RACCONTO “NON CI RESTA CHE ESSERCI” Personaggio: Infermiera Attori: paziente, moglie del paziente, medico e infermiera Setting: domicilio del paziente, camera da letto In un caldo mattino io e il medico ci rechiamo per una visita a domicilio da un paziente affetto da SLA costretto ad una ventilazione meccanica, è ancora non invasiva, perché lui rifiuta la tracheotomia. Durante il viaggio ripercorriamo le motivazioni di tale scelta ed io penso che se fossi nella sua situazione non so cosa farei. Sono tesa perché non so che cosa potrò trovarmi davanti, so che è giovane con figli poco più che maggiorenni (che vita ingiusta!), so che il suo corpo è stato aggredito velocemente dall’atrofia muscolare, so che non mangia molto, so che vuole finire di soffrire. So anche che negli ultimi due giorni ha avuto crisi respiratorie dove c’è voluto l’intervento del 118. Arriviamo e la moglie è contenta come se fosse arrivato il Messia. Io saluto e intanto osservo la casa, la famiglia, respiro l’aria di stanchezza e di tensione che aleggia per le stanze che attraversiamo prima di arrivare in quella dove c’è lui. Il mio compito è passivo in quel momento, è il medico che fa tutto, visita il paziente, gli parla, gli ripete le complicanze a cui può andare incontro se non fa la tracheo e io rimango lì a sentire e non sapere cosa pensare: è giusto o no che si lasci morire così? E io che devo dire o fare? La moglie mi guarda e sembra mi chieda di dirle qualcosa, ma io non riesco e poi che le dico? Che ha una bella casa? Che tra poco sarà vedova: peccato è una bellissima donna, vedrà che troverà qualcun altro….ma no che pensieri del cavolo e futili. Quindi mi tengo le mani giunte, strette tra loro e ascolto le parole del medico e penso: ma riuscirò mai un giorno a dire la cosa giusta al momento giusto nelle varie situazioni che mi si presenteranno? Ecco l’imprevedibile a farmi tornare con i pensieri per terra: il paziente smette di respirare, gira gli occhi indietro, il torace non si espande più, il medico sente il polso, non c’è, la moglie non capisce lo chiama, lo scuote…E io? Penso: ma adesso gli dobbiamo fare il BLS? Che faccio inizio e gli scopro il torace? No, rimango di pietra mentre penso a tutto questo e quando guardo il medico per capire cosa fare lui mi guarda facendomi capire di stare calma e ferma. Sì FERMA! Ma perché? Ma non facciamo nulla? Ma, ma… ecco ricomincia a respirare, è tornato con noi…c’è di nuovo polso, ricomincia a parlare… Ripartono i miei pensieri sempre senza proferire verbo: che senso ha tutto questo? E io che senso ho in tutto questo? Dopo aver chiamato il 118 e portato via il paziente alla volta dell’ospedale finalmente ci rimettiamo in macchina. Il medico mi parla ma la mia mente è occupata da mille domande, il senso della vita, della sofferenza, il perché della mia scelta di professione. Domande a cui non ho dato una risposta.