Servetti - Buffone Raccolta di Giurisprudenza Legittimità 2012 2013

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TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE NONA CIVILE
DIRITTO DI FAMIGLIA
Figli nati «nel» e «fuori dal» matrimonio:
Legge 219/2012
RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA
IN MATERIA DI FAMIGLIA E MINORI
gennaio
2012 – maggio 2013
A cura di: GLORIA SERVETTI,
GIUSEPPE BUFFONE
ELENCO DELLE PRONUNCE: PAG. 002
PRONUNCE MASSIMATE: PAG. 009
1
ELENCO DELLE PRONUNCE MASSIMATE,
IN ORDINE CRONOLOGICO
ART. 320 C.C. - AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE TUTELARE – GIUDIZI RELATIVI AD ATTI DI
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA – RELATIVAMENTE ALLA POSIZIONE DI ATTORE IN PRIMO
GRADO
CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 18 GENNAIO 2012 N. 743 (PRES. SCHETTINO, REL. CARRATO)
ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE – CONTRATTO DI COMODATO – PERSISTENZA –
SUSSISTE – CONSEGUENZE – SPESE SOSTENUTE DAL COMODATARIO
CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 27 GENNAIO 2012 N. 1216 (PRES. PICCIALLI, EST. MANNA)
CASA FAMILIARE – REVOCA DELL'ASSEGNAZIONE – TITOLO ESECUTIVO PER IL RILASCIO –
SUSSISTE – ANCHE IN ASSENZA DI ESPLICITO COMANDO DEL GIUDICE
CASS. CIV., SEZ. III, SENTENZA 31 GENNAIO 2012 N. 3167 (PRES. PETTI, REL. CARLUCCIO)
PROCEDIMENTO CIVILE - SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI - COMPARIZIONE PERSONALE
DELLE PARTI DAVANTI AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE - PREVISIONE DELL'OBBLIGO, ANZICHÉ
DELLA FACOLTÀ, PER CIASCUN CONIUGE DI FARSI ASSISTERE DA UN DIFENSORE - CONSEGUENTE
IMPOSSIBILITÀ DI ESPERIRE IL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE NEL CASO IN CUI IL CONVENUTO
NON SIA MUNITO DI ASSISTENZA LEGALE.
CORTE COST., ORDINANZA 16 FEBBRAIO 2012 N. 26 (PRES. QUARANTA, EST. GROSSI)
ART. 569 C.P. – DELITTO DI ALTERAZIONE DI STATO – PERDITA DI POTESTÀ GENITORIALE –
INTERESSE DEL MINORE – ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE - SUSSISTE
CORTE COST., SENTENZA 23 FEBBRAIO 2012 N. 31 (PRES. QUARANTA, REL. CRISCUOLO)
INTERESSE PREMINENTE DEL MINORE – OBBLIGO DI TENERE PRESENTE IL SUO INTERESSE IN OGNI
ATTO CHE LO RIGUARDI – SUSSISTE
CORTE COST., SENTENZA 23 FEBBRAIO 2012 N. 31 (PRES. QUARANTA, REL. CRISCUOLO)
MATRIMONIO – UNIONE TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO – INESISTENZA GIURIDICA –
ESCLUSIONE – MATRIMONIO VALIDO MA NON EFFICACE – SOPRAVVENUTO QUADRO NORMATIVO,
EUROPEO E INTERNAZIONALE – TUTELA DELLA FAMIGLIA OMOSESSUALE – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 15 MARZO 2012 N. 4184 (PRES. LUCCIOLI, REL. DI PALMA)
ART. 155-QUINQUIES C.C. - INTERVENTO IN GIUDIZIO DEL FIGLIO MAGGIORENNE
ECONOMICAMENTE DIPENDENTE – AMMISSIBILITÀ – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 19 MARZO 2012 N. 4296 (PRES. FELICETTI, REL. CAMPANILE)
MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE O DIVORZIO – DECISIONE DEL GIUDICE –
ESECUTORIETÀ IMMEDIATA – SUSSISTE – CONTRA: CASS. CIV. 9373/2011
CASS. CIV., SEZ. III , SENTENZA 20 MARZO 2012, N. 4376 (PRES. FILADORO – REL. FRASCA)
2
SEPARAZIONE CONSENSUALE – ART. 155-BIS C.C. - AFFIDAMENTO ESCLUSIVO – CONFLITTUALITÀ
– CONDIZIONI PERCHÉ GIUSTIFICHI L'AFFIDAMENTO MONOGENITORIALE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 29 MARZO 2012 N. 5108 (PRES. LUCCIOLI, REL. GIANICOLA)
MEDIAZIONE FAMILIARE – ART. 155-SEXIES C.C. - GIUDIZIO DI OPPORTUNITÀ – RISCHI PER IL
MINORE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 29 MARZO 2012 N. 5108 (PRES. LUCCIOLI, REL. GIANICOLA)
ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE – REATO PENALE – ART. 570 COMMA I C.P. INTERPRETAZIONE EVOLUTIVA DELLA NORMA
CASS. PEN., SEZ. VI, SENTENZA 2 APRILE 2012 N. 12310 (PRES. AGRÒ, REL. PAOLONI)
ILLECITO ENDOFAMILIARE – DANNO DA MANCATA ISTRUZIONE, EDUCAZIONE DEL FIGLIO
NATURALE – ART. 2059 C.C. - SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 10 APRILE 2012 N. 5652 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE)
CONSULENZA TECNICA SU DISTURBI PSICOLOGICI – SCELTA DELL'ESPERTO – PSICOLOGO INVECE
DI MEDICO – DISCREZIONALITÀ DEL GIUDICE – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 14 MAGGIO 2012 N. 7452 (PRES. LUCCIOLI, REL. DE CHIARA)
MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE – ART. 710 C.P.C. - RATIO – INTERESSE DEL
MINORE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 17 MAGGIO 2012 N. 7770 (PRES. CARNEVALE, REL. CAMPANILE)
AFFIDAMENTO E COLLOCAMENTO DEL MINORE ADOLESCENTE – VOLONTÀ DALLO STESSO
ESPRESSA – PREVALENZA NELLA VALUTAZIONE DEL GIUDICE – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 17 MAGGIO 2012 N. 7773 (PRES. CARNEVALE, REL. CAMPANILE)
ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE – ASSENZA DI INTESA SESSUALE – GIUSTIFICATO MOTIVO
PER L'ABBANDONO – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 31 MAGGIO 2012 N. 8773 (PRES. VITRONE, REL. DOGLIOTTI)
SEPARAZIONE – VIOLAZIONE DELL'OBBLIGO DELLA FEDELTÀ – CASI IN CUI GIUSTIFICA
L'ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE – LEGAME CAUSALE CON LA INTOLLERABILITÀ DELLA
CONVIVENZA
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 1 GIUGNO 2012 N. 8862 (PRES. VITRONE, REL. DOGLIOTTI)
SEPARAZIONE – ADDEBITO – RISARCIMENTO DEL DANNO - COESISTENZA – POSSIBILITÀ –
SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 1 GIUGNO 2012 N. 8862 (PRES. VITRONE, REL. DOGLIOTTI)
SEPARAZIONE – CONDOTTA TENUTA DA UN CONIUGE DOPO LA SEPARAZIONE E IN PROSSIMITÀ DI
ESSA – VALUTAZIONE IN TERMINI DI ELEMENTO PER APPREZZARE E GIUDICARE LA PREGRESSA
CONDOTTA NEL GIUDIZIO DI ADDEBITO – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 GIUGNO 2012 N. 8928 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE)
SEPARAZIONE – CONDOTTA TENUTA DA UN CONIUGE DI LESIONE DEI BENI FONDAMENTALI DELLA
PERSONA – ADDEBITO – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 GIUGNO 2012 N. 8928 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE)
3
AUMENTO DELL'ETÀ – AUMENTO DELLE ESIGENZE DELLA PROLE – DIMOSTRAZIONE – NON
NECESSARIA
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 GIUGNO 2012 N. 8927 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE)
POTESTÀ GENITORIALE – LIBERTÀ DI RELIGIONE DEL GENITORE – LIMITAZIONE NEL RAPPORTO
CON FIGLI – POSSIBILITÀ – SUSSISTE - CONDIZIONI – NEL CASO DI SPECIE: TESTIMONI DI GEOVA
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 12 GIUGNO 2012 N. 9546 (PRES. LUCCIOLI, REL. GIANICOLA)
AFFIDAMENTO CONGIUNTO – SCELTE DI MAGGIORE IMPORTANZA – ISCRIZIONE AD UNA SCUOLA
PRIVATA – CONSENSO DEL GENITORE QUALE PRESUPPOSTO PER IL RIMBORSO DELLE SPESE –
SUSSISTE – ONERE DELLA PROVA – A CARICO DI CHI CHIEDE IL PAGAMENTO
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 20 GIUGNO 2012, N. 10174 (PRES. LUCCIOLI, REL. MERCOLINO)
SEPARAZIONE – SENTENZA PARZIALE – ART. 190 C.P.C. - APPLICABILITÀ - ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 22 GIUGNO 2012, N. 10484 (PRES. SALMÉ, REL. CAMPANILE)
ACCERTAMENTO DELLA PATERNITÀ – ESAMI EMATOLOGICI – RIFIUTO INGIUSTIFICATO –
VALUTAZIONE EX ART. 116 C.P.C. - COME UNICO ELEMENTO DI GIUDIZIO - SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 17 LUGLIO 2012 N. 12198 (PRES. LUCCIOLI, EST. ACIERNO)
ACCERTAMENTO GIUDIZIALE DELLA PATERNITÀ - ESUMAZIONE DELLA SALMA PER MOTIVI DI
GIUSTIZIA - REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA (D.P.R. 10.9.90, N. 285, ART. 83) – DIRITTO
DEI CONGIUNTI SUL CORPO DELLA PERSONA DEFUNTA – NECESSITÀ DEL LORO CONSENSO - NON
SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 19 LUGLIO 2012 N. 12549 (PRES. LUCCIOLI, REL. PICCININNI)
ART. 155-QUATER C.C. - ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE – CONCETTO DI “STABILE
GODIMENTO” - GENITORE AFFIDATARIO CHE TRASCORRE FUORI DALLA CASA FAMILIARE CINQUE
GIORNI A SETTIMANA PER MOTIVI DI LAVORO – LEGITTIMITÀ DELL'ASSEGNAZIONE DELLA CASA
IN SEDE DI SEPARAZIONE – SUSSISTE – ESTINZIONE DEL DIRITTO AL GODIMENTO DELLA CASA ESCLUSIONE
PROVVEDIMENTI EMESSI IN SEDE DI VOLONTARIA GIURISDIZIONE - CHE LIMITINO O ESCLUDANO
LA POTESTÀ DEI GENITORI NATURALI AI SENSI DELL'ART. 317-BIS COD. CIV., CHE PRONUNCINO LA
DECADENZA DALLA POTESTÀ SUI FIGLI O LA REINTEGRAZIONE IN ESSA, AI SENSI DEGLI ARTT. 330
E 332 COD. CIV., CHE DETTINO DISPOSIZIONI PER OVVIARE AD UNA CONDOTTA DEI GENITORI
PREGIUDIZIEVOLE AI FIGLI, AI SENSI DELL'ART. 333 COD. CIV., O CHE DISPONGANO
L'AFFIDAMENTO CONTEMPLATO DALL'ART. 4, SECONDO COMMA, DELLA LEGGE 4 MAGGIO 1983,
N. 184 – RICORRIBILITÀ IN CASSAZIONE DELLA DECISIONE SUL RECLAMO - ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 SETTEMBRE 2012 N. 15341 (PRES. LUCCIOLI, REL. SAN GIORGIO)
ART. 709-TER C.P.C. - “IMPUGNAZIONE CON I MEZZI ORDINARI” - SIGNIFICATO
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 SETTEMBRE 2012 N. 15341 (PRES. LUCCIOLI, REL. SAN GIORGIO)
DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI – PREVALENZA SULLA RISERVATEZZA IN FUNZIONE DELLA
ATTUAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA/AZIONE – SUSSISTE – ACCESSO AI REDDITI DEL CONVIVENTE
DEL CONIUGE PER IL PROCEDIMENTO DI SEPARAZIONE - SUSSISTE
CONS. STATO, SEZ. IV, SENTENZA 20 SETTEMBRE 2012 N. 5047 (PRES. GIACCARDI, EST. ROMANO)
4
DIRITTO AL NOME – ONOMASTICO “ANDREA” – ATTRIBUZIONE A SOGGETTO DI SESSO
FEMMINILE – ILLEGITTIMITÀ - ESCLUSIONE
CASS. CIV.,SEZ. I, SENTENZA 20 NOVEMBRE 2012 N. 20835 (PRES. LUCCIOLI, REL. ACIERNO)
LITISPENDENZA INTERNAZIONALE – CRITERI INTERPRETATIVI – IDENTICO RAPPORTO
SOSTANZIALE - ART. 7 LEGGE 218/1995
CASS. CIV., SEZ. UN., SENTENZA 28 NOVEMBRE 2012 N. 21108 (PRES. PREDEN, EST. PICCININNI)
CONFLITTUALITÀ TRA PADRE E FIGLI – AFFIDO ESCLUSIVO - ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 3 DICEMBRE 2012 N. 21591 (PRES. FIORETTI, EST. BISOGNI)
SEPARAZIONE – SOMME VERSANTE IN VIRTÙ DEL MANTENIMENTO STABILITO NELLE MORE DEL
PROCEDIMENTO – REVOCA DELL'ASSEGNO – DIRITTO ALLA RIPETIBILITÀ – ESCLUSIONE –
CONDIZIONI PER LA RIPETIBILITÀ
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 DICEMBRE 2012 N. 21675 (PRES. FIORETTI, EST. CULTRERA)
SCRITTURA PRIVATA SOTTOSCRITTA DAI NUBENDI AL MOMENTO DEL MATRIMONIO – IMPEGNO
DELLA MOGLIE A TRASFERIRE AL MARITO UN IMMOBILE DI SUA PROPRIETÀ IN CASO DI
FALLIMENTO DEL MATRIMONIO (SEPARAZIONE O DIVORZIO) – NATURA DI ACCORDO CD.
PREMATRIMONIALE IN VISTA DEL DIVORZIO - ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. III, SENTENZA 21 DICEMBRE 2012 N. 23713 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI)
ACCORDO CD. PREMATRIMONIALE IN VISTA DEL DIVORZIO – GIURISPRUDENZA DELLA
CASSAZIONE FORMATASI SUL PUNTO – PROGRESSIVO “FAVOR” PER QUESTI ACCORDI
CASS. CIV., SEZ. III, SENTENZA 21 DICEMBRE 2012 N. 23713 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI)
PROVVEDIMENTI EX ARTT. 330, 332, 333 C.C. – RICORRIBILITÀ IN CASSAZIONE - ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 8 GENNAIO 2013 N. 221 (PRES. LUCCIOLI, REL. ACIERNO)
DELEGA DEL GIUDICE AI SERVIZI SOCIALI IN ORDINE ALL’EVENTUALE AMPLIAMENTO DELLE
MODALITÀ DI VISITA TRA GENITORE E FIGLIO – ABDICAZIONE DEL GIUDICE AL DOVERE EX ART.
155 C.C. - NON SUSSISTE – DELEGA COMPRENSIVA DELLA POSSIBILITÀ DI AMPLIARE IL DIRITTO DI
VISITA – ILLEGITTIMITÀ – ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 11 GENNAIO 2013 N. 601 (PRES. LUCCIOLI, REL. DE CHIARA)
AFFIDAMENTO DEL MINORE A GENITORE CHE ABBIA INSTAURATO UNA FAMIGLIA INCENTRATA SU
COPPIA OMOSESSUALE – IDONEITÀ DEL CONTESTO FAMILIARE AD EDUCARE ED ISTRUIRE IL
MINORE – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 11 GENNAIO 2013 N. 601 (PRES. LUCCIOLI, REL. DE CHIARA)
SENTENZA DI ANNULLAMENTO DEL MATRIMONIO PRONUNCIATA DAL TRIBUNALE ECCLESIASTICO
– DELIBAZIONE – RILEVANZA DELLA DURATA DEL MATRIMONIO – CONTRASTO DI
GIURISPRUDENZA – RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 14 GENNAIO 2013 N. 712 (PRES. EST. LUCCIOLI)
SEPARAZIONE/DIVORZIO – RICHIESTE ISTRUTTORIE – PROVE GENERICHE – AMMISSIBILITÀ ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 18 GENNAIO 2013 N. 1239 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI)
5
CASA CONIUGALE – ART. 155-QUATER C.C. MANTENIMENTO – CLAUSOLA CHE STABILISCE
L'AUTOMATICO AUMENTO DELL'IMPORTO QUANDO L'ASSEGNATARIO LASCERÀ LA CASA
CONIUGALE – LEGITTIMITÀ – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 18 GENNAIO 2013 N. 1239 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI)
RISPETTO DELLA VITA FAMILIARE – ART. 8 CEDU – DIRITTO DI VISITA DEL PADRE –
COMPORTAMENTO DELLA MADRE CHE LO OSTACOLI – OBBLIGO PER LE AUTORITÀ DI ADOTTARE
MISURE CONCRETE ED EFFETTIVE CHE GARANTISCANO GLI INCONTRI TRA GENITORE E FIGLIO –
SUSSISTE – PROCEDURA ITALIANA CHE SI FONDI SU MISURE AUTOMATICHE E STEREOTIPATE –
VIOLAZIONE DELL’ART. 8 CEDU - SUSSISTE
CORTE EUR. DIR. UOMO, SEZ. II, SENTENZA 29 GENNAIO 2013 (PRES. JOČIENĖ), AFFAIRE LOMBARDO C/
ITALIA
SEPARAZIONE – DISAFFEZIONE “SOGGETTIVA” AL MATRIMONIO – DIRITTO ALLA SEPARAZIONE –
SUSSISTE – ADDEBITO PER IL SUO ESERCIZIO - ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 30 GENNAIO 2013 N. 2183 (PRES. FIORETTI, REL. DE CHIARA)
AUTORIZZAZIONE AL RILASCIO DEL PASSAPORTO AL MINORE – PROVVEDIMENTO VINCOLATO –
ESCLUSIONE – INTERESSE DEL MINORE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 5 FEBBRAIO 2013 N. 2696 (PRES. VITRONE, REL. BERNABAI)
MATRIMONIO - RAPPORTI SESSUALI INNATURALI IMPOSTI ALLA MOGLIE DAL MARITO – NULLITÀ
DEL MATRIMONIO PER ERRORE ESSENZIALE SULLE QUALITÀ PERSONALI DEL CONIUGE – ART. 122
C.C. - ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 12 FEBBRAIO 2013 N. 3407 (PRES. LUCCIOLI, REL. BISOGNI)
GIUDIZIO DI SEPARAZIONE - LITISCONSORZIO NECESSARIO NEI CONFRONTI DEL PM –
ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 FEBBRAIO 2013 N. 3502 (LUCCIOLI, REL. ACIERNO)
SEPARAZIONE – CONIUGE DEBOLE – DIRITTO AL MANTENIMENTO
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 FEBBRAIO 2013 N. 3502 (LUCCIOLI, REL. ACIERNO)
SENTENZA DI DIVORZIO PRONUNCIATA DA GIUDICE STRANIERO – EFFICACIA IN ITALIA – LESIONE
DEL CONTRADDITTORIO – RICONOSCIBILITÀ – ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. II., SENTENZA 18 FEBBRAIO 2013 N. 3964 (PRES. LUCCIOLI, REL. CULTRERA)
VALUTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DEL MINORE DA PARTE DEL GIUDICE – ESAME CRITICO E
NEUTRALE - SUSSISTE
CASS. PEN., SEZ. IIII, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 8057 (PRES. GENTILE, REL. AMORESANO)
VALUTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DEL MINORE DA PARTE DEL GIUDICE – RESE IN SEDE
TESTIMONIALE – ANALISI E VALUTAZIONE
CASS. PEN., SEZ. IIII, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 8057 (PRES. GENTILE, REL. AMORESANO)
VALUTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DEL MINORE DA PARTE DEL GIUDICE – ESAME
COMPLESSIVO E CONTESTUALIZZATO – SUSSISTE
CASS. PEN., SEZ. IIII, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 8057 (PRES. GENTILE, REL. AMORESANO)
SEPARAZIONE – MANTENIMENTO - ATTITUDINE DEL CONIUGE AL LAVORO – RILEVANZA
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 4178 (PRES. LUCCIOLI, REL. CULTRERA)
6
AFFIDAMENTO DEI MINORI – PROVVEDIMENTI IN TEMA DI DECADENZA DALLA POTESTÀ –
COMPETENZA IN PENDENZA DI SEPARAZIONE – RIPARTO DI COMPETENZA TRA TRIBUNALE
ORDINARIO E TRIBUNALE PER I MINORENNI – ART. 38 DISP. ATT. C.C.
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 27 FEBBRAIO 2013 N. 4945 (PRES. SALMÉ, REL. RAGONESI)
MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA – VERSO SOGGETTO DISABILE – CONDOTTE DI INDIFFERENZA E
INCURIA - CONFIGURABILITÀ - SUSSISTE
CASS. PEN., SEZ. VI, SENTENZA 28 FEBBRAIO 2013 N. 9724 (PRES. DE ROBERTO, REL. PAOLONI)
ART. 156 COD. CIV. – NATURA, FUNZIONE, PRESUPPOSTI APPLICATIVI (ART. 156 C.C.)
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 22 APRILE 2013 N. 9671 (PRES. SALMÈ, REL. DOGLIOTTI)
MANTENIMENTO DEI FIGLI – OMISSIONE – STATO DI DISOCCUPAZIONE – RESPONSABILITÀ
PENALE EX ART. 570 COMMA II C.P. - SUSSISTE
CASS. PEN., SEZ. VI, SENTENZA 4 MARZO 2013 N. 10147 (PRES. ROTUNDO, REL. PATERNÒ RADDUSA)
TAGLIO DEI CAPELLI ALLA MOGLIE, DA PARTE DEL MARITO – GESTO SUBITO DALLA MOGLIE E
MOTIVATO DAL MARITO, PER EFFETTO DELLA GELOSIA – REATO DI VIOLENZA PRIVATA – ART.
610 C.P. - SUSSISTE
CASS. PEN., SEZ. V, SENTENZA 6 MARZO 2013 N. 10413 (PRES. MARASCA, REL. VESSICHELLI)
MANTENIMENTO DEI FIGLI – MANTENIMENTO A CARICO DEL PADRE – ESONERO DELLA MADRE ESCLUSIONE
CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 6 MARZO 2013 N. 5481 (PRES. SALMÉ, REL. DOGLIOTTI)
ASSEGNO DI MANTENIMENTO – ASSEGNO DIVORZILE - DIFFERENZE
CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 6 MARZO 2013 N. 5481 (PRES. SALMÉ, REL. DOGLIOTTI)
AFFIDAMENTO DEI MINORI – ASSUNZIONE DI PROVE EX OFFICIO – ART. 155-SEXIES COMMA I C.C.
– POTERE DEL GIUDICE – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 8 MARZO 2013 N. 5847 (PRES. LUCCIOLI, REL. LAMORGESE)
AUDIZIONE DEL MINORE – DINIEGO DI ASCOLTO – AMMISSIBILITÀ – SUSSISTE – RAGIONI –
MOTIVAZIONE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 15 MARZO 2013 N. 6645 (PRES. CARNEVALE, REL. GIANCOLA)
SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE – PAS – VALIDITÀ SCIENTIFICA – ESCLUSIONE –
REAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 20 MARZO 2013 N. 7041 (PRES. LUCCIOLI, REL CAMPANILE)
CONVIVENTE – GODIMENTO DELLA CASA FAMILIARE DI PROPRIETÀ DEL COMPAGNO/COMPAGNA –
SITUAZIONE DI FATTO – ESCLUSIONE – DETENZIONE QUALIFICATA – SUSSISTE - FINE DELLA
CONVIVENZA – OBBLIGO DI ASSEGNARE AL CONVIVENTE UN TERMINE PER CONSENTIRGLI DI
LASCIARE LA CASA – SUSSISTE
CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 21 MARZO 2013 N. 7214 (PRES. BURSESE, REL. GIUSTI)
CONFLITTI GENITORIALI – CONTROVERSIE EX ART. 709-TER C.P.C. - NATURA GIURIDICA – RATIO
E FUNZIONE
CASS. CIV., SEZ. II., ORDINANZA 2 APRILE 2013 N. 8016 (PRES. PLENTEDA, REL. SCALDAFERRI)
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CONFLITTI GENITORIALI – CONTROVERSIE EX ART. 709-TER COD. PROC. CIV. - COMPETENZA
TERRITORIALE
CASS. CIV., SEZ. II., ORDINANZA 2 APRILE 2013 N. 8016 (PRES. PLENTEDA, REL. SCALDAFERRI)
CONFLITTI GENITORIALI – DIVORZIO – ART. 12-QUATER L. DIV. - COMPETENZA TERRITORIALE
CASS. CIV., SEZ. II., ORDINANZA 2 APRILE 2013 N. 8016 (PRES. PLENTEDA, REL. SCALDAFERRI)
ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL FIGLIO MAGGIORENNE – ESONERO - PRESUPPOSTI
CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 2 APRILE 013 N. 7970 (PRES. SALMÈ, REL. DOGLIOTTI)
ART. 156 COD. CIV. – ORDINE DISTRAZIONE IMPARTITO A TERZI – SEQUESTRO DEI BENI DEL
CONIUGE OBBLIGATO – CONDIZIONI, PRESUPPOSTI (ART. 156 C.C.)
CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 22 APRILE 2013 N. 9671 (PRES. SALMÈ, REL. DOGLIOTTI)
REVISIONE DELLE DISPOSIZIONI CONCERNENTI L'AFFIDAMENTO DEI FIGLI E DI QUELLE RELATIVE
ALLA MISURA E ALLE MODALITÀ DEI CONTRIBUTI DA CORRISPONDERE A SEGUITO DELLO
SCIOGLIMENTO E DELLA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI DEL MATRIMONIO, A NORMA DELL'ART. 9
DELLA LEGGE N. 1 DICEMBRE 1970 N. 898 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI - DECRETO
PRONUNCIATO DAL TRIBUNALE - IMMEDIATA ESECUTIVITÀ – SUSSISTE (ART. 9 LEGGE 898/1970;
ART. 741 C.P.C.)
CASS. CIV., SEZ. UN., SENTENZA 26 APRILE 2013, N. 10064
LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI SPETTANTI AL DIFENSORE PER L’ATTIVITÀ PRESTATA IN FAVORE DI
SOGGETTO AMMESSO AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO – CONTROVERSIE –
LEGITTIMAZIONE PASSIVA – MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (ART. 170, D.P.R. 115/2002) LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI SPETTANTI AL DIFENSORE PER L’ATTIVITÀ PRESTATA IN FAVORE DI
SOGGETTO AMMESSO AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO – DIMEZZAMENTO DEGLI IMPORTI –
ABROGAZIONE AD OPERA DELL’ART. 2 COMMA II D.L. 223/06 CONV. IN LEGGE 248/2006 –
ESCLUSIONE (ART. 130, D.P.R. 115/2002)
CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 2 MAGGIO 2013 N. 10239 (PRES. ODDO, REL. GIUSTI)
MISURE DI PROTEZIONE DELLE PERSONE PRIVE DI AUTONOMIA
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – COMPETENZA TERRITORIALE – RESIDENZA E/O DOMICILIO –
RICOVERO PRESSO STRUTTURA PROTETTA – IDONEITÀ A FONDARE LA COMPETENZA – REQUISITI
CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 3 MAGGIO 2013 N. 10374 (PRES., REL. SALMÉ)
8
PRONUNCE MASSIMATE
ORDINATE IN ORDINE CRONOLOGICO
Art. 320 c.c. - Autorizzazione del Giudice Tutelare – Giudizi relativi ad atti di
amministrazione straordinaria – Relativamente alla posizione di Attore in primo
grado
Cass. Civ., sez. II, sentenza 18 gennaio 2012 n. 743 (Pres. Schettino, rel. Carrato)
L'autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c. è necessaria per promuovere giudizi
relativi ad atti di amministrazione straordinaria, che possono cioè arrecare pregiudizio e
diminuzione del patrimonio e non anche per gli atti diretti al miglioramento e alla
conservazione dei beni che fanno già parte del patrimonio del minore (cfr., ad es., Cass.
n. 1954 del 1966 e Cass. n. 8484 del 1999), precisandosi, sulla scorta di tale premessa,
che anche la proposizione dell'azione di rivendica produce l'instaurazione di un giudizio
relativo ad un atto di ordinaria amministrazione proprio perché preordinata
all'accrescimento del patrimonio del minore (o, comunque, alla sua tutela in senso
positivo e migliorativo) e non ad arrecargli un nocumento e, quindi, un pregiudizio (v.,
in senso specifico, Cass. n. 1546 del 1974). Oltretutto, in tema di rappresentanza
processuale del minore, l'autorizzazione del giudice tutelare di cui all'ari 320 c.c. è
necessaria solo quando il minore assume la veste di attore in primo grado, con la
conseguenza che, quando il minore stesso sia stato convenuto, essa non è richiesta per la
proposizione dell'appello o del ricorso per cassazione, quali atti diretti a resistere
all'azione avversaria (cfr. Cass., SU., n. 4573 del 1983 e Cass. n. 2199 del 1984).
Assegnazione della casa coniugale – Contratto di comodato – Persistenza – Sussiste
– Conseguenze – Spese sostenute dal comodatario
Cass. Civ., sez. II, sentenza 27 gennaio 2012 n. 1216 (Pres. Piccialli, est. Manna)
L'assegnazione della casa coniugale ad un coniuge, in seguito alla separazione, non fa
venir meno, in analogia a quanto dispone l'art. 6 legge 27 luglio 1978 n. 392, il contratto
di comodato, di guisa che permane l'applicazione della relativa disciplina. Pertanto, se
un genitore concede un immobile in comodato per l'abitazione della costituenda famiglia
non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da un
coniuge durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell'abitazione
coniugale (v. Cass. n. 2407/98). Infatti, il comodatario il quale, al fine di utilizzare la
cosa, debba affrontare spese di manutenzione anche straordinarie, può liberamente
scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo
interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante (così,
Cass. n. 15543/02). L'art. 1808 c.c. non distingue tra spese autorizzate e spese ad
iniziativa del comodatario, ma fra spese sostenute per il godimento della cosa e spese
straordinarie, necessarie ed urgenti affrontate per conservarla, con la conseguenza che
l'eventuale autorizzazione del comodante non è in nessuno dei due casi discrimine per la
ripetibilità degli esborsi effettuati dal comodatario.
9
Casa familiare – Revoca dell'assegnazione – Titolo esecutivo per il rilascio –
Sussiste – Anche in assenza di esplicito comando del giudice
Cass. Civ., sez. III, sentenza 31 gennaio 2012 n. 3167 (Pres. Petti, rel. Carluccio)
Anche l’ordine di revoca dell’assegnazione della casa familiare, contenuto nella
sentenza con cui il tribunale definisce il giudizio di separazione fra coniugi, è titolo
esecutivo per il rilascio, senza necessità che, con la pronuncia, sia esplicitato altresì un
apposito comando, rivolto al coniuge ex affidatario e diretto al suo allontanamento
dall’immobile.
Procedimento civile - Separazione personale dei coniugi - Comparizione personale
delle parti davanti al Presidente del Tribunale - Previsione dell'obbligo, anziché
della facoltà, per ciascun coniuge di farsi assistere da un difensore - Conseguente
impossibilità di esperire il tentativo di conciliazione nel caso in cui il convenuto non
sia munito di assistenza legale.
Corte cost., ordinanza 16 febbraio 2012 n. 26 (Pres. Quaranta, est. Grossi)
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 707 e 708 c.p.c.
nella parte in cui impongono la difesa legale nell'udienza presidenziale della
separazione. Infatti, in assenza di un diritto vivente ed in presenza di variegate
interpretazioni da parte della dottrina, il rimettente non si pone il problema di
individuare la portata e le conseguenze applicative – quanto alla eventuale possibilità di
configurare distinte modalità di partecipazione dei coniugi ai due momenti
caratterizzanti la fase dell’udienza presidenziale, pur in presenza della previsione
dell’assistenza del difensore di cui al primo comma dell’art. 707 cod. proc. civ. – delle
locuzioni differenziate presenti rispettivamente nel primo e nel terzo comma del
successivo art. 708, che prevedono, da un lato, che «All’udienza di comparizione il
presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone
la conciliazione» (primo comma) e, dall’altro lato, che, «Se la conciliazione non riesce,
il presidente, anche d’ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, dà con ordinanza i
provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei
coniugi […]» (terzo comma).
Minori
Art. 569 c.p. – delitto di alterazione di stato – perdita di potestà genitoriale –
Interesse del minore – Illegittimità costituzionale - Sussiste
Corte Cost., sentenza 23 febbraio 2012 n. 31 (Pres. Quaranta, rel. Criscuolo)
E’ costituzionalmente illegittimo l’articolo 569 del codice penale, nella parte in cui
stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di
alterazione di stato, previsto dall’articolo 567, secondo comma, del codice penale,
consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni
possibilità di valutazione dell’interesse del minore nel caso concreto (La pronuncia è
stata resa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 569 del codice penale
promosso dal Tribunale di Milano con ordinanza del 31 gennaio 2011, iscritta al n. 141
del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.
28, prima serie speciale, dell’anno 2011)
Interesse preminente del minore – Obbligo di tenere presente il suo interesse in
ogni atto che lo riguardi – Sussiste
Corte Cost., sentenza 23 febbraio 2012 n. 31 (Pres. Quaranta, rel. Criscuolo)
10
Nell’ordinamento internazionale è principio acquisito che in ogni atto comunque
riguardante un minore deve tenersi presente il suo interesse, considerato preminente. E
non diverso è l’indirizzo dell’ordinamento interno, nel quale l’interesse morale e
materiale del minore ha assunto carattere di piena centralità, specialmente dopo la
riforma attuata con legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), e
dopo la riforma dell’adozione realizzata con la legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori), come modificata dalla legge 28 marzo
2001, n. 149, cui hanno fatto seguito una serie di leggi speciali che hanno introdotto
forme di tutela sempre più incisiva dei diritti del minore.
Matrimonio – Unione tra persone dello stesso sesso – Inesistenza giuridica –
Esclusione – Matrimonio valido ma non efficace – Sopravvenuto quadro
normativo, Europeo e Internazionale – Tutela della famiglia omosessuale – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 15 marzo 2012 n. 4184 (Pres. Luccioli, rel. Di Palma)
La concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto
indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio non è più
condivisibile, alla luce del mutato quadro sociale ed europeo. L’intrascrivibilità delle
unioni omosessuali, pertanto dipende non dalla loro inesistenza e neppure dalla loro
invalidità ma dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio qualsiasi effetto
giuridico nell’ordinamento italiano, in assenza di specifica Legge nazionale. Ciò
nondimeno, i componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di
fatto, se – secondo la legislazione italiana – non possono far valere né il diritto a
contrarre il matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all'esterno,
tuttavia – a prescindere dall'intervento del legislatore in materia -, quali titolari del diritto
alla “vita familiare” e nell'esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una
condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni,
segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono adire i giudici comuni per
far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento
omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata e, in tale sede,
eventualmente sollevare le conferenti eccezioni di illegittimità costituzionale delle
disposizioni delle leggi vigenti, applicabili nelle singole fattispecie, in quanto ovvero
nella parte in cui non assicurino detto trattamento, per assunta violazione delle pertinenti
norme costituzionali e/o del principio di ragionevolezza.
Art. 155-quinquies c.c. - Intervento in giudizio del figlio maggiorenne
economicamente dipendente – Ammissibilità – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 19 marzo 2012 n. 4296 (Pres. Felicetti, rel. Campanile)
Nei giudizi di separazione o di divorzio, alla luce della introduzione dell'art. 155quinquies c.c., l'intervento in giudizio, per far valere un diritto relativo all'oggetto della
controversia, o eventualmente in via adesiva, del figlio maggiorenne, il quale, in quanto
economicamente dipendente e sotto certi aspetti assimilabile al minorenne (in ordine al
quale, proprio in epoca recente, in attuazione del principio del giusto processo, si tende a
realizzare forme di partecipazione e di rappresentanza sempre più incisive), assolve, latu
sensu, una funzione di ampliamento del contraddittorio, consentendo al giudice di
provvedere in merito all'entità e al versamento - anche in forma ripartita - del contributo
al mantenimento, sulla base di un'approfondita ed effettiva disamina delle istanze dei
soggetti interessati
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Modifica delle condizioni di separazione o divorzio – Decisione del giudice –
Esecutorietà Immediata – Sussiste – Contra: Cass. Civ. 9373/2011
Cass. Civ., sez. III , sentenza 20 marzo 2012, n. 4376 (Pres. Filadoro – Rel. Frasca)
Benché la questione sia ampiamente dibattuta in dottrina e su essa si registrano
orientamenti contrastanti nell'ambito della giurisprudenza di merito, è da ritenere che,
contrariamente a quanto sostenuto dalla I sezione della Suprema Corte con la sentenza n.
9373/2011, il regime del provvedimento di definizione del procedimento di cui all'art.
710 c.p.c. sia quello dell'immediata esecutività delle statuizioni in esso contenute, in
perfetta sintonia con quello generale dell'immediata esecutività delle pronunce di primo
grado (che si applica anche alle statuizioni condannatorie accessorie a pronuncia
costitutiva, qual è quella di modificazione delle condizioni della separazione, dato che
Cass. sez. un. n. 4059 del 2010 ha assegnato alla sua statuizione sull'efficacia delle
condanne accessorie alla pronuncia costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c. carattere
limitato alla particolare fattispecie di cui a tale norma: si vedano in termini Cass. (ord.)
n. 21849 del 2010; Cass. n. 16737 del 2011; Cass. n. 24447 del 2011). Le conclusioni
raggiunte si giustificano (come non ha mancato di rilevare una dottrina) sia per il
procedimento di modificazione delle condizioni di una separazione pronunciata all'esito
di un procedimento contenzioso, sia per il procedimento di modificazione delle
condizioni di una separazione consensuale, atteso che l'art. 710 c.p.c. prevede una
disciplina unica per l'uno e per l'altro caso e considerato che se, nel secondo caso, le
modificazioni vengano rese sull'accordo delle parti, l'esecutività del provvedimento
definitivo (da spendere se poi taluno dei coniugi non voglia osservarle) si giustifica a
maggior ragione per il carattere lato sensu negoziale del provvedimento, mentre, se
vengano rese a seguito di lite, viene meno qualsiasi rilievo della pregressa separazione
consensuale.
Separazione consensuale – Art. 155-bis c.c. - Affidamento esclusivo – Conflittualità
– Condizioni perché giustifichi l'affidamento monogenitoriale
Cass. Civ., sez. I, sentenza 29 marzo 2012 n. 5108 (Pres. Luccioli, rel. Gianicola)
In tema di separazione personale, la regola prioritaria dell’affidamento condiviso dei
figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 cod. civ., è, ai sensi dell’art. 155 bis,
primo comma, cod. civ., derogabile solo ove la sua applicazione risulti contraria
all’interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio di valutazione in
rapporto alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti in sede
giudiziaria. La mera conflittualità esistente tra i coniugi, che spesso connota i
procedimenti separatizi, non preclude il ricorso a tale regine preferenziale solo se si
mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole; assume, invece, connotati
ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in
serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli e, dunque, tali da
pregiudicare il loro superiore interesse.
Mediazione familiare – Art. 155-sexies c.c. - Giudizio di opportunità – Rischi per il
minore
Cass. Civ., sez. I, sentenza 29 marzo 2012 n. 5108 (Pres. Luccioli, rel. Gianicola)
L'art. 155-sexies c.c. attribuisce al giudice un potere discrezionale esercitabile per
ragioni di opportunità, ragioni la cui ricorrenza risulta evidentemente esclusa nel caso in
cui sia dal giudice rilevata urgenza di provvedere per evitare anche che, nelle more del
ristabilimento del dialogo genitoriale, la prole possa subire danni
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Abbandono della casa coniugale – Reato penale – Art. 570 comma I c.p. Interpretazione evolutiva della norma
Cass. Pen., sez. VI, sentenza 2 aprile 2012 n. 12310 (Pres. Agrò, rel. Paoloni)
Il reato di cui all'art. 570 co. 1 c.p., nella forma dell'abbandono del domicilio domestico,
non può ritenersi configurabile per il solo fatto storico dell'avvenuto allontanamento di
uno dei coniugi dalla casa coniugale (v.: Cass. Sez. 6, 14.7.1989 n. 13724, Chianta, rv.
182278 Cass. Sez. 6, 12.3.1999 n. 11064, Innamorato, rv. 214330). Posto che la
fattispecie criminosa si perfeziona soltanto se e quando il contegno del soggetto agente
si traduca in un'effettiva sottrazione agli obblighi di assistenza materiale e morale nei
confronti del coniuge "abbandonato", occorre ribadire che - alla luce della normativa
regolante i rapporti di famiglia e della stessa evoluzione del costume sociale e
relazionale - la qualità di coniuge non è più uno stato permanente, ma una condizione
modificabile per la volontà, anche di uno solo, di rompere o sospendere il vincolo
matrimoniale. Volontà la cui autonoma manifestazione, pur se non perfezionata nelle
specifiche forme previste per la separazione o lo scioglimento del vincolo coniugale, può
essere idonea ad interrompere senza colpa e senza effetti penalmente rilevanti taluni
obblighi, tra i quali quello della coabitazione. La logica ulteriore conseguenza, ignorata
dalla sentenza impugnata, è che la condotta tipica di abbandono del domicilio domestico
è integrata soltanto se l'allontanamento risulti privo di una giusta causa, connotandosi di
reale disvalore dal punto di vista etico e sociale (Cass. Sez. 6, 14.10.2004 n. 44614,
Romeo, rv. 230523).
Illecito Endofamiliare – Danno da mancata istruzione, educazione del figlio
naturale – Art. 2059 c.c. - Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 10 aprile 2012 n. 5652 (Pres. Luccioli, rel. Campanile)
Nell'ambito di un vasto orientamento, formatosi sia in dottrina, sia nella giurisprudenza,
tanto di merito quanto di legittimità, è stata enucleata la nozione di “illecito
endofamiliare”, in virtù della quale la violazione dei relativi doveri non viene sanzionata
solo attraverso le regole del diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito
civile e dare luogo ad un autonoma azione volta al risarcimento dei danni non
patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile ove cagioni la lesione di diritti
costituzionalmente protetti. E non può dubitarsi, con riferimento al caso di specie, come
il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, manifestatosi per
lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione degli obblighi di mantenimento,
istruzione ed educazione, determini un vulnus, dalle conseguenze di entità rimarchevole
ed anche, purtroppo, ineliminabili, a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di
filiazione, trovano nella carta costituzionale (in particolare agli articoli 2 e 30) e nelle
norme di natura internazionale recepite nel ostro ordinamento un elevato grado di
riconoscimento e di tutela.
Consulenza tecnica su disturbi psicologici – Scelta dell'esperto – Psicologo invece di
medico – Discrezionalità del Giudice – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 14 maggio 2012 n. 7452 (Pres. Luccioli, rel. De Chiara)
Nessuna norma impone di affidare a medici piuttosto che a psicologi le consulenze
tecniche riguardanti disturbi psicologici; la verifica della concreta qualificazione
dell’esperto a rendere la consulenza è compito esclusivo del giudice di merito che,
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peraltro, nella sua decisione, ben può motivare per relationem richiamando il contenuto
della consulenza tecnica di ufficio
Modifica delle condizioni di separazione – Art. 710 c.p.c. - Ratio – Interesse del
minore
Cass. Civ., sez. I, sentenza 17 maggio 2012 n. 7770 (Pres. Carnevale, rel. Campanile)
Il precetto contenuto nell’art. 155 ter c.c. e il procedimento previsto dall’art. 710 c.p.c.
sono fondati sulla necessità di adeguare nel tempo, sulla base di una più attuale e
concreta valutazione dell’interesse della prole, i provvedimenti già adottati.
Affidamento e collocamento del minore adolescente – Volontà dallo stesso espressa
– Prevalenza nella valutazione del giudice – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 17 maggio 2012 n. 7773 (Pres. Carnevale, rel. Campanile)
Premesso che i provvedimenti in materia di affidamento non possono consistere in
forzate sperimentazioni, nel corso delle quali, come in un letto di Procuste, le reali ed
attuali esigenze della prole vengono sacrificate al tentativo di conformare i
comportamenti dei genitori a modelli tendenzialmente più maturi e responsabili, ma
contraddetti dalla situazione reale già sperimentata, deve rimarcarsi che, attesa la
primazia “dell’interesse morale e materiale” della prole stessa, la norma contenuta
nell’art. 155 sexies, primo comma, nella parte in cui prevede l’audizione del minore da
parte del giudice, non solo consente di realizzare la presenza nel giudizio dei figli, in
quanto parti sostanziali del procedimento (Cass., Sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238),
ma impone certamente che degli esiti di tale ascolto si tenga conto. Naturalmente le
valutazioni del giudice, in quanto doverosamente orientate a realizzare l’interesse del
minore, che può non coincidere con le opinioni dallo stesso manifestate, potranno in tal
caso essere difformi: si impone, tuttavia, un onere di motivazione la cui entità deve
ritenersi direttamente proporzionale al grado di discernimento attribuito al figlio.
Abbandono della casa coniugale – Assenza di intesa sessuale – Giustificato motivo
per l'abbandono – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 31 maggio 2012 n. 8773 (Pres. Vitrone, rel. Dogliotti)
La mancanza di un'intesa sessuale rappresenta una «giusta causa» per abbandonare il
tetto coniugale, ragion per cui l'abbandono, giustificato da tale motivo, non può
sorreggere una pronuncia di addebito, emergendo, nella relazione di coniugio, l'assenza
di un rapporto «sereno e appagante».
Separazione – Violazione dell'obbligo della fedeltà – Casi in cui giustifica l'addebito
della separazione – Legame causale con la intollerabilità della convivenza
Cass. Civ., sez. I, sentenza 1 giugno 2012 n. 8862 (Pres. Vitrone, rel. Dogliotti)
L’obbligo di fedeltà è sicuramente impegno globale di devozione, che presuppone una
comunione spirituale tra i coniugi, volto a garantire e consolidare l’armonia interna tra
essi (in tale ambito, la fedeltà sessuale è soltanto un aspetto, ma sicuramente, rilevante).
Quanto all’addebito, esso sussiste se vi siano violazioni degli obblighi matrimoniali, di
regola gravi e ripetute, che diano causa all’intollerabilità della convivenza. (ciò anche
per l’obbligo di fedeltà, come per qualsiasi altro obbligo coniugale).
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Separazione – Addebito – Risarcimento del danno - Coesistenza – Possibilità –
Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 1 giugno 2012 n. 8862 (Pres. Vitrone, rel. Dogliotti)
La violazione di obblighi nascenti dal matrimonio che, da un lato è causa di
intollerabilità della convivenza, giustificando la pronuncia di addebito, con gravi
conseguenze, com’è noto, anche di natura patrimoniale, dall’altro, dà luogo ad un
comportamento (doloso o colposo) che, incidendo su beni essenziali della vita, produce
un danno ingiusto, con conseguente risarcimento, secondo lo schema generale della
responsabilità civile. Possono dunque sicuramente coesistere pronuncia di addebito e
risarcimento del danno, considerati i presupposti, i caratteri, le finalità, radicalmente
differenti.
Separazione – Condotta tenuta da un coniuge dopo la separazione e in prossimità
di essa – Valutazione in termini di elemento per apprezzare e giudicare la pregressa
condotta nel giudizio di addebito – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 giugno 2012 n. 8928 (Pres. Luccioli, rel. Campanile)
La condotta tenuta da uno dei coniugi dopo la separazione e in prossimità di essa, se
pure priva di efficacia autonoma nel determinare l’intollerabilità della convivenza, può
comunque essere valutata dal giudice, quale elemento alla luce del quale valutare la
condotta pregressa ai fini del giudizio di addebitabilità (Cass., 2 settembre 2005, n.
177810).
Separazione – Condotta tenuta da un coniuge di lesione dei beni fondamentali della
persona – Addebito – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 giugno 2012 n. 8928 (Pres. Luccioli, rel. Campanile)
Le gravi condotte lesive, traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della
persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, ed
oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e
doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come
ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo e si sottraggono anche alla
comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per
escludere l'addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere
(Cass., 7 aprile 2005, n. 7321; Cass., 14 aprile 2011, n. 8548).
Aumento dell'età – Aumento delle esigenze della prole – Dimostrazione – Non
necessaria
Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 giugno 2012 n. 8927 (Pres. Luccioli, rel. Campanile)
L'accrescimento delle esigenze della prole, in funzione del progredire degli anni, non
abbisogna di specifica dimostrazione (Cass., 13 gennaio 2010, n. 400).
Potestà genitoriale – Libertà di religione del genitore – Limitazione nel rapporto
con figli – Possibilità – Sussiste - Condizioni – Nel caso di specie: Testimoni di
Geova
Cass. Civ., sez. I, sentenza 12 giugno 2012 n. 9546 (Pres. Luccioli, rel. Gianicola)
L’art. 155 cod.civ., in, tema di provvedimenti riguardo ai figli nella separazione
personale dei coniugi, consente al giudice di fissare le modalità della loro presenza
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presso ciascun genitore e di adottare ogni altro provvedimento ad essi relativo,
attenendosi al criterio fondamentale rappresentato dal superiore interesse della prole che
assume rilievo sistematico centrale nell’ordinamento dei rapporti di filiazione, fondato
sull’art. 30 della Costituzione. L’esercizio in concreto di tale potere, dunque, deve
costituire espressione di conveniente protezione (art. 31, comma 2 Cost.) del preminente
diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata e può assumere anche
profili contenitivi dei rubricati diritti e libertà fondamentali individuali, ove le relative
esteriorizzazioni determinino conseguenze pregiudizievoli per la prole che vi presenzi,
compromettendone la salute psico-fisica e lo sviluppo; tali conseguenze, infatti, oltre a
legittimare le previste limitazioni ai richiamati diritti e libertà fondamentali contemplati
in testi sovranazionali, implicano in ambito nazionale il non consentito superamento dei
limiti di compatibilità con i pari diritti e libertà altrui e con i concorrenti doveri di
genitore fissati nell’art 30, primo comma della Costituzione e nell’art. 147 del codice
civile.
Affidamento congiunto – Scelte di maggiore importanza – Iscrizione ad una scuola
privata – Consenso del genitore quale presupposto per il rimborso delle spese –
Sussiste – Onere della prova – A carico di chi chiede il pagamento
Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 giugno 2012, n. 10174 (Pres. Luccioli, Rel. Mercolino)
L’affidamento congiunto, oltre ad implicare l'esercizio della potestà da parte di entrambi
i genitori, presuppone un'attiva collaborazione degli stessi nell'elaborazione e la
realizzazione del progetto educativo comune, imponendo pertanto, nell'accertamento
della paternità delle singole decisioni, quanto meno di quelle più importanti, la verifica
che le stesse sono state assunte sulla base di effettive consultazioni tra i genitori, e quindi
con il consapevole contributo di ciascuno di essi. Ne discende che la parte la quale
richieda il rimborso di spese sostenute per il minore, al fine dell’accoglimento della
domanda, ha l’onere di fornire la la prova di aver provveduto a consultare
preventivamente l'ex-coniuge, al fine di ottenerne il consenso all’atto; e, in particolare,
ad esempio, all'iscrizione della prole presso un istituto privato.
Separazione – Sentenza parziale – Art. 190 c.p.c. - Applicabilità - Esclusione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 22 giugno 2012, n. 10484 (Pres. Salmé, Rel. Campanile)
L'art. 709 bis c.p.c., nell'attuale formulazione, come definitivamente modificata con l'art.
1, c. 4, della l. n. 263 del 2005, ha eliminato, con la locuzione "il tribunale emette
sentenza non definitiva relativa alla separazione", ogni valutazione di discrezionalità
circa l'emanazione della sentenza parziale sullo status, ragion per cui non è richiesto
l’impulso di parte per l’emanazione della pronuncia in merito allo status. Non si applica,
ai fini dell’emanazione della pronuncia sullo status, la disciplina di cui all'art. 190 c.p.c.
Accertamento della paternità – Esami ematologici – rifiuto ingiustificato –
Valutazione ex art. 116 c.p.c. - Come unico elemento di giudizio - Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 17 luglio 2012 n. 12198 (Pres. Luccioli, est. Acierno)
Il rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici costituisce un
comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell'art. 116 cod. proc. civ., anche
in assenza di prove dei rapporti sessuali tra le parti, in quanto è proprio la mancanza di
riscontri oggettivi assolutamente certi e difficilmente acquisibili circa la natura dei
rapporti intercorsi e circa l'effettivo concepimento a determinare l'esigenza di desumere
argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti, potendosi
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trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda anche soltanto dal rifiuto
ingiustificato a sottoporsi all'esame ematologico del presunto padre, posto in opportuna
correlazione con le dichiarazioni della madre
Accertamento giudiziale della paternità - Esumazione della salma per motivi di
Giustizia - Regolamento di Polizia Mortuaria (D.P.R. 10.9.90, n. 285, art. 83) –
Diritto dei congiunti sul corpo della persona defunta – Necessità del loro consenso Non sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 19 luglio 2012 n. 12549 (Pres. Luccioli, Rel. Piccininni)
Non è configurabile un diritto soggettivo dei prossimi congiunti sul corpo della persona
deceduta, circostanza da cui discende l'insussistenza di un loro potere di disposizione su
di esso. La disciplina positiva risulta orientata verso il duplice obiettivo della difesa del
corpo delle persone decedute da inutili e gratuiti interventi mutilatori e della
legittimazione delle eventuali iniziative dell'autorità giudiziaria poste in essere per
motivi di giustizia. Ed invero il cadavere costituisce oggetto di espressa tutela nel
vigente codice penale nell'apposito capo relativo ai delitti contro la pietà dei defunti
(artt. 407-411 c.p.), che mirano per l'appunto a tutelarne il rispetto sotto diversi aspetti, e
cioè in relazione all'integrità delle tombe ed alle cose destinate al relativo culto, allo
svolgimento del funerale, ad eventuali atti di vilipendio, alla distruzione, soppressione,
sottrazione, occultamento o uso illegittimo di cadavere, e quindi in fattispecie del tutto
diverse rispetto a quella oggetto di giudizio. Analogamente, il Regolamento di Polizia
Mortuaria (D.P.R. 10.9.90, n. 285) prevede poi (art. 83) che le salme possono essere
esumate prima del prescritto turno di rotazione per ordine dell'autorità giudiziaria, per
indagini nell'interesse della giustizia (ovvero per trasportarle in altre sepolture o per
cremarle previa autorizzazione del sindaco), così come alla medesima autorità è
conferita la facoltà di disporre esumazioni straordinarie per identiche finalità, e pertanto
con riferimento all'avvertita necessità di assicurare gli accertamenti indispensabili per
motivi di giustizia. In entrambi i casi contemplati dal citato Regolamento non è dunque
richiesto il consenso dei familiari o degli eredi all'esumazione ed all'autopsia del
cadavere del congiunto, consenso la cui necessità è anzi da ritenere implicitamente
esclusa dall'interpretazione complessiva della normativa vigente sopra richiamata.
D'altro canto la facoltà di agire in giudizio a tutela di un proprio diritto è
costituzionalmente garantita (art. 24 Cost.), sicché una interpretazione della normativa
vigente orientata in senso restrittivo rispetto al relativo esercizio si porrebbe in contrasto
con il dettato costituzionale. Ciò tanto più ove si tratti di controversia avente ad oggetto
l'accertamento di un diritto fondamentale, attinente allo status della parte che agisce in
giudizio.
Art. 155-quater c.c. - Assegnazione della casa familiare – Concetto di “stabile
godimento” - Genitore affidatario che trascorre fuori dalla casa familiare cinque
giorni a settimana per motivi di lavoro – Legittimità dell'assegnazione della casa in
sede di separazione – Sussiste – Estinzione del diritto al godimento della casa Esclusione
Cass. Civ., Sez. I, sentenza 9 agosto 2012 n. 14348
a) essendo ormai legislativamente stabilito che Il godimento della casa familiare è
attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli (art. 155-quater c.c.,
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comma 1, primo periodo), tale disposizione risponde all'esigenza, prevalente su qualsiasi
altra, di conservare ai figli di coniugi separati l'habitat domestico, da intendersi come il
centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la
vita familiare (cfr., ex plurimis e tra le ultime, la sentenza n. 14553 del 2011).
b) la Corte costituzionale, con la sentenza n. 308 del 2008, ha affermato, in via generale,
che dal contesto normativo e giurisprudenziale emerge che non solo l'assegnazione della
casa familiare, ma anche la cessazione della stessa, è stata sempre subordinata, pur nel
silenzio della legge, ad una valutazione, da parte del giudice, di rispondenza all'interesse
della prole, da tale principio deducendo, con riferimento specifico alla fattispecie, che
l'art. 155-guater cod. civ., ove interpretato, sulla base del dato letterale, nel senso che la
convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell'assegnatario della casa sono
circostanze idonee, di per se stesse, a determinare la cessazione dell'assegnazione, non è
coerente con i fini di tutela della prole, per il quale l'istituto è sorto, e concludendo nel
senso che La coerenza della disciplina e la sua costituzionalità possono essere recuperate
ove la normativa sia interpretata nel senso che l'assegnazione della casa coniugale non
venga meno di diritto al verificarsi degli eventi di cui si tratta (instaurazione di una
convivenza di fatto, nuovo matrimonio), ma che la decadenza dalla stessa sia
subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore;
c) anche l'art. 155-quater c.c., comma 1, terzo periodo, nella parte in cui dispone che Il
diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti
o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare ..., deve essere interpretato, in
conformità con i predetti principi, nel senso che, sebbene tali casi di revoca
dell'assegnazione della casa familiare siano collegati ad eventi che fanno presumere il
venir meno della esigenza abitativa, tuttavia la prova di tali eventi - che onera chi agisce
per la revoca - deve essere particolarmente rigorosa in presenza di prole affidata o
convivente con l'assegnatario ed attestare in modo univoco che gli eventi medesimi sono
connotati dal carattere della "stabilità", cioè dell'irreversibilità, ed inoltre nel senso che il
giudice investito della domanda di revoca deve comunque verificare che il
provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole affidata o
convivente con l'assegnatario. Il diritto al godimento della casa non si estingue, dunque,
dove il genitore affidatario non vi abiti per tutti i giorni della settimana, in ragione di
esigenze lavorative.
Provvedimenti emessi in sede di volontaria giurisdizione - che limitino o escludano
la potestà dei genitori naturali ai sensi dell'art. 317-bis cod. civ., che pronuncino la
decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e
332 cod. civ., che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori
pregiudizievole ai figli, ai sensi dell'art. 333 cod. civ., o che dispongano
l'affidamento contemplato dall'art. 4, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n.
184 – Ricorribilità in Cassazione della decisione sul reclamo - Esclusione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 settembre 2012 n. 15341 (Pres. Luccioli, rel. San Giorgio)
I provvedimenti, emessi in sede di volontaria giurisdizione, che limitino o escludano la
potestà dei genitori naturali ai sensi dell'art. 317-bis cod. civ., che pronuncino la
decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332
cod. civ., che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori
pregiudizievole ai figli, ai sensi dell'art. 333 cod. civ., o che dispongano l'affidamento
contemplato dall'art. 4, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, in quanto
privi dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale, non sono
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impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione di cui all'art. 111, settimo comma,
Cost. neppure se il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale,
quali espressione del diritto di azione (nella specie, la mancanza del parere del P.M. e la
mancata audizione dei genitori), in quanto la pronunzia sull'osservanza delle norme che
regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda
può essere portata all'esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell'atto
giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza
di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell'atto sia privo, stante la
natura strumentale della problematica processuale e la sua idoneità a costituire oggetto di
dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa essere riaperta la
discussione sul merito
Art. 709-ter c.p.c. - “impugnazione con i mezzi ordinari” - Significato
Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 settembre 2012 n. 15341 (Pres. Luccioli, rel. San Giorgio)
La locuzione contenuta nell'art. 709-ter cod.proc.civ., che prevede l'impugnazione con i
mezzi ordinari, va interpretata per l'effetto nel senso che i mezzi "ordinari" sono solo
quelli propri della categoria giuridica cui appartiene l'atto, determinata dal suo contenuto
e dalla sua finalità
Diritto di Accesso agli atti – Prevalenza sulla riservatezza in funzione della
attuazione del diritto di difesa/azione – Sussiste – Accesso ai redditi del convivente
del coniuge per il procedimento di separazione - Sussiste
Cons. Stato, sez. IV, sentenza 20 settembre 2012 n. 5047 (Pres. Giaccardi, est. Romano)
Il diritto di accesso deve prevalere sull’esigenza di riservatezza di terzi quando esso sia
esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente
protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui
esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta. Ha diritto, pertanto, ad accedere alla
documentazione reddituale del convivente della moglie separata il coniuge che intenda
agire in giudizio per l’accertamento della spettanza o meno dell’assegno di
mantenimento in favore della controparte.
Diritto al nome – Onomastico “Andrea” – Attribuzione a soggetto di sesso
femminile – Illegittimità - Esclusione
Cass. civ.,sez. I, sentenza 20 novembre 2012 n. 20835 (Pres. Luccioli, rel. Acierno)
Il nome Andrea, anche per le sua peculiarità lessicale, non può definirsi né ridicolo né
vergognoso se attribuito ad una persona di sesso femminile, né potenzialmente
produttivo di un’ambiguità nel riconoscimento del genere della persona cui sia stato
imposto, non essendo più riconducibile, in un contesto culturale ormai non più
rigidamente nazionalistico, esclusivamente al genere maschile. La ratio del divieto di
attribuire un nome non corrispondente al sesso del minore, è sempre quella fondata sul
massimo rispetto della dignità personale. Un segno distintivo così rilevante come il
nome non può avere un contenuto di evidente confusione su un carattere, quale il genere,
di primario rilievo. Ma, quando la caratterizzazione di genere, come nel caso del nome
Andrea, ha perso la sua valenza distintiva esclusiva a causa dell’uso indifferenziato per
entrambi i generi, in molti paesi stranieri, del nome in questione, la scelta dei genitori,
alla luce dell’art. 34, secondo comma, è del tutto legittima perché non determina alcuno
sconfinamento nella lesione della dignità personale.
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Litispendenza internazionale – Criteri interpretativi – Identico rapporto
sostanziale - Art. 7 Legge 218/1995
Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 28 novembre 2012 n. 21108 (Pres. Preden, est. Piccininni)
La litispendenza internazionale assurge a criterio negativo, sia pur temporaneo, della
giurisdizione del giudice italiano per evitare inutili duplicazioni ed eliminare il rischio di
conflitti di giudicati. Ai fini della nozione di litispendenza deve essere privilegiata una
interpretazione sostanzialistica, non agganciata a criteri formalistici. Ne consegue che
per giudicare due cause identiche e dunque l’esistenza della litispendenza va considerato
se il giudizio italiano e straniero abbiano ad oggetto un identico rapporto sostanziale e su
quello i giudici siano chiamati a decidere. Il giudice dotato di potestas decidendi è quello
adito per primo.
Conflittualità tra padre e figli – Affido esclusivo - Esclusione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 3 dicembre 2012 n. 21591 (Pres. Fioretti, est. Bisogni)
La posizione conflittuale dei figli rispetto alla figura paterna non giustifica la opzione
verso un regime di affido esclusivo
Separazione – Somme versante in virtù del mantenimento stabilito nelle more del
procedimento – Revoca dell'assegno – Diritto alla ripetibilità – Esclusione –
Condizioni per la ripetibilità
Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 dicembre 2012 n. 21675 (Pres. Fioretti, est. Cultrera)
In materia di separazione, sono irripetibili le somme versate in caso di revoca
dell'assegno di mantenimento (Cass. nn. 11863/2004, 13060/2002, 4198/1998,
3415/1994). E' invece ripetibile l'assegno di mantenimento se versato a minore che non è
figlio dell'onerato
Scrittura privata sottoscritta dai nubendi al momento del matrimonio – Impegno
della moglie a trasferire al marito un Immobile di sua proprietà in caso di
fallimento del matrimonio (separazione o divorzio) – Natura di Accordo cd.
Prematrimoniale in vista del divorzio - Esclusione
Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 dicembre 2012 n. 23713 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti)
La scrittura privata sottoscritta dai nubendi al momento del matrimonio, contenente
l'impegno della moglie a trasferire al marito un immobile di sua proprietà in caso di
fallimento del matrimonio (separazione o divorzio), non è inquadrabile nell'ambito degli
accordi cd. prematrimoniale in vista del divorzio dove il fallimento del matrimonio non
venga considerato come causa genetica dell’accordo, ma sia degradato a mero ‘‘evento
condizionale’’. In questi casi viene in rilievo un accordo tra le parti, libera espressione
della loro autonomia negoziale, estraneo alla categoria degli accordi prematrimoniali
(ovvero effettuati in sede di separazione consensuale) in vista del divorzio, che
intendono regolare l’intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come
la corresponsione di assegno), con possibili arricchimenti e impoverimenti.
Accordo cd. Prematrimoniale in vista del divorzio – Giurisprudenza della
Cassazione formatasi sul punto – Progressivo “favor” per questi accordi
Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 dicembre 2012 n. 23713 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti)
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Gli accordi prematrimoniali in vista del divorzio sono molto frequenti in altri Stati,
segnatamente quelli di cultura anglosassone, dove essi svolgono una proficua funzione
di deflazione delle controversie familiari e divorzili. Come è noto, in Italia, la
giurisprudenza è orientata a ritenere tali accordi, assunti prima del matrimonio o magari
in sede di separazione consensuale, e in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della
causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso
assegno di divorzio (per tutte, Cass. n. 6857 del 1992). Tale orientamento è criticato da
parte della dottrina, in quanto trascurerebbe di considerare adeguatamente non solo i
principi del sistema normativo, ormai orientato a riconoscere sempre più ampi spazi di
autonomia ai coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla
crisi coniugale. E’ assai singolare che invece siano stati ritenuti validi accordi in vista di
una dichiarazione di nullità del matrimonio, perché sarebbero correlati ad un
procedimento dalle forti connotazioni inquisitorie, volto ad accertare l’esistenza o meno
di una causa di invalidità del matrimonio, fuori da ogni potere negoziale di disposizione
degli status: tra le altre, Cass. n. 248 del 1993). Giurisprudenza più recente della
Cassazione ha invece sostenuto che tali accordi non sarebbero di per sé contrari
all’ordine pubblico; più specificamente il principio dell’indisponibilità preventiva
dell’assegno di divorzio dovrebbe rinvenirsi nella tutela del coniuge economicamente
più debole, e l’azione di nullità (relativa) sarebbe proponibile soltanto da questo (al
riguardo, tra le altre, Cass. n. 8109 del 2000; n. 2492 del 2001; n. 5302/2006).
Provvedimenti ex artt. 330, 332, 333 c.c. – Ricorribilità in Cassazione - Esclusione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 8 gennaio 2013 n. 221 (Pres. Luccioli, rel. Acierno)
I provvedimenti che limitino o escludano la potestà dei genitori naturali ai sensi dell'art.
317 bis cod. civ., che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione
in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332 cod. civ., o che dettino disposizioni per ovviare ad
una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell'art. 333 cod. civ., o, infine,
che dispongano l'affidamento contemplato dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 4, comma
2, in quanto privi dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale, non
sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione di cui all'art. 111 Cost.,
comma 1" (Cass. 21718 del 2010, cui sono seguite in termini Cass. n. 12536 del 2012;
15341 del 2012).
Delega del giudice ai servizi sociali in ordine all’eventuale ampliamento delle
modalità di visita tra genitore e figlio – Abdicazione del giudice al dovere ex art.
155 c.c. - Non sussiste – Delega comprensiva della possibilità di ampliare il diritto
di visita – Illegittimità – Esclusione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 11 gennaio 2013 n. 601 (Pres. Luccioli, rel. De Chiara)
Con l’affidare ai servizi sociali il compito di disciplinare le modalità degli incontri
genitore – figlio, il Tribunale non abdica al potere spettantegli ai sensi dell’art. 155 c.c.,
dove – seppur in modo non dettagliato – fornisca comunque delle istruzioni al Servizio
delegato; inoltre, la facoltà concessa ai servizi di ampliare le modalità e la durata di tali
incontri, sino a giungere eventualmente anche a incontri liberi, non costituisce un limite
al diritto del genitore, bensì una disposizione a lui favorevole, che lo solleva dall’onere
di richiedere la concessione di detto ampliamento al giudice, il cui intervento, peraltro,
resta necessario in caso di valutazione negativa da parte dei servizi.
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Affidamento del minore a genitore che abbia instaurato una famiglia incentrata su
coppia omosessuale – Idoneità del contesto familiare ad educare ed istruire il
minore – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 11 gennaio 2013 n. 601 (Pres. Luccioli, rel. De Chiara)
E' un mero pregiudizio quello per cui sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino
il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà
per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare
per il bambino.
Sentenza di annullamento del matrimonio pronunciata dal Tribunale ecclesiastico –
Delibazione – Rilevanza della durata del matrimonio – contrasto di giurisprudenza
– Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. Civ., sez. I, sentenza 14 gennaio 2013 n. 712 (Pres. est. Luccioli)
Sussiste contrasto di giurisprudenza in ordine alla possibilità di delibare la sentenza di
annullamento del matrimonio, emessa dal tribunale ecclesiastico, dove l'unione abbia
avuto lunga durata e si sia dunque protratta nel tempo: la questione va quindi rimessa
alle Sezioni Unite (contrasto di giurisprudenza: per Cass. Civ. 1343/2011, il fatto che il
matrimonio si sia protratto per lunga durata osta alla delibazione dell'eventuale sentenza
di annullamento; per Cass civ. 8926/2012, può essere affermato, invece, un generale
principio di irrilevanza, ai fini della delibazione, della durata della convivenza).
Separazione/Divorzio – Richieste istruttorie – Prove generiche – Ammissibilità Esclusione
Cass. civ., sez. I, sentenza 18 gennaio 2013 n. 1239 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti)
Sono generiche e pertanto inammissibili le prove formulate nel senso di attribuire alla
parte (nel caso di specie: il coniuge) comportamenti vaghi senza dedurre specifiche
circostanze al riguardo
Casa Coniugale – Art. 155-quater c.c. Mantenimento – Clausola che stabilisce
l'automatico aumento dell'importo quando l'assegnatario lascerà la casa coniugale
– Legittimità – Sussiste
Cass. civ., sez. I, sentenza 18 gennaio 2013 n. 1239 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti)
E’ legittima la clausola con cui il giudice stabilisca che l’assegno spettante al coniuge
debole assegnatario della casa coniugale, sia automaticamente aumentato non appena
questi lasci l’abitazione, in applicazione dell’art. 155-quater c.c.
Rispetto della vita familiare – Art. 8 Cedu – Diritto di visita del padre –
Comportamento della madre che lo ostacoli – Obbligo per le Autorità di adottare
misure concrete ed effettive che garantiscano gli incontri tra genitore e figlio –
Sussiste – procedura italiana che si fondi su misure automatiche e stereotipate –
Violazione dell’art. 8 Cedu - Sussiste
Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013 (Pres. Jočienė), Affaire
Lombardo c/ Italia
Dall’art. 8 della Convenzione, derivano obblighi positivi dove si tratti di garantire il
rispetto effettivo della vita privata o familiare. Questi obblighi possono giustificare
l’adozione di misure per il rispetto della vita familiare nelle relazioni tra gli individui, e,
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in particolare, la creazione di un arsenale giuridico adeguato ed efficace per garantire i
diritti legittimi delle persone interessate e il rispetto delle decisioni dei tribunali. Gli
obblighi positivi di cui si discute non si limitano al controllo a che il bambino possa
incontrare il suo genitore o avere contatti con lui ma includono l’insieme delle misure
preparatorie che permettono di raggiungere questo risultato. Per essere adeguate, le
misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate
rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili
sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui. Non deve,
dunque, trattarsi di misure stereotipate ed automatiche.
Separazione – disaffezione “soggettiva” al matrimonio – diritto alla separazione –
sussiste – addebito per il suo esercizio - esclusione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 30 gennaio 2013 n. 2183 (Pres. Fioretti, rel. De Chiara)
In una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale, il giudice, per pronunciare la
separazione, deve verificare, in base ai fatti emersi, ivi compreso il comportamento
processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di
conciliazione ed a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, l’esistenza,
anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da
rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità da parte
dell’altro, la convivenza. Ove tale situazione di intollerabilità di verifichi, anche rispetto
ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto a chiedere la separazione: con
la conseguenza che la relativa domanda, costituendo esercizio di un suo diritto, non può
costituire ragione di addebito.
Autorizzazione al rilascio del passaporto al Minore – Provvedimento vincolato –
Esclusione – Interesse del minore
Cass. Civ., sez. I, sentenza 5 febbraio 2013 n. 2696 (Pres. Vitrone, rel. Bernabai)
L'autorizzazione al rilascio del passaporto al minore, su richiesta di un genitore, senza
l'assenso - o contro la volontà dell'altro coniuge - non può considerarsi provvedimento
vincolato, a fronte di un diritto soggettivo non soggetto a limiti. Al contrario, è
subordinata alla valutazione dell'interesse del minore; così come ogni altro
provvedimento ordinario attinente all'affidamento dei figli minori, assunto in sede di
separazione personale dei coniugi: di cui, del resto, costituisce un aspetto rilevante, data
la sua strumentalità alla disciplina dei tempi e modi di permanenza presso ciascuno dei
genitori.
Matrimonio - Rapporti sessuali innaturali imposti alla moglie dal marito – Nullità
del matrimonio per errore essenziale sulle qualità personali del coniuge – Art. 122
c.c. - Esclusione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 12 febbraio 2013 n. 3407 (Pres. Luccioli, rel. Bisogni)
La sfera di applicazione dell’art. 122 del codice civile assegna rilevanza all’errore sulle
qualità del coniuge, sub specie di anomalia o deviazione sessuale, nei soli casi in cui si
manifesti nell’altro coniuge una anomalia o deviazione sessuale tale da impedire lo
svolgimento della vita coniugale. In altri termini l’anomalia o deviazione deve costituire
un impedimento oggettivo e non superabile allo svolgimento della vita coniugale
Giudizio di Separazione - Litisconsorzio necessario nei confronti del Pm –
Esclusione
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Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 febbraio 2013 n. 3502 (Luccioli, rel. Acierno)
L'orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità ha nettamente escluso che
nel giudizio di separazione personale tra coniugi che abbia ad oggetto anche le
statuizioni sui figli minori si determini un'ipotesi di litisconsorizio necessario nei
confronti del pubblico ministero analogamente a quanto si verifica nel giudizio di
divorzio, precisando che "nel giudizio di separazione”, il P.M. deve intervenire a pena di
nullità (art. 10 c.p.c.) ma non ha potere d'iniziativa né può impugnare la sentenza che lo
conclude ex art. 12, 3 comma, c.p.c., a differenza di quanto previsto per il divorzio nel
cui procedimento assume la qualità di litisconsorte se vi sono figli minori o incapaci,
avendo potere di impugnare la decisione che conclude questa causa matrimoniale, anche
in ordine agli interessi patrimoniali dei figli minori o incapaci ex art. 5, comma 5, L. 1
dicembre 1970 n. 898, come modificata (Cass. 29 ottobre 1998 n. 10803). Nella
separazione, che è causa che può essere promossa solo dai coniugi ai sensi dell'art. 150,
3 comma, c.c. (Cass. 17 gennaio 1996 n. 364) e nella quale è espressamente escluso il
potere d'impugnazione del P.M. dall'art. 72, terzo comma, c.p.c., che lo prevede nelle
altre cause matrimoniali, non vi è litisconsorzio necessario. (...). Il legislatore,pur
qualificando il giudizio di separazione causa matrimoniale, esclude che il P.M. possa
impugnare la decisione che lo conclude e attribuisce ai coniugi soltanto il "diritto di
chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli,
l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e
alle modalità del contributo", (art. 155 c.c.). (...). Non si può estendere il potere
d'impugnazione del P.M. di cui al 5 comma dell'art. 5 della L. 898/10, non
espressamente richiamato (a differenza dell'art. 4) dall'art. 23 della L. 6 marzo 1981 n.
74, al giudizio di separazione (sul tema, Cass. 10 giugno 1998 n. 5756), neppure alla
luce delle sentenze della Corte Costituzionale relative alle fattispecie diverse della
disparità di trattamento dei minori, nell'art. 9 della L. n. 898/70 rispetto agli art. 710 e 70
c.p.c. (in quest'ultimo caso per i giudizi ira genitori naturali relativi ai figli), e riguardanti
il potere d'intervento del P.M. e non quello di impugnazione (C, Cost. 25 giugno 1996 n.
214 e 9 novembre 1992 n. 416), precluso espressamente dall'art. 12 c.p.c.". (Cass. 6965
del 2002).
Separazione – Coniuge debole – Diritto al Mantenimento
Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 febbraio 2013 n. 3502 (Luccioli, rel. Acierno)
L'esclusione del riconoscimento di un contributo al mantenimento del coniuge debole
può essere fondato sulla sua attitudine al lavoro, desumibile dall'età, le condizioni di
salute e il possesso di un diploma di studi oltre che di una potenziale professionalità.
Tuttavia, tali condizioni, se non eziologicamente collegate alla prospettiva effettiva ed
attuale di svolgimento di un'attività produttiva di reddito, sono inidonee a far venire
meno il dovere di solidarietà coniugale, sancito dall'art. 143 terzo comma, cod. civ., che
impone, in sede di separazione personale, ai sensi dell'art. 156 cod. civ., la
corresponsione di un assegno di mantenimento, in favore del coniuge che non abbia
adeguati redditi propri. La valutazione di adeguatezza od inadeguatezza dei redditi
personali, deve essere svolta, in virtù dell'origine solidale dell'obbligo a carico dell'altro
coniuge, sulla base delle condizioni reddituali e patrimoniali valutabili al momento
dell'accertamento della sussistenza del diritto, ben potendo in futuro, tali valutazioni
essere modificate in sede di revisione delle condizioni della separazione, qualora le
potenzialità lavorative e reddituali del titolare dell'assegno si attualizzino. (art.156,
ultimo comma, cod. civ.). Al riguardo, secondo il costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità, è stato affermato che: "In tema di separazione personale
24
dei coniugi, l'attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di
guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura
dell'assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non
solo dei redditi in denaro ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di
valutazione economica. Peraltro, l'attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso
rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di
un'attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed
ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche. (Cass. 18547 del 2006,
cui devono aggiungersi i precedenti conformi 3975 del 2002 e 12121 del 2004)". Ai fini
del riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento in favore di uno dei coniugi,
alla luce dei criteri sanciti dall'art. 156 cod. civ., risulta pertanto rilevante la condizione
patrimoniale e reddituale comparativa riscontrabile alla luce dei complessivi riscontri
istruttori al momento dell'accertamento del diritto, non rilevando, in via generale, ai fini
dell'attribuzione di esso, le ragioni recenti o remote dell'assenza attuale di effettiva
capacità reddituale, salva la loro valutabilità in sede di quantificazione del contributo.
Sentenza di divorzio pronunciata da giudice straniero – Efficacia in Italia – Lesione
del contraddittorio – Riconoscibilità – Esclusione
Cass. Civ., sez. II., sentenza 18 febbraio 2013 n. 3964 (Pres. Luccioli, rel. Cultrera)
Il disposto dell'art. 64 lett. b) comma 1 della legge n. 218/1995 stabilisce che la sentenza
straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun
procedimento, quando l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del
convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo ove si è svolto il
processo e non siano stati violati i diritti essenziali della difesa. È dunque compito della
Corte d'appello, adita in caso di contestazione a mente del citato art. 67 legge n.
218/1995, verificare la regolarità dell'instaurazione del rapporto processuale in quel
giudizio, accertando sia che la notifica dell'atto introduttivo sia stata eseguita alla luce
delle regole vigenti in quello Stato, sia che il procedimento di notifica in tal guisa
regolamentato ed eseguito in concreto abbia garantito il rispetto dei diritti essenziali
della difesa indeclinabili nel nostro ordinamento processuale. L'inevitabile corollario
comporta che il riscontro di irregolarità del procedimento di notifica, rilevanti e decisive
nell'ordinamento interno ma inidonee ad inficiarne la validità secondo lo jus loci, le cui
formalità non necessariamente devono essere regolamentate negli stretti termini di
garanzia che governano il sistema del codice di rito, nondimeno osta al riconoscimento
degli effetti di quella sentenza se in concreto dette irregolarità abbiano inciso,
procurandone la compromissione, sul principio fondamentale del diritto di difesa della
parte citata in giudizio e di quello del contraddittorio che ne rappresenta l'espressione.
(Nel caso di specie, la Corte d'appello di Ancona ha ritenuto che, alla luce delle
riscontrate irregolarità - illeggibilità della firma apposta dalla persona che ricevette
l'atto e discrepanza cronologica tra ricevuta e relazione del corriere internazionale -, la
notifica, pur potendo ritenersi correttamente perfezionata secondo lo jus loci, fosse pur
tuttavia inidonea a certificare la conoscenza effettiva da parte della M. dell'atto
introduttivo del giudizio di divorzio e per l'effetto a garantire in quell'ambito il suo
diritto al contraddittorio ed all'esplicazione del suo diritto di difesa. In questa
prospettiva e senza pertanto disapplicare le regole di quell'ordinamento processuale, ha
conclusivamente accolto la domanda della predetta convenuta escludendo i requisiti per
il riconoscimento degli effetti della sentenza straniera).
Valutazione delle dichiarazioni del minore da parte del giudice – Esame critico e
neutrale - Sussiste
25
Cass. pen., sez. IIII, sentenza 20 febbraio 2013 n. 8057 (Pres. Gentile, rel. Amoresano)
Le dichiarazioni del bambini devono essere valutate dai giudici con la necessaria
neutralità ed il dovuto rigore e con l'opportuno aiuto delle scienze che hanno rilievo in
materia (pedagogia, psicologia, sessuologia); l'esame critico deve essere particolarmente
pregnante in presenza di dichiarazioni de relato
Valutazione delle dichiarazioni del minore da parte del giudice – Rese in sede
testimoniale – Analisi e valutazione
Cass. pen., sez. IIII, sentenza 20 febbraio 2013 n. 8057 (Pres. Gentile, rel. Amoresano)
Le dichiarazioni del minore (nel caso di specie: in sede di testimonianza) devono essere
esaminate con particolare attenzione e rigore, valutando la posizione psicologica del
dichiarante rispetto al contesto di tutte le situazioni interne ed esterne; la sua attitudine,
in termini intellettivi ed affettivi, a dichiarare i fatti stessi, tenuto conto della capacità del
minore di recepire le informazioni, di ricordarle e raccordarle; nonché, sul piano esterno,
le condizioni emozionali che modulano i suoi rapporti con il mondo esterno; la qualità e
la natura delle dinamiche familiari; i processi di rielaborazione delle vicende vissute, con
particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni. Nel contesto del
minore di età, infatti, i fatti narrati possano interagire con gli aspetti più intimi della sua
personalità adolescenziale o infantile, sì da accentuare il rischio di suggestioni, di
reazioni emotive, di comportamenti di compiacenza o autoprotettivi È indubbio,
peraltro, che quanto più il bambino è piccolo, tanto più limitata è la sua capacità di
vigilanza e di elaborazione cognitiva: ciò che impone una attenzione ancor maggiore
nella valutazione delle sue dichiarazioni.
Valutazione delle dichiarazioni del minore da parte del giudice – Esame
complessivo e contestualizzato – Sussiste
Cass. pen., sez. IIII, sentenza 20 febbraio 2013 n. 8057 (Pres. Gentile, rel. Amoresano)
È vero che il minore in tenera età non può riferire ciò che non sa, ma è altrettanto vero
che i concetti di spazio e di tempo sono per lui estremamente limitati e non si può quindi
pretendere una narrazione logica in ogni sua parte. In particolare, è manifestamente
illogico che un bambino possa inventarsi completamente fatti che esulano del tutto dalla
sua esperienza anche fantastica; però occorre pur sempre un ancoraggio radicale ad una
realtà fattuale nella cui evocazione non emergano stridenti contraddizioni. Solo un
siffatto esame complessivo, una volta accertata la capacità del minore di comprendere e
riferire i fatti, può consentire di escludere l'intervento di fattori inquinanti idonei ad
inficiare la sua credibilità e di valutare correttamente il contenuto intrinseco delle sue
dichiarazioni, sotto il profilo della loro reiterazione e coerenza, precisione, spontaneità e
logicità. E’ poi vero che i bambini piccoli non mentono consapevolmente e la loro
fantasia attinge pur sempre ad un patrimonio conoscitivo ma è anche vero che questo
principio deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi possono essere
dichiaranti attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma diventano altamente malleabili
in presenza di suggestioni eteroindotte; interrogati con domande inducenti, tendono a
conformarsi alle aspettative dello interlocutore.
Separazione – Mantenimento - Attitudine del coniuge al lavoro – Rilevanza
Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 febbraio 2013 n. 4178 (Pres. Luccioli, rel. Cultrera)
26
L'attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo in presenza dell'effettiva possibilità
di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita che deve essere scrutinata in concreto,
in relazione alla situazione individuale esaminata
Affidamento dei minori – Provvedimenti in tema di decadenza dalla potestà –
Competenza in pendenza di separazione – Riparto di competenza tra tribunale
ordinario e tribunale per i Minorenni – art. 38 disp. Att. c.c.
Cass. Civ., sez. I, sentenza 27 febbraio 2013 n. 4945 (Pres. Salmé, rel. Ragonesi)
In tema di affidamento di minori e di provvedimenti di decadenza dalla potestà
genitoriale, il discrimine tra la competenza del Tribunale ordinario e quella del
Tribunale per i Minorenni deve essere individuato con riferimento al "petitum" ed alla
"causa petendi" in concreto dedotti. Rientrano pertanto nella competenza del giudice
specializzato, ai sensi del combinato disposto degli art. 330 cod. civ. e 38 disp. att. cod.
civ., soltanto le domande finalizzate ad ottenere i provvedimenti di decadenza dalla
potestà genitoriale, mentre rientrano nella competenza del Tribunale ordinario, in sede
di separazione personale dei coniugi, le pronunzie di affidamento del minori nonché le
modalità dell'affidamento; né vale a spostare la competenza presso il Tribunale per i
Minorenni l'allegazione di un grave pregiudizio per i figli minori, se tale deduzione non
è intesa ad ottenere un provvedimento ablativo della suddetta potestà (cfr., da ultime,
Cass. n. 6841 e 20352 del 2011). Sotto altro profilo, l'art. 709 ter c.p.c. stabilisce che
competente a decidere in ordine alla soluzione delle controversie insorte tra i genitori in
ordine all'esercizio della potestà genitoriale è "il giudice del procedimento in corso",
ossia il giudice della separazione giacché la norma si inserisce tra quelle che
disciplinano il procedimento di separazione personale dei coniugi. Analogamente l'art.
155 c.c. sancisce che, in caso di separazione, la potestà genitoriale è affidata ad
entrambi i genitori e rimette al giudice della separazione la decisione in caso di
disaccordo. Tali norme sono da considerarsi speciali e quindi prevalenti rispetto a quella
dell'art. 316 c.c. che - attraverso il richiamo contenuto nell'art. 38 delle disp. att. c.c affida al Tribunale per i Minorenni di risolvere le questioni di contrasto di particolare
importanza insorte tra i genitori in ordine all'esercizio comune della potestà genitoriale,
norma che trova quindi applicazione per le controversie tra coniugi non separati o tra i
quali non sia in corso procedimento di separazione. (Cass. 9339/97).
Maltrattamenti in famiglia – Verso soggetto disabile – Condotte di indifferenza e
incuria - Configurabilità - Sussiste
Cass. Pen., sez. VI, sentenza 28 febbraio 2013 n. 9724 (Pres. De Roberto, rel. Paoloni)
Il reato di maltrattamenti in danno di una persona disabile è integrato non solo da fatti
commissivi direttamente opprimenti la sua personalità, ma anche da condotte omissive
di deliberata indifferenza e trascuratezza verso i suoi elementari bisogni affettivi ed
esistenziali. (Nel caso di specie, si trattava di comportamenti posti in essere dalla
“badante” di una persona totalmente inabile e portatrice di “sindrome di down”, con la
stessa convivente ed affidata alla sua cura e vigilanza).
Mantenimento dei figli – Omissione – Stato di disoccupazione – Responsabilità
penale ex art. 570 comma II c.p. - Sussiste
Cass. Pen., sez. VI, sentenza 4 marzo 2013 n. 10147 (Pres. Rotundo, rel. Paternò
Raddusa)
27
La sufficienza dei mezzi predisposti dalla madre è dato indifferente ai fini della
configurabilità del delitto di cui all'art. 570, comma II, n. 2 c.p. Giacché lo stato di
bisogno dei figli minori ricorre anche quando alla somministrazione dei mezzi di
sussistenza provveda la madre. Inoltre, la generica indicazione della condizione di
disoccupato, non escludendo in radice altre possibili fonti reddituali, non esime da
responsabilità per il reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza incombendo
sull'interessato, ai fini della scriminante dello stato di bisogno, l'onere di allegare gli
elementi indicativi della effettiva impossibilità di adempiere.
Taglio dei capelli alla moglie, da parte del marito – Gesto subito dalla moglie e
motivato dal marito, per effetto della gelosia – Reato di violenza privata – Art. 610
c.p. - Sussiste
Cass. Pen., sez. V, sentenza 6 marzo 2013 n. 10413 (Pres. Marasca, rel. Vessichelli)
La condotta del marito che imponga alla moglie il taglio dei capelli, per gelosia, integra
il reato di violenza privata, ex art. 610 c.p.
Mantenimento dei figli – Mantenimento a carico del padre – Esonero della madre Esclusione
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 6 marzo 2013 n. 5481 (Pres. Salmé, rel. Dogliotti)
L'assegno di mantenimento stabilito giudizialmente a carico del padre, titolare di
maggior reddito, non comporta affatto che la madre venga esonerata dall'obbligo di
contribuire, a sua volta, alle esigenze della prole
Assegno di mantenimento – Assegno divorzile - Differenze
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 6 marzo 2013 n. 5481 (Pres. Salmé, rel. Dogliotti)
Va ribadita la totale autonomia dei giudizi di separazione e divorzio e la diversa natura
dei relativi assegni (per tutte, Cass. n. 15728/2005)
Affidamento dei minori – Assunzione di prove ex officio – Art. 155-sexies comma I
c.c. – Potere del giudice – Sussiste
Cass. Civ., sez. I, sentenza 8 marzo 2013 n. 5847 (Pres. Luccioli, rel. Lamorgese)
L’art. 155 sexies, comma 1, c.c., attribuisce al giudice il potere di assumere mezzi di
prova anche d’ufficio ai fini della decisione sull’affidamento dei figli minori (Nel caso
di specie, la Corte di appello aveva utilizzo una relazione della Asl che evidenziava il
danno irreparabile subito dai minori per la privazione del rapporto con la madre)
Audizione del minore – Diniego di ascolto – ammissibilità – Sussiste – Ragioni –
Motivazione
Cass. Civ., sez. I, sentenza 15 marzo 2013 n. 6645 (Pres.Carnevale, rel. Giancola)
Il diniego di ascolto del minore può essere fondato sulla valutazione dell'età, delle
condizioni e dei disagi già manifestati dallo stesso, quali emersi nel contesto delle
risultanze processuali, anche documentali e, quindi, sulla conclusiva, seppure implicita,
attribuzione di prevalenza alle esigenze di tutela dell'interesse superiore del bambino,
28
anche a non essere ulteriormente esposto a presumibili pregiudizi derivanti dal rinnovato
coinvolgimento emotivo nella controversia che vedeva contrapposti i genitori.
Sindrome di alienazione genitoriale – PAS – validità scientifica – Esclusione –
Reazioni della comunità internazionale
Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 marzo 2013 n. 7041 (Pres. Luccioli, rel Campanile)
Il giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche (Cass., 14759 del
2007; Cass., 18 novembre 1997, n. 11440), ovvero avvalendosi di idonei esperti, deve
verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze
dalla scienza medica ufficiale (Cass., 3 febbraio 2012, n. 1652; Cass., 25 agosto 2005, n.
17324). Ciò, ad esempio, nel caso in cui il CTU sostenga la presenza di una cd. PAS.
In virtù delle perplessità manifestate dal mondo accademico internazionale, il Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la cd. Sindrome di
Alienazione genitoriale (PAS) come malattia; peraltro, vari autori spagnoli, all’esito di
una ricerca compiuta nel 2008, hanno sottolineato la mancanza di rigore scientifico del
concetto di PAS e, nel 2009, le psicologhe C.B. e S.V., la prima spagnola e la seconda
argentina, hanno sostenuto, in una pubblicazione dei 2009, che la PAS sarebbe un
“costrutto pseudo scientifico”. Nell’anno 2010, inoltre, la Associacion Espanola de
Neuropsiquiatria ha posto in evidenza i rischi dell’applicazione, in ambito forense, della
PAS, non diversamente da quanto già manifestato nei 2003, in USA, dalla National
District Attorneys Association, che in nota informativa sosteneva 1’assenza di
fondamento della teoria, “in grado di minacciare l’integrità del sistema penale e la
sicurezza dei bambini vittima di abusi”. La validità scientifica della PAS è anche
contestata per le censure che vengono rivolte al suo sostenitore principale, Richard
Gardner, nei cui confronti non sono mancati accenni poco lusinghieri, quale l’essersi
presentato quale Professore dì psichiatria infantile presso, la Columbia University,
essendo un mero “volontario non retribuito”, e persino l’aver giustificato la pedofilia.
Convivente – godimento della casa familiare di proprietà del compagno/compagna
– Situazione di fatto – Esclusione – Detenzione qualificata – Sussiste - Fine della
convivenza – Obbligo di assegnare al convivente un termine per consentirgli di
lasciare la casa – Sussiste
Cass. Civ., sez. II, sentenza 21 marzo 2013 n. 7214 (Pres. Bursese, rel. Giusti)
Dal momento che la famiglia di fatto è compresa tra le formazioni sociali che l'art. 2
della Costituzione considera la sede di svolgimento della personalità individuale, il
convivente gode della casa familiare, di proprietà del compagno o della compagna, per
soddisfare un interesse proprio, oltre che della coppia, sulla base di un titolo a contenuto
e matrice personale la cui rilevanza sul piano della giuridicità è custodita dalla
Costituzione, sì da assumere i connotati tipici della detenzione qualificata. L’assenza di
un giudice della dissoluzione del ménage non consente al convivente proprietario di
ricorrere alle vie di fatto per estromettere l’altro dall’abitazione, perché il canone della
buona fede e della correttezza, dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle
situazioni di affidamento, impone al legittimo titolare che, cessata l’affectio, intenda
recuperare, com’è suo diritto, l’esclusiva disponibilità dell’immobile, di avvisare il
partner e di concedergli un termine congruo per reperire altra sistemazione”.
Conflitti genitoriali – Controversie ex art. 709-ter c.p.c. - Natura giuridica – Ratio e
funzione
Cass. Civ., sez. II., ordinanza 2 aprile 2013 n. 8016 (Pres. Plenteda, rel. Scaldaferri)
29
Il procedimento previsto dall'art.709 ter c.p.c. introdotto dalla legge n.54/2006 è
destinato alla soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio
della potestà genitoriale (quindi in ordine alle decisioni da prendere sulle questioni di
maggiore interesse, o anche di ordinaria amministrazione, riguardanti i figli minori:
cfr.art.155 comma 3 cod.civ.) o alle modalità dell'affidamento, e in tale ambito
all'adozione, in caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore
od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, dei provvedimenti
sanzionatori previsti dalla norma stessa, anche in unione con la modifica dei
provvedimenti in vigore relativamente a tali modalità. Si tratta di provvedimenti privi di
contenuto decisorio, che attengono piuttosto al controllo esterno sull'esercizio della
potestà genitoriale in attuazione —anche mediante una più precisa determinazione e
specificazione- di quanto disposto dal giudice della separazione o del divorzio.
Conflitti genitoriali – Controversie ex art. 709-ter cod. proc. Civ. - Competenza
Territoriale
Cass. Civ., sez. II., ordinanza 2 aprile 2013 n. 8016 (Pres. Plenteda, rel. Scaldaferri)
In materia di controversie ex art. 709-ter c.p.c., il riferimento, ai fini della attribuzione
della competenza al tribunale del luogo di residenza del minore, ai "procedimenti di cui
all'art. 710" , posto in relazione con la disposizione che immediatamente lo precede,
appare diretto a regolare la competenza per tale procedimento ove, essendosi concluso il
giudizio di separazione o di divorzio, non sia più operante — in ciò analogamente ai
procedimenti di cui all'art.710 - la competenza attribuita dalla norma stessa al giudice
della separazione o del divorzio. Il suddetto riferimento, pertanto, non appare idoneo di
per sé ad estendere l'ambito di applicazione dell'art. 709-ter c.p.c. regolando in via
generale la competenza per i distinti procedimenti di modifica o revisione, sia pure con il
limite - peraltro inespresso e di non immediata definizione - alle sole modifiche
"coinvolgenti" i figli. Oltretutto, se questa fosse stata la voluntas legis, la norma avrebbe
fatto riferimento all'art.155 ter cod.civ.
Conflitti genitoriali – Divorzio – Art. 12-quater l. div. - Competenza Territoriale
Cass. Civ., sez. II., ordinanza 2 aprile 2013 n. 8016 (Pres. Plenteda, rel. Scaldaferri)
L'art.12 quater legge divorzio, introdotto dalla legge n.74/1987, fa chiaro riferimento alla
disponibilità dei generali criteri alternativi di determinazione della competenza per le
cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla legge stessa, tra le quali non vi è
ragione per non includere le controversie concernenti l'obbligo dei coniugi di contribuire
al mantenimento dei figli (cfr.S.U.n.381/1991; Sez.1 n.3721/1984; n.4099/2001;
n.22394/2008).
Assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne – Esonero - Presupposti
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 2 aprile 2013 n. 7970 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
Ai fini dell’esonero dell’assegno per il figlio maggiorenne, è necessario che il mancato
svolgimento di attività lavorativa dipenda da inerzia o da rifiuto ingiustificato (Nel caso
di specie, il Giudice a quo accoglie la richiesta di esonero dell’assegno per la figlia,
facendo riferimento all’età (anni 37) e agli studi da questa effettuati, ipotizzando che
essa abbia ricevuto offerte di lavoro, benché non pienamente rispondenti alle sue
aspirazioni e non le abbia accettate. Secondo la Cassazione “spettava ovviamente alla
ricorrente fornire prova in tal senso”)
30
Art. 156 cod. civ. – Ordine distrazione impartito a terzi – Sequestro dei beni del
coniuge obbligato – Proposizione contemporanea – Ammissibilità - Sussiste (art.
156 c.c.)
Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
L’art. 156 c.c. prevede varie garanzie in caso di inadempimento dell'obbligo di
mantenimento verso il coniuge o i figli: l'ordine a terzi, tenuti a corrispondere anche
periodicamente somme di denaro all'obbligato, che una parte venga direttamente versata
all'avente diritto, ovvero il sequestro di beni del coniuge obbligato. È da ritenere che i
due mezzi possano essere concessi anche contemporaneamente, a carico del medesimo
obbligato.
Art. 156 cod. civ. – Presupposto applicativo – Pericolo nel ritardo – Esclusione –
inadempimento dell’obbligato - Sussiste (art. 156 c.c.)
Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
In merito agli strumenti di tutela apprestati dall’art. 156 c.c., la corresponsione diretta,
così come il sequestro, non prevedono un generico pericolo nel ritardo, ma un preciso
inadempimento dell'obbligato: questi non avrà corrisposto una o più rate dell'assegno di
mantenimento. Il pericolo nel ritardo potrebbe avere qualche rilevanza, ma solo ad
colorandum: l'obbligato potrebbe non aver pagato la rata di assegno per pura
dimenticanza, e allora il giudice potrebbe non disporre immediatamente la misura di
garanzia, ma il mancato pagamento di una rata, preceduto da ritardi nel pagamento delle
precedenti e accompagnato da un generale disordine negli affari dell'obbligato, potrebbe
indurre il giudice ad accogliere la domanda (tra le altre, Cass. n. 11062 del 2011).
Art. 156 cod. civ. – Ordine di distrazione a terzi – Individuazione del terzo –
Necessità – Sussiste – Natura dei terzi suscettibili di ordine – Concetto ampio –
Contestazioni eventuali del terzo – Rimedi (art. 156 c.c.)
Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
In merito agli strumenti di tutela apprestati dall’art. 156 c.c., quanto ai terzi cui si ordina
di corrispondere al beneficiario somme di spettanza dell'obbligato, può trattarsi del suo
datore di lavoro o dell'ente erogatore della pensione, ma pure del conduttore di immobile
di sua proprietà o addirittura del debitore di una somma determinata, non
necessariamente di prestazioni periodiche. Il terzo deve comunque essere individuato
esattamente (non avrebbe valore una domanda di corresponsione diretta dell'assegno da
parte del datore di lavoro, senza specificare chi egli sia). Egli non è comunque parte del
procedimento e può rifiutarsi di ottemperare all'ordine, eccependo ad esempio
l'inesistenza del debito: in tal caso non resta al coniuge che promuovere, nelle forme
ordinarie, giudizio di accertamento del debito, chiedendo eventualmente la condanna del
terzo debitore al risarcimento dei danni.
Art. 156 cod. civ. – Strumenti di tutela – Forme per la richiesta – Prima, durante,
dopo il processo – Revisione - Presupposti (art. 156 c.c.)
Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
I mezzi di tutela ex art. 156 c.c., possono essere richiesti (e concessi) nel corso del
procedimento, con semplice istanza riportata nel processo verbale ovvero con ricorso
separato, oppure, concluso il giudizio di merito, utilizzando il rito della camera di
consiglio. È ammessa possibilità di revisione, prevista dall'art. 156 c.c. che fa
riferimento a tutti i provvedimenti "emessi ai sensi dei commi precedenti". E’
necessario, anche in tal caso, un mutamento delle circostanze, una variazione della
situazione di fatto che ha costituito il presupposto della pronuncia. Può trattarsi di un
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venir meno, un attenuarsi del pericolo di futuri inadempimenti, ad es. perché il disordine
degli affari dell'obbligato è stato superato.
Art. 156 cod. civ. – Richiesta nel corso del procedimento di divorzio –
Ammissibilità – Sussiste: invero, necessità (art. 156 c.c.)
Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
Pur in pendenza di procedimento di divorzio, viene richiamato del tutto correttamente
l'articolo 156 c.c., relativo alla separazione tra i coniugi. E infatti l'assegno divorzile
presuppone necessariamente la pronuncia di divorzio, trattandosi ancora, nella specie, di
assegno di mantenimento del coniuge separato (al riguardo Cass. n. 8113 del 2009).
Art. 156 cod. civ. – Ricorribilità in Cassazione - Esclusione (artt. 156 c.c., 111 Cost.)
Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
L’ultimo comma dell'art. 739 c.p.c. esclude che, nell'ambito dei procedimenti in camera
di consiglio, avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo, possa proporsi ricorso
per cassazione. Tale scelta legislativa veniva giustificata sostanzialmente con il carattere
stesso dei provvedimenti, non incidenti su posizioni di diritto soggettivo, modificabili e
revocabili in ogni tempo. L'uso sempre più diffuso del procedimento camerale, previsto
dal Legislatore anche per risolvere controversie afferenti diritti soggettivi e status, ha
condotto progressivamente la giurisprudenza ad ammettere il ricorso straordinario per
cassazione avverso decreti, emessi in sede di reclamo. Ciò in virtù del disposto
dell'attuale comma 7 (in precedenza comma 2) dell'art. 111 Cost., e attribuendo rilevanza
alla sostanza piuttosto che alla forma del provvedimento. Si è pervenuti così ad
affermare che l'ammissibilità del ricorso è subordinata alla presenza di vari requisiti:
posizioni di diritto soggettivo o di status, decisorietà e definitività (tra le altre, Cass., n
21718/2010; Cass., S.U. n. 28873/2008). Quanto alla corresponsione diretta di assegno,
a carico del terzo debitore, ex art. 156 c.c., il provvedimento, all'evidenza, non risolve
una controversia sulla esistenza del diritto del coniuge all'assegno, diritto che ne
costituisce un presupposto, ma piuttosto attiene alle modalità di attuazione del diritto
stesso, non ha dunque carattere di decisorietà, e non è definitivo, potendo essere
modificato, seppur a seguito di mutamento delle circostanze (al riguardo, Cass. N. 23713
del 2004). Il provvedimento in esame non può dunque essere impugnato con ricorso per
cassazione.
Revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative
alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere a seguito dello
scioglimento e della cessazione degli effetti del matrimonio, a norma dell'art. 9 della
legge n. 1 dicembre 1970 n. 898 e successive modificazioni - Decreto pronunciato
dal tribunale - immediata Esecutività – Sussiste (art. 9 Legge 898/1970; art. 741
c.p.c.)
Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 26 aprile 2013, n. 10064
In materia di revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle
relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere a seguito dello
scioglimento e della cessazione degli effetti del matrimonio, a norma dell'art. 9 della
legge n. 1 dicembre 1970 n. 898 e successive modificazioni, il decreto pronunciato dal
tribunale è immediatamente esecutivo, in conformità di una regola più generale,
desumibile dall'art. 4 della citata legge regolativa della materia e incompatibile con l'art.
741 c.p.c., che subordina l'efficacia esecutiva al decorso del termine utile per la
proposizione del reclamo.
32
Liquidazione dei compensi spettanti al difensore per l’attività prestata in favore di
soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato – Controversie – Legittimazione
passiva – Ministero della Giustizia (art. 170, d.P.R. 115/2002)
Cass. Civ., Sez. II, sentenza 2 maggio 2013 n. 10239 (Pres. Oddo, rel. Giusti)
Va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'economia e delle
finanze, che non è parte del giudizio di opposizione nelle controversie relative alla
liquidazione dei compensi al difensore per l'opera professionale prestata in favore di
soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, tale legittimazione spettando al
Ministero della giustizia (Cass., Sez. Un., 29 maggio 2012, n. 8516).
Liquidazione dei compensi spettanti al difensore per l’attività prestata in favore di
soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato – Dimezzamento degli importi –
Abrogazione ad opera dell’art. 2 comma II d.l. 223/06 conv. in legge 248/2006 –
Esclusione (art. 130, d.P.R. 115/2002)
Cass. Civ., Sez. II, sentenza 2 maggio 2013 n. 10239 (Pres. Oddo, rel. Giusti)
L’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni,
nella legge n. 248 del 2006, secondo il quale “il giudice provvede alla liquidazione delle
spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di ... gratuito patrocinio, sulla
base della tariffa professionale”, non ha comportato un'abrogazione implicita dell'art.
130 del d.P.R. n. 115 del 2002, che stabilisce la riduzione alla metà degli importi
spettanti al difensore in caso di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile. Infatti,
l'indicazione della "tariffa professionale" quale base di calcolo per la liquidazione
giudiziale dei compensi spettanti al difensore di chi sia ammesso al patrocinio a spese
dello Stato non impedisce che tale indicazione sia integrata da altre equiordinate
disposizioni normative che, senza contraddirlo, modulino, in funzione di specifiche
esigenze, il predetto criterio generale (Corte cost., ordinanza n. 270 del 2012).
Liquidazione dei compensi spettanti al difensore per l’attività prestata in favore di
soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato – Dimezzamento degli importi –
Art. 130 d.P.R. 115/2002 - Incostituzionalità – Esclusione (art. 130, d.P.R. 115/2002)
Cass. Civ., Sez. II, sentenza 2 maggio 2013 n. 10239 (Pres. Oddo, rel. Giusti)
Il criterio di determinazione del compenso spettante al professionista che difende la parte
ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio civile, con la previsione
dell'abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe
professionali, non impone al professionista un sacrificio tale da risolvere il ragionevole
legame tra l'onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi,
semplicemente, di una, parzialmente diversa, modalità di determinazione del compenso
medesimo, tale da condurre ad un risultato si economicamente inferiore a quello cui si
sarebbe giunti applicando il criterio ordinario, e tuttavia ragionevolmente proporzionato,
e giustificato dalla considerazione dell'interesse generale che il legislatore ha inteso
perseguire, nell'ambito di una disciplina, mirante ad assicurare al non abbiente
l'effettività del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo, nella quale la
liquidazione degli onorari professionali è suscettibile di restare a carico dell'erario
Misure di protezione delle persone prive di autonomia
Amministrazione di sostegno – Competenza territoriale – Residenza e/o domicilio –
Ricovero presso struttura protetta – Idoneità a fondare la competenza – Requisiti
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 3 maggio 2013 n. 10374 (Pres., rel. Salmé)
L'art. 404 cc.. prevede che la competenza per territorio per la nomina dell'amministratore
di sostegno spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata abbia la
residenza o il domicilio. Per radicare la competenza, stante l'alternatività del suddetto
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criterio, è sufficiente la prova che in un determinato luogo l'interessato abbia il domicilio
o la residenza e che, mentre a norma dell'art. 43 c.c. E dell'art. 15 del d.P.R. n. 221/1989
– a tenore del quale ove non sia stato dichiarato il trasferimento in altro Comune della
dimora abituale, debba provvedersi di ufficio e cioè sulla base dell'accertamento di tale
fatto obbiettivo – la residenza fa riferimento al dato, non meramente obbiettivo ma anche
soggettivo, del volontario stabilimento in un determinato luogo della sede principale dei
propri affari e interessi (Nel caso di specie, in ipotesi di paziente affetto da patologia
psichiatrica, la Corte di Cassazione ha escluso che il ricovero del soggetto in struttura
di cura valesse a radicare quivi la competenza territoriale, rispetto al Comune di
residenza, in difetto dell'abitualità della dimora presso la struttura protetta e della
manifestazione di volontà di risiedere presso la stessa)
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