessario fornire al paziente tutte le informazioni e coinvolgerlo in modo determinante in questo processo decisionale. In Allegato 17.6 sono riportati i principali farmaci antiepilettici utilizzabili in Italia. 2. Probabilità di ricorrenza dopo una prima crisi Vari studi sono stati condotti per calcolare il rischio di una seconda crisi dopo una prima crisi tonico-clonica non provocata. La variabilità dei risultati osservati, ed alcuni possibili problemi metodologici, non consentono di formulare stime assolute del suddetto rischio. Alcuni autori (46) hanno osservato che la probabilità di presentare una nuova crisi entro il quinto anno è del 30% nelle epilessie idiopatiche e del 45% nelle forme remote sintomatiche. Tuttavia, negli studi in cui il reclutamento dei pazienti era stato effettuato entro una settimana dalla prima crisi la probabilità di ricaduta risultava essere molto più elevata (fino all’80%) (88, 90). Uno studio italiano ha dimostrato che il rischio di ricaduta dopo una prima crisi tonico-clonica non provocata è ridotto dal 51% al 25% se è stata iniziata una terapia con farmaci antiepilettici (48). 3. Primo farmaco da utilizzare nelle crisi parziali e tonico-cloniche (sindromi epilettiche focali sintomatiche) Il primo studio clinico che ha confrontato quattro farmaci antiepilettici tradizionali (fenitoina, carbamazepina, primidone, fenobarbital) in pazienti adulti di nuova diagnosi (pazienti in cui per la prima volta viene deciso di trattare farmacologicamente l’epilessia) è stato eseguito nel 1985 da Mattson et al (221). In questo studio la retention analysis (una misura globale di efficacia e tollerabilità) ha evidenziato che il fenobarbital, la fenitoina e la carbamazepina hanno un rapporto efficacia/tollerabilità non significativamente diverso nel controllare le crisi tonico-cloniche mentre 50 il primidone è meno tollerato. Nel trattamento delle crisi parziali, la carbamazepina e la fenitoina risultano migliori del fenobarbital e del primidone. In uno studio successivo, anch’esso eseguito in pazienti di nuova diagnosi, il valproato è stato confrontato alla carbamazepina. E’ stato osservato che il valproato e la carbamazepina erano egualmente efficaci nel controllare le crisi tonico-cloniche secondariamente generalizzate. La carbamazepina, tuttavia, era significativamente più efficace del valproato nel controllare le crisi parziali sia semplici che complesse (222). Per alcuni dei nuovi farmaci antiepilettici (oxcarbazepina, lamotrigina, vigabatrin) sono stati eseguiti e sono stati pubblicati studi clinici in pazienti di nuova diagnosi in cui il nuovo farmaco è stato confrontato ad un farmaco tradizionale, che nella maggior parte dei casi era la carbamazepina. In uno degli studi comparativi il vigabatrin è risultato essere significativamente meno efficace del farmaco di riferimento (carbamazepina) in una delle misure primarie di efficacia (tempo intercorso tra l’inizio del trattamento e la recidiva delle crisi) (223). Nei quattro studi clinici che sono stati effettuati con la oxcarbazepina (224-227) tale farmaco è sempre risultato essere di efficacia non differente rispetto al farmaco di riferimento. Tuttavia in tre dei quattro studi, la oxcarbazepina era meglio tollerata. Per quanto riguarda la lamotrigina sono stati pubblicati cinque studi clinici (228-232). Anche in questo caso la lamotrigina è sempre risultata essere di efficacia non differente rispetto al farmaco di riferimento ma meglio tollerata. Infatti solo nello studio di Steinert et al. (232) non è stata osservata una diversa tollerabilità tra lamotrigina e fenitoina. In un recente studio, infine, la lamotrigina ed il gabapentin sono risultati essere di efficacia e tollerabilità non significativamente differente (233). Per valutare se esistono differenze significative di efficacia e/o tollerabilità tra i farmaci comunemente utilizzati come di prima scelta sono state eseguite alcune metanalisi. Sono stati valutati tutti gli studi in cui sono stati confrontati in questa popolazione di pazienti la carbamazepina con la fenitoina (234), la fenitoina con il valproato (235), la carbamazepina con il fenobarbital (236), la fenitoina con il fenobarbital (237) e la carbamazepina con il valproato (238, 239). In estrema sintesi le misure pure di efficacia (tempo intercorso tra la randomizzazione e la crisi successiva, numero di pazienti che non presentano crisi per 6 e/o 12 mesi, etc.) hanno evidenziato differenze significative solo tra la carbamazepina ed il valproato. La carbamazepina è risultata più efficace del valproato nel trattamento delle crisi parziali (239). In tutti gli altri confronti le misure di efficacia non hanno evidenziato alcuna differenza significativa tra i farmaci confrontati. La retention analysis ha evidenziato una differenza significativa solo tra carbamazepina o fenitoina e fenobarbital. I pazienti randomizzati a quest’ultimo farmaco 51 sospendevano il trattamento con maggiore frequenza rispetto ai pazienti randomizzati a carbamazepina (236) o fenitoina (237). In assenza di differenze significative sulle misure di efficacia, questo dato potrebbe essere interpretato come conseguenza di una minore tollerabilità del fenobarbital. In conclusione il fenobarbital, la fenitoina, il primidone, la carbamazepina ed il valproato sono sempre stati usati come farmaci di prima scelta nel trattamento dei pazienti di nuova diagnosi affetti da crisi parziali e/o crisi tonico cloniche secondariamente generalizzate. Per due nuovi farmaci (oxcarbazepina, lamotrigina) vi sono informazioni che complessivamente mostrano una efficacia comparabile ma in alcuni casi una migliore tollerabilità rispetto ai farmaci tradizionali. In assenza di una chiara dimostrazione di diversa efficacia, la scelta deve quindi orientarsi sulla base del criterio della tollerabilità, della facilità d’utilizzo e dei costi. Poiché la tollerabilità dei farmaci antiepilettici sembra essere diversa in diverse popolazioni (anziani, bambini, sesso femminile in particolare durante il periodo fertile) e la modalità d’utilizzo può essere condizionata dalle diverse situazioni cliniche, la scelta del farmaco più opportuno nel singolo paziente pone problemi complessi e non può essere sempre considerato di primo impiego un solo farmaco in tutte le circostanze. Bisogna anche considerare il costo che è molto più elevato per i nuovi farmaci, oxcarbazepina, lamotrigina e gabapentin, e che uno di essi, il gabapentin, non ha l’approvazione come monoterapia mentre la lamotrigina non è stata ancora approvata in Italia come monoterapia sotto i 12 anni. E’ stato recentemente pubblicato il risultato di un’indagine condotta su 50 esperti epilettologi americani (240) in cui veniva richiesto di esprimere una preferenza per il farmaco di scelta in vari contesti clinici. La carbamazepina è risultata essere il farmaco di prima scelta nel trattamento delle epilessie con crisi parziali semplici, parziali complesse e secondariamente generalizzate. La fenitoina, oxcarbazepina e lamotrigina, nell’ordine, sono stati i farmaci considerati di prima scelta subito dopo la carbamazepina. 4. Epilessie focali benigne dell’ eta’ evolutiva (sindromi epilettiche focali idiopatiche). In queste sindromi non è stata rilevata superiorità fra fenobarbital, carbamazepina e valproato o nessun trattamento (241) e l’utilizzo di un farmaco dovrebbe essere considerato solo in soggetti con crisi frequenti e/o crisi durante la veglia o quando le crisi comportino importanti problemi psicologici e di gestione all’interno della famiglia (242). I farmaci più utilizzati in queste sindromi sono la carbamazepina e il valproato (31). 52 5. Primo farmaco da utilizzare nelle crisi generalizzate (sindromi epilettiche generalizzate idiopatiche) La carbamazepina e la fenitoina non sono efficaci nel trattamento delle crisi di assenza e delle crisi miocloniche e sono poco efficaci per il trattamento delle crisi tonico-cloniche che si presentano nel contesto di una epilessia mioclonica giovanile (92-97). Non vi sono evidenze d’efficacia nelle epilessie generalizzate per la maggior parte dei nuovi farmaci quali vigabatrin, oxcarbazepina, gabapentin, felbamato, tiagabina, levetiracetam. Vi sono invece alcune osservazioni secondo cui in alcune sindromi epilettiche generalizzate alcuni farmaci possono aggravare la frequenza e/o l’intensità delle crisi (243). In particolare questo è stato osservato per la carbamazepina (244), la fenitoina (245), il vigabatrin (246), la lamotrigina (247) e la tiagabina (248). Il valproato è efficace su tutti i tipi di crisi epilettiche generalizzate e, inoltre, solo eccezionalmente è stato considerato come possibile causa di un aggravamento delle crisi (249). L’etosuccinimide è efficace per il trattamento delle crisi di assenza ma non delle crisi generalizzate (250). Anche la lamotrigina è efficace per il trattamento delle crisi d’assenza (251, 252) tuttavia tale farmaco non ha ancora in Italia l’approvazione per essere utilizzato nei pazienti con età inferiore a 12 anni. Nonostante non vi siano sicure evidenze che indichino il valproato come farmaco di prima scelta nelle epilessie generalizzate (239), la valutazione degli esperti lo considera tale in tutti i tipi di crisi generalizzate sia per quanto riguarda le forme idiopatiche che quelle sintomatiche. Sono considerati come possibile alternativa al valproato la lamotrigina ed il topiramato per il trattamento delle crisi tonico-cloniche e delle crisi miocloniche. Questi stessi farmaci sono stati, nell’ordine, considerati come possibile alternativa al valproato per il trattamento delle assenze atipiche nelle epilessie generalizzate sintomatiche. Alternative al valproato nel trattamento delle assenze tipiche delle forme idiopatiche potrebbero essere invece nell’ordine la etosuccinimide e la lamotrigina (240). 6. Epilessie generalizzate sintomatiche Nella sindrome di West, per quanto sia riportata una evoluzione favorevole spontanea nel 10% dei pazienti (253), una terapia precoce e personalizzata in rapporto alla patologia di base è quasi sempre necessaria per ottenere il controllo delle crisi e delle anomalie parossistiche elettroencefalografiche. I farmaci più efficaci sono considerati gli steroidi ed il vigabatrin. Alcuni pazienti, inoltre, possono rispondere positivamente al trattamento con valproato, benzodiazepine 53 (soprattutto nitrazepam), lamotrigina, alte dosi di piridossina, topiramato, zonisamide (254). La carbamazepina, invece, può aggravare il quadro clinico (255). Per l’utilizzo di steroidi, sono in uso vari schemi terapeutici, sia per quanto riguarda il tipo che la dose e la durata del trattamento. Sono stati pubblicati, tuttavia, solo pochi studi comparativi. In uno studio in doppio cieco (256) ACTH ad alte dosi per un ciclo di 2 settimane si è dimostrato superiore a 2 settimane di prednisone mentre un altro studio (257) precedente non aveva trovato tale differenza. La percentuale di risposta (cessazione degli spasmi) è simile sia in pazienti trattati con alte dosi di ACTH (150 U.I. m2/die) che con basse dosi (20-30 UI die) se si combinano i risultati degli studi di Hrachowy (258) e Yanagaki (259) che riportano valori di cessazione degli spasmi nei due regimi terapeutici rispettivamente del 79.5% e 76.5%. Nei due studi anche la percentuale di recidiva non varia molto in base alla dose somministrata. L’efficacia dipende anche dalla durata del trattamento (260). Dopo il primo ciclo di terapia le recidive vanno dal 33% (251) al 56% (261). Il vigabatrin è efficace negli spasmi infantili di ogni eziologia, come dimostrato da uno studio in doppio cieco versus placebo (261). Nei pazienti con sclerosi tuberosa la risposta con tale farmaco è superiore alla terapia con steroidi (263). La percentuale di soppressione degli spasmi nei casi di nuova diagnosi senza precedente ritardo psicomotorio dipende dalla eziologia. Il vigabatrin è efficace nel 90% dei casi con sclerosi tuberosa e displasia corticale focale e nel 70% dei casi criptogenici. In questa popolazione la percentuale di successo raggiunge il 100% se si aggiungono gli steroidi ai pazienti che non rispondono al vigabatrin in monoterapia (264-265). Tuttavia la durata del trattamento con vigabatrin dovrebbe essere limitata per i possibili effetti del farmaco sui campi visivi. Recenti segnalazioni suggeriscono una possibile efficacia del vigabatrin anche per trattamenti ≤ a 6 mesi (266). Nella Sindrome di Lennox-Gastaut il trattamento farmacologico è generalmente insoddisfacente ed è spesso necessaria una politerapia a causa della presenza di più tipi di crisi. Le benzodiazepine, soprattutto clobazam, e il valproato sono i farmaci consigliati dalla maggior parte degli autori. Il valproato è efficace nelle assenze; nelle assenze amiotoniche può essere utile l’aggiunta di etosuccimide. Le benzodiazepine sono efficaci in tutti i tipi di crisi incluse le crisi toniche, tuttavia l’efficacia spesso transitoria obbliga a utilizzarle alternativamente con altri farmaci (267). Alcuni dei nuovi farmaci si sono dimostrati efficaci come terapia aggiuntiva: la lamotrigina è efficace su tutti i tipi di crisi maggiori (268), il topiramato è efficace nel ridurre i drop attack e le crisi motorie (269-270), il felbamato si è dimostrato efficace (271) ma è utilizzabile solo in casi selezionati a causa del maggior rischio di grave tossicità (vedi dopo). La stimolazione vagale (272), terapie immunomodulatorie e molti tipi di dieta, inclusa la dieta chetogena, sono stati utilizzati ma non 54 esistono studi controllati (273-275). Alcuni pazienti possono essere considerati per interventi chirurgici di resezione di una lesione sottostante localizzata (276) o di callosotomia (15). 7. Crisi non classificabili Se le crisi non sono classificabili viene consigliato di iniziare il trattamento con valproato Le crisi non classificabili possono essere considerate focali sintomatiche/probabilmente sintomatiche se iniziano dopo 25 anni. In tale caso possono essere utilizzati carbamazepina o gli farmaci indicati su questo tipo di crisi (1). 8. Cosa fare se il primo farmaco è inefficace Un recente studio mostra che il 47% dei pazienti trattati con dosaggi appropriati di un farmaco antiepilettico di prima scelta riesce ad ottenere un completo controllo delle crisi (277). La probabilità di non rispondere alla terapia iniziale è in relazione a molti fattori, ma soprattutto varia in relazione alla sindrome di cui il soggetto è affetto. In caso di non risposta al primo farmaco una discreta percentuale di pazienti trae giovamento da una monoterapia con un altro farmaco antiepilettico (277) oppure dall’aggiunta di un nuovo farmaco alla terapia precedente (278). Non vi sono dati che mostrino quale delle due opzioni sia preferibile (280). Da una indagine condotta per indagare le preferenze di un gruppo di esperti emerge che quasi tutti gli esperti considerano preferibile, se inefficace il primo farmaco, provare una seconda monoterapia con un altro farmaco di prima scelta (240). Dopo il fallimento di una seconda monoterapia l’accordo su cosa fare è molto minore. Alcuni preferiscono provare una terza monoterapia mentre altri optano per l’aggiunta di un altro farmaco (biterapia). Non vi sono studi che confrontino direttamente quale tipo di terapia d’associazione preferire e la scelta, nel singolo caso, si basa, prevalentemente, su considerazioni circa il tipo di sindrome epilettica e i meccanismi d’azione, le caratteristiche farmacocinetiche e di tollerabilità dei farmaci da associare. Nelle forme di epilessia sintomatica, con crisi parziali e/o secondariamente generalizzate, oltre che i tradizionali farmaci antiepilettici (carbamazepina, fenitoina, valproato e fenobarbital) tutti i nuovi farmaci in commercio in Italia (felbamato, gabapentin, levetiracetam, lamotrigina, oxcarbazepina, tiagabina, topiramato, vigabatrin) sono efficaci come terapia d’associazione. Le valutazioni metanalitiche effettuate sugli studi clinici controllati verso placebo che hanno preceduto l’entrata 55 in commercio dei nuovi farmaci indicano che non vi sono significative differenze tra di loro anche se sono stati osservati importanti trend a favore di alcuni di questi (280-282). La presenza di differenti effetti collaterali e l’assenza di chiare prove di una differente efficacia precludono la possibilità di formulare delle indicazioni incontrovertibili su quale farmaco preferire come primo da aggiungere ad una precedente monoterapia. Bisogna, tuttavia, sottolineare che, per il maggior rischio di reazioni avverse idiosincrasiche gravi, il vigabatrin ed il felbamato devono essere usati solo in casi particolari. Come abbiamo già detto è infatti oggi noto che il vigabatrin causa una riduzione concentrica dei campi visivi in circa un terzo dei pazienti trattati che è sempre irreversibile, anche se asintomatica nella maggior parte dei casi. In pazienti trattati con tale farmaco è pertanto necessario effettuare controlli periodici (circa ogni sei mesi) dei campi visivi con perimetria cinetica di Goldman o statica di Humphrey (283). Per l’età pediatrica sono state recentemente formulate delle raccomandazioni concernenti sia l’uso del vigabatrin sia l’esecuzione dei controlli del campo visivo. In queste viene ribadito che il vigabatrin deve essere prescritto con cautela nei bambini, soprattutto se coesistono altri fattori di rischio di sviluppare un difetto del campo visivo, e solo quando altre associazioni farmacologiche sono risultate inefficaci. Nei bambini di età cognitiva superiore a 9 anni dovrebbe essere eseguito l’esame dei campi visivi ogni sei mesi. Per bambini di età cognitiva inferiore non sono ancora disponibili tecniche standardizzate, anche se sembrano utili l’elettroretinografia e i potenziali evocati visivi con particolari sistemi di stimolazione (284). Il trattamento con felbamato, è stato invece associato ad anemia aplastica e ad epatotossicità con una incidenza calcolata essere rispettivamente di 1/5,000 e 1/26,000 pazienti trattati (285). I pazienti sottoposti a tale trattamento dovrebbero essere istruiti a riconoscere i segni precoci degli effetti del farmaco sul sistema ematopoietico o sul fegato (aumento del tempo di sanguinamento, cambiamento del colore della pelle, stanchezza, febbre, cambiamento del colore delle feci, etc.). E’ inoltre indicato il monitoraggio dell’emocromo e degli enzimi epatici all’inizio della terapia ed ogni 7-14 giorni durante il primo anno di terapia anche se non vi sono prove che il monitoraggio di questi esami sia un’efficace misura preventiva (286). Per tali motivi vigabatrin e felbamato possono essere utilizzati nel trattamento di gravi forme di epilessie generalizzate dell’infanzia, il vigabatrin nel trattamento della sindrome di West e il felbamato nella sindrome di Lennox-Gastaut, o focali, anche dell’adulto, ma solo quando sono già state provate senza successo altri farmaci o quando si ritenga che il rischio degli effetti avversi sia giustificato dai possibili vantaggi. Le epilessie generalizzate idiopatiche sono controllate da una monoterapia con valproato in una elevata percentuale di casi. Nell’epilessia con assenze tipiche dell’infanzia, le assenze sono ben controllate dal solo valproato in circa il 90% dei casi (287). Nel caso di persistenza delle assenze si 56 può provare ad associare etosuccimide (288). Se sono presenti assenze e crisi tonico-cloniche ed il valproato è causa di effetti avversi che ne precludono l’uso, all’etosuccinimide è indispensabile associare un farmaco efficace sulle crisi tonico-cloniche (250). Nelle epilessie con crisi miocloniche è stata dimostrata l’efficacia della terapia aggiuntiva con lamotrigina (289). La lamotrigina (290) e il topiramato (291) sono risultati efficaci come terapia aggiuntiva delle crisi tonico-cloniche. Il clonazepam è efficace sia sulle crisi miocloniche sia sulle generalizzate tonico-cloniche ma è potenzialmente sedativo e spesso si determina tolleranza all’effetto farmacologico (292). E’ stato anche osservato che l’associazione della lamotrigina al valproato può essere particolarmente vantaggiosa (252). Nelle epilessie parziali benigne dell’infanzia, se vi è una resistenza al trattamento con carbamazepina o se questa non è tollerata, può essere utilizzato il valproato od anche il sultiame (293) che, però, non è più in commercio in Italia. Quando, invece, si assiste ad una evoluzione verso un quadro elettroclinico più o meno atipico (p.e. verso un’epilessia con punte onde continue durante il sonno profondo od una epilessia parziale benigna atipica) i farmaci da preferire sono, nell’ordine, clobazam (293), sultiame (294) ed etosuccimide (295). In questi pazienti è stata descritta anche l’efficacia del trattamento con immunoglobuline e con cortisonici (296). 10. Monitoraggio plasmatico dei farmaci antiepilettici Non vi sono studi prospettici disegnati per valutare in modo specifico l’eventuale relazione tra la concentrazione plasmatica e l’effetto terapeutico di un farmaco antiepilettico (297). Tuttavia il monitoraggio dei livelli plasmatici dei farmaci antiepilettici tradizionali è largamente utilizzato anche se recenti dati di letteratura indicano che questa tecnica, in una popolazione relativamente ampia di pazienti epilettici, non determina apprezzabili vantaggi sia in termini di miglior controllo clinico che di minori effetti collaterali (298). Ciò non dimostra tuttavia l’inutilità del monitoraggio in particolari sottopopolazioni di pazienti. In generale possiamo ritenere che il dosaggio dei farmaci antiepilettici può essere utile nelle seguenti situazioni: pazienti affetti da patologie epatiche o renali in cui il metabolismo dei farmaci può essere modificato, pazienti in politerapia in cui si può ritenere che siano possibili interazioni clinicamente rilevanti, pazienti in cui può essere difficile effettuare un controllo clinico degli effetti collaterali e/o delle crisi epilettiche (pazienti con ritardo mentale), bambini, pazienti in gravidanza ed infine se sono presenti segni di tossicità. Il rilievo della concentrazione plasmatica degli antiepilettici in pazienti in cui la terapia è stata ottimizzata può essere utile per conoscere quel valore di concentrazione che si associa al completo controllo delle crisi. Qualora le crisi 57 dovessero ripresentarsi, la conoscenza di questo dato potrebbe facilitare la comprensione di quanto accaduto (299-300). Tuttavia una valutazione specifica deve essere condotta per ciascun farmaco. Sulla base delle caratteristiche farmacocinetiche e dei dati clinici, per quanto riguarda i farmaci tradizionali, si ritiene utile utilizzare il dosaggio plasmatico per ottimizzare le dosi della fenitoina (301). Il dosaggio della carbamazepina, dei barbiturici e della etosuccinimide hanno, in generale, una minore utilità. Il dosaggio del valproato e delle benzodiazepine possono essere di una qualche utilità solo per il controllo della compliance. Per quanto riguarda i nuovi farmaci, considerazioni basate solo su pareri di esperti e di pochi studi retrospettivi, portano a ritenere potenzialmente utile il dosaggio della lamotrigina, probabilmente di qualche utilità il dosaggio di topiramato, tiagabina e felbamato. Di scarsa o nessuna utilità il dosaggio del vigabatrin, del gabapentin o della oxcarbazepina. In tutti casi si suggerisce che l’interpretazione dei risultati sia eseguita da personale esperto nel trattamento di pazienti affetti da epilessia (297). 11. Interruzione della terapia I pazienti che, in corso di trattamento con farmaci antiepilettici non hanno crisi, possono essere considerati candidati ad una graduale sospensione della terapia. Non è, tuttavia, stabilito dopo quanto tempo quest’eventualità può essere presa in considerazione anche se vengono considerate opzioni proponibili sia l’interruzione precoce (>2 anni senza crisi) che tardiva (>5 anni senza crisi). Una recente revisione metanalitica indica che nei bambini, particolarmente se il paziente presenta crisi parziali ed ha un’EEG alterato, bisogna aspettare 2 anni o più senza crisi prima di sospendere la terapia. Sempre nella popolazione pediatrica in presenza di crisi generalizzate le evidenze sono insufficienti per indirizzare quando proporre la sospensione. Anche nell’adulto non vi sono evidenze che indichino quando tentare una sospensione (130). Vari studi sono stati condotti per indagare il rischio che questi pazienti possano ripresentare delle crisi e per individuare eventuali fattori predittivi che possano consentire di stabilire, nel singolo paziente, la percentuale di tale rischio. Una valutazione metanalitica evidenzia che circa i due terzi dei pazienti che sospendono il trattamento rimangono liberi da crisi. La maggior parte delle ricadute si verifica durante o subito dopo la sospensione. Nel 50% dei casi questa si verifica entro i primi sei mesi e nella grande maggioranza dei casi entro il primo anno successivo alla sospensione (302). I fattori più rilevanti associati alla più alta probabilità di ricaduta sono risultati essere: una storia di crisi generalizzate tonico-cloniche, il trattamento con più di un farmaco antiepilettico, pazienti che hanno avuto una o più crisi dopo l’inizio della terapia, una storia di crisi miocloniche, 58 presenza nella storia di sole crisi parziali che non hanno mai generalizzato, storia di crisi neonatali, durata di trattamento maggiore di dieci anni. Un fattore che viceversa è associato ad una probabilità di ricaduta più bassa è costituito dall’essere stato libero da crisi per più di 5 anni (129). Sulla base dei dati analizzati risulta che la decisione di sospendere o meno la terapia antiepilettica, e la scelta del momento in cui procedere alla sospensione, dovrebbe essere presa in accordo con il paziente dopo aver discusso tutti gli aspetti. E’ consigliabile che la sospensione della terapia venga effettuata gradualmente e nel caso che il paziente sia in trattamento con più farmaci, è preferibile iniziare con la progressiva sospensione del farmaco ritenuto essere il meno efficace. Nei pazienti affetti da epilessie generalizzate potrebbero essere utili alcuni controlli dell’EEG durante la progressiva sospensione in quanto la ricomparsa di anomalie parossistiche specifiche indicherebbe una maggiore probabilità di ricaduta. Nei pazienti affetti da epilessie con crisi parziali, i controlli dell’EEG non forniscono, in genere, informazioni utili (127-130). 12. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 8-1: Una prima crisi epilettica può rimanere isolata o può ricorrere nel tempo. La ricorrenza di crisi non provocate configura la diagnosi di epilessia. I farmaci antiepilettici utilizzati in modo continuativo riducono il rischio di ricorrenza di successive crisi ma non sembra modifichino la prognosi a lungo termine del disturbo. Sintesi 8-2: E’ difficile dopo una crisi singola non provocata stabilire se sia trattato di un evento isolato o la prima manifestazione di un’epilessia. Nella decisione se iniziare o meno il trattamento va considerato sia la possibile pericolosità legata alla ricorrenza delle crisi epilettiche sia il potenziale effetto dannoso dell’uso dei farmaci antiepilettici. Sintesi 8-3: Per la maggior parte dei pazienti la terapia con un solo farmaco (monoterapia) antiepilettico è da considerare la scelta iniziale preferibile. Raccomandazione 8.1 (Grado C) Non è indicato trattare in modo continuativo con farmaci antiepilettici le crisi provocate (da alcool, da fattori metabolici, da farmaci o da deprivazione di sonno). Raccomandazione 8.2 (Grado C) 59 Il trattamento continuativo con farmaci antiepilettici è indicato solo quando la diagnosi è ritenuta certa e la ripetitività delle crisi è suggestiva per una sindrome epilettica. Il trattamento continuativo con farmaci antiepilettici nel caso di una prima crisi tonico-clonica generalizzata è indicato solo se: Raccomandazione 8.3 (Grado A) Sono presenti anche altre crisi (assenze, mioclonie, crisi parziali). Raccomandazione 8.4 (Grado C) Il paziente considera inaccettabile il rischio di una recidiva. Raccomandazione 8.5 (Grado C) Il trattamento continuativo delle sole crisi focali (parziali semplici o complesse) è indicato per ridurre la frequenza e la gravità delle crisi e dipende dalla scelta del paziente. Il trattamento delle crisi presenti nelle epilessie focali benigne dell’età evolutiva è indicato solo se: Raccomandazione 8.6 (Grado C) Le crisi sono frequenti e pericolose od interferiscono con lo sviluppo cognitivo. Raccomandazione 8.7 (Grado C) Se i familiari dei bambini, adeguatamente informati circa le caratteristiche del disturbo ed i rischi/benefici della terapia, richiedano d’iniziare il trattamento. Per il trattamento delle crisi focali (parziali semplici, parziali complesse, secondariamente generalizzate) è indicato l’uso di: Raccomandazione 8.8 (Grado A) Carbamazepina (scelta preferibile). Raccomandazione 8.9 (Grado A) Fenitoina, fenobarbital, oxcarbazepina, lamotrigina e valproato (possono essere utilizzati in alternativa alla carbamazepina sulla base delle diverse situazioni cliniche). Raccomandazione 8.10. (Grado C) 60 E’ indicato utilizzare il fenobarbital solo in situazioni particolari (urgenze, gravidanza, non utilizzabilità di altri farmaci) in quanto l’uso cronico di barbiturici è, generalmente e soprattutto in età pediatrica, meno tollerato. Raccomandazione 8.11. (Grado C) Per il trattamento delle crisi generalizzate (assenze, mioclonie, tonico-cloniche) è indicato l’uso di valproato. Sintesi 8-4: Se il valproato non è tollerato, o controindicato, la scelta del farmaco alternativo dipende dal tipo di crisi e dal contesto clinico. Bisogna ricordare che in una sindrome epilettica generalizzata carbamazepina e fenitoina, sebbene efficaci nel controllo delle crisi tonico-cloniche, potrebbero, tuttavia, causare un aggravamento della frequenza delle crisi miocloniche e/o delle assenze o la loro comparsa. Oltre al valproato (scelta preferibile) per il trattamento delle crisi generalizzate tonico-cloniche è indicato l’uso di: Raccomandazione 8.12 (Grado A) Lamotrigina (non approvato sotto i 12 anni). Raccomandazione 8.13 (Grado A) Topiramato. Raccomandazione 8.14 (Grado C) Fenobarbital (precauzione d’uso in quanto meno tollerato). Raccomandazione 8.15 (Grado A) Carbamazepina, fenitoina, oxcarbazepina (precauzione d’uso per possibile aggravamento della frequenza di crisi miocloniche e/o assenze). Oltre al valproato (scelta preferibile) per il trattamento delle crisi di assenza sono indicati: Raccomandazione 8.16 (Grado C) Etosuccimide. Raccomandazione 8.17 (Grado A) Lamotrigina (non approvato sotto i 12 anni). 61 Oltre al valproato (scelta preferibile) per il trattamento delle crisi miocloniche sono indicati: Raccomandazione 8.18 (Grado C) Lamotrigina (non approvato sotto i 12 anni). Raccomandazione 8.19 (Grado C) Clonazepam. Raccomandazione 8.20 (Grado C) Per il trattamento delle crisi non classificabili è indicato l’uso di valproato (dopo i 25 anni di valproato o di carbamazepina). Raccomandazione 8.21 (Grado C) Se il primo farmaco utilizzato è inefficace prima di considerare una monoterapia alternativa, o una biterapia, è indicato valutare se il dosaggio del farmaco in corso è appropriato, la compliance e la diagnosi. Sintesi 8-5: Obiettivo della terapia è il controllo delle crisi a parità di qualità di vita somministrando al paziente il minor numero di farmaci necessario. Quando un altro farmaco deve essere introdotto è opportuno considerare, pertanto, la possibilità di sospendere la precedente terapia. Sintesi 8-6: In Italia i farmaci che hanno l’approvazione per essere utilizzati in monoterapia per il trattamento delle crisi parziali e/o tonico cloniche secondariamente generalizzate sono: carbamazepina, fenobarbital, fenitoina, lamotrigina, oxcarbazepina, topiramato e valproato. Questi farmaci sono approvati anche come terapia d’associazione. Altri farmaci approvati come terapia d’associazione sono: felbamato, gabapentin, levetiracetam, tiagabina e vigabatrin. Felbamato e vigabatrin presentano un maggiore rischio di tossicità ed il loro uso deve essere limitato a situazioni particolari dopo aver valutato i rischi e benefici. Se il paziente è affetto da crisi parziali e/o tonico cloniche secondariamente generalizzate non controllate da una monoterapia con un farmaco di prima scelta (carbamazepina, fenobarbital, fenitoina, lamotrigina, oxcarbazepina e valproato) è indicato proporre: Raccomandazione 8.22 (Grado C) Una monoterapia alternativa. 62 Raccomandazione 8.23 (Grado C) L’associazione tra di loro di 2 o più farmaci attivi sulle crisi parziali. Sintesi 8-6: Non vi sono prove sufficienti su quale sia l’associazione farmacologia preferibile nelle varie situazioni cliniche. In questo vanno considerati: ¾ le caratteristiche farmacocinetiche dei farmaci assunti dal paziente; ¾ l’efficacia dei farmaci su quello specifico tipo di crisi ed il loro meccanismo d’azione; ¾ la tollerabilità e la sicurezza dei singoli farmaci e dell’associazione proposta nella specifica situazione. Raccomandazione 8.24 (Grado C) L’associazione del vigabatrin alla terapia è indicata solo in pazienti in cui è stato attentamente valutato il rapporto rischio/beneficio (attenzione d’uso per rischio di restrizione concentrica del campo visivo causata dal farmaco). Raccomandazione 8.25 (Grado C) L’associazione del felbamato alla terapia è indicata solo in pazienti in cui è stato attentamente valutato il rapporto rischio/beneficio (attenzione d’uso per più alto rischio d’anemia aplastica ed insufficienza epatica). Se il paziente è affetto da crisi generalizzate tonico-cloniche non controllate da una monoterapia con valproato è indicato associare: Raccomandazione 8.26 (Grado A) Lamotrigina (non approvato sotto i 12 anni). Raccomandazione 8.27 (Grado A) Topiramato. Raccomandazione 8.28 (Grado C) Fenobarbital (precauzione d’uso in quanto meno tollerato). Raccomandazione 8.29 (Grado C) Carbamazepina, fenitoina, oxcarbazepina (precauzione d’uso per possibile aggravamento della frequenza di crisi miocloniche e/o assenze). 63 Se il paziente è affetto da crisi d’assenza non controllate da una monoterapia con valproato è indicato associare: Raccomandazione 8.30 (Grado C) Etosuccimide. Raccomandazione 8.31 (Grado C) Lamotrigina (non approvato sotto i 12 anni). Raccomandazione 8.32 (Grado C) Clonazepam. Sintesi 8-7: Le crisi presenti nelle sindromi epilettiche generalizzate sintomatiche (encefalopatie epilettogene dell’infanzia) sono di difficile trattamento e necessitano, spesso, di un’associazione di più farmaci. Per il trattamento degli spasmi della sindrome di West è indicato: Raccomandazione 8.33 (Grado A) Un ciclo di ACTH o di prednisone. Raccomandazione 8.34 (Grado A) Vigabatrin (precauzioni d’uso per i possibili effetti sul campo visivo). Sintesi 8-8: Nei bambini con sindrome di West in caso di terapia con vigabatrin sono indicate alcune precauzioni che includono l’utilizzo del farmaco per brevi cicli tenendo presente l’attuale impossibilità di monitorizzare il campo visivo fino all’età di 7-9 anni. Per il trattamento delle crisi della sindrome di Lennox-Gastaut sono indicati: Raccomandazione 8.35 (Grado C) Valproato e benzodiazepine (scelta preferibile). Raccomandazione 8.36 (Grado C) Lamotrigina (non approvato sotto i 12 anni). Raccomandazione 8.37 (Grado C) 64 Topiramato. Raccomandazione 8.38 (Grado C) Felbamato (precauzione d’uso per il maggior rischio di tossicità ematica e epatica). Raccomandazione 8.39 (Grado C) Fenobarbital (attenzione d’uso in quanto meno tollerato). Raccomandazione 8.40 (Grado C) Carbamazepina, fenitoina e oxcarbazepina (precauzioni d’uso per il possibile aggravamento di crisi d’assenza e mioclonie). Sintesi 8-9: I farmaci antiepilettici possono causare eventi avversi che devono essere monitorizzati prevalentemente in base ai sintomi clinici presentati dal paziente. Tuttavia in alcune situazioni può essere opportuna l’esecuzione di specifici test od esami di laboratorio. Raccomandazione 8.41 (Grado C) Nei pazienti trattati con vigabatrin è indicato eseguire almeno ogni sei mesi un esame dei campi visivi. Raccomandazione 8.42 (Grado C) Nei pazienti trattati con felbamato è indicato monitorizzare l’emocromo e gli enzimi epatici. Raccomandazione 8.43 (Grado C) Nei pazienti trattati con gli altri farmaci antiepilettici l’esecuzione di test di laboratorio (emocromo, transaminasi, ammoniemia, elettroliti, PTT, APTT, proteine, creatinemia, azotemia, glicemia e altri) è indicata solo quando vi sia il sospetto clinico che alcune anormalità siano imputabili all’uso dei farmaci o per conoscere i fattori che possono influenzarne la farmacocinetica ed il metabolismo. Raccomandazione 8.44 (Grado C) E’indicata l’esecuzione dei livelli plasmatici della fenitoina per ottimizzare la dose del farmaco. Per tutti gli altri farmaci antiepilettici l’esecuzione dei livelli plasmatici è indicata solo: Raccomandazione 8.45 (Grado C) 65 Per la valutazione della compliance, di eventuali effetti tossici, d’interazioni farmacocinetiche e della risposta terapeutica in pazienti in cui risulta difficile ottenere un controllo clinico degli effetti collaterali e/o delle crisi epilettiche. Raccomandazione 8.46 (Grado C) Per valutare variazioni della farmacocinetica legate alla presenza di patologie epatiche e renali, alla gravidanza, a particolari stadi della crescita dell’età pediatrica. Sintesi 8-10: Dopo che le crisi sono state controllate dalla terapia antiepilettica è possibile, in alcuni casi, sospendere la terapia antiepilettica. I fattori più rilevanti associati alla più alta probabilità di ricaduta sono risultati essere: una storia di crisi generalizzate tonico-cloniche, il trattamento con più di un farmaco antiepilettico, pazienti che hanno avuto una o più crisi dopo l’inizio della terapia, una storia di crisi miocloniche, presenza nella storia di sole crisi parziali che non hanno mai generalizzato, una storia di crisi neonatali, durata di trattamento maggiore di dieci anni. Un fattore che viceversa è associato ad una probabilità di ricaduta più bassa è costituito dall’essere stato libero da crisi per più di 5 anni. Raccomandazione 8.47 (Grado C) E’indicato discutere con il paziente la possibilità di sospendere la terapia antiepilettica dopo che le crisi siano state controllate per almeno due anni. Raccomandazione 8.48 (Grado C) Prima di procedere alla sospensione è indicato valutare tutti i fattori che possono meglio definire il rischio di ricaduta. Raccomandazione 8.49 (Grado C) E’indicato valutare con il paziente tutte le possibili conseguenze, anche sociali e psicologiche, derivanti dalla scelta di sospendere o meno la terapia. Il pannel d’esperti di queste Linee Guida consiglia di: Raccomandazione 8.50 (Grado C) Sospendere la terapia gradualmente, nel corso di alcuni mesi. Se il paziente assume una politerapia, è preferibile procedere prima alla sospensione del farmaco ritenuto essere meno efficace. 66 Raccomandazione 8.51 (Grado C) Eseguire un controllo EEG durante la sospensione almeno nelle epilessie generalizzate dell’età infanto-giovanile. 67 9. Altre opzioni farmacologiche e terapie alternative 1. Stimolazione vagale La stimolazione vagale è una metodica d’introduzione relativamente recente impiegata nel trattamento dell'epilessia farmaco-resistente, quando la terapia di resezione del focolaio epilettogeno non è indicata o non è gradita dal paziente. Tecnicamente consiste in una stimolazione intermittente del nervo vago di sinistra, a livello del collo, ottenuta mediante elettrodi connessi ad un generatore di impulsi impiantato in una tasca sottocutanea in regione sottoclaveare. Il generatore può funzionare in maniera automatica o a richiesta, quando il paziente avverte l'inizio di una crisi. In ambedue i casi i parametri di stimolazione (intensità della corrente in mA, durata delle fasi on ed off in secondi-minuti, frequenza di stimolazione in Hz) possono essere programmati dall'operatore mediante un computer esterno. La stimolazione vagale è stata approvata dalla Food and Drug Administration nel 1997 e dalle Agenzie di Registrazione Europee e Canadese come terapia aggiuntiva per ridurre la frequenza di crisi in soggetti adulti ed in adolescenti di età maggiore ai 12 anni con crisi parziali refrattarie ai farmaci antiepilettici. Successivamente il suo uso è stato esteso anche a pazienti con forme farmaco-resistenti di epilessia generalizzata sintomatica.. Ad oggi questa procedura terapeutica ha trovato un discreto impiego tanto che al momento attuale il numero di pazienti impiantati nel mondo è di circa 16.000 (240, 282, 3033-310). Per quanto riguarda l'efficacia viene descritta nei pazienti trattati una riduzione mediana delle crisi del 34% dopo 3 mesi dall'impianto e del 45% dopo 12 mesi. In particolare, a distanza di un anno dall'impianto, il 20% dei pazienti presenta una riduzione delle crisi del 75% od anche maggiore (303). Una recente revisione metanalitica conclude che la stimolazione vagale appare una modalità di trattamento efficace e ben tollerata. Gli eventi avversi associati al trattamento (abbassamento della voce, tosse, dolore, parestesia e dispnea) appaiono ragionevolmente ben tollerati e i drop-out non sono frequenti. Gli eventi avversi tipici degli antiepilettici come l’atassia, le vertigini, la stanchezza, la nausea e la sonnolenza non sono statisticamente associati al trattamento (310). 68 2. Dieta chetogena Negli ultimi dieci anni sono stati pubblicati numerosi studi finalizzati alla valutazione dell’efficacia della dieta chetogena nei pazienti con epilessia farmaco-resistente. Tale modalità di trattamento è stata proposta per la prima volta nel 1921 con lo scopo di riprodurre e prolungare gli effetti benefici che il digiuno aveva mostrato sul controllo delle crisi. Si tratta di una dieta ad alto contenuto di grassi e basso contenuto di proteine e carboidrati, misurata sul soggetto e rigidamente controllata dal medico e dal nutrizionista. Studi retrospettivi non controllati (311, 312) hanno mostrato che una percentuale compresa tra il 60 ed il 75% dei bambini con epilessia farmaco-resistente trattati con la dieta in aggiunta alla terapia farmacologia, mostrava una riduzione delle crisi >50%. Uno studio prospettico su 150 bambini ha recentemente confermato l'efficacia della dieta mostrando che il 32% dei bambini otteneva una riduzione delle crisi >90% dopo 6 mesi ed il 27% continuava a presentare tale riduzione dopo un anno di trattamento (313). Tale procedura è, tuttavia, anche gravata di importanti effetti collaterali che nel breve termine comprendono disidratazione, ipoglicemia, vomito diarrea e anoressia e nel lungo termine nefrolitiasi (5-8% dei bambini trattati), infezioni ricorrenti, alterazioni metaboliche (iperuricemia, ipocalcemia, riduzione degli aminoacidi plasmatici, acidosi, ipercolesterolemia) irritabilità, letargia ed altre (314, 315). Per tale motivo si ritiene indispensabile un’attenta valutazione delle procedure e una sorveglianza continua da parte di personale esperto. Meno definiti sono i risultati della dieta chetogena nell’adulto in cui è, comunque, più difficile raggiungere la condizione di chetosi e modificare le abitudini dietetiche. Vi sono, tuttavia, alcuni dati che mostrano una qualche efficacia della dieta chetogena anche nell'adulto (316, 317). 3. Farmaci immunomodulanti e plasmaferesi Studi di laboratorio e osservazioni cliniche suggeriscono una genesi autoimmune per alcune forme d’epilessia umana e sperimentale tanto da far ipotizzare l'esistenza di differenti sottotipi di sindromi epilettiche caratterizzate da anomalie specifiche del sistema immune. Su questa base è stato proposto, nel trattamento di alcune particolari forme di epilessia con crisi resistenti, l'utilizzo di farmaci con azione immunomodulante come gli steroidi, la ciclofosfamide, alte dosi d’IgG per via venosa o della plasmaferesi. Per questo tipo di terapie, attualmente, vi sono prove d’efficacia che riguardano quasi esclusivamente l’utilizzo di prednisone o di ACTH nel trattamento della sindrome di West mentre altri tipi d’indicazioni, come l’utilizzo delle IgG nella sindrome di West, 69 nella sindrome di Lennox Gastaut, nella sindrome di Landau-Kleffner o nella sindrome di Rasmunsen, non sono ancora standardizzate e sono necessari studi controllati su casistiche più ampie che prevedano, anche, il monitoraggio di markers immunologici, per precisare le reali indicazioni e di ottimizzare i protocolli di somministrazione (296, 318). 4. Calcio antagonisti E’ stato dimostrato che il calcio ha un ruolo significativo nella regolazione dell’eccitabilità neuronale, nell’inizio, mantenimento e propagazione della scarica epilettica sia come modulatore della trasmissione sinaptica che come secondo messaggero (319). Su questa base teorica i calcioantagonisti sono stati proposti come potenziali farmaci antiepilettici. Tuttavia gli effetti clinici di questi farmaci sono dubbi. Gli studi effettuati mostrano che il trattamento con flunarizina ha un debole effetto sulla frequenza delle crisi ma è gravato da un elevato tasso d’interruzione per effetti avversi. Non esistono, inoltre, prove convincenti per l’uso di nimodipina e nifedipina nei pazienti con crisi epilettiche resistenti ai classici anticonvulsivanti (320). 5. Acetazolamide L’acetazolamide ha proprietà anticonvulsivanti nell’animale ed esistono alcune osservazioni sull’uomo, prevalentemente in aperto, che suggeriscono la possibilità di utilizzo del farmaco sia nelle crisi parziali che generalizzate, incluse le assenze e le mioclonie. Tuttavia valutare la reale utilità di questo farmaco è difficile in quanto il trattamento cronico induce tolleranza (321). 6. Stimolazione magnetica transcranica Questa metodica è ancora in fase sperimentale ma alcuni ritengono che possa avere una certa efficacia nelle epilessie farmaco-resistenti. Il razionale del suo utilizzo si basa sull’osservazione che l'applicazione di stimoli magnetici ripetuti, mediante un apposito coil di stimolazione posto in corrispondenza del vertice del cranio, ha mostrato capacità d’inibire l'eccitabilità cerebrale per periodi di tempo relativamente lunghi dopo la fine dell'applicazione. Due segnalazioni in aperto (322, 323) hanno mostrato che la stimolazione magnetica ripetitiva era ben tollerata, in grado di ridurre significativamente la frequenza delle crisi e di migliorare l’EEG attraverso riduzione delle 70 spike intercritiche (323). Gli effetti benefici duravano in media quattro settimane dopo la fine del trattamento (322). Tali osservazioni dovrebbero, tuttavia, essere confermate in studi controllati. 7. Yoga Lo yoga è un atteggiamento psico-filosofico-culturale di conduzione di vita d’antica tradizione indiana che è ritenuto in grado di favorire il rilassamento. Lo stress è ritenuto un fattore precipitante le crisi epilettiche e, di conseguenza, lo yoga, considerando anche l’assenza di effetti collaterali e l'accettazione interiore da parte del paziente, è stato proposto come una piacevole opzione terapeutica per l'epilessia (324). Tuttavia gli studi clinici effettuati fino ad oggi non rendono possibili conclusioni definitive circa la possibile efficacia della metodica (325). 8. Trattamenti psicologici Interventi psicologici come la terapia di rilassamento, la terapia cognitivo-comportamentale, l'EEG-biofeedback sono stati impiegati, singolarmente o in combinazione, nel trattamento dell'epilessia per ridurre la frequenza delle crisi e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Gli studi sinora condotti, risultando poveri dal punto di vista metodologico e limitati ad un ristretto numero di pazienti. Non è possibile, quindi, trarre conclusioni circa l'efficacia dei suddetti trattamenti nell'epilessia (326). 9. Marijuana Nonostante alcuni studi non controllati abbiano suggerito che questo cannabinoide possa esercitare un effetto antiepilettico nell'uomo, attualmente i dati disponibili per stabilire la reale efficacia di tale sostanza in pazienti con epilessia non sono sufficienti. Sono pertanto necessari studi su più ampie casistiche per valutare l'eventuale utilità di tale opzione terapeutica (327). 10. Sintesi e raccomandazioni La stimolazione vagale è un’opzione terapeutica indicata solo: 71 Raccomandazione 9.1 (Grado A) Nei pazienti con epilessia parziale resistente ad almeno due farmaci di prima scelta usati in monoterapia, o in associazione, e che presentino controindicazioni o rifiutano l’approccio chirurgico classico. Raccomandazione 9.2 (Grado C) In pazienti con epilessia generalizzata sintomatica (sindrome di Lennox-Gastaut) con crisi atoniche farmaco-resistenti prima di ricorrere ad una callosotomia. Raccomandazione 9.3 (Grado C) La dieta chetogena ha mostrato una certa efficacia in pazienti in età pediatrica con epilessia farmaco-resistente. Tale opzione terapeutica è, tuttavia, gravata da importanti effetti collaterali ed è indicato che venga proposta ed effettuata solo da personale esperto dopo che siano stati valutati i rischi e benefici. Sintesi 9-1: Studi di laboratorio e osservazioni cliniche suggeriscono una genesi autoimmune per alcune forme d’epilessia umana e sperimentale tanto da far ipotizzare l'esistenza di differenti sottotipi di sindromi epilettiche caratterizzate da anomalie specifiche del sistema immune. Le principali evidenze circa l’efficacia di terapie immunomodulanti riguardano l’uso del prednisone o dell’ACTH nel trattamento della sindrome di West. Raccomandazione 9.4 (Grado C) Le IgG per via venosa sono indicate solo per il trattamento di rare specifiche sindromi epilettiche (p.e. encefalite di Rasmussen, sindrome di Landau Kleffner) di particolare difficile gestione selezionate da personale esperto. Sintesi 9-2: E’ ipotizzato che la stimolazione magnetica transcranica possa avere una certa efficacia nel ridurre la frequenza delle crisi epilettiche nei pazienti con epilessia farmacoresistente. Non vi sono, tuttavia, prove sufficienti che giustifichino il suo utilizzo a tale scopo. Sintesi 9-3: Non vi sono prove sufficienti per stabilire che la tecnica dello yoga sia efficace nel trattamento dell’epilessia. Sintesi 9-4: Non vi sono prove sufficienti per stabilire se i trattamenti psicologici siano efficaci nel controllo delle crisi epilettiche. 72 Sintesi 9-5: L'efficacia della flunarizina come antiepilettico è debole ed il farmaco non è ben tollerato come terapia aggiuntiva. Non vi sono, inoltre, prove d’efficacia antiepilettica per altri calcio-antagonisti come la nimodipina e la nifedipina. Sintesi 9-6: L’acetazolamide ha proprietà anticonvulsivanti nell’animale e nell’uomo. Tuttavia valutare la reale utilità di questo farmaco è difficile in quanto il trattamento cronico induce tolleranza. Sintesi 9-7: L'efficacia della marijuana come antiepilettico non è dimostrata. Raccomandazione 9.10 (Grado C) Il pannel degli esperti di queste linee guida non considera indicati nel trattamento delle epilessie: la stimolazione magnetica transuranica, lo yoga, i trattamenti psicologici, i calcio antagonisti, l’acetazolamide e la marijuana 73 X. Chirurgia delle epilessie La Chirurgia delle Epilessie è definita come qualsiasi intervento neurochirurgico che ha come obiettivo primario il miglioramento di un’epilessia altrimenti non trattabile. Per conseguire tale obiettivo è necessario identificare la zona epilettogena responsabile dell’origine delle crisi e provvedere alla sua completa e precisa resezione. Solo se questo non appare possibile, o non completamente ottenibile, possono essere utilizzate procedure chirurgiche alternative. Queste comprendono la callosotomia, le resezioni multiple subpiali e gli interventi di lesione o stimolazione cerebrale profonda. In accordo con stime conservative viene stimato che almeno 1,7/100.000 abitanti potrebbe essere candidato ad un intervento di resezione chirurgica (328). La procedura chirurgica più estesamente studiata riguardo agli esiti è quello di resezione del lobo temporale. Dati ottenuti da fonti multiple suggeriscono che il 55-70% dei pazienti sottoposti a tale intervento, e circa il 30-50% dei pazienti sottoposti a resezione extratemporale, possono ottenere un completo controllo delle crisi (329331). Nonostante che nell’ultimo decennio vi sia stato un considerevole sforzo nel cercare di definire più precisamente le evidenze a favore della sicurezza e dell’efficacia della chirurgia delle epilessie vi è un solo studio controllato, e solo in pazienti con epilessia del lobo temporale, che analizza le differenze tra il trattamento medico e chirurgico. Questo studio ha mostrato la superiorità della chirurgia sulla terapia medica riguardo al controllo delle crisi, alla qualità della vita, alla possibilità di occupazione e di seguire un corso scolastico (322). Meno definibili in termini di evidenze appaiono le percentuali di successi delle resezioni extratemporali e soprattutto delle procedure chirurgiche alternative (15, 135, 333-335). 1. Indicazioni generali per la selezione di pazienti con epilessia intrattabile potenziali candidati alla chirurgia. Non c’è un preciso accordo circa la definizione di epilessia intrattabile. In questo devono essere considerate la frequenza, il tipo e la gravità delle crisi e l’impatto del ripetersi delle crisi sulla qualità della vita. Le crisi parziali sono di più difficile trattamento delle crisi tonico-cloniche. La frequenza di crisi parziali può variare, da paziente a paziente, da poche il mese o la settimana a plurigiornaliere. Anche le diverse manifestazioni cliniche possono variare: in alcuni casi solo il paziente può accorgersi di avere avuto una crisi, mentre in altri le crisi possono compromettere notevolmente le comuni attività, l’apprendimento, il livello occupazionale, ed i rapporti familiari e 74 sociali. Tutti questi fattori devono essere considerati nella selezione dei pazienti per un intervento chirurgico. Gli altri fattori che devono essere considerati sono: ¾ l’età del paziente preferibilmente compresa tra 1 e 60 anni ma possono esservi eccezioni al di fuori di questi limiti; ¾ la durata della malattia. Negli adulti la durata di malattia non dovrebbe essere inferiore a due anni, ma nelle situazioni acute di pericolo per la vita è accettabile una durata più breve, ma sufficiente, per stabilire la non trattabilità. Nei bambini potrebbe essere appropriato un periodo inferiore ai due anni. Dovrebbero essere considerati, in questo, gli effetti a lungo termine dell’attività epilettica sul cervello, particolarmente in certi stadi cruciali dello sviluppo; ¾ documentata resistenza al trattamento farmacologico. Questa è definita come la persistenza delle crisi nonostante l’utilizzo adeguato di farmaci antiepilettici con minimo 2 farmaci di prima linea, sia come monoterapia sia in combinazione, appropriati per la sindrome epilettica. I farmaci dovrebbero essere utilizzati fino al limite della tolleranza ed i livelli plasmatici dei farmaci dovrebbero essere monitorizzati allo scopo di valutare la compliance (15, 135). 2. Valutazione prechirurgica. L’obiettivo primario della valutazione prechirurgica è quello d’identificare i candidati per la chirurgia di resezione. Per tale motivo il lavoro prechirurgico deve includere: ¾ ottenere la storia medica e dei segni e sintomi inter-ictali/ictali con lo scopo di stabilire la diagnosi di epilessia e di classificarla. Il tipo di epilessia può influenzare le successive indagini ed essere chiarito da esse; ¾ l’identificazione del tipo, della localizzazione anatomica, e dell’estensione morfologica/ strutturale della lesione. Sono indispensabili immagini cerebrali di alta qualità e la MRI appare la modalità d’indagine d’elezione; ¾ documentazione di qualsiasi deficit funzionale e dei deficit potenziali che possono essere rilevati dalle seguenti procedure: test neuropsicologici appropriati, SPECT ictale, PET e fMRI. In particolari pazienti è utile ottenere una transitoria inattivazione di regioni cerebrali attraverso l’utilizzo di farmaci (ad esempio test selettivi con amobarbital intracarotideo); ¾ localizzazione elettrofisiologica della zona epilettogena, che include la registrazione di tipici episodi ictali e, in particolari pazienti, l’uso di registrazioni intracraniche. Gli standard attuali per la localizzazione della zona d’origine delle crisi richiede l’utilizzo di metodiche di monitoraggio in video-EEG utilizzando elettrodi di registrazione sullo scalpo sufficienti a registrare l’abituale 75 pattern delle crisi del paziente. La video-EEG può essere utilizzata anche per stabilire la natura epilettica o meno delle manifestazioni critiche. Ulteriori metodiche di monitoraggio, con minore o maggiore invasività, possono essere necessarie in alcuni pazienti. Può non essere necessaria la registrazione delle crisi in video-EEG in quei pochi pazienti in cui non vi sono dubbi circa la natura epilettica delle crisi ed in cui vi è assoluta concordanza tra i dati clinici, EEG, neuropsicologici e le immagini cerebrali. Le registrazioni intracraniche devono essere prese in considerazione quando vi è discordanza tra i dati non invasivi e/o un grado di precisione maggiore viene richiesto e questo non è ottenibile con metodiche non invasive. L’utilizzo di tecniche invasive richiede un’accurata analisi dei rischi benefici che, ovviamente, dipende dall’esperienza specifica. ¾ tecniche neurofisiologiche ausiliari utilizzabili prima e durante gli interventi includono: i potenziali evocati, le mappe funzionali, la stimolazione magnetica, la magnetoencefalografia e l’elettrocorticografia. ¾ attenta valutazione dello stato psichiatrico del paziente, utilizzando, se appropriato, scale psichiatriche accettate (15, 135). 3. Specifici approcci chirurgici. Differenti tipi di crisi richiedono differenti procedure chirurgiche. Gli interventi possibili sono i seguenti: ¾ resezione della zona epilettogena. L’estensione della resezione è determinata da dati clinici, neuropsicologici, neurofisiologici e di neuroimmagine. Sono possibili interventi di lesionectomia volti a rimuovere lesioni isolate come i tumori o le malformazioni congenite vascolari, che sono state identificate essere la sede di origine delle crisi. Se le crisi originano da aree circostanti la lesione sono indicati interventi di lesionectomia allargata. Altri tipi d’interventi includono interventi di lobectomia parziale o totale. Pazienti che presentano crisi che originano dalla parte anteriore del lobo temporale sono quelli che possono beneficiare maggiormente dalla chirurgia poiché le loro crisi originano da una zona circoscritta che può essere rimossa senza danneggiare funzioni superiori come quelle della memoria, del linguaggio e della motricità; ¾ interventi chirurgici per rimuovere od isolare la corteccia di un emisfero globalmente alterato (emisferectomia). Quanto della corteccia di tale emisfero deve essere resecata, disconnessa, o una combinazione di entrambe, dipende dalla tecnica utilizzata. I pazienti dovrebbero 76 presentare una patologia unilaterale con un deficit neurologico severo e l’evidenza che le crisi originano esclusivamente dall’emisfero alterato; ¾ resezioni multiple subpiali. Questa è una tecnica che può essere utilizzata in combinazione con la resezione, e in particolari circostanze, da sola, per trattare le crisi che originano da aree corticali nelle quali la resezione potrebbe causare deficit inaccettabili; ¾ callosotomia. Questa include la parziale o totale sezione del corpo calloso. Le indicazioni comprendono crisi toniche, tonico-cloniche, atoniche che comportino cadute e frequenti lesioni; ¾ altre metodiche utilizzate includono interventi per determinare lesioni in stereotassi, compresa la radiochirurgia, e di stimolazione profonda di varie strutture sottocorticali (15, 135). 4. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 10-1: La chirurgia delle epilessie è un opzione terapeutica applicabile in pazienti con crisi non trattabili con interventi medici od in cui l’uso cronico di farmaci antiepilettici interferisce pesantemente con la qualità di vita, anche in assenza di una provata resistenza ai farmaci. L’identificazione dei pazienti con maggiori possibilità di successo, e di quelli che con maggiore probabilità non otterrebbero miglioramenti apprezzabili, aiuterebbe a potenziare un impiego razionale dei vari tipi d’intervento. Sintesi 10-2: L’intervento di lobectomia temporale è quello che ha dimostrato risultati migliori. Le indicazioni ad altri tipi di resezione e, soprattutto, di procedure chirurgiche alternative (callosotomia, resezioni multiple subpiali, interventi di lesione o stimolazione cerebrale profonda e gli interventi di emisferectomia) non sono ancora definite e tali procedure dovrebbero essere considerate solo come estrema possibilità terapeutica. Raccomandazione 10.2 (Grado C) E’indicato che l’eventuale opzione ad un intervento di chirurgia dell’epilessia venga valutata appropriatamente da parte di personale esperto attraverso le seguenti procedure: ¾ valutazione della storia personale e della malattia inclusa quella dei precedenti trattamenti ¾ documentazione della resistenza al trattamento farmacologico ottenibile anche attraverso il monitoraggio dei livelli plasmatici dei farmaci ¾ identificazione del tipo, della localizzazione anatomica, e dell’estensione morfologica/ strutturale di un’eventuale lesione tramite MRI di alta qualità 77 ¾ documentazione di qualsiasi deficit funzionale e dei deficit potenziali che possono essere rilevati dalle seguenti procedure: test neuropsicologici appropriati, SPECT ictale, PET e fMRI ¾ localizzazione elettrofisiologica della zona epilettogena che include la registrazione dei tipici episodi ictali tramite la video-EEG ¾ valutazione dello stato psichiatrico del paziente. 78 XI. Crisi epilettiche acute o occasionali Le Convulsioni febbrili (CF) sono il disturbo neurologico più frequente nell’infanzia (21). Al pari di queste le crisi epilettiche indotte da un danno acuto cerebrale hanno anch’esse un’elevata incidenza e, nonostante l’eziologia vari notevolmente con l’età, le cause più frequenti sono il trauma e l’ictus seguite, nell’ordine, dalle cause legate all’assunzione di alcool-farmaci-droghe (abuso e sospensione), dalle infezioni del sistema nervoso centrale, dalle alterazioni metaboliche, dalle neoplasie cerebrali e dall’ipossia-ischemia (20). Una CF, o una crisi acuta, può rimanere isolata od evolvere verso uno stato epilettico. Al pari di questi i principali protocolli terapeutici prevedono, se le crisi tendono a ripetersi, oltre che al trattamento ed alla correzione della malattia di base, l’utilizzo di benzodiazepine e di antiepilettici maggiori come fenitoina, fenobarbital, carbamazepina e valproato (336). In queste situazioni i farmaci antiepilettici vengono utilizzati sia per bloccare le crisi sia a scopo preventivo nell’ipotesi che essi possano prevenire l’epilettogenesi (il processo per il quale il cervello diventa epilettico od inizia a produrre crisi spontanee) (337). 1. Convulsioni febbrili Con il termine CF ci si riferisce a crisi epilettiche a semiologia variabile, ma generalmente tonicoclonica, che si presentano durante un episodio di febbre non dovuto ad una affezione acuta del sistema nervoso in un bambino senza precedenti neurologici (ovvero senza fattori eziologici indicativi di danno cerebrale pre-, peri- o post-natale, con normale sviluppo psicomotorio e assenza di precedenti convulsioni afebbrili). Non è necessario che la febbre sia stata rilevata prima della crisi, ma deve essere presente almeno nell’immediato periodo post-critico. L’età in cui tale disturbo si manifesta è compresa tra 6 mesi e 5 anni (21, 28, 182, 338-339). Nell’ambito delle CF si possono distinguere: ¾ convulsione febbrile semplice (CFS). E’ una crisi convulsiva generalizzata di durata non superiore a 15 minuti, e non ripetuta nelle 24 ore; ¾ convulsione febbrile complessa (CFC). E’ una crisi convulsiva focale o generalizzata prolungata, ovvero di durata superiore a 15 minuti, o ripetuta entro le 24 ore, e/o associata ad anomalie neurologiche post-ictali, fra le quali più frequentemente una paresi post-critica (paralisi di Todd) (182, 340, 341). Il bambino al quale viene somministrata terapia anticonvulsivante (p.e. diazepam) per interrompere la crisi in atto rientra, in ogni caso, in questo gruppo. Se la CFC è caratterizzata da una crisi di durata superiore a 30 minuti, o da crisi seriate più brevi ma senza ripristino della coscienza tra una crisi e l’altra, si parla di stato di male febbrile (341, 342). 79 Dal punto di vista della predisposizione genetica le CF vanno considerate come un gruppo eterogeneo composto da almeno tre condizioni diverse: CF occasionali; famiglie con sole CF; famiglie con CF associate ad altre forme d’epilessia (Generalized Epilespy with Febbrile Seizures Plus o GEFS+) (343). La diagnosi di CF si basa, principalmente, sulla valutazione anamnestico-clinica in assenza di accertamenti strumentali e di laboratorio ed il ricovero non è sempre necessario anche al primo episodio di CFS in un bambino di età superiore a 18 mesi, se clinicamente stabile e se non vi sono segni o sintomi che richiedono ulteriori indagini. Per l’età inferiore a 18 mesi il ricovero è, invece, opportuno e deve essere considerata attentamente l’esecuzione di una rachicentesi a scopo diagnostico nel sospetto di una meningite o di un’encefalite, soprattutto nei bambini di età inferiore ai 12 mesi (182). Nel caso di una CFS già diagnosticata il ricovero non è in genere necessario, ma va verificato che i genitori siano adeguatamente istruiti (vedi gestione domiciliare delle recidive) (182, 338). Va sottolineato, comunque, che una storia di pregresse CFS non esclude che la crisi in corso sia da attribuire a patologie infettive acute del sistema nervoso centrale (182). Il ricovero per accertamenti va sempre previsto in caso di CFC data la grande variabilità di condizioni sottese a questo evento (344). Una CF che sia stata interrotta farmacologicamente nei primi 15 minuti va considerata, in termini di appropiatezza del ricovero, al pari di una CFC. Per considerare interrotta farmacologicamente una crisi, bisogna considerare che il diazepam, farmaco di primo impiego in questa patologia, impiega almeno 3 minuti a raggiungere una concentrazione cerebrale efficace se somministrato per via rettale e 10 secondi se somministrato per via endovenosa (345). Nella maggior parte dei casi la decisione circa l’esecuzione dei vari accertamenti, di laboratorio, EEG o neuroimmagine, deve essere rivolta all’identificazione della causa della febbre. La puntura lombare deve essere eseguita in presenza di segni meningei o fortemente considerata in soggetti in trattamento con antibiotici nei giorni precedenti la convulsione per il possibile mascheramento di segni e sintomi di meningite. Infatti in pazienti con età inferiore ai 12 mesi i segni e sintomi clinici di meningite possono essere minimi od assenti. Fra 12 e 18 mesi i segni e sintomi clinici di meningite possono essere sfumati mentre sopra i 18 mesi sono, in genere, individuabili (182). La CFS, non prolungata, in ragione della sua breve durata non consente né richiede alcun trattamento. Un trattamento è, invece, indicato se la CF è prolungata. In tali casi può essere considerata anche la necessità di una prevenzione farmacologica delle eventuali recidive. Le benzodiazepine, quali diazepam, lorazepam, e midazolam (vedi anche capitolo sul trattamento degli stati epilettici) sono considerati farmaci efficaci nelle situazioni acute (342, 345-347). Il rischio generico di recidiva di CF viene stimato intorno al 30-40% (21, 341). I fattori di rischio per la recidiva, probabilmente simili per le CFS e CFC, sono: 80 ¾ età precoce di insorgenza (<15 mesi) (341, 348, 349), ¾ presenza d’epilessia (341, 348) o di convulsioni febbrili (341, 348, 349) in parenti di primo grado ¾ frequenti episodi febbrili (341, 348) ¾ bassa temperatura all’esordio della CF (348, 349). La frequenza di recidiva per CF in un soggetto senza fattori di rischio è del 10%, del 25-50% in presenza di 1-2 fattori di rischio e del 50-100% con 3 o più fattori di rischio (341). Il rischio di evoluzione verso l’epilessia viene stimato attorno al 1-1,5% dei soggetti con CFS (349) solo di poco superiore all’incidenza nella popolazione generale (0.5%). Il rischio di evoluzione verso l’epilessia nei soggetti con CFC viene, invece, stimato tra il 4 ed il l5% (340, 350). Non vi sono evidenze che la terapia sia in grado di prevenire l’evoluzione verso l’epilessia (341, 351) tuttavia diversi studi, comprese alcune revisioni metanalitiche, hanno dimostrato che la somministrazione continua di un farmaco anticonvulsivante, quali fenobarbital e acido valproico, è efficace nel prevenire le recidive (337, 338, 350, 352, 353). Esistono, peraltro, controindicazioni a tale somministrazione, quali la scarsa compliance, aspetti economici e psicologici e soprattutto gli effetti collaterali potenziali dei farmaci che potrebbero essere tali da superare i benefici del trattamento. Anche la terapia intermittente con diazepam somministrata all’esordio della febbre è efficace nel prevenire le recidive (339, 352, 353). Anche in questo caso, comunque, sono inevitabili moderati effetti collaterali (transitoriamente lieve atassia, agitazione o letargia; raramente depressione respiratoria, bradicardia o ipotensione). Su queste considerazioni non è raccomandato l’uso di alcuna terapia, continuativa o intermittente, per la profilassi delle recidive delle CF (338, 339, 341, 351, 352). Vi può essere, tuttavia, l’indicazione ad una terapia profilattica in un ristretto gruppo di pazienti per i quali le crisi sono considerate inaccettabili in relazione alla loro elevata frequenza. Dobbiamo perciò considerare tre possibili scenari: ¾ pazienti con assenza di fattori di rischio di recidiva e 1 o 2 episodi di CFS. In questi casi è indicata una sorveglianza attiva (principio del “wait and see”) ed è raccomandato l’astenersi dalla somministrazione di farmaci anticonvulsivanti, limitandosi semplicemente a monitorizzare nel tempo l’andamento naturale del disturbo (341). ¾ pazienti con almeno una delle seguenti condizioni: • storia di CF di durata superiore a 15 min; • presenza di due o più fattori di rischio di recidiva e una storia di due o più episodi di CF; • frequenti CF in un breve periodo di tempo (3 o più volte in 6 mesi, 4 o più volte in un anno) 81 In questi casi è raccomandata la somministrazione rettale (prima scelta) o orale di una benzodiazepina (diazepam) in modo intermittente all’esordio della febbre. La dose consigliata è di 0,4-0,5 mg/Kg per via rettale, ripetibile una seconda volta se persiste la febbre dopo 8 ore; in condizioni cliniche particolari può essere richiesta una terza dose, trascorse almeno 24 ore dalla prima (341). La dose di diazepam per via orale invece, è di 0,33 mg/Kg ogni 8 ore da continuare per 48 ore dopo la comparsa della febbre (351). Anche in questo caso possono essere presenti degli effetti collaterali quali una frequenza elevata di non compliance, irritabilità, atassia, sonnolenza, aumento dello stato d’ansia dei genitori che tendono a controllare troppo frequentemente la temperatura. ¾ pazienti con almeno una delle seguenti condizioni: • precedente storia di 2 o più episodi di CF con febbre < 38°; • precedente storia di CF di durata superiore a 15 min, in presenza di genitori che abbiano dimostrato di non essere in grado d’individuare l’esordio febbrile tempestivamente ai fini della somministrazione della terapia; • precedente storia di CF di durata superiore a 15 min e con il fallimento della terapia con diazepam intermittente, nonostante fosse somministrata appropriatamente. In questi casi è consigliata la terapia continuativa anticonvulsivante con valproato o fenobarbital (341). Il valproato viene utilizzato alla dose di 20-30 mg/Kg/die, in 2-3 somministrazioni (342). Il fenobarbital viene consigliato alla dose di 3-5 mg/Kg/die in 1-2 assunzioni. Anche se il fenobarbital è efficace in questa situazione (337) il suo uso dovrebbe essere limitato in quanto può causare disturbi cognitivi (353, 354). Non risultano efficaci la carbamazepina e la fenitoina (338, 351). Non è dimostrato che l’uso di farmaci antipiretici, somministrati anche frequentemente, e le manovre per ridurre la febbre, sebbene necessarie per ridurre lo stato di malessere, diminuiscano la frequenza degli episodi convulsivi (338, 341, 355). 2. Crisi epilettiche associate al trauma cranico Il trauma cranico grave (Glasgow Coma Scale ≤ 8) è associato ad un alto rischio di successiva epilessia (43) e in alcuni modelli sperimentali vari farmaci antiepilettici proteggono dall’instaurarsi dei danni cerebrali causati dalle crisi epilettiche (356). Sulla base di queste osservazioni la somministrazione di farmaci antiepilettici è stata proposta come profilassi dell’epilessia successiva al trauma cranico. Tuttavia gli studi controllati condotti su pazienti seguiti subito dopo l’evento 82 traumatico non hanno dimostrato che il precoce trattamento protegge veramente da tale evento. Quello che è stato, invece, dimostrato è che il trattamento con antiepilettici, fenitoina e carbamazepina ma anche, probabilmente, fenobarbital e valproato, riduce il rischio di crisi che si verificano precocemente (entro 7 giorni dall’evento traumatico) (357-368). In considerazione di tali osservazioni, e della possibilità che l’attività epilettica nell’immediato periodo post-traumatico possa causare danni cerebrali secondari (come conseguenza di richieste metaboliche aumentate, di aumento della pressione intracranica e di eccessivo rilascio di neurotrasmettitori), l’utilizzo di tale modalità di profilassi è stata più volte consigliata (369). Tuttavia la miglior pratica anche riguardo a questo punto è tutt’altro che definita (365-367). Una recente revisione metanalitica indica che l’utilizzo di antiepilettici è efficace nel ridurre l’incidenza di crisi precoci ma non vi sono prove sufficienti che indichino che il trattamento profilattico con questi farmaci riduca la percentuale di pazienti in cui si verificano crisi tardive, o abbia un effetto sulla morte e la disabilità neurologica (368). 3. Crisi acute in corso di affezioni mediche e chirurgiche Crisi epilettiche in pazienti con malattie cardiache sono, prevalentemente, correlate a lesioni ischemiche cerebrali anche se in pazienti trattati con anticoagulanti o agenti trombolitici l’emorragia cerebrale può spesso esserne la causa (370, 371). Farmaci cardiologici, specialmente alcuni antiaritmici ad alte dosi e livelli plasmatici, possono precipitare crisi epilettiche (35, 42). Pazienti cardiologici che hanno presentato una ipossia-ischemia cerebrale globale possono presentare un coma difficile da valutare in quanto associato a minimi movimenti convulsivi, mioclono od ad anomalie periodiche EEG. Le benzodiazepine o altri schemi di trattamento possono essere impiegati per trattare questo tipo di crisi ma questi pazienti hanno una prognosi estremamente sfavorevole a prescindere dal trattamento (25, 372, 373). Encefalopatie ipertensive e altre condizioni correlate ad una tossiemia gravidica possono essere associate a crisi epilettiche. Il controllo della pressione arteriosa è un aspetto critico del trattamento ma l’utilizzo delle benzodiazepine, della fenitoina o di altri antiepilettici appare quasi sempre citato nei protocolli terapeutici. Per quanto riguarda la pre-eclampsia e l’eclampsia alcune revisioni metanalitiche (374-376) hanno mostrato che il solfato di magnesio è preferibile all’uso di anticonvulsivanti, probabilmente come conseguenza di un effetto diretto sulla pressione arteriosa o su altri meccanismi fisiopatologici (377). In presenza di una neoplasia endocranica è stata suggerita l’indicazione ad un trattamento profilattico con antiepilettici allo scopo di prevenire le crisi frequentemente associate a questa 83 condizione. Tuttavia, anche in questo caso, la reale utilità non è dimostrata e l’uso di antiepilettici dovrebbe essere considerato solo se il soggetto viene sottoposto a craniotomia in quanto, nel periodo perioperatorio, essi hanno mostrato una certa efficacia nel prevenire le crisi (337, 378, 379). Tale modalità di profilassi andrebbe, tuttavia, interrotta precocemente (dopo la prima settimana) soprattutto se il paziente è stabile e presenta effetti avversi derivanti dall’uso di questi farmaci (379). I trapianti cardiaci, ma anche di altro tipo, possono rappresentare un rischio di crisi epilettiche anche in relazione alla tossicità neurologica dei farmaci immunosoppressivi (soprattutto ciclosporina) o alla possibilità d’infezioni causate dall’immunodepressione (380). Dei pazienti con malattie metaboliche croniche, quelli con uremia sono a maggior rischio di crisi epilettiche. La frequenza di disturbi elettrolitici sufficienti a causare crisi epilettiche è diminuita con il miglioramento delle tecniche dialitiche. Tuttavia alterazioni dei livelli di magnesio, sodio o calcio si osservano ancora come anche lesioni encefaliche correlate alle alterazioni della coagulazione od all’immunosopressione. In questi pazienti la gestione della terapia antiepilettica cronica può essere difficile e fenomeni d’intossicazione o d’inefficacia legati alle variazioni dei livelli plasmatici dei farmaci e della loro quota libera non sono rari. In alcuni casi viene consigliato l’uso profilattico di benzodiazepine prima della dialisi. Le crisi epilettiche sono meno frequenti in corso di malattie epatiche, ma possono presentarsi come conseguenza di alterazioni metaboliche acute, come l’ipoglicemia, o di alterazioni della coagulazione che possono causare emorragie intracraniche. Con bassi livelli di albumina la quota libera di alcuni farmaci antiepilettici può essere più elevata; mancano tuttavia studi controllati circa i farmaci da preferire in queste situazioni (336). Fra le alterazioni metaboliche l’iponatremia è probabilmente la più importante. L’insorgenza di crisi non è ben documentata finchè i livelli di sodio non scendono sotto i 125 mEq/dl. Il trattamento con farmaci antiepilettici non è, in genere, consigliato finchè l’anomalia metabolica sottostante può essere corretta; la correzione troppo rapida, tuttavia, deve essere evitata per il rischio di mielinolisi centrale pontina (381-384). Alcune alterazioni disioniche combinate con bassi livelli di magnesio, calcio e fosfati possono causare crisi epilettiche in una varietà di disturbi gastrointestinali o in altre malattie sistemiche; anche in questi casi il trattamento dipende dalla possibilità di correggere il disturbo elettrolitico e la condizione patologica che ne sta alla base (336). L’ipoglicemia è frequentemente indotta da farmaci (raramente da una malattia epatica o da un insulinoma) e può causare convulsioni precedute, generalmente, da prodromi autonomici con sudorazione, ansietà, tremore, e ottundimento della coscienza. L’iperglicemia non chetotica può essere frequentemente associata a crisi epilettiche. Sono crisi spesso focali e può manifestarsi 84 un’epilessia parziale continua (385-387). L’idratazione è la scelta terapeutica più importante; l’uso di fenitoina potrebbe anche peggiorare la situazione interferendo con la secrezione insulinica e perciò il suo uso è sconsigliato. La chetoacidosi diabetica molto raramente è associata a crisi epilettiche probabilmente per via dell’effetto protettivo dell’acidosi o degli stessi corpi chetonici (dieta chetogena). Le malattie della tiroide, specialmente il coma mixedematoso (ora raro), possono essere associate a crisi epilettiche; anche in queste il trattamento dipende dalla malattia di base (336). Le malattie del connettivo, come il LES e più raramente l’artrite reumatoide o la sindrome di Sjögren o di Bechet, possono associarsi a crisi epilettiche (388-395). Il trattamento con immunosoppressori e con farmaci antiepilettici è frequentemente indicato. Non ci sono dati certi che i farmaci che possono raramente causare sindromi lupus-like siano controindicati in queste situazioni (336). Le crisi indotte da farmaci sono frequentemente presenti in molte delle patologie citate in precedenza. Sia gli stimolanti prescritti come uso terapeutico che illeciti possono essere causa di crisi e, alcune volte, di stati epilettici (35-42). Eccetto che per l’insulina gli altri farmaci mancano di uno specifico antidoto ed è, generalmente, necessario l’utilizzo di farmaci antiepilettici. I metodi per facilitare l’eliminazione degli agenti tossici sono importanti e possono includere l’alcalinizzazione per i triciclici, la dialisi per la teofillina. Tra le crisi correlate all’abuso di sostanze vengono incluse anche le crisi da sospensione. Se queste appaiono correlate alla brusca sospensione di benzodiazepine o barbiturici la scelta terapeutica più ovvia è quella di reintrodurre sotto controllo il composto che è stato tolto. L’uso di fenitoina è da considerare non corretto a meno che non si verifichi uno stato epilettico e se la benzodiazepina di prima scelta non controlli le crisi. Per le crisi d’astinenza alcolica, che si verificano in genere 6-48 ore dopo l’ultima assunzione di alcool, l’idratazione e l’apporto di tiamina e glucosio sono scelte terapeutiche da fare precocemente assieme alla somministrazione di benzodiazepine (396). Oltre ai farmaci-droghe e alcool le crisi epilettiche possono essere causate anche da alcune sostanze, come i contrasti iodati, utilizzate nella diagnostica (42). Una recente revisione metanalitica mostra che la somministrazione profilattica di diazepam può ridurre questo rischio (337). Le convulsioni dovute alla malaria cerebrale tendono ad essere protratte e a ricorrere molte volte durante la stessa fase di malattia. Studi osservazionali hanno rilevato che pazienti con malaria cerebrale che hanno convulsioni protratte e ripetute hanno una peggiore prognosi (397, 398). E’ possibile che le convulsioni nella malaria cerebrale contribuiscano alla maggiore mortalità determinando un peggioramento dell’anossia cerebrale e dell’edema e causando un aumento della pressione cerebrale. Su queste osservazioni è stato suggerito che l’uso di antiepilettici dovrebbe essere utilizzato di routine in questi pazienti (399). Come nelle crisi febbrili il fenobarbital ha 85 dimostrato efficacia nel ridurre il rischio di crisi nella malaria cerebrale (337) tuttavia i risultati di una revisione metanalitica indicano che nonostante questo la mortalità sarebbe più alta nei pazienti trattati con questo farmaco e questo dato impone la necessità di ulteriori studi (400). Ulteriori studi sono anche necessari per dimostrare l’utilità degli anticonvulsivi per prevenire la mortalità e la morbilità nei neonati a termine con encefalopatia iposso-ischemica, condizione spesso associata a crisi epilettiche (401). 4. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 11-1: Crisi epilettiche possono essere indotte acutamente dalla febbre oppure da numerose altre condizioni che, nell’adulto e nel bambino, causano direttamente un danno o alterazioni della perfusione e/o del metabolismo cerebrale Raccomandazione 11.1 (Grado C) Se le crisi rimangono isolate è indicato il trattamento della condizione che ha causato la crisi ma non l’utilizzo di farmaci antiepilettici Raccomandazione 11.2 (Grado A) Se le crisi si ripetono e se si configura uno stato epilettico è indicato il trattamento in acuto con benzodiazepine e/o farmaci antiepilettici maggiori Sintesi 11-2: La diagnosi di CF si basa essenzialmente sull’esame obiettivo e sull’anamnesi. In caso di CF il ricovero ospedaliero è indicato: Raccomandazione 11.3 (Grado C) In un bambino che presenti una CFC, vista la grande variabilità di condizioni sottese a quest’evento Raccomandazione 11.4 (Grado C) Quando la CF si verifica in un paziente in cui le condizioni ambientali e/o socio-culturali sono inadeguate (p.e. bambini privi di contesto familiare affidabile) Raccomandazione 11.5 (Grado C) 86 In caso di CF sono indicati gli esami di laboratorio volti all’identificazione della causa della febbre e delle eventuali alterazioni sistemiche sospette Raccomandazione 11.6 (Grado C) Nei casi di CF l’esecuzione di una rachicentesi è indicata solo quando vi sia il sospetto clinico di un’encefalite o meningite Sintesi 11-3: Nei casi di CF la presenza di un’encefalite o meningite deve essere fortemente considerata non solo in presenza di sintomi e segni specifici (cefalea, meningismo, alterazioni dello stato di coscienza etc.) ma anche: ¾ in presenza di CFC; ¾ quando il bambino sia stato trattato con antibiotici nei giorni precedenti per il possibile mascheramento di sintomi e segni di meningite; ¾ in pazienti con età < 12 mesi e, in misura minore, in soggetti di età tra 12 e 18 mesi. Sintesi 11-4: Sia l’EEG che le neuroimmagini (TC o RM) sono frequentemente normali nelle CF. Raccomandazione 11.4 (Grado C) L’esecuzione di un EEG è indicata nei casi di CFC. Raccomandazione 11.5 (Grado C) Il pannel d’esperti di queste Linee Guida non considera indicata l’esecuzione di un EEG di routine nei casi di CF al primo episodio. Raccomandazione 11.6 (Grado C) Il pannel d’esperti di queste Linee Guida considera indicata l’esecuzione di una TC e/o RM nei casi di CFC e comunque in tutti i casi di CF con EEG alterato in cui si sospetti la presenza di una lesione strutturale cerebrale. Sintesi 11-5: In genere una CF, in ragione della sua breve durata, non consente il trattamento in acuto. Raccomandazione 11.7 (Grado C) Se la CF è prolungata è indicato il trattamento con benzodiazepine immediato (possibilmente <5 minuti) per interrompere la crisi. Diazepam per via rettale rappresenta la scelta preferibile. 87 Raccomandazione 11.8 (Grado C) La terapia profilattica delle recidive con farmaci antiepilettici è indicata solo in presenza di: ¾ storia di convulsioni con durata superiore ai 15 minuti; ¾ presenza di due o più fattori di rischio (età d’insorgenza <15 mesi, presenza d’epilessia o di convulsioni febbrili in parenti di primo grado, frequenti episodi febbrili, bassa temperatura all’esordio della CF) di recidiva e storia di due o più episodi convulsivi; ¾ frequenti convulsioni in un breve periodo di tempo (3 o più volte in 6 mesi, 4 o più volte in un anno). Raccomandazione 11.9 (Grado C) Come trattamento di prima scelta della profilassi delle CF è indicato la somministrazione di diazepam per via rettale in modo intermittente. Sintesi 11-6: Oltre al diazepam intermittente per via rettale sono considerate alternative efficaci la somministrazione intermittente di diazepam per via orale e di altre benzodiazepine come il lorazepam (anche per via rettale) ed il midazolam (intramuscolare). Tuttavia ques’ultimi due farmaci non sono approvati con questa indicazione. Raccomandazione 11.9 (Grado C) E’ indicato il trattamento continuativo delle CF con valproato (scelta preferibile) solo in presenza di: ¾ due o tre episodi convulsivi con febbre < 38°C ¾ di episodi convulsivi di durata superiore a 15 minuti ¾ di genitori che abbiano dimostrato di non essere in grado d’individuare l’esordio della febbre ai fini della somministrazione intermittente di una benzodiazepina ¾ di una precedente storia di episodi convulsivi di durata superiore ai 15 minuti nei quali la somministrazione intermittente di benzodiazepine, nonostante la corretta somministrazione, abbia fallito. Sintesi 11-7: Il trattamento continuativo con fenobarbital è efficacie nel ridurre le ricorrenze di CF ma deve essere considerato un’alternativa in quanto meno tollerato. Sintesi 11-8: Fenitoina e carbamazepina hanno dimostrato un’efficacia nel prevenire le crisi precoci dopo un trauma cranico grave ma, probabilmente, anche fenobarbital e valproato hanno 88 efficacia comparabile. Tuttavia il loro utilizzo in questa situazione è opzionale in quanto le prove attuali non indicano che la prevenzione delle crisi precoci migliora l’esito di questi pazienti. Raccomandazione 11.9 (Grado C) Il pannel d’esperti di queste Linee Guida considera indicato il trattamento profilattico con dintoina delle crisi epilettiche precoci dopo un trauma cranico grave (Glasgow Coma Scale ≤8) solo se non sono presenti situazioni cliniche che potrebbero essere aggravate dall’uso del farmaco (p.e. ipotensione, aritmie cardiache). Raccomandazione 11.8 (Grado A) L’uso profilattico di fenitoina, carbamazepina, fenobarbital e valproato non è indicato per prevenire l’insorgenza di crisi epilettiche tardive dopo un trauma cranico grave. Raccomandazione 11.9 (Grado C) Se i farmaci antiepilettici vengono utilizzati in assenza di crisi epilettiche il pannel d’esperti di queste linee guida considera indicato sospendere il trattamento entro il primo mese per non sottoporre il paziente al rischio di effetti collaterali. Sintesi 11-9: Non vi sono prove sufficienti per stabilire i rischi ed i benefici della somministrazione di anticonvulsivanti nelle donne con pre-eclampsia. Raccomandazione 11.10 (Grado A) Se un anticonvulsivante deve essere utilizzato nelle donne con pre-eclampsia il solfato di magnesio è indicato come scelta preferibile. Raccomandazione 11.11 (Grado A) Nelle crisi epilettiche in corso di eclampsia Il solfato di magnesio è indicato come scelta preferibile rispetto al diazepam e alla fenitoina. Sintesi 11-10: Si sono dimostrati efficaci nella prevenzione di crisi sintomatiche: ¾ fenobarbital nelle crisi associate alla malaria cerebrale ¾ diazepam nelle crisi indotte da mezzi di contrasto ¾ fenitoina nelle crisi a seguito di craniotomia ¾ lorazepam nelle crisi correlate ad abuso di alcool 89 Tuttavia la loro reale utilità in queste specifiche situazioni non appare sempre sufficientemente definita. Raccomandazione 11.12 (Grado C) Il pannel d’esperti di queste Linee Guida considera indicato il trattamento profilattico con dintoina delle crisi epilettiche precoci a seguito di craniotomia. In assenza di crisi epilettiche tale trattamento andrebbe sospeso entro il primo mese per non sottoporre il paziente al rischio di effetti collaterali. Raccomandazione 11.13 (Grado C) Il pannel d’esperti di queste Linee Guida considera indicato il trattamento delle crisi correlate all’uso di alcool con lorazepam. 90 XII. Gli stati epilettici Lo stato epilettico (SE) è un’emergenza medica che comporta un significativo rischio di morte o di danni neurologici permanenti (24). L’anossia, l’ictus, le infezioni del sistema nervoso centrale e i disturbi metabolici sono associati ai peggiori esiti mentre i bassi livelli di farmaci antiepilettici in pazienti con epilessia nota, le patologie correlate all’alcool ed ai traumi cranici, sono associati ad una mortalità più bassa, indicando che la prognosi dipende prevalentemente dall’eziologia. Altri fattori prognostici sfavorevoli sono considerati la durata maggiore di un’ora e l’età avanzata mentre non è dimostrata una diversa mortalità nello SE generalizzato rispetto al focale (402, 403). E’ tuttavia ammesso che vi sia una morbilità maggiore nello SE generalizzato convulsivo (SEGC) (con alterazione di coscienza, irrigidimento degli arti e scosse muscolari) rispetto alle forme non convulsive (con o senza alterazione di coscienza e senza irrigidimento degli arti e scosse muscolari) (SENC) anche se dall’analisi dei dati di letteratura emergono molti fattori confondenti (23, 25, 373, 404-405). Nel 1993 la Epilepsy Foundation of America (EFA) Working Group sullo SE stabilì che la somministrazione di farmaci antiepilettici doveva iniziare se una crisi durava per più di 10 minuti (406). Basandosi su studi clinici che mostravano che una singola crisi raramente durava più di 2 minuti (66), è stato suggerito che una definizione operativa potrebbe essere la seguente: negli adulti e nei bambini con età >5 anni, viene considerata la presenza di uno SEGC se sono presenti 5 minuti di crisi continue o due o più crisi discrete tra le quali vi è un incompleto recupero della coscienza (23, 407-408). Questa definizione ha il principale scopo di enfatizzare il problema che le crisi prolungate hanno un alto rischio di complicazioni e necessitano, quindi, di un tempestivo ed efficace trattamento (22, 23, 403). Sempre dal punto di vista della terapia appare importante distinguere i vari tipi di SE sia sulla base delle diverse eziologie sia in base alle loro caratteristiche cliniche. Per esempio uno SEGC tonico che si verifica nell’ambito di una sindrome di Lennox-Gastaut può essere indotto dalla somministrazione di benzodiazepine utilizzate per trattare uno SE di assenza (409). Lo SE di assenza non sembra causi danni del sistema nervoso centrale anche se ha una durata molto lunga (410). Inoltre, se le complicazioni della terapia devono essere evitate, per il trattamento di questa condizione potrebbero essere indicati schemi di utilizzo delle benzodiazepine meno aggressivi e, probabilmente, farmaci molto attivi su questo tipo di crisi, come il valproato, oppure altri schemi terapeutici ancora non testati in studi controllati. Sempre il valproato potrebbe rappresentare, assieme alle benzodiazepine, il farmaco di scelta negli SE mioclonici che si verificano in corso di epilessie generalizzate (31) mentre lo SE mioclonico, conseguenza di un danno cerebrale anosso- 91 ischemico, ha, di per sé, una prognosi infausta e non condizionabile dalla terapia antiepilettica (24, 25, 372, 373). Per un clinico non esperto è, poi, soprattutto senza l’ausilio dell’EEG, non sempre facile distinguere uno SE psicomotorio da SE di assenza, come può essere difficile diagnosticare uno SENC in un paziente in coma in una terapia intensiva e distinguere le forme “subtle” degli SEGC dagli SEGC mioclonici e dal mioclono non epilettico. Lo SE focale semplice convulsivo clonico rappresenta una situazione spesso autolimitata nel tempo ed il clono che si osserva nella sua forma più persistente, l’epilessia parziale continua di Kojewnikow, risponde poco alla somministrazione di farmaci antiepilettici. In tale situazione deve essere attentamente valutato il rischio di un trattamento che causi un’eccessiva sedazione (31). Prevalentemente empirico è anche il trattamento degli stati di male neonatali dove mancano studi adeguati e dove la presenza di fattori particolari legati a quest’età rende l’interpretazione dei segni clinici e delle modificazioni fisiopatologiche del tutto peculiari (31, 411). Anche il trattamento degli SEGC nei bambini è, per lo più se non completamente, basato su indicazioni derivate da studi sull’adulto e i vari protocolli proposti utilizzano estrapolazioni verso il basso del dosaggio dei farmaci da utilizzare. Questo appare spesso non corretto per un numero di ragioni che includono l’ampia variabilità del peso corporeo presente in quest’età, il differente metabolismo e le modalità utilizzate nel somministrare i farmaci (p.e. uso delle benzodiazepine per via rettale) (346, 347, 412-414). 1. Trattamento dello SEGC L’obiettivo del trattamento è quello di controllare il ripetersi delle crisi e deve sempre affiancarsi ad alcune misure generali di gestione del paziente critico che includono, anche, il trattamento della patologia che causa lo SE. Per praticità clinica, ma anche con il supporto di dati neurofisiologici, la terapia dello SEGC viene frequentemente divisa in tre fasi: ¾ iniziale (primi 30 minuti) ¾ definito (dopo 30 minuti nonostante il trattamento iniziale fino a 60-90 minuti) ¾ refrattario (dopo 60-90 minuti dall’inizio della terapia) (326) Diversi esperti hanno fornito differenti raccomandazioni sul migliore protocollo terapeutico da applicare (22, 326, 407, 415-417). Tuttavia, soprattutto per le forme di SE definito e refrattario, le prove di queste raccomandazioni non sono, spesso, chiare. Considerando questi limiti abbiamo cercato di riassumere alcune delle proposte tratte dai principali protocolli terapeutici consultati riportando, anche, la posologia consigliata per i farmaci considerati di riferimento. a. Stato epilettico iniziale (primi 30 minuti) 92 I principali obiettivi di questa fase sono: supportare le funzioni vitali; identificare e trattare i fattori causali e precipitanti; far terminare le crisi. Per quest’ultima necessità le benzodiazepine sono considerate, attualmente, i farmaci di primo impiego poiché agiscono velocemente e sono facili da utilizzare. Lorazepam e diazepam sono le due benzodiazepine di prima scelta (418-420). In alternativa alcuni prevedono l’utilizzo di clonazepam (422) o midazolam (423-424). Tuttavia il primo non è più in commercio in Italia nella forma iniettabile ed il secondo è registrato solo in ospedale per l’uso in terapia intensiva. Anche lorazepam nella forma iniettabile è registrato solo per l’uso ospedaliero. La prima priorità è quella di garantire il mantenimento della respirazione e della circolazione. Il paziente deve essere protetto dalla possibilità di causarsi lesioni, devono essere rimosse ostruzioni delle vie respiratorie e applicare le classiche procedure del Basic Life Support (BLS). Vi sono poi un certo numero di domande cui rispondere prima d’iniziare il trattamento: vi è il sospetto di alcoolismo o di una ipoglicemia? E’ uno stato epilettico o psicogeno? Quale è la causa/prognosi? Vi è necessità di un trattamento intensivo? I protocolli in uso presso i principali dipartimenti ospedalieri comprendono, tutti od in parte, le seguenti procedure: ¾ appena possibile somministrare ossigeno, assicurare un accesso venoso e prelevare campioni di sangue per test di routine (glucosio, elettroliti, emocromo, funzionalità epatica e renale, tossicologia e farmaci), ed iniziare il monitoraggio dei parametri vitali; ¾ trattare l’ipotensione (l’ipertensione non dovrebbe essere corretta finchè lo SE non è controllato poiché la cessazione dello SE può correggerla e molti farmaci utilizzati nel trattamento dello SE producono ipotensione). Trattare la grave acidosi. Nel sospetto d’ipoglicemia infondere glucosio preceduto da tiamina 100 mg in pazienti con storia, o sospetto, di abuso di alcool, poiché l’infusione endovenosa di glucosio potrebbe scatenare un’encefalopatia tipo Wernicke in pazienti predisposti. Piridossina (100-200 mg) dovrebbe essere somministrata sistematicamente all’inizio del trattamento nei bambini con meno di 24 mesi di età e, certamente, prima d’iniziare i farmaci a lunga durata d’azione, se non può essere esclusa la rara condizione di crisi da carenza di piridossina (22, 415, 416); ¾ per interrompere le crisi lorazepam e diazepam sono le due benzodiazepine considerate di prima scelta. Le dosi e modalità di somministrazione consigliate sono: lorazepam (0,1 mg/Kg e.v. a 2 mg/min), diazepam e.v. (10-20 mg a 2-5 mg/min negli adulti e 0,25-0,50 mg/Kg a 2-5 mg/min nei bambini) (415). Alcuni protocolli utilizzati nei bambini includono la possibilità di somministrare diazepam e lorazepam per via rettale. Il diazepam è considerato il farmaco di riferimento con questa modalità di utilizzo (347). Midazolam intramuscolare (non è ancora 93 sufficientemente standardizzato l’uso per via nasale o buccale) viene da alcuni preferito grazie alla più facile modalità di somministrazione (413, 421, 423-424). b. Stato epilettico definito (>30 minuti fino a 60-90 minuti) L’obiettivo della terapia di questa fase è anche quello di prevenire una eventuale ripresa delle crisi utilizzando un farmaco antiepilettico che mantenga la sua efficacia nel tempo. Tuttavia se come farmaci di prima linea le benzodiazepine hanno dimostrato una chiara efficacia non vi sono evidenze certe che guidino circa il farmaco da scegliere se lo SE persiste dopo la somministrazione di lorazepam (o di un’altra benzodiazepina). In Italia sono disponibili tre preparati iniettabili di antiepilettici maggiori: fenitoina, fenobarbital, valproato. Le esperienze cliniche maggiori sono state effettuate con fenobarbital sodico e la fenitoina per via endovenosa e tra i due, quest’ultimo è frequentemente considerato di prima scelta per la sua efficacia e la sua relativa mancanza di sedazione (408, 416, 417, 425). Inoltre il valproato, sebbene utilizzato in alcuni studi (426, 427), non ha ricevuto ancora l’approvazione per l’uso negli SE. Alternativa alla fenitoina potrebbe essere il profarmaco fosfenitoina non ancora registrato in Italia. Le misure da adottare in questa fase comprendono: ¾ la stabilizzazione dei parametri vitali, la correzione degli squilibri metabolici e lo stabilire la causa dello SE. In molti protocolli è contemplato l’inizio del monitoraggio EEG per confermare la diagnosi e verificare l’efficacia della terapia. Predisporre, se possibile, il trasferimento in Unità Intensiva se i parametri vitali indicano una criticità non affrontabile; ¾ infondere fenitoina (15-18 mg/Kg e.v. ad una velocità non superiore a 50 mg/min negli adulti 20 mg/min negli anziani, 20 mg/kg ad una velocità di 1 mg/kg/min nei bambini; rallentare la velocità d’infusione se si verifica ipotensione). Ricordare che la fenitoina: non deve essere diluita soprattutto in una soluzione glucosata; deve essere monitorizzata la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa (è controindicata in presenza di blocco atrio-ventricolare o grave ipotensione); deve essere infusa utilizzando un accesso venoso indipendente (un grosso vaso per ridurre il rischio di flebite); possono essere somministrati ulteriori 5 mg/kg e.v. in caso di mancato controllo delle crisi (22, 23, 406, 408, 415-417); ¾ se non vi è risposta alla fenitoina alcuni consigliano di utilizzare fenobarbital o l’infusione di midazolam (vedi dopo). Se utilizzato per terminare lo SE fenobarbital può essere impiegato negli adulti alla dose di 10 mg/kg alla velocità di 100 mg/min (generalmente negli adulti una dose di 600-800 mg), seguita da un mantenimento di 1-4 mg/kg/die. Nei bambini e nei neonati la dose endovenosa è di 15-20 mg/kg seguita da un mantenimento di 3-4 mg/kg/die. Dosi di carico più alte possono essere utilizzate nei neonati. Fenobarbital può essere anche utilizzato fin dall’inizio del 94 trattamento. In questo caso la dose utilizzata negli adulti è di 3-5 mg/kg con una seconda dose analoga effettuata in caso di persistenza delle crisi 15-30 minuti dopo l’iniezione (in caso di non risposta possono essere necessarie dosi più alte fino a 20-30 mg/kg). La velocità d’infusione nell’adulto non dovrebbe eccedere i 100 mg/min (22, 23, 396, 406, 408, 415-417, 428, 429). c. Stato epilettico refrattario Abbiamo visto che se lo SE non risponde al trattamento con benzodiazepine e fenitoina in dosi adeguate, alcuni protocolli indicano la possibilità di utilizzare fenobarbital o midazolam. Vi è comunque un consenso che se le crisi persistono dopo 30 minuti di trattamento con fenitoina o fenobarbital vi è l’indicazione a provare un’anestesia generale. La scelta di quest’opzione dipende, ovviamente, dalla disponibilità del trasferimento in una terapia intensiva e dalla valutazione dei fattori prognostici complessivi. L’anestesia controlla i movimenti convulsivi, riduce l’attività epilettica cerebrale e le richieste metaboliche. Può essere ottenuta con anestetici barbiturici e non barbiturici (l’anestesia per inalazione ha una serie d’inconvenienti e richiede l’utilizzo di particolari ambienti e agenti anestetici). Le misure generali dell’intervento terapeutico in terapia intensiva sono: ¾ mantenere le funzioni vitali (sono necessarie intubazione e ventilazione artificiale) e prevenire le complicanze dello SE, incluse quelle iatrogene, sia a livello cerebrale che extracerebrale. Appare necessario, oltre alla monitorizzazione delle funzioni vitali e della temperatura corporea, anche il monitoraggio dell’EEG per verificare l’efficacia della terapia che va continuata fino alla risoluzione delle crisi o all’ottenimento di una modificazione del tracciato EEG definito come burst suppression. In questi pazienti risulta utile non praticare la miorisoluzione; ¾ praticare l’anestesia generale. I farmaci più frequentemente utilizzati sono pentobarbital, tiopental, propofol e midazolam. In Italia la scelta è prevalentente indirizzata all’uso di tiopental, propofol e midazolam. La dose e le modalità di somministrazione sono: tiopental (negli adulti 100250 mg e.v. in 20 sec. seguiti da 50 mg ogni 2-3 min e successivo mantenimento con 3-5 mg/kg/ora per mantenere la condizione di “burst suppression”); propofol (carico di 1-3 mg/kg e mantenimento con 6-12 mg/kg/ora); midazolam (carico di 0,15-2 mg/kg e mantenimento con 0.052 mg/kg/ora). L’infusione dei farmaci deve essere continuata per almeno 24 ore dopo che l’attività epilettica si è risolta. Midazolam e propofol dovrebbero essere ridotti gradualmente in non meno di 6-24 ore. Altre opzioni terapeutiche proposte negli SE refrattari includono l’uso di lidocaina, ketamina e di anestetici gassosi (isoflurano) (22, 23, 396, 406, 408, 415-417, 430, 431, 432-439). 95 2. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 12-1: Lo SEGC è un’emergenza da affrontare prontamente in maniera adeguata per ridurre la morbilità e, possibilmente, anche la mortalità. Raccomandazione 12.1 (Grado C) E’indicato iniziare il trattamento di uno SEGC quanto più precocemente possibile già nella fase di preospedalizzazione. Sintesi 12-2: Lo SENC focale complesso può, anch’esso, essere associato ad un’alta morbilità. Mancano per questa specifica forma protocolli di trattamento condivisi. Raccomandazione 12.2 (Grado C) Il pannel di esperti di queste Linee Guida considera indicato il trattamento delle forme di SENC focale complesso ad esordio acuto con gli schemi terapeutici utilizzati nello SEGC iniziale e definito. Sintesi 12-3: Lo SE di assenza, gli SE mioclonici in corso di un’epilessia mioclonica, gli SE focali non associati ad alterazione della coscienza e gli SENC focali complessi in pazienti con epilessia nota non presentano i caratteri dell’emergenza come gli SEGC ma necessitano, comunque, di un trattamento appropriato. Raccomandazione 12.3 (Grado C) Il pannel di esperti di queste Linee Guida considera indicato il trattamento delle forme di SE di assenza, di SE mioclonici in corso di un’epilessia mioclonica, di SE focali non associati ad alterazione della coscienza e di SENC focali complessi in pazienti con epilessia cronica con schemi terapeutici utilizzati nello SEGC iniziale e definito ma personalizzati in base alle diverse situazioni cliniche (p.e. negli SE di assenza e negli SE mioclonici in corso di un’epilessia mioclonica l’uso di valproato potrebbe essere preferibile). Sintesi 12-4: Lo SEGC mioclonico in un paziente con encefalopatia post-anossica ha di per sé una prognosi infausta e, probabilmente, non modificabile dalla terapia. Raccomandazione 12.4 (Grado C) 96 Il pannel di esperti di queste Linee Guida non considera indicato il trattamento SEGC mioclonico in un paziente con encefalopatia post-anossica con alte dosi di farmaci antiepilettici. Sintesi 12-5: Fenitoina, fenobarbital, diazepam, lorazepam e midazolam sono efficaci nel trattamento degli SEGC iniziali e definiti. Per la maggior maneggevolezza le benzodiazepine sono considerati i farmaci di primo impiego. Raccomandazione 12.5 (Grado A) Lorazepam o diazepam per via endovenosa sono indicati per il trattamento dello SEGC iniziale. Lorazepam per via endovenosa è, probabilmente, la scelta preferibile. Sintesi 12-6: In fase di preospedalizzazione se non fosse possibile la somministrazione di benzodiazepine per via endovenosa sia lorazepam che diazepam possono essere somministrati per via rettale ma non per via intramuscolare. Solo midazolam può essere somministrato per via intramuscolare ma il suo uso è approvato solo per la sedazione e anestesia. Raccomandazione 12.6 (Grado A) In caso di SEGC se non fosse possibile la somministrazione di benzodiazepine per via endovenosa è indicata la somministrazione di diazepam o lorazepam per via rettale. Soprattutto nel bambino diazepam per via rettale rappresenta, probabilmente, la scelta preferibile. Sintesi 12-7: Se le crisi persistono dopo la somministrazione di lorazepam, o di un’altra benzodiazepina, la maggior parte dei protocolli consiglia l’utilizzo di fenitoina o fenobarbital per via endovenosa. Raccomandazione 12.7 (Grado C) Dopo la somministrazione di benzodiazepine è indicata la somministrazione di un antiepilettico a più lunga durata d’azione. Tra fenitoina e fenobarbital, fenitoina è, probabilmente, la scelta preferibile. Raccomandazione 12.8 (Grado C) Se fenitoina o fenobarbital non possono essere utilizzati è indicato l’uso di valproato o midazolam. Entrambi i farmaci non sono, tuttavia, approvati per questo uso. 97 Sintesi 12-8: Gli SE refrattari hanno una mortalità molto alta che è correlata, prevalentemente, all’eziologia. Per tale motivo la scelta dei pazienti da sottoporre ad anestesia generale deve essere valutata caso per caso considerando anche i rischi e i benefici di tale procedura. Sintesi 12-9: Negli SE refrattari l’infusione di farmaci anticonvulsivanti fino ad ottenere la soppressione del fondo EEG (isoelettrica o burst suppression), sembra essere più efficace di altre strategie terapeutiche. Tuttavia tali interventi sono associati, anche, con un aumento della frequenza di ipotensione e non è stato osservato nessun effetto sulla mortalità. Sintesi 12-10: I barbiturici anestetici, il propofol e il midazolam sono le opzioni terapeutiche più frequentemente consigliate nei protocolli di trattamento dello SE refrattario. Non esistono studi comparativi tra queste tre opzioni ed un consensus circa la modalità di trattamento migliore non è ancora emerso. Raccomandazione 12.9 (Grado C) Negli SEGC refrattari è indicato l’uso di barbiturici, propofol e midazolam in una terapia intensiva solo dopo aver valutato i rischi e benefici derivanti da tale procedura. Sintesi 12-11: L’uso di ketamina, lidocaina, isoflurano si è dimostrato efficace nel trattamento di alcuni SE refrattari. Tuttavia non esiste uno standard circa le modalità di utilizzo di tali composti. Raccomandazione 12.10 (Grado C) L’uso di ketamina, lidocaina, isoflurano per il trattamento degli SE refrattari deve essere attentamente valutato ed è indicato che venga eventualmente effettuato solo da personale esperto quando le altre opzioni terapeutiche hanno fallito e dopo aver valutato i fattori prognostici generali dello specifico caso da trattare. 98 XIII.Epilessia nelle donne 1. Epilessia e ormoni sessuali E’ conosciuta la relativa frequenza di crisi epilettiche durante il ciclo mestruale e/o all’ovulazione, fino a, peraltro rare, forme d’epilessia con crisi che si verificano esclusivamente in questi momenti del ciclo riproduttivo femminile. Studi in vitro sull’attività degli ormoni sessuali femminili a livello del sistema nevoso centrale hanno dimostrato che gli estrogeni (440) possiedono un’attività eccitatoria (probabilmente mediata da un loro effetto indiretto sul GABA, i suoi recettori e i recettori NMDA dell’ippocampo) a livello corticale mentre i progestinici hanno un effetto opposto (441).Alcune più recenti osservazioni in aperto condotte su piccoli gruppi di pazienti, sembrano indicare che una relativa insufficienza di secrezione progestinica sia responsabile di crisi prevalentemente o esclusivamente catameniali (442) e che la somministrazione di progesterone naturale (per supposta) o medrossiprogesterone (per via intramuscolare) è efficace nel determinare una riduzione del numero delle crisi epilettiche (443, 444). Da rilevare, tuttavia, che nell’ipotesi di una futura gravidanza la somministrazione di progesterone è controindicata. Per molti farmaci antiepilettici (fenobarbital, primidone, fenitoina, carbamazepina, oxcarbazepina, tiagabina, felbamato, topiramato) il cui metabolismo è completamente o parzialmente citocromo P450-dipendente, è stata descritta, un’interazione con il livello plasmatico degli ormoni steroidei. Tale interazione, sebbene non sempre clinicamente rilevante, avviene con meccanismi che coinvolgono anche l’ipotalamo e la competizione per il legame alle proteine plasmatiche. Questi dati spiegherebbero il frequente rilevamento d’irregolarità mestruali nelle donne con epilessia e la relativa insicurezza di una contraccezione orale con queste terapie (444-448). Nelle pazienti con crisi epilettiche sono state descritte, peraltro, alterazioni ormonali anche in pazienti che non assumevano farmaci antiepilettici e che venivano imputate, senza ancora chiara dimostrazione, all’interferenza della scarica corticale a livello dei releasing-factor ipotalamici. Alcuni studi hanno rilevato, poi, una più alta incidenza d’associazione della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) con la terapia con valproato. La storia naturale della PCOS è tuttora dibattuta. Non è chiaro se tale disturbo sia, oltre che responsabile d’infertilità, anche espressione di possibili alterazioni precancerose dell’ovaio oppure, viceversa, esse stesse si esprimano precocemente con una PCOS (445, 449-451). In queste pazienti può, comunque, essere preferibile utilizzare farmaci (gabapentin, levetiracetam e lamotrigina) che mostrano una ridotta interazione, clinica ed umorale con i livelli degli ormoni steroidei e ritenuti meno probabilmente correlati alla sindrome (446, 448). 99 2. Contraccezione All’inizio di una terapia antiepilettica in una donna in età fertile, è opportuno discutere l’eventuale preferenza verso una contraccezione orale e la necessità di programmare una gravidanza. Questo, in ottemperanza all’obbligo deontologico d’informazione e di scelta consapevole, al fine di consentire, tra i farmaci indicati per le crisi della paziente, la selezione di quelli che non presentino interazioni con gli ormoni steroidei (446, 448). Alternativamente andrebbero consigliati prodotti con dosi più alte di estrogeni (50 mcg) che però sono correlati ad un maggior rischio di trombosi venose profonde (452). 3. Gravidanza Per tutti i farmaci antiepilettici tradizionali vengono segnalate potenzialità teratogene (le malformazioni maggiori riportate comprendono la spina bifida, le malformazioni cardiache e del massiccio facciale) senza, però, indicazioni precise sui singoli farmaci. Infatti, nonostante esista un’ampia letteratura al riguardo, essa è prevalentemente costituita da segnalazioni sporadiche o da piccoli gruppi, spesso prive di un adeguato monitoraggio ostetrico/neurologico, e quindi incapace di fornire prove certe. L’uso di valproato in gravidanza viene, comunque, sconsigliato dalla maggior parte degli esperti. Per quanto riguarda, poi, i farmaci di più recente introduzione, i dati disponibili sono ancora numericamente scarsi. Negli ultimi anni, in più paesi, sono stati istituiti registri nazionali e sono stati posti in opera studi osservazionali policentrici multinazionali, tuttora in corso, che potranno dare nei prossimi anni indicazioni più precise (453). Considerando tali incertezze appare necessario programmare attentamente una gravidanza per: ¾ selezionare le pazienti che per la loro storia abbiano la possibilità di sospendere la terapia (epilessia in remissione); ¾ apportare modifiche terapeutiche sia come posologia sia come numero di farmaci; ¾ decidere una sospensione temporanea della terapia qualora il tipo di crisi materne non comporti rischi per il feto (è nota la potenziale lesività fetale solo delle crisi toniche e tonico-cloniche per l’ipossia placentare che possono causare) (454). Una volta che la gravidanza sia iniziata, è necessario tener presente che in questo periodo si rilevano variazioni importanti sulla farmacocinetica di molti dei farmaci antiepilettici. Infatti la presenza di modificazioni metaboliche e fisiche (livelli degli ormoni steroidei, diverso volume di distribuzione sia per incremento della massa corporea acquosa sia per l’incremento fisiologico 100 della frequenza cardiaca, variazioni del legame proteico plasmatico ma con quota libera stabile) renderà necessario, un adeguamento posologico, almeno a partire dall’inizio del secondo trimestre, alle variazioni di peso della madre (tenendo presenti i parametri farmacocinetici noti per quel farmaco) ed un monitoraggio plasmatico almeno trimestrale. I farmaci che presentano un metabolismo citocromo P450-dipendente sembrano i più influenzati. Nell’ultimo mese sembra consigliabile eseguire almeno due controlli del livello plasmatici di questi farmaci (455-456). Quando sia necessario confermare la terapia con valproato viene suggerito, sulla base di estrapolazioni da dati sperimentali ottenuti sull’animale, di frazionare il più possibile la dose giornaliera della terapia, in modo da ottenere il più basso picco plasmatico (457, 458). Uno degli effetti teratogeni più importanti probabilmente correlati all’utilizzo del valproato, ma forse anche alla carbamazepina ed ad altri farmaci antiepilettici, è la spina bifida. E’ probabile che quest’effetto sia, almeno parzialmente, legato al meccanismo di base che caratterizza le proprietà dei farmaci antiepilettici (stabilizzazione del potenziale di membrana, effetto che tende a ridurre quantitativamente le mitosi). Questo effetto è anche parzialmente legato alle interazioni di questi farmaci con l’acido folico (460-463). Da ciò deriva la raccomandazione di assumere acido folico (5 mg/die secondo la maggioranza degli autori) almeno da tre mesi prima del concepimento e per tutto il primo trimestre. Nel cordone ombelicale di feti le cui madri assumano farmaci antiepilettici citocromo P450dipendente, è documentata la presenza di forme inattive di fattori della coagulazione vitamina Kdipendenti. Il motivo di questo reperto non è chiarito, ma il rilievo di un’alta incidenza in questi neonati di sindrome emorragica neonatale, e la normalizzazione dei fattori suddetti dopo somministrazione di vitamina K, ha finora giustificato l’utilizzo di vitamina K alla fine della gravidanza. Esiste, comunque, un recente dibattito sulla reale necessità di questa misura, che potrebbe, potenzialmente, determinare un incremento del rischio trombofilico materno, presente in modo importante al termine della gravidanza. Quest’indicazione comunque non sostituisce l’indicazione generale alla somministrazione intramuscolare di Vitamina K, alla nascita, a tutti i neonati (464, 465). Qualora sia prevedibile una nascita prematura, è comunemente indicata, come prevenzione della sindrome da distress respiratorio neonatale, la somministrazione, alla madre di beclometasone alla posologia di 24 mg, mentre nelle gestanti che assumono farmaci antiepilettici con metabolismo citocromo P450-dipendenti si dovrà utilizzare un dosaggio doppio, cioè 48 mg (466). Esiste, in Italia, uno standard di controlli clinico-strumentali per la prevenzione delle patologie materno-fetali più comuni utilizzato per il monitoraggio di tutte le gravidanze. Nel caso di pazienti con epilessia in trattamento farmacologico esiste anche la necessità di programmare un attento 101 monitoraggio strumentale e clinico per rilevare precocemente eventuali effetti teratogeni in modo che possano essere prese decisioni sulla prosecuzione o meno della gravidanza. Nelle donne con epilessia, il rischio malformativo sembrava circa doppio rispetto alla popolazione generale, qualunque sia il farmaco utilizzato, ed anche a prescindere dall’assunzione o meno di farmaci. Tuttavia i dati più recenti su donne con epilessia non in trattamento farmacologico, smentiscono che questo rischio sia legato direttamente all’epilessia (467). Come già detto le malformazioni maggiori comunemente riferite all’uso di antiepilettici riguardano la spina bifida, le malformazioni cardiache e del massiccio faciale. Le forme più gravi possono essere individuate in utero mediante controlli ecografici mirati e la valutazione dell’andamento dell’alfa-fetoproteina (454, 459, 460, 464). E’ quindi assolutamente fondamentale il lavoro coordinato tra neurologo ed ostetrico, se possibile con la determinazione di automatismi operativi che rendano routinaria la gestione del problema. A scopo esemplificativo si allega uno schema di protocollo diagnostico-preventivo orientato verso le problematiche malformative correlate all’uso degli antiepilettici: ¾ X°-XII° settimana: esecuzione ecografia per controllo spina dorsale (rilievo spina bifida conclamata); ¾ XVI° settimana: determinazione alfa-fetoproteina ematica (o eventualmente sul liquido amniotico); ¾ XVIII-XX° settimana: esecuzione ecografia per lo studio del massiccio facciale (si evidenziano difetti di saldatura come labiopalatoschisi etc.); ¾ XXII°-XXIV° settimana: esecuzione toco-ecocolor cardiaco (previa consulenza per gravidanza a rischio) per eventuali difetti cardiaci (indicata soprattutto quando ci sia una storia familiare in tal senso). 4. Parto e puerperio Non ci sono indicazioni a programmare un parto cesareo d’elezione per la sola presenza d’epilessia. Secondo le varie casistiche, l’1-2% delle donne con epilessia presenta una crisi generalizzata tonico-clonica durante il parto o nelle 24 ore successive. Poiché non esiste nessuna prova di un rapporto causa-effetto tra il parto e le crisi (ad eccezione della presenza di un’eclampsia), le ipotesi formulate al riguardo sono legate all’alterazione del ritmo sonno-veglia durante il travaglio, alla presenza di acidosi e all’eventuale presenza d’ipoglicemia. 102 Il trattamento della crisi è, generalmente, effettuato con benzodiazepine anche se non vi sono indicazioni al loro utilizzo a meno che le crisi tendano a ripetersi. Non vi sono, infatti, particolari rischi fetali a meno che non si sviluppi un’acidosi materna (336, 454, 468, 469). Ovviamente si deve garantire l’assunzione della terapia anche durante il travaglio e se questo determina la comparsa di vomito si dovrà considerare la possibilità di utilizzare benzodiazepine per via rettale o endovena (diazepam o lorazepam) o, se necessario, con antiepilettici maggiori per via endovenosa (fenitoina o valproato). Nel puerperio (soprattutto nei primi 60-90 giorni) la terapia deve essere lasciata immodificata qualora si effettui allattamento al seno, poiché l’assetto ormonale e le modificazioni fisiche indotte dalla gravidanza si mantengono ancora stabili. Dal 60°-90° giorno, previo eventuale dosaggio dei livelli plasmatici degli antiepilettici, si può iniziare un lento ritorno della posologia ai livelli pregestazionali (454, 468, 469). 5. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 13-1: Le donne con epilessia necessitano di particolari attenzioni legate, soprattutto, alla scelta della terapia che può interferire sulla funzione endocrina-riproduttiva e sulla contraccezione. Prima d’iniziare una terapia antiepilettica in una donna con epilessia è indicato: Raccomandazione 13.1 (Grado C) Valutare la storia ginecologico-ormonale. Raccomandazione 13.2 (Grado C) Chiarire i desideri della paziente rispetto ad un’eventuale contraccezione orale. Raccomandazione 13.3 (Grado C) Chiarire i desideri della paziente rispetto ad un’eventuale gravidanza. In una donna con epilessia che desideri programmare una gravidanza è indicata una consulenza da parte di medici esperti per: Raccomandazione 13.4 (Grado C) Indicare la percentuale del rischio della trasmissione genetica della malattia e per conoscere la possibilità d’effettuare, preliminarmente, test diagnostici specifici. 103 Raccomandazione 13.5 (Grado C) Informare circa il rischio teratogeno dei farmaci antiepilettici. In una paziente con epilessia in trattamento con farmaci antiepilettici è indicato pianificare la gravidanza in modo da: Raccomandazione 13.6 (Grado C) Sospendere eventualmente la terapia qualora l’epilessia possa considerarsi guarita oppure le crisi siano tali da non mettere a rischio la madre e la prosecuzione della gravidanza. Raccomandazione 13.7 (Grado C) Sostituire i farmaci fino allora assunti, se a più alto rischio teratogeno, con altri ad analogo spettro d’azione ma per i quali vi siano relative sicurezze d’impiego nel periodo dell’organogenesi (primo trimestre) [p.e. nella maggior parte delle pazienti il fenobarbital può essere considerato un’alternativa al valproato]. Raccomandazione 13.8 (Grado C) Ridurre il numero dei farmaci utilizzati e, se possibile, attuare una monoterapia. Raccomandazione 13.9 (Grado A) Iniziare l’assunzione di folati (almeno 5 mg/die d’acido folico per os). In una paziente in trattamento con farmaci antiepilettici, è indicato durante la gravidanza: Raccomandazione 13.10 (Grado A) Continuare l’assunzione di folati almeno per tutto il primo trimestre. Raccomandazione 13.11 (Grado C) Programmare controlli clinici e strumentali mirati ad evidenziare le forme più gravi di malformazioni correlabili all’uso di antiepilettici. Raccomandazione 13.12 (Grado C) Se è assunto valproato frazionare la posologia giornaliera in diverse assunzioni nell’arco delle 24 ore, per ridurre i picchi plasmatici che s’ipotizzano correlati alla frazione d’assorbimento transplacentare (per estensione potrebbe essere consigliato frazionare la dose giornaliera anche degli altri farmaci). 104 Raccomandazione 13.13 (Grado C) Se necessario al controllo delle crisi i farmaci antiepilettici a più alto rischio teratogeno possono essere reintrodotti dopo il primo trimestre (periodo dell’organogenesi). Raccomandazione 13.14 (Grado C) Somministrare 10 mg/die di vitamina K dalla 36° settimana di gestazione per prevenire rischi emorragici nel neonato. Raccomandazione 13.15 (Grado C) Se sussiste rischio di una nascita prematura somministrare alle gestanti che assumano farmaci antiepilettici inducenti 48 mg di beclometasone come prevenzione della sindrome da distress respiratorio neonatale. 105 XIV. Problemi medici e anestesiologici in pazienti con epilessia I pazienti con epilessia presentano una morbilità generale per affezioni mediche o chirurgiche più alte della popolazione di riferimento della stessa età e stato socio-economico (58, 472). Questo comporta, tra l’altro, che questi pazienti debbano sottoporsi a diverse terapie mediche od interventi chirurgici. Per i pazienti che non possono assumere i loro farmaci abituali per via orale, o per sondino nasogastrico, sono disponibili in Italia per via iniettabile, oltre alle benzodiazepine, fenitoina, fenobarbital e valproato. La gestione della terapia farmacologia in corso di malattie sistemiche e chirurgiche non è standardizzata e appare necessario, di solito, una conoscenza adeguata non solo del tipo di crisi e sindrome epilettica presentata, ma anche delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche di tutti i farmaci assunti allo scopo di poter individualizzare la terapia in relazione alle caratteristiche della malattia sistemica e della varia tipologia dei farmaci assunti. In Allegato 18.7 è riportata una tabella riassuntiva delle più frequenti interazioni dei farmaci antiepilettici. Un altro dei problemi più importanti nei pazienti con epilessia coinvolge le caratteristiche dell’anestesia da approntare quando, per una qualsiasi ragione, questi si debbano sottoporre ad un intervento chirurgico. I maggiori testi d’anestesia consultati concordano sul fatto che il controllo delle crisi dovrebbe essere ottenuto prima di sottoporre il paziente all’intervento e che i farmaci antiepilettici devono essere assunti a dosi sicuramente efficaci tenendo come riferimento il range terapeutico. Inoltre, nei giorni precedenti, occorre garantire la necessaria tranquillità anche con l’uso di farmaci, p.e. benzodiazepine, allo scopo di evitare situazioni, come la deprivazione di sonno, che possono aumentare il rischio di crisi epilettiche. Durante l’operazione bisogna considerare che l’intervento chirurgico può necessitare di rimpiazzo volemico con cristalloidi, colloidi, sangue e plasma. In conseguenza i livelli ematici dei farmaci antiepilettici possono diminuire e aumentare il rischio per il verificarsi di crisi nel post-operatorio. In questi pazienti, pertanto, il risveglio andrebbe dilazionato in una terapia intensiva/subintensiva (473-474). Riguardo al tipo d’anestesia da consigliare non vi sono evidenze certe. Sono segnalati in letteratura casi aneddotici di vari anestetici che possono causare crisi epilettiche durante l’anestesia o nel post-operatorio (430, 475-477). In alcuni casi è segnalata solo comparsa d’anomalie epilettiche all’EEG o d’attività motorie seizure-like (478-481). Tuttavia dall’analisi dei casi segnalati non emerge un tipo d’anestesia assolutamente controindicata in pazienti con epilessia. Il methoexitale e l’etomidate sono anestetici non-oppioidi endovenosi che determinano attività epilettiforme sia all’induzione sia durante anestesia e possono provocare, inoltre, convulsioni nel post-operatorio (430, 482). L’uso della ketamina è controverso. E’ stato dimostrato che produce 106 attività epilettica in pazienti con epilessia nota (483), tuttavia è stato descritto il suo utilizzo anche per interrompere uno stato di male (439, 484). Fra gli anestetici volatili l’alotano ha documentate proprietà anticonvulsive (anche se esistono alcune vecchie segnalazioni di convulsioni associate ad anestesie con alotano), così come l’isoflurano del quale è stata dimostrata la capacità di sopprimere l’attività epilettica intraoperatoria e di stati di male refrattari (430, 431, 438). Il sevorane è un anestetico volatile introdotto in epoca relativamente recente. Sono apparse in letteratura segnalazioni che mostrano una maggiore attività epilettogena rispetto all’isoflurano sia nell’induzione a maschera in adulti sani e in bambini che in anestesie di lunga durata con livelli MAC (Minima Concentrazione Alveolare) 2 (485-487). Il desflurane produce una depressione EEG simile a quella dell’isoflurane (474). Gli anestetici oppioidi sono al momento utilizzati sia nella fase d’induzione sia di mantenimento dell’anestesia poiché sembra che non predispongono ad attività epilettica. Fra i miorilassanti l’atracurium provoca una riduzione della soglia epilettogena come risultato dell’accumulo del metabolita laudanosina, questo effetto è in ogni caso ritenuto di scarso significato clinico488-489. Attualmente nei pazienti epilettici sono in ogni caso utilizzati altri curari di più recente introduzione privi di questa attività. Nel postoperatorio la terapia antiepilettica in corso dovrebbe essere ripresa al più presto secondo lo schema d’assunzione precedente l’intervento. Nei casi in cui non sia possibile, o la nutrizione enterale o la somministrazione di alcuni farmaci interferisca con l’assorbimento orale degli antiepilettici, è da ritenersi utile la somministrazione endovenosa di uno dei farmaci antiepilettici disponibili per questa via. 1. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 14-1: I pazienti con epilessia presentano più frequentemente della popolazione generale problemi medici e chirurgici. In loro devono essere considerate sia gli aspetti della malattia e del suo trattamento che la modalità di esecuzione delle diverse procedure mediche e anestesiologiche necessarie. Raccomandazione 14.1 (Grado C) Nei pazienti con epilessia che presentino comorbillità è indicato la scelta del trattamento più opportuno per il quale vanno considerati: ¾ l’efficacia dei farmaci antiepilettici sullo specifico tipo di crisi presentate ¾ le caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche di tutti i farmaci assunti 107 ¾ le caratteristiche della malattia associata che può condizionare l’assorbimento, la distribuzione ed il metabolismo dei farmaci ¾ la tollerabilità e la sicurezza dei singoli farmaci e dell’associazione proposta nella specifica situazione Raccomandazione 14.2 (Grado C) Nei pazienti con epilessia in cui è necessario un intervento chirurgico sono indicate specifiche attenzioni che riguardano sia la conduzione dell’anestesia sia l’assistenza nel post-operatorio (risveglio, continuazione della terapia, etc.). 108 XV. Disturbi psichiatrici e epilessia 1. Comorbilità psichiatrica in epilessia Molti studi, seppure con alcune riserve legate alla metodologia impiegata, sembrano confermare che la prevalenza dei disturbi psichiatrici è superiore nei pazienti con epilessia rispetto alla popolazione generale (490-492). I disturbi depressivi sono considerati più frequenti in soggetti con epilessia e gli episodi di depressione maggiore, e le terapie ad essa correlate, rappresenterebbero un fattore di rischio sei volte maggiore per la comparsa di crisi epilettiche (493). D’altra parte le caratteristiche neurobiologiche e psicosociali dell’epilessia, e lo stesso trattamento con farmaci antiepilettici, possono rappresentare potenziali fattori di rischio per sviluppi depressivi (494). In un paziente con epilessia sentimenti di depressione, esperienze d’ansia e di angoscia o manifestazioni psicotiche si possono manifestare come un fenomeno ictale durante una crisi, oppure come fenomeni perictali (es. paura anticipatoria di poter avere una crisi), o interictali rappresentando una modificazione psicopatologica non in stretta relazione temporale con le crisi (495). La relazione tra epilessia e psicosi interictali è interessante ma poco definita. I limiti della comprensione di quest’associazione riflettono la mancanza di una standardizzazione della terminologia psichiatrica e dei criteri diagnostici impiegati. Molte osservazioni suggerirebbero che la frequenza delle psicosi similschizofreniche nei pazienti con epilessia sarebbe maggiore rispetto alla popolazione generale (496) mentre l’opinione per cui vi sarebbe una relazione antagonista tra epilessia e schizofrenia sembrerebbe dimostrata da recenti studi epidemiologici (497). Riguardo a questo tipo di psicosi nei pazienti con epilessia sono state evidenziate, inoltre, alcune caratteristiche psicopatologiche peculiari che comprenderebbero l’assenza di sintomi negativi, come l’apatia e l’impoverimento affettivo, ed il decorso più benigno. Anche recentemente, viene poi riconsiderato il fenomeno della psicosi che si accompagna alla forzata normalizzazione dell’EEG (498, 499). Nella letteratura classica viene riportata nei pazienti con epilessia una maggiore incidenza di deliri cronici sistematizzati, spesso a tema religioso (500). Tuttavia i dati più recenti non citano tale aspetti (496) mentre una caratteristica che viene spesso evidenziata è la presenza di un disturbo disforico antecedente e concomitante (501, 502). Alcuni studi riportano come fattori di rischio per lo sviluppo di una psicosi in un paziente con epilessia la presenza di molti tipi di crisi, di uno stato epilettico, di una farmacoresistenza, del sesso femminile, dell’insorgenza dell’epilessia tra i 13 e 18 anni e di una storia familiare di schizofrenia (496). Vanno poi considerati i possibili effetti positivi e negativi dei farmaci antiepilettici assunti cronicamente da questi pazienti (503). 109 L’idea di una personalità peculiare della persona con epilessia, caratterizzata dallo stereotipo di vischiosità, perseverazione, bradipsichismo, disturbi del linguaggio, povertà dell’eloquio e reazioni esplosive è attualmente criticata. Alcuni tratti di personalità osservati in soggetti con epilessia del lobo temporale (seriosità di portamento, linguaggio ponderato, orientamento etico e spirituale) possono essere considerati, alcune volte, attributi positivi (504). Tuttavia quando coesiste un disturbo disforico intercritico si può verificare l’emergere di un’aggressività parossistica che, normalmente, non caratterizza la persona (501, 502). Attualmente il comportamento dei pazienti con epilessia viene semplicemente, spesso, definito come non congruo o diverso poiché nessuna specifica costellazione di sintomi sembra esserne caratteristica. In questo, comunque, sembrerebbero prominenti le alterazioni delle emozioni e degli affetti (505). E’ da notare che alcune caratteristiche della personalità sarebbero presenti non solo in pazienti con lesioni strutturali cerebrali poiché soggetti con epilessia cronica non lesionale sottoposti a test di personalità ampiamente standardizzati come MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory) mostrerebbero rispetto a controlli un più alto indice di personalità schizotipiche, depressive e paranoiche (506). Anche i bambini, gli adolescenti con epilessia presenterebbero un più elevato tasso di disturbi mentali, la cui entità resta, comunque, mal definita (507). Diversi studi sui bambini con epilessia hanno mostrato che essi presentano una frequenza da due a quattro volte maggiore di disturbi mentali rispetto ai bambini senza epilessia (508). La tipologia di questi disturbi è estremamente varia. Essa include più frequentemente l’iperattività (spesso associata a sintomi quali distraibilità, ridotta capacità attentiva, labilità d’umore) seguita da disturbi dell’umore e disturbi d’ansia (509). Nella determinazione dei sintomi, oltre alle variabili biologiche e farmacologiche, possono entrare in gioco fattori ambientali quali il rapporto all’interno della famiglia e le tecniche educazionali (83). 2. Utilizzo di farmaci psicotropi in pazienti con epilessia Molti farmaci psicotropi sono stati associati al manifestarsi di crisi epilettiche e nonostante non vi siano studi controllati che dimostrino una maggiore pericolosità di un farmaco rispetto ad un altro nel trattamento farmacologico dei disturbi psichici associati all’epilessia è importante, comunque, utilizzare alcune precauzioni. I farmaci psicotropi andrebbero utilizzati ad un dosaggio iniziale più basso e la dose andrebbe aumentata lentamente. Altre precauzioni includono quella di seguire il paziente regolarmente, di non salire troppo velocemente con la posologia, di utilizzare la dose minima efficace, di conoscere le interazioni farmacologiche (alcuni farmaci psicotropi possono 110 innalzare i livelli plasmatici dei farmaci antiepilettici e, questi ultimi, possono ridurre i livelli plasmatici dei farmaci psicotropi) e di ricorrere, quando necessario, al monitoraggio dei farmaci antiepilettici (35, 36, 39, 41, 42, 510). In genere si ritiene che tutti gli antidepressivi (eccetto gli IMAO) possono abbassare la soglia convulsivante. Gli SSRI sembrano più sicuri dei triciclici in questo senso. Tra i triciclici la clomipramina sembra abbastanza epilettogena. Il bupriopone, la maprolitina sarebbero gli antidepressivi con maggiore attività proconvulsivante ed andrebbero evitati in questi pazienti. L’uso degli IMAO (eccetto la moclobemide) non è consigliato quando il paziente è in trattamento con carbamazepina. Tutti gli antipsicotici possono ridurre la soglia convulsivante. Alcuni autori suggeriscono che tra gli antipsicotici tipici l’aloperidolo e la flufenazina sembrano i meno epilettogeni, mentre la clorpromazina sarebbe la più epilettogena. Tra i nuovi antipsicotici la clozapina dovrebbero essere evitata o somministrata con molta attenzione. Inoltre bisogna considerare che alcuni pazienti possono avere una particolare suscettibilità agli effetti epilettogeni dei farmaci psicotropi, per esempio: pazienti anziani, con insufficienza mentale, o con una storia di trauma cranico, abuso di sostanze o alcool e pazienti che stiano riducendo il dosaggio di benzodiazepine o barbiturici (496, 510-512). 3. Le crisi psicogene La maggior parte dei centri di epilettologia riporta che tra il 10 ed il 30% di tutti i pazienti visitati per epilessia presenterebbero, in realtà, crisi psicogene o pseudocrisi (82). Talvolta, nel medesimo paziente queste due condizioni possono coesistere anche se alcuni autori ritengono tale associazione molto rara (73, 81). La diagnosi di crisi psicogene può spesso essere difficile e richiedere la registrazione durante l’EEG, o la video-EEG, della crisi. In alcuni casi può essere utile indurre la crisi psicogena con manovre suggestive (84). Nel manifestarsi di questi disturbi entrano in gioco fattori quali un’elevata suggestionabilità, fenomeni di conversione e di dissociazione della coscienza. Viene riportato che questi pazienti presentano spesso una storia di abusi sessuali, violenze fisiche e disinteresse (73-84, 513, 514). Il problema delle pseudocrisi rimanda al trattamento dell’isteria, che nelle categorie nosografiche attuali viene compresa nei disturbi di conversione e disturbi dissociativi. 111 4. Sviluppo cognitivo ed epilessia Le disfunzioni cognitive rappresentano un problema diffuso in corso di epilessia dal momento che il processo morboso in sé e le terapie possono implementarle. E’ stato rilevato che pazienti con epilessia riferiscono spesso problemi di memoria e considerano le loro difficoltà mnesiche una fonte di estremo disagio (515, 516). Giovani con crisi parziali complesse, rapportati a gruppo di controllo, mostrano prestazioni cognitive significativamente peggiori. Esse includono: memoria verbale, memoria non verbale, linguaggio, successo scolastico, problem solving, abilità motorie ed efficienza mentale (517). Studi su popolazioni di bambini hanno mostrato percentuali di prevalenza di epilessia nel 6% di soggetti con ritardo mentale lieve (QI 50-70), nel 24% con ritardo severo (QI <50) e 50% con ritardo profondo (QI<20) (57). Bisogna considerare, però, che vi sono molte eziologie nelle epilessie e, di conseguenza, una consistente variabilità del tipo di compromissione legato alle varie eziologie e danni cerebrali. La maggioranza dei deficit cognitivi si osservano in pazienti con crisi generalizzate rispetto alle focali, con insorgenza più precoce, con più lunga durata di malattia e con maggiori anormalità dell’EEG. Queste alterazioni possono essere indipendenti dall’uso dei farmaci antiepilettici ma anche questi possono, molte volte, contribuire ai deficit riscontrati. In particolare si ritiene che le terapie d’associazione, i barbiturici e le benzodiazepine possono influire negativamente su molte funzioni cognitive mentre gli effetti su queste funzioni di monoterapie con carbamazepina, fenitoina e valproato sembrano più modesti così come quelli di alcuni nuovi farmaci antiepilettici (206, 518). Un altro importante aspetto dei rapporti tra disturbi cognitivi ed epilessia deriva dall’osservazione che il quoziente intellettivo di pazienti con epilessia del lobo temporale intrattabile di più lunga durata sembra più compromesso. Questo dato indicherebbe che l’epilessia temporale intrattabile è associata ad un lento ma progressivo deterioramento cognitivo. Un fattore capace di contrastare questo fenomeno sembrerebbe essere la presenza di un più elevato livello d’istruzione (519)e tali osservazioni sono state recentemente considerate a supporto della scelta di un precoce intervento chirurgico nell’epilessia temporale resistente (520). 5. Sintesi e raccomandazioni Sintesi 15-1: La prevalenza dei disturbi psichiatrici è maggiore nei pazienti con epilessia rispetto alla popolazione generale. In particolare i disturbi depressivi sono più frequenti in soggetti con epilessia e gli episodi di depressione maggiore, e le terapie ad essa correlate, rappresentano un fattore di rischio per la comparsa di crisi epilettiche. 112 Raccomandazione 15.1 (Grado C) Nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti con epilessia che presentano disturbi psichici è indicato un lavoro coordinato tra medici neurologi e psichiatri, o i vari professionisti (psichiatri, psicologi e neuropsichiatri infantili) del Dipartimento di Salute Mentale (DSM), che favorisca l’adozione di automatismi operativi per rendere routinaria la gestione di questi pazienti. Raccomandazione 15.2 (Grado C) Nei pazienti con epilessia è indicato valutare l’eventuale presenza di una comorbillità psichiatrica anche allo scopo di scegliere, tra le possibili opzioni terapeutiche, quella più appropriata. Raccomandazione 15.3 (Grado C) Nei disturbi di personalità, nei disturbi d’ansia e nel disagio in età evolutiva è indicata la psicoterapia e l’intervento sulla rete familiare e sociale. Negli altri disturbi psichici queste tecniche possono affiancare la terapia farmacologia Sintesi 15-2: L’assunzione di molti farmaci psicotropi può associarsi a crisi epilettiche ma, anche se vi sono probabilmente importanti differenze, non vi sono studi controllati che mostrino un maggior rischio di crisi epilettiche indotte da un farmaco rispetto ad un altro. Nei pazienti con epilessia in cui è necessario utilizzare farmaci psicotropi è indicato utilizzare alcune precauzioni che includono: Raccomandazione 15.4 (Grado C) La scelta di farmaci che hanno meno interferenze farmacocinetiche con i farmaci antiepilettici. Raccomandazione 15.3 (Grado C) Evitare i farmaci che più frequentemente sono stati associati a rischio di crisi. Raccomandazione 15.4 (Grado C) Evitare una titolazione rapida dei farmaci a maggior rischio di convulsioni utilizzando la dose minima efficace. Sintesi 15-3: La diagnosi di crisi psicogene può essere difficile e richiedere, alcune volte, la registrazione contemporanea dell’EEG, o della video-EEG, durante la crisi. 113 Raccomandazione 15.5 (Grado C) Una volta esclusa la natura epilettica e definita la natura esclusivamente psicogena delle crisi è indicato il confronto con la diagnosi e l’astensione da ricoveri, esami, farmaci e visite non necessarie. Raccomandazione 15.6 (Grado C) Il pannel di esperti di queste Linee Guida considera indicato il trattamento psicoterapico dei pazienti con crisi psicogene. Raccomandazione 15.7 (Grado C) Nel bambino con epilessia sono indicate valutazioni neuropsicologiche e prove psicoeducazionali al fine d’identificare risorse o carenze per le quali impostare specifici approcci educativi. 114 XVI. Problematiche sociali, lavorative e medico legali La discriminazione dei pazienti con epilessia, frutto della non conoscenza della malattia, è tutt’oggi esistente. Il pregiudizio psicosociale e l’associato stereotipo negativo, affondano le proprie radici in secoli di storia, in cui la mancanza di comprensione scientifica della malattia, comportò spesso, l’associazione di questa, con vecchie e fantasiose credenze popolari, che ritenevano spiriti o comportamenti immorali come le cause della malattia (521). Un’indagine condotta nello stato di Kentucky (USA), dimostra come i genitori considerino in maniera più negativa l’epilessia in una aula scolastica, rispetto ad altre malattie, come ad esempio l’asma bronchiale (522). Molti stati dei paesi europei e nordamericani hanno abrogato, di recente, norme e disposizioni legislative basate su secoli di pregiudizi. Basti pensare, che nel Regno Unito, fu abrogata solo nel 1970, una legge che impediva il matrimonio ai soggetti con epilessia. Le restrizioni legislative sono state molto significative anche nei confronti dell’inserimento del mondo del lavoro e della vita sociale e di relazione. Fino agli anni 70, ad esempio, negli Stati Uniti, era ancora legale proibire alle persone con epilessia l’accesso nei ristoranti, teatri, centri ricreativi ed altri luoghi pubblici. Le limitazioni imposte da provvedimenti legislativi hanno contribuito alla persistenza dello stigma nel tempo (523-525). Oggi le problematiche psicosociali più rilevanti sono presenti nelle relazioni interpersonali e nel lavoro, e queste, spesso, non sono in relazione con la gravità delle crisi, ma con la disinformazione su questa malattia. Ciò può determinare conseguenze su ogni tappa dello sviluppo individuale ed in ogni ambito sociale, alimentando la persistenza di uno stigma sociale di considerevole entità. Le reazioni psicologiche sfavorevoli possono facilitare lo sviluppo di comportamenti inadeguati come ad esempio nascondere o rifiutare la diagnosi, cercare un’iperprotezione. Recenti studi hanno dimostrato che esistono minori problemi psico sociali se si sviluppano strategie attive nell’affrontare la malattia (526, 527), e che i problemi emotivi sono strettamente correlati alla qualità della vita, indipendentemente dal controllo delle crisi (528). Per migliorare le conoscenze e combattere lo stigma sono necessarie campagne di informazione. La recente Dichiarazione Europea sull’Epilessia del 1998 considera, tra l’altro, prioritarie iniziative di divulgazione, a sostegno di interventi immediati, individuando l’audience di riferimento nei datori di lavoro, nel personale medico, nelle autorità pubbliche del settore sociosanitario e anche nel grande pubblico (529). 115 1. L’approccio multidisciplinare L’epilessia è una malattia spesso cronica che frequentemente comporta importanti limitazioni sociali (precoce pensionamento, disoccupazione, impieghi sottoqualificati etc.) come conseguenza alla paura del manifestarsi delle crisi, alle conseguenze fisiche di queste e alla terapia con antiepilettici. C’è, dunque, un bisogno all’approccio globale alla cura ed all’assistenza di queste persone che renda ottimale il suo trattamento e la gestione delle varie problematiche emergenti durante il corso della vita di un paziente affetto (525). Negli Stati Uniti, un intervento di questo tipo, è denominato comprehensive care e viene descritto come un’organizzazione in cui un team multispecialistico (medici, psicologi, infermieri, assistenti sociali e tecnici specializzati) è impegnato nel fornire un approccio organizzato alla gestione di persone con problemi complessi relativi all’epilessia (530). In Europa programmi di questo tipo sono stati introdotti negli anni novanta e, sebbene limitati ad alcuni centri particolarmente organizzati, si fondano sulla collaborazione tra più servizi per un approccio integrato alla malattia. I programmi di comprehensive care richiedono una terapia individuale, pianificata, orientata alla qualità della vita e allo sviluppo di servizi regionali (531). Interventi di questo tipo hanno, in genere, un miglior gradimento da parte dei pazienti rispetto ad un approccio basato sulla gestione delle singole necessità all’interno di servizi di neurologia o di medicina generale e offrono una risposta ai principali problemi riferiti in molti questionari di soddisfazione. Altri specifici approcci globali alla malattia sono rappresentati da due modelli di assistenza. I due modelli non sono mutuamente esclusivi e si basano, il primo, su cliniche specialistiche per pazienti ambulatoriali, l’altro su liason attraverso personale infermieristico tra il medico di medicina generale e i servizi ospedalieri di secondo/terzo livello. Attualmente né per il primo né per il secondo modello d’assistenza è possibile definire i reali benefici mancando studi sistematici che analizzino i vari esiti (532-533). 2. La scuola L’epilessia può esordire in età prescolare e scolare e può provocare, nel bambino, alcune difficoltà tanto che è riportato che da un quarto a metà dei bambini con epilessia incontrino un ritardo nell’apprendimento (534-536). La scuola si articola attraverso l’interazione tra bambini, genitori ed insegnanti e appare opportuno che quest’ultimi abbiano un’adeguata conoscenza della malattia che tuteli il percorso educativo. 116 Ad esempio, le assenze del piccolo male (picnolessia) possono essere individuate dall’insegnante o possono, se misconosciute, essere erroneamente interpretate come scarso rendimento. Inoltre l’integrazione scolastica del bambino può essere ostacolata da pregiudizi nei confronti della malattia. Per tali motivi appare importante che l’informazione e la formazione degli insegnanti rientri nei programmi di prevenzione delle complicanze psicosociali dell’epilessia. Tale formazione dovrebbe comprendere anche semplici nozioni sulla terapia farmacologica, dei loro effetti collaterali e di come questi possano interferire sul comportamento, sulle funzioni cognitive e psicologiche. Anche i genitori, come primi insegnanti dei loro figli, devono essere adeguatamente informati e formati. La non conoscenza, la paura ed il pregiudizio potrebbero portare, infatti, a nascondere agli insegnanti l’epilessia del loro bambino. Il pericolo di iperprotezione, quando i genitori cedono nel concedere dei vantaggi, come ad esempio nella richiesta d’esonero dall’educazione fisica o da attività tecnologiche, può determinare uno svantaggio per il bambino. Parallelamente è importante garantire anche ai bambini un’adeguata conoscenza sulla loro condizione di salute, sottolineando che l’epilessia non è una barriera al successo scolastico, al raggiungimento di traguardi ed alla realizzazione delle proprie aspirazioni. E’ auspicabile che i programmi educativi nei confronti dei bambini siano rivolti a tutti (e quindi anche ai non affetti), dando l’opportunità di conoscere questa condizione e favorendo lo sviluppo di immagini positive (525). A volte l’epilessia può essere grave (forme farmacoresistenti) o complicata da importanti effetti collaterali farmacologici o associata a quadri neurologici più complessi di cui l’epilessia può essere solo uno dei sintomi. In questi casi l’amministrazione scolastica può prevedere l’intervento dell’insegnante di sostegno in rapporto alla gravità del caso. Quando l’epilessia non comporta complicazioni, legate alla malattia stessa o alla assunzione dei farmaci, non è necessario alcun aiuto didattico specifico. Nei casi in cui vanno somministrati i farmaci durante le ore scolastiche è necessaria un’idonea certificazione dello specialista di riferimento, il quale certificherà il tipo di farmaco, la dose e l’orario di assunzione. Sarà poi l’amministrazione scolastica che autorizzerà gli insegnanti alla somministrazione del farmaco. Quando l’epilessia si associa a situazioni di handicap è previsto l’intervento del Gruppo Operativo Interprofessionale, previsto dalla CM n°258/83. A tale gruppo partecipano il direttore didattico o preside, gli specialisti dell'ASL, gli operatori educativo-assistenziali e/o tecnici dell'Ente Locale. Il Gruppo si riunisce in date prestabilite almeno tre volte l'anno. Ai sensi dell'art. 6 del DPR 24.2.94, alla stesura ed alla verifica del profilo dinamico funzionale e del progetto educativo personalizzato è prevista la partecipazione della famiglia. 117 Inoltre, per ogni Circolo o Istituto è costituito il gruppo di lavoro previsto dall'art. 15, punto 2, della L. 104/92, con il compito di stimolare e coordinare i progetti e le azioni positive messe in atto da ogni unità scolastica per favorire l'integrazione. Di tale gruppo fanno parte il direttore didattico o preside, un rappresentante dell'ASL, uno dell'Ente Locale, uno dei docenti, uno degli studenti (scuole medie di II grado), uno dei genitori di alunni con handicap o un rappresentante di Associazione da loro indicato e un rappresentante dei genitori eletto nel Consiglio di Circolo (537). 3. Il lavoro L’epilessia, nella gran parte dei casi, non determina compromissione della capacità lavorativa e di guadagno. Tuttavia molti dati sull’occupazione suggeriscono che le persone con epilessia non hanno la stessa capacità di quelli senza la malattia. Vi possono, pertanto, essere problemi sia nel reperimento che nel mantenimento di un’occupazione lavorativa (46, 538-540). Le cause che possono determinare difficoltà lavorative sembrerebbero molteplici: la gravità e la frequenza delle crisi, il livello di educazione, i deficit neuropsicologici, l’isolamento sociale, i comportamenti negativi dei genitori e della società (541). La commissione per l’occupazione dell’International Bureau for Epilepsy (IBE) consiglia una politica non discriminante nell’assunzione di persone con epilessia. La commissione specifica che né la diagnosi di epilessia, né l’insorgenza delle crisi dovrebbe impedire a una persona di ottenere un lavoro retribuito (542-544). Nel nostro paese non esiste una legislazione specifica per l’inserimento sociale e lavorativo dei soggetti con epilessia. In Italia esistono due tipi di collocamento: ¾ il collocamento ordinario, con iscrizione della persona in cerca di lavoro presso gli Uffici del Lavoro e della Massima Occupazione. ¾ il collocamento obbligatorio in base alla L. 482/68 (invalidità civile). Possono iscriversi gli invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% (D.L. n° 509/88 art. 7). L'obbligo di assunzione riguarda i datori di lavoro privati, le Amministrazioni, le Aziende e gli Enti Pubblici con più di 35 dipendenti. Il collocamento avviene tramite l'Ufficio Provinciale del Lavoro sezione Invalidi Civili. La richiesta d'iscrizione deve essere presentata al citato ufficio dagli interessati. La G.U. n. 43 del 1992 pubblica la tabella che definisce, in relazione alle diverse forme di epilessia e della frequenza delle manifestazioni cliniche, il riconoscimento di percentuali di invalidità: 118 ¾ epilessia generalizzata con crisi annuali in trattamento: 20% fisso ¾ epilessia generalizzata con crisi mensili in trattamento: 46% fisso ¾ epilessia generalizzata con crisi plurisett/quotidiane in trattamento:100% fisso ¾ epilessia focale con crisi in trattamento: 10% fisso ¾ epilessia focale con crisi mensili in trattamento: 41% fisso ¾ epilessia focale con crisi plurisettett/quotidiane in trattamento: da 91 a 100% La tabella necessita di una revisione che non tenga solo in considerazione il numero di crisi ma anche la loro qualità e le peculiarità del caso clinico. Il datore di lavoro, anche attraverso l’intervento del medico del lavoro, deve sapere che: ¾ esistono differenti manifestazioni dell’epilessia; ¾ va sempre considerata la capacità lavorativa specifica in stretta connessione con le caratteristiche della forma epilettica e della peculiarità delle crisi; ¾ per quei lavori in cui c’è un rischio elevato, a livello fisico, per il lavoratore o per terze persone, le organizzazioni competenti dovrebbero essere sentite per tentare una riduzione del rischio potenziale ad un livello accettabile; ¾ alcune forme epilettiche possono essere completamente controllate con una terapia farmacologica adeguata; ¾ molti farmaci antiepilettici non producono effetti negativi sulle prestazioni lavorative e quando questi esistono possono essere corretti con un intervento terapeutico appropriato; ¾ malattie, assenze ed incidenti sul lavoro non sono sempre più frequenti in soggetti con epilessia; ¾ i lavoratori affetti da epilessia non necessitano di un particolare tipo di assicurazione. I datori di lavoro dovrebbero essere obbligati a identificare e rendere pubblici i requisiti funzionali e di salute richiesti per i singoli lavori e le condizioni mediche destinate ad escludere alcune persone dall’impiego in particolari posizioni. Ciò darebbe la possibilità ai soggetti con epilessia non solo di giudicare la loro idoneità lavorativa, ma anche di valutare la validità delle richieste. Sarebbe utile favorire l’inserimento lavorativo dei pazienti con epilessia mediante programmi di training occupazionali. Questi comprendono una valutazione neuropsicologica, un training attitudinale, l’adozione di tecniche di comunicazione (incluse le modalità per dichiarare la propria condizione) e di programmi specializzati di collocamento e post collocamento. Con specifici programmi d’inserimento le persone con crisi possono trovare un’occupazione soddisfacente (525). 119 5. Il servizio militare L’epilessia è una di quelle patologie per le quali, in Italia, è prevista l’inabilità al servizio di leva (L. n. 446, 28.05.1964). La non idoneità viene, di norma, dichiarata dopo un anno di rivedibilità. L’esonero per epilessia non si accompagna alla esplicitazione della malattia sul foglio di congedo, ai sensi della legge n. 890, 22.11.1977. Solo con il consenso scritto dell’interessato può essere rilasciato il foglio di congedo originale, ove è riportata la motivazione dell’esonero. E’ probabile che tali norme dovranno essere riconsiderate con l’entrata in vigore della nuova legge sul servizio militare volontario (537). 6. La patente di guida Il paziente con epilessia che non presenta crisi da almeno due anni può ottenere il rilascio della patente di guida per le categorie A e B, indipendentemente dall’assunzione dei farmaci antiepilettici. È la Commissione Medica Locale l’organismo preposto a rilasciare il nulla osta sanitario (L. 18.03.1988, n.111 – DM 286/1991). La validità della patente non può essere superiore a due anni. Chi è affetto da epilessia non può, invece, ottenere il rilascio delle patenti C - D - E. In riferimento alle norme sulla semplificazione dei procedimenti amministrativi (D.P.R. 575/94), l’utente con epilessia, che chiede il rilascio o il rinnovo della patente di guida, deve effettuare solo la visita medica presso la Commissione Medica Locale, mentre è stato abolito il certificato anamnestico del medico curante. Le restrizioni alla guida di autoveicoli dovrebbero essere correlate alla distinzione tra i vari tipi di crisi, così come accade in Olanda e Germania (Council Directive 91/439 CEE, 1991) (545). 7. Gioco e sport Le attività ludiche e sportive possono essere praticate liberamente dai bambini con epilessia. Esistono limitazioni, solo per gli sport, come ad esempio, l’alpinismo ed il paracadutismo, che potrebbero mettere a rischio l’incolumità del soggetto nell’evenienza di una crisi epilettica. Altre attività (come ad esempio il nuoto e lo sci) possono essere praticati, purché ciò avvenga sotto la diretta sorveglianza dell'adulto. Tuttavia la possibilità di praticare un’attività sportiva è condizionata, ovviamente, dal tipo di epilessia, dalla persistenza o meno delle crisi e dalla presenza 120 di eventuali fattori che possono scatenarle. Il Decreto Ministeriale 18.2.1982 limita la pratica dell’attività sportiva di tipo agonistico ai soggetti con epilessia (546). 7. Disabilità ed epilessia In alcuni casi l'epilessia si associa alla presenza di gravi deficit cognitivi o neuromotori come ad esempio nelle encefalopatie epilettiche, nelle epilessie miocloniche progressive, nelle cerebropatie pre- peri- e post-natali. In queste situazioni di disabilità si viene a determinare una condizione di svantaggio con limitazione nella vita di relazione e quindi di handicap. La legge quadro n. 104 del 5-2 1992 ha definito i criteri guida per l'assistenza, l'integrazione sociale, i diritti della persona con handicap ed i relativi benefici normativi. Per promuovere nel modo più opportuno la presa in carico ed i relativi interventi abilitativi-riabilitativi la Regione Toscana ha previsto la presenza in ogni Azienda Sanitaria di un Gruppo Operativo Interdisciplinare Funzionale (GOIF) dove sono presenti le competenze specialistiche in diverse aree disciplinari dalla neurologia, alla riabilitazione funzionale, all’assistenza sociale, alla medicina e pediatria di base con lo scopo di elaborare e programmare nelle diverse zone l'impostazione degli interventi. Il GOIF si articola a livello distrettuale, locale e comunale nei diversi Gruppi Operativi Multiprofessionali (GOM) che attivano lo specifico Progetto Abilitativo Riabilitativo Globale (PARG) per ogni singolo caso, curandone l'evoluzione e la verifica (547). 9. Esenzione ticket L'epilessia rientra nelle categorie delle patologie previste per ottenere l'esenzione dai ticket sanitari (DMS 28-5-99 n. 329). L'esenzione consente di ottenere l’assistenza farmaceutica per i farmaci antiepilettici, le visite specialistiche, il monitoraggio dei farmaci antiepilettici, gli esami ematochimici di routine, l’EEG di base e con tecniche di attivazione, gli esami neuroradiologici 8548). 121 10. Associazioni In Italia esiste una società scientifica, la Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE), composta prevalentemente da medici. L’obiettivo statutario è quello di contribuire alla cura e all'assistenza dei pazienti con epilessia nonché al loro inserimento nella società, promuovendo e attuando ogni utile iniziativa per il conseguimento di tali finalità (537). E’ attiva, inoltre, un’associazione, di pazienti e cittadini, denominata Associazione Italiana Contro l’Epilessia (AICE) che ha lo scopo di promuovere e favorire l’integrazione socio lavorativa, l’assistenza e la cura delle persone con epilessia. La sede nazionale è in via Tommaso Marino 7 20121 Milano tel. 02/809299 - tel.-fax. 02/809799 (549). 11. Sintesi e raccomandazioni Raccomandazione 16.1 (Grado C) E’ indicato che i medici forniscano ai pazienti con epilessia al momento della diagnosi le maggiori possibili informazioni sulla malattia e sulle conseguenze ed attenzioni che essa comporta. Raccomandazione 16.2 (Grado C) E’ indicato sensibilizzare le istituzioni sanitarie a fornire le risorse per le campagne d’informazione pubblica sull’epilessia. Raccomandazione 16.3 (Grado C) E’indicato favorire campagne d’informazione ed aggiornamenti per i medici, la famiglia ed il personale d’insegnamento scolastico in modo che essi siano in grado d’identificare i disturbi, inclusi quelli emotivi, presentati da queste persone e a fare, eventualmente, riferimento per questi a personale esperto. Raccomandazione 16.4 (Grado C) Per i casi di difficile trattamento è indicato favorire lo sviluppo di team multidisciplinari orientati ad una presa in carico che comprenda le varie necessità dei pazienti. Raccomandazione 16.5 (Grado C) 122 E’ indicato sperimentare la reale efficacia di quest’approccio sia mediante l’analisi dell’immediata soddisfazione dell’utenza che attraverso il raggiungimento, a medio e lungo termine, di un più oggettivo miglioramento della qualità della vita dei pazienti. Raccomandazione 16.6 (Grado C) E’ indicato sensibilizzare gli organi politici ad una legislazione più moderna che preveda una migliore corrispondenza tra gravità, tipo d’epilessia, limitazioni legislative e regolamenti in tema di: il diritto allo studio, lavoro, patente di guida e partecipazione ad attività ludiche e sportive. 123 XVII. Bibliografia 1. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Diagnosis and management of epilepsy in adults. 1997; http://show.cee.hw.ac.uk/sign/home.htm. 2. Istituto Superiore di Sanità (ISS), Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (ASSR), Centro per la Valutazione dell’Efficacia e dell’Assistenza Sanitaria (CeVEAS). Programma Nazionale per le Linee Guida. Manuale Metodologico. Editore Zadig 2002; http.//www.pnlg.it. 3. Ministero della Salute. Clinical Evidence, Edizione Italiana. Editore Zadig, 2001; 1:654-60 4. American Accademy of Neurology (AAN). http://www.aan.com. 5. 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L’evento motorio può consistere in un incremento (positivo) o in un decremento (negativo) della contrazione muscolare tale da produrre un movimento. I seguenti termini sono aggettivi che specificano la crisi motoria o la crisi (p.e. “crisi motoria tonico-clonica” o “crisi distonica”). ¾ Crisi motoria elementare: è un singolo tipo di contrazione di un muscolo o di un gruppo di muscoli, generalmente stereotipata e non scomponibile in fasi (vedi comunque tonico-clonica, sequenza motoria elementare). − Tonica: è una contrazione sostenuta della muscolatura che dura da pochi secondi a qualche minuto. Può esservi anche una vibrazione dovuta alla contrazione muscolare sovramassimale; la contrazione può essere bilaterale e simmetrica, con partecipazione della muscolatura assiale, oppure asimmetrica, e può accompagnarsi ad alterazioni della postura a causa di contrazione di diversi gruppi muscolari differenti; quando è interessata la muscolatura facciale la crisi tonica si accompagna ad una grimance particolare data dalla contrazione dei muscoli pellicciai e dalla prevalenza della contrazione del muscolo platisma, da cui deriva una particolare espressione con apertura della bocca e stiramento degli angoli della bocca verso il basso. − Spasmi epilettici (Ex- Spasmi Infantili): sono caratterizzati da un’improvvisa flessione, estensione o flesso-estensione dei muscoli prevalentemente prossimali e del tronco, generalmente più sostenuta di un movimento mioclonico, ma non così sostenuta quanto una crisi tonica (p.e., ~1 s.). Si possono osservare forme circoscritte: digrignamento, flessoestensione della testa. Gli spasmi epilettici spesso si presentano in serie. − Posturale: è l’assunzione di una postura che può essere simmetrica o asimmetrica (come nella “postura dello schermitore”). − Versiva: indica una rotazione o una deviazione laterale dalla linea mediana, sostenuta e forzata, coniugata degli occhi, del capo e/o del tronco. − Distonica: indica una contrazione sostenuta di muscoli agonisti ed antagonisti contemporaneamente, producente movimenti atetosici o alternanti che, se prolungati nel tempo, possono produrre posture anomale. 159 − Mioclonica (aggettivo); Mioclono (sostantivo): è una contrazione muscolare breve (< 100 msec), improvvisa, involontaria, singola o multipla, di uno o più muscoli o gruppi muscolari, con topografia variabile (assiale, degli arti prossimale o distale,) che causa un rapido spostamento di uno o più segmenti corporei. − Mioclono negativo: indica l’interruzione di un’attività muscolare tonica per meno di 500 msec, senza evidenza di una mioclonia precedente; diviene perciò visibile solo quando l’arto o il segmento corporeo viene messo in contrazione. − Clonica: indica una serie di scosse miocloniche in rapida successione regolare e ripetitiva, coinvolgente gli stessi gruppi muscolari, con una frequenza di ~2-3 c/s. Solitamente interessa segmenti corporei prossimali con contrazioni di una certa intensità. Sinonimo: mioclono ritmico. − Marcia Jacksoniana: è un termine che descrive tradizionalmente movimenti clonici che diffondono attraverso parti del corpo contigue dello stesso lato. Descrive perciò la propagazione dell’attività epilettica: ad esempio contrazioni muscolari che coinvolgono inizialmente solo una mano e successivamente si estendono a tutto il braccio o a tutta una parte del corpo, con progressione graduale. − Tonico-clonica: è una sequenza costituita da una fase tonica seguita da una fase clonica. Possono osservarsi anche varianti come quella clonica-tonico-clonica. − Crisi generalizzata tonico-clonica (Sinonimo: Crisi tonico-cloniche bilaterali. Ex- crisi di grande male): è il prototipo della crisi epilettica generalizzata ed è caratterizzata da una contrazione tonica bilaterale, seguita da contrazioni cloniche bilaterale dei muscoli somatici, generalmente associata a fenomeni autonomici. − Atonica: improvvisa perdita o diminuzione del tono muscolare, apparentemente non preceduta da mioclonie o contrazioni toniche, di durata maggiore di 1-2 secondi, coinvolgente la muscolatura della testa, della mandibola, del tronco, o degli arti. − Astatica: perdita della stazione eretta che può conseguire ad una crisi atonica, mioclonica o tonica. Sinonimo: drop attack. − Sincrona (asincrona): evento motorio che si realizza (o non si realizza) nello stesso tempo o nella stessa maniera in diverse parti del corpo. ¾ Crisi con automatismi: il sostantivo “automatismi” indica attività motorie più o meno coordinate e ripetitive che si manifestano durante o dopo le crisi, solitamente in una situazione di perdita di contatto con l’ambiente e dei quali spesso non rimane memoria. Talvolta consistono in azioni complesse e apparentemente programmate e possono rappresentare la continuazione inappropriata di un’attività in corso prima della crisi. I seguenti aggettivi sono di solito utilizzati per descrivere gli automatismi. 160 − Oroalimentari: schioccamento delle labbra, succhiamento, atti masticatori, sbuffamenti, digrignamento dei denti, deglutizione, leccamento, apertura e chiusura della bocca, sbadiglio. − Mimici: espressioni facciali tipiche di uno stato emozionale, spesso di paura. − Manuali e dei piedi: 1) indicano una componente principale distale, uni- o bi-laterale. 2) strofinare, tamburellare, armeggiare, movimenti di manipolazione. − Gestuali: spesso unilaterali. 1) movimenti delle mani di esplorazione o di fregamento, diretti verso se stessi o verso l’ambiente. 2) movimenti che assomigliano a quelli finalizzati a conferire un valore emotivo al discorso. − Ipercinetici: 1) coinvolgono prevalentemente la muscolatura prossimale degli arti o assiale, producendo movimenti irregolari e sequenziali, di tipo ballistico come il pedalamento, movimenti di spinta, scuotimento, o dondolamento del bacino. 2) aumento nella frequenza di movimenti in atto o rapide performance inappropriate di un movimento − Ipocinetici: decrescendo di ampiezza e/o intensità, o arresto, di un’attività motoria in corso. − Disfasici: compromissione della comunicazione che coinvolge il linguaggio senza disfunzione delle vie motorie o sensitive primarie, che si manifesta come deficit della comprensione, anomie, parafasie, o una combinazione di queste. − Disprassici: incapacità a compiere un movimento appreso, spontaneamente, su comando, o su imitazione, pur essendo integre le vie motorie e sensitive e con adeguata capacità comprensiva e di cooperazione. − Gelastici: scoppi di riso o sorriso senza un appropriato tono affettivo e in mancanza di uno stimolo adeguato. − Dacristici: scoppi di pianto inadeguati e senza appropriato tono affettivo. − Vocali: emissione singola o ripetitiva di suoni come borbottii o grida. − Verbali: emissione singola o ripetitiva di parole o frasi comprensibili o confuse. − Spontanei: stereotipie che riguardano virtualmente solo se stessi, indipendenti dalle influenze esterne. − Interattivi: non stereotipati, coinvolgenti non solo se stessi, influenzati dall’ambiente esterno. Crisi non motorie ¾ Aura: il sostantivo “aura” indica un fenomeno ictale soggettivo che, in un determinato paziente, può precedere una crisi obiettivabile; se presente da sola costituisce una crisi sensoriale. 161 ¾ Sensoriale: esperienza percettiva non causata da stimoli appropriati nell’ambiente esterno. Specifica la “crisi” o l’“aura”. − Elementare: termine generale per indicare un fenomeno che coinvolge una singola modalità sensoriale primaria (p.e. somatosensoriale, visiva, uditiva, olfattoria, epigastrica, gustativa, o cefalica). − Somatosensoriale: crisi con interessamento delle strutture centrali specifiche della sensibilità, che provoca la comparsa di dispercezioni sensoriali di formicolio, pesantezza, elettricità, dolore, senso di movimento, o desiderio di muoversi. − Visiva: lampi o luci intermittenti, macchie, pattern semplici, scotomi o amaurosi. − Uditiva: suoni, fischi, ronzii, musiche o toni singoli. − Olfattiva: odori, solitamente spiacevoli. − Gustativa: sensazione di sapore, inclusi l’acido, l’amaro, il salato, il dolce o il metallico. − Epigastrica: sensazione spiacevole addominale con nausea, sensazione di svuotamento, tensione, agitazione, malessere, dolore, fame. La sensazione può salire verso il torace o la gola. Alcuni fenomeni possono riflettere una disfunzione autonomia ictale. − Cefalica: sensazione di testa vuota, testa che si muove o cefalea. − Autonomica: sensazione che origina dal coinvolgimento del sistema nervoso autonomo, che include le funzioni cardiovascolari, gastrointestinali, della sudorazione o termoregolatrici. − Esperenziale: fenomeni affettivi, mnemonici o percettivi complessi, compresi eventi illusori o allucinatori compositi. E’ inclusa la sensazione di depersonalizzazione. Questi fenomeni hanno qualità soggettive simili a quelle che si sperimentano nella vita normale, ma il soggetto si accorge che avvengono al di fuori del contesto reale. − Affettiva: paura, depressione, gioia e, raramente, rabbia. − Mnemonica: riflettono la dismnesia ictale come ad esempio i sentimenti di familiarità (dejà-vu) e di non familiarità (jamais-vu). − Allucinatoria: creazione di percezioni complesse senza corrispondenza con stimoli esterni, coinvolgenti la vista, l’udito, la somatoestesi, l’olfatto e/o il gusto. Esempio: sentire e vedere persone che parlano. − Illusoria: alterazione delle percezioni reali visive, uditive, somatoestesiche, olfattive o dei sistemi gustativi, con conservazione della critica nei confronti del contenuto illusorio. ¾ Discognitiva: disturbi della sfera cognitiva in cui 1) il disturbo della cognizione è la caratteristica predominante o la più apparente e 2a) sono coinvolte due o più delle seguenti componenti o 2b) il coinvolgimento di tali componenti rimane indeterminato. Componenti della 162 cognizione sono: 1) percezione: concezione simbolica dell’informazione sensoriale; 2) attenzione: selezione appropriata di una percezione principale o di un compito; 3) emozione: significato affettivo appropriato di una percezione 4) memoria: abilità di immagazzinare e richiamare percezioni e concetti 5) funzioni esecutive: anticipazione, selezione, monitorizzare le conseguenze, e iniziare un’attività motoria comprese la prassia e il linguaggio. Eventi autonomici ¾ Aura autonomica: è una sensazione compatibile con un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo, comprese le funzioni cardiovascolare, gastro-intestinale, sudo-motoria, vaso-motoria e termoregolatrice. ¾ Crisi autonomica: è una distinta alterazione della funzione autonomia, obiettivamente documentabile, che comprende le funzioni cardiovascolari, pupillari, gastrointestinali, sudomotorie, vasomotorie e termoregolatorie. Termini che caratterizzano la somatotopia ¾ Lateralità − Unilaterale: coinvolgimento esclusivo o virtualmente esclusivo di un lato, da parte di un fenomeno motorio, sensitivo o autonomico. − Emi-: prefisso per indicare la metà (p.e. emiclonico) − Generalizzato (sin. bilaterale): coinvolgimento esteso di ciascun lato da parte di un fenomeno motorio, sensitivo o autonomico. − Asimmetrico: riferito ad un evento motorio in cui vi è una chiara distinzione in quantità e/o distribuzione di comportamento fra i due lati. − Simmetrico: uguaglianza bilaterale virtuale. ¾ Parte del corpo: riferito all’area del corpo coinvolta (p.e. braccio, gamba, faccia, tronco e altro). ¾ Centricità: descrive la vicinanza all’asse corporeo. - Assiale: che coinvolge il tronco, incluso il collo. - Prossimale: significa il coinvolgimento dalle spalle fino ai gomiti e dai fianchi fino al ginocchio - Distale: indica il coinvolgimento di dita, mani, e/o piedi Termini che caratterizzano l’andamento delle crisi ¾ Incidenza: il sostantivo si riferisce al numero di attacchi epilettici in un determinato periodo di tempo o al numero di giorni di crisi per unità di tempo. 163 - Regolare (Irregolare): costante (incostante) o prevedibile (imprevedibile) intervallo di tempo tra due eventi. - Cluster: il sostantivo indica un’incidenza delle crisi in un determinato periodo (generalmente uno o pochi giorni) che eccede l’incidenza media per quel paziente in un periodo di tempo più lungo. - Fattori scatenanti: elementi transitori e sporadici, endogeni o esogeni, capaci di aumentare l’incidenza delle crisi epilettiche in una persona con un’epilessia cronica, o di evocare crisi epilettiche in persone suscettibili senza epilessia. - Reattive: quando le crisi epilettiche si verificano in associazione con alterazioni sistemiche transitorie come una malattia intercorrente, perdita di sonno o stress emotivi. - Riflesse: quando le crisi vengono evocate da uno stimolo afferente specifico, obiettivamente e costantemente dimostrato, o da un’attività del paziente. Gli stimoli capaci di scatenare una crisi per via riflessa sono molteplici, in genere in ogni soggetto un solo tipo di stimolo provoca la comparsa della crisi (specificità dello stimolo). Gli stimoli possono essere elementari (p.e. flash luminosi, uno scatto, un singolo tono), oppure elaborati (p.e. una sinfonia strutturata) così come le attività possono essere elementari (p.e. un movimento) oppure elaborate (p.e. la lettura o il gioco degli scacchi) od entrambe (leggere a voce alta). ¾ Dipendenti dallo stato: si verificano esclusivamente o principalmente in determinati stadi della veglia, del sonno o dell’assopimento. ¾ Catameniale: crisi che si verificano principalmente o esclusivamente in alcune fasi del ciclo mestruale. Durata Il tempo che intercorre tra l’inizio delle prime manifestazioni, come l’aura, e la fine esperita od osservata della crisi. Non include sensazioni premonitrici aspecifiche delle crisi o gli stati postictali. ¾ Stato epilettico: una crisi che non mostra segni clinici d’arresto dopo un tempo che caratterizza la maggior parte delle crisi di quel tipo nella maggior parte dei pazienti, oppure crisi ricorrenti senza un ritorno interictale alle funzioni di base del sistema nervoso centrale. Severità Una valutazione a molte componenti delle crisi da parte dei testimoni e del paziente. Le principali componenti della valutazione dell’osservatore includono la durata, l’estensione del coinvolgimento motorio, la compromissione delle interazioni cognitive con l’ambiente, il numero massimo di crisi per unità di tempo. 164 Le principali componenti nella valutazione del paziente sono: l’estensione del danno, le conseguenze emotive, sociali e professionali dell’attacco. Prodromi Un fenomeno pre-ictale caratterizzato da un’alterazione clinica soggettiva o oggettiva che annuncia l’inizio della crisi epilettica ma non è parte di essa (p.e. una sensazione ben localizzata o uno stato di agitazione). Fenomeni postictali Un’anomalia clinica transitoria delle funzioni del sistema nervoso centrale che appare o si accentua quando i segni clinici della crisi cessano. ¾ Fenomeni di lateralizzazione (paralisi di Todd o di Bravais): qualsiasi disfunzione unilaterale post-ictale relativa alle funzioni motoria, sensitiva e/o integrativa inclusi fenomeni visivi, uditivi o di neglect sensoriale. ¾ Fenomeni non lateralizzati alterazioni cognitive, amnesie, psicosi - Alterazioni cognitive: diminuzione di una o più performance cognitive tra cui percezione, attenzione, emozione, memoria, esecuzione, prassi, linguaggio. - Amnesia anterograda: compromissione dell’abilità a formare nuovi ricordi - Amnesia retrograda: incapacità a richiamare alla mente materiale precedentemente memorizzato. - Psicosi: alterata interpretazione dell’ambiente circostante da parte di una persona sveglia e attenta; comprende disordini emozionali e di socializzazione. 165 2. Tipi di crisi Tipi di crisi autolimitate Crisi generalizzate Tonico-cloniche (comprende le varianti che iniziano con una fase clonica o mioclonica) Cloniche Senza componente tonica Con componente tonica Assenze tipiche Assenze atipiche Assenze miocloniche Toniche Spasmi Miocloniche Mioclonie palpebrali Con assenze Principali caratteristiche Improvvisa e brusca contrazione muscolare che determina caduta. Durante la contrazione tonica la respirazione s’interrompe. Vi può essere morsus della lingua ed incontinenza. Seguono movimenti clonici. Vi è una perdita di coscienza che dura tutto questo periodo, dopodiché segue una fase confusionale e di sopore. Convulsioni generalizzate in cui può mancare la componente tonica. Caratterizzate da scatti clonici ripetitivi. La fase postictale è solitamente breve. Alcune crisi possono iniziare con una fase clonica e passare poi in una fase tonica. Breve turba di coscienza ad inizio e fine improvvisa. Si possono associare automatismi, componenti toniche o atoniche, mioclonie e disturbi autonomici. Si riscontrano nel piccolo male e in altre epilessie generalizzate idiopatiche. Vi è un offuscamento più che una perdita di coscienza, con un inizio e fine graduale. Spesso vi è perdita del tono posturale del tronco o della testa, i muscoli della testa e del tronco s’irrigidiscono, mioclono delle palpebre e periorale, scosse della testa o degli arti e movimenti ritmici della testa. Si riscontrano nella sindrome di Lennox-Gastaut e nell’epilessia con crisi mioclono-astatiche. Vi è una turba di coscienza, più o meno accentuata, e degli scatti mioclonici ritmici prevalentemente delle spalle, delle braccia e delle gambe con una concomitante contrazione tonica. Gli scatti e le contrazioni toniche possono essere asimmetriche o unilaterali e la deviazione della testa/corpo da un lato può essere la caratteristica costante in alcuni pazienti. Caratteristiche della sindrome con assenze miocloniche Sostenuto aumento della contrazione muscolare che dura da pochi secondi a minuti. Vi può essere una deviazione degli occhi e della testa verso un lato cui può seguire una rotazione di tutto il corpo. Il coinvolgimento dei muscoli del torace determina arresto della respirazione. Improvvisa flessione, estensione o flesso-estensione che interessa, principalmente, i muscoli prossimali e del tronco. Vi possono essere forme limitate con smorfie faciali o movimenti della testa. Frequentemente si verificano in cluster. Brevi ed improvvise contrazioni involontarie singole o multiple di gruppi muscolari con varia topografia (assiale, arti prossimali, distali). Scosse palpebrali spesso associate a scatto degli occhi verso l’alto e retropulsione della testa (senza assenze). Questo 166 Senza assenze Mioclono negativo pattern può essere associato ad una turba di coscienza (con assenze). I pazienti sono fotosensibili. Interruzione di un’attività muscolare tonica per <500 ms senza evidenza di una precedente mioclonia. Atoniche Improvvisa perdita o diminuzione del tono posturale non preceduta da eventi tonici o mioclonici apparenti, che dura ~ 1-2 s. e che può coinvolgere la testa, il tronco, la mandibola o la muscolatura degli arti. Se vi è perdita di coscienza questa è estremamente breve. La brusca caduta, conosciuta come drop attack, determina spesso lesioni soprattutto della faccia. Vi possono essere degli attacchi minori limitati alla testa o cadute sulle ginocchia. Crisi riflesse in sindromi Sono evocate da uno specifico stimolo afferente o da epilettiche generalizzate* un’attività. Le crisi principalmente osservate nell’ordine sono: miocloniche, assenze, tonico-cloniche. Crisi focali Principali caratteristiche Sensoriali Sono caratterizzate, prevalentemente, da sintomi soggettivi (aure) di breve durata o che possono durare alcuni minuti. Con sintomi elementari (p.e. Possono essere isolate da altri segni ictali e, se così, durare crisi parietali e occipitali) Con sintomi esperenziali (p.e. più a lungo. Aure tipiche del lobo parietale comprendono crisi della giunzione temporo- sensazioni tattili, di scossa elettrica confinate o che occipitale) diffondono secondo una modalità Jaksoniana. Le crisi occipitali comprendono sia fenomeni negativi (scotomi, emianopsia, amaurosi) o più comunemente positivi (lampi, fosfeni). Aure uditive, olfattive, gustative sono spesso descritte in pazienti con epilessia del lobo temporale. Allucinazioni più elaborate o associate a distorsioni complesse della percezione, sintomi affettivi e mnesici, incluse sensazioni di depersonalizzazione, déjà vu o jamais vu, sono definite come auree esperenziali. Motorie Coinvolgono la muscolatura in ogni forma. Le crisi della Con segni motori elementari corteccia motoria (con o senza marcia Jaksoniana) clonici originano dall’area Rolandica controlaterale ed i segmenti Con crisi motorie distali sono più spesso interessati dei prossimali. Le crisi asimmetriche (p.e. crisi delle aree supplementari motorie consistono in improvvise e motorie supplementari) brusche variazioni posturali, bilaterali ed asimmetriche Con automatismi tipici (lobo spesso associate a contraversione degli occhi e della testa ed temporale) (p.e. crisi mesiali arresto del linguaggio. Gli automatismi oroalimentari e del lobo temporale) gestuali si osservano comunemente quando vi è una turba di Con automatismi ipercinetici coscienza e sono tipici delle crisi del lobo temporale ma Con mioclono focale negativo anche delle crisi che originano da altre aree cerebrali (p.e. Con crisi motorie inibitorie cingolo, corteccia orbitofrontale). Gli automatismi ipercinetici possono presentarsi in assenza di una turba di coscienza e sono considerati in tipica relazione con focolai epilettogeni frontali. Gelastiche Attacchi di riso o sorriso in assenza di un appropriato tono affettivo. Le crisi possono essere molto brevi ed associarsi ad un’amartoma ipotalamico o ad altre lesioni occupanti spazio in questa regione (in alcuni pazienti vi può essere pubertà precoce). In altri casi le crisi gelastiche possono avere un origine dal lobo temporale o frontale. 167 Emicloniche Secondariamente generalizzate Crisi riflesse in sindromi epilettiche focali* Sono crisi cloniche che interessano una delle metà del corpo. Sono crisi tonico-cloniche, toniche o cloniche precedute da un’aura o da altri segni o sintomi sensitivo-motori. Tuttavia l’inizio focale della crisi può essere difficile da cogliere. Sono evocate da uno specifico stimolo afferente o da un’attività. * Stimoli precipitanti le crisi riflesse: 1) visivi (lampi di luce -indicare il colore-, pattern, altri); 2) pensiero; 3) musica; 4) mangiare; 5) movimento; 6) somatosensoriali; 7) propiocettivi; 8) lettura; 9) acqua calda; 10) startle. Tipi di crisi continue (stati di male) Stato di male generalizzato Tonico-clonico Clonico Tonico Con assenze Mioclonico Principali caratteristiche Sono gli stati di male convulsivi. E’ improbabile che una crisi di questo tipo termini spontaneamente se si protrae oltre i 5 minuti e, in genere, il perdurare della crisi, o il non recupero delle funzioni neurologiche tra una crisi e l’altra, comporta la necessità di trattare quanto prima il paziente per impedire il verificarsi di successivi danni cerebrali. Nell’ambito di una sindrome epilettica generalizzata idiopatica lo stato epilettico convulsivo è raro in confronto a quello che si verifica in altre forme di epilessia sintomatiche o di encefalopatie epilettiche. Molte forme di stato epilettico generalizzato convulsivo sono sintomatiche di patologie acute sottostanti. Prolungata crisi non convulsiva caratterizzata da compromissione del contenuto della coscienza (assenza) e da scariche generalizzate di punte-polipunte onde all’EEG. Possono essere presenti altre manifestazioni come scatti mioclonici, mioclonie palpebrali e periorali, componenti atoniche e toniche che portano alla caduta o alla retropulsione della testa, automatismi e componenti autonomiche. Come vi è la distinzione tra assenze tipiche ed atipiche, in modo simile lo stato di assenza può essere distinto in tipico nelle sindromi epilettiche generalizzate idiopatiche e atipico nelle sindromi generalizzate sintomatiche/probabilmente sintomatiche. Lo stato d’assenza può essere anche sintomatico di un’anossia o di altre patologie che provocano un danno cerebrale e vi sono forme che possono essere correlate ad una situazione (sospensioni di farmaci, intossicazioni, disordini elettrolitici o metabolici) e che non richiedono, per questo, una diagnosi di epilessia. E’ caratterizzato da mioclonie continue, od in serie, che possono alternarsi ad assenze. Si può verificare in corso di varie sindromi epilettiche sia idiopatiche (epilessia mioclonica giovanile) sia sintomatiche (sindrome di Lennox Gastaut, stato mioclonico in encefalopatie non-progressive). Uno stato mioclonico, in un paziente in coma o con grave compromissione della coscienza, può rappresentare l’evoluzione di uno stato di male generalizzato convulsivo refrattario, oppure essere l’espressione di una 168 sofferenza cerebrale diffusa dovuta ad ischemia/anossia, ad importanti disturbi elettrolitici e metabolici, a malattie degenerative, ad encefaliti o ad altre malattie infiammatorie (malattia d’Alzheimer, malattia di Creutzfeldt Jakob). Stato di male focale Principali caratteristiche Epilessia parziale continua La principale caratteristica è la presenza di clonie di origine di Kozhevnikov corticale, spontanee e regolari od irregolari, che interessano prevalentemente i muscoli della faccia e della mano. Queste possono durare ore, giorni o settimane e alcune volte possono essere aggravate dai movimenti o da stimoli sensoriali. Vi sono molte e diverse cause del disturbo che includono lesioni focali o multifocali di varia origine (neoplastica, vascolare etc.) e altre malattie sistemiche e metaboliche che interessano il cervello. La sindrome di Kozhevnikov-Rasmussen ed i disturbi dello sviluppo corticale sono la causa più frequente nei bambini. L’iperglicemia non chetotica è la causa reversibile più frequente. Aura continua E’ una crisi sensoriale di varia origine (p.e. parietale: somatosensoriale, occipitale: visiva, temporale laterale: uditiva etc.) che dura più di 30 minuti. Libico (psicomotorio) E’ una crisi che origina dalle strutture limbiche (confusione ed offuscamento di coscienza, automatismi, aura viscerale etc.) che dura più di 30 minuti. Emiconvulsivo con E’ uno stato di male focale che caratterizza la sindrome HHE emiparesi (Hemiconvulsion-Hemiplegia-Epilepsy). 169 3. Sindromi epilettiche e condizioni correlate Sindrome Crisi neonatali familiari benigne Encefalopatia mioclonica precoce Sindrome di Ohtahara Crisi parziali migranti dell’infanzia Sindrome di West Epilessia mioclonica benigna dell’infanzia Principali caratteristiche Esordio prevalente nel secondo-terzo giorno di vita ma possibile fino al terzo mese. Ipertono, breve apnea e/o manifestazioni neurovegetative, spesso seguite da movimenti clonici simmetrici o asimmetrici. EEG intercritico nella norma, talora moderatamente alterato. Stato neurologico normale. Pattern autosomico dominante (gene KCNQ2 sul cr.20q13.3; gene KCNQ3 sul cr.8q24). Prognosi: sviluppo psicomotorio nella norma. Rischio di epilessia successiva nell’11%. Esordio periodo neonatale. Mioclono erratico, parziale o frammentario, crisi parziali motorie, spesso mioclono massivo e più tardi spasmi clonici ripetitivi. EEG con pattern di suppression-burst, più accentuato nel sonno. Compromissione neurologica grave. Eziologia prevalentemente metabolica, più raramente criptogenica. Prognosi infausta. Esordio precoce entro i primi tre mesi, spesso entro i primi 10 giorni di vita. Spasmi tonici e crisi parziali, raramente mioclono massivo. EEG con pattern di suppression-burst in veglia e sonno. Spesso evoluzione in spasmi infantili ed ipsaritmia. Eziologia: danni strutturali, soprattutto malformazioni. Prognosi a lungo termine: compromissione neurologica e mentale grave con epilessia intrattabile. Esordio nei primi 6 mesi di vita. Frequentissime crisi parziali migranti che coinvolgono aree multiple indipendenti di entrambi gli emisferi con arresto dello sviluppo psicomotorio. EEG intercritico non specifico (rallentamento del ritmo di fondo con asimmetria fluttuante e punte multifocali). Eziologia sconosciuta. Prognosi: epilessia intrattabile con arresto dello sviluppo psicomotorio e grave deterioramento. Età di esordio più frequente dai 3 ai 7 mesi di vita (con estremi dalla nascita a 5 anni). Caratterizzata dalla triade sintomatologica spasmi infantili- deterioramento psicomotorio, ipsaritmia all’EEG, non presente tuttavia in tutti i soggetti. Lo sviluppo psicomotorio precedente può essere normale o patologico. Gli spasmi sono brevi improvvisi movimenti assiali più spesso in flessione ma anche in estensione o misti, in salve di 20-40 fino talora a 100, con frequenza di 1-10 salve al giorno. L’EEG intercritico è caratterizzato da disordinate onde lente e punte di alto voltaggio (ipsaritmia), estremamente variabili per sede e durata; l’ipsaritmia non è presente in tutti i soggetti, può essere atipica, presente solo in sonno o sostituita da anomalie focali o multifocali in veglia con generalizzazione secondaria nel sonno. Il pattern elettroclinico dipende in parte dalla eziologia. Nel 60-90% dei casi vi è un danno cerebrale preesistente di origine pre-peri o postnatale (encefalopatia ipossico ischemica, malformazioni cerebrali,etc). Prognosi: Gli spasmi infantili sono una manifestazione limitata nel tempo, sia spontaneamente che in rapporto alla terapia, tuttavia 50-60% dei soggetti avranno epilessia successiva, 71-81% ritardo mentale di grado variabile. Sono descritti anche autismo e comportamento ipercinetico. Età di esordio fra 4 mesi e 3 anni di vita. Brevi crisi miocloniche che interessano tronco ed arti, provocando caduta o lieve flessione in avanti del capo, abduzione ed elevazione degli arti superiori talora rotazione bulbi oculari, non accompagnate da altri tipi di crisi, salvo rari episodi di convulsioni febbrili. Talora scatenate da rumori o da stimoli tattili improvvisi o dalla SLI. Sviluppo psicomotorio nella norma. 170 EEG intercritico: rare PO in veglia accentuate dalla sonnolenza. Prognosi buona se trattate all’esordio. Crisi infantili familiari Esordio generalmente nel primo anno di vita. Crisi parziali, caratterizzate benigne da arresto motorio, perdita di contatto, sguardo fisso o sguardo e capo deviato da un lato, con generalizzazione secondaria; crisi a grappolo o più raramente isolate. Probabile trasmissione autosomica dominante. EEG intercritico nella norma; EEG critico scariche ad origine dalle regioni parieto-occipitali. Prognosi buona per le crisi, sviluppo psicomotorio nella norma; talora associazione con successiva coreoatetosi parossistica. Crisi infantili benigne Esordio nel primo-secondo anno di vita. Crisi parziali complesse o (non familiari) secondariamente generalizzate con caratteristiche cliniche simili alla forma precedente. EEG intercritico nella norma. EEG critico: scariche spesso ad origine dalle regioni temporali o variabile. Prognosi buona. Sviluppo psicomotorio nella norma. Epilessia mioclonica Esordio nel primo anno di vita. Crisi febbrili e afebbrili cloniche o severa dell’infanzia tonico-cloniche generalizzate e unilaterali; in seguito crisi miocloniche (Sindrome di Dravet) spesso associate con mioclonie segmentali intercritiche, assenze atipiche e crisi parziali. Frequenti stati di male. Tutti i tipi di crisi sono resistenti alla terapia antiepilettica. Ritardo psicomotorio evidente dal secondo anno di vita. EEG intercritico: comparsa progressiva di anomalie parossistiche generalizzate, focali e multifocali. Frequente fotosensibilità. Eziologia: sono state individuate nuove mutazioni nel gene del canale del sodio SCN1A in una parte dei soggetti affetti. Prognosi sfavorevole: persistenza delle crisi associata a compromissione cognitiva spesso severa. Sindrome HH Esordio fra 6 mesi e 4 anni. Sia spontaneamente che in rapporto alla terapia, compaiono convulsioni emicloniche di lunga durata in corso di febbre, seguite da emiplegia flaccida ipsilaterale, di durata variabile, che può evolvere in emiplegia spastica definitiva e successivamente da epilessia con crisi focali, generalmente ad origine dal lobo temporale. Stato mioclonico in Insorgenza fra i 4 mesi e i 5 anni; può essere a lungo misconosciuto a encefalopatie non causa del grave ritardo mentale e della paralisi cerebrale con sindrome progressive distonica-discinetica presente nella maggior parte dei soggetti. Caratterizzato da mioclonie subcontinue, asincrone o sincrone, spesso associate ad assenze, documentate dall’ EEG poligrafico (scariche di PO diffuse su un tracciato di fondo costituito da attività teta-delta con punte sovrimposte). Epilessia benigna Conosciuta anche come Epilessia Rolandica. Esordio tra 1 e 14 anni. dell’infanzia con punte Crisi focali rare, spesso isolate, con sintomi sensitivo-motori facciali centrotemporali unilaterali, manifestazioni orofaringee, arresto del linguaggio e ipersalivazione; secondaria generalizzazione tonico-clonica in molti casi. EEG intercritico: punte centro-temporali, ovvero complessi PO lenta di elevato voltaggio registrate sugli elettrodi centrali o medio-temporali, uni- o bilaterali. Prognosi benigna: remissione entro 2-4 anni dall’esordio e prima dei 16 anni di età; evoluzione in sindromi più severe in meno dell’1% dei casi. Eziologia: osservato un linkage con 15q14. Epilessia occipitale Esordio tra 1 e 14 anni. Crisi con sintomi autonomici di vario tipo, più benigna della frequentemente vomito, spesso associati a deviazione unilaterale dello fanciullezza a sguardo e altre manifestazioni più convenzionali. Le crisi possono avere insorgenza precoce una durata di alcuni minuti oppure maggiore (30 minuti–7 ore; (Tipo configurando uno stato epilettico autonomico). EEG intercritico: 171 Panayiotopoulos) Epilessia occipitale della fanciullezza a insorgenza tardiva (tipo Gastaut) Epilessia mioclonica con assenze Epilessia mioclonicoastatica con assenze Sindrome di LennoxGastaut Sindrome di LandauKleffner (LKS) complessi PO lenta, per lo più multifocali, di ampio voltaggio. EEG critico: attività delta o theta ritmica, frammista a piccole punte. Prognosi benigna, nonostante l’alta incidenza di stato epilettico autonomico: remissione entro 1-2 anni dall’esordio; rara l’evoluzione in altre sindromi. Esordio tra 3 e 15 anni. Crisi con allucinazioni visive elementari o cecità, di breve durata (da pochi secondi a tre minuti), spesso associate a cefalea post-ictale o ictale. EEG intercritico: parossismi occipitali, che possono scomparire alla fissazione. EEG critico: scomparsa dei parossismi occipitali e comparsa di ritmi rapidi o punte occipitali. Prognosi favorevole: remissione entro 2-4 anni dall’esordio nel 50% dei casi e buona risposta alla terapia. Molto rara la forma idiopatica, più frequenti le sintomatiche o probabilmente sintomatiche. Esordio: tra 1 mese e 12 – 13 anni. Crisi con assenze miocloniche: alterazione della coscienza e scosse miocloniche ritmiche, per lo più alle spalle, braccia e gambe, con contrazione tonica concomitante, bi- o uni-laterali, raramente palpebrali, frequentemente periorali; più volte al giorno. EEG intercritico: normale o con brevi sequenze di PO generalizzate, focali o multifocali. EEG critico: sequenze di P/PO a 3 Hz, generalizzate. Prognosi: frequente compromissione cognitiva, talora preservata in caso di trattamento precoce delle assenze. Può evolvere in altre sindromi, come l’Epilessia Mioclonica Giovanile. Esordio tra 7 mesi e 6 anni. Crisi mioclonico-astatiche (scosse miocloniche simmetriche, seguite da perdita del tono muscolare), atoniche e miocloniche; assenze. Assenti le crisi toniche (criterio di esclusione). Frequente lo stato epilettico non convulsivo. EEG intercritico: normale o solo attività theta ritmica nelle derivazioni parasagittali; scariche generalizzate di PO a 2-3 Hz, interrotte da onde lente di ampio voltaggio; parossismi di punte irregolari o PPO. EEG critico: scariche di punta- o PPO irregolari o a 2-3 Hz. Diagnosi differenziale con la sindrome. di Lennox-Gastaut e altre forme sintomatiche e idiopatiche. Prognosi poco chiara, probabilmente per la difficoltà di classificazione, apparentemente favorevole per la forma idiopatica. Encefalopatia epilettica dell’infanzia caratterizzata dalla triade: crisi intrattabili di vario tipo (per lo più toniche, atoniche e con assenze atipiche, più rare le crisi miocloniche; alterazioni cognitive e del comportamento; PO lente diffuse e parossismi rapidi all’EEG. Esordio tra 1 e 7 anni; in molti casi evoluzione di una S. di West o altra encefalopatia epilettica. Le crisi più caratteristiche sono quelle toniche (simmetriche, brevi, anche molto violente). Frequente lo stato epilettico. EEG intercritico: anomalie del fondo; parossismi di ritmi rapidi e scariche di PO lente (< 2,5 Hz) generalizzate. EEG critico: PO lente (< 2,5 Hz) generalizzate nelle assenze; attività rapide nelle crisi toniche; punte, poli-punte, PO generalizzate o ritmi rapidi, nelle crisi atoniche; polipunte generalizzate con o senza onde lente e ritmi rapidi nelle crisi miocloniche. Eziologia: variabile; cause pre- peri- e post-natali. Prognosi sfavorevole: morte nel 5%; persistenza delle crisi nell’80-90% e grave compromissione cognitiva nell’85-92%. Esordio: per lo più prima dei 6 anni, subacuto progressivo o a gradini. Agnosia uditiva verbale o altri disturbi del linguaggio, acquisiti, con 172 andamento fluttuante, spesso associati ad altri disturbi cognitivi e del comportamento. Diagnosi differenziale con autismo e sordità. Crisi epilettiche di vario tipo in ¾ dei pazienti, spesso rare e ben controllate. EEG intercritico: focalità temporali posteriori di PO, facilitate dal sonno profondo. Prognosi: crisi epilettiche e alterazioni EEG scompaiono prima dei 15 anni, ma i disturbi del linguaggio e cognitivo-comportamentali, seppure migliorino alla stessa età regrediscono completamente solo nel 10-20%. Epilessia con punte e Caratterizzata dalla triade: punte-onde continue nel sonno lento all’EEG; onde continue durante crisi epilettiche; decadimento neuropsicologico. Esordio delle crisi: tra 1 il sonno profondo (non e 10 anni (esordio delle alterazioni EEG: tra 3 e 14 anni). Evoluzione LKS) clinica in 3 stadi: 1) rare crisi notturne motorie focali e alterazioni EEG aspecifiche; 2) dopo ca 1-2 anni comparsa di alterazioni EEG specifiche, peggioramento delle crisi e comparsa di disturbi cognitivi; 3) dopo alcuni mesi-anni scomparsa delle crisi e delle alterazioni EEG, miglioramento cognitivo. Spesso presenti segni neurologici e malattie pre-perinatali in anamnesi. Eziologia: spesso sintomatica. Diagnosi differenzialecon LKS e sindrome di Lennox-Gastaut. Prognosi: le crisi scompaiono, anche se possono rimanere intrattabili per anni; i disturbi cognitivi migliorano, anche se raramente del tutto. Epilessia con assenze Esordio: tra 2 e 10 anni. Frequenti assenze tipiche (decine o centinaia al della fanciullezza giorno) tipicamente scatenate dall’iperventilazione. Altri tipi di crisi escludono la diagnosi. EEG intercritico: fondo normale con attività delta ritmica posteriore. EEG critico: complessi PO generalizzati, di alto voltaggio, a circa 3 Hz, con un graduale rallentamento dall’inizio alla fine della crisi. Eziologia: geneticamente determinata, a trasmissione multifattoriale. Prognosi eccellente: remissione prima dei 12 anni; meno del 10 % sviluppa crisi tonico-cloniche generalizzate o continua ad avere assenze da adulto. Epilessie miocloniche Gruppo di malattie rare, caratterizzate clinicamente da: mioclono, crisi progressive epilettiche, segni cerebellari e deterioramento mentale progressivo. Si distinguono 5 tipi principali: malattia di Lafora, ceroidolipofuscinosi, patologie mitocondriali (tra cui MERRF), sialidosi, malattia di Unverricht-Lundborg. Esordio: tra prima infanzia e adolescenza (qualsiasi età per le mitocondriali). EEG intercritico: all’esordio fondo conservato con anomalie parossistiche generalizzate, nell’evoluzione deterioramento di vario grado a seconda delle forme; frequente la fotosensibilità. Presenza di potenziali somatosensoriali giganti. Patognomonica la biopsia cutanea nella malattia di Lafora e la biopsia muscolare nella MERRF. Eziologia: malattie genetiche, per lo più a trasmissione AR (gene sul cr 21 per la m. di Unverricht –Lundborg e sul cr 6 per la malattia di Lafora), salvo rare eccezioni a trasmissione AD e le malattie mitocondriali a trasmissione materna. Prognosi variabile secondo la malattia, più severa per la malattia di Lafora, con exitus a 210 anni dall’esordio. Epilessie idiopatiche generalizzate con fenotipi variabili Esordio: tra 9 e 13 anni. Costanti le assenze tipiche, più volte al giorno; Epilessia giovanile in una percentuale variabile possono osservarsi anche crisi tonicocon assenze cloniche e mioclonie; possibile anche lo stato epilettico con assenze. Fattori scatenanti: risveglio mentale e psicologico per le assenze; 173 deprivazione di sonno, stress, alcool, luce, per le crisi tonico-cloniche; rara la fotosensibilità. EEG intercritico: normale o con lievi anomalie; EEG critico: punte o PPO generalizzate a 3-4 Hz. Eziologia: genetica, a trasmissione non definita. Prognosi: le crisi sono ben controllate dalla terapia. Epilessia mioclonica giovanile (Sindrome di Janz) Triade clinica di: scosse miocloniche al risveglio; crisi tonico-cloniche (quasi sempre) e assenze tipiche (in 1/3 dei pazienti). Esordio: 5-16 anni per le assenze; dopo 1-9 anni (in genere verso i 14-15 anni) compaiono le scosse miocloniche e dopo alcuni mesi da queste le crisi tonico-cloniche. Le crisi, soprattutto le mioclonie, si presentano principalmente il mattino a risveglio. Fattori scatenanti: deprivazione di sonno, stress, alcool, ma anche stress emotivo, etc. EEG intercritico: scariche generalizzate di punte/PPO irregolari a 3-6 Hz; frequente la fotosensibilità. EEG critico: nelle mioclonie, burst di punte multiple generalizzate; nelle assenze punte o polipunte che precedono o si inseriscono su onde lente, di ampiezza variabile, a frequenza irregolare tra 2 e 10 Hz. Eziologia: geneticamente determinata, a trasmissione non definita (identificati diversi loci, probabile eterogeneità genetica). Prognosi: le crisi sono ben controllate dalla terapia, ma tendono a ripresentarsi alla sospensione della stessa. Esordio: tra 6 e 47 anni. Crisi tonico-cloniche scatenate da deprivazione di sonno, stress e alcool. EEG intercritico: spesso presenta scariche generalizzate di punte/PPO. Prognosi: le crisi sono ben controllate dalla terapia, ma tendono a ripresentarsi alla sospensione della stessa. Epilessia con crisi solo tonico-cloniche generalizzate Epilessie riflesse Sindromi in cui le crisi epilettiche sono precipitate da stimoli sensitivi. Le varie sindromi sono definite dallo stimolo scatenante specifico e dalla risposta elettro-clinica. Epilessia idiopatica Esordio: 15 mesi – 19 anni. Crisi indotte da video-giochi e, più fotosensibile del lobo raramente, televisione o altri stimoli luminosi, caratterizzate da occipitale allucinazioni visive circolari multicolori, spesso associate a cecità, della durata di alcuni secondi o minuti; talvolta si prolungano con sintomi autonomici e secondaria generalizzazione. Possibili anche crisi spontanee o altri tipi di crisi. EEG intercritico: scariche di punte o polipunte, confinate alle regioni occipitali, oppure punte/PPO generalizzate con predominanza occipitale, indotte dalla SLI; possibili anche punte occipitali spontanee. EEG critico: scariche a partenza occipitale, che diffondono alle regioni temporali. Eziologia: idiopatica. Prognosi: estremamente variabile; fondamentale è evitare i fattori scatenanti. Esordio: tra 12 e 15 anni. Brevi scosse miocloniche, per lo più ristrette ai muscoli masticatori e periorali, che insorgono da alcuni minuti a qualche 174 Altre epilessie visive sensibili Epilessia primaria da lettura ora dopo una lettura (in silenzio o ad alta voce). Raramente, nel caso in cui il paziente non cessi la lettura, le mioclonie possono diffondere al tronco e agli arti fino a dare una crisi tonico-clonica. In alcuni pazienti possono essere scatenate da altre attività legate al linguaggio (parlare, scrivere, leggere la musica, masticare). EEG intercritico: solitamente normale. EEG critico: breve scarica di onde aguzze bilaterali, con prevalenza nelle regioni temporo-parietali di sinistra. Prognosi: favorevole. Eziologia: probabilmente geneticamente determinata Esordio: tra 1 e 16 anni. Crisi provocate da stimoli improvvisi e inaspettati, per lo più di tipo sonoro, ma anche somatosensoriale o visivo; la risposta è di breve durata (fino a 30 secondi) e consiste in contrazioni muscolari toniche (più raramente atoniche o miocloniche) assiali, che producono spesso cadute, anche traumatiche. Diagnosi differenziale con la Startle disease. Molti pazienti presentano handicap neurologici e mentali, nella maggior parte dei casi emiplegia infantile. EEG Epilessia da intercritico: anomalie focali o diffuse che riflettono le lesioni cerebrali. trasalimento EEG critico: iniziale scarica al vertice, seguita da un appiattimento o attività ritmica di basso voltaggio a ca 10 Hz, che inizia nelle aree motorie e premotorie e diffonde alle regioni mesiale frontale, parietale e frontale controlaterale. Prognosi: sfavorevole, in particolare nei casi di encefalopatia severa; aumentata mortalità; raro il controllo completo delle crisi. Eziologia: varie patologie cerebrali localizzate o diffuse, tipicamente occorse nei primi due anni di vita; comune nella sindrome di Down. Epilessia notturna Esordio: da 2 mesi a 56 anni, ma per lo più tra i 7 e i 12 anni. Clusters di autosomica dominante crisi notturne motorie, con caratteristiche ipercinetiche/distoniche o del lobo frontale toniche; più frequentemente nello stato ipnagogico del sonno o subito dopo il risveglio; fattori scatenanti stress e alcool; ampia variabilità clinica inter- e intra-familiare. Diagnosi differenziale con parasonnie, pavor nocturnus e disturbi psichiatrici. EEG critico e intercritico solitamente nella norma. Prognosi: persistenza delle crisi per tutta la vita, anche se con andamento variabile. Eziologia: malattia monogenica a trasmissione autosomica dominante a penetranza variabile, con eterogeneità genetica (identificate diverse mutazioni di subunità del recettore neuronale nicotinico per l’Ach.) Epilessie familiari del Esordio: seconda decade – età giovane adulta. Crisi parziali semplici o lobo temporale complesse (con sintomatologia esperenziale, autonomica e somatosensoriale). EEG intercritico: normale o, più raramente, con onde lente o complessi PO temporali uni-laterali; registrati solo 3 EEG critici, in un solo caso con una scarica in regione temporale. La RM encefalo è di solito normale; in rari casi può mostrare atrofia ippocampale (familiare) o alterazioni minori aspecifiche. Diagnosi differenziale con l’epilessia ippocampale. Prognosi per lo più eccellente: buona risposta alla terapia. Eziologia: malattia genetica a trasmissione autosomisica dominante e penetranza incompleta; probabile eterogeneità genetica. Epilessie generalizzate Sindrome in sviluppo, che comprende i casi di crisi febbrili a insorgenza con crisi febbrili plus nell’infanzia, con persistenza di crisi febbrili oltre i 6 anni e presenza di crisi afebbrili, in diversi membri della stessa famiglia. Le crisi febbrili esordiscono intorno a 1 anno e regrediscono verso gli 11 anni di età; i pazienti presentano crisi febbrili, crisi generalizzate e crisi focali, in combinazione variabile. Eziologia: mappati 2 geni (GEFS1 sul 175 Epilessia focale familiare con foci variabili Epilessie focali sintomatiche (o probabilmente sintomatiche) Epilessie limbiche Epilessia mesiale del lobo temporale con sclerosi ippocampale cromosoma 19 e GEFS2 sul cromosoma 2). Età di esordio: 0,75-43 anni (media 13). Crisi focali a differente localizzazione (temporale, frontale, centroparietale, occipitale) nei membri della stessa famiglia, spesso notturne. EEG intercritico: focus variabile per localizzazione da un individuo a un altro, ma costante nel tempo per ogni soggetto; osservati anche individui asintomatici con focus all’EEG, all’interno della famiglia. Prognosi buona: crisi ben controllate dalla terapia. Eziologia: malattia autosomica dominante (in 2 famiglie locus sul cromosoma 22). Esordio: tarda infanzia – adolescenza. Crisi febbrili e crisi focali semplici precedono spesso le crisi parziali complesse (aura epigastrica, paura e automatismi oro-alimentari come sintomatologia più frequente, ma anche automatismi gestuali, sintomi esperenziali e autonomici). EEG intercritico: normale nei 2/3 dei casi. EEG critico: attività lenta ritmica (4-7 Hz) sulla regione temporale corrispondente. Prognosi variabile: buona risposta alla terapia farmacologica in circa l’80% dei casi; il rimanente 20% può ottenere buoni risultati con la terapia chirurgica. Eziologia: sclerosi ippocampale (ipocellularità e gliosi) all’istologia e alla RM encefalo, uni- o bi- laterale; non è chiaro se sia la causa o il risultato delle crisi. Non distinguibile dalla precedente clinicamente o all’EEG; Diagnosi differenziale possibile con la RM encefalo (sensibilità circa il 90%): neoplasie benigne e maligne; cause vascolari; malformazioni; lesioni infettive o di altra natura. In molti casi candidati alla terapia chirurgica. Epilessia mesiale del lobo temporale definita da eziologie specifiche Altri tipi definiti da posizione ed eziologia Epilessie neocorticali Sindrome di Rasmussen Molto rara. Esordio: 1-10 anni, raramente nell’adolescenza o in età adulta, con crisi focali motorie. Seguono epilessia parziale continua, crisi focali complesse senza automatismi, crisi tonico-cloniche di un emi-lato o generalizzate e emiplegia, inizialmente post-critica e poi permanente. Decorso progressivo con: aumento nella frequenza delle crisi, comparsa di deficit mentali e neurologici permanenti e progressivi; scarsa risposta alla terapia farmacologica; l’emisferectomia può essere l’unica terapia efficace. Nessun esame strumentale o di laboratorio risulta specifico; la diagnosi è possibile solo sulla base del decorso clinico. EEG intercritico: graduale scomparsa del ritmo fisiologico e comparsa di onde delta polimorfe di ampio voltaggio, inizialmente dal lato affetto e poi bilateralmente con predominanza emisferica; costanti punte o punta-onda intercritiche. EEG critico: variabile, spesso multifocale, a volte senza modificazioni. RM: emiatrofia progressiva, a inizio per lo più dalla regione temporo-insulare. Eziologia: sconosciuta; probabile encefalite cronica di possibile natura autoimmune. 176 Condizioni con crisi epilettiche che non richiedono una diagnosi di epilessia Esordio: 1-7 giorni di vita (per lo più 4-5). EEG intercritico: EEG critico: Crisi neonatali pattern theta puntuto, alternante . EEG critico: punte o onde lente benigne (non familiari) ritmiche, per lo più nelle regioni rolandiche, uni-laterali o generalizzate. Prognosi eccellente: non ricorrenza delle crisi e normale sviluppo; talvolta deficit psico-motori minori. Eziologia sconosciuta ma probabilmente ambientale. Crisi febbrili Crisi riflesse Crisi per abuso di alcool Crisi indotte da farmaci o da altre sostanze chimiche Crisi subitanee e precoci posttraumatiche Crisi isolate o gruppi isolati di crisi Crisi raramente ripetute (oligoepilessia) Esordio: 6 mesi 5-anni. Crisi generalizzate, per lo più tonico-cloniche, ma anche toniche o atoniche, raramente unilaterali o a insorgenza focale, scatenate dalla febbre (>38°C), in assenza di infezioni o altre cause a localizzazione intracranica; legate all’età. Crisi distinte in: febbrili semplici (tonico-cloniche generalizzate, di durata < 15 min, senza ricorrenza entro 24 ore o nello stesso episodio febbrile) e febbrili complesse (durata > 15 minuti, ricorrenza nelle 24 ore o caratteristiche focali). Eziologia: probabile predisposizione genetica, forte familiarità, ma ereditarietà non chiarita. Prognosi: rischio di sviluppare crisi afebbrili e epilessia di 6 volte maggiore rispetto alla popolazione generale; sviluppo psicomotorio nella norma. Crisi che sono obiettivamente e consistentemente dimostrate essere scatenate da uno stimolo afferente specifico (elementare, come flash luminoso, startle , tono, oppure strutturato) o da un’attività del paziente (semplice, come un movimento, oppure elaborato come un’attività cognitiva, p.e. leggere o giocare a scacchi). Possono essere idiopatiche, sintomatiche o probabilmente sintomatiche. Sono crisi causate acutamente da una condizione morbosa che determina un danno strutturale o metabolico encefalico. Il trattamento non è necessario se le crisi rimangono isolate. Alcuni soggetti possono presentare in modo isolato una crisi, o anche uno stato epilettico. Altri possono avere, a prescindere dal trattamento, solo poche crisi nell’arco della vita. 177 4. Malattie spesso associate a crisi e sindromi epilettiche Gruppo di malattie Epilessie miocloniche progressive Specifiche malattie Ceroido lipofuscinosi Sialidosi Malattia di Lafora Malattia di Unverricht-Lundborg Distrofia neuroassonale MERF Atrofia dentatorubropallidoluisiana Altre Disturbi neurocutanei Complesso della Sclerosi Tuberosa Neurofibromatosi Hypomelanosi di Ito Sindrome del nevo epidermico Sindrome di Sture-Weber Malformazioni dovute ad Isolata sequenza di lissencefalia anomalie dello sviluppo Sindrome di Miller-Dieker corticale Lissencefalia X-linked Eterotopia subcorticale a bande Eterotopia nodulare periventricolare Eterotopia focale Emimegaencefalopatia Sindrome bilaterale perisilviana Polimicrogiria unilaterale Schizencefalia Displasia corticale focale o multifocale Microdisgenesia Altre malformazioni Sindrome di Ai cardi cerebrali Sindrome PEHO Sindrome acrocallosa Altre Tumori DNET Gangliocitoma Ganglioglioma Angioma cavernoso Astrocitoma Amartoma ipotalamico (con crisi gelastiche) Altri Anomalie cromosomiche Monosemia parziale 4P o sindrome di Wolf-Hirshhorn Trisomia 12 p Sindrome da inversione duplicazione 15 Cromosoma 20 ad anello Altre Malattie monogeniche Sindrome del cromosoma X fragile mendeliane con Sindrome di Angelman meccanismi Sindrome di Rett patogenetici complessi Altre 178 Malattie metaboliche ereditarie Encefalopatie non progressive dovute a lesioni cerebrali ischemiche, atossiche o infettive occorse in epoca prenatale o perinatale Infezioni postatali Altri fattori postatali Miscellanea Iperglicinemia non chetotica Acidemia p-glicerica Acidemia proprionica Deficienza di sulfito-ossidasi Deficienza di fruttosio 1-6 difosfatasi Altre acidurie organiche Deficienza di piridossina Aminoacidopatie (fenilchetonuria, urine a sciroppo d’acero etc.) Disordini del ciclo dell’urea Disordini del metabolismo di carboidrati Disordini del metabolismo della biotina Disordini del metabolismo dell’acido folico e della B12 Deficienza della proteina di trasporto del glucosio Malattia di Menkes Disordini da accumulo di glicogeno Malattia di Krabbe Dificenza di fumarasi Disordini dei peroxisomi Sindrome di Sanfilippo Malattie mitocondriali (deficienza della piruvato deidrogenasi, difetti della catena respiratoria, MELAS) Prencefalia Leucomalacia periventricolare Microcefalia Calcificazioni ed altre lesioni dovute a toxoplasmosi, MCV, HIV etc. Cisticercosi Encefalite da Herpes Meningite batterica Altre Trauma cranico Abuso di alcool e di droghe Ictus Altre Malattia celiaca (epilessia con calcificazioni occipitali e malattia celiaca) Sindrome dell’epilessia del nord Sindrome di Coffin-Lowry Malattia di Alzheimer Malattia di Huntington Malattia di Alper MERF, epilessia mioclonica con “ragged red fibers”; DNET, tumore disembrioplastico neuroepiteliale; MELAS, encefalomiopatia, acidosi lattica, sintomi stroke-like; MCV, malattia cerebrovascolare; HIV, virus umano dell’immunodeficenza. 179 5. Disturbi che devono essere considerati in diagnosi differenziale delle crisi epilettiche Eventi non epilettici Fenomeni normali Sincopi Spasmo affettivo (spasmo cianotico) Spasmo pallido (sincope riflessa vaso-vagale) Attacchi di panico Crisi psicogene Ipoglicemia Attacchi ischemici transitori (TIA) Disturbi parossistici del movimento Spasmi tonici in altre malattie neurologiche Tic Iperexplexia Drop attack Emicrania Principali caratteristiche Possono non essere correlate a patologie sensazioni somatosensoriali, visive, uditive, olfattive, gustative, autonomiche, addominali o psichiche (déjà vu e jamais vu) anche se ricorrenti e stereotipate Una sincope può essere associata a scosse miocloniche, revulsione degli occhi e brevi automatismi. Una crisi epilettica può essere caratterizzata da sintomi autonomici e sincopali In bambini con esordio tra i 6 e i mesi. In seguito ad un evento spiacevole di diversa natura si osserva un pianto con interruzione della respirazione in inspirazione, apnea, cianosi labbra e volto. E’ possibile perdita di coscienza e ipotonia, raramente seguite da ipertono generalizzato o qualche clonia. Dura meno di un minuto con risoluzione spontanea. In seguito a traumi di lieve entità, soprattutto della testa, non preceduto da pianto, caratterizzato da pallore intenso, sudorazione fredda e perdita di coscienza, talora seguiti da ipertono, con opistotono o breve crisi clonica. Più frequente fra il 12° e 18° mese di vita, durante l’acquisizione della marcia. Paura, parestesie, sintomi di depersonalizzazione e psicosensoriali si possono verificare in situazioni che inducono ansia ma anche senza apparente causa scatenante. Una crisi psicogena può imitare una crisi epilettica. Alcuni comportamenti bizzarri possono essere causati da crisi epilettiche. Si può verificare in pazienti diabetici per utilizzo sbagliato dei farmaci, o in alcoolisti dopo un’abbondante bevuta. Caratteristiche: confusione, sonnolenza, sudorazione, tremore e, più di rado, crisi epilettiche. In alcuni pazienti anziani può essere difficile distinguere un TIA da alcune crisi focali somatosensoriali. Sono molto rari. Si manifestano con improvvisi attacchi distonici o coreoatetosici, più frequentemente indotti da movimenti, e devono essere distinti dalle crisi focali motorie. Contrazioni muscolari, intense che durano alcuni minuti si possono osservare in pazienti in coma, con Sclerosi Multipla, Parkinson etc. Tic multipli possono essere confusi con delle mioclonie. Nella sindrome di Gilles de La Tourrette, è presente un comportamento compulsivo che si associa a vocalizzazione. Malattia ereditaria con risposta esagerata a stimoli tattili, uditivi, visivi. Gli attacchi possono determinare perdita di tono. Nella prima infanzia predominano ipertono ed apnee. Caduta senza perdita di coscienza che si osserva durante l’età adulta. Le crisi epilettiche atoniche si verificano, essenzialmente, nei bambini e nei giovani adulti che presentano anche altri tipi di crisi. Una marcia che dura meno di un minuto suggerisce una crisi epilettica, molti minuti un’aura emicranica. Alcune crisi occipitali che si manifestano con allucinazioni visive elementari, amaurosi, vomito e cefalea da sole o in combinazione devono essere distinte dall’emicrania con aura o dall’emicrania basilare. 180 Amnesia globale transitoria Disturbi del sonno Mioclonie ipniche Mioclono neonatale benigno Paralisi del sonno Movimenti periodici del sonno Pavor nocturnus Disturbi comportamentali del sonno REM Sonnambulismo Mioclono benigno della prima infanzia Attacco di brivido Spasmo nutans Sindrome di Sandifer Torcicollo parossistico Vertigine parossistica benigna Masturbazione Sindrome di Munchausen by proxy Si osserva in età adulta ed è caratterizzata da un’amnesia che dura da 30 minuti ad alcune ore. Si verificano all’addormentamento. Clonie erratiche sincrone o asincrone mono o bilaterali. Scompaiono generalmente entro il 2-3 mese. Associati a spavento si verificano al risveglio o all’addormentamento. Si osservano in pazienti anziani, sono caratterizzari da breve flessioni delle gambe che durano pochi secondi, con brevi intervalli in cluster di molti minuti. E’ tipico nei bambini. Avviene nel primo, terzo della notte, durante il sonno lento. E’ caratterizzato da risveglio improvviso, espressione terrorizzata, confusione e disorientamento, accompagnati da sintomi di attivazione del sistema nervoso autonomo. Amnesia dell’evento. Nell’età adulta e nell’anziano. E’ caratterizzato da attività motorie di lotta, auto ed eteroaggressive durante la fase REM. E’ come se il paziente agisse in sogno. Vi è amnesia dell’evento. Nel sonno non-REM. Il bambino sembra svegliarsi e compie attività semiautomatiche, quali mangiare, aprire le porte, vestirsi, cercare. Vi è amnesia dell’evento. Flessione del capo e degli arti superiori in salve, tipico della prima infanzia, a risoluzione spontanea. Durante la veglia tremori ritmici frequenti, di bassa ampiezza della testa, braccia e tronco, più raramente delle gambe (simili a brividi). Nella prima infanzia. Scuotimento della testa, torcicollo e nistagmo (anche monoculare). Esordio alla fine del primo anno di vita, remissione spontanea a 2-3 anni. Episodi di estensione assiale e torsione laterale del capo, in vicinanza dei pasti, legati a reflusso gastro-esofageo. Tipico dell’infanzia. Improvvisa inclinazione della testa spesso di breve durata, a risoluzione spontanea, preceduta da pianto, vomito, agitazione e pallore. Tipico della prima infanzia. Episodi ricorrenti non provocati di vertigine e perdita di equilibrio, ± nistagmo, vomito, pallore, sudorazione. Inizio nei primi 5 anni, scomparsa entro i 10 anni. Adduzione delle cosce, irrigidimento, rossore, sguardo vuoto , talora contrazione ritmica degli arti e del tronco. Più frequente nelle bambine, soprattutto quando annoiate o poco stimolate dall’ambiente. Può resistere o risentisi se interrotto. Crisi riferite come epilettiche e testimoniate solo da un genitore, più frequentemente dalla madre. E’ un disturbo psichico del genitore che fabbrica sintomi nel figlio o causa una malattia che richiede ripetuti esami o ospedalizzazione 181 6. Farmaci utilizzati nel trattamento delle crisi epilettiche Principio Attivo Nome Forme Indicazioni commercial farmaceutiche e disponibili Modalità - nota Barbexaclone Maliasin conf 25 e 100 mg RNR1 Carbamazepina Tegretol, cpr 200 e 400 Carbamazep mg; formulazioni a ina, Carbamazep rilascio prolungato 200 ina Teva e 400 mg; scir 2% RR Clobazam Frisium cps 10 mg RR1 Clonazepam Rivotril cpr 0,5 e 2 mg; gtt 0,25% (1 goccia = 0,1 mg) RR1 Diazepam Ansiolin, Diazemuls, Diazepam, Micronoan, Noan, Valium, Vatran, f 10 mg/2ml; f 10 mg/1ml; microclisteri 5 mg/2,5 ml RNR2 Situazioni in cui Dosaggio sono necessarie consigliato precauzioni d'uso (1) e principali eventi avversi (2) Monoterapia e (1) porifiria, 300-600 terapia insufficienza mg/die d’associazione: epatica o renale nell’adulto; crisi focali e grave 100-400 mg secondariamente (2) eccitabilità, nel bambino generalizzate; insonnia, calo crisi tonicoponderale, rash cloniche cutaneo generalizzate Monoterapia e (1) gravi malattie 800-1200 terapia ematologiche (fino a 1600d’associazione: pregresse o 2000) mg/die crisi focali e attuali, blocco A- nell'adulto; secondariamente V, disfunzioni 400-800 generalizzate; nella produzione mg/die nel crisi tonicodi porfirina, bambino cloniche glaucoma (2) sonnolenza, generalizzate vertigini, diplopia, rash cutaneo Stati d’ansia. E’ (1 ) miastenia, 20-30 mg/die utilizzabile insufficienza nell'adulto nell’epilessia renale o (non più di come terapia respiratoria gravi, metà della d’associazione: glaucoma dose nel tutte le crisi (2) sonnolenza bambino) Monoterapia e (1) miastenia, 4-8 mg/die terapia insufficienza nell'adulto; d’associazione: renale o 1,5-6 mg/die respiratoria gravi, nel bambino tutte le crisi glaucoma (2) sonnolenza Stato di male (1) malattie Nello stato di epilettico; respiratorie, male: 10-20 convulsioni miastenia, mg e.v. febbrili insufficienza nell’adulto; epatica e renale, 200-300 porfiria microg/kg e.v. (2) depressione nel bambino respiratoria, Nelle ipotensione convulsioni febbrili: 250 microg/kg e.v. o 500 182 microg/kg per via rettale Etosuccimide Felbamato Fenitoina Fenobarbital Gabapentin Zarontin cps 250 mg; scir 5% (250 mg/5ml) RR Monoterapia e terapia d’associazione: crisi d’assenza (1) insufficienza 250-500 renale o epatica mg/die nel (2) sonnolenza, bambino; disturbi 1000-1500 g gastrointestinali e /die ematologici nell’adulto Taloxa cpr 400 e 600 Terapia (1) discrasie 600-1200 mg; d’associazione: ematica o (fino a 3600) crisi focali e disfunzioni mg/die scir (600 mg/5ml) secondariamente epatiche nell'adulto; RL9 generalizzate; (2) anemia 7,5-15 crisi generalizzate aplastica, mg/kg/die nel farmaco-resistenti insufficienza bambino epatica acuta (Sindrome di Lennox-Gastaut) fatale Dintoina, cpr 100 mg; Monoterapia e (1) insufficienza 200-400 (fino terapia epatica, a 600) mg/die Fenitoina RR d’associazione: metabolismo lento nell'adulto; 4sodica, 8 mg/kg/die Aurantin f 250 mg/5ml crisi focali e Uso ospedaliero secondariamente (2) rash cutaneo, nel bambino. generalizzate; Nello stato di discrasie crisi tonicomale: 15-20 ematiche, cloniche mg/Kg e.v. tumefazione generalizzate; per gengivale alla velocità via venosa nello massima di 50 stato di male mg/min epilettico nell’adulto, 20 mg/Kg a 1 mg/kg/min nel bambino; in caso d’ipotensione rallentare la velocità d’infusione Comizial, cpr 15, 50 e 100 Monoterapia e (1) insufficienza 100-300 Fenobarbital mg; terapia renale o epatica, mg/die e sodico, RNR1 d’associazione: cardiopatie gravi, nell'adulto; Gardenale, crisi focali e porfiria 20-100 mg/die Luminale, f 30 mg/1 ml, secondariamente (2) sonnolenza, nel bambino. Luminalette 100 mg/1 ml, generalizzate; anemia Nello stato di 100 mg/2 ml, crisi tonicomegaloblastica, male 10-20-30 200 mg/1 ml cloniche osteomalacia mg/Kg e.v. a Uso ospedaliero generalizzate; per 100 mg min via venosa nello stato di male epilettico Neurontin cps 100, 300, Terapia (1) insufficienza 900-1200 400 mg d’associazione: renale (fino a 2400) 183 RR crisi focali e (2) sonnolenza, secondariamente aumento generalizzate ponderale, dispepsia mg/die nell’adulto; 25-35 mg/kg/die nel bambino Lamotrigina Lamictal cpr dispersibili Monoterapia e (1) insufficienza 200-400 (fino 5, 25, 50, 100, terapia renale o epatica a 700) mg/die 200 mg d’associazione in (2) rash cutaneo, nell'adulto e pazienti di età irritabilità nell'adolescent RR superiore a 12 e di età anni: crisi focali e superiore a 12 secondariamente anni generalizzate; crisi generalizzate Levetiracetam Keppra cpr 500 e 1000 Terapia (1) insufficienza 1000-3000 mg d’associazione in renale mg/die RR pazienti di età (2) sonnolenza nell'adulto e superiore a 16 nell’adolescen anni: crisi focali e te di età secondariamente superiore a 16 generalizzate; anni crisi generalizzate farmacoresistenti Lorazepam Tavor f 4 mg Stato di male (1) malattie 4 mg per Uso ospedaliero epilettico respiratorie, iniezione e.v. miastenia, nell’adulto; 2 insufficienza mg e.v. nel epatica e renale, bambino porfiria (2) depressione respiratoria, ipotensione Midazolam Ipnovel, f 5 mg/1 ml, f Induzione (1) miastenia; 0.15-0.2 Midazolam 15 mg/3 ml dell’anestesia apnea da sonno; mg/Kg seguiti PHG Uso ospedaliero (utilizzabile nello insufficienza da 0.1-0.4 Pharma stato di male epatica o mg/Kg/ora Hamlen epilettico respiratoria gravi refrattario) (2) depressione e arresto respiratorio Oxcarbazepina Tolep cpr 300 e 600 Monoterapia e (1) cardiopatie 600-2400 mg terapia gravi, mg/die RR d’associazione in insufficienza nell'adulto; pazienti di età epatica o renale sconsigliato superiore a 12 (2) rash cutaneo, nel bambino anni: crisi focali e discrasie secondariamente ematiche, generalizzate; iponatriemia crisi tonicocloniche generalizzate 184 Primidone Mysoline Propofol Diprivan Tiagabina Gabitril Tiopental sodico Pentothal sodium Topiramato Topamax Valproato Depakin, Depamag cpr 250 mg RR Monoterapia e (1) Porfiria 500-1500 terapia (2) sonnolenza, mg/die d’associazione: anemia nell'adulto; crisi focali e megaloblastica 250-1000 secondariamente mg/die nel generalizzate; bambino crisi generalizzate tonico-cloniche f 20 mg/ml Induzione (1) bambini, per 2 mg/Kg e.v. Uso ospedaliero dell’anestesia rari casi segnalati seguiti da 6-12 generale di acidosi mg/Kg/ora (in (utilizzato nello metabolica e base all’EEG) stato epilettico rabdomiolisi fatali refrattario) (2) ipotensione, depressione respiratoria, movimenti involontari simil epilettici cpr 5, 10, 15 mg Terapia (1) depressione, 30-50 mg/die RR d’associazione in insufficienza nell'adulto e pazienti di età epatica nel bambino (2) sonnolenza, di età superiore a 12 anni: crisi focali e depressione superiore a 12 secondariamente anni generalizzate f 0.5, 1 g Anestetico per via (1) ipotensione, 12 mg/Kg e.v. Uso ospedaliero venosa (utilizzato malattie epatiche seguiti da 5 nello stato di o renali mg/Kg/ora (in (2) collasso maleepilettico base all’EEG) refrattario) cardiocircolatorio, depressione respiratoria cpr 25, 50, 100, Monoterapia e (1) nefrolitiasi, 200-400 200 mg; terapia glaucoma mg/die cps contenenti d’associazione: (2) calo nell'adulto; 5granuli 15 e 25 crisi focali e ponderale, 9 mg/kg/die mg secondariamente sonnolenza, nel bambino RR generalizzate; parestesie, turbe crisi generalizzate del pensiero, turbe del linguaggio cpr Monoterapia e (1) epatite, 20-30 enteroprotette terapia porfiria, mg/kg/die per 200 e 500 mg; d’associazione: emorragie in atto adulti e soluz per os crisi focali e (2) stati bambini. 20% e 10%; secondariamente confusionali, Nello stato di cpr a rilascio generalizzate, alopecia, tremore, male 20-25 prolungato 300 crisi incremento mg/Kg e.v. in e 500 mg; generalizzate. ponderale, 5-10 min RR allungamento del seguiti da 2 tempo di mg/Kg/ora 185 f 400 mg/4 ml Uso ospedaliero Vigabatrin Sabril cpr 500 mg; bust 500 mg RR sanguinamento, trombocitopenia, iperammoniemia Terapia d’associazione: crisi focali e secondariamente generalizzate farmacoresistenti; spasmi (sindrome di West) (1) insufficienza renale (2) difetti del campo visivo, sonnolenza, agitazione, aumento ponderale 2000-3000 mg/die nell'adulto; 500-3000 mg/die nel bambino RNR1: da vendersi dietro presentazione di ricetta medica da rinnovare volta per volta, specialità soggetta al DPR 309/90, tab. IV. RR: da vendersi dietro presentazione di ricetta medica. RR1: da vendersi dietro presentazione di ricetta medica; specialità soggetta al DPR 309/90, tab. V (lista negativa). RNR2: da vendersi dietro presentazione di ricetta medica da rinnovare volta per volta; specialità soggetta al DPR 309/90, tab. V (lista positiva). RL9: da vendersi dietro presentazione di ricetta medica rilasciata da centri specialistici pediatrici neurologici, neuropsichiatrici, e da centri ospedalieri. 186 7. Principali interazioni farmacocinetiche degli antiepilettici 1 2 3 4 Farmaci antiepilettici Il farmaco in colonna A riduce le concentrazioni plasmatiche dei seguenti farmaci. Il farmaco in colonna A aumenta le concentrazioni plasmatiche dei seguenti farmaci. Aumentano le concentrazioni plasmatiche, con rischio di effetti tossici, del farmaco in colonna A generalmente (ma non sempre) attraverso una riduzione della clearance Fenitoina Antiepilettici: carbamazepina*, flunarizina, lamotrigina*, oxcarbazepina, tiagabina*, topiramato, valproato* Benzodiazepine: clobazam, clonazepam*, oxazepam Analgesici e antipiretici: acetaminofene (paracetamolo) Meperidina (Petidina)* Metadone Antiasmatici: teofillina* Antiepilettici: fenobarbital Riducono la concentrazione plasmatica, quindi l’efficacia, del farmaco in colonna A generalmente (ma non sempre) attraverso un aumento della clearance Antiepilettici: carbamazepina (?), fenobarbital (può anche aumentare i livelli), vigabatrin Antimicrobici: rifampicina Etanolo A Immunosoppresso ri: ciclosporina Antifungini: itraconazolo** Antimicrobici: cloramfenicolo, doxycillina, praziquantel* Antineoplastici: ciclofosfamide* Antipsicoptici: quetiapina** Anticoaugulanti: dicumarolo*, warfarin* Farmaci che agiscono sul sistema cardiovascolare: digossina, disopiramide, Antiepilettici: felbamato*, oxcarbazepina*, fenobarbital (può anche ridurre i livelli), topiramato* Analgesici e antipiretici: fenilbutazone Antiaggreganti piastrinici: ticlopidina* Antidepressivi: fluoxetina, fluvoxamina, imipramina, sertralina., trazodone, viloxazina* Antimicrobici: fluconazolo**, miconazolo*, cloramfenicolo, isoniazide*, sulfonamidi Antistaminici: clorfenidramina Antineoplastici: tamoxifene Antipsicotici: tioridazina Antiulcera: cimetidina*, omeprazolo Agenti cardiovascolari: amiodarone**, diltiazem* Altri: Disulfiram* 187 furosemide, mexiletina*, nisoldipina**, quinidina. Steroidi: desametazone, contraccettivi orali*, prednisone Carbamazepina Antiepilettici: Non descritte felbamato, interazioni di lamotrigina*, rilievo fenitoina, tiagabina*, topiramato*, valproato* Benzodiazepine: alprazolam, clobazam*, clonazepam, diazepam, midazolam* Antidepressivi: amitriptilina, clomipramina, imipramina, nortriptilina*, bupropione**, mianserina, nefazodone. Antipsicotici: clozapina*, aloperidolo, olanzapina, risperidone. Steroidi: contraccettivi orali*, prednisolone, metilprednisolone, desametazone. Antiepilettici: carbamazepina* (autoinduzione), fenitoina*, fenobarbital*, primidone*, felbamato*, oxcarbazepina Antiepilettici: valproato* (aumento della concentrazione del metabolita attivo), valpromide* (aumento della concentrazione del metabolita attivo) Antidepressivi: fluoxetina, fluvoxamina, viloxazina*, nefazodone Ansiolitici: valnoctamide* Calcioantagonisti: diltiazem*, verapamil* Antibiotici: macrolidi*, isoniazide* Antifungini: ketoconazolo, fluconazolo Antivirali: ritonavir* Antiulcera: cimetidina Steroidi: danazolo* Propossifene * Immunosoppresso ri: ciclosporina Anticoaugulanti: warfarin*, dicumarolo. Calcioantagonisti: nimodipina**, nisoldipina*, nifedipina**, felodipina** Chemioterapici: doxycillina, indinavir**, itraconazolo**, vincristina* 188 Fenobarbital Valproato Antiepilettici: carbamazepina*, lamotrigina*, valproato*, felbamato, tiagabina*, topiramato, oxcarbazepina Steroidi: contraccettivi orali* prednisolone, desametazone Antiasmatici: teofillina* Non descritte interazioni di rilievo Immunosoppresso ri: ciclosporina* Anticoaugulanti: warfarin* Calcioantagonisti: nimodipina*, nifedipina*, felodipina** Chemioterapici: metronidazolo Antiipertensivi: verapamil** Antineoplastici: teniposide** AntiH2: cimetidina Antipsicotici: clozapina Non descritte Benzodiazepine: interazioni di lorazepam, rilievo diazepam (effetto sulla frazione libera) Antiepilettici: carbamazepina (aumento livelli metabolita epossido), etosuccimide*, felbamato, lamotrigina*, fenobarbital*, fenitoina (effetto sulla frazione libera) Antidepressivi: amitriptilina Anticoaugulanti: warfarin (effetto sulla frazione libera) Carbone attivo Antiepilettici: valproato, felbamato, oxcarbazepina Antiepilettici: Carbamazepina*, fenobarbital*, fenitoina*, etosuccimide, lamotrigina, topiramato Antibiotici: rifampicina Antiepilettici: felbamato Antitubercolari: isoniazide Antidepressivi: fluoxetina 189 Etosuccimide Non descritte interazioni di rilievo Felbamato Antipepilettici: carbamazepina Steroidi: contraccettivi orali Gabapentin Non descritte interazioni di rilievo Antiepilettici: valproato (non rilevante) Lamotrigina Levetiracetam Oxcarbazepina Tiagabina Topiramato Antivirali: zidovudina Antiepilettici: fenitoina, primidone (di nessun rilievo clinico) Antiepilettici: fenitoina*, fenobarbital, valproato, carbamazepina (effetto sul metabolita attivo) Antiepilettici: felbamato (?) Antiepilettici: lamotrigina (autoinduzione) Non descritte interazioni di rilievo Antiepilettici: lamotrigina, carbamazepina Steroidi: contraccettivi orali* Calcioantagonisti: felodipina Non descritte interazioni di rilievo Non descritte interazioni di rilievo Antiepilettici: fenitoina, fenobarbital Antiepilettici: valproato, lamotrigina Steroidi: contraccettivi orali* Farmaci che agiscono sul sistema cardiovascolare: digossina Litio Steroidi: contraccettivi Antiepilettici: fenitoina Agenti ipoglicemizzanti: metformina Non descritte interazioni di rilievo Antipepilettici: fenobarbital, fenitoina, carbamazepina Antibiotici: rifampicina Antipepilettici: fenobarbital*, fenitoina*, carbamazepina* Antitubercolari: isoniazide Antiepilettici: gabapentin, valproato Non descritte Antiulcera: cimetidina interazioni di rilievo Antiepilettici: fenobarbital*, fenitoina*, carbamazepina*, primidone*, oxcarbazepina, topiramato Antibiotici: rifampicina Antivirali: ritonavir Non descritte interazioni di rilievo Antiepilettici: valproato* Antidepressivi: sertralina* Antiepilettici: carbamazepina, fenobarbital, fenitoina Steroidi: contraccettivi orali* Calcioantagonisti: felodipina Antiepilettici: fenobarbital*, fenitoina*, carbamazepina* Antiepilettici: fenitoina*, fenobarbital*, carbamazepina* Antiepilettici: felbamato Non descritte interazioni di rilievo Non descritte interazioni di rilievo Non descritte interazioni di rilievo 190 Vigabatrin orali* Antiepilettici: fenitoina Non descritte interazioni di rilievo Non descritte Non descritte interazioni interazioni di rilievo di rilievo *Abbastanza rilevante **molto rilevante Colonna A: sono riportati i principali farmaci antiepilettici Colonna 2 & 3: sono riportati quei farmaci per i quali vi sono dati clinici che indicano che la loro cinetica può essere modificata dai vari farmaci antiepilettici. In modo arbitrario una interazione è stata definita rilevante se la clearance o la biodisponibilità erano modificate in una percentuale superiore al 30-40% e molto rilevante se i suddetti parametri erano modificati oltre il 70-80%. Colonna 3 & 4: sono riportati i farmaci che alterano la cinetica dei farmaci antiepilettici. In modo arbitrario una interazione è stata definita come abbastanza rilevante se la clearance o la biodisponibilità erano modificate in una percentuale superiore al 30-40% e molto rilevante se i suddetti parametri erano modificati oltre il 70-80%. 191 Allegato 8 Percorso diagnostico Diagnosi clinica Storia della crisi: Riferita dal paziente: *circostanze e fattori scatenanti *sintomi prima e durante la crisi *durata dei sintomi *sintomi che seguono la crisi *traumi, morsus, incontinenza sfinterica Esame obiettivo: Riferita da un testimone: *descrizione il più dettagliata possibile di quanto osservato prima e durante la crisi (incluso il quadro di responsività, i fenomeni motori, la vocalizzazione, il colore della cute, il respiro, il polso) *descrizione il più dettagliata possibile dei Notizie rilevanti per la diagnosi: *età *sesso *anamnesi familiare *storia di sofferenza o infezioni prenatali e perinatali *anamnesi patologica remota inclusi precedenti convulsioni febbrili, infezioni del sistema nervoso, traumi cranici e altre malattie neurologiche o stato mentale, segni neurologici focali, aspetto fenotipico del soggetto con valutazione della cute e degli annessi cutanei alla ricerca di alterazioni discromiche o dismorfiche per eventuale Si tratta di epilessia? Diagnosi differenziale: Le sincopi, le aure emicraniche, le crisi non-epilettiche psicogene (pseudocrisi) e altre condizioni possono richiedere particolare attenzione nella diagnosi differenziale con le crisi epilettiche. Riferimento: I pazienti con episodi critici neurologici d’incerta diagnosi dovrebbero essere valutati da personale esperto. E’ consigliabile che anche i pazienti con epilessia siano seguiti da neurologi o da altri specialisti esperti. 192 Diagnostica strumentale Se anamnesi ed esame obiettivo confermano il sospetto di crisi epilettica, eseguire un EEG Classificare la crisi e la sindrome epilettica Si raccomanda l’utilizzo della Classificazione Internazionale delle Crisi e Sindromi Epilettiche La possibilità di una Epilessia Mioclonica Giovanile dovrebbe essere presa in considerazione in adolescenti e giovani adulti che abbiano presentato una o più crisi tonico-cloniche crisi parziale sintomatica/ probabilmente crisi tonico-clonica generalizzata crisi non classificabile Eseguire uno studio di neuromimmagini (RMN scelta preferibile) NO SI NO/ INCERTO Valutare eventuale terapia farmacologica Il paziente ha meno di 25 anni di età? È una sindrome generalizzata idiopatica? SI 193 Quando iniziare una terapia antiepilettica Prima crisi tonicoclonica generalizzata Presenti anche assenze o crisi miocloniche? NO SI Il paziente considera inaccettabile una NO Prima crisi provocata (alcool, fattori metabolici, farmaci, deprivazione di sonno) Crisi acute Crisi parziali semplici o complesse Intraprendere una terapia solo se la ripetitività delle crisi è suggestiva di epilessia Trattare dopo la prima crisi. Gli antiepilettici possono essere utilizzati per prevenire le crisi precoci ad esempio dopo un trauma La decisione se trattare o meno dipende dalla frequenza e gravità delle crisi e dalla scelta del paziente (la maggioranza dei pazienti che presenta una crisi Trattare dopo la prima crisi tonicoclonica SI Monitoraggio plasmatico: Differire il trattamento *utile per ottimizzare il dosaggio in pazienti trattati con fenitoina *per gli altri farmaci antiepilettici è utile per valutare la compliance in pazienti con crisi apparentemente refrattarie, l’eventuale tossicità, le interazioni farmaco-cinetiche in presenza di patologie epatiche o renali o in gravidanza Quando sospendere una terapia antiepilettica *Considerare tale opzione quando le crisi epilettiche sono state del tutto controllate per almeno due anni *Discutere col paziente i fattori clinici che possono meglio definire il rischio di ricaduta e tutte le possibili conseguenze anche sociali e psicologiche derivanti dalla scelta o meno di sospendere la terapia *La terapia deve essere sospesa gradualmente, nel corso di mesi; in caso di politerapia iniziare la sospensione dal farmaco ritenuto meno efficace 194 Scelta della terapia antiepilettica Crisi parziali Prima scelta: *carbamazepina Crisi non classificate *valproato di sodio Terapia alternativa *valproato *lamotrigina *oxcarbazepina *fenitoina *fenobarbital Crisi generalizzate Prima scelta: *valproato di sodio Se non tollerato Crisi non controllate? Prima di sostituire il farmaco o instaurare una biterapia: *rivalutare la diagnosi *riconsiderare il dosaggio *valutare la compliance del paziente Seconda scelta: crisi tonico-cloniche: *lamotrigina *topiramato crisi di assenza: *etosuccimide *lamotrigina crisi miocloniche: *lamotrigina *clonazepam Quindi: Crisi parziali 1. Terapia alternativa con carbamzepina, fenitoina, fenobarbital, Lamotrigina, oxcarbazepina, topiramato 2. Terapia d’associazione con carbamzepina, fenitoina, fenobarbital, Gabapentin, levetiracetam, lamotrigina, oxcarbazepina, tiagabina, topiramato la scelta dipende dalla valutazione delle caratteristiche globali del paziente. Utilizzare: *vigabatrin (solo dopo attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio e con esecuzione di un esame del campo visivo almeno ogni sei mesi) *felbamato (solo dopo attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio e con monitoraggio di emocromo ed enzimi epatici) Crisi non classificate Crisi generalizzate Valutare la possibilità di aggiungere: *lamotrigina *topiramato 195 Stati epilettici (SE) SE iniziale (primi 30 minuti) Raccogliere informazioni circa il tipo, la durata delle crisi ed i possibili fattori causali e precipitanti. Considerare le seguenti caratteristiche: 1 Irrigidimento degli arti 2 Alterazione dello stato di coscienza SE generalizzato convulsivo: 1 & 2 SE generalizzato non convulsivo: 1 SE parziale convulsivo: 2 Altri tipi inclusi gli SE mioclonici Supportare la respirazione, il circolo e proteggere il paziente. Somministrare ossigeno, assicurare un accesso venoso, prelevare campioni di sangue per test di routine (glucosio, elettroliti, emocromo, funzionalità epatica e renale, tossicologia e farmaci), ed iniziare il monitoraggio dei parametri vitali. Trattare l’ipotensione e la grave acidosi. Nel sospetto d’ipoglicemia infondere glucosio preceduto da tiamina in pazienti con storia, o sospetto, di abuso di alcool. Somministrare piridossina nei bambini con meno di 24 mesi di età. Per interrompere le crisi lorazepam e diazepam sono le due benzodiazepine di prima scelta. Lorazepam è considerato preferibile. Se non fosse possibile la somministrazione per via venosa diazepam e lorazepam possono essere somministrati per via rettale. Nei bambini il diazepam è considerato il farmaco di riferimento con questa modalità di utilizzo. Lo SE generalizzato convulsivo è un’emergenza da trattare prontamente. Gli altri tipi di SE necessitano di trattamenti personalizzati in base alle diverse situazioni. SE definito (30-90 minuti) Stabilizzare i parametri vitali, correggere gli squilibri metabolici, stabilire la causa dello SE, iniziare (se possibile) il monitoraggio EEG. Predisporre il trasferimento in Unità Intensiva se i parametri vitali indicano una criticità non affrontabile. Per interrompere le crisi infondere fenitoina. Se non fosse possibile utilizzare la fenitoina le alternative per via venosa sono: fenobarbital, valproato e midazolam. Potrebbe essere preferibile utilizzare benzodiazepine e valproato negli SE di assenza e mioclonici. SE refrattario (>90 minuti) Prima di praticare l’anestesia generale considerare i diversi fattori prognostici. Mantenere le funzioni vitali e praticare l’anestesia generale. I farmaci più frequentemente utilizzati sono tiopental, propofol e midazolam. Monitorizzare l’EEG per verificare l’efficacia della terapia. Non è indicata l’anestesia generale negli SE mioclonici postanossici e negli SE parziali. 196 Allegato 9 PANEL DI ESPERTI Luciano Gabbani Gian Carlo Muscas, Amedeo Bianchi, Maria Rita Bardini, Daniela Buti, Luciano Gabbani, Renato Galli, Anna Gaudenzi, Marzia Guarnieri, Marco Paganini, Raffaele Rocchi, Gian Paolo Vatti Gian Carlo Muscas, Paolo Balestri, Amedeo Bianchi, Paolo Bonanni, Raffaele Rocchi, Gaetano Zaccara Coordinatore Gruppo editoriale Struttura e Metodologia Definizioni Epidemiologia Glossario Daniela Buti, Giovanni Carriero, Anna Filippini, Diagnosi clinica Marzia Guarnieri, Gian Carlo Muscas, Raffaele Rocchi Amedeo Bianchi, Maria Rita Bardini Laboratorio Genetica Raffaele Rocchi, Paolo Bonanni, Enrica Neurofisiologia Mazzeschi Gian Paolo Vatti, Claudio Fonda, Albero Pupi Neuroimmagini Marco Paganini, Paola Brovedani, Barbara Neuropsicologia Pucci Gaetano Zaccara, Paolo Balestri, Daniela Buti, Terapia Medica Renato Galli, Marzia Guarnieri, Gian Carlo Terapie alternative Muscas Franco Ammannati, Paolo Bonanni, Pasquale Terapia Chirurgica Gallina, Aldo Mariottini, Gian Carlo Muscas, Raffaele Rocchi Gian Carlo Muscas, Marzia Guarnieri, Andrea Crisi acute sintomatiche Amadori Crisi occasionali Stati Epilettici Roberto Campostrini, Pasquale Palumbo, Gian Epilessia nelle donne Carlo Muscas, Marco Paganini Graziano Graziani, Giuseppe Cardamone, Gian Epilessia e disturbi Carlo Muscas, Pasquale Palumbo psichiatrici Andrea Amadori, Roberto Campostrini, Gian Problemi medici generali e Carlo Muscas, Pasquale Palumbo anestesiologici nei pazienti con epilessia Pasquale Palumbo, Amedeo Bianchi, Roberto Aspetti sociali Campostrini, Gian Carlo Muscas Noè Battistini, Aurelio Bonelli, Nicola Di Revisioni Lorenzo, Cesare Francois, Luciano Gabbani, Luigi Murri, Enrico Zammarchi 197