Ho la fortuna di fare un lavoro che consiste nello studiare, nell’eseguire e nel proporre musica. Inoltre mi considero una persona privilegiata proprio perché sono sempre a contatto con altri musicisti strumentisti, cantanti, compositori. Ma penso che chiunque si avventuri nel mondo dei suoni e abbia il desiderio e la posibilità di entrare in una sala da concerto e di sedersi insieme agli altri, diventi un privilegiato. E allora, poichè considero la musica un patrimonio sociale di inestimabile valore, guardo con molta simpatia e con vivo interesse tutto ciò che contribuisce a diffonderla. Credo che la società sarà migliore quando si riuscirà a diffondere la più ampia e la più qualificata cultura presso il maggior numero possibile di persone. La musica, poi, fra le arti, è quella che forse riesce più di tutte a conciliare spontaneamente la gioia di conoscere e l’impegno, l’intuito e la consapevolezza. Questa sua grande capacità, non solo di comunicare ma anche di unire e aggregare, la rende unica e insostituibile. Esistono paesi europei dove il Zusammenmusizieren, il “far musica insieme”, è un fatto diffuso, che avviene, nelle scuole, fin da bambini. Nazioni che vedono fiorire, in ogni quartiere cittadino e in ogni più piccolo paese della campagna, cori, gruppi strumentali, bande. Nelle quali si partecipa alle iniziative culturali come norma e non come eccezione. E dove, infine, non conta solo il grande evento, ma il concerto del famoso direttore o interprete è solo un momento di un più vasto tessuto di partecipazione. E tutto questo, si sa, può avvenire se si comincia dall’infanzia. In Italia, si parla da sempre della funzione formativa che la musica potrebbe e dovrebbe avere nella scuola, fin dai primissimi anni. Ma, di fatto, si fa ben poco, e questo poco è quasi sempre affidato alla buona volontà dei singoli insegnanti e operatori. Vero è che negli ultimi decenni, almeno sulla carta, è stato dato più spazio all’insegnamento della musica nelle scuole medie inferiori e, ultimamente, anche nella scuola elementare. Ma restano dei vuoti gravissimi, che si sentono anche e soprattuto nei primi anni dell’apprendimento, là dove le radici di una attiva musicalità potrebbero attecchire con naturalezza e nella scuola media superiore, dove la musica viene ignorata come non facesse parte della cultura. Anche in campo editoriale, l’Italia purtroppo si rivela poco attiva, e lo dimostrano gli scarsi titoli di testi a soggetto musicale destinati all’infanzia. Qualcosa, però, si sta muovendo e mi auguro che l’iniziativa di una mostra dedicata all’editoria musicale per i giovanissimi attiri l’attenzione non solo degli editori, ma anche di tutti coloro, organizzatori, insegnanti, uomini politici, giornalisti, che hanno il dovere – e spero il piacere – di contribuire a diffondere la musica presso i ragazzi. Che questa iniziativa sia nata a Bologna non mi stupisce, perchè spesso mi è capitato di sottolineare lo spirito di iniziativa e l’impegno che la regione Emilia-Romagna e le sue città rivolgono al mondo della cultura in tutti i suoi aspetti . In un luogo, quindi, che considero particolarmente propizio, vedo incontrarsi due universi quanto mai vicini, quello dei suoni e quello dell’infanzia. Tutelarne i diritti e fonderne il più possibile l’energia creativa, la fantasia e la grande carica costruttiva mi sembra un importantissimo obiettivo. Si dice che i ragazzi leggono poco, che ascoltano passivamente la musica ma non ne conoscono i capolavori storici e non la praticano, che passano molte ore al giorno davanti allo schermo televisivo. Sfogliando i titoli del catalogo di questa mostra, penso che ci siano molte alternative allettanti per far crescere in modo aperto, creativo e intelligente i bambini. Si va dai romanzi che sfruttano le più antiche e sofisticate tecniche narrative per avventurarsi nel mondo dei musicisti, a vere e proprie guide all’ascolto che conciliano il divertimento con l’interesse. Poi ci sono i “classici”, come Pierino e il Lupo di Prokofiev, proposto in modo sempre nuovo, e Il flauto magico di Mozart, illustrato con intelligenza e originalità. Il linguaggio mozartiano è infatti un esempio meraviglioso e istruttivo del legame tra il lato semplice e immediato e quello più profond e nascosto del messaggio artistico. Tanto che la vicenda di Don Giovanni può essere letta come una storia avvincente, misteriosa e ricca di colpi di scena. Insomma, la lettura può condurre all’ascolto e all’esecuzione, il supporto delle immagini puo’ solleciare il contatto diretto con gli strumenti e la nascita di un interesse da coltivare nel corso di una vita. La musica dovrebbe diventare sempre meno sfera destinata a pochi intenditori. Penso quindi che questa mostra possa offrire lo spunto per unire la passione della musica e quella della lettura e per riflettere su un prezioso patrimonio che ci appartiene e che abbiamo il dovere di consegnare ai più giovani. Gli autori dei testi mettono giustamente in primo piano il punto di vista del bambino, che si fa protagonista di un universo ancora tutto da scoprire. Un’opportunità importante, quindi, perchè culture e generazioni diverse si incontrino a dialogare su un terreno comune. Claudio Abbado, Le parole e le note, catalogo della mostra.