Il calcolo dell’incertezza di misura secondo le norme UNI EN ISO 20988: 2007 e VDI 4219:2009 Sandro Spezia – Kosmosnet, Maurizio Bettinelli – Kosmosnet, Claudio Bettinelli – Kosmosnet Nell’ambito delle misure alle emissioni, la valutazione dell’incertezza rappresenta sicuramente una sfida ad un tempo stimolante e impegnativa per il laboratorio. Nel particolare caso delle prove alle emissioni, si può fare riferimento, per quanto riguarda le attività di validazione e stima dell’incertezza di misura, al testo della norma UNI EN ISO 14956:2004 “Valutazione dell’idoneità di una procedura di misurazione per confronto con un’incertezza di misura richiesta” relativamente alle prove di analisi di qualità dell’aria (Nel campo di applicabilità si legge testualmente “La presente norma internazionale si applica alle procedure di misurazione il cui esito è una media nel tempo definite”). In questa norma viene descritto il percorso per la valutazione dell’idoneità di una procedura di misurazione, che prevede la definizione dell’incertezza richiesta, la concentrazione a cui questa incertezza deve essere calcolata e il tempo medio per il quale deve essere definita. Il percorso proposto per il calcolo e la verifica dell’incertezza ricalca quanto previsto dalle linee guida GUM (Guide to the expression of uncertainty in measurement, UNI CEI ENV 13005:2000) e Eurachem (Quantifying uncertainty in analytical measurement, 2nd ed., EURACHEM, 2000), come si può vedere anche dalla semplice elencazione dei capitoli della norma. • Definizione della funzione analitica • Identificazione delle fonti • Assegnazione delle fonti alle caratteristiche prestazionali • Definizione e misurazione delle condizioni di funzionamento • Quantificazione impatto delle caratteristiche prestazionali • Ripetibilità e riproducibilità • Incertezza di taratura • Instabilità/deriva • Selettività • Calcolo incertezza composta • Calcolo incertezza estesa. L’attività descritta, nel caso delle prove in campo, e in quelle alle emissioni in particolare, presenta tuttavia delle intrinseche ed oggettive difficoltà. In questo caso, infatti, oltre alle già note difficoltà insite nelle prove chimiche per la valutazione corretta di tutti i contributi all’incertezza composta di misura, si aggiungono ulteriori, specifiche problematiche che possiamo qui sintetizzare: - la difficoltà nel realizzare misure ripetute in condizioni di ripetibilità con conseguente bassa numerosità di dati sperimentali - la stabilità delle sorgenti che rende ancora più difficile l’ottenimento di dati di ripetibilità, a meno di essere dotati di più linee e più squadre di campionamento che possano operare contemporaneamente su camini opportunamente predisposti alo scopo - la presenza della fase di campionamento, effettuato in alcuni casi con strumentazione complessa, che rende ulteriormente complicata la valutazione dei diversi contributi dell’incertezza - l’impossibilità di reperire di campioni di riferimento rappresentativi dell’intero processo di misura (campionamento ed analisi) 1 - la carenza di circuiti interlaboratorio, per i diversi parametri chimico-fisici, consentano una verifica dell’accuratezza delle misure eseguite dai vari laboratori non ultimo, il fattore economico: la campagna di validazione, rappresenta infatti un costo significativo per il laboratorio, in termini di costo analitico, ore uomo per il campionamento, movimentazione materiali ecc. Nell’ottica di superare tali difficoltà, è stata pubblicata nel 2007 la norma ISO 20988, recepita poi a livello CEN e dall’Italia nel 2008 (UNI EN ISO 20988, dicembre 2008). In tale norma vengono ripresi alcuni concetti della ISO 14956:2004, con l’introduzione però di importanti novità. 1. Prima di tutto viene semplificato il percorso indicato dalla GUM passando da 8 a 5 passaggi (definizione del problema, analisi statistica, stime varianze e covarianze, valutazione parametri di incertezza, espressione finale) 2. Vengono definiti due approcci “diretto” e “indiretto” utilizzabili nell’attività di valutazione dell’incertezza di misura. Mentre con l’approccio indiretto le singole entità sono valutate separatamente, da una serie di osservazioni o da stime provenienti da risorse esterne; con l’approccio diretto le variazioni e gli errori delle misure sono valutate direttamente secondo una modalità definita “pooled” vale a dire mediante disegni sperimentali ad hoc che valutano differenti situazioni di misura. Nella norma vengono quindi presentate 8 diverse situazioni sperimentali attraverso le quali valutare i contributi di tipo A (vale a dire l’incertezza derivante da prove di ripetibilità) che rappresentano senz’altro, tra tutte le difficoltà sopra elencate, gli aspetti più complessi per il calcolo dell’incertezza da parte del laboratorio in questo particolare campo. Purtroppo non tutti i disegni sperimentali proposti sono facilmente riproducibili da parte del singolo laboratorio in quanto presuppongono o l’esistenza di campioni di riferimento (quindi un camino certificato) o l’esecuzione della medesima prova insieme ad altri laboratori nell’ambito di circuiti interlaboratorio. L’aspetto interessante è però quello che per ogni approccio vengono forniti ampie e dettagliate specificazioni sulle formule statistiche appropriate da utilizzare per ogni situazione nonché esaustivi esempi numerici. Tra tutti i disegni sperimentali riportati ve n’è uno sul quale vale la pena di soffermare la nostra attenzione ed è il caso “A6: misure in doppio con un identico sistema di misura”. In questo caso si prevede che il singolo laboratorio effettui una serie di misure in parallelo (servono quindi strumenti di tipologia adeguata, due squadre che operino indipendentemente e soprattutto camini equipaggiati con bocchelli di prelievo che permettano l’esecuzione di prove in parallelo). Le coppie di campioni così prodotte dovranno quindi essere analizzate dal laboratorio nel modo più indipendente possibile (la norma specifica di utilizzare due tarature distinte per ciascuna prova o di poter utilizzare una sola retta di taratura solo previa dimostrazione che il contributo dovuto alla taratura non superi il 5% del contributo dovuto alle prove di ripetibilità). Raccolta una serie di prove sufficienti (non meno di 20 coppie di dati) si potrà effettuare la valutazione statistica dei dati sperimentali calcolando lo scarto tipo “pooled” delle prove secondo la formula sottoriportata: ! ! ! ! !! ! ! !!!! ! !!!! ! !!! 2 In tal modo si arriva a definire una incertezza di ripetibilità (in termini assoluti) che avrà valore nel campo compreso tra il massimo e il minimo dei dati utilizzati per la valutazione statistica. Le altre componenti (di tipo B) dovranno poi essere valutate ed eventualmente aggiunte solo se significative (vale a dire qualora superassero la soglia del 5% dell’incertezza sopra calcolata). Un approccio come quello appena descritto, ancorché non del tutto semplicissimo apre le porte ad una notevole semplificazione, perché permette al laboratorio di partire nella stima dell’incertezza di misura con una serie preliminare di dati (ottenuti magari in sede di validazione del metodo) e poi di aggiornare il data-base durante la normale attività di routine andando in tal modo a definire sempre meglio le proprie incertezze. Un inconveniente del presente approccio è legato al fatto che il valore di scarto tipo calcolato è un valore assoluto, che, nel caso di un intervallo di valori estremamente ampio, potrebbe non essere realmente rappresentativo (in quanto troppo elevato) per le basse concentrazioni. Nel caso infatti di valori sperimentali distribuiti in un range di concentrazioni troppo ampio, risulta conveniente stratificare i valori in differenti pool statistici ed effettuare trattazioni separate. Dopo la pubblicazione della ISO 20988, a livello europeo si è provveduto ad ulteriori approfondimenti, ed è stata pubblicata nell’agosto 2009 la norma VDI 4219 “Determinazione dell’incertezza di misura mediante l’utilizzo di metodi di misura discontinua”. Tale norma riprende e sviluppa il caso specifico A6 della norma ISO 20988, arricchendolo di esempi numerici molto utili (ad es. appendice D per la valutazione dell’incertezza di misura mediante l’approccio indiretto della misura di polveri alle emissioni) e dettagliando ulteriormente la differenza tra l’approccio diretto e l’approccio indiretto. 3