LA COMMEDIA DI CANDIDO - RASSEGNA STAMPA
TUTTI CONTRO TUTTI NEL SECOLO DEI LUMI
di Michele Serra
Perché, nel bel mezzo del secolo dei Lumi, tutti vogliono trafugare il manoscritto del “Candido” di François Arouet, in arte
Voltaire? Che cosa contiene di così micidiale, quel libello, da levare il sonno ai preti, ai militari, e soprattutto a quell’altra
non meno efferata casta di potere che sono gli intellettuali?
E’ attorno a questa frenesia spionistica che Stefano Massini costruisce la sua esilarante trama. Serva di molti padroni,
l’attrice in disgrazia Augustine riesce a introdursi nelle pittoresche (e opposte) intimità di Voltaire e di Rousseau allo
scopo di impadronirsi dei sulfurei segreti del “Candido” battendo sul tempo la censura dei preti, l’infuriata malevolenza
dei militari e l’invidia schiumante degli scrittori rivali, terrorizzati dal presentimento che la fama di Voltaire possa
soverchiare la loro, e anzi – come fu all’epoca– l’avesse già soverchiata.
Augustine è un’intrigante di stampo goldoniano, nonché una femmina maestra di artifizi, ma è soprattutto la sola, sulla
scena, a sapere usare la recitazione a suo vantaggio, e consapevolmente. Lo stesso non può dirsi degli altri cervelli fini,
tutti maschi e tutti destinati alla gloria eterna (oltre a Voltaire e Rousseau, per far quadrare al meglio questa pochade
enciclopedica Massini chiama in causa anche Diderot e D’Alembert). Della loro recita essi paiono sostanzialmente le
inconsapevoli vittime, tanto devastante è il narcisismo che li anima: una selezione di “ego” ipertrofici, forse il solo Voltaire
in grado di incipriarselo settecentescamente, il suo ego, grazie all’antidoto dello humour. Maschi perdutamente dediti al
gioco stordente del successo, che li condanna alla parte più logora e incallita, quella di se stessi.
Non così Augustine, che recita per ingannare gli altri e mai se medesima, e si serve magistralmente dell’infantile
competizione “a chi ce l’ha più grosso” (il cervello: siamo pur sempre tra intellettuali) per vincere, alla fine, la sua partita.
E non solo la sua. Perché nel gran finale sarà proprio la sua sagacia a salvare Voltaire, e soprattutto il “Candido”, dal
maglio della censura.
Dalla commedia di Massini, dato il “Candido” come spunto, ci si potevano aspettare le dovute digressioni sull’ottusità
censoria del potere, e sul terrore che la libertà di spirito suscitava (e suscita) tra i tanti depositari di Verità. Di più e di
meglio – e un po’ a sorpresa – la storia di Augustine e dei suoi quattro “padroni” riesce a mettere in scena anche una
formidabile satira del mondo degli intellettuali di ogni epoca. Pur sempre primi depositari del sale della comprensione, e
dunque generatori di quei figli preziosi che sono il pensiero e lo spirito critico, quanti di essi spendono la maggior parte
delle energie nel tentativo di oscurarsi l’uno con l’altro? Perfino nel fiorire dei Lumi, ci racconta Massini, l’oscuramento
della fama altrui fu il cimento più urgente per i migliori spiriti d’Europa.
Sarà anche vero che la competizione è una delle anime della vita, ma se volete vedere uno dei vostri Eroi culturali, uno
dei vostri spiriti guida, dare il peggio di sé, e tradire senza vergogna uno qualsiasi dei suoi aurei precetti, sibilategli in un
orecchio il nome della star rivale. Vedrete l’Uomo farsi ometto, le menti più lucide annebbiarsi, le intenzioni più nobili
incanaglirsi.
Sarebbe stata perfino cinica, la storia raccontata da Massini, un divertente dissacrare miti, un allegro bestemmiare nel
Pantheon, non ci fosse Augustine. Solo lei, con la complicità delle altre femmine in scena, mogli, amanti e serventi dei
Quattro Superuomini che hanno cambiato il pensiero d’Europa, riesce a salvare il “Candido”, le sue parole forti e chiare
contro l’idiozia criminale del Potere e del Dogma. E’ la vitalità femminile di Augustine, è la sua innocente licenziosità, la
sua naturale scostumatezza a correre in soccorso della verità. Diciamo, semplicemente, la sua voglia di vivere. Gli
intellettuali, in quanto tali, non sempre sono in grado di prestare le dovute cure a ciò che hanno appena partorito. A
tagliare il cordone ombelicale a “Candido”, a nasconderselo in seno e a metterlo in salvo dagli Erode di turno, ad
ascoltarne i primi vagiti fino a che diventino parole adulte e riescano ad attraversare i secoli, è l’istinto femminile di
Augustine. Non è obbligatorio essere intellettuali per usare il cervello…
COM’È CANDIDA LA PICCOLO
di Osvaldo Guerrieri - La Stampa, giovedi 12 marzo 2009
Avrà pure qualche passaggio di comicità un po’ banalotta, ma La commedia di Candido di Stefano Massini è un gran bel
divertimento.
E’ un’archeo-pochade che ci porta fra i Lumi del Settecento e ci apre le dimore di Diderot, Rousseau, Voltaire, dopo di
che, satireggiando di fino, imbastisce una spy story tutta imbullonata sul romanzo che di quel secolo è il simbolo:
Candido. Tutti ne parlano, tutti lo temono, tutti vorrebbero impadronirsene, ma nessuno l’ha letto. Ed ecco Diderot,
preoccupato che il personaggio di Pangloss alluda a lui, mettere la fantesca Augustine sulle tracce del libro. Augustine è
stata attrice, è abile nei travestimenti, non le è difficile passare di casa in casa sotto mentite spoglie e arrivare
grandiosamente a Voltaire insieme con un militare e un gesuita che vorrebbero mettere le mani sul romanzo per darlo
alle fiamme. Candido sarà salvo grazie a una bugia (vera).
Il testo di Massini ha il punto di forza nella rappresentazione dei tre filosofi e dei loro tic, idiosincrasie, megalomanie.
Gustosissimo il vanitoso, sferzante modus vivendi di Voltaire. E la regia di Sergio Fantoni è deliziosamente impegnata a
farci vibrare sotto il naso quel Pantheon di bassezze, ipocondrie e super ego. Lo stesso impegno viene poi applicato al
gioco degli attori chiamati a dare eleganza alla materia “sporca” della farsa. A cominciare da Vittorio Viviani, la cui
albagia ingenua, da viveur napoletano, viene messa al servizio dei tre philosophes, e continuando con Ottavia Piccolo
nei panni di Augustine, forse il primo ruolo comico della sua carriera, che lei affronta con piglio infallibile. Da citare gli
altri: Massimiliano Giovanetti, Natalia Magni, Francesca Farcomeni, Alessandro Pazzi, Desirèe Giorgetti.
OTTAVIA PICCOLO, LA VERA AMICA DEI FILOSOFI. DIVERTE LA “COMMEDIA DI CANDIDO”, GRAZIE ANCHE
ALLA REGIA DI SERGIO FANTONI
di Roberto Canziani - IL PICCOLO, sabato 28 febbraio 2009
Qualche anno fa, era arrivata al Comunale con le ventate di una commedia spiritosa, in cui era protagonista assieme al filosofo
Diderot. Ottavia Piccolo è tornata adesso a Monfalcone. Ha cambiato ovviamante commedia, ma si è tenuta il filosofo. Anzi, ne
ha aggiunti altri tre stavolta. Accanto a Diderot, anche Voltaire, Rousseau e D’Alembert.“La commedia di Candido” è in nuovo,
divertentissimo lavoro teatrale, che fa davvero di Ottavia Piccolo …l’amica dei filosofi. Regista è Sergio Fantoni, a scrivere il
testo è stato il trentaquattrenne pluripremiato Stefano Massini. Approfittando del fatto che saranno presto 250 anni da quando
Voltaire scrisse “Candido” , un libro in cui il pensatore se la prendeva veramente con tutti – i colleghi filosofi, l’arroganza dei
militari, l’ipocrisia degli uomini di Chiesa – Massini si è divertito a inventare un congegno che porta in palcoscenico i maestri
francesi della filosofia del ‘700, a cominciare da un Diderot petulante e capzioso. Poco male, perché D’Alembert è un
avvinazzato che fa fatica a reggersi in piedi, Rousseau ha l’aspetto di uno spaventapasseri che da mesi non vede sapone e
Voltaire è un sofisticato Viveur, celebre soprattutto per le principesche colazioni.
A tutti loro fa visita una misteriosa dama. Ma con uno si finge cameriera, con l’altro è una medichessa, e al terzo si
presenta vestita da aristocratica.
Scopriremo che si tratta di un’attrice, ruolo nel quale la Piccolo infila una batteria di trovate che la rendono ancora più
simpatica di quanto naturalmente è. Sorpresa della serata sono le spassose caricature che Vittorio Viviani fa dei filosofi
convocati nella commedia, mettendoci dentro il sapore delle battute che furono di Totò, Eduardo o Dario Fo e
un’interpretazione a strascico, come Carlo Cecchi. Risate incalcolabili.
MESCHINERIE E FARSA ATTORNO AL “CANDIDO”. GRAN TEATRO CON OTTAVIA PICCOLO
di Mario Brandolin - MESSAGGERO VENETO, sabato 28 febbraio 2009
Non erano proprio dei campioni di ragionevolezza gli illuminati Padri dell’età dei lumi! Soggetti piuttosto alle meschinerie
dell’invidia, cedevolissimi alle mutevolezze dell’oscuro sentire, agli imprevisti dell’umor nero, rancorosi coi colleghi, gelosi
dei successi altrui e altre poco illuminate piacevolezze… Almeno così ce li racconta il giovane fiorentino Stefano Massini
nel suo ultimo lavoro teatrale, La commedia di Candido, per due sere al Teatro Comunale di Monfalcone.
La commedia, che spesso vira piacevolmente nei toni nei toni irriverenti e spassosi della farsa, si sviluppa come
“avventura teatrale di una gran dama, tre grandi e un libro, ( con tutto lo scompiglio che seguì)”, così il sottotitolo. La
dama è un’attrice in cerca di occupazione, i tre grandi sono Diderot, Rousseau e Voltaire, il libro è “Candido” di Voltaire.
Ed è proprio attorno a quest’ultimo, considerato tra i testi del ‘700 uno dei più attuali , moderni e “cattivi” per come tratta
la società del suo tempo, che si scatena il gioco scenico allestito da Massini con ironia e intelligenza, con buona dose di
scaltrezza e furbizia drammaturgica, assemblando il dato storico con l’invenzione più libera. Augustine, così la
protagonista, attrice un poco in disarmo, tenta di riciclarsi come cameriera in casa Diderot, che stressato dalla moglie
decide di licenziarla. Arriva però D’Alembert, piuttosto alticcio, che inquieta Diderot con la storia di un libro, “Candido”
appunto, nel quale ci sarebbe un gran mal dire di tutti, e dei filosofi in particolare. Copie di pagine del libro sarebbero
nelle mani di Rousseau, che, guarda caso, è ben conosciuto da Augustine, che dietro lauta ricompensa dei due
enciclopedisti si incarica di scoprire di più di questo pericoloso libello.
Arriva così a Ginevra da Rousseau, misantropo come pochi e come non mai, scopre quello che deve scoprire e già che
c’è si presenta da Voltaire, sotto spoglie di gran dama dei Lumi. Qui, alla fine, con un escamotage salverà proprio
Voltaire da sicura prigione, visto che il suo “Candido”, accusato di blasfemia e sovversivismo, non risparmia la religione
istituzioni come l’esercito. E in realtà per molto tempo, proprio a causa dello scandalo che il libro suscitò, Voltaire non lo
riconobbe come suo, ma di un tale “dottor Ralph tedesco”.
Ora lo spettacolo che il regista Fantoni ne ha tratto, nella luminosità di una scena semplice ed essenziale e nei costumi
fantasiosi e sgargianti di Gianluca Sbicca e Simone Valsecchi, si fa forte dell’interpretazione di una scatenata Ottavia
Piccolo, autoironica e assai divertita e perciò contagiosa e irresistibile, nel triplice ruolo di Augustine: ora serva
dispensatrice di saggezza popolaresca per Diderot, ora speziale trombone per le ipocondrie di Rousseau, ora
polposissima gran dama per lo snobismo di Voltaire e di quella di Vittorio Viviani, che dei tre grandi illuminati ci regala
belle caratterizzazioni, appoggiandosi a godibilissime invenzioni che rimandano all’arte comica di Eduardo, piuttosto che
alla maschera di Totò o alla svagatezza nevrotica di Carlo Cecchi. Con loro molto calorosamente applauditi dal pubblico,
anche Massimiliano Giovanetti, D’Alembert col naso rosso da ubriacone e gesuita che minaccia il rogo; Natalia Magni
che si triplica nelle vesti comprensibilmente agitate delle tre mogli; Alessandro Pazzi, un generale guerrafondaio di quelli
armiamoci e partite, e ancora nel ruolo di due pimpanti servette, quelle che sottraggono e fanno girare i fogli manoscritti
del “Candido”, Francesca Farcomeni e Desirèe Giorgetti. Uno spettacolo che auspicabilmente rivedremo, e lo faremo
volentieri, la prossima stagione in regione.
QUANTO SON NORMALI QUESTI INTELLETTUALI
di Alessandro Mauri RADAR n. 3/2009
Ne “La commedia di Candido”, presentata in anteprima nazionale presso la Sala Argentia a Gorgonzola, il drammaturgo
Stefano Massini delinea con graffiante sagacia le piccole manie e le debolezze di tre dei più celebri intellettuali del
Secolo dei Lumi: Diderot, Rousseau e Voltaire.
Lo spunto da cui prende l’avvio la storia è il romanzo di quest’ultimo, il “Candido”, che ancor prima di vedere le stampe
promette di scuotere tutta la società europea per la sua irriguardosa ironia.
A 250 anni dalla pubblicazione del libro, lo spettacolo ne omaggia l’autore e il pensiero, sottlineandone l’attualità. Senza
però impaludarsi in panegirici. Al contrario è essenziale e fresca la regia immaginata da Sergio Fantoni, cui bastano
pochi oggetti di scena per delineare chiaramente le abitazioni dei tre filosofi, in una solida struttura a quadri che permette
agli attori di esprimere con grande libertà tutte le loro notevoli qualità. In uno scapicollo di accenti e dialetti – nel quale
Diderot si trova quasi a monologare con la tazzina di caffè come Eduardo in “Questi fantasmi”, e Rousseau ricorda certi
scketch del miglior Benigni – battute e trasformazioni si rincorrono e si incastrano come ingranaggi di un ben fatto
orologio. Il gioco del teatro trasforma per contrappasso un personaggio – quello di Augustine, ovvero Ottavia Piccolo – in
attrice costretta a continui travestimenti; e gli attori a interpretare personaggi sempre diversi. Energia e ritmo da parte
dell’intero cast trascinano la platea in un gioco di finzioni senza malizia e con molto sale in zucca., che oltre a far ridere
suggerisce cordialmente riflessioni sulla religione, la guerra e in generale sulla condizione dell’uomo che, almeno
secondo Voltaire, ha nei geni l’avidità così come il falco ha per natura l’istinto a cacciare.
Brava in particolare Ottavia Piccolo, primattrice giustamente omaggiata nei cartelloni, capace di passare da un registro
emotivo all’altro con la stessa eleganza con cui cambia il costume. Bravissimo poi Vittorio Viviani, cui tocca il ruolo del
vero e proprio mattatore della serata: divertendosi coi clichè della commedia napoletana, coinvolge il pubblico in un
gioco di allusioni e di accenti che trascende la scena, trasformandosi in un vero evento emotivo.
Uno spettacolo da vedere e rivedere.
IL “CANDIDO” NON DELUDE IL SOCIALE
di Claudio Scaccabarozzi - La Provincia di Lecco, Lunedi 9 marzo 2009
Il “Candido” di Voltaire non è un libro ma una commedia, inscenata per prendersi beffe del mondo.
I padri della moderna cultura occidentale, i grandi pensatori del secolo dei Lumi, Denis Diderot, Jean Jacques Rousseau,
e Voltaire non sono altro che macchiette con il minimo comune denominatore della napoletanità. Maschere, pulcinella,
ognuno con le proprie fisime, i propri inciampi nel pensiero e nell’eloquio. Ciascuno custodito da mogli sacerdotesse,
amanti capricciose, governanti energiche, pazienti e toleranti, viziate dalla vicinanza di tale ingegno.
“La commedia di Candido”, ovvero teatro, travestimenti, spionaggi. Un divertimento allestito dal commediografo Stefano Massini
con i ritmi e i tempi comici del vecchio teatro di giro attorno alla figura di Augustine, ex attrice e quindi maestra di travestimenti, allo
scopo di creare un’”avventura teatrale di una gran donna, tre grandi e un libro (con tutto lo scompiglio che seguì)”.
“La commedia di Candido” andata in scena al Sociale per la stagione di prosa, con la regia di Sergio Fantoni, con
Ottavia Piccolo e Vittorio Viviani, è un gioco abile, leggero e divertente che di tanto in tanto si interrompe per mettere a
nudo l’attualità e la modernità del libro all’epoca più temuto e atteso. Quando prende di mira la guerra, la chiesa, le
scienza e la filosofia che vedono definitivamente spianata la strada del progresso a dispetto della ragione. Apprezzabile
l’idea paradossale di mostrare le pagine del prezioso e misterioso libro nelle mani dei più improbabili personaggi.
Ognuno un pezzo, tanto che viene da chiedersi se l’originale fosse mai esistito. O, come si racconta nel finale, che
l’originale non fosse altro che un manoscritto del “dottor Ralph tedesco”. Verità storica e finzione mischiate, le parole di
Voltaire dette in uno zoo coloratissimo e luminoso.
Il “Candido” fu pubblicato nel febbraio 1959. Fu immediatamente condannato da molti Stati europei e proibito da ordini
ecclesiastici e dal Consiglio di Ginevra.
Dentro una scena aperta, con pochissimi elementi, il regista ha lasciato mano libera agli interpreti. I costumi sfarzosi
hanno contribuito a rendere godibile il gioco. Viviani ha vezzi e mimica che ricordano i grandi interpreti del teatro leggero
napoletano, Totò incluso,nell’impersonare i tre grandi uomini nella loro dimensione quotidiana. Diderot per primo, il
grande pensatore alle prese con una domestica insofferente. L’orso irsuto Rousseau in seguito, afflitto da infiniti malanni.
Lo splendido Voltaire, abbigliato come il re sole, circondato da una corte di ammiratori e ammiratrici. Fra i tre, Ottavia Piccolo veste
i panni di una cameriera incapace, perché ex attrice. Diventa in seguito abile farmacista per curare Rousseau e infine è una
marchesa con una straordinaria mise e un’altrettanto straordinaria verve. Il pubblico ne è rimasto rapito.
LA COMMEDIA DI CANDIDO OVVERO L’AVVENTURA TEATRALE DI UNA GRAN DONNA, TRE GRANDI E UN GRANDE LIBRO
di Valeria Ottolenghi
Stefano Massini è drammaturgo raffinato, agile, colto, capace di mescolare storia e metateatro, mettendo in scena Kafka e una
ex terrorista nelle carceri italiane, Van Gogh, la Politoskaia e un campo di sterminio alla sua liberazione, affrontando
problematiche e modalità espressive differenti con coraggio e ironia, così aderente alla verità da poterla inventare senza
temere di tradirla, una coerenza rigorosa e giocosa insieme, un’intelligenza lucida e vorticosa ad un tempo, una raccolta di suoi
testi pubblicati da Ubu Libri, già numerose le traduzioni in varie lingue. E anche questa volta, con <La commedia di Candido
ovvero l’avventura teatrale di una gran donna, tre grandi e un grande libro> (ma il titolo proseguiva anche oltre: <con tutto lo
scompiglio che ne seguì>), visto al Teatro Magnani di Fidenza, Massini ha saputo raggiungere esiti eccellenti, con Ottavia
Piccolo che è Augustine, un’attrice che non riusciva più a vivere facendo il suo lavoro arrivando quindi a recitare felicemente e
proficuamente nella vita, e Vittorio Viviani, che affronterà con allegria caricaturale tre figure straordinarie della cultura
occidentale Diderot, Rousseau e Voltaire, in un divertente gioco d’invidie, reciproco spiarsi, manoscritti trafugati, rivalità e
rivalse che poco sembrano rispecchiare la vasta complessità e profonda ricchezza del loro pensiero. Al centro di questo
mulinello teatrale con molti tratti della commedia dell’arte tra travestimenti, equivoci, scherzi, battute, una delle più popolari
opere di Voltaire: perché <Candido> stava creando ansie un po’ in tutti, nei filosofi che temevano di veder deriso il proprio
pensiero, ma naturalmente, e soprattutto, nei rappresentanti dell’ordine costituito, religiosi e militari che si stavano infatti già
preparando a censurare in anticipo il libro e a metterne in prigione l’autore. Anche gli abiti tendono all’eccesso, con elementi
buffi e grotteschi, mentre la scenografia, più anonima e astratta, definisce gli spazi con i nomi di chi vi abita: Diderot, Rousseau,
Voltaire, <santi lumi> l’intercalare...Una piacevolissima serata, applauditi con molto calore e allegria tutti gli interpreti.