RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ ABITAZIONE NELL’ ANTICA GRECIA Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA A tutti i giovani in Europa e nel mondo per studio o lavoro, perché portino nel loro cuore il sorriso di Valeria Solesin" “…….Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale. ……..” Lettera Enciclica LAUDATO SI’ del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune “ …………devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio”. Antoine Leiris nell’attentato al Bataclan ha perso la moglie 1 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA PRESENTAZIONE Silvia Baima Beuc Geometra libero professionista iscritta al Collegio dei geometri di Torino e provincia al n. 7435 dal 16/03/1998 mi occupo di progettazione, ristrutturazione di edifici di civile abitazione, agricoli ed artigianali, catasto, successioni, stime immobiliari, ecc... Bettinelli Fulvio Tecnico Competente in Acustica D.P.G.R. Lombardia 5296/97 Tecnico Competente in Acustica per la Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige per la Provincia Autonoma di Trento Ispettore impianti termici Certificazione ENEA 351/98 Termografo abilitato Livello 2 n. 24305/PND/C Alzano Lombardo-BgChiavazza Luca Geometra libero professionista Valle d’Aosta n. 878 dal 1992 Sicurezza cantieri dal 2000 Certificatore Energetico Valle d’Aosta n. 262 dal 2012 Ferro Giovanni Geometra libero professionista Iscritto all’albo dei Geometri di Venezia Tecnico specializzato in risparmio energetico e bioelizia presso l’ ITS Red di Padova. Mi occupo di certificazioni energetiche, Leggi 10/91, catasto e progettazione. Teta Antonio Architetto libero professionista Consulente esperto CasaClima- Bolzano Esperto case prefabbricate in legno Energy Manager Direzione lavori, progettazioni, consulente per il risparmio e l’efficienza energetica in edilizia, ristrutturazioni, perizie. 2 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA INDICE RISPARMIO ENERGETICO ............................................................................................ 4 SOSTENIBILITA’ .............................................................................................................. 19 SALUBRITA’ ....................................................................................................................... 31 VENTILAZIONE .............................................................................................................. 38 RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI ...................................................................... 54 LA CASA GRECA .............................................................................................................. 81 3 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA RISPARMIO ENERGETICO QUADRO NORMATIVO DALLA LEGGE N. 373 DEL 1976 ALLA LEGGE 90/2013 Di seguito ripercorriamo in maniera veloce il quadro normativo di riferimento per la certificazione energetica e il calcolo delle prestazioni energetiche, partendo dalla legge 10 del 1991 fino a giungere alla legge 90 del 2013. LEGGE n. 373 del 1976 A causa della “guerra del Kippur” nel 1973 tra Egitto Siria contro Israele, i paesi occidentali si resero conto di essere vulnerabili dal punto di vista della propria dipendenza dal petrolio; infatti i paesi O.P.E.C. (Organization of Petrolium Exporting Contries) iniziarono un aumento considerevole del prezzo del greggio al fine di sostenere economicamente Egitto e Siria e costringendo indirettamente i paesi occidentali a varare normative di risparmio energetico. Solo però nel 1976 l’Italia emana la L. 30 aprile 1976, n. 373 (G.U. n. 148 del 7 giugno 1976) recante “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”; tale norma, se pur abrogata dalla successiva L. 10/91, risulta estremamente importante in quanto per la prima volta viene esplicitamente affermato il principio del risparmio energetico ed infatti l’ambito di applicazione della L. 373/76 è “ di contenere il consumo energetico per fini termici negli edifici, sono regolate dalla presente legge le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari, alimentati da combustibili solidi, liquidi o gassosi negli edifici pubblici e privati, con esclusione di quelli adibiti ad attività industriali o artigianali …………..”. Ma l’importanza della L.373/76 non si limita unicamente al risparmio energetico ma indirettamente riveste estrema importanza ai fini delle sicurezza. Infatti, la legge prevede che tutte le apparecchiature di regolazione automatica siano omologate dalla A.N.C.C. (Associazione Nazionale Controllo della Combustione) inglobata successivamente nell’I.S.P.E.S.L. e di recente nell’ I.N.A.I.L. 4 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA LEGGE n. 10 del 1991 Un deciso incremento al risparmio energetico avviene solo 15 anni dopo con l’emanazione della L. 9 gennaio 1991 n. 10 (Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) la quale prevede tra l’altro agevolazioni/contributi rivolti ad incentivare e migliorare il risparmio energetico. L’importanza di tale legge sono riposti nell’art.1 che chiarisce gli obiettivi della legge: riduzione dei consumi di energia e miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale dell’utilizzo dell’energia a parità di servizio reso e di qualità della vita. In particolare, con questa legge si vuole tendere verso ”l’uso razionale dell’energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell’utilizzo di manufatti, l’utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia, la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi, una più rapida sostituzione degli impianti”. L’art. 8 (alla lettera g), trattando dei contributi che possono essere concessi dal 20 al 40% della spesa di investimento, al fine di incentivare la realizzazione di iniziative rivolte a migliorare l’efficienza energetica nella climatizzazione e nella illuminazione degli ambienti e nella produzione di energia elettrica e di acqua calda, inserisce tra gli interventi che possono beneficiare di tali contributi quelli relativi alla “trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria dotati di un sistema automatico di regolazione della temperatura”. L’art. 26 (Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e impianti) al secondo comma, prevede che per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi, e all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art. 1, ivi compresi quelli di cui all’art. 8, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali. L’art. 30, infine, (abrogato dal Dlgs 192/05) introduce per la prima volta il concetto di “certificazione energetica degli edifici”. DPR 26/06/1993, n.412 Vi è da segnalare altresì il DPR 26 agosto 1993, n.412 (più volte modificato) “Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di 5 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA energia, ex art. 4, c. 4, della L. 10/91”, sostanzialmente l’unico articolo della L. 10 che ha trovato oggettiva attuazione per oltre un decennio. Direttiva CE 2002, n.91 Nel 2002 viene approvata dalla Comunità Europea la Direttiva 16 dicembre 2002, n. 91, che riconosce quanto l’energia impiegata nel settore residenziale e terziario rappresenti il 40% del consumo finale di energia della Comunità. Un elemento significativo della Direttiva è rappresentato dalla certificazione energetica. D.M. 16/03/01 Il “Programma Tetti Fotovoltaici” emanato con D.M. 16.03.01 e l’attuazione dell’art. 4, c. 1 e 2 della L. 10/91 avvenuta con il D.L.gs 27 luglio 2005, spingono l’Italia tra i paesi della Comunità Europea attenti al risparmio energetico anche se il recepimento della Dir. 2002/91/CE avviene solo con il D.L.gs 19 agosto 2005, n. 192 relativo al rendimento energetico nell’edilizia (S.O. alla G.U. n. 222 del 23 settembre 2005). Tale decreto, modificato a sua volta con l’emanazione del D.Lgs, n.311 del 29.12.06, abroga numerose norme tra cui ampie parti della L. 10/91 e del D.P.R. 412/93. D.L.gs 311/2006 il Decreto n. 311 del 2006 ha apportato alcune modiche rispetto al precedente decreto, rendendo più severi i limiti da rispettare. Viene introdotto l'attestato di qualificazione energetica (AQE). Il primo febbraio 2007 viene pubblicato in Gazzetta il decreto legislativo 29/12/06 n. 311 recante Disposizioni correttive e integrative al decreto legislativo 19/8/05 n. 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia. Il D.Lgs. 311 ha apportato alcuni correttivi, rendendo in generale più severi i limiti da verificare. Il parametro principale è l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale (EPi), espresso in kWh/m²anno, differenziato per zone climatiche ed in funzione del fattore di forma dell’edificio, con tre soglie temporali: gennaio 2006, gennaio 2008 e gennaio 2010. Manca tuttavia la modalità con cui la certificazione energetica debba essere applicata e introduce in via transitoria, e sino alla data di entrata in vigore delle linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, l’attestato di qualificazione energetica (AQE). 6 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA DPR 59/2009 Il DPR 59/2009 ha la finalità di promuovere un’applicazione “omogenea, coordinata e immediatamente operativa” delle norme per l’efficienza energetica sul territorio nazionale. Definisce le metodologie, i criteri e i requisiti minimi di edifici e impianti relativamente alla: • climatizzazione invernale (viene mantenuto l’assetto del DLgs 192/05) • preparazione di acqua calda per usi sanitari • climatizzazione estiva (la principale novità rispetto al DLgs 192/05) • illuminazione artificiale di edifici non residenziali L’art. 3 del D.P.R. 59/2009 individua le Norme tecniche riconosciute a livello nazionale per il calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici. In particolare sono individuate: • UNI TS 11300 - Parte 1: determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edifico per la climatizzazione estiva ed invernale • UNI TS 11300 - Parte 2: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria. Come stabilito all’articolo 4 del D.P.R. 59/2009, l’Indice di Prestazione energetica in regime invernale (EPi ), con riferimento alle nuove edificazioni ed alle ingenti ristrutturazioni, deve risultare inferiore ai limiti riportati all’Allegato C del D.Lgs. 311/2006 (in kWh/m2 per gli edifici residenziali, kWh/m3 per gli altri edifici). Il Decreto 59 prevede, inoltre, che gli strumenti di calcolo applicativi, ossia i software commerciali, devono garantire uno scostamento non superiore al 5% rispetto allo strumento di riferimento e devono essere certificati dal CTI (Comitato Termotecnico Italiano). D.M. 26 GIUGNO 2009 Nello stesso anno, con il D.M. 26 giugno 2009, vengono introdotte le linee guida per la certificazione energetica. Con il D.M. 26 giugno 2009 arrivano finalmente le linee guida nazionali per la certificazione energetica. L’Allegato A contiene le regole nazionali sulla certificazione energetica degli edifici e il modello di certificato. Il decreto prevede che l’attestato di certificazione energetica contenga indicazioni 7 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA sull’efficienza energetica dell’edificio, i valori di riferimento a norma di legge e le classi prestazionali, oltre ad indicazioni economicamente sostenibili per interventi di riqualificazione energetica. La validità dell’attestato è di 10 anni, a meno che non si effettui un intervento sull’edificio che ne modifica la prestazione energetica. D.Lgs 28/2011 Il D.Lgs. 28/2011 attua la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Le novità più interessanti introdotte sono le seguenti: • definizione degli obblighi di utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e sottoposti a ristrutturazioni • obbligo in sede di compravendita e locazione di introduzione di una clausola in cui l’acquirente o il locatore dichiara di aver ricevuto le informazioni riguardanti la certificazione energetica degli edifici • obbligo per tutti gli annunci di vendita di riportare l’indice di prestazione energetica. Decreto 63/2013 Il D.L. del 4 giugno 2013 n. 63 (c.d. decreto eco-bonus), convertito dalla Legge 90/2013, introduce una serie di Legge 90/2013 novità in materia di prestazioni energetiche. Innanzitutto la certificazione cambia il nome: non si parlerà più di ACE (Attestato di Certificazione Energetica) ma di APE (Attestato di Prestazione Energetica). Viene previsto inoltre l’obbligo di rilascio dell’attestato anche per le locazioni di edifici/unità immobiliari, al pari di quanto avviene per le compravendite. Una novità importante riguarda il rilascio dell’attestato da parte del professionista in forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio (ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000 – nuovo art. 6 D.Lgs. 192/2005). Vengono introdotte sanzioni amministrative per proprietari ed agenzie immobiliari che non rispettino le regole. Le metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici sono, oltre alle norme UNI/TS 11300 parti 1, 2, 3 e 4 e Raccomandazione CTI 14/2013, anche la UNI EN 15193 (Prestazione energetica degli edifici - Requisiti energetici per illuminazione). 8 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Quadro riepilogativo 9 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA LE NORME UNI TS 11300 UNI TS 11300 Il pacchetto di specifiche tecniche UNI TS 11300 è nata con l’obiettivo di definire una metodologia di calcolo univoca per la determinazione delle prestazioni energetiche degli edifici. Essa è suddivisa in quattro parti: • UNI TS 11300 parte 1: determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edificio per la climatizzazione estiva ed invernale • UNI TS 11300 parte 2: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria • UNI TS 11300 parte 3: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione estiva • UNI TS 11300 parte 4: utilizzo di energie rinnovabili e di altri metodi di generazione per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria. Attese già da tempo, ad ottobre 2014 sono state pubblicate le revisioni delle parti 1 e 2. Le nuove norme introducono varie modifiche rispetto al metodo di calcolo precedente, relativamente ai vari contributi che determinano il fabbisogno di energia termica e primaria dell’edificio per la climatizzazione estiva e invernale. Tali modifiche cambiano in maniera sostanziale le modalità di calcolo per le certificazioni energetiche e il calcolo degli indici (EPi e EPe) delle prestazioni energetiche: ad esempio, non sarà più possibile far riferimento ad incrementi percentuali per la valutazione dei ponti termici o all’abaco della norma UNI EN ISO 14683.Le novità principali introdotte dalla nuova norma sono le seguenti: • nuova modalità di valutazione dei ponti termici con il calcolo agli elementi finiti • nuovo modalità di calcolo per il periodo di riscaldamento e di raffrescamento • nuova modalità di valutazione degli apporti di energia termica dovuti alla radiazione solare 10 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA • nuovo calcolo per la determinazione della portata di ventilazione naturale • introduzione dello scambio di energia termica verso ambienti non climatizzati • valutazione dei fabbisogni di energia termica latente • calcolo del rendimento dell’efficienza di un recuperatore di calore • calcolo degli impianti aeraulici • valutazione del consumo energetico relativo agli impianti di ventilazione meccanica, differenziato per edifici residenziali e non residenziali • valutazione del consumo energetico per illuminazione artificiale di edifici non residenziali • valutazione del recupero termico con l’utilizzo di pompe di calore endotermiche. DECRETO 26 GIUGNO 2015 A partire dal 1 Ottobre del 2015 è entrato in vigore il nuovo Decreto 26 giugno 2015 che regola attualmente il calcolo della prestazione energetica degli edifici. Tale decreto, a sua volta, si divide in due importanti decreti: Decreto Requisiti Minimi e le Linee Guida APE. DECRETO “REQUISITI MINIMI” Introduzione Il nuovo decreto sui requisiti minimi definisce le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici nonché dell’applicazione di prescrizioni e requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici e unità immobiliari. Nello specifico, l’emanando decreto aggiornerà il D.P.R. 59/2009 che oggi definisce le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici, in attuazione dell’articolo 4, comma 1, del D.Lgs. 192/2005. Al fine di evitare la frammentazione legislativa regionale stabilisce la diretta applicazione delle nuove regole alle Regioni che non abbiano ancora dettato norme di recepimento della direttiva 2010/31/UE. La vera novità contenuta nel decreto del Mise è l’introduzione del concetto di “edificio di riferimento”, vale a dire un edificio identico a quello di progetto o reale in termini di geometria, 11 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA orientamento, ubicazione territoriale, destinazione d’uso e situazione al contorno e avente caratteristiche termiche e parametri energetici predeterminati. In pratica occorrerà effettuare 2 calcoli: uno sulla prestazione energetica dell’edificio di riferimento e l’altro sulla prestazione energetica dell’edificio reale, che dovrà raggiungere la medesima prestazione dell’edificio di riferimento. Qual è lo scopo? Mettere a disposizione un riferimento generale per calcolare il valore di energia primaria limite che gli edifici di nuova costruzione o quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti dovranno rispettare. Tali requisiti entreranno in vigore il 1° luglio 2015 e saranno resi più stringenti dal 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2021 per tutti gli altri immobili. Metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici Per il calcolo della prestazione energetica e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici si adottano le seguenti norme tecniche: • Raccomandazione CTI 14/2013 e successive norme tecniche che ne conseguono • UNI/TS 11300-1 • UNI/TS 11300-2 • UNI/TS 11300-3 • UNI/TS 11300-4 • UNI EN 15193 – Prestazione energetica degli edifici – Requisiti energetici per l’illuminazione. Software Gli strumenti di calcolo e i software commerciali dovranno garantire che i valori degli indici di prestazione energetica abbiano uno scostamento massimo di ± 5% rispetto ai corrispondenti parametri determinati con l’applicazione dello strumento nazionale di riferimento. La garanzia è fornita attraverso una dichiarazione di conformità del software da parte del CTI. Indice di prestazione energetica La prestazione energetica è definita sostanzialmente attraverso gli indici di prestazione: • EPH - climatizzazione invernale • EPC - climatizzazione estiva • EPW - produzione acqua calda sanitaria • EPV – ventilazione • EPL - illuminazione • EPT - trasporto di persone e cose 12 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA L’indice di prestazione globale EPgl rappresenta la somma di tutti gli indici ed è espresso in kWh/m2 per tutte le destinazioni d’uso. Applicazione graduale in relazione alla tipologia di intervento Il nuovo decreto prevede l’applicazione graduale in funzione del tipo di intervento: per ciascuna tipologia di intervento sono previsti requisiti differenti. Vengono definiti 2 tipi di ristrutturazione importante: • ristrutturazione importante di primo livello: intervento che interessa gli elementi e i componenti integrati costituenti l’involucro edilizio delimitanti un volume a temperatura controllata dall’ambiente esterno e da ambienti non climatizzati, con un’incidenza superiore al 50% della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio e comporta il rifacimento dell’impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva asservita all’intero edificio • ristrutturazione importante di secondo livello: intervento che interessa gli elementi e i componenti integrati costituenti l’involucro edilizio delimitanti un volume a temperatura controllata dall’ambiente esterno e da ambienti non climatizzati, con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio e può interessare l’impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva. Edificio di riferimento L’edificio di riferimento è un edificio identico in termini di geometria (sagoma, volumi, superficie calpestabile, superfici degli elementi costruttivi e dei componenti), orientamento, ubicazione territoriale, destinazione d’uso e condizioni al contorno e avente caratteristiche termiche e parametri energetici predeterminati e dotati di impianti tecnici di riferimento (App. A, Allegato 1). Edifici a energia quasi zero Un edificio a energia quasi zero è un edificio ad altissima prestazione energetica. Il suo fabbisogno energetico è molto basso o quasi nullo ed è coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in situ. 13 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Sono “edifici a energia quasi zero” tutti gli edifici, siano essi di nuova costruzione o esistenti, per cui sono contemporaneamente rispettati: • i requisiti previsti dal decreto e determinati con i valori vigenti da gennaio 2019 per gli edifici pubblici e da gennaio 2021 per tutti gli altri edifici • gli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili dell’Allegato 3, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 Diagnosi energetica Nel caso di ristrutturazione o nuova installazione di impianti termici, con potenza termica nominale ≥ 100 kW, compreso il distacco dall’impianto centralizzato anche di un solo condomino, deve essere realizzata una diagnosi energetica dell’edificio e dell’impianto che metta a confronto diverse soluzioni impiantistiche e la loro efficacia sotto il profilo dei costi complessivi. La soluzione progettuale deve essere motivata nella relazione tecnica. La diagnosi energetica deve considerare almeno le seguenti opzioni: a) impianto centralizzato con caldaia a condensazione con contabilizzazione e termoregolazione del calore b) impianto centralizzato con pompa di calore elettrica o a gas con contabilizzazione e termoregolazione del calore c) possibili integrazioni con impianti solari termici d) impianto centralizzato di cogenerazione e) stazione di cogenerazione efficiente f) per il non residenziale, installazione di un sistema di gestione automatica degli edifici e degli impianti. 14 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Tipologie d’intervento Requisiti 15 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA LINEA GUIDA APE Il secondo decreto contiene le nuove linee guida per l’attestato di prestazione energetica degli edifici (APE), in sostituzione al decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 26 giugno 2009. Obiettivo è quello di rendere uniformi su tutto il territorio nazionale le modalità di classificazione energetica degli edifici e il modello di attestazione di prestazione energetica. Contenuti obbligatori Per quanto riguarda i contenuti, il nuovo APE dovrà nuovo APE esprimere la prestazione energetica globale sia in termini di energia primaria totale che di energia primaria non rinnovabile. Inoltre la classe energetica dovrà essere determinata attraverso l’indice di prestazione energetica globale (somma di tutti gli indici), espresso in energia primaria non rinnovabile. L’APE dovrà contenere i consumi relativi a tutti i servizi energetici (riscaldamento, acqua calda sanitaria, raffrescamento, illuminazione artificiale, ventilazione meccanica, trasporto di persone e cose). Le classi energetiche passano da sette a dieci, dalla A4 (la migliore) alla G (la peggiore). Entrando nello specifico, il nuovo APE dovrà contenere: a) la prestazione energetica globale sia in termini di energia primaria totale che di energia primaria non rinnovabile, attraverso i rispettivi indici b) la classe energetica determinata attraverso l’indice di prestazione energetica globale, espresso in energia primaria non rinnovabile c) la qualità energetica del fabbricato (indici di prestazione termica utile per la climatizzazione invernale ed estiva) d) i valori di riferimento, quali i requisiti minimi di efficienza energetica e) le emissioni di anidride carbonica f) l’energia esportata g) le raccomandazioni per il miglioramento dell’efficienza energetica con le proposte degli interventi più significativi ed economicamente convenienti, separando la previsione di interventi di ristrutturazione importanti da quelli di riqualificazione energetica h) le informazioni correlate al miglioramento della prestazione energetica, quali diagnosi e incentivi di carattere finanziario. 16 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Determinazione della La classe energetica dell’edificio è determinata sulla base classe energetica dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile dell’edificio EPgl,nr . In particolare viene effettuato un confronto con una scala di classi prefissate, ognuna delle quali rappresenta un intervallo di prestazione energetica ben definito. La scala delle classi è definita a partire dal valore dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile dell’edificio di riferimento EPgl,nren,(2019/21) dotato di tecnologie impiantistiche standard. La classe energetica è contrassegnata da un indicatore alfanumerico in cui la lettera G rappresenta la classe caratterizzata dall’indice di prestazione più elevato (maggiori consumi energetici), mentre la lettera A rappresenta la classe con il miglior indice di prestazione (minori consumi energetici). Un indicatore numerico, affiancato alla lettera A, identificherà i livelli di prestazione energetica in ordine crescente a partire da 1 (rappresentante del più basso livello di prestazione energetica della classe A). Un apposito spazio, se barrato, indicherà che si tratta di un “Edificio a energia quasi zero”. In corrispondenza della scala delle classi viene evidenziato il requisito minimo previsto qualora l’edificio oggetto fosse di nuova costruzione, calcolato in conformità al decreto requisiti minimi. Tale riferimento è, per sua natura, variabile in funzione dei requisiti minimi costruttivi in vigore nell’anno in cui viene redatto l’APE. Gli intervalli di prestazione che identificano le altre classi sono ricavati attraverso coefficienti moltiplicativi di riduzione/maggiorazione del suddetto valore EPgl,nren,(2019/21). Gli intervalli di prestazione che identificano le altre classi sono ricavati attraverso coefficienti moltiplicativi di riduzione/maggiorazione di EPgl,nr,Lst(2019/21). 17 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA 18 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA SOSTENIBILITA’ PREMESSA La situazione europea e non solo, si trova ormai in una situazione critica e complessa segnata da due crisi: una economica iniziata nel 2008 e l’altra ambientale. Della prima le informazioni quotidiane di certo non mancano anche perché siamo coinvolti purtroppo personalmente mentre, della seconda, fatto salvo eventi periodici di pochi giorni, vedi COP21 a Parigi o città metropolitane assediate da smog, i mass media risultano latitanti nonostante la crisi ecologica rischi di aggravare non solo il quadro economico attuale, ma il futuro delle prossime generazioni. IL SETTORE DELL’EDILIZIA Un’importanza strategica in questa crisi eco-nomica/logica l’ha il comparto dell’edilizia, vuoi per il numero di occupati e di volano dell’economia nazionale e vuoi, per il ruolo strategico che ha nel campo della riduzione della domanda energetica, attivando operazioni di ristrutturazione edilizia del parco immobiliare obsoleto dell’Italia nonché dell’intera Europa. Risulta pertanto chiaro che il settore edile può svolgere un ruolo significativo se non primario nel medio e lungo termine, affinché si realizzi un’economia sostenibile come più volte richiamato dai documenti della Comunità Europea. Già nel 2011 l’U.N.E.P. United Nations Environment Programme nel suo rapporto “ Verso una green economy” indicava quale strategia per un miglioramento delle condizioni economiche/ambientali uno sviluppo sostenibile consapevole ed una riconversione dell’economia verso un efficiente utilizzo delle risorse ambientali al fine di produrre un incremento di competitività nonché nuova occupazione. Risultava altrettanto chiaro quanto economia, benessere sociale e risorse naturali siano tra loro interdipendenti creando condizioni eque, prevedibili e coerenti per uno sviluppo sostenibile. 19 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Se è pur vero che il settore dell’edilizia è un settore strategico per la “green economy” è anche vero che tale settore è responsabile nel suo processo costruttivo, di un alto consumo di acqua e di rilasciare quantità significative di gas serra oltre a produrre rifiuti solidi non indifferenti per quantità oltre che per qualità; è pertanto necessario che l’edilizia sposi la sostenibilità. Nel documento europeo “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell'impiego delle risorse” (COM (2011) 571) vengono indicati vari miglioramenti significativi nell’uso delle risorse e dell’energia. PERCHE’ SCEGLIERE L’EDILIZIA SOSTENIBILE E’ innegabile che una prima scelta avviene in base ai benefici di tipo ecologico, ma la scelta di un’edilizia sostenibile, come precedentemente visto, non può disgiungersi da aspetti sociali ed economici. Aspetti sociali perché il “costruire sostenibile” vuol dire anche costruire con un’attenzione alla salute ed al comfort di chi andrà a vivere nell’edificio. Problematiche legate ad una attenta progettazione che permetta ad esempio, il controllo termoigrometrico degli ambienti, che assicuri un comfort acustico o l’utilizzo di isolanti che evitino l’emissione in ambiente di fibre, riducono le malattie, lo stress ed il disagio in generale. Una progettazione sostenibile di tipo “sociale” che preveda luoghi d’incontro e di socializzazione quali lavanderia in comune o spazi gioco, limita i conflitti condominiali e lo stress derivante dagli stessi. Sotto il profilo economico i benefici di un edificio sostenibile sono stati confermati da ricerche e studi del settore che hanno evidenziato quanto i costi di gestione di un edificio sostenibile siano più bassi soprattutto per le spese energetiche (dal 25 al 50%), per i consumi idrici ( 30-40%) e nella manutenzione in generale. L’investimento iniziale, anche se a volte superiore rispetto ad un edificio “tradizionale”, viene ammortizzato in un tempo inferiore di oltre il 50% rispetto al “tradizionale” e la rivalutazione di un “edificio sostenibile” è decisamente superiore ad un edificio tradizionale. I MATERIALI SOSTENIBILI La costruzione di un edificio sostenibile comporta l’utilizzo di materiali a basso impatto ambientale. Una definizione di basso impatto ambientale può essere ricondotta al consumo energetico e/o ambientale durante la fase produttiva del materiale medesimo rispetto ad un prodotto convenzionale e di un possibile suo riuso nella fase di dismissione (demolizione dell’edificio), certo è che nessun materiale da costruzione ad oggi può essere definito ad impatto zero. La Commissione europea definisce i prodotti “verdi” come “quelli più efficienti sotto il profilo dell'utilizzo delle risorse e meno dannosi per l'ambiente nel loro intero ciclo di vita, dall'estrazione delle materie prime, alla produzione, alla distribuzione, all'uso, fino alla fine del ciclo 20 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA di vita (compreso il riutilizzo, il riciclo e il recupero) rispetto ad altri prodotti o a prodotti simili della stessa categoria. I prodotti verdi esistono in ogni categoria di prodotto a prescindere dal fatto di essere contrassegnati dal marchio di qualità ecologica o commercializzati come "verdi"; sono le loro prestazioni ambientali a classificarli come tali. La maggiore diffusione sul mercato di prodotti con queste caratteristiche consentirebbe di combinare i benefici per la società in generale, derivanti dal minor danno ambientale, con una maggiore soddisfazione dei consumatori nonché con potenziali benefici economici per i produttori e i consumatori, grazie all'uso più efficiente delle risorse naturali.” Come identificare o riconoscere i prodotti sostenibili ed ecocompatibili considerando che a volte i materiali utilizzati in edilizia sono degli accoppiati? Pur nella complessità si elencano alcuni criteri redatti da studiosi/ricercatori inglesi: essere un materiale che comporti lavorazione di trasformazione a basso consumo energetico essere un materiale che nel processo di lavorazione riduca al minimo emissioni in atmosfera, consumo del suolo ed emissioni acustiche essere un materiale duraturo e funzionale nel tempo mantenendo le proprie caratteristiche e prestazioni tecniche iniziali; avere un contenuto di materia prima facilmente rigenerabili al momento della dismissione avere un contenuto elevato di materie prime seconde e di materiale residuo proveniente da agricoltura biologica minimizzare scarti e rifiuti in tutte le fasi di ciclo sia nelle fasi di produzione e di demolizione non contribuire all’inquinamento indoor sia nella fasi di produzione che nelle fasi di installazione e vita del prodotto COME VALUTARE LA SOSTENIBILITA’ DI UN PRODOTTO Gli strumenti per valutare la sostenibilità attualmente sono diversi sia sotto il profilo metodologico che di misurazione e molti casi hanno evidenziato delle disparità in base alla metodologia utilizzata nella valutazione sul medesimo prodotto. La Comunità europea nel documento “Costruire il mercato unoco dei prodotti verdi. Migliorare le informazioni sulle prestazioni ambientali dei prodotti e delle organizzazioni (COM (2013) 196) evidenzia che “Non esiste una definizione scientifica ampiamente accettata riguardo a cosa sia effettivamente un prodotto o un'organizzazione verde. Effettivamente, a causa del numero di scelte metodologiche lasciate alla discrezionalità dell'utilizzatore, anche risultati ottenuti con lo stesso metodo spesso non sono comparabili. Tale 21 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA comparabilità è invece importante per una competitività fondata sulle prestazioni ambientali e per consentire ai consumatori e alle imprese di prendere decisioni informate. Una delle maggiori criticità che accomuna alcuni approcci metodologici per la misurazione delle prestazioni ambientali è la loro incompletezza, in quanto non prendono in esame tutti gli impatti diretti e indiretti del prodotto o dell'organizzazione in questione – ossia l'intero ciclo di vita. Molti indicatori sono incentrati sulla "fase dell'utilizzazione" (ad es. consumo di acqua di una lavatrice), escludendo quindi i costi di produzione, di smaltimento o il potenziale di riutilizzo e riciclaggio. Alcune valutazioni si concentrano su un unico indicatore ambientale, magari ignorandone altri e spostando in questo modo il problema su un'altra fase del ciclo.” Pur nella difficoltà sopra indicate vi sono diversi strumenti per effettuare scelte progettuali consapevoli; tali strumenti si classificano in due famiglie: quella riferibile alla procedura LCA (Life Cycle Assesssment) e quella relativa a metodi basati su indicatori sintetici. PROCEDURA LCA Alla fine degli anni 60, alcuni ricercatori anglossassoni si resero conto che la valutazione “sostenibile” di un prodotto doveva per forza seguire la strada che la materia prima effettua dal momento della sua estrazione fino al sua forma di rifiuto. Tale sistema è meglio conosciuto come “from cradle to grave” ossia “dalla culla alla tomba” o altrimenti “dalla culla alla culla” nel caso di un riciclaggio del prodotto. Il metodo LCA viene ufficialmente formalizzato nel 2006 dalle norme ISO 14040 e 14044 inserite nel pacchetto di norma ISO 14000 sui sistemi di gestione ambientale. La definizione del sistema LCA è così presente nella norma ISO 14040 “L'LCA considera l'intero ciclo di vita di un prodotto, dall'estrazione e acquisizione delle materie prime, attraverso la fabbricazione e la produzione di materiali ed energia, fino al trattamento di fine vita e allo smaltimento finale. Attraverso tale panoramica e prospettiva sistematica, può essere identificato ed evitato il passaggio di un potenziale onere ambientale tra le fasi del ciclo di vita” I momenti principale di una valutazione LCA sono: Definizione degli obbiettivi e degli scopi; in questa fase è assolutamente indispensabile definire gli obbiettivi e le motivazioni dello studio nonché la tipologia di pubblico a cui è indirizzato lo studio stesso. Analisi di inventario: in questa fase devono essere “individuati e quantificati i flussi sia di ingresso che in uscita di un sistema prodotto, lungo tutta la vita”. L’analisi deve essere compiuta in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto ed i flussi espressi in unità fisiche, di massa e di energia e devono riguardare il prelievo e 22 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA la preparazione della materia prima, la sua trasformazione in prodotto finito o quale co-prodotto, il consumo energetico e la produzione dell’energia medesima, il rilascio di sostanze inquinanti sotto il profilo di emissione in atmosfera (aria e rumore) e di sostanze inquinanti in eventuale discarica. Valutazione degli impatti; in questa fase vengono raccolti elaborati e classificati tutti i risultati derivanti dall’analisi dell’inventario e pertanto in tale fase si quantificano i possibili danni all’ambiente nella produzione del prodotto Interpretazione dei risultati; parte conclusiva della procedura in cui si analizzano e si propongono eventuali modifiche per ridurre l’impatto ambientale del prodotto. Lo studio LCA viene supportato logicamente da software presenti sul mercato; tra i più diffusi si segnalano Sinapro, Umberto, GaBi,Athena, Eco-it, Bees. METODI BASATI SU INDICATORI Oltre alla procedura LCA vi sono metodi che “restituiscono” il carico ambientale del prodotto in esame riferendosi a singole fasi operative oppure a degli indicatori assoluti. I metodi più diffusi sono: Lo zaino ecologico tale metodo ha lo scopo di misurare la quantità di materiali che è necessario per poter produrre una particolare risorsa. Viene definito come carico di natura che ogni prodotto o servizio ha sulle spalle sotto forma di zaino. L’unità di misura è kg di natura /kg di prodotto o kg di natura/unità di prodotto, chiaro è che maggiore è a massa di materiale movimentato, maggiore è l’impatto ambientale arrecato e più un prodotto è raro più pesante è lo zaino. Le componenti dello zaino sono: materiali non rinnovabili quali combustibili fossili, ghiaia, minerali, ecc… materiali rinnovabili quali biomassa vegetale e animale terreno per produzioni agricole e forestali: quantità di terreno fertile perso per erosione acqua utilizzata nella produzione aria prelevata per le sue trasformazioni (separazione di gas) o chimiche (combustione)Con lo zaino ecologico si affronta il problema dei flussi nascosti dei materiali correlandoli con la distruzione della natura. 23 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA M.I.P.S. (Materials Input per Service Unit) Energia incorporata Impronta Carbonio l’indicatore MIPS misura l’intensità di material che un prodotto/servizio richiede all’ambiente naturale. Fase prioritaria del MIPS è la verifica del flusso di materia non rinnovabile, rinnovabile, aria, acqua e terra impiegate, ossia della quantità in peso di materiali estratti dall’ambiente naturale o importati e immessi nel sistema economico per la produzione. Il rapporto di questo valore per il servizio fornito è il MIPS. l’indicatore di energia incorporata viene utilizzato per quantificare l’energia non rinnovabile utilizzata in tutto il processo produttivo ed è espressa in Co2 equivalente. Qs indicatore è utilizzato soprattutto dove vi è un alto consumo di energia come nel caso dei prodotti edili, ed è affiancato a quello della durata dell’edificio. Tale metodologia permette di giustificare a volte l’utilizzo di materiali con un contenuto di energia elevato qualora la loro vita utile sia molto lunga. il metodo dell’impronta di carbonio quantifica il “peso” del prodotto nel suo intero ciclo di vita (estrazione-discarica) su un unico impatto ambientale ed in specifico sul riscaldamento locale del pianeta, riscaldamento prodotto dall’effetto serra e misurato anch’esso in Co2 equivalente. In base al protocollo di Kyoto, i gas ad effetto serra sono: anidride carbonica (Co2), metano (CH4) protossido d’azoto (N2O) idroflorocarburi (HFC) esafloruro di zolfo (SF6) perflorocarburi (PFC). La t di Co2 equivalente permette quindi di valutare l’effetto serra di un prodotto in base all’emissione in atmosfera di questi gas; ad esempio il metano rispetto all’anidride carbonica ha un’impronta 25 volte maggiore ossia 1 t di CH4 equivale a 25 t di Co2. Le norme UNI ISO /TS 14067 hanno reso definito un unico riferimento a livello mondiali 24 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Impronta idrica il metodo dell’impronta idrica valuta il consumo di totale di acqua nella produzione di beni e servizi consumati dal singolo, da una società o da una nazione. Il tutto espresso in volume. Oltre a ciò, tale indicatore considera l’acqua necessaria per rendere disponibile il prodotto al consumo, dall’imballaggio al trasporto e tutti quei flussi nascosti presenti nell’intera catena di approvvigionamento. LA CERTIFICAZIONE AMBIENTALE DI UN PRODOTTO Le fasi di studio per una riduzione dell’impatto ambientale di un prodotto sono finalizzate ad una certificazione che caratterizzi il prodotto medesimo e “raccolga” la sensibilità dei consumatori; è necessaria quindi una comunicazione specifica e corretta. Negli ultimi decenni si è purtroppo riscontrato situazioni di finte certificazioni, campagne di comunicazione autocelebrative, abuso di tecnicismi nonché un eccesso di vaghezza delle informazioni sul prodotto. Per tale motivo all’interno delle norme UNI EN ISO 14020, che si ricorda sono a carattere di volontarietà, sono state adottate tre norme a carattere ambientale con le relative etichettature sotto riportate: Etichetta di tipo I presente nella norma UNI EN ISO 14024 è utilizzata su prodotti ritenuti conformi a dei requisiti minimi. La certificazione viene rilasciata da un soggetto “terzo” indipendente sia dal fornitore che dall’utilizzatore a seguito di verifiche in loco e dopo un’attenta analisi dei criteri ambientali del prodotto in esame, che si basa su opportuni indicatori derivanti dall’analisi del ciclo di vita di quella specifica categoria. L’etichettatura di tipo I è l’eccellenza della certificazione ambientale di un prodotto; per mantenere tale certificazione il processo produttivo è oggetto di continue revisione dei criteri ambientali. A livello europeo il marchio Ecolabel rappresenta l’eccellenza. Ulteriori marchi di Tipo I sono: Good Environmental Choise Australia (GECA) Eco Mark 25 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Das Osterreichische Umweltzeichen NF environnement Green Seal Der Blauer Engel White Swan o Nordic Ecolabel Milieukeur Etichetta di tipo II definite dalla norma UNI EN ISO 14021 è una autodichiarazione dell’azienda di rispetto di determinate specifiche ecologiche del prodotto, permettendo così di scegliere una valorizzazione specifica da promuovere e su cui concentrare la strategia comunicativa. La UNI EN ISO 14021 impegna il produttore al rispetto di determinati requisiti di garanzia dell’informazione senza però stabilirne il ricorso ad una simbologia ad eccezione di quello rappresentato dal Ciclo di Mobius. Ulteriori marchi di Tipo II sono: Pannello Ecologico Punto Verde Carbon Point Etichetta di tipo III la comunicazione volontaria di tipo III in cui un’azienda dichiara pubblicamente l’aspetto ambientale del suo prodotto o del suo servizio a seguito di un processo di verifica da parte di un ente certificatore, viene definita come Dichiarazione Ambientale di Prodotto comunemente conosciuta come EPD (Environmental Product Declaration). L’EPD è definita dalla UNI EN ISO 14025 e si presenta come un insieme di dati ambientali quantificati con parametri basati sulla metodologia LCA. Significative sono le informazioni riportate sull’uso corretto del prodotto e sullo smaltimento dello stesso valutandone gli impatti; d’importanza rilevante sono le informazioni da pubblicare nella Dichiarazione, con un’attenta verifica della loro congruità rispetto al gruppo di prodotto e all’utilizzatore nonché la presentazione del prodotto stesso 26 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA secondo uno schema standard. La diversità di questa etichettatura rispetto all’etichettatura di tipo I, consiste che nell’etichettatura di tipo III non si confrontano i dati ambientali con livelli di eccellenza, ma si qualifica l’informazione; in altre parole l’etichettatura di Tipo I è rivolta al consumatore per effettuare una scelta consapevole in base alla propria sensibilità ambientale mentre, l’etichettatura EPD, è rivolta soprattutto a quelle aziende che vogliono informare i propri clienti rispetto a standard del prodotto anche al fine di una selezione dei fornitori. Oltre alle etichettature sopra indicate ed individuate dalle norme UNI EN ISO 14021,14024 e 14025, vi sono altre attestazioni e certificazioni presenti sul mercato rilasciate da enti privati e pubblici di cui si riportano i più noti: Forest Stewardship Council (FSC) –Canadacertificazione per foreste e legno Programme for Endorsement of Forest Certification chemes (PEFC) -Europa 1999- certificazione forestale Oeko-Tex Standard 100 –Germania Austria, Svizzera- certificazione area tessile Emicode –Germania- certificazione dei prodotti edilizi in base alle emissioni di C.O.V. M1 –Finlandia- certificazione dei prodotti edilizi in base alle emissioni di S.O.V. e sostanze odorose Emission dans l’air interieur –Franciacertificazione dei prodotti edilizi, di finitura e di arredamenti; obbligo per la commercializzazione GreenGuard –USA- prodotti edilizi da utilizzarsi indoor Natureplus –Germania- marchio di qualità tedesco CRI Green Label –USA- prodotti tessili CCA-ItaliaConformità di Compatibilità Ambientale per prodotti edili e di arredo -Politecnico di Milano ICEA –Europa- settore food e no fodd (cosmesi) 27 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA VANTAGGI DELLE CERTIFICAZIONI AMBIENTALI La scelta di certificare il proprio prodotto/servizio viene intrapresa per i seguenti motivi: accrescere l’immagine e la reputazione dell’azienda nel suo complesso valorizzare i propri investimenti in tecnologie green e buone pratiche ecologiche attivare una campagna pubblicitaria mirata sulla qualità del proprio prodotto/servizio acquisire punteggio nei sistemi di classificazione ambientale Nel campo edile, costruire con criteri di sostenibilità comporta in alcuni comuni e regioni, l’acquisizione di criteri premianti sotto il profilo economico; tali criteri spesso indicano una diminuzione in percentuale degli oneri di urbanizzazione in base ad un punteggio prestabilito o la possibilità di un aumento volumetrico. I criteri di punteggio sono redatti a seguito di una verifica della costruzione in base a parametri di valutazione ambientale che di seguito si elencano: BREEAM questo criterio si basa su una serie di punteggi pesati dati in base a materiali utilizzati, tipologia della costruzione e qualità della stessa. La classificazione è su cinque livelli: eccezionale, eccellente, molto buono, buono, sufficiente. LEED il criterio LEED si basa su punteggi legati a prestazioni energetiche ed ambientali fino al raggiungimento di un massimo di 110 punti. I livelli sono così articolati: Platino, Oro, Argento, Base. CASBEE sistema di valutazione globale per l’efficienza del costruito, si suddivide in quattro casistiche: CASBEE per design, CASBEE nuove costruzioni, CASBEE edifici esistenti e CASBEE per ristrutturazioni. La classificazione è la seguente: eccellente, molto buono, buono, discreto e scarso. Protocollo ITACA Un lavoro di gruppo interregionale coordinato dal Friuli Venezia Giulia all’interno dell’Istituto per l’Innovazione e la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale, ha elaborato un protocollo di valutazione di sostenibilità energetico-ambientale degli edifici, approvato poi dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Provincie Autonome nel gennaio 2004. Il Protocollo permette una contestualizzazione rispetto alle peculiarità 28 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA territoriali delle regioni pur conservando la medesima pesatura nel punteggio. Il punteggio è articolato in base a sette valutazioni: 5 punti: prestazione considerevole oltre alla pratica corrente, di carattere sperimentale; 4 punti: moderato miglioramento rispetto alla pratica corrente; 3 punti: significativo miglioramento rispetto ai regolamenti vigenti. Tale punteggio rappresenta la miglior pratica corrente; 2 punti: moderato miglioramento delle prestazioni rispetto ai regolamenti vigenti e alla pratica corrente; 1 punto: lieve miglioramento delle prestazioni rispetto ai regolamenti vigenti e alla pratica corrente; 0 punti: prestazione minima accettabile definita da leggi o regolamenti vigenti -1 punto: prestazione inferiore allo standard e alla pratica corrente. SB100 Messo a punto dall’Associazione nazionale di Architettura Bioecologica (ANAB) definisce un sistema di qualità e sostenibilità ambientale redatto tramite l’elaborazione di percorsi ed obiettivi e relative azioni per raggiungerli. Gli obiettivi sono raccolti in tre macroaeree che sono: Ecologia, Sociale e Economica a loro volta suddivise in azioni. Il totale delle azioni è 100 ed in base al punteggio realizzato si hanno classi dalla A alla G dell’edificio. DGNB Sistema a punteggi che integra il sistema di valutazione del ciclo di vita LCA nel rispetto delle indicazioni di cui alla ISO 21929-1. I punteggi finali previsti sono 4: Oro, Argento, Bronzo e Certificato. 29 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Si riportano alcuni comuni che hanno nei propri regolamenti edilizi una particolare attenzione all’ecosostenibilità dei materiali edili : Agrate Brianza (MB), Arignano (TO), Campi Bisenzio (FI), Forlimpopoli (FC), Fusignano (RA), Lignano Sabbiadoro (UD). Si segnala inoltre che la Regione Toscana ha redatto un elenco base di materiali per l’edilizia sostenibile Oltre a requisiti premianti al raggiungimento di determinate soglie prestazionali, stanno emergendo sistemi di prestazioni soglia ON-OFF ossia, prestazioni soglia obbligatorie senza che sia previsto alcuna graduatoria di merito, pertanto la certificazione sarà rilasciata oppure no. Non conosciuti dalla maggior parete degli addetti ai lavori, tali strumenti di valutazione sono caratterizzati nel maggior grado di complessità e di specializzazione per la sua elaborazione a fronte però di un livello decisamente più elevato di attendibilità sul comportamento reale dell’edificio rispetto al tema della sostenibilità. Tra questi sistemi si segnalano: HQE due sono gli elementi fondamentali di questo sistema, il metodo organizzativo ed il metodo operativo. Quello organizzativo ha il compito di definire strumenti necessari per far interagire le diverse professionalità coinvolte nel progetto mentre, quello operativo, è articolato in 14 obiettivi raggruppati in quattro categorie che sono: Ecocostruzione, Eco-gestione,-Comfort e Salute. Nordic Ecolabel Le prestazioni di tale sistema sono improntate su aree di valutazione a loro volta suddivise in categorie. Le procedure ricalcano quelle definite da Ecolabel, ma per ottenere la certificazione, l’edificio deve soddisfare tutti requisiti obbligatori. 30 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA SALUBRITA’ Un inquinante può essere definito quale sostanza che è in grado di rappresentare un pericolo per l’ambiente e l’uomo. La comunità scientifica si è soprattutto concentrata sull’inquinamento esterno ed urbano mentre, solo negli ultimi anni, il suo interesse si è focalizzato anche sull’inquinamento degli ambienti confinati definendo indoor pollution tutto ciò che può essere dannoso alla salute dell’uomo. I PRINCIPALI INQUINANTI ATMOSFERICI “ESTERNI” E LE PRINCIPALI SORGENTI DI EMISSIONE INQUINANTE Biossido di Zolfo SO2 Ossidi di Azoto NOx Monossido di Carbonio CO SORGENTE Impianti di riscaldamento, centrali termoelettriche, combustione di oroigine fossile contenenti zolfo (gasolio, carbone, oli combustibili) Impianti di riscaldamento, traffico auto veicolare,attività industriali. Traffico auto veicolare, combustione incompleta dei combustibili fossili e non Ozono O2 Particolato fine –polveri sottili- PM 10 PM 5 PM 2,5 Idrocarburi Policiclici Aromatici(Benzene e altri) Combustione e azioni di atrito Traffico veicolare, evaporizzazione di carburanti In base alle concentrazioni presenti nell’aria e al tempo di permanenza, gli inquinanti atmosferici hanno effetti diversi sui vari organismi Gli apparati più soggetti agli effetti delle sostanze immesse in atmosfera sono quelli deputati alla respirazione. Gli effetti degli inquinanti possono essere di tipo acuto, quando insorgono dopo un breve periodo di esposizione (ore o giorni) ad elevate concentrazioni di inquinanti, o di tipo cronico, se si manifestano dopo un lungo periodo (anni o decenni) ad esposizioni non necessariamente elevate ma continue. L'inquinamento produce anche un danno sociale, relativo alla popolazione nel suo complesso: danni apparentemente trascurabili possono produrre un aumento della frequenza della malattia. La prevenzione diventa quindi imperativa sia a livello individuale (limitazione del fumo, minor utilizzo di automobili e moto, ecc.) sia a livello collettivo (ad esempio normative e sanzioni adeguate) così da indurre dei 31 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA cambiamenti volti al miglioramento della qualità dell'aria nel comportamento dei singoli e dell'intera società. LA NORMATIVA SUGLI AGENTI INQUINANTI Il Decreto Legislativo n° 155 del 13/08/2010 ha recepito la direttiva quadro sulla qualità dell’aria 2008/50/CE, istituendo a livello nazionale un quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente. Il decreto stabilisce per i vari inquinanti valori limite e/o valori obiettivo, livelli critici, soglie di allarme e soglie di informazione. Per valore limite si intende il livello ovvero la concentrazione di un inquinante fissata al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente nel suo complesso, che non deve essere superato. Per valore obiettivo si intende il livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente nel suo complesso da conseguire, ove possibile, entro una data prestabilita. Per livello critico si intende il livello ovvero la concentrazione di un inquinante oltre il quale possono sussistere effetti negativi diretti sui recettori quali gli alberi, le altre piante o gli ecosistemi ambientali esclusi gli esseri umani. La soglia di allarme e la soglia di informazione sono le concentrazione dell’inquinante oltre le quali sussiste un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata rispettivamente per la popolazione nel suo complesso e per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione. Il decreto stabilisce i valori limite per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, PM10 e introduce per la prima volta un valore limite per il PM2.5, pari a 25 µg/m3 da raggiungere entro il 31.12.2015. Per quest’ultimo inquinante fissa inoltre l’obiettivo di riduzione nazionale dell’esposizione: la media delle concentrazioni di PM2.5 misurate in aree urbane rappresentative dell’esposizione media della popolazione deve diminuire di una percentuale prefissata dal triennio 2008-2010 al triennio 2018-2020 anche laddove si avessero valori inferiori al valore limite. Il decreto fissa inoltre i valori obiettivo, gli obiettivi a lungo termine, le soglie di allarme e di informazione per l’ozono, e i valori obiettivo per le concentrazioni nell’aria ambiente di arsenico, cadmio, nichel e benzo(a)pirene. Rispetto alla tempistica entro cui i valori limite devono essere raggiunti, conformemente a quanto previsto dalla norma europea, è introdotta la possibilità di derogare ai limiti di PM10, NO2 e benzene per un periodo di tempo limitato, se è 32 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA stato attuato un piano di risanamento secondo quanto previsto dalla norma, e per il PM10, se sussistono condizioni meteorologiche sfavorevoli. Il decreto stabilisce che per le zone in cui i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo, le regioni devono provvedere a predisporre piani per la qualità dell’aria, al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo predefinito. Per le aree, invece, in cui i livelli di inquinanti sono inferiori ai valori limite, le regioni devono adottare le misure necessarie per preservare la migliore qualità dell’aria che risulti compatibile con lo sviluppo sostenibile. Nelle successive tabelle, sono riassunti i limiti previsti dalla normativa nazionale per i diversi inquinanti. OBBIETTIVI E LIMITI DI LEGGE PER LA POPOLAZIONE INQUINANTE So2 TIPO DI LIMITE Limite orario Limite giornaliero NO2 Limite orario CO Limite annuale Limite giornaliero O3 Val. obiettivo PM10 Limite giornaliero PM 2,5 Benzene B(a)P As Limite annuale Limite annuale Limite annuale Val. obiettivo Val. obiettivo Cd Ni Pb Val. obiettivo Val. obiettivo Limite annuale LIMITE 350 μg/m3 da non superare più di 24 volte l’anno 125 μg/m3 da non superare per più di 3 gg l’anno 200 μg/m3 media oraria da non superare per più di 18 volte l’anno 40 μg/m3 10 μg/m3 come media mobile di 8 ore 120 μg/m3 come media mobile 50 μg/m3 da non superare per più di 35 gg all’anno 40 μg/m3 25 μg/m3 5 μg/m3 1 ng/m3 media annuale 6 ng/m3 media annuale 5 ng/m3 media annuale 20ng/m3 media annuale 0,5 μg/m3 33 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA SOGLIE DI ALLARME ED INFORMAZIONI PER LA POPOLAZIONE –Dlgs 155/2010 INQUINANTE SO2 NO2 TIPO DI LIMITE Soglia di allarme Soglia di allarme Soglia di inform. O3 Soglia di allarme LIMITE 500 μg/m3 misurata su 3 ore consecutive 400 μg/m3 misurata su 3 ore consecutive 180 μg/m3 come media oraria 240 μg/m3 come media oraria Risulta abbastanza chiaro che nelle nostre case vi sono tali inquinanti a concentrazioni più o meno basse in base alla zona di residenza. Oltre alle sostanze presenti nell’ambiente esterno, negli ambienti chiusi (indoor) vi sono altre sostanze inquinanti classificabili in: Inquinanti fisici: radon, campi elettromagnetici naturali e artificiali, rumore Inquinanti chimici: C.O.V. formaldeidi, toluene, benzene, monossido di carbonio, biossido di carbonio, biossidi di azoto, anidridi varie, ecc…; Inquinanti biologici: muffe, batteri, funghi, pollini, ecc.. Le fonti principali di provenienza dei diversi inquinanti sono : attività umane: detersivi e simili, cottura cibi, fumo, presenza animali, processi metabolici sorgenti esterne: atmosfera, acqua, suolo sorgenti interne: materiale da costruzione, arredi, impianti, ecc A secondo della fonte i principali inquinanti sono: impianti a gas: biossido di azoto, monossido di carbonio impianti di condizionamento: agenti biologici, particolato, biossido di azoto, ossido di carbonio arredamento: formaldeidi, composti organici volatili caminetti: particolato, monossido di carbonio, idrocarburi policiclici aromatici 34 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA materiale da costruzione: radon, formaldeide materiali isolanti: asbesto, fibre L’esposizione umana ad inquinanti indoor è difficilmente quantificabile essendo legata a variabili specifiche di ogni microambiente e di ogni soggetto ed essendo inoltre estremamente variabile il livello di inquinamento nelle abitazioni in funzione delle sorgenti presenti nell’edificio, della ventilazione e delle abitudini degli occupanti. Capita inoltre che numerosi effetti si manifestino grazie ad una contemporanea presenza di stress, pressioni lavorative, discomfort di origine stagionale, senza contare che la risposta degli individui ad una stessa esposizione ad un inquinante ambientale può comunque variare a seconda di varie condizioni individuali intrinseche (come sesso, età, grado di reattività delle vie respiratorie) I principali effetti sanitari sull’uomo si possono suddividere in: Effetti respiratori (asma,allergie, bronchiti,infezioni) Effetti sul sistema nervoso (emicranie) Effetti irritativi su cute e mucose (laringiti, congiuntiviti,eritemi) Effetti genotossici (alterazione delle cellule, cancro) Effetti sensoriali (bruciore alla gola, lacrimazione, effetti neuropsichici) Effetti sul sistema riproduttivo cardiovascolare, gastrointestinale Questi fattori possono combinarsi con altri, come particolari condizioni non idonee di temperatura, umidità, affollamento, illuminazione e rumorosità tali da generare una diminuzione del comfort ambientale e un rischio per la salute. Malattie correlate all’edificio (legionellosi, tumore dovuto al radon, ecc.) e l’insieme di sintomi (mal di testa, difficoltà di concentrazione, irritazione degli occhi, senso di malessere generale) che colpiscono un numero significativo (di solito più del 20%) di persone che soggiornano in alcuni edifici e che spariscono una volta abbandonato l’edificio, vengono definite quali malattie dovute alla sindrome dell’edificio malato cosiddetta SBS (Sick Building Syndrome). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) definisce la SBS come “una reazione al microclima che colpisce la maggior parte degli occupanti e che non può essere correlata con una causa evidente, quale un’eccessiva esposizione a un singolo agente o un difetto del sistema di ventilazione”. Numerosi studi sono stati effettuati su questo argomento, evidenziando un legame tra esposizione all’interno degli ambienti e salute. Il risultato comune a cui si è giunti in tutti gli studi realizzati fino ad oggi, è che un basso tasso di ventilazione accentua gli effetti degli inquinanti dell’aria all’interno delle abitazioni. 35 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA La salubrità negli ambienti indoor rientra nella legislazione sulla sicurezza negli ambienti di lavoro definita dal Decreto Legislativo 09.04.2008 n.81 ed ampiamente conosciuto, mentre purtroppo molto meno considerata è la salubrità negli ambienti residenziali. Si possono comunque chiaramente ricondurre a problematiche relative alla salubrità, la normativa tecnica UNI 7129 modificata nel dicembre 2015, relativa all’installazione degli impianti a gas con potenzialità < a 35 kW di cui si rimanda alla parte ventilazione della presente ricerca mentre, la salubrità è riconducibile al comfort acustico all’interno delle unità abitative. In merito a ciò con l’emanazione del D.P.C.M. 05.12.97 “Determinazione dei requisiti acustici passivi” sono stati definiti precisi parametri d’isolamento acustico delle partizioni edilizie. Gli ambienti sono classificati come di seguito riportato categoria A: edifici adibiti a residenza o assimilabili; categoria B: edifici adibiti ad uffici e assimilabili; categoria C: edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attività assimilabili; categoria D: edifici adibiti ad ospedali, cliniche. case di cura e assimilabili; categoria E: edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili; categoria F: edifici adibiti ad attività ricreative o di culto o assimilabili; categoria G: edifici adibiti ad attività commerciali o assimilabili. I parametri acustici passivi degli edifici, dei loro componenti e degli impianti tecnologici sono i seguenti: Categoria D A, C E B, F, G R’W D2mn,Tw 55 50 50 50 45 40 48 42 PARAMETRI Lnw LASmax 58 63 58 55 35 35 35 35 LAeq 25 35 25 25 Si specifica che: R’W : isolamento acustico di partizioni orizzontali e verticali tra distinte unità immobiliari (valore minimo da rispettare) D2mn,Tw : isolamento acustico di facciata (valore minimo da rispettare) Lnw : isolamento acustico da calpestio (valore massimo da rispettare) 36 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA LASmax : livello massimo ponderato A con costante Slow degli impianti a funzionamento discontinuo ( ascensori, scarichi idraulici, bagni, servizi igienici e loro rubinetteria) LAeq : livello continuo equivalente ponderato A degli impianti a funzionamento continuo ( impianti di riscaldamento, aerazione e condizionamento). Si ricorda che i parametri acustici sopra indicati sono da misurarsi in opera. 37 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA VENTILAZIONE L’ingresso e l’uscita di aria negli ambienti può avvenire attraverso diverse tecniche: aerazione, infiltrazione, ventilazione naturale, ventilazione meccanica controllata: l’apertura manuale delle finestre affidata all’utenza e l’infiltrazione attraverso involucro e serramenti non possono essere considerati “sistemi” di ventilazione (anche se sfruttano i principi della ventilazione naturale) in quanto la ventilazione richiede un progetto vero e proprio. AERAZIONE Per aerazione si intende l’apertura manuale delle finestre da parte degli utenti allo scopo di rinnovare l’aria ambiente attraverso l’immissione di aria esterna. Tale tecnica non è vantaggiosa per diversi motivi: le dispersioni di energia sono notevoli, l’ingresso di aria esterna non filtrata porta con sé gli inquinanti dell’ambiente esterno e oltretutto non è possibile controllare con precisione le portate di aria. In generale, se si considera un edificio sottoposto all’azione del vento, è possibile individuare una zona di pressione sul lato sopravento e una di depressione in quello sottovento. Si possono quindi definire le due possibilità che si possono presentare: ventilazione frontale (single-side ventilation) ventilazione passante (cross-side ventilation) 38 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA VENTILAZIONE FRONTALE Con questo metodo il rinnovo dell’aria di un ambiente avviene attraverso una apertura che permette contemporaneamente l’ingresso e l’uscita di una certa portata d’aria, generata dall’effetto del vento e dalle forze ascensionali prodotte dall’aria calda. Infatti quando la temperatura interna è più alta di quella esterna l’ingresso di aria fredda dal basso determina l’uscita di quella calda dall’alto. Con questo metodo il rinnovo dell’aria di un ambiente avviene attraverso una apertura che permette contemporaneamente l’ingresso e l’uscita di una certa portata d’aria, generata dall’effetto del vento e dalle forze ascensionali prodotte dall’aria calda. Infatti quando la temperatura interna è più alta di quella esterna l’ingresso di aria fredda dal basso determina l’uscita di quella calda dall’alto. VENTILAZIONE PASSANTE La “pulizia” nell’ambiente avviene tramite il passaggio di aria da due aperture poste su fronti diversi. Infiltrazione attraverso l’involucro L’infiltrazione è un flusso di aria esterna che penetra in un ambiente attraverso aperture e fessure non intenzionali come ad esempio i punti di giunzione tra finestre e muri, tra pavimento/tetto e pareti; si contrappone all’esfiltrazione che è una fuga di aria verso l’esterno attraverso gli stessi punti critici dell’edificio, ai quali va prestata molta attenzione in fase di costruzione. 39 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Infiltrazioni attraverso l’involucro edilizio Infiltrazione d’aria dal serramento e dalla controparete Si definisce permeabilità (di un edificio) la portata d’aria di infiltrazione attraverso l’involucro edilizio per unità di superficie (dell’involucro), in corrispondenza alla differenza di pressione di riferimento della prova, pari solitamente a 50 Pa. Questa definizione, tratta dalla norma UNI EN 13829:2002 indica una dei possibili indici per descrivere la tenuta all’aria di un edificio, che risultano essere quindi: la portata d’aria di infiltrazione prodotta da una differenza di pressione indotta (50 Pa – UNI EN 13829) il tasso di ricambio d’aria corrispondente a una differenza di pressione pari a 50 Pa (n50) l’area di infiltrazione effettiva e equivalente In maniera empirica questi parametri possono essere ricavati attraverso l’utilizzo della tecnica dei gas traccianti, raramente utilizzata in quanto costosa e richiede personale altamente specializzato, oppure attraverso un metodo chiamato blower door test. 40 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Un ventilatore assiale posto nell’apertura di un serramento, svolge il compito di imporre una differenza prefissata di pressione, di solito 50 Pa, raggiunta con diversi step, tra l’ambiente esterno e interno immettendo o estraendo una certa portata d’aria: per fare ciò il ventilatore deve essere inserito a tenuta nel vano di una porta o finestra. Fasi di montaggio appercchiatura del blower door test e ventilatore blower door test La prova va eseguita sia in pressione che in depressione e per una sua corretta esecuzione tutte le porte interne devono rimanere aperte mentre quelle esterne e le finestre devono essere chiuse. Numerosi sono i vantaggi per un edificio con un’alta tenuta all’aria, come la riduzione dei consumi energetici, l’aumento dell’isolamento acustico, la scomparsa di correnti d’aria e non da ultimo la riduzione della concentrazione di radon quando l’edificio è ben impermeabilizzato a terra. Infiltrazione attraverso i serramenti Il contributo degli infissi alla portata di infiltrazione d’aria negli edifici non è irrilevante: è certo che le infiltrazioni attraverso i serramenti non sono sufficienti a garantire una ventilazione adeguata, soprattutto nelle nuove costruzioni in cui si utilizzano infissi ad elevato grado di tenuta. La norma UNI EN 12207:2000 (“Finestre e porte. Permeabilità all’aria - Classificazione”) definisce la classificazione degli infissi basata sul confronto tra la permeabilità all'aria del campione sottoposto a prova riferito all'intera area e la permeabilità all'aria riferita alla lunghezza dei lati apribili; vengono definite 4 classi in ordine decrescente di permeabilità. 41 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Permeabilità all’aria di riferimento a 100 Pa e alle pressioni massime di prova, in rapporto alle superfici totali (da UNI EN 12207:2000) La ventilazione meccanica controllata (V.M.C.) Gli impianti di ventilazione meccanica sono impianti che consentono di gestire il ricambio dell'aria di un ambiente con l'esterno senza che sia necessario l'apertura di finestre o porte; la ventilazione avviene tramite condotte di ventilazione forzata, collegate con gli ambienti interni in modo da poter rimuovere l'aria viziata o inquinata ed immettere aria nuova. Esistono sostanzialmente due tipologie di impianti che si differenziano per la dimensione delle reti aerauliche: sistemi a semplice estrazione: caratterizzati dalla sola rete di estrazione con il ventilatore che, creando una depressione con l’aspirazione, richiama aria di rinnovo che viene fatta entrare attraverso appositi dispositivi installati solitamente negli infissi; sistemi a doppio flusso: necessitano di una rete di immissione più complessa nella realizzazione Tale ultimo sistema ha il vantaggio di poter recuperare il calore dall’aria estratta, prima di essere re-immessa negli ambienti attraverso i recuperatori di calore, contribuendo in maniera notevole al risparmio energetico. Gli elementi base della V.M.C. sono: condotti aeraulici in lamiera zincata o in PVC sia rettangolari, cilindrici o, nel caso di passaggi in spazi ristretti con sezione ovale; ventilatori: hanno il compito di movimentare l’aria all’interno dei canali, fornendole l’energia necessaria per vincere le perdite di carico generate dai canali (distribuite e concentrate) e dai terminali di immissione ed estrazione. Esistono due tipologie principali, centrifughi e assiali che si differenziano essenzialmente per la direzione del flusso attraverso la girante che può essere di tipo centrifugo o a pale. 42 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Il ventilatore assiale è fondamentalmente simile alle pale di un aereo. L’aria immessa ha direzione parallela all’asse di rotazione e in uscita viene scaricata dalla pala su tutta la sua lunghezza mentre nel ventilatore centrifugo tutta l’aria viene espulsa dal centro verso l’esterno (appunto in maniera centrifuga). Dal punto di vista prestazionale i ventilatori centrifughi movimentano portate d’aria moderate ma con pressioni statiche alte mentre quelli assiali muovono grandi portate d’aria ma con bassi valori di pressione statica. Nelle applicazioni di impianti di ventilazione per edifici residenziali sono utilizzati solitamente i ventilatori centrifughi. Le prestazioni di un ventilatore possono essere efficacemente lette su un diagramma attraverso la curva caratteristica prodotto dal costruttore su cui è possibile individuare, un punto che corrisponde al rendimento massimo del ventilatore in corrispondenza del quale, oltre al minore assorbimento di potenza, si assiste al più basso livello di emissione sonora, valutato in dB(A). Il recuperatore di calore La definizione del recuperatore di calore in base alla norma UNI EN 308: 98 è la seguente: “Il recuperatore di calore è uno scambiatore di calore o una combinazione di scambiatori di calore, che permette un trasferimento di calore e, in alcuni casi, di umidità tra il flusso di aria di scarico ed il flusso di aria di alimentazione, sotto l’azione di una differenza tra i livelli di temperatura e di umidità. Il recuperatore di calore è generalmente installato in alloggiamenti con adeguati collegamenti ai condotti dell’aria.”. I principali recuperatori utilizzati in campo residenziale sono del tipo a piastre in alluminio, statici, quindi senza parti in movimento. Il funzionamento è molto semplice: il flusso di aria di rinnovo e di quella di espulsione, all’entrata nel recuperatore vengono suddivisi in passaggi (adeguatamente sigillate per evitare contaminazioni tra i flussi) compresi tra due piastre che portano rispettivamente aria calda e aria fredda. Il parametro che caratterizza le prestazioni di un recuperatore è l’efficienza ed è definita come il rapporto tra il flusso termico scambiato tra le due correnti e il massimo flusso termico scambiabile tra esse a parità di temperature di ingresso dei fluidi. L’efficienza è quindi un parametro che dipende dalle portate e dalle temperature in gioco per cui risulta variabile durante l’anno. A seconda della dimensione dello scambiatore i recuperatori si dividono in due tipologie: a flussi incrociati e controcorrente. Si differenziano essenzialmente per forma ed efficienze: i recuperatori a flussi incrociati hanno forma quadrata e efficienze tra il 50 e il 70%. I recuperatori controcorrente hanno forma esagonale, e possono raggiungere anche efficienze superiori al 90%. 43 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA NORMATIVA SULLA VENTILAZIONE Il regolamenti comunali A livello comunale sono emanati i Regolamenti Edilizi e i Regolamenti Locali d’Igiene (R.L.I.) con valore cogente se prevedono parametri più restrittivi rispetto alla norma nazionale; hanno quindi la priorità su qualsiasi altra disposizione. Si riporta a titolo di esempio le indicazioni contenute nel Regolamento Locale d’Igiene Tipo proposto dalla Regione Lombardia. Superfici apribili e ricambi d’aria Gli alloggi devono essere progettati e realizzati in modo che le concentrazioni di sostanze inquinanti e di vapore acqueo, prodotti dalle persone e da eventuali processi di combustione non possono costituire rischio per il benessere e la salute delle persone ovvero per la buona conservazione delle cose e degli elementi costitutivi degli alloggi medesimi. Si ritiene che tali condizioni siano in ogni caso assicurate quando sia previsto per ogni alloggio il doppio riscontro d’aria e siano assicurate le superfici finestrate apribili nella misura non inferiore a 1/10 del pavimento. Bagno e W.C. La stanza da bagno deve essere fornita di finestra apribile all’esterno, della misura non inferiore a mq. 0,50 per il ricambio dell’aria. Nel caso di bagni ciechi l’aspirazione forzata deve assicurare un coefficiente di ricambio minimo di 6 volumi/ora se in espulsione continua, ovvero di 12 volumi/ora se in aspirazione forzata intermittente a comando automatico adeguatamente temporizzato per assicurare almeno 3 ricambi per ogni utilizzazione dell’ambiente. Ventilazione dei locali di servizio Gli spazi di servizio sprovvisti di aerazione dovranno essere serviti da idonea canna di ventilazione atta ad assicurare il ricambio d’aria necessario in relazione all’uso cui lo spazio è destinato. Canne di ventilazione Si definiscono canne di ventilazione quelle impiegate per l’immissione e l’estrazione di aria negli ambienti. Dette canne possono funzionare in aspirazione forzata ovvero in aspirazione naturale. NORMATIVA NAZIONALE Dal punto di vista prettamente tecnico la norma UNI 10339 -in revisione- “Impianti aeraulici ai fini di benessere. Generalità, classificazione e requisiti.” risulta allo stato di fatto la norma prioritaria per la progettazione della Ventilazione Meccanica Controllata a seguito del D.P.R. 59/09 e ss.mm.ii 44 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA La UNI prescrive che gli impianti, al fine di garantire livelli di benessere accettabili per le persone, contemperando le esigenze di contenimento dei consumi energetici, assicurino: un’immissione di aria esterna almeno pari a determinati valori minimi in funzione della destinazione d’uso dei locali; una filtrazione minima dell’aria; una movimentazione dell’aria con velocità entro determinati limiti. Il tutto per mantenere nel volume convenzionalmente occupato dalle persone, adeguate caratteristiche termiche, igrometriche e di qualità dell’aria. Di seguito si riporta la tabella presente nella norma riguardante la portata d’aria esterna o di estrazione in base alla categoria degli edifici. La tabella seguente indica l’indice di affollamento ns per metro quadrato di superficie 45 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA La normativa indica inoltre la posizione in cui deve essere posta la presa d’aria affinché si evitino l’immissione nell’unità abitativa di inquinanti esterni e prescrive in ogni caso, sia l’aria esterna, che quella di ricircolo, l’impiego di filtri di classe appropriata in funzione dell’efficienza degli stessi. Le condizioni termoigrometriche all’interno dei locali dipendono dal regime di funzionamento (riscaldamento / raffrescamento), dalla località di installazione e dall’utilizzo dell’ambiente interno (livello di attività metabolica prevista, resistenza del vestiario, tempo di permanenza). Le temperature e i tassi di umidità devono essere mantenuti nelle condizioni “standard” come di seguito riportato: inverno: umidità relativa esterna 60%, temperatura interna 20 °C con umidità relativa 35%-45% estate: temperatura interna 26 °C con umidità relativa 50% -60% Una delle problematiche emerse durante gli albori della ventilazione meccanica controllata è stata la rumorosità degli stessi, originata dalla turbolenza generata dalle pale del ventilatore. Per poterla ridurre si utilizzano appositi silenziatori (attenuatori acustici) che possono essere passivi o attivi. I primi sono essenzialmente costituiti da un involucro con setti realizzati da materiale fonoassorbente. In particolare i silenziatori passivi di forma cilindrica sono costituiti da un tubo (che può o meno presentare un’ogiva centrale) rivestito all’interno da materiale fonoassorbente, ricoperto da una lamina metallica forata. 46 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA I silenziatori attivi sono invece basati su un diverso funzionamento: un microfono posto all’interno dell’attenuatore rileva il rumore emesso dal ventilatore. Un altoparlante a valle emette un rumore con opposta fase e ritardato del tempo che il suono impiega a percorrere lo spazio tra il microfono l’altoparlante, neutralizzando l’onda sonora iniziale. La scelta tra le varie tipologie di filtri in commercio è fondamentale per ottenere negli ambienti un determinato grado di qualità dell’aria per la protezione della salute umana (come ad esempio riportati nella revisione della UNI 10339 – Elevata, Media, Bassa). E’ altrettanto fondamentale, negli impianti di ventilazione meccanica, effettuare una manutenzione periodica e corretta al fine di evitare problemi legati al malfunzionamento del sistema e alla qualità dell’aria: numerosi sono gli studi che hanno mostrato come i filtri possano diventare essi stessi sorgenti di inquinanti, andando ad avere un impatto negativo sulla qualità dell’aria percepita, sui sintomi legati alla SBS e sulle prestazioni lavorative. La norma di riferimento è la UNI EN 779:2005 che classifica i filtri in base alla loro efficienza: i materiali più utilizzati sono le fibre di cellulosa, sintetiche, di vetro o in plastica le quali, potendo essere caricate elettricamente, permettono una maggiore efficienza nei confronti delle particelle fini; chiaro è che questi impianti devono essere regolarmente manutentati nella pulizia dei filtri e nella pulizia delle tubazioni. VENTILAZIONE E SICUREZZA DEGLI IMPIANTI: LA NORMA UNI 7129 Il tema della ventilazione è trattato nella UNI 7129 che rappresenta la normativa di riferimento nel campo della progettazione, installazione e collaudo degli apparecchi a gas per uso domestico. Essa può essere applicata all’installazione di apparecchi aventi singola portata termica nominale massima non maggiore di 35 kW e alla realizzazione della ventilazione e/o aerazione dei locali di installazione. La norma riporta inizialmente una serie di definizioni: Apparecchio di Tipo A: apparecchio non previsto per il collegamento a camino/canna fumaria o a dispositivo di evacuazione dei prodotti della combustione all’esterno del locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo 47 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA dell’aria comburente e l’evacuazione dei prodotti della combustione avvengono nel locale di installazione. Apparecchio di Tipo B: apparecchio previsto per il collegamento a camino/canna fumaria o a dispositivo che evacua i prodotti della combustione all’esterno del locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo dell’aria comburente avviene nel locale di installazione e l’evacuazione dei prodotti della combustione avviene all’esterno del locale stesso Apparecchio di Tipo C: apparecchio il cui circuito di combustione (prelievo dell’aria comburente, camera di combustione, scambiatore di calore e evacuazione dei prodotti della combustione) è a tenuta rispetto al locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo dell’aria comburente e l’evacuazione dei prodotti della combustione avvengono direttamente all’esterno del locale. Ventilazione: Afflusso dell’aria necessaria alla combustione Aerazione: Ricambio dell’aria necessaria sia per lo smaltimento dei prodotti della combustione, sia per evitare miscele con un tenore pericoloso di gas non combusti. Apparecchio di tipo A Il locale di installazione di un apparecchio di tipo A deve essere sempre aerato e ventilato in maniera diretta; a tal fine devono essere obbligatoriamente realizzate nel locale stesso due aperture permanenti rivolte verso l’ambiente esterno. Una prima apertura, destinata alla aerazione del locale di installazione, deve essere posizionata in prossimità del soffitto, con filo inferiore ad un’altezza comunque non minore di 1,80 m dal pavimento e deve avere una sezione netta almeno pari a 100 cm2 Una seconda apertura, destinata alla ventilazione del locale, deve essere posizionata in prossimità del pavimento, con filo inferiore ad una altezza comunque non maggiore di 300 mm dal pavimento stesso e deve avere sezione netta almeno pari a 100 cm2. Le aperture devono soddisfare i seguenti requisiti: Devono essere protette sia nella zona di ingresso che nella zona di uscita dell’aria mediante griglie o reti metalliche senza ridurne la sezione utile netta Devono essere realizzate in modo da rendere possibili le operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria Assicurando la ventilazione del locale di installazione attraverso una o più aperture di ventilazione è necessario che abbiano, ciascuna, una sezione utile netta non minore di 100 cm2 e che la somma delle sezioni nette di tali aperture, realizzate nel locale di installazione o, se consentito, in locale per l’aria comburente, deve essere 48 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA non minore della sezione utile netta calcolata come al paragrafo 3.3.5.3. della UNI 7129 Apparecchio di tipo B Per gli apparecchi di tipo B, è vietata l’installazione nei locali adibiti a camera da letto e ad uso bagno, così come in ambienti in cui siano presenti generatori di calore a legna (o combustibili solidi in genere) e in locali ad essi adiacenti e comunicanti (disposizione valida solo se gli apparecchi alimentati da combustibile solido non sono caratterizzati da un focolare di tipo stagno rispetto all’ambiente in cui sono installati). Il locale di installazione degli apparecchi di tipo B deve essere sempre ventilato, inoltre deve essere aerato o aerabile. La ventilazione può essere ottenuta in maniera diretta o indiretta. L’apertura di ventilazione può essere posizionata a qualsiasi quota rispetto al livello del pavimento. Per gli apparecchi di tipo B alimentati da gas combustibile avente densità relativa ≥ 0,8, devono essere posizionate ad una altezza non maggiore di 300 mm dal pavimento. Per il dimensionamento delle aperture si veda il paragrafo 3.3.5.3. della UNI 7129 Qualora si utilizzi un condotto di ventilazione o condotti collettivi è opportuno che la canalizzazione: Sia impermeabile ai fumi e ai gas Sia priva di cambi di direzione a spigoli vivi Abbia una sezione netta almeno pari a 1,5 la sezione netta prevista nel caso di apertura di ventilazione non canalizzata e comunque non minore di 150 cm2 Sia comunque collegata a parete rivolta verso l’esterno di un locale adiacente al locale di installazione Apparecchio di tipo C Il locale di installazione di un apparecchio di tipo C non richiede aperture di ventilazione. In ogni caso si richiede che il locale sia aerabile o aerato in maniera diretta purché le aperture: Siano tutte realizzate nel locale di installazione Abbiano, ognuna di esse una superficie utile netta non minore di 100 cm2 Apparecchio di cottura Si tratta di apparecchi destinati alla cottura dei cibi che possono essere alimentati a gas o ad energia elettrica: i piani di cottura, i forni, le friggitrici, piastre di cottura, ecc. Nel corso della cottura dei cibi si forma principalmente vapore acqueo, anidride carbonica, particelle solide ma anche ossido di azoto (NOx), dalla fiamma, che può 49 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA dar luogo a formazione di biossidi di azoto e ozono nocivi per la salute. E’ necessario pertanto che il locale di installazione di un apparecchio di cottura debba essere aerato e ventilato. L’aerazione necessaria può essere ottenuta mediante l’installazione di uno dei seguenti sistemi: Cappa a tiraggio naturale collegata mediante un canale di esalazione ad un condotto o canna fumaria per vapori di cottura o direttamente all’esterno Cappa aspirante elettrica (munita di ventilatore) collegata mediante un canale di esalazione ad un condotto per vapori di cottura o direttamente all’esterno. La cappa è da mettere in funzione per tutto il tempo di funzionamento dell’apparecchio. Elettroventilatore collocato sulla parte alta di una parete del locale di installazione (su serramenti e/o infissi rivolti verso l’esterno), oppure collegato ad un condotto di esalazione, ad uso proprio. L’elettroventilatore è da mettere in funzione per tutto il tempo di funzionamento degli apparecchi di cottura Ventilazione e/o aerazione La ventilazione e l’aerazione diretta possono essere realizzate tramite aperture permanenti, rivolte verso l’esterno, nel locale di installazione degli apparecchi, come visibile nella figura successiva ripresa dalla Uni 7129. In alternativa: L’aerazione diretta può essere realizzata anche mediante condotti singoli o collettivi, facenti parte di un sistema integrato e progettato di ventilazione naturale per soddisfare sia le esigenze di aerazione sia per il ricambio d’aria degli ambienti. Nel caso di sistema di ricambio dell’aria controllato mediante dispositivi meccanici, una avaria dell’organo di estrazione e/o immissione dell’aria, non deve impedire la corretta aerazione nei locali di installazione, ai fini della sicurezza degli impianti alimentati con combustibile gassoso. La ventilazione diretta può essere realizzata anche mediante condotti singoli, collettivi o attraverso sistemi di ventilazione meccanica controllata (VMC) a semplice o doppio flusso (quest’ultima non è ammessa in presenza di apparecchi di tipo A e B). 50 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Per quanto riguarda i sistemi di ventilazione meccanica, il paragrafo B.2 specifica come se ne possano individuare due tipi: Sistemi a semplice flusso per estrazione, costituiti da un unico ventilatore a funzionamento continuo a cui confluisce sia l’aria viziata dai locali “sporchi” (bagni e cucina) sia i prodotti della combustione dell’eventuale apparecchio di cottura con sorveglianza di fiamma (cioè con chiusura automatica dell’erogazione di gas in caso di spegnimento della fiamma, ad esempio per tracimazione di una pentola o per una corrente d’aria) dotato di cappa priva di proprio ventilatore e da opportuni dispositivi di tipo autoregolante o igroregolabile che richiamano aria dai locali “nobili” (soggiorno e camere da letto). Sistemi a doppio flusso realizzati grazie ad una doppia rete aeraulica collegata a due ventilatori distinti che realizzano mandata d’aria di rinnovo nelle stanze “nobili” e ripresa dell’aria dalle stanze “sporche Il paragrafo specifica poi che, nel caso ci sia un apparecchio di tipo C e/o un apparecchio di cottura con sorveglianza di fiamma, il locale di installazione non necessita di aperture di ventilazione. Tale fatto però non permette di assicurare una corretta espulsione di aria in un locale riconosciuto quale con maggior emissione di sostanze non salubri. La norma pertanto consente che non vi sia l’apertura di ventilazione in basso (spesso e volentieri nel periodo invernale otturata perchè chiaramente fonte di dispersione termica) ma obbliga ad intercettare il gas in assenza di funzionamento della ventilazione (VMC spenta). Le figure seguenti indicano la presenza di una elettrovalvola sulla linea del gas che dovrà essere collegata in qualche modo a un dispositivo (pressostato) che segnala la mancanza di flusso d’aria o ad una apparecchiatura elettrica di comando della VMC. 51 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Esempio di VMC a semplice flusso. Il sistema prevede un unico ventilatore (da UNI 7129) Esempio di VMC a doppio flusso. Il sistema prevede due ventilatori distinti. (da UNI 7129) 52 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Ventilazione indiretta La ventilazione indiretta è consentita purché il locale di installazione dell’apparecchio di utilizzazione e il locale per l’aria comburente siano entrambi privi di apparecchi di tipo A Quando questo tipo di ventilazione è ammesso, il locale per l’aria comburente: Deve essere messo in comunicazione con il locale di installazione tramite apertura permanente, realizzata mediante maggiorazione della fessura tra porta e pavimento o con griglie su porte o pareti divisorie comuni a detti locali. La sezione utile netta deve essere almeno pari alla sezione utile netta dell’apertura di ventilazione presente nel locale per l’aria comburente Non deve essere un locale ad uso bagno, o classificato con pericolo di incendio (come autorimesse, box), una camera da letto e non deve costituire parte comune dell’immobile Non deve essere messo in depressione rispetto al locale da ventilare Esempio di ventilazione indiretta (da UNI 7129) L’apertura di ventilazione e/o di aerazione deve essere calcolata; la norma UNI 7129 riporta le formule di calcolo e la diversa casistica in base alla tipologia di impianto, nonché la presenza o meno di elettroventilatori nel locale o nel locale adiacente. 53 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI “L’esperienza non dà certezze né sicurezza, ma anzi aumenta la possibilità di errore. Direi che è meglio ricominciare ogni volta da capo con umiltà perché l’esperienza non rischi di tramutarsi in furbizia” …… Achille Castiglioni IL TECNICO PROGETTISTA Le responsabilità civili del tecnico progettista Il geometra, l’architetto, l’ingegnere, ecc.. sono figure che esercitano le cosidette “professioni intellettuali” regolate dall’art. 2229 e ss del c.c., essi ai sensi dell’art. 1176 c.c. devono svolgere la loro attività nel rispetto della diligenza, con riguardo alla natura dell’attività esercitata, imponendo loro di adottare tutti quei comportamenti che si presentano idonei per permettere al committente la migliore tutela dei propri interessi. Quindi, comportarsi secondo la logica “del buon padre di famiglia”. Nella progettazione di una nuova costruzione e/o ristrutturazione di un edificio esistente, il professionista deve adoperare tutte le sue conoscenze tecniche e scientifiche, per far sì che gli ambienti da lui progettati e successivamente costruiti siano salubri per poter permettere al cliente di poterne godere nella sua totalità, senza alcuna limitazione. La figura professionale del progettista rientra, come sopra citato, nelle professioni intellettuali, e la diligenza richiesta non è più quella generica dell’uomo medio, ma quella specifica del geometra o dell’ingegnere di media diligenza. Infatti, oltre la diligenza, in questi casi viene anche la perizia, cioè l’abilità tecnica richiesta per l’esercizio di quella data prestazione professionale. Il geometra, come anche le altre figure professionali intellettuali, debbono, per essere adempienti, eseguire la prestazione con la perizia del medio professionista. Se tuttavia, la prestazione richiede la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, la responsabilità del professionista per i danni cagionati al cliente è valutata con minor rigore, trovando quindi, in questo caso, l’ applicazione dell’art. 2236 c.c., “Responsabilità del prestatore d’opera: se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave” Lo sviluppo della scienza e della tecnica però hanno ridotto l’ambito di applicazione di questa deroga, problemi tecnici di speciale difficoltà non esistono quando la prestazione possa essere eseguita applicando, con la diligenza e la perizia dovute, predeterminate regole tecniche, proprie di quella data professione. A tal proposito, la giurisprudenza ha introdotto una presunzione di colpa del professionista per l’ipotesi 54 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA in cui la prestazione non abbia sortito il risultato, che allo stato attuale della scienza e della tecnica, era legittimo attendersi. Il professionista svolge una professione tecnica avente ad oggetto la progettazione, la direzione ed il collaudo dell’opera, che è il raggiungimento dell’obbiettivo primario del Committente. Quando un'opera commissionata, presenta gravi difetti causati da un progetto errato, dei danni derivanti da tali gravi difetti è chiamato a rispondere non solo l'appaltatore, ma anche il progettista, ai sensi dell'art. 1669 c.c.. Più precisamente il progettista risponde dell'errata progettazione; l'appaltatore, invece, va incontro ad una duplice responsabilità, ovvero risponde: - sia nell’ipotesi in cui si sia accorto degli errori e non li abbia tempestivamente denunciati; - sia nell’ipotesi in cui avrebbe dovuto accorgersene, ma non lo ha fatto. Si porta un esempio su cui la Suprema Corte è stata chiamata a decidere per un contratto di appalto stipulato per la costruzione di un’abitazione. Ad avvenuta consegna dell’immobile si presentavano gravi difetti, dovuti sia ai vizi di progetto, sia dell’esecuzione dei lavori, di conseguenza i proprietari chiedevano il risarcimento dei danni subiti, citando in giudizio non solo l’appaltatore ma anche il progettista. Il Giudice in prima sentenza condanna solamente l’appaltatore al risarcimento dei danni, in grado di appello veniva anche dichiarata la responsabilità del progettista. Si arriva, così in Cassazione, ed i Giudici confermano la sentenza di secondo grado, riconoscendo la responsabilità ad entrambe le figure coinvolte nella progettazione (progettista) e nell’esecuzione (appaltatore dell’opera). I Giudici della Suprema Corte hanno seguito il seguente iter logico-giuridico per affermare la responsabilità di entrambe le figure: norma focale è quella contenuta nell’art. 1669 c.c. “Rovina e difetti di cose immobili” dove il Legislatore stabilisce che “quando si tratta di edifici o cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del Committente e dei suoi aventi causa, purchè sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia” Sulla base di tale disposizione normativa, i Giudici della Cassazione con sentenza n° 13882 del 18/06/2014 hanno precisato che la responsabilità per la cattiva esecuzione 55 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA dell’opera non coinvolge il solo appaltatore, ma anche le altre figure tra le quali il direttore dei lavori ed il progettista. La sentenza della Cassazione sopra citata (n. 13882 del 18/06/2014) afferma: “quando l’opera eseguita in appalto presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è responsabile, con l’Appaltatore, vertso il Committente ai sensi dell’art. 1669 c.c., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, perché l’appaltatore ed il progettista , quando con le rispettive azioni od omissioni – costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse concorrono in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nell’art. 1669 c.c., si rendono entrambi responsabili dell’unico illecito extracontrattuale, e rispondono entrambi, a detto titolo, del danno cagionato. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale, specificatamente regolata anche in ordine alla decadenza ed alla prescrizione, non spiega alcun rilievo la disciplina dettata dagli artt. 2226, 2330 c.c. e si rivela ininfluente la natura dell’obbligazione, se di mezzi o di risultato, che il professionista assume verso il Cliente committente dell’opera data in appalto.” Con questa pronuncia la Suprema Corte, conferma l’obbligo per l’appaltatore e per le figure coinvolte nella realizzazione dell’opera da eseguire la stessa secondo le regole dell’arte ed ad assicurare un risultato tecnico conforme alle esigenze del committente, in caso contrario tali figure risulterebbero tutte responsabili per vizi imputabili non solo al progetto, ma anche all’esecuzione. Le responsabilità penali del tecnico progettista In edilizia, con l’introduzione delle misure di semplificazione e snellimento dei procedimenti in materia, il professionista è sempre più chiamato ad autocertificare sotto la propria responsabilità, la conformità del progetto alla normativa urbanistica, ai regolamenti locali, alle norme igienico-sanitarie, ecc… Il professionista in questi casi è “esercente un servizio di pubblica necessità” (figura prevista dall’art. 359 del codice penale), quindi ha la responsabilità di certificare il vero nei casi in cui la legge preveda che “il pubblico sia per legge obbligato a valersi” del suo operato. Per il rilascio del Permesso di Costruire dalla Pubblica Amministrazione, il Tecnico è tenuto ad asseverare la conformità dell’opera in progetto alle norme di settore, nei casi di S.C.I.A., oltre ad asseverare la conformità del progetto alle norme urbanistiche, igienico – sanitarie, ecc…, attesta anche la conformità dell’opera eseguita, in sede di fine lavori, al progetto. Nel caso del rilascio del certificato di AGIBILITA’ degli EDIFICI, l’art. 25 del T.U. dell’edilizia DPR 380/2001 elenca i documenti necessari a corredo dell’istanza inoltrata ai sensi dell’art. 24 del T.U. che sono: 56 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA richiesta di accatastamento dell’edificio………… dichiarazione sottoscritta dal richiedente il certificato di agibilità, di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato, nonchè in ordine all’avvenuta prosciugatura dei muri e della salubrità degli ambienti; dichiarazione da parte dell’impresa esecutrice della conformità degli impianti………….. Entro trenta giorni dalla domanda, il Responsabile del procedimento o il dirigente, verificata tutta la documentazione, rilascia il certificato di agibilità; decorso inutilmente tale termine, l’agibilità è attestata nel caso sia stato rilasciato il parere dell’ASL, di cui all’art. 5 comma 3, lettera a), invece in caso di autocertificazione, il termine per la formazione del silenzio-assenso è di sessanta giorni. A tal proposito, si fa presente che ai sensi dell’art. 20 del DPR 380/2001 e successive modifiche previste dall’art. 5 comma 2, lettera a) Legge 106/2011, ad oggi, il parere igienico sanitario viene soltanto più rilasciato dalle Competenti ASL solamente ai casi in cui si renda necessario una valutazione tecnico discrezionale per tutte quelle attività per le quali non sono disciplinate da leggi vigenti specifiche, in tutti gli altri casi ci si deve avvalere dell’autocertificazione del progettista. Esso, nel redigerla, attesta la conformità alle norme igienico e sanitarie vigenti in materia, a tutela della SALUTE delle persone che occuperanno i locali oggetto di intervento edilizio. Il professionista in caso di “falsa attestazione” è punito penalmente dall’art. 481 c.p.. Le responsabilità civili del direttore dei lavori Diversa è la situazione in cui il professionista rivesta solamente la figura del direttore lavori, in quanto egli contrae un’obbligazione di mezzi che consiste in uno specifico impegno del professionista nell’assolvere le mansioni assegnate con la diligenza necessaria e richiesta per garantire la corretta esecuzione dell’opera. Nell’ambito della direzione lavori, quando si parla di diligenza richiesta al Direttore dei Lavori per il controllo dell’esecuzione dell’opera, si fa riferimento all’esercizio di particolari e peculiari competenze tecniche che presuppongono un’applicazione di risorse intellettive ed operative commisurate all’opera da eseguire. La giurisprudenza consolidata in materia di direzione lavori afferma che rientrano nelle competenze specifiche delle obbligazioni assunte dal direttore dei lavori non soltanto l’accertamento di conformità dell’opera al progetto, ma anche l’esecuzione di tutti i lavori in modo conforme al capitolato d’appalto, alle norme tecniche, includendo anche tutti gli accorgimenti necessari a garantire la corretta funzionalità dell’opera, oltre alla completa rispondenza amministrativa dell’eseguito. Ne deriva, 57 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA quindi che se l’obbligazione del direttore dei lavori risulti chiaramente individuata come un’obbligazione di mezzi, questo non limita l’ambito di competenza del suo incarico al solo controllo di conformità delle opere rispetto al progetto ed alla normativa, ma anche all’individuazione ed alla correzione di eventuali carenze progettuali che precludano la corretta esecuzione dell’opera. La Cassazione conferma che l'obbligazione di mezzi del direttore dei lavori consiste nel vigilare sull'esecuzione dell'opera, impartendo all'appaltatore le disposizioni opportune, con la relativa responsabilità solidale per i vizi dell'opera stessa in caso di mancata correzione degli errori compiuti dall'imprenditore anche in fase progettuale. Il caso riguardava un condominio che evocava in giudizio un appaltatore e un ingegnere, nella loro rispettiva qualità di costruttore e di direttore dei lavori del fabbricato condominiale, chiedendo la condanna, in solido, al pagamento della somma necessaria per eliminare i vizi dello stabile. Secondo la sentenza del merito oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione il direttore dei lavori è chiamato a rispondere degli effetti dannosi derivanti da carenze progettuali essendo tenuto all'individuazione ed alla correzione di tali eventuali carenze e a vigilare affinché l'opera sia in concreto realizzata senza gravi difetti. Secondo la Suprema Corte: "il direttore dei lavori, responsabile tecnico dell'opera e dei tempi tecnici di realizzazione dei lavori, ha la direzione e l'alta sorveglianza dei lavori con visite periodiche nel numero necessario a suo esclusivo giudizio, per accertare la regolare esecuzione dei lavori e per il collaudo dei lavori stessi. Il direttore dei lavori deve, dunque, garantire il risultato di una regolare realizzazione dell'opera (v. Cass., 24 aprile 2008, n. 10728)." Vedi anche Cass. Civ. Sez. II del 27/01/2012 n. 1218 Nella maggior parte dei casi però il progettista riveste anche la figura di direttore dei lavori e di collaudatore, quindi non si può più ritenere che sia solamente un’obbligazione di mezzi, ma una vera e propria obbligazione, in quanto è ricondotta ad ottenere un preciso risultato, raggiunto tramite un preciso contratto d’appalto. In caso di difetti nella costruzione o nel mancato raggiungimento dell’obiettivo, il Committente, ai sensi dell’art. 1460 del c.c., potrebbe anche avvalersi dell’eccezione dell’inadempimento e quindi rifiutarsi di corrispondere il dovuto compenso al professionista. Le responsabilità penali del direttore dei lavori Il direttore dei lavori si occupa della fase esecutiva dell’intervento edilizio ed in tale veste egli deve verificare che l’opera venga realizzata in conformità al Permesso di Costruire e secondo le modalità in esso indicate. Egli deve accertarsi costantemente della rispondenza dell’opera realizzata a quella approvata, ed è tenuto inoltre, a sincerarsi che il titolo abilitativo esista e che sia legale, altrimenti ne risponde di mera colpa, per non aver verificato che l’opera oggetto della sua direzione sia 58 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA legittimamente realizzabile. L’art. 29 del T.U. cita “ il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso ed alle modalità esecutive stabilite dal medesimo.” Il direttore dei lavori, sempre secondo l’art. 29 comma 2 del T.U., non è responsabile se egli ha contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni contenute nel permesso di costruire e, contestualmente ha comunicato al dirigente o responsabile dell’ufficio tecnico comunale competente motivata comunicazione della violazione commessa. In caso di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, egli deve rinunciare all’incarico con contestuale comunicazione al responsabile del procedimento dell’ufficio comunale. Diversamente, il dirigente o responsabile dell’ufficio comunale competente dovrà segnalare al consiglio dell’ordine professionale di appartenenza la violazione in cui è incorso il direttore dei lavori, il quale sarà passibile di sospensione dall’albo professionale per un periodo che va dai tre mesi ai due anni. Il recesso tempestivo dalla direzione lavori è pienamente scriminate per il professionista. Il direttore dei lavori, invece è responsabile nei casi di irregolare vigilanza sull’esecuzione delle opere edilizie, avendo egli l’obbligo di sovrintendere con necessaria continuità quelle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica. Giurisprudenza in merito Cass, pen. Sez. 3 sent. 23/06/2009 n. 34879; – Cass. Pen. Sez III sent del 20/01/2009 n. 14504.; - Cass. Pen. Sez. III sent. del 26/04/1994 n. 4779; Cass. Pen. Sez. III sent. Del 17/12/2002 n. 1974. Ruolo e responsabilità del progettista e direttore lavori nella salubrità degli ambienti Il professionista tecnico, nella progettazione degli ambienti confinati, quali una casa d’abitazione, uffici, ecc…., cioè di tutti quegli ambienti ove le genti occupano per circa l’80%- 90% del tempo, deve prestare la massima diligenza e perizia, con l’ausilio della scienza e della tecnologia messa a disposizione dal progresso tecnologico, nelle varie fasi progettuali, ed esecutiva dell’opera, nella scelta dei materiali da costruzione e di finitura degl’ambienti, in modo tale che il costruito non vada a compromettere la salute degli occupanti. Si ricorda che il bene della salute è tutelato dall’art. 32 della Costituzione, non solo nell’interesse della collettività, ma anche come diritto fondamentale dell’individuo. Il professionista che attesta a fine lavori: la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie, alla rispondenza del costruito con il progetto approvato tramite lo specifico titolo abilitativo, all’avvenuta prosciugatura 59 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA dei muri, in quel momento attesta anche che “non sussistono altre cause di insalubrità degli ambienti”. Il termine di “insalubrità” : condizione di ciò che è insalubre, mancanza di salubrità ad es. dell’aria, degli ambienti, del territorio” Secondo l’attuale normativa un edificio è abitabile quando è costruito secondo progetti che ne assicurano la staticità, l’igienicità, la sicurezza degli impianti ivi installati. L’aspetto dell’igienicità è sempre stato garantito rispettando le attuali norme igienico – sanitarie che dettano specifici parametri di superficie, di aerazione e di illuminazione, di altezze interne minime dei locali. Negli ultimi anni, con l’avanzare della scienza, sono cambiate le tecniche e le tipologie costruttive, i materiali da costruzione, che con l’avanzare della tecnologia e dell’industrializzazione, sono sempre più utilizzati materiali di origine chimica meno costosi e più durevoli di quelli di origine naturale, l’affollamento delle città, del modo di conduzione dell’abitazione, hanno reso gli edifici una fonte insospettata di patologie tale da richiedere una reinterpretazione e/o ridefinizione del concetto di salubrità. All’inizio degli anni ’80 si inizia a parlare della “Sindrome da Edificio Malato” Sick Building Sindrome (SBS) e quella della “Sindrome da Sensibilità a molteplici Agenti Chimici”, appena più tardi si inizia a parlare delle Malattie Associate agli Edifici “Building Related Illness” (BRI) Le “Malattie associate agli edifici”, includono patologie che hanno un quadro clinico ben definito e per le quali può essere identificato uno specifico agente causale nell’ambiente costruito; l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato una delle possibili cause della SBS legati alla qualità dell’aria, carente nel 30% delle costruzioni e negli ambienti di lavoro. Una sindrome ha molte cause che vanno ricercate caso per caso e risolte, i difetti nelle costruzioni si riflettono sulla comparsa o sul mancato controllo di alcuni elementi, non esaustivi in quanto la scienza è in continuo studio di ulteriori elementi – causa – scatenanti, che si possono riassumere in: polveri, allergeni, Radon e radioattività, composti organici volatili – VOC e formaldeide, batteri e muffe, luce – aerazione, rumore. Va da sé, che il professionista tecnico, quale progettista, direttore dei lavori di un edificio, ha un ruolo cardine per la tutela della salute delle persone che occuperanno tali ambienti confinati. Esso, con l’attestazione di agibilità diventa garante della salubrità dell’edificio costruito. 60 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Esso con l’uso della diligenza e della perizia, della conoscenza degli effetti che hanno sulla salute alcuni materiali da costruzione, ecc… dovrà informare il committente del grado di nocività dei materiali edili, accertarsi se sul suolo ove nascerà la costruzione vi può essere la presenza di gas radioattivo (radon), informarlo dei danni che producono le polveri, la muffa, ecc.., l’inadempimento lo espone a responsabilità civili, penali e disciplinari. Un aspetto da non sottovalutare che crea non pochi problemi alla salute, e sempre più in crescita nelle abitazioni, è la formazione di muffe. La loro formazione è legata all’umidità eccessiva di un ambiente, la quale può essere legata ad umidità di risalita, o per una infiltrazione d’acqua, oppure per un errato isolamento termico dell’edificio, o ad un’errata conduzione dell’immobile da parte dell’utente. La legislazione vigente in materia di consumo energetico, impone al progettista di “ verificare l’assenza di condensazioni superficiali e che le condensazioni interstiziali delle pareti opache siano limitate alla quantità rievaporabile secondo la normativa vigente” , inoltre specifica che “ qualora non esista un sistema di controllo dell’umidità relativa interna, per i calcoli necessari si assumono i valori UR 65% e T 20°C”. In sostanza, un edificio realizzato o riqualificato secondo i criteri della vigente normativa in materia di consumo energetico, non dovrebbero presentarsi muffe. In realtà, oggi sono sempre più in crescita i contenziosi legati alla presenza di muffe negli edifici, quindi relativi a problemi igrometrici. Tali contenziosi si “giocano sull’interpretazione” delle regole dettate dell’arte definite da leggi e norme recenti , dove i limiti da rispettare sono stati assenti per un lungo periodo. Nel 2003 con l’emanazione delle norme UNI EN ISO 13788, e successivamente con l’emanazione del D.Lgs 192/2005, D.Lgs 311/2006 e s.m.i. sono stati introdotti dei criteri più rigorosi per la verifica dell’assenza di condensazioni superficiale/interstiziale. Per capire a chi va imputata la responsabilità per la formazione delle muffe, se in capo al proprietario/conduttore dell’immobile, al progettista e/o direttore dei lavori, all’impresa esecutrice, bisogna analizzare diversi fattori: i calcoli di progetto che dal 2005 la verifica di assenza di condensazione deve essere verificata secondo la UNI EN ISO 13788; l’esistenza di verifiche termo igrometriche eseguite anche in prossimità dei ponti termici, noti per avere una temperatura superficiale più bassa; la rispondenza tra il progetto e l’opera eseguita in quanto molte volte l’isolamento termico è previsto nel progetto, ma successivamente non è stato correttamente eseguito; 61 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA l’utilizzo degli alloggi da parte dell’utenza le modalità di conduzione dell’immobile da parte dell’utenza può avere un notevole influsso sui fenomeni di degrado che possono verificarsi al suo interno, come il mantenimento di condizioni di umidità molto alto in concomitanza con l’abbassarsi delle temperature, tipo nelle ore notturne, può provocare una notevole condensazione allì’interno dei locali; l’esistenza o meno di un impianto di ricambio dell’aria negli ambienti. Se in sede di rilievi e verifiche sulle cause della formazione della condensazione e delle muffe, risulta che il progettista non ha eseguito le verifiche di legge secondo il metodo della norma UNI EN ISO 13788 ed i ponti termici non risultano verificati, egli può essere di fatto chiamato in causa ai fini della responsabilità. Anche il Direttore dei Lavori, ne risponde se è dimostrato che non ha verificato la corretta esecuzione dell’isolamento termico previsto in progetto. Se i “difetti sono gravi” ed incidono in maniera sensibile sul godimento dell’immobile, come citato nella parte iniziale della presente, esso risponde in solido con l’appaltatore dei danni cagionati al committente (art.1669 c.c.). E’ da ricordare, che umidità e presenza di muffe nei muri, è motivo valido per far venir meno i requisiti di agibilità e abitabilità , non di meno che se è dimostrato da cartelle cliniche che è stato compromesso lo stato di salute delle persone che dimorano all’interno di tali locali, secondo l’orientamento intrapreso dalla Giurisprudenza negli ultimi anni, può essere chiamato a rispondere anche dei danni non patrimoniali. Un'altro aspetto da non sottovalutare, visto l'orientamento della Giursprudenza in merito, è l'inquinamento acustico, aspetto molte volte sottovalutato sia in sede di progettazione che di esecuzione di un'opera. La legge quadro 26/10/1995 n. 447 definisce inquinamento acustico “l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi”. Di fondamentale indicazione è la dizione “pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi” in quanto esplicita chiaramente che l’inquinamento acustico può recare pericolo alla salute umana nonché interferisce con le legittime fruizioni dell’ambiente. Nel caso di abitazioni è palese che un’abitazione costruita senza tener conto dell’isolamento acustico risulta viziata. 62 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Con il DPCM 5/12/1997 emanato in forza all’art. 3 comma 1 lettera e) della L. 447/95, si sono determinati i requisiti acustici passivi degli edifici e delle sorgenti sonore interne; è utile specificare che il D.P.C.M. è in vigore dal febbraio ‘98 in quanto con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 103 del 2013, è stata dichiarata illegittima l'applicazione della Legge 96/2010 detta la “Comunitaria”, che prevedeva l'esonero per i fabbricati costruiti tra il dicembre 71997 al 20/07/2009 dal rispetto dei requisiti di isolamento acustico. L'orientamento della Giurisprudenza colloca tra i “vizi gravi” la mancanza di isolamento acustico negli edifici, collocando il progettista/direttore dei lavori e l'impresa esecutrice tra le figure responsabili, e ne rispondono in base al già più volte citato art. 1669 del c.c.. (sentenza del Tribunale di Brescia n 2644 del 05/08/2014) In mancanza di specifiche conoscenze tecniche nel campo acustico da parte del progettista architettonico, bisogna avvalersi di un progettista acustico il quale, ne risponderà in prima persona nel caso in cui le indicazioni riportate nel progetto e messe correttamente in opera risultino insufficienti per il rispetto del decreto sopra citato (vedi sentenze Cass. n. 7550 del 27.08.94, n. 8904 del 28.10.94, n.10719 del 11.08.00) In conclusione, il professionista tecnico del costruire, deve informare e rendere edotto il cliente di tutti i rischi sulla salute che possono derivare dall'utilizzo di materiali nocivi per la costruzione della Sua casa, di quel “luogo ove la persona può abitare, sentirsi a proprio agio, il luogo dell'anima” e non essere luogo ove ammalarsi. IL PROPRIETARIO – CONDOMINIO Definizioni Proprietà: Diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico dall’ordinamento giuridico Condominio: s. m. [dal lat. mod. condominium, comp. del lat. con- e dominium «dominio»]. – Diritto di proprietà comune a più persone, comproprietà. In partic., c. degli edifici, istituto giuridico per cui più soggetti, accanto alla proprietà spettante singolarmente a ciascuno sul proprio piano o sulla propria porzione di piano, hanno la comproprietà su alcune parti comuni dell’edificio, quali il suolo, le fondamenta, i muri maestri, i tetti, le scale, i cortili, i locali per la portineria, ecc.: palazzo in c.; regolamento di c.; spese di c., le spese inerenti alla conservazione, manutenzione e uso delle parti comuni della proprietà (anche con uso assol.: rata di c.; pagare il c., cioè le spese di condominio). Con sign. concr., l’edificio stesso oggetto di 63 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA condominio: abitare in un c.; un lussuoso c.; talvolta, anche, l’insieme dei condòmini: l’assemblea del condominio. Amministratore: s. m. (f. -trice) [dal lat. administrator -oris, der. di administrare «amministrare»]. – Chi amministra, chi ha cioè la gestione, e cura il buon andamento, degli affari, pubblici o privati, di una società, di un ente, di un’azienda, ecc., o anche dei proprî: un buon a., un saggio a.; essere un ottimo a. del proprio patrimonio, dei proprî beni; l’a. di un condominio; l’amministratrice del collegio; gli a. dell’ospedale, ecc.; a. delegato, componente del consiglio di amministrazione di una società per azioni, al quale il consiglio stesso delega le proprie attribuzioni; a. apostolico, ecclesiastico incaricato dalla S. Sede di reggere in via straordinaria e a suo nome una diocesi, o parte di essa, permanentemente o temporaneamente (per es., in caso di sede vacante). Nel diritto, l’amministratore si definisce come la persona fisica per il cui tramite la persona giuridica manifesta la propria volontà ed entra in relazioni giuridiche con gli altri soggetti. Affittuario: s. m. (f. -a) [dal lat. mediev. affictuarius, der. di affictus -us «affitto»]. – Colui al quale, nel contratto di affitto, viene dato in locazione un bene produttivo, per lo più un immobile, una casa o un podere. Queste sono le definizioni che l’Istituto Trecani dà alle figure che rientrano in un complesso edilizio, a seconda della situazione, sia quali datori di lavoro, nel caso di conferimento di lavori a terzi, o gravati di responsabilità più o meno gravi a seconda delle problematiche. DL.VO 81/2008 – Datore di lavoro L'art. 2 comma 1 lett. B del D. L.vo 09/04/2008 n. 81 definisce il datore di lavoro quale "soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore", o comunque "il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa". Per cui il datore di lavoro è il soggetto che conferisce l'incarico lavorativo (indifferente che venga affidato a un soggetto privato od a una ditta), ne cura l'esecuzione e ne paga il corrispettivo. Questa figura ha come incombenza, ai sensi di quanto previsto dall'art. 26 comma 1 lett. A del D. L.vo 81/2008, "alla verifica dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione". In pratica il datore di lavorocommittente, prima di affidare un incarico lavorativo, deve accertarsi che la ditta appaltatrice abbia le competenze tecniche per eseguirlo. 64 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA In caso contrario gli verrebbe attribuita la cosiddetta "culpa in eligendo". L’amministratore di condominio assume la figura di “datore di lavoro” quando trattasi di lavori da eseguirsi per il condominio, per quel che riguarda le parti comuni, assumendosi agli effetti del D.Lvo 81/2008 oneri ed onori al pari di un proprietario. Ma essendo il fabbricato costituito da evidenti particolarità (quali aree comuni, ecc.), oltre alle verifiche sulla verifica delle imprese, dovrà "fornire agli stessi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività" (D. L.vo 81/2008, art. 26 comma 1 lett. B). In caso contrario egli risponderà direttamente per tali ed altre simili omissioni, ai sensi dell'art. 55 del D. L.vo 81/2008, principio ribadito dalla Corte di Cassazione (sentenza 42347/2013), che ha ricordato appunto come "l'amministratore di un condominio assuma la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente all'organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio stesso", mettendo in evidenza che, avviene anche nel caso di lavoro affidato in appalto, in quanto "tale evenienza non lo esonera completamente da qualsivoglia obbligo, ben potendo egli assumere, in determinate circostanze, la posizione di committente ed essere, come tale, tenuto quanto meno all'osservanza di ciò che è stabilito dall'art. 26 d.lgs. 81/2008". La responsabilità dell'amministratore per la violazione delle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro, però, è ristretta al caso in cui egli affidi l'incarico lavorativo in piena autonomia, assumendosi pertanto le conseguenze dei poteri decisionali così impiegati. Diverso invece è il caso in cui l'appalto di uno o più lavori venga dato dall'amministratore in virtù di una precisa delibera dell'assemblea di condominio. In questo caso l'amministratore non ha autonomia né decisionale né operativa e, quale mandatario dell'assemblea, è per legge tenuto a dare esecuzione alla decisione da questa assunta, esonerandolo dalle responsabilità connesse. Ove l'amministratore venga chiamato a rispondere penalmente della violazione dei precetti sanciti dal D. L.vo 81/2008, il Giudice, ricorda la Cassazione nella sentenza 42347/2013, dovrà "considerare, però, che lo stesso ha agito nella peculiare qualità di amministratore di un condominio", proseguendo "si tratta di circostanza di decisivo rilievo ai fini dell'affermazione di penale responsabilità, non potendosi prescindere dal ruolo effettivamente svolto dall'amministratore nella stipulazione del contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l'ambito di autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali concretamente attribuiti". Pertanto nessuna sanzione penale per l'amministratore che viola le norme dettate dal D. L.vo 81/2008 se l'illecito è commesso in esecuzione di una valida delibera 65 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA dell'assemblea condominiale cui egli era tenuto a dare esecuzione senza margini di discrezionalità ed autonomia. Obblighi dell’amministratore di condominio Se il proprietario è per definizione una persona che agisce in conto proprio alla definizione delle varie azioni che possono interessare i beni (essendo suoi ne può disporre a piacimento), un affittuario, per contro, può interagire con un bene solo seguito di permesso da parte del proprietario, figura diversa risulta essere un condominio dove ogni proprietario/affittuario agisce in prima persona per le cose di loro appartenenza esclusiva, mentre differente risulta essere la libertà di agire in relazione ad un bene di cui ha solo una quota di proprietà ed in comune con altre persone. Pertanto il legislatore ha previsto l’’istituzione di una figura professionale formata ed informata atta allo scopo: l’amministratore di condominio. Alla luce di quanto espresso dalle norme in materia e di settore, un committente può, oltre essere identificato con persona, essere un condominio, nella fattispecie rappresentato dal suo amministratore che deve sottostare a quanto dettato dalla Riforma del Condominio aggiornato alle modifiche del Decreto Destinazione Italia D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito con Legge 21 febbraio 2014, n. 9) il quale riporta le mansioni dell’amministratore, in cui sono state attribuite specifiche mansioni. Codice Civile Art. 1117 - Parti comuni dell’edificio Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per 66 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche Art. 1117-bis - Ambito di applicabilità (Multiproprietà) Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117. Art. 1118 - Diritti dei partecipanti sulle parti comuni Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene. Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali. Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma. Art. 1120 - Innovazioni I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: 1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti; 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia 67 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune; 3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino Art. 1122 - Opere su parti di proprietà o uso individuale Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea. Art. 1124. - Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune. Art. 1130 - Attribuzioni dell’amministratore 68 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve: 2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; 4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio; 5) eseguire gli adempimenti fiscali; 6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili; 8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio; Art. 1135 - Attribuzioni dell’assemblea dei condomini Oltre quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede: 4) alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti. L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea. L’assemblea può autorizzare l’amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il 69 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato. Leggi Speciali Legge 9 gennaio 1989, n. 13 - Art. 2, comma I 2. 1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile. Legge 9 gennaio 1991, n. 10 - Art. 26, comma II Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea Legge 9 gennaio 1991, n. 10 - Art. 26, comma V 5. Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile. DECRETO-LEGGE 23 gennaio 2001, n. 5 Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell’articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l’approvazione delle relative deliberazioni si applica l’articolo 1120, secondo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefici fiscali. Responsabilità 70 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Con l’evoluzione delle norme, anche in relazione alla complessità delle stesse, ha dato origine ad una difficoltà oggettiva nel dirimere le controversie nate tra le varie figure a vario titolo, fatto che ha comportato un aumento delle cause civili in maniera esponenziale, demandando così alle corti di giustizia l’onere di stabilire le varie responsabilità. Un’ampia letteratura in materia giuridica risulta essere quella riguardante il condominio. Come summenzionato un proprietario, se in regola con la documentazione urbanistica, non ha particolari responsabilità che possono essergli ascritte, ad esclusione di quanto relativo al D.L. 81/2008. Rapporti perlomeno problematici possono scaturire all’interno di un complesso edilizio, dove non è solo una persona ha facoltà di intervenire a livello urbanistico, ma soprattutto dove bisogna far coincidere le necessità di più attori, a volte possessori di beni ad uso comune. Non di rado si ha menzioni di cause intentate da inquilini nei confronti del condominio. Ma quali sono le ingerenze attribuite ai vari attori? Le situazioni avutesi sono molteplici ed ognuna ha dato origine ad una attribuzione di colpa. Condominio Nel caso di infiltrazioni è stato ritenuto il condominio responsabile (Sentenza Tribunale di Monza il 7 maggio 2013 n. 1230) ai sensi dell’art. 2051 del c.c., sia per i danni patrimoniali che non patrimoniali (questi ultimi meglio conosciuti ai più, anche se impropriamente, come danni morali) derivati dalle parti comuni verso i condomini anche se gli stessi sono causati da gravi difetti di costruzione imputabili all'Impresa. Contro di questa il condominio ha il diritto di agire (in queste situazioni anche in rivalsa) ai sensi dell’art. 1669 del c.c. In merito alla causa in questione, a meno di accordi diversi, i condomini dovranno essere risarciti dal condominio che a sua volta dovrà essere risarcito dall'impresa. Se ciò non avviene, i condomini possono agire solamente contro il condominio così come quest'ultimo può agire contro la succitata impresa ai sensi art. 1669 c.c. Inoltre l’azione può essere intrapresa anche dal singolo condomino verso l'impresa costruttrice in alternativa all'azione contro la compagine ed indipendentemente dal fatto che lo stesso abbia acquistato l'unità immobiliare direttamente dal costruttore, ciò perché la norma citata, come ha detto la Cassazione e ricordato il Tribunale di Monza, ha natura extracontrattuale. La responsabilità del condominio, in sentenza si legge che la compagine è sempre responsabile dei danni provenienti dalle parti comuni e, anche se i danni (nel caso di specie le infiltrazioni) sono stati originati da gravi difetti costruttivi, non può essere equiparata al caso fortuito, che per altro rappresenta l'unica ipotesi di esonero dalla 71 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA responsabilità oggettiva per cose in custodia ex art. 2051 c.c. che recita: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.” Dai danni alle abitazioni, sempre secondo la sentenza, possono discendere anche danni di natura non patrimoniale per le persone che vi abitano, prendendo spunto dalla sentenza n. 26972 del 15.11.2008 (sul così detto danno esistenziale) e passando per la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosce dignità di diritto fondamentale alla proprietà che quindi dev'essere tutelata da ogni forma di aggressione ingiustificata (come per altro si è espresso in tal senso Trib. Firenze, 21 gennaio 2011 n. 147). Le infiltrazioni rappresentano una forma di danno ingiusto e se da queste discende un non trascurabile disagio nel godimento del bene, allora il diritto di proprietà deve ritenersi leso e di conseguenza deve considerarsi esistente un danno non patrimoniale per il titolare di quel diritto. In ogni caso sarà sempre il giudice a dover apprezzare la lesione di diritti ed interessi. Sulla stessa linea risulta essere stato il Tribunale di Vercelli in data 12.02.2015 nella Sentenza ha constatato la responsabilità dei danni provocati all'immobile è direttamente riconducibile al condominio e al proprietario, in questa causa, del lastrico solare in via solidale (art. 2055 c.c.), non trovando ingresso, nella fattispecie, la previsione di cui all'art. 1126 c.c., in quanto riconducibile esclusivamente al piano di riparto delle spese interno alla compagine. Inoltre i danneggiati, cioè i proprietari dell'appartamento interessato dalle infiltrazioni, possono chiedere in giudizio nei confronti dei responsabili sia il danno emergente (cioè il rimborso delle spese necessarie per la riduzione in pristino dell'immobile), sia il danno non patrimoniale, legato alla minore godibilità e/o sfruttamento del proprio appartamento, definendo i criteri per la quantificazione sia con il “tempo” di persistenza delle infiltrazioni che in merito alla “dimensione dell'immobile” in rapporto dei vani interessati ai fenomeni di degrado. Ulteriore sentenza a carico del condominio risulta essere quanto espresso dalla Corte Suprema di Cassazione, III Sez. Civ., n. 21938/2015 la quale ha definito che, a seguito di lavori sulle parti comuni il condominio è comunque responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c., a meno che non presenti la prova liberatoria richiesta dall’articolo stesso. In questo caso risultava evidente una carenza costruttiva che ha provocato il danno dovuto alle infiltrazioni. Ma se i danni fossero ad esempio causati da una forte pioggia, il condominio risulta essere responsabile? Può essere considerato un evento fortuito ai sensi dell’art. 2051 c.c.? Ebbene, anche in questo caso è intervenuta una sentenza che si è espressa in forma positiva, sempreché il fatto sia cagionato da fattori esterni tali da non essere 72 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA controllabili, e che i danni venutisi a creare siano riconducibili solo all’evento. Nella fattispecie, la S.C. ha affermato che “una pioggia di eccezionale intensità può costituire caso fortuito in relazione ai danni riportati dai proprietari di appartamenti inondati da acque tracimate a causa di tale evento, a condizione che l'ente preposto provi di aver provveduto alla manutenzione del sistema di smaltimento delle acque nella maniera più scrupolosa e che, nonostante ciò, l'evento dannoso si è ugualmente determinato)" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5658 del 09/03/20109)" (Cass. 8 maggio 2013, n. 10898). Ma ritorniamo al nostro condomino. Ora questi lamenta una serie di infiltrazioni d'acqua all'interno del suo appartamento, conseguenti allo stato di deterioramento di parti comuni dell'edificio condominiale, nello specifico da un difetto di manutenzione delle parti in questione. In sentenza il Giudice, alla luce di alcune pronunce della Suprema Corte, richiama il principio secondo il quale il condominio è “custode dei beni e dei servizi comuni, obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché gli stessi non rechino pregiudizio ad alcuno” e di conseguenza “ai sensi dell'art. 2051 c.c. risponde dei danni da quei beni cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini” (ex multìs Cass. n. 26051/2008). Il Giudice quindi applica la disciplina dettata dall'art. 2051 del codice civile, articolo sovente usato per la responsabilità delle Pubbliche Amministrazioni per danni da cose in custodia, altresì alla disciplina inerente il condominio, ma poiché risulta essere una responsabilità avente carattere oggettivo, affinché essa possa in concreto configurarsi, è necessario che l'attore dimostri il verificarsi dell'evento dannoso ed il nesso di causalità, adducendo ad esempio perizie (materiale utilizzato all’epoca, inesistenza impermeabilizzazioni, ecc.) ai sensi dell’art. 1117 c.c., oltre che la struttura in questione deve essere configurata “comune” ai sensi dell’art. 880 c.c. Ulteriore problematica. In linea di principio il lastrico solare di uno stabile, ai sensi dell'art. 1117 c.c., è un bene di proprietà comune, salvo diversa indicazione del titolo, pertanto può anche essere di proprietà esclusiva o di uso esclusivo. In tali casi le spese per la sua manutenzione e ricostruzione sono regolate dall'art. 1126 c.c. a mente del quale “Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.” La norma è considerata applicabile anche a: 1) lastrici in uso esclusivo e di proprietà comune; 2) lastrici in uso esclusivo e di proprietà esclusiva; 73 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA 3) terrazza a livello in uso esclusivo e di proprietà comune e in uso esclusivo e di proprietà esclusiva; 4) in generale tutte le superfici assimilabili purché in uso esclusivo. A seguire si farà riferimento al lastrico solare, ma, quanto detto varrà anche per tutte le altre ipotesi appena elencate Il Tribunale ha in primo luogo confermato la corretta proposizione dell'azione in questione nei confronti del condominio, in persona dell'amministratore condominiale, in virtù dell'equiparazione al lastrico solare della terrazza a livello qualora essa assuma anche funzioni di copertura (Cass. civ., 27 luglio 2004, n. 15702; Cass. civ., 15 luglio 2003, n. 11029, richiamate in motivazione) L’art. 1126 c.c. disciplina la ripartizione delle spese relative al lastrico solare di uso e (secondo la giurisprudenza anche) di proprietà esclusiva. Questa norma si applica nei casi di manutenzione e ricostruzioni dovuti a vetustà: insomma quando è necessario riparare il lastrico (o il terrazzo) perché "s'è fatto vecchio". Uso o proprietà, ai fini dell'applicazione della norma, sono la stessa cosa. Per quello di proprietà comune la ripartizione delle spese è sempre regolata dall'art. 1123 c.c. Ciò, però, riguarda la ripartizione delle spese per la manutenzione, ma nel caso di danni che cosa succede? Alle volte il proprietario, o utilizzatore esclusivo, non può essere chiamato in giudizio per essere condannato al risarcimento del danno o perché, se chiamato, può andare esente da responsabilità. Ma il custode del lastrico di proprietà o di uso esclusivo è il condominio o l'utilizzatore (o proprietario) esclusivo? Con sentenza Cass. 30 aprile 2013, n. 10195 ha definito che il lastrico solare svolge funzione di copertura del fabbricato pertanto l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto al condomino che ne abbia la proprietà esclusiva, grava su tutti i condomini e quindi il condominio quale custode art. 2051 c.c. risponde dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare (Cass. 21/2/2006 n. 3676; Cass. 13/3/2007 n. 5848; Cass. 22/3/2012 n. 4596). Quanto prescritto dall'art. 1126 c.c., che regola la ripartizione fra i condomini delle spese di riparazione del lastrico solare di uso esclusivo di uno di essi, si riferisce alle riparazioni dovute a vetustà e non a quelle riconducibili a difetti originari di progettazione o di esecuzione dell'opera. In tale ipotesi, ove trattasi di difetti suscettibili di recare danno a terzi, la responsabilità, sia in ordine alla mancata 74 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA eliminazione delle cause del danno che al risarcimento, fa carico in via esclusiva al proprietario del lastrico solare, art. 2051 c.c., e non anche - sia pure in via concorrenziale - al condominio (Cass. 15/4/2010 n. 9084)" Per tanto la sentenza conviene che la responsabilità deriva dalla causa del danno e può essere così sintetizzata: difetti costruttivi sono imputabili al proprietario, per il resto ad esempio per i difetti manutentivi è necessario verificare se essi sono conseguenza di incuria del condomino e/o del condominio. Quindi se il danno deriva da fatti imputabili al proprietario o utilizzatore esclusivo, la spesa necessaria per la manutenzione e ricostruzione, la riparazione dovuta a difetti costruttivi originari, com'anche il risarcimento, sono a suo unico carico. (Cass. 15 aprile 2010, n. 9084; Cass. 18 giugno 1998, n. 6060; Cass. 24 agosto 1990, n. 8669)" (Cass. 19 giugno 2013 n. 15300). Con sentenza Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 3604 del 17 febbraio 2014 chiamata a dirimere una controversia per danni causati da infiltrazioni dal lastrico solare. In primis la proprietà esclusiva del lastrico di copertura dell'edificio (al pari dell'uso esclusivo) non esime la compagine da responsabilità stante la funzione precipua di quella parte dell'edificio. Tali responsabilità, tuttavia, non sono estese ad ogni causa ma solamente a quelle concernenti la struttura. Il difetto di manutenzione è pertanto imputabile al proprietario. Non essendo chiaramente possibile ripartire le responsabilità tra le parti, la soluzione adottata dalla Cassazione, sulla base di una specifica norma (art. 2055 c.c.), è stata la seguente: quando il fatto dannoso (si badi il fatto dannoso non la causa di tale fatto) è unitario si sostanzia nel deterioramento dello immobile dei proprietari sottostanti al lastrico sia per la negligenza del proprietario o utilizzatore in esclusiva con conseguenti obblighi di manutenzione e vigilanza anche nell'interesse comune, sia per fenomeni di condensa in ordine ai quali il condominio assume nello interesse comune l'obbligo di provvedere a nuove opere di coibentazione, allora è legittimo che i proprietari dell'immobile danneggiato esigano la condanna di entrambe le parti a titolo di responsabilità solidale extracontrattuale "in ordine ad un fatto dannoso imputabile a due soggetti diversi, ai sensi dello art. 2055 del codice civile Vds. Cass. III CIV. 18 LUGLIO 2002 N. 1043 e CASS. 8 AGOSTO 2007 N. 17397" (Cass. 17 febbraio 2014, n. 3604). Ma non è solo un’infiltrazione di acqua dall’esterno che può provocare problematiche: Esiste anche la cosiddetta umidità di risalita. Ci sono inquilini che, specie in quegli edifici con i box ai piani interrati, lamentano veri e propri affioramenti di acqua dal pavimento. L'umidità, abbiamo detto, risale dal sottosuolo. Il suolo è la parte comune sulla quale poggia l'edificio (cfr. Cass. 15 febbraio 2008, n. 75 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA 3854). “Il sottosuolo, invece, è costituito dallo spazio sottostante il suolo ed esistente in profondità; esso, ancorché non espressamente menzionato dall'art. 1117 c.c., va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, avuto riguardo alla funzione di sostegno che contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato (Cass. 24 ottobre 2006, n. 22835; Cass. 9 marzo 2006, n. 5085; Cass. 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. 11 novembre 1986, n. 6587)”(Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854). Ciò che conta di più ai nostri fini è che anche il sottosuolo debba essere considerato parte comune dell'edificio in condominio, pertanto rientra negli obblighi dell’art. 2051 c.c. In caso di infiltrazioni d'acqua nella singola unità immobiliare, che portano alla formazione di muffe sui soffitti, deve ritenersi che il condominio sia responsabile in via autonoma nei confronti del proprietario esclusivo ex art. 2051 c.c., se non offre la prova del fortuito. Nondimeno, scaturendo l'evento lesivo da vizi costruttivi, l'impresa che ha edificato il fabbricato deve essere condannata a manlevare il condominio di tutte le somme che quest'ultimo dovrà corrispondere al proprietario esclusivo. Così ha stabilito la Corte d'Appello di Milano che, con sentenza n. 2680 del 23 giungo 2015, ha confermato la decisione di primo grado, anche per quanto riguarda la piena risarcibilità del danno non patrimoniale per la situazione di grave disagio subita dagli attori, con pregiudizio al diritto all'abitazione e anche alla salute. Per la Corte territoriale risulta documentato, nel caso di specie, che a causa dei fatti oggetto di giudizio si sono prodotte per anni nell'abitazione degli attori situazioni di grave disagio, con pregiudizio alla serenità personale ed alla vivibilità della casa, messe ingiustamente a repentaglio dalla presenza di muffe e umidità, “determinando una significativa lesione degli interessi della persona umana costituzionalmente garantiti, ed in particolare del diritto all'abitazione, ma anche alla salute”. Il Tribunale di App. Milano, sezione II, 23 giugno 2015, n. 2680 ha convenuto che l'umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio può integrare, ove sia compromessa l'abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c., tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (Cass. civ., 15 aprile 1999, n. 3753). Il giudice ha infine confermato la configurabilità, in capo agli attori, del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale: una certificazione sanitaria aveva 76 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA attestato «lo stato di antigienicità dell'appartamento», per la presenza nei locali di umidità e muffe, cui il figlio minore degli attori era peraltro risultato allergico. A causa di dette infiltrazioni – ha chiarito il giudice dell'appello – «si sono prodotte negli anni situazioni di grave disagio, con pregiudizio alla serenità personale e alla vivibilità della casa, condizioni che […] le infiltrazioni e la presenza di muffe, protrattesi per lungo tempo, mettono seriamente e ingiustamente a repentaglio, e di cui può ritenersi acquisita la prova anche per presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza (in tal senso anche Cass. civ., 19 dicembre 2014, n. 26899, citata in motivazione). I fatti contestati, si conclude, hanno determinato «una significativa lesione degli interessi della persona umana costituzionalmente garantiti, e, in particolare del diritto all'abitazione, ma anche alla salute». Il condomino, per le parti di proprietà esclusiva, ed il condominio, per le parti comuni e comunque per quelle che hanno una funzione utile a tutti (si pensi al lastrico di uso e/o di proprietà esclusiva), sono responsabili per i danni provenienti dalle cose che hanno in custodia, in particolar modo se questo deriva infiltrazioni di acqua piovana. La giurisprudenza ha chiarito la portata della norma con sentenza (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 4279 del 19/02/2008)" (Trib. Urbino 3 giugno 2010). "La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 cod. civ" - si dice ormai da anni -"ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta". In questo contesto "l'attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale. In questo contesto, il condomino, una volta appurata la presenza di un fenomeno infiltrativo, deve: a) avvisare tempestivamente l'amministratore o comunque il proprietario della cosa dalla quale proviene il danno; 77 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA b) in caso d'incertezza sulla fonte del danno, ricercarla in contraddittorio con le persone potenzialmente interessate; c) una volta appurata la provenienza chiedere l'eliminazione della causa del danno ed il ripristino del danno medesimo; d) in caso di disaccordo procedere con una lettera di messa in mora ed un eventuale giudizio per il risarcimento. In merito all’applicazione l’art. 1126 c.c. la sentenza Cass. 17 gennaio 2011 n. 941 definisce che tutte le spese di manutenzione che non sono riconducibili ad un atteggiamento noncurante dell’utilizzatore e/o proprietario esclusivo saranno da considerarsi condominiali, stante la funzione di copertura dell’edificio svolta dalla terrazza/lastrico solare. In quest’ipotesi, quindi, 1/3 della spesa ricadrebbe sull’utilizzatore/proprietario e 2/3 sui condomini sottostanti la copertura. Se, per contro, la spesa è dovuta in quanto il danno causato è conseguenza del difetto di manutenzione o più genericamente di diligenza nella custodia da parte dell’usuario, allora il costo dell’intervento deve essere sostenuto tutto da quest’ultimo. E’ evidente che se le parti non sono d’accordo sulle cause del danno, il suo accertamento giudiziario resta imprescindibile ai fini del corretto addebito dei costi dell’intervento manutentivo. Inquilino/Proprietario Sia il proprietario di un bene come anche il suo custode (figure che possono anche non coincidere) rispondono dei danni causati da quella cosa, pertanto il principio, sancito nel diritto civile dall’art. 2051 c.c., è inoltre valevole in sede penale. Ma proviamo a fare delle considerazioni. Il marciapiede sconnesso provoca lesioni al passante? L’amministratore o in mancanza tutti i condomini rispondono per il reato di lesioni colpose. E se una persona muore a causa di un accidente occorsole in un’unità immobiliare? Il proprietario ne risponde e può andare incontro ad una condanna per omicidio colposo. La norma di diritto penale di riferimento, in linea generale, è il secondo comma dell’art. 40 c.p. a mente del quale “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Per quanto riguarda l’amministratore di condominio, in più occasioni, è stato affermato che "la responsabilità penale dell'amministratore di condominio va considerata e risolta nell'ambito del capoverso dell'art. 40 c.p., che stabilisce che non impedire un evento che si ha 78 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. Per rispondere del mancato impedimento di un evento è, cioè, necessaria, in forza di tale norma, l'esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo: detto obbligo può nascere da qualsiasi ramo del diritto, e quindi anche dal diritto privato, e specificamente da una convenzione che da tale diritto sia prevista e regolata com'è nel rapporto di rappresentanza volontaria intercorrente fra il condominio e l'amministratore" (Cass. Terza Sezione Penale, 14 marzo 1975 n. 4676 Ud. - dep. 14/04/1976). Alla luce di ciò essere superficiali nella consegna di un bene senza occuparsi dello stato stesso diventa alquanto pericoloso. IL COSTRUTTORE Responsabilità civili e penali costruttore L'art. 1667 disciplina l'ipotesi in cui l'immobile presenti difformità o vizi. Per difformità si intende una discordanza dell'opera da quanto prescritto in contratto; per vizio si intende la mancanza di modalità o qualità dell'opera rispetto alle regole dell'arte. Sempre il medesimo articolo considera "vizi lievi" i seguenti interventi: distacco di parte del pavimento la non perfetta esecuzione degli intonaci e sistemazione della tegola di un tetto difetti nel rifacimento dell'impianto elettrico difetti installazione di infissi interni ed esterni L'acquirente, in questi casi, dovrà denunciare il vizio entro sessanta giorni dalla scoperta della difformità. Qualora il venditore non provveda all'eliminazione del vizio sarà necessario agire nei suoi confronti non oltre i due anni dalla consegna dell'opera, altrimenti la sanzione si prescrive. Invece in caso di difetti gravi all'immobile, il costruttore/venditore dovrà garantire per 10 anni dalla data di consegna dell'immobile stesso. Per "difetto grave" ci si riferisce a un difetto che compromette la stabilità dell'opera, il suo godimento da parte degli acquirenti e la sua funzionalità. Tra essi la giurisprudenza considera anche: impermeabilizzazione carente mancanza di coibentazione lesioni strutturali gravi difetti d'impianto termico Il grave difetto deve essere denunciato al costruttore/venditore entro un anno dalla scoperta dello stesso;l'azione di prescrive invece in un anno dalla data di denuncia. 79 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA (Cass. Civ. n. 12386/2003; Cass. Civ. 11740/2003). La denuncia può essere portata a conoscenza dell'apparltatore senza vincoli di forma, anche con una semplice raccomandata in modo tale da permettere al costruttore di compiere accertamenti necessari a provare che il vizio/difetto lamentato non è riconducibile alla sua responsabilità. Per i vizi lievi l'azione va proposta entro un anno dalla denuncia e comunque entro i dieci anni dalla consegna dell'opera. Inoltre è opportuno evidenziare che per i nuovi "immobilili da costruire", l'art. 4 del D.Lgs. 122/2005 prevede che "il costruttore è obbligato a contrarre ed a consegnare all'acquirente all'atto del trasferimento della proprietà una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell'acquirente e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e diretti all'immobile, compresi i danni ai terzi, cui sia tenuto ai sensi dell'art. 1669 del c.c., derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e comunque manifestatasi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione", stabilendo, quindi una maggiore tutela dei diritti dell'acquirente. Art.1669 c.c."Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purchè sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denuzia". 80 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA L’ABITAZIONE DELL’ANTICA GRECIA PREMESSA La conoscenza della storia dell’architettura è un bagaglio culturale indispensabile per qualsiasi persona che vuole conoscere come ha interagito l’uomo con l’ambiente. Infatti da sempre l’uomo ha modificato l’ambiente in cui vive, ha costruito edifici e case, città e villaggi che dovevano fornirgli ricovero e luoghi di vita. Questo lo ha fatto con le conoscenze tecniche e la cultura che possedeva. Oggi l’ambiente in cui viviamo è in gran parte il frutto di questa stratificazione plurisecolare. Stratificazione che è rintracciabile in tanti e piccoli segni di epoche diverse, ma che convivono in un unico insieme. Questo insieme è la testimonianza viva ed attuale della storia del nostro territorio. Quindi conoscere la storia dell’architettura, significa essere sensibili al proprio ambiente di vita, conoscerne i segni e collocarli nella loro dimensione temporale; significa anche capire l’enorme valore di testimonianza storica del nostro habitat, un luogo carico di significati e memorie e mai uno spazio anonimo e banale. LA CASA GRECA Il termine utilizzato da Aristotele, oikia, indica in greco la semplice casa, in genere nel senso più concreto di edificio nel quale si risiede. Senofonte introduce una precisazione terminologica, distinguendo tra una nozione di casa più limitata, l’oikia, e una più ampia, l’oikos, che comprende l’insieme delle proprietà del suo titolare: tutto ciò che legittimamente appartiene al suo proprietario entra a far parte dell’oikos. Le conoscenze che abbiamo sulla casa greca sono minori di quelle che abbiamo su altri edifici tipici della cultura ellenica, soprattutto perché nel passato gli studiosi hanno preferito dedicarsi ad edifici più spettacolari e sontuosi, ma anche perché fisicamente i resti che si sono conservati sono spesso piuttosto scarsi, poiché in generale le abitazioni, a differenza degli edifici pubblici, non erano realizzati in pietra ma in materiali più facilmente deperibili (legno, mattoni, spesso crudi), ed anche perché, come è ovvio, la gente ha continuato a vivere, costruendo le proprie case in quegli stessi luoghi dove sorgevano le case degli antichi. Ultimamente però le ricerche si stanno focalizzando anche su questo aspetto della cultura greca, e dunque si può sperare che ricerche e scavi futuri possano arricchire e completare le nostre conoscenze. Cercando in internet, i siti sono orientati direttamente sulla struttura e sull'organizzazione della casa greca. Molti autori infatti, parlando di altri argomenti a volte aggiungono nelle loro opere dettagli sull'organizzazione o sulla struttura delle case della loro epoca che possono dare informazioni molto importanti. L’Architetto Vitruvio ci descrive case sicuramente della sua epoca e dice che le case erano suddivise in tre zone: La prima, Il gineceo era riservato alle donne e ai bambini (in cui poteva accedere solo il marito e pochi parenti stretti); la seconda era dedicata agli uomini e la terza era la parte dedicata agli ospiti stranieri, che Vitruvio dice non 81 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA essere fondamentale, seppur a volte presente. Secondo lui, in ognuna di queste parti, era presente una corte con peristilio. Questo particolare in effetti ha suscitato molti dubbi ed ha più volte portato a interpretazioni sbagliate dei resti archeologici, troppo spesso studiati nell'intenzione di riconoscere nelle vestigia giunteci proprio la casa descritta nel trattato dell'architetto romano. È infatti difficile credere che le case della gente comune (e spesso povera) avessero due o addirittura tre corti a peristilio e dunque ci si può domandare a quale tipo di casa facesse veramente riferimento Vitruvio. Diverse proposte sono state avanzate, c'è chi ha proposto di riconoscere la casa vitruviana nelle case di Delo, che però studi più approfonditi hanno dimostrato non trattarsi di case singole con più corti, ma di più case riunite in sorte di nuclei; c'è chi invece ha proposto di cercarne il modello nelle case dell'aristocrazia macedone di epoca ellenistica, in particolare nelle case della capitale del regno, Pella, idea questa che ha buoni motivazioni per essere sostenuta; altri ancora ne vedono la fonte di ispirazione addirittura nei palazzi dei re e dei principi ellenistici, soprattutto macedoni, come per esempio i palazzi di Pella o di Aigai, con le loro sontuose e vaste corti. La questione della vera natura della casa descritta da Vitruvio resta dunque ancora aperta. SENOFONTE Anche Senofonte, nel suo testo di economia, ci dà alcune informazioni sulla struttura e soprattutto sull'organizzazione della casa dei suoi tempi. L'aspetto forse più interessante è che anch'egli descrive la presenza di locali prettamente riservati alle donne ed agli uomini, ma ne da una spiegazione ed una funzione totalmente diversa da quella che ci si potrebbe attendere e per certi versi sorprendente. Egli infatti afferma che uomini e donne potevano accedere abbastanza liberamente a più o meno tutti i locali. L'unica restrizione era presente durante la notte, e in effetti non coinvolgeva neppure i padroni di casa. Egli infatti descrive l'uso di separare durante la notte gli uomini schiavi dalle donne schiave, rinchiudendoli appunto in locali riservati prettamente agli uni o agli altri, e questo semplicemente per evitare che fra gli schiavi stessi vi fossero dei rapporti indesiderati ai padroni. Dunque secondo Senofonte vi erano si dei locali prettamente maschili e dei locali prettamente femminili, ma servivano principalmente a rinchiudervi gli schiavi durante la notte. Anche in questo caso, tuttavia, è difficile capire a quale tipo di casa faccia riferimento l'autore, si può pensare che la situazione e l'organizzazione da lui descritte fossero presenti soprattutto nelle case di campagna. LISIA Lisia, come molti altri logografi, nelle orazioni che scrive spesso per sostenere le sue accuse o per difendere un suo cliente ci descrive alcuni particolari interessanti riguardo alle abitazioni dei suoi tempi. Un esempio interessante ci viene, per esempio, dalla sua orazione Per l'uccisione di Eratostene: 82 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA « Ora, tanto per cominciare, giudici - perché è necessario che io vi spieghi anche queste cose - io ho una casa a due piani, che ha il piano superiore uguale a quello inferiore, uno con le stanze delle donne e l'altro con quelle degli uomini. Quando ci nacque il bambino, la madre lo allattava, così, per evitare che quando doveva fargli il bagno, corresse dei rischi scendendo le scale, io vivevo sopra e le donne sotto. E ormai era diventata così un'abitudine, che spesso mia moglie scendeva al piano di sotto per dormire col bambino, per dargli il seno e per evitare che piangesse. Queste cose si protrassero per molto tempo, ed io non ebbi mai dei sospetti, anzi, ero così stolto da pensare di avere la donna più onesta fra tutte quelle di Atene. » Da questo passaggio si capisce che la casa della gente di Atene poteva avere due piani, e che questi piani erano divisi fra uomini e donne: al piano superiore vi erano i locali delle donne, al piano inferiore, dove venivano anche accolti i visitatori, vi erano i locali degli uomini. I neonati sembra stessero al piano inferiore, per sicurezza probabilmente, motivo per cui appunto nel caso descritto da Lisia, la moglie di Eufileto, chiede di poter dormire al piano inferiore. Da un altro passo della stessa orazione inoltre si capisce che al piano inferiore vi era una sorta di atrio che separava la porta d'entrata della casa da quella della stanza da letto: infatti quando Eufileto vuole cogliere sul fatto la moglie adultera passa prima dalla porta della casa, e poi dalla porta della stanza. Si potrebbe pensare che questo "atrio" non sia altro che una corte, come quelle descritte da Vitruvio, e che dunque le due porte siano rispettivamente la porta che dalla strada dà alla corte e la porta che dalla corte dà alla camera da letto. Questa però resta soltanto un'ipotesi, in nessun passaggio dell'orazione infatti Lisia parla dell'esistenza di una vera e propria corte. A partire dal IV secolo a.C. si osserva un cambiamento nella struttura interna della casa, che inizia ad essere organizzata attorno ad una corte centrale su cui si aprono le varie stanze. Spesso erano presenti due piani, almeno per una parte dell'edificio, e a dipendenza della storia e dell'origine della città, la casa poteva sorgere aggregandosi in modo organico, e quindi disordinato, alle case precedenti oppure poteva essere edificata in lotti dai confini definiti, seguendo così dei piani ordinati. Questa seconda situazione si trova soprattutto nelle città fondate in epoca ellenistica e più in generale in quelle città che furono progettate secondo un piano ippodameo, che prevedeva la costruzione delle case in lotti di dimensioni uniformi delimitati da strade ortogonali. Le dimensioni di questi lotti erano decise dai governanti, mentre la loro organizzazione interna era stabilita dai vari proprietari. 83 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA OLINTO Olinto, una città riorganizzata nel 432 e abbandonata nel 348, mostra bene la struttura delle case tra la fine del V secolo a.C. e l'inizio del IV. La città era progettata secondo un piano ippodameo e le case sorgevano nelle varie insulae, i quartieri della città. Le case avevano generalmente due piani, seppure il secondo fosse spesso rudimentale; era presente una corte, seppur abbastanza sommaria e priva di peristilio. Le stanze più "nobili" si trovavano per lo più a nord, con le porte orientate verso sud, a volte precedute da un pastas, una sorta di vestibolo. Fra queste stanze era sempre presente un androne, cioè una sala destinata ai banchetti, riconoscibile dalla porta non centrale e dal pavimento spesso in ciottoli o, nelle case più ricche, decorato con mosaici. L'androne era in effetti un elemento indispensabile nella casa greca, praticamente tutte le case ne possedevano uno, anche le più modeste, chi invece poteva permetterselo ne possedeva anche più di uno. ERETRIA Eretria invece era una città antica, dunque cresciuta organicamente senza seguire piani prestabiliti. Qui si sono trovati i resti di alcune case della fine del IV secolo che mostrano la tappa successiva dell'evoluzione. L'elemento fondamentale, in queste case, è la presenza di una corte a peristilio, che, confrontando anche altri siti, sembra diffondersi in molte città greche tra la fine del IV secolo e l'inizio del III. Una di queste case, che può ben fungere da modello, è chiamata casa dei mosaici a causa dei mosaici, raffiguranti scene mitologiche, che ricoprivano i suoi diversi androni. La casa è situata a nord, poco distante dall'acropoli, e si può supporre che fosse una casa appartenente a persone del ceto medio. Attorno alla corte centrale, protetta da tre colonne per lato, si snodano diverse stanze dai vari utilizzi. Gli androni si aprivano direttamente sulla corte, al massimo venendo preceduti da un piccolo vestibolo. Alcuni locali più appartati sono interpretati da alcuni studiosi come dei locali privati contrapposti agli androni, locali pubblici per eccellenza, o addirittura come locali riservati alle donne. Le case dell'aristocrazia hanno di solito una struttura simile a quella delle case più povere, con tuttavia una pianta più sviluppata. Uno degli esempi più interessanti, benché scavate ancora limitatamente, sono forse le case aristocratiche di epoca ellenistica di Pella, in quanto sono forse quelle che più si avvicinano al modello vitruviano. Esse appartenevano a dei membri molto alti dell'aristocrazia, o forse addirittura a dei parenti del re stesso. Caratteristica principale di queste case era la presenza di due corti a peristilio, una principale, probabilmente dove venivano accolti gli ospiti, a cui si aveva accesso dalla porta che dava sulla strada, ed una secondaria, più appartata, che forse aveva scopi più privati o forse anche era il centro dell'area della casa dedicata alle donne. Seppur nelle case scavate fino ad ora non sembra essere presente una terza parte, quella che 84 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Vitruvio dice riservata per gli ospiti, non è per nulla impensabile che siano state proprio queste case di Pella a fungere da modello all'architetto romano. È infatti plausibile pensare che quando i Romani conquistarono la Macedonia, si figurarono queste case come le case tipiche dell'aristocrazia greca. Anche in altre città greche, come per esempio a Delo, si riconoscono delle case che dovevano appartenere all'aristocrazia, ma nessuna sembra possedere più di una corte, probabilmente perché semplicemente in queste città nessuno poteva permettersi finanziariamente un tale lusso. L’ETA CLASSICA Durante l’età classica i greci non si preoccupavano granché delle loro abitazioni, poiché erano più interessati alla Polis. Essi, infatti, non si curavano di avere una bella casa, ove, del resto, vivevano quasi esclusivamente di notte. Ci tenevano invece ad avere una bella città, ornata di templi e di edifici pubblici sontuosi: qui essi vivevano, lavorando nelle botteghe, discutendo e contrattando, partecipando alla vita politica. C’era quindi molta differenza tra il fasto degli edifici pubblici e la modestia delle case, mentre ce n’era poca tra le case dei cittadini poveri quelle dei ricchi. Le case dei poveri e dei ricchi, infatti, sorgevano lungo le viuzze fianco a fianco e se non fosse stato per le dimensioni, e soprattutto per gli ambienti interni, sarebbe stato quasi impossibile distinguerle. Quest’ultime, infatti, si differenziavano per lo più per le dimensioni e per la quantità dell’arredo che era in ogni caso piuttosto scarso. Le case situate all’interno dei vicoli stretti tortuosi e fangosi erano delimitate da muri in ciottoli e fango molto sottili, quindi poco resistenti, ed erano senza finestre. La casa tradizionale aveva una struttura modesta. Nella parte centrale c’era un cortile dal quale prendevano luce le varie stanze. Talvolta era su due piani e al secondo piano dello stabile vi si trovava un appartamento riservato alle donne, il gineceo, al quale si accedeva mediante una scala di legno. Le donne fin da piccole venivano, infatti, abituate a vivere nel loro spazio e non potevano recarsi nei luoghi destinati agli uomini, gli androcei. Le case delle famiglie più benestanti al loro ingresso avevano un guardiano (uno schiavo); un corridoio conduceva al cortile centrale aperto che dava luce ed aria alle stanze che vi si affacciavano, il cortile era circondato da portici. All’interno vi si trovavano sale da pranzo, di riunioni, la dispensa, la cucina, le camere da letto degli uomini e più isolate, separate e appartate, quelle delle donne. È probabile che nelle case più grandi ci fossero anche una cucina, una stanza da bagno, e una sala da pranzo solo per gli uomini. I servizi igienici non esistevano e si usavano i vasi oppure le strade. Nella cucina c’era un braciere per cucinare, e per l’illuminazione delle stanze si usavano delle torce. L’arredamento della casa, come già accennato, era essenziale, c’erano tavoli, sedie e sgabelli. Il letto vero e proprio era solo un bene dei più ricchi. Non c’erano armadi ma bauli dove si riponevano gli abiti. In epoca più tarda, quando si cominciarono ad apprezzare le comodità, la casa fu ulteriormente ampliata. Un secondo cortile venne aperto nella parte retrostante l’edificio. I cortili erano ornati da un elegante porticato a colonne detto "peristilio". 85 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Le finestre si aprivano sulla strada. Per questo le stanze erano spesso buie. Venivano illuminate con lampade a olio o con candele di cera e riscaldate con bracieri. Non è rimasto nulla, sino ad oggi pochi resti. I pasti venivano consumati sdraiati sul fianco sinistro e i cibi erano presentati su piccoli tavoli posti dinanzi ai letti. Non si usavano le stoviglie. Gli oggetti, come le coppe e gli strumenti musicali, dovevano essere appesi a chiodi infissi nelle pareti. Le coperte venivano conservate nelle cassapanche e i divani si trasformavano ogni sera. Gli schiavi dormivano di regola in terra e in cucina. Alle donne greche era permesso lasciare le loro case solo per periodi brevi di tempo, potevano però godere dell'aria aperta, nel riserbo, del loro cortile. Molta della vita famigliare era concentrata attorno al cortile. I greci antichi amavano i racconti e le favole. Una delle attività favorite era di raggrupparsi nel cortile per ascoltare queste storie, raccontate dalla madre o dal padre. Nel loro cortile, le donne greche si rilassavano, chiacchieravano, e cucivano. Nella bella stagione la maggior parte dei pasti erano consumati nel cortile. Gli attrezzi greci da cucina erano, infatti, leggeri e facili da spostare. Nelle giornate di sole le donne proteggevano all'ombra il biancore della loro pelle: la pelle candida era un segno di grande nobiltà e bellezza femminile. Solo gli uomini e le donne schiave potevano essere abbronzati, non le donne libere! LA CASA A “PASTAS” Più significativi per quel che concerne l’argomento dell’architettura ellenica sono, per esempio, le case dell’antica città di Olinto (430 a.C.) nella Calcide. Queste case, costruite secondo i più avanzati criteri dell’epoca, sono oggi tra le meglio conosciute grazie agli instancabili lavori dell’archeologo americano D. Robinson5 intrapresi tra il 1928 e il 1938. A Olinto, cinque case erano sempre allineate in schiera e due schiere, con complessivamente 10 case, formavano un isolato delle dimensioni di 120 x 300 piedi. Ogni casa occupava quindi un lotto di 60 x 60 piedi (17,2 x 17,2 metri). Le case, di solito, avevano un unico piano ed erano suddivise in una parte che dava al settentrione e l’altra al meridione. Nella parte meridionale c’era un cortile dal quale si accedeva ai singoli locali della casa. Sul lato nord del cortile era disposto il cosiddetto “pastas”, un loggiato o porticato, uno spazio coperto dove si potevano svolgere i lavori di casa, all’asciutto, quando pioveva e all’ombra quando, in estate, il sole bruciava. Questo tipo di casa, una tipologia che rivela un vero funzionalismo architettonico, segna un reale progresso rispetto alle primitive case delle epoche passate. Una semplice esperienza quotidiana è stata elevata a principio, quella cioè che vuole il lato sud di una casa migliore in quanto più soleggiato e riparato dai venti freddi provenienti dal quadrante settentrionale. Il cortile era molto importante come fonte di luce; infatti, tutti i locali ricevevano luce da questo ambiente. Le case greche, essendo chiuse verso l’esterno, presentavano quasi solo le nude pareti. Le poche finestre verso la via, se c’erano, erano strette ed elevate rispetto al suolo per impedire ai ladri di penetrarvi dentro. Queste aperture servivano soprattutto per ventilare gli ambienti. Così, le stanze, che non potevano ricevere luce dall’esterno, ma solo 86 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA attraverso il cortile, rimanevano quindi relativamente buie. La grandezza dei cortili delle case di Olinto varia enormemente e va dai 10-15 m2 fino ai 100 m2, occupando tra il 3 e il 34 percento dell’area di un lotto. Il pavimento poteva essere costituito da un selciato, anche se alcune case avevano un pavimento di cemento ricoperto da mosaici. I cortili avevano anche un drenaggio che scaricava l’acqua piovana sulla via, mentre alcune case erano provviste di una cisterna, altre ancora di orci (pithoi), per raccogliervi l’acqua piovana. Il lato nord del cortile era occupato dal porticato, il “pastas”, dal quale si accedeva ad alcune stanze, alla cucina e al bagno. Il tetto del porticato poggiava su pilastri o colonne. Ad un lato, e talvolta anche su ambedue i lati del porticato, trovava posto un piccolo locale di servizio. La tipologia architettonica delle case Pianta schematica di una casa di Olinto – Olinto. Isolato con 10 case unifamiliari di Olinto non conosce un ambiente principale, come, per esempio, il “prostas” delle case di Priene o l’atrio della casa romana. L’organizzazione dei locali non conosce una gerarchia. La parte sud, se orientata verso la via, ospitava un locale di lavoro, per esempio, un laboratorio o un negozio – e l’”androne”, l’ambiente dove li uomini pranzavano e dove si tenevano i banchetti con gli amici. Pianta schematica di una casa a pastas di Olinto (da N. Cahill) Olinto. Isolato con 10 case unifamiliari 87 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA LA CASA A “PROSTAS” Un altro tipo di casa è quello a “prostas”. Questa tipologia è caratteristica per la città di Priene, in Asia Minore, e riunisce due elementi architettonici: il megaron e il cortile, molto comuni in tutta l’area mediterranea. Una casa a “prostas” si articola in tre parti: il megaron, la vera e propria casa abitativa a due piani, un cortile centrale e un altro corpo edilizio con i locali di lavoro, come per esempio le botteghe ed i laboratori. Alla casa si accedeva dalla via, passando per una porta d’ingresso un po’ rientrante e uno stretto corridoio coperto o un passaggio, coperto o aperto, che sboccava nel cortile a forma quadrata o rettangolare. Sul lato nord del cortile si ergeva il megaron a due piani, il corpo principale della casa. Al piano terra del megaron si trovava, con l’oikos, il locale più importante della casa con davanti una veranda, detta prostas (da cui prende nome la tipologia). Adiacente all’oikos, c’era l’andron, la stanza destinata agli uomini con tre banchine disposte a formare una U. L’andron si usava principalmente per i banchetti. Dall’oikos, una ripida scala portava al primo piano dove c’era la stanza delle donne (thalamos). Così come davanti all’oikos si trovava la veranda, davanti al thalamos c’era una loggia retta da una colonna. La disposizione architettonica del megaron orientato verso il cortile e aperto verso sud, è tipico per la città di Priene e metteva in risalto l’importanza di questo corpo. Il megaron, un ampio locale a pianta rettangolare è una forma architettonica molto antica, già presente in epoca micenea (età del bronzo) e a Troia. Nelle case appena descritte abitavano non solo le famiglie agiate, ma anche gente di più modeste condizioni. Oltre che a Priene, questo tipo di casa è presente anche a Colophon. Nel primo periodo ellenistico, anche Colophon era una città molto prospera, con case organizzate secondo criteri simili a quelli di Priene, ma gli isolati non avevano la stessa regolarità come a Priene e la casa “a prostas” non era sviluppata così chiaramente come nelle case di Priene. Casa “Prostas” 88 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Pianta di Priene Ricostruzione di Priene e particolare di un isolato 89 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Vi sono due elementi architettonici che ci consentono di considerare” solari” le due tipologie di queste antiche case greche appena presentate: il cortile e la veranda (pastas o prostas) esposti verso sud. I due elementi hanno aumentato notevolmente il comfort delle case. - Casa con megaron a prostas Grazie al cortile, la casa riceveva abbastanza luce e sole anche in inverno e la veranda coperta non era solo un luogo riparato dai venti e dalla pioggia, ma anche un luogo che, in estate, offriva ombra e frescura. In inverno, il sole basso poteva arrivare fin nella profondità della veranda e riscaldare la parete della casa, mentre in estate, quando la posizione del sole era alta, la tettoia e la loggia al primo piano, conferiva ombra. Secondo Demostene, ad Atene, le prime case con cortile porticato furono costruite verso la metà del IV secolo in periferia. In confronto alle vecchie abitazioni della città, buie e strette, le case costruite in periferia e nelle nuove città “ippodamiche” erano molto luminose e spaziose.. Nonostante la presenza di un ampio cortile, le stanze delle case erano piuttosto buie, perché, a causa dell’assenza di finestre, la luce poteva penetrare solo attraverso le porte aperte. Casa con megaron a prostas 90 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Pianta e sezione di una casa a “prostas” di Priene Nell’Italia meridionale, a partire dal sec. VIII° a.C. si insediarono delle popolazioni provenienti dalla Grecia. Questi greci mantennero la tecnica costruttiva delle loro case, di forma quadrata. I coloni costruivano la case con mattoni di terra cruda, introducendo per il tetto i coppi. Le pareti esterne erano semplici muri senza finestre. La Polis di Morgantina 91 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA CROTONE prima partizione urbanistica della città greca perfettamente orientata N-S Si riporta quanto scrive Ernesto De Miro sull’architettura dom estica del mondo Greco: MONDO GRECO Ernesto De Miro eminente studioso di archeologia greca e romana nell'ambito del Mediterraneo, laureato presso l'Università degli Studi di Catania, allievo della Scuola di Archeologia italiana di Atene, scrive: 92 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA Non è senza significato che a Creta, dove la persistenza della civiltà minoico-micenea si fa sentire sin dentro il periodo geometrico-orientalizzante, è possibile cogliere forme complesse e definibili di abitazione già in epoca così antica. Dopo la fine del mondo miceneo, nel quadro di un nuovo assetto territoriale, siti e città del Protogeometrico (900- 810 a.C.), del Geometrico (810-700 a.C.) e dell'Orientalizzante (700-600 a.C.) si stabilirono sopra o in prossimità di insediamenti minoici. PERIODO GEOMETRICO Karphì, un insediamento risalente al Tardo Minoico IIIC, offre nell'organizzazione urbana, sino alla fine del X sec. a.C., una chiara testimonianza del sovrapporsi e del giustapporsi delle culture minoica e geometrica. È evidente il passaggio da un'urbanistica "agglutinante" di tradizione minoica ad un'urbanistica più recente, di concezione "geometrica" nella disposizione e nell'allineamento degli edifici, nella chiarezza planimetrica, nella rigorosa ortogonalità dei muri dei singoli ambienti, che determinano sia il tipo a semplice oikos rettangolare sia il tipo ad ante di lontana ascendenza elladica. Molto vicino al settore orientale di Karphì nella sua concezione è il complesso geometrico di Kavousi, piccolo insediamento montuoso di età protogeometrica e geometrica dominante l'istmo di Hierapetra, in cui sono stati messi in luce ambienti rettangolari del tipo long-house, Breithaus e oikos semplice, dei quali restano i muri di fondazione in pietre irregolari legate con argilla. Il continente greco e le isole egee offrono esempi di non sempre facile lettura. Accanto ai più comuni edifici a pianta rettangolare sono attestati edifici con andamento curvilineo in età protogeometrica, come a Nichoria, in Messenia (X-IX sec. a.C.), ad Antissa (X-VIII sec. a.C.) o a Lefkandì, in Eubea (X-IX sec. a.C.). In età geometrica domina l'edificio rettangolare più o meno allungato, ad oikos o ad ante. Abitazioni a pianta rettangolare allungata con un complesso a più ambienti quadrati disposti intorno ad un cortile sono conosciute a Tsikkolario, nell'isola di Nasso, mentre sull'isola di Donoussa, sede di una colonia commerciale greco-orientale, diverse piccole case di uno o due ambienti hanno restituito ceramica del Geometrico medio. Ad Emporion, nell'isola di Chio, gli edifici abitativi sono caratterizzati dalla presenza del vestibolo e dalla bipartizione interna con colonne, come, in particolare, nel cosiddetto Megaron Hall, di notevoli dimensioni, nel quale è stato riconosciuto il palazzo del monarca di questo piccolo centro. A Zagora, nell'isola di Andros, sul modesto abitato domina la casa con pianta ad H fornita di due cortili, probabilmente il palazzo del signore. Ad Atene, in una zona compresa tra l'Areopago e l'Agorà, una casa a pianta ovale (11 × 5 m) databile entro il IX sec. a.C. sembra essere stata, nel corso del VII sec. a.C., trasformata in edificio sacro, secondo quanto indica un ricco deposito votivo, per il quale si è proposta l'identificazione con l'heroon di Akademos. Il sito di Latouresa può essere considerato un esempio dell'organizzazione di una piccola comunità attica tardogeometrica. L'area abitata, cinta da un muro spesso 1,5 m che si estende per 210 m con un'altezza massima di 1,5 m, comprende 24 piccole case e un santuario. Le case sono di forma curvilinea o a forma di oikos e di megaron; un'area libera a 93 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA settentrione è dominata da una costruzione circolare (l'Edificio VIII) detta tholos, di carattere probabilmente sacro, e da un complesso asimmetrico di quattro vani, detto anaktoron, composto da un oikos rettangolare, da un vano absidato, da un piccolo locale rotondo e da un vano semicircolare aperto verso sud che potrebbe essere la residenza del capo (Lauter 1985). Il maggior numero di abitazioni (le case XIIIXXIV), con pianta curvilinea o rettangolare, fornite di banchina, si trova nella zona a sud. PERIODO ARCAICO In questo periodo, in cui l'architettura domestica appare defilata in un panorama dove domina quella sacra e pubblica, emerge con particolare spicco il tipo di casa a pastàs di cui precedenti significativi si possono cogliere a Thorikos. Particolarmente interessante, anche dal punto di vista dell'organizzazione urbanistica, è l'impianto di Egina con abitazioni connesse con il santuario; sulle vie di accesso si trovava un gruppo di tre case orientate in senso nord-sud e formate da due stanze affiancate e aperte sul vestibolo trasversale (pastàs). Simile risulta la Casa dei Sacerdoti a Delfi, posta entro il recinto del santuario di Marmarià, quasi annessa al tempio di Atena e anch'essa composta da due stanze aperte su un corridoio. Questa struttura di base appare più articolata in Attica, nella Casa dei Sacerdoti del demo di Vouliagmeni, presso il temenos di Apollo Zoster. DAL V SEC. A.C. ALL'ELLENISMO Con l'età classica aumentano sia le testimonianze letterarie che la documentazione archeologica sull'edilizia privata in Grecia. La grande semplicità e modestia delle abitazioni intorno all'Acropoli di Atene trova testimonianza in Senofonte (Mem., III, 6, 14), dove si menzionano le 10.000 case che affollavano la città, nonché in un frammento più tardo di Eraclide Critico, che descrive le strade strette e tortuose, le case vili e scomode, indegne della famosa polis degli Ateniesi (FHG, II, p. 264). Al contrario, la descrizione platonica della grande e ricca casa di Callia al Pireo (Prot., 310b-c; 314-316b) e l'orazione di Lisia per l'uccisione di Eratostene (I, 9-14), con la descrizione più precisa della casa di Eufileto (I, 22-24), offrono la possibilità di ricostruire rispettivamente l'abitazione urbana propria della ricca aristocrazia e quella della borghesia ateniese tra V e IV sec. a.C. Le scoperte archeologiche attestano la fortuna in questo periodo della casa a pastàs accanto a quella comune con cortile centrale. Sono meglio conosciute le abitazioni di Atene e le case di campagna dell'Attica. Per le prime, citiamo le case scoperte nel distretto dei marmorari nel quartiere di Melite, lungo la strada dell'Areopago, tra quest'ultimo e la collina della Pnice. Qui si distinguono in particolare due abitazioni (dette C e D) della seconda metà del V sec. a.C., di cui una grande di dieci ambienti, con cortile centrale, ampliata nel IV sec. a.C. con un impianto artigianale. Nel V sec. a.C. ad Atene la casa a pastàs è la tipologia che caratterizza l'abitazione di prestigio, sia la "casa sacra" sia la casa di campagna preferita dalla ricca aristocrazia ateniese. Nel primo caso la testimonianza è fornita dall'edificio delle Arrephorai, lungo il muro settentrionale dell'Acropoli; nel 94 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA secondo caso da due fattorie oggetto di scavi rigorosi: la Dema House e la fattoria di Vari, a carattere più residenziale che di installazione agricola. La Dema House, al centro di un esteso e fertile podere 12 km a nord-ovest di Atene, fu in uso nel penultimo decennio del secolo. Di notevoli dimensioni (22 × 16 m), è articolata su due piani, di cui quello inferiore comprende cinque stanze aperte sul portico colonnato della pastàs. La fattoria di Vari, il cui impianto risale al VI sec. a.C., con caratteri spiccatamente residenziali nel V sec. a.C. e produttivi nel IV sec. a.C., si trova nell'Attica meridionale, nell'antico demo di Anagyrous. Di dimensioni più contenute (17 × 13 m) e mancante del piano superiore, si direbbe di struttura semplificata, se non fosse per la doppia pastàs disposta sui due lati nord e sud e per la torre a due piani ricostruibile all'angolo sud-occidentale dell'edificio. Le nostre conoscenze sarebbero state maggiori se lo sviluppo urbanistico della città moderna non avesse impedito l'esplorazione del Pireo, dove comunque è ancora possibile riconoscere l'impianto ippodameo. Olinto, nella Calcidica, rappresenta una testimonianza eccezionale dell'organizzazione urbana di una città classica durante il volgere di appena tre generazioni, dalla ricostruzione sulla collina settentrionale nel 432 a.C. ad opera del re macedone Perdicca alla distruzione della città nel 348 a.C. per mano di Filippo II di Macedonia. La città in età arcaica occupava il limitato terrazzo (6 ha) della collinetta meridionale con un'embrionale organizzazione urbanistica; si estese quindi ad occupare, all'interno di un nuovo circuito murario, la collina settentrionale. Dopo la fine del V sec. a.C., con l'aumento della popolazione (da 7000 a 10.000 abitanti), la città si ampliò ulteriormente verso est, con un quartiere al di fuori delle mura. La casa tipo di Olinto, generalmente a pianta quadrata con lato di 17 m circa, comprende la stanza di soggiorno (oikos) con annessi il bagno e la cucina, l'andròn con anticamera, diverse stanze minori, una bottega con ingresso indipendente e, in particolare, un cortile con corridoio trasversale sul fondo (pastàs) con annessa una piccola camera, forse da identificare come locale per le provviste (tameion). Vi sono tre varianti, definite in base alla posizione dell'andròn: le case della parte meridionale dell'insula hanno l'andròn posizionato a sud come il cortile centrale, a cui si perviene attraverso uno stretto vestibolo; le case del settore nord dell'isolato presentano l'andròn a settentrione e il cortile accessibile dal lato opposto attraverso un corridoio chiuso; le case d'angolo hanno invece l'andròn alla testata e il cortile nelle due disposizioni. Presso l'angolo sud-occidentale del cortile si trova l'imposta della scala per il piano superiore, esteso su tre lati. Altro tratto caratteristico delle case di Olinto è un unico accesso dalla strada nel cortile, mentre in quelle più tarde si riscontrano accessi separati. Le ville suburbane presentano un impianto più complesso e ricco, adatto a soddisfare le esigenze utilitaristiche e residenziali, come è il caso della Villa dei Commedianti e della Villa della Buona Fortuna. Quest'ultima, a due piani, è composta da nove camere che si aprono sul cortile, monumentalizzato a peristilio, con una variante della pastàs che avrà fortuna in età ellenistica e romana; nella Casa dei Commercianti appare per la prima volta adottata la soluzione dell'impluvio mosaicato al centro del peristilio. Altro esempio di organizzazione urbana di età classica, per più aspetti vicina ad Olinto, è dato da Kassope, nell'Epiro. 95 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA La prima organizzazione della città si può cogliere alla fine del V sec. a.C., con uno sviluppo nel IV sec. a.C. e una storia che continua nel periodo ellenistico- romano sino ad Augusto. Città medio-grande, era percorsa da 2 plateiai est-ovest e da 15 stenopoi nord-sud che determinano isolati di diversa lunghezza e larghi in media 30 m, contenenti complessivamente circa 500 case organizzate in insulae con coppie di abitazioni separate da ambitus, accesso diretto dalla strada sul cortile, su cui si aprono l'andròn all'angolo nord-ovest o sud-est e un oikos con focolare. Le abitazioni di Colofone ricalcano le case di Olinto, ma con tratti propri talora più rispondenti ad un abitato rustico. Sul pendio di una delle colline della città è stato scoperto un quartiere di case alle spalle della grande stoà angolare, che bordava due lati dell'agorà. Per la conoscenza della casa ellenistica punto di partenza è stato per lungo tempo la descrizione di Vitruvio (VI, 7), su cui A. Rumpf (1935) si basò per la sua nota lettura e restituzione delle case che componevano l'isolato della Maison des Masques di Delo. In verità la casa vitruviana non sempre regge al riscontro archeologico, anche recente, delle varie testimonianze sparse nel bacino del Mediterraneo, dalla Sicilia all'Asia Minore. Generalmente la casa ellenistica appare caratterizzata da una tendenza allo sviluppo orizzontale e dall'articolazione in tre distinti settori: a) gynaikonitis, con aulè centrale e pastàs o prostàs, oecus fiancheggiato dalle camere del thalamos e amphithalamos nella parte settentrionale, con altre stanze minori intorno al resto del cortile; b) andronitis, quartiere residenziale privilegiato, con peristilio colonnato e andròn a settentrione; c) hospitalia annessi ai lati dei settori principali della casa. A Delo il nuovo piano urbanistico, databile tra il 166 e il 69 a.C., presenta caratteri che sono stati definiti "anti-ippodamei", con le case distribuite in insulae, ma senza un vero reticolato di strade, generalmente strette, impervie anche se lastricate. La casa tipo presenta una struttura quadrata a due piani, che nelle abitazioni maggiori copre una superficie di 600 m², pertanto superiore a quella della casa tipo del periodo classico (200-300 m²), ed è caratterizzata dalla presenza del peristilio. Un esempio a parte è offerto dall'isolato della Maison des Comédiens, presso il quartiere nord della città, insolitamente regolarizzato. La attigua Maison aux Frontons, ristretta e a sviluppo verticale con pyrgos (torre), è stata riconosciuta come alloggio annesso riservato agli ospiti (hospitalia). Ben diverso è il caso di Priene nella Caria, esempio modello di città ippodamea medio-grande del tardo periodo classico; gli isolati comprendono due serie di quattro lotti lunghi e stretti, orientati nord-sud. La casa tipo di Priene presenta al centro un cortile quadrato con accesso diretto (o mediante un vestibolo) dalla strada, a nord del quale sono le stanze principali con oikos preceduto da prostàs (vestibolo) a nord-est e andròn a sud-est, mentre a sud sono i locali di deposito e di bottega con accesso indipendente. L'OCCIDENTE GRECO La conoscenza delle abitazioni in Magna Grecia è piuttosto limitata, nonostante le recenti ricerche. Il modello è pur sempre quello greco, sin dal periodo altoarcaico. I più antichi esempi di edilizia privata, databili nella seconda metà dell'VIII sec. a.C., sono quelli messi in luce nell'Isola di Ischia (Pithecusa) in località Mazzola, con i resti 96 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA di un complesso artigianale fatto di piccole stanze rettangolari e absidate, in una delle quali è stato identificato il thalamos. Tra la fine del VII e il VI sec. a.C. la colonia achea di Sibari, in località Stombi (su cui non si sono sovrapposte le strutture di Thurii), presenta un quartiere periferico, abitativo e artigianale, disposto in modo regolare. Qui si distingue una costruzione rettangolare (8 × 15 m) con un largo spazio libero a L su cui si aprono due stanze, l'una quadrata, l'altra rettangolare di dimensioni minori. Un discorso più organico può farsi per le case di età ellenistica, per quanto attiene all'organizzazione urbanistica, all'articolazione degli isolati in lotti e alla loro struttura interna. A Locri, in località Centocamere, esterna alla città vera e propria, le case sono generalmente semplici, di carattere abitativo- artigianale, con dimensioni che variano dai 120 ai 220 m², con gli ambienti disposti intorno ad un cortile; quest'ultimo ha forma ora rettangolare, ora quadrangolare, ora a L. Accanto alle case di tipo più semplice, si conta l'esempio più complesso e ricco della Casa dei Leoni, di 400 m², che ripropone la tipologia planimetrica della casa a pastàs, con l'ampio loggiato rettangolare che collegava il cortile alla parte abitativa settentrionale, in cui spicca un ambiente identificabile con l'andròn. Altri esempi ci vengono da Caulonia, dall'impianto regolare con una serie di isolati stretti e allungati, comprendenti sei lotti per ciascuna delle due metà divise da un ambitus; qui le case hanno la pastàs ad ovest anziché a sud, in rispondenza all'orientamento degli isolati. Meglio conosciuta è la casa greca in Sicilia, grazie a scavi che hanno sistematicamente affrontato tale specifico aspetto archeologico. Le testimonianze più antiche, dell'VIII sec. a.C., vengono da Megara Hyblaea, da Siracusa e da Eloro. Le abitazioni di Megara, nel quartiere dell'agorà arcaica, sono in genere composte da un singolo vano quadrangolare con focolare interno, aperto su uno spazio libero a sud; a questo, nel VII sec. a.C., si aggiunse un altro vano allineato sulla strada. Lo spazio su cui insistono le case ed alcuni piccoli ambienti annessi è delimitato dal recinto del lotto (120 m² ca.). Case quadrangolari, allineate secondo l'orientamento della strada e inserite in un isolato largo 25 m, sono venute alla luce a Siracusa, nel primo impianto coloniale di Ortigia; analoga situazione è stata riscontrata nelle fondazioni siracusane di Eloro e di Casmene. Nel VI sec. a.C. è documentato uno sviluppo dell'unità edilizia articolata in due o più vani che si affacciano su un corridoio trasversale, secondo una tipologia embrionale della pastàs riscontrata anche in Magna Grecia; così a Megara, a Naxos, a Selinunte (contrada Manuzza), a Monte San Mauro di Caltagirone. Per le case del V sec. a.C. non disponiamo di testimonianze monumentali di edifici di lusso, come indicherebbero le fonti letterarie a proposito di Siracusa e di Agrigento. Nella zona centrale di Naxos, in prossimità della Plateia A, gli isolati attestati sulle strade principali risultano divisi in quattro settori nel senso della lunghezza, ognuno dei quali comprendeva 12 lotti di 9 × 12 m ciascuno (48 unità abitative per ogni isolato). Le case sono modeste e presentano uno schema con articolato cortile di accesso dalla strada e stanze laterali che vi si affacciano. Di particolare interesse un'abitazione dell'isolato C4, di 180 m², in cui si individuano due cortili, l'uno interno confinante con l'ambitus, l'altro con accesso diretto dalla strada, sul quale si aprivano attraverso la pastàs gli ambienti a nord, mentre ai lati sono state 97 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA identificate stanze di riunione e di banchetto. A Gela nell'organizzazione urbana dell'acropoli si individuano settori di isolato e strutture abitative. Le case presentano un particolare vano-recinto rettangolare, periferico e a contatto con la casa attigua, nonché un cortile a L lungo due muri perimetrali. Ad Agrigento gli esempi più notevoli di questo periodo sono attestati nel settore ovest della Collina dei Templi, nella zona sacra compresa tra il tempio di Zeus e il santuario delle divinità ctonie. Le abitazioni, evidentemente legate al funzionamento stesso dei santuari, presentano il vano bottega all'angolo, il cortile a L e vani maggiori a nord che si affacciano sul corridoio-pastàs. A Imera, dove l'impianto urbano datato dopo il 480 a.C. è formato da lunghi isolati in senso est-ovest divisi in due settori, si hanno prevalentemente case quadrate di 16 m di lato, con una dislocazione del cortile interno ora al centro, ora spostato verso la parte più interna dell'abitazione, presso l'ambitus. È completamente assente l'articolazione strutturale del loggiato-pastàs. Un esempio di continuità della casa di tipo classico nel periodo ellenistico del IV-III sec. a.C. viene da Agrigento, dallo scavo sulle pendici dell'acropoli in prossimità di Porta II. L'architettura domestica nel periodo ellenistico in Sicilia si può esemplificare come compresa tra due poli: Eraclea, colonia selinuntina, e Morgantina, centro interno nella valle del Dittaino. Questi, per differente situazione socioeconomica e politica, diversamente rispondono alle sollecitazioni della cultura ellenistica con manifestazioni architettonicamente significative o con soluzioni planimetrico-distributive scarnificate e meno permeate di tale cultura. A Morgantina, dopo la distruzione dell'abitato arcaico ad opera di Ducezio nel 459 a.C., la città venne ricostruita nella seconda metà del IV sec. a.C. con un regolare piano urbanistico. Nelle case è costante una struttura chiusa con distribuzione interna dei vani intorno ad uno spazio libero centrale, piccolo atrio, cortile o peristilio, a cui si accede dalla strada mediante uno stretto passaggio o vestibolo. Le case di impianto più antico, risalenti al IV-III sec. a.C., lasciano riconoscere, pur attraverso le modifiche successive, una struttura con cortile e pastàs a nord (Casa delle Monete d'Oro, Casa Pappalardo, Casa del Magistrato, Casa della Cisterna ad Arco). Nel III sec. a.C. predominante è la casa con peristilio, di cui l'esempio più noto è la Casa di Ganimede. È da osservare che anche a Morgantina si può assistere all'evoluzione della casa a pastàs nella casa a peristilio. Assai vicino all'esempio di Morgantina, nel contesto della penetrazione della cultura greca, è il centro indigeno di Monte Iato nella Sicilia occidentale, l'antica Iaitas. Tra importanti costruzioni di tipo greco, eccelle la cosiddetta Casa con Peristilio a Colonne, un'imponente costruzione a due piani con numerosi e vasti ambienti intorno al cortile, delimitato da un peristilio a doppio ordine, uno per ciascuno dei piani della casa. Le case di Eraclea Minoa del IV-III sec. a.C. hanno invece struttura semplice e compatta, con ambienti che gravitano intorno ad un atriolo o cortile centrale, con vano bottega all'angolo e talora con ambienti meglio decorati al piano superiore. Nel periodo tra la prima e la seconda guerra punica il lessico delle forme architettoniche offerto in Sicilia appare segnato anche nelle abitazioni da complesse influenze ellenistiche e italiche, a cui non rimarrà estranea l'esperienza formale di Roma. 98 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA A chiusura di quanto esposto e trascritto sulla casa greca, si fa un riferimento alla città greca (POLIS) ed alla sua struttura: POLIS : Comunità che deriva dall’unione di più villaggi. STRUTTURA DELLA POLIS: La città: è formata dalle abitazioni, dalle botteghe, dalla piazza (agorà), dalla parte alta dove ci sono i templi e gli edifici della pubblica amministrazione (acropoli); Il territorio: (kora) è il terreno coltivato diviso in fattorie e pascoli; I cittadini: sono coloro che partecipano alla vita politica, dalla quale sono esclusi schiavi, donne e stranieri. Aspetti caratterizzanti delle polis Ogni polis ha governo proprio, leggi proprie, moneta propria, divinità proprie e proprio esercito; Ogni polis era un piccolo stato autonomo ed autosufficiente; I cittadini delle polis appartengono allo stesso popolo, hanno la stessa lingua e la stessa cultura. Anche la colonia greca era una Polis indipendente, simile a quella di origine, che spesso diventava una grande potenza economica. La grande colonizzazione greca, si diffuse sulle coste del Mar Nero e dell’Italia Meridionale (Magna Grecia). IL LORO ALFABETO: 99 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio RISPARMIO ENERGETICO, SOSTENIBILITA’ E SALUBRITA’, VENTILAZIONE; RESPONSABILITA’ CIVILI E PENALI; L’ABITAZIONE NELL’ANTICA GRECIA 100 Gruppo di lavoro: Baima Beuc Silvia, Bettinelli Fulvio, Chiavazza Luca, Ferro Giovanni, Teta Antonio