TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE NONA CIVILE DIRITTO DI FAMIGLIA Figli nati «nel» e «fuori dal» matrimonio: Legge 219/2012 RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI FAMIGLIA E MINORI gennaio 2012 – maggio 2013 A cura di: GLORIA SERVETTI, GIUSEPPE BUFFONE ELENCO DELLE PRONUNCE: PAG. 002 PRONUNCE MASSIMATE: PAG. 009 1 ELENCO DELLE PRONUNCE MASSIMATE, IN ORDINE CRONOLOGICO ART. 320 C.C. - AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE TUTELARE – GIUDIZI RELATIVI AD ATTI DI AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA – RELATIVAMENTE ALLA POSIZIONE DI ATTORE IN PRIMO GRADO CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 18 GENNAIO 2012 N. 743 (PRES. SCHETTINO, REL. CARRATO) ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE – CONTRATTO DI COMODATO – PERSISTENZA – SUSSISTE – CONSEGUENZE – SPESE SOSTENUTE DAL COMODATARIO CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 27 GENNAIO 2012 N. 1216 (PRES. PICCIALLI, EST. MANNA) CASA FAMILIARE – REVOCA DELL'ASSEGNAZIONE – TITOLO ESECUTIVO PER IL RILASCIO – SUSSISTE – ANCHE IN ASSENZA DI ESPLICITO COMANDO DEL GIUDICE CASS. CIV., SEZ. III, SENTENZA 31 GENNAIO 2012 N. 3167 (PRES. PETTI, REL. CARLUCCIO) PROCEDIMENTO CIVILE - SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI - COMPARIZIONE PERSONALE DELLE PARTI DAVANTI AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE - PREVISIONE DELL'OBBLIGO, ANZICHÉ DELLA FACOLTÀ, PER CIASCUN CONIUGE DI FARSI ASSISTERE DA UN DIFENSORE - CONSEGUENTE IMPOSSIBILITÀ DI ESPERIRE IL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE NEL CASO IN CUI IL CONVENUTO NON SIA MUNITO DI ASSISTENZA LEGALE. CORTE COST., ORDINANZA 16 FEBBRAIO 2012 N. 26 (PRES. QUARANTA, EST. GROSSI) ART. 569 C.P. – DELITTO DI ALTERAZIONE DI STATO – PERDITA DI POTESTÀ GENITORIALE – INTERESSE DEL MINORE – ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE - SUSSISTE CORTE COST., SENTENZA 23 FEBBRAIO 2012 N. 31 (PRES. QUARANTA, REL. CRISCUOLO) INTERESSE PREMINENTE DEL MINORE – OBBLIGO DI TENERE PRESENTE IL SUO INTERESSE IN OGNI ATTO CHE LO RIGUARDI – SUSSISTE CORTE COST., SENTENZA 23 FEBBRAIO 2012 N. 31 (PRES. QUARANTA, REL. CRISCUOLO) MATRIMONIO – UNIONE TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO – INESISTENZA GIURIDICA – ESCLUSIONE – MATRIMONIO VALIDO MA NON EFFICACE – SOPRAVVENUTO QUADRO NORMATIVO, EUROPEO E INTERNAZIONALE – TUTELA DELLA FAMIGLIA OMOSESSUALE – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 15 MARZO 2012 N. 4184 (PRES. LUCCIOLI, REL. DI PALMA) ART. 155-QUINQUIES C.C. - INTERVENTO IN GIUDIZIO DEL FIGLIO MAGGIORENNE ECONOMICAMENTE DIPENDENTE – AMMISSIBILITÀ – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 19 MARZO 2012 N. 4296 (PRES. FELICETTI, REL. CAMPANILE) MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE O DIVORZIO – DECISIONE DEL GIUDICE – ESECUTORIETÀ IMMEDIATA – SUSSISTE – CONTRA: CASS. CIV. 9373/2011 CASS. CIV., SEZ. III , SENTENZA 20 MARZO 2012, N. 4376 (PRES. FILADORO – REL. FRASCA) 2 SEPARAZIONE CONSENSUALE – ART. 155-BIS C.C. - AFFIDAMENTO ESCLUSIVO – CONFLITTUALITÀ – CONDIZIONI PERCHÉ GIUSTIFICHI L'AFFIDAMENTO MONOGENITORIALE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 29 MARZO 2012 N. 5108 (PRES. LUCCIOLI, REL. GIANICOLA) MEDIAZIONE FAMILIARE – ART. 155-SEXIES C.C. - GIUDIZIO DI OPPORTUNITÀ – RISCHI PER IL MINORE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 29 MARZO 2012 N. 5108 (PRES. LUCCIOLI, REL. GIANICOLA) ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE – REATO PENALE – ART. 570 COMMA I C.P. INTERPRETAZIONE EVOLUTIVA DELLA NORMA CASS. PEN., SEZ. VI, SENTENZA 2 APRILE 2012 N. 12310 (PRES. AGRÒ, REL. PAOLONI) ILLECITO ENDOFAMILIARE – DANNO DA MANCATA ISTRUZIONE, EDUCAZIONE DEL FIGLIO NATURALE – ART. 2059 C.C. - SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 10 APRILE 2012 N. 5652 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE) CONSULENZA TECNICA SU DISTURBI PSICOLOGICI – SCELTA DELL'ESPERTO – PSICOLOGO INVECE DI MEDICO – DISCREZIONALITÀ DEL GIUDICE – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 14 MAGGIO 2012 N. 7452 (PRES. LUCCIOLI, REL. DE CHIARA) MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE – ART. 710 C.P.C. - RATIO – INTERESSE DEL MINORE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 17 MAGGIO 2012 N. 7770 (PRES. CARNEVALE, REL. CAMPANILE) AFFIDAMENTO E COLLOCAMENTO DEL MINORE ADOLESCENTE – VOLONTÀ DALLO STESSO ESPRESSA – PREVALENZA NELLA VALUTAZIONE DEL GIUDICE – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 17 MAGGIO 2012 N. 7773 (PRES. CARNEVALE, REL. CAMPANILE) ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE – ASSENZA DI INTESA SESSUALE – GIUSTIFICATO MOTIVO PER L'ABBANDONO – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 31 MAGGIO 2012 N. 8773 (PRES. VITRONE, REL. DOGLIOTTI) SEPARAZIONE – VIOLAZIONE DELL'OBBLIGO DELLA FEDELTÀ – CASI IN CUI GIUSTIFICA L'ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE – LEGAME CAUSALE CON LA INTOLLERABILITÀ DELLA CONVIVENZA CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 1 GIUGNO 2012 N. 8862 (PRES. VITRONE, REL. DOGLIOTTI) SEPARAZIONE – ADDEBITO – RISARCIMENTO DEL DANNO - COESISTENZA – POSSIBILITÀ – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 1 GIUGNO 2012 N. 8862 (PRES. VITRONE, REL. DOGLIOTTI) SEPARAZIONE – CONDOTTA TENUTA DA UN CONIUGE DOPO LA SEPARAZIONE E IN PROSSIMITÀ DI ESSA – VALUTAZIONE IN TERMINI DI ELEMENTO PER APPREZZARE E GIUDICARE LA PREGRESSA CONDOTTA NEL GIUDIZIO DI ADDEBITO – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 GIUGNO 2012 N. 8928 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE) SEPARAZIONE – CONDOTTA TENUTA DA UN CONIUGE DI LESIONE DEI BENI FONDAMENTALI DELLA PERSONA – ADDEBITO – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 GIUGNO 2012 N. 8928 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE) 3 AUMENTO DELL'ETÀ – AUMENTO DELLE ESIGENZE DELLA PROLE – DIMOSTRAZIONE – NON NECESSARIA CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 GIUGNO 2012 N. 8927 (PRES. LUCCIOLI, REL. CAMPANILE) POTESTÀ GENITORIALE – LIBERTÀ DI RELIGIONE DEL GENITORE – LIMITAZIONE NEL RAPPORTO CON FIGLI – POSSIBILITÀ – SUSSISTE - CONDIZIONI – NEL CASO DI SPECIE: TESTIMONI DI GEOVA CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 12 GIUGNO 2012 N. 9546 (PRES. LUCCIOLI, REL. GIANICOLA) AFFIDAMENTO CONGIUNTO – SCELTE DI MAGGIORE IMPORTANZA – ISCRIZIONE AD UNA SCUOLA PRIVATA – CONSENSO DEL GENITORE QUALE PRESUPPOSTO PER IL RIMBORSO DELLE SPESE – SUSSISTE – ONERE DELLA PROVA – A CARICO DI CHI CHIEDE IL PAGAMENTO CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 20 GIUGNO 2012, N. 10174 (PRES. LUCCIOLI, REL. MERCOLINO) SEPARAZIONE – SENTENZA PARZIALE – ART. 190 C.P.C. - APPLICABILITÀ - ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 22 GIUGNO 2012, N. 10484 (PRES. SALMÉ, REL. CAMPANILE) ACCERTAMENTO DELLA PATERNITÀ – ESAMI EMATOLOGICI – RIFIUTO INGIUSTIFICATO – VALUTAZIONE EX ART. 116 C.P.C. - COME UNICO ELEMENTO DI GIUDIZIO - SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 17 LUGLIO 2012 N. 12198 (PRES. LUCCIOLI, EST. ACIERNO) ACCERTAMENTO GIUDIZIALE DELLA PATERNITÀ - ESUMAZIONE DELLA SALMA PER MOTIVI DI GIUSTIZIA - REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA (D.P.R. 10.9.90, N. 285, ART. 83) – DIRITTO DEI CONGIUNTI SUL CORPO DELLA PERSONA DEFUNTA – NECESSITÀ DEL LORO CONSENSO - NON SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 19 LUGLIO 2012 N. 12549 (PRES. LUCCIOLI, REL. PICCININNI) ART. 155-QUATER C.C. - ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE – CONCETTO DI “STABILE GODIMENTO” - GENITORE AFFIDATARIO CHE TRASCORRE FUORI DALLA CASA FAMILIARE CINQUE GIORNI A SETTIMANA PER MOTIVI DI LAVORO – LEGITTIMITÀ DELL'ASSEGNAZIONE DELLA CASA IN SEDE DI SEPARAZIONE – SUSSISTE – ESTINZIONE DEL DIRITTO AL GODIMENTO DELLA CASA ESCLUSIONE PROVVEDIMENTI EMESSI IN SEDE DI VOLONTARIA GIURISDIZIONE - CHE LIMITINO O ESCLUDANO LA POTESTÀ DEI GENITORI NATURALI AI SENSI DELL'ART. 317-BIS COD. CIV., CHE PRONUNCINO LA DECADENZA DALLA POTESTÀ SUI FIGLI O LA REINTEGRAZIONE IN ESSA, AI SENSI DEGLI ARTT. 330 E 332 COD. CIV., CHE DETTINO DISPOSIZIONI PER OVVIARE AD UNA CONDOTTA DEI GENITORI PREGIUDIZIEVOLE AI FIGLI, AI SENSI DELL'ART. 333 COD. CIV., O CHE DISPONGANO L'AFFIDAMENTO CONTEMPLATO DALL'ART. 4, SECONDO COMMA, DELLA LEGGE 4 MAGGIO 1983, N. 184 – RICORRIBILITÀ IN CASSAZIONE DELLA DECISIONE SUL RECLAMO - ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 SETTEMBRE 2012 N. 15341 (PRES. LUCCIOLI, REL. SAN GIORGIO) ART. 709-TER C.P.C. - “IMPUGNAZIONE CON I MEZZI ORDINARI” - SIGNIFICATO CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 SETTEMBRE 2012 N. 15341 (PRES. LUCCIOLI, REL. SAN GIORGIO) DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI – PREVALENZA SULLA RISERVATEZZA IN FUNZIONE DELLA ATTUAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA/AZIONE – SUSSISTE – ACCESSO AI REDDITI DEL CONVIVENTE DEL CONIUGE PER IL PROCEDIMENTO DI SEPARAZIONE - SUSSISTE CONS. STATO, SEZ. IV, SENTENZA 20 SETTEMBRE 2012 N. 5047 (PRES. GIACCARDI, EST. ROMANO) 4 DIRITTO AL NOME – ONOMASTICO “ANDREA” – ATTRIBUZIONE A SOGGETTO DI SESSO FEMMINILE – ILLEGITTIMITÀ - ESCLUSIONE CASS. CIV.,SEZ. I, SENTENZA 20 NOVEMBRE 2012 N. 20835 (PRES. LUCCIOLI, REL. ACIERNO) LITISPENDENZA INTERNAZIONALE – CRITERI INTERPRETATIVI – IDENTICO RAPPORTO SOSTANZIALE - ART. 7 LEGGE 218/1995 CASS. CIV., SEZ. UN., SENTENZA 28 NOVEMBRE 2012 N. 21108 (PRES. PREDEN, EST. PICCININNI) CONFLITTUALITÀ TRA PADRE E FIGLI – AFFIDO ESCLUSIVO - ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 3 DICEMBRE 2012 N. 21591 (PRES. FIORETTI, EST. BISOGNI) SEPARAZIONE – SOMME VERSANTE IN VIRTÙ DEL MANTENIMENTO STABILITO NELLE MORE DEL PROCEDIMENTO – REVOCA DELL'ASSEGNO – DIRITTO ALLA RIPETIBILITÀ – ESCLUSIONE – CONDIZIONI PER LA RIPETIBILITÀ CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 4 DICEMBRE 2012 N. 21675 (PRES. FIORETTI, EST. CULTRERA) SCRITTURA PRIVATA SOTTOSCRITTA DAI NUBENDI AL MOMENTO DEL MATRIMONIO – IMPEGNO DELLA MOGLIE A TRASFERIRE AL MARITO UN IMMOBILE DI SUA PROPRIETÀ IN CASO DI FALLIMENTO DEL MATRIMONIO (SEPARAZIONE O DIVORZIO) – NATURA DI ACCORDO CD. PREMATRIMONIALE IN VISTA DEL DIVORZIO - ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. III, SENTENZA 21 DICEMBRE 2012 N. 23713 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI) ACCORDO CD. PREMATRIMONIALE IN VISTA DEL DIVORZIO – GIURISPRUDENZA DELLA CASSAZIONE FORMATASI SUL PUNTO – PROGRESSIVO “FAVOR” PER QUESTI ACCORDI CASS. CIV., SEZ. III, SENTENZA 21 DICEMBRE 2012 N. 23713 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI) PROVVEDIMENTI EX ARTT. 330, 332, 333 C.C. – RICORRIBILITÀ IN CASSAZIONE - ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 8 GENNAIO 2013 N. 221 (PRES. LUCCIOLI, REL. ACIERNO) DELEGA DEL GIUDICE AI SERVIZI SOCIALI IN ORDINE ALL’EVENTUALE AMPLIAMENTO DELLE MODALITÀ DI VISITA TRA GENITORE E FIGLIO – ABDICAZIONE DEL GIUDICE AL DOVERE EX ART. 155 C.C. - NON SUSSISTE – DELEGA COMPRENSIVA DELLA POSSIBILITÀ DI AMPLIARE IL DIRITTO DI VISITA – ILLEGITTIMITÀ – ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 11 GENNAIO 2013 N. 601 (PRES. LUCCIOLI, REL. DE CHIARA) AFFIDAMENTO DEL MINORE A GENITORE CHE ABBIA INSTAURATO UNA FAMIGLIA INCENTRATA SU COPPIA OMOSESSUALE – IDONEITÀ DEL CONTESTO FAMILIARE AD EDUCARE ED ISTRUIRE IL MINORE – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 11 GENNAIO 2013 N. 601 (PRES. LUCCIOLI, REL. DE CHIARA) SENTENZA DI ANNULLAMENTO DEL MATRIMONIO PRONUNCIATA DAL TRIBUNALE ECCLESIASTICO – DELIBAZIONE – RILEVANZA DELLA DURATA DEL MATRIMONIO – CONTRASTO DI GIURISPRUDENZA – RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 14 GENNAIO 2013 N. 712 (PRES. EST. LUCCIOLI) SEPARAZIONE/DIVORZIO – RICHIESTE ISTRUTTORIE – PROVE GENERICHE – AMMISSIBILITÀ ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 18 GENNAIO 2013 N. 1239 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI) 5 CASA CONIUGALE – ART. 155-QUATER C.C. MANTENIMENTO – CLAUSOLA CHE STABILISCE L'AUTOMATICO AUMENTO DELL'IMPORTO QUANDO L'ASSEGNATARIO LASCERÀ LA CASA CONIUGALE – LEGITTIMITÀ – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 18 GENNAIO 2013 N. 1239 (PRES. CARNEVALE, REL. DOGLIOTTI) RISPETTO DELLA VITA FAMILIARE – ART. 8 CEDU – DIRITTO DI VISITA DEL PADRE – COMPORTAMENTO DELLA MADRE CHE LO OSTACOLI – OBBLIGO PER LE AUTORITÀ DI ADOTTARE MISURE CONCRETE ED EFFETTIVE CHE GARANTISCANO GLI INCONTRI TRA GENITORE E FIGLIO – SUSSISTE – PROCEDURA ITALIANA CHE SI FONDI SU MISURE AUTOMATICHE E STEREOTIPATE – VIOLAZIONE DELL’ART. 8 CEDU - SUSSISTE CORTE EUR. DIR. UOMO, SEZ. II, SENTENZA 29 GENNAIO 2013 (PRES. JOČIENĖ), AFFAIRE LOMBARDO C/ ITALIA SEPARAZIONE – DISAFFEZIONE “SOGGETTIVA” AL MATRIMONIO – DIRITTO ALLA SEPARAZIONE – SUSSISTE – ADDEBITO PER IL SUO ESERCIZIO - ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 30 GENNAIO 2013 N. 2183 (PRES. FIORETTI, REL. DE CHIARA) AUTORIZZAZIONE AL RILASCIO DEL PASSAPORTO AL MINORE – PROVVEDIMENTO VINCOLATO – ESCLUSIONE – INTERESSE DEL MINORE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 5 FEBBRAIO 2013 N. 2696 (PRES. VITRONE, REL. BERNABAI) MATRIMONIO - RAPPORTI SESSUALI INNATURALI IMPOSTI ALLA MOGLIE DAL MARITO – NULLITÀ DEL MATRIMONIO PER ERRORE ESSENZIALE SULLE QUALITÀ PERSONALI DEL CONIUGE – ART. 122 C.C. - ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 12 FEBBRAIO 2013 N. 3407 (PRES. LUCCIOLI, REL. BISOGNI) GIUDIZIO DI SEPARAZIONE - LITISCONSORZIO NECESSARIO NEI CONFRONTI DEL PM – ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 FEBBRAIO 2013 N. 3502 (LUCCIOLI, REL. ACIERNO) SEPARAZIONE – CONIUGE DEBOLE – DIRITTO AL MANTENIMENTO CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 13 FEBBRAIO 2013 N. 3502 (LUCCIOLI, REL. ACIERNO) SENTENZA DI DIVORZIO PRONUNCIATA DA GIUDICE STRANIERO – EFFICACIA IN ITALIA – LESIONE DEL CONTRADDITTORIO – RICONOSCIBILITÀ – ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. II., SENTENZA 18 FEBBRAIO 2013 N. 3964 (PRES. LUCCIOLI, REL. CULTRERA) VALUTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DEL MINORE DA PARTE DEL GIUDICE – ESAME CRITICO E NEUTRALE - SUSSISTE CASS. PEN., SEZ. IIII, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 8057 (PRES. GENTILE, REL. AMORESANO) VALUTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DEL MINORE DA PARTE DEL GIUDICE – RESE IN SEDE TESTIMONIALE – ANALISI E VALUTAZIONE CASS. PEN., SEZ. IIII, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 8057 (PRES. GENTILE, REL. AMORESANO) VALUTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DEL MINORE DA PARTE DEL GIUDICE – ESAME COMPLESSIVO E CONTESTUALIZZATO – SUSSISTE CASS. PEN., SEZ. IIII, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 8057 (PRES. GENTILE, REL. AMORESANO) SEPARAZIONE – MANTENIMENTO - ATTITUDINE DEL CONIUGE AL LAVORO – RILEVANZA CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 20 FEBBRAIO 2013 N. 4178 (PRES. LUCCIOLI, REL. CULTRERA) 6 AFFIDAMENTO DEI MINORI – PROVVEDIMENTI IN TEMA DI DECADENZA DALLA POTESTÀ – COMPETENZA IN PENDENZA DI SEPARAZIONE – RIPARTO DI COMPETENZA TRA TRIBUNALE ORDINARIO E TRIBUNALE PER I MINORENNI – ART. 38 DISP. ATT. C.C. CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 27 FEBBRAIO 2013 N. 4945 (PRES. SALMÉ, REL. RAGONESI) MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA – VERSO SOGGETTO DISABILE – CONDOTTE DI INDIFFERENZA E INCURIA - CONFIGURABILITÀ - SUSSISTE CASS. PEN., SEZ. VI, SENTENZA 28 FEBBRAIO 2013 N. 9724 (PRES. DE ROBERTO, REL. PAOLONI) ART. 156 COD. CIV. – NATURA, FUNZIONE, PRESUPPOSTI APPLICATIVI (ART. 156 C.C.) CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 22 APRILE 2013 N. 9671 (PRES. SALMÈ, REL. DOGLIOTTI) MANTENIMENTO DEI FIGLI – OMISSIONE – STATO DI DISOCCUPAZIONE – RESPONSABILITÀ PENALE EX ART. 570 COMMA II C.P. - SUSSISTE CASS. PEN., SEZ. VI, SENTENZA 4 MARZO 2013 N. 10147 (PRES. ROTUNDO, REL. PATERNÒ RADDUSA) TAGLIO DEI CAPELLI ALLA MOGLIE, DA PARTE DEL MARITO – GESTO SUBITO DALLA MOGLIE E MOTIVATO DAL MARITO, PER EFFETTO DELLA GELOSIA – REATO DI VIOLENZA PRIVATA – ART. 610 C.P. - SUSSISTE CASS. PEN., SEZ. V, SENTENZA 6 MARZO 2013 N. 10413 (PRES. MARASCA, REL. VESSICHELLI) MANTENIMENTO DEI FIGLI – MANTENIMENTO A CARICO DEL PADRE – ESONERO DELLA MADRE ESCLUSIONE CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 6 MARZO 2013 N. 5481 (PRES. SALMÉ, REL. DOGLIOTTI) ASSEGNO DI MANTENIMENTO – ASSEGNO DIVORZILE - DIFFERENZE CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 6 MARZO 2013 N. 5481 (PRES. SALMÉ, REL. DOGLIOTTI) AFFIDAMENTO DEI MINORI – ASSUNZIONE DI PROVE EX OFFICIO – ART. 155-SEXIES COMMA I C.C. – POTERE DEL GIUDICE – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 8 MARZO 2013 N. 5847 (PRES. LUCCIOLI, REL. LAMORGESE) AUDIZIONE DEL MINORE – DINIEGO DI ASCOLTO – AMMISSIBILITÀ – SUSSISTE – RAGIONI – MOTIVAZIONE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 15 MARZO 2013 N. 6645 (PRES. CARNEVALE, REL. GIANCOLA) SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE – PAS – VALIDITÀ SCIENTIFICA – ESCLUSIONE – REAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 20 MARZO 2013 N. 7041 (PRES. LUCCIOLI, REL CAMPANILE) CONVIVENTE – GODIMENTO DELLA CASA FAMILIARE DI PROPRIETÀ DEL COMPAGNO/COMPAGNA – SITUAZIONE DI FATTO – ESCLUSIONE – DETENZIONE QUALIFICATA – SUSSISTE - FINE DELLA CONVIVENZA – OBBLIGO DI ASSEGNARE AL CONVIVENTE UN TERMINE PER CONSENTIRGLI DI LASCIARE LA CASA – SUSSISTE CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 21 MARZO 2013 N. 7214 (PRES. BURSESE, REL. GIUSTI) CONFLITTI GENITORIALI – CONTROVERSIE EX ART. 709-TER C.P.C. - NATURA GIURIDICA – RATIO E FUNZIONE CASS. CIV., SEZ. II., ORDINANZA 2 APRILE 2013 N. 8016 (PRES. PLENTEDA, REL. SCALDAFERRI) 7 CONFLITTI GENITORIALI – CONTROVERSIE EX ART. 709-TER COD. PROC. CIV. - COMPETENZA TERRITORIALE CASS. CIV., SEZ. II., ORDINANZA 2 APRILE 2013 N. 8016 (PRES. PLENTEDA, REL. SCALDAFERRI) CONFLITTI GENITORIALI – DIVORZIO – ART. 12-QUATER L. DIV. - COMPETENZA TERRITORIALE CASS. CIV., SEZ. II., ORDINANZA 2 APRILE 2013 N. 8016 (PRES. PLENTEDA, REL. SCALDAFERRI) ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL FIGLIO MAGGIORENNE – ESONERO - PRESUPPOSTI CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 2 APRILE 013 N. 7970 (PRES. SALMÈ, REL. DOGLIOTTI) ART. 156 COD. CIV. – ORDINE DISTRAZIONE IMPARTITO A TERZI – SEQUESTRO DEI BENI DEL CONIUGE OBBLIGATO – CONDIZIONI, PRESUPPOSTI (ART. 156 C.C.) CASS. CIV., SEZ. I, SENTENZA 22 APRILE 2013 N. 9671 (PRES. SALMÈ, REL. DOGLIOTTI) REVISIONE DELLE DISPOSIZIONI CONCERNENTI L'AFFIDAMENTO DEI FIGLI E DI QUELLE RELATIVE ALLA MISURA E ALLE MODALITÀ DEI CONTRIBUTI DA CORRISPONDERE A SEGUITO DELLO SCIOGLIMENTO E DELLA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI DEL MATRIMONIO, A NORMA DELL'ART. 9 DELLA LEGGE N. 1 DICEMBRE 1970 N. 898 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI - DECRETO PRONUNCIATO DAL TRIBUNALE - IMMEDIATA ESECUTIVITÀ – SUSSISTE (ART. 9 LEGGE 898/1970; ART. 741 C.P.C.) CASS. CIV., SEZ. UN., SENTENZA 26 APRILE 2013, N. 10064 LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI SPETTANTI AL DIFENSORE PER L’ATTIVITÀ PRESTATA IN FAVORE DI SOGGETTO AMMESSO AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO – CONTROVERSIE – LEGITTIMAZIONE PASSIVA – MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (ART. 170, D.P.R. 115/2002) LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI SPETTANTI AL DIFENSORE PER L’ATTIVITÀ PRESTATA IN FAVORE DI SOGGETTO AMMESSO AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO – DIMEZZAMENTO DEGLI IMPORTI – ABROGAZIONE AD OPERA DELL’ART. 2 COMMA II D.L. 223/06 CONV. IN LEGGE 248/2006 – ESCLUSIONE (ART. 130, D.P.R. 115/2002) CASS. CIV., SEZ. II, SENTENZA 2 MAGGIO 2013 N. 10239 (PRES. ODDO, REL. GIUSTI) MISURE DI PROTEZIONE DELLE PERSONE PRIVE DI AUTONOMIA AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – COMPETENZA TERRITORIALE – RESIDENZA E/O DOMICILIO – RICOVERO PRESSO STRUTTURA PROTETTA – IDONEITÀ A FONDARE LA COMPETENZA – REQUISITI CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 3 MAGGIO 2013 N. 10374 (PRES., REL. SALMÉ) 8 PRONUNCE MASSIMATE ORDINATE IN ORDINE CRONOLOGICO Art. 320 c.c. - Autorizzazione del Giudice Tutelare – Giudizi relativi ad atti di amministrazione straordinaria – Relativamente alla posizione di Attore in primo grado Cass. Civ., sez. II, sentenza 18 gennaio 2012 n. 743 (Pres. Schettino, rel. Carrato) L'autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c. è necessaria per promuovere giudizi relativi ad atti di amministrazione straordinaria, che possono cioè arrecare pregiudizio e diminuzione del patrimonio e non anche per gli atti diretti al miglioramento e alla conservazione dei beni che fanno già parte del patrimonio del minore (cfr., ad es., Cass. n. 1954 del 1966 e Cass. n. 8484 del 1999), precisandosi, sulla scorta di tale premessa, che anche la proposizione dell'azione di rivendica produce l'instaurazione di un giudizio relativo ad un atto di ordinaria amministrazione proprio perché preordinata all'accrescimento del patrimonio del minore (o, comunque, alla sua tutela in senso positivo e migliorativo) e non ad arrecargli un nocumento e, quindi, un pregiudizio (v., in senso specifico, Cass. n. 1546 del 1974). Oltretutto, in tema di rappresentanza processuale del minore, l'autorizzazione del giudice tutelare di cui all'ari 320 c.c. è necessaria solo quando il minore assume la veste di attore in primo grado, con la conseguenza che, quando il minore stesso sia stato convenuto, essa non è richiesta per la proposizione dell'appello o del ricorso per cassazione, quali atti diretti a resistere all'azione avversaria (cfr. Cass., SU., n. 4573 del 1983 e Cass. n. 2199 del 1984). Assegnazione della casa coniugale – Contratto di comodato – Persistenza – Sussiste – Conseguenze – Spese sostenute dal comodatario Cass. Civ., sez. II, sentenza 27 gennaio 2012 n. 1216 (Pres. Piccialli, est. Manna) L'assegnazione della casa coniugale ad un coniuge, in seguito alla separazione, non fa venir meno, in analogia a quanto dispone l'art. 6 legge 27 luglio 1978 n. 392, il contratto di comodato, di guisa che permane l'applicazione della relativa disciplina. Pertanto, se un genitore concede un immobile in comodato per l'abitazione della costituenda famiglia non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da un coniuge durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell'abitazione coniugale (v. Cass. n. 2407/98). Infatti, il comodatario il quale, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione anche straordinarie, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante (così, Cass. n. 15543/02). L'art. 1808 c.c. non distingue tra spese autorizzate e spese ad iniziativa del comodatario, ma fra spese sostenute per il godimento della cosa e spese straordinarie, necessarie ed urgenti affrontate per conservarla, con la conseguenza che l'eventuale autorizzazione del comodante non è in nessuno dei due casi discrimine per la ripetibilità degli esborsi effettuati dal comodatario. 9 Casa familiare – Revoca dell'assegnazione – Titolo esecutivo per il rilascio – Sussiste – Anche in assenza di esplicito comando del giudice Cass. Civ., sez. III, sentenza 31 gennaio 2012 n. 3167 (Pres. Petti, rel. Carluccio) Anche l’ordine di revoca dell’assegnazione della casa familiare, contenuto nella sentenza con cui il tribunale definisce il giudizio di separazione fra coniugi, è titolo esecutivo per il rilascio, senza necessità che, con la pronuncia, sia esplicitato altresì un apposito comando, rivolto al coniuge ex affidatario e diretto al suo allontanamento dall’immobile. Procedimento civile - Separazione personale dei coniugi - Comparizione personale delle parti davanti al Presidente del Tribunale - Previsione dell'obbligo, anziché della facoltà, per ciascun coniuge di farsi assistere da un difensore - Conseguente impossibilità di esperire il tentativo di conciliazione nel caso in cui il convenuto non sia munito di assistenza legale. Corte cost., ordinanza 16 febbraio 2012 n. 26 (Pres. Quaranta, est. Grossi) E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 707 e 708 c.p.c. nella parte in cui impongono la difesa legale nell'udienza presidenziale della separazione. Infatti, in assenza di un diritto vivente ed in presenza di variegate interpretazioni da parte della dottrina, il rimettente non si pone il problema di individuare la portata e le conseguenze applicative – quanto alla eventuale possibilità di configurare distinte modalità di partecipazione dei coniugi ai due momenti caratterizzanti la fase dell’udienza presidenziale, pur in presenza della previsione dell’assistenza del difensore di cui al primo comma dell’art. 707 cod. proc. civ. – delle locuzioni differenziate presenti rispettivamente nel primo e nel terzo comma del successivo art. 708, che prevedono, da un lato, che «All’udienza di comparizione il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione» (primo comma) e, dall’altro lato, che, «Se la conciliazione non riesce, il presidente, anche d’ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi […]» (terzo comma). Minori Art. 569 c.p. – delitto di alterazione di stato – perdita di potestà genitoriale – Interesse del minore – Illegittimità costituzionale - Sussiste Corte Cost., sentenza 23 febbraio 2012 n. 31 (Pres. Quaranta, rel. Criscuolo) E’ costituzionalmente illegittimo l’articolo 569 del codice penale, nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di stato, previsto dall’articolo 567, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell’interesse del minore nel caso concreto (La pronuncia è stata resa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 569 del codice penale promosso dal Tribunale di Milano con ordinanza del 31 gennaio 2011, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2011) Interesse preminente del minore – Obbligo di tenere presente il suo interesse in ogni atto che lo riguardi – Sussiste Corte Cost., sentenza 23 febbraio 2012 n. 31 (Pres. Quaranta, rel. Criscuolo) 10 Nell’ordinamento internazionale è principio acquisito che in ogni atto comunque riguardante un minore deve tenersi presente il suo interesse, considerato preminente. E non diverso è l’indirizzo dell’ordinamento interno, nel quale l’interesse morale e materiale del minore ha assunto carattere di piena centralità, specialmente dopo la riforma attuata con legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), e dopo la riforma dell’adozione realizzata con la legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, cui hanno fatto seguito una serie di leggi speciali che hanno introdotto forme di tutela sempre più incisiva dei diritti del minore. Matrimonio – Unione tra persone dello stesso sesso – Inesistenza giuridica – Esclusione – Matrimonio valido ma non efficace – Sopravvenuto quadro normativo, Europeo e Internazionale – Tutela della famiglia omosessuale – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 15 marzo 2012 n. 4184 (Pres. Luccioli, rel. Di Palma) La concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio non è più condivisibile, alla luce del mutato quadro sociale ed europeo. L’intrascrivibilità delle unioni omosessuali, pertanto dipende non dalla loro inesistenza e neppure dalla loro invalidità ma dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano, in assenza di specifica Legge nazionale. Ciò nondimeno, i componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se – secondo la legislazione italiana – non possono far valere né il diritto a contrarre il matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all'esterno, tuttavia – a prescindere dall'intervento del legislatore in materia -, quali titolari del diritto alla “vita familiare” e nell'esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata e, in tale sede, eventualmente sollevare le conferenti eccezioni di illegittimità costituzionale delle disposizioni delle leggi vigenti, applicabili nelle singole fattispecie, in quanto ovvero nella parte in cui non assicurino detto trattamento, per assunta violazione delle pertinenti norme costituzionali e/o del principio di ragionevolezza. Art. 155-quinquies c.c. - Intervento in giudizio del figlio maggiorenne economicamente dipendente – Ammissibilità – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 19 marzo 2012 n. 4296 (Pres. Felicetti, rel. Campanile) Nei giudizi di separazione o di divorzio, alla luce della introduzione dell'art. 155quinquies c.c., l'intervento in giudizio, per far valere un diritto relativo all'oggetto della controversia, o eventualmente in via adesiva, del figlio maggiorenne, il quale, in quanto economicamente dipendente e sotto certi aspetti assimilabile al minorenne (in ordine al quale, proprio in epoca recente, in attuazione del principio del giusto processo, si tende a realizzare forme di partecipazione e di rappresentanza sempre più incisive), assolve, latu sensu, una funzione di ampliamento del contraddittorio, consentendo al giudice di provvedere in merito all'entità e al versamento - anche in forma ripartita - del contributo al mantenimento, sulla base di un'approfondita ed effettiva disamina delle istanze dei soggetti interessati 11 Modifica delle condizioni di separazione o divorzio – Decisione del giudice – Esecutorietà Immediata – Sussiste – Contra: Cass. Civ. 9373/2011 Cass. Civ., sez. III , sentenza 20 marzo 2012, n. 4376 (Pres. Filadoro – Rel. Frasca) Benché la questione sia ampiamente dibattuta in dottrina e su essa si registrano orientamenti contrastanti nell'ambito della giurisprudenza di merito, è da ritenere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla I sezione della Suprema Corte con la sentenza n. 9373/2011, il regime del provvedimento di definizione del procedimento di cui all'art. 710 c.p.c. sia quello dell'immediata esecutività delle statuizioni in esso contenute, in perfetta sintonia con quello generale dell'immediata esecutività delle pronunce di primo grado (che si applica anche alle statuizioni condannatorie accessorie a pronuncia costitutiva, qual è quella di modificazione delle condizioni della separazione, dato che Cass. sez. un. n. 4059 del 2010 ha assegnato alla sua statuizione sull'efficacia delle condanne accessorie alla pronuncia costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c. carattere limitato alla particolare fattispecie di cui a tale norma: si vedano in termini Cass. (ord.) n. 21849 del 2010; Cass. n. 16737 del 2011; Cass. n. 24447 del 2011). Le conclusioni raggiunte si giustificano (come non ha mancato di rilevare una dottrina) sia per il procedimento di modificazione delle condizioni di una separazione pronunciata all'esito di un procedimento contenzioso, sia per il procedimento di modificazione delle condizioni di una separazione consensuale, atteso che l'art. 710 c.p.c. prevede una disciplina unica per l'uno e per l'altro caso e considerato che se, nel secondo caso, le modificazioni vengano rese sull'accordo delle parti, l'esecutività del provvedimento definitivo (da spendere se poi taluno dei coniugi non voglia osservarle) si giustifica a maggior ragione per il carattere lato sensu negoziale del provvedimento, mentre, se vengano rese a seguito di lite, viene meno qualsiasi rilievo della pregressa separazione consensuale. Separazione consensuale – Art. 155-bis c.c. - Affidamento esclusivo – Conflittualità – Condizioni perché giustifichi l'affidamento monogenitoriale Cass. Civ., sez. I, sentenza 29 marzo 2012 n. 5108 (Pres. Luccioli, rel. Gianicola) In tema di separazione personale, la regola prioritaria dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 cod. civ., è, ai sensi dell’art. 155 bis, primo comma, cod. civ., derogabile solo ove la sua applicazione risulti contraria all’interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio di valutazione in rapporto alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti in sede giudiziaria. La mera conflittualità esistente tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso a tale regine preferenziale solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole; assume, invece, connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro superiore interesse. Mediazione familiare – Art. 155-sexies c.c. - Giudizio di opportunità – Rischi per il minore Cass. Civ., sez. I, sentenza 29 marzo 2012 n. 5108 (Pres. Luccioli, rel. Gianicola) L'art. 155-sexies c.c. attribuisce al giudice un potere discrezionale esercitabile per ragioni di opportunità, ragioni la cui ricorrenza risulta evidentemente esclusa nel caso in cui sia dal giudice rilevata urgenza di provvedere per evitare anche che, nelle more del ristabilimento del dialogo genitoriale, la prole possa subire danni 12 Abbandono della casa coniugale – Reato penale – Art. 570 comma I c.p. Interpretazione evolutiva della norma Cass. Pen., sez. VI, sentenza 2 aprile 2012 n. 12310 (Pres. Agrò, rel. Paoloni) Il reato di cui all'art. 570 co. 1 c.p., nella forma dell'abbandono del domicilio domestico, non può ritenersi configurabile per il solo fatto storico dell'avvenuto allontanamento di uno dei coniugi dalla casa coniugale (v.: Cass. Sez. 6, 14.7.1989 n. 13724, Chianta, rv. 182278 Cass. Sez. 6, 12.3.1999 n. 11064, Innamorato, rv. 214330). Posto che la fattispecie criminosa si perfeziona soltanto se e quando il contegno del soggetto agente si traduca in un'effettiva sottrazione agli obblighi di assistenza materiale e morale nei confronti del coniuge "abbandonato", occorre ribadire che - alla luce della normativa regolante i rapporti di famiglia e della stessa evoluzione del costume sociale e relazionale - la qualità di coniuge non è più uno stato permanente, ma una condizione modificabile per la volontà, anche di uno solo, di rompere o sospendere il vincolo matrimoniale. Volontà la cui autonoma manifestazione, pur se non perfezionata nelle specifiche forme previste per la separazione o lo scioglimento del vincolo coniugale, può essere idonea ad interrompere senza colpa e senza effetti penalmente rilevanti taluni obblighi, tra i quali quello della coabitazione. La logica ulteriore conseguenza, ignorata dalla sentenza impugnata, è che la condotta tipica di abbandono del domicilio domestico è integrata soltanto se l'allontanamento risulti privo di una giusta causa, connotandosi di reale disvalore dal punto di vista etico e sociale (Cass. Sez. 6, 14.10.2004 n. 44614, Romeo, rv. 230523). Illecito Endofamiliare – Danno da mancata istruzione, educazione del figlio naturale – Art. 2059 c.c. - Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 10 aprile 2012 n. 5652 (Pres. Luccioli, rel. Campanile) Nell'ambito di un vasto orientamento, formatosi sia in dottrina, sia nella giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, è stata enucleata la nozione di “illecito endofamiliare”, in virtù della quale la violazione dei relativi doveri non viene sanzionata solo attraverso le regole del diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo ad un autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti. E non può dubitarsi, con riferimento al caso di specie, come il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determini un vulnus, dalle conseguenze di entità rimarchevole ed anche, purtroppo, ineliminabili, a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione, trovano nella carta costituzionale (in particolare agli articoli 2 e 30) e nelle norme di natura internazionale recepite nel ostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e di tutela. Consulenza tecnica su disturbi psicologici – Scelta dell'esperto – Psicologo invece di medico – Discrezionalità del Giudice – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 14 maggio 2012 n. 7452 (Pres. Luccioli, rel. De Chiara) Nessuna norma impone di affidare a medici piuttosto che a psicologi le consulenze tecniche riguardanti disturbi psicologici; la verifica della concreta qualificazione dell’esperto a rendere la consulenza è compito esclusivo del giudice di merito che, 13 peraltro, nella sua decisione, ben può motivare per relationem richiamando il contenuto della consulenza tecnica di ufficio Modifica delle condizioni di separazione – Art. 710 c.p.c. - Ratio – Interesse del minore Cass. Civ., sez. I, sentenza 17 maggio 2012 n. 7770 (Pres. Carnevale, rel. Campanile) Il precetto contenuto nell’art. 155 ter c.c. e il procedimento previsto dall’art. 710 c.p.c. sono fondati sulla necessità di adeguare nel tempo, sulla base di una più attuale e concreta valutazione dell’interesse della prole, i provvedimenti già adottati. Affidamento e collocamento del minore adolescente – Volontà dallo stesso espressa – Prevalenza nella valutazione del giudice – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 17 maggio 2012 n. 7773 (Pres. Carnevale, rel. Campanile) Premesso che i provvedimenti in materia di affidamento non possono consistere in forzate sperimentazioni, nel corso delle quali, come in un letto di Procuste, le reali ed attuali esigenze della prole vengono sacrificate al tentativo di conformare i comportamenti dei genitori a modelli tendenzialmente più maturi e responsabili, ma contraddetti dalla situazione reale già sperimentata, deve rimarcarsi che, attesa la primazia “dell’interesse morale e materiale” della prole stessa, la norma contenuta nell’art. 155 sexies, primo comma, nella parte in cui prevede l’audizione del minore da parte del giudice, non solo consente di realizzare la presenza nel giudizio dei figli, in quanto parti sostanziali del procedimento (Cass., Sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238), ma impone certamente che degli esiti di tale ascolto si tenga conto. Naturalmente le valutazioni del giudice, in quanto doverosamente orientate a realizzare l’interesse del minore, che può non coincidere con le opinioni dallo stesso manifestate, potranno in tal caso essere difformi: si impone, tuttavia, un onere di motivazione la cui entità deve ritenersi direttamente proporzionale al grado di discernimento attribuito al figlio. Abbandono della casa coniugale – Assenza di intesa sessuale – Giustificato motivo per l'abbandono – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 31 maggio 2012 n. 8773 (Pres. Vitrone, rel. Dogliotti) La mancanza di un'intesa sessuale rappresenta una «giusta causa» per abbandonare il tetto coniugale, ragion per cui l'abbandono, giustificato da tale motivo, non può sorreggere una pronuncia di addebito, emergendo, nella relazione di coniugio, l'assenza di un rapporto «sereno e appagante». Separazione – Violazione dell'obbligo della fedeltà – Casi in cui giustifica l'addebito della separazione – Legame causale con la intollerabilità della convivenza Cass. Civ., sez. I, sentenza 1 giugno 2012 n. 8862 (Pres. Vitrone, rel. Dogliotti) L’obbligo di fedeltà è sicuramente impegno globale di devozione, che presuppone una comunione spirituale tra i coniugi, volto a garantire e consolidare l’armonia interna tra essi (in tale ambito, la fedeltà sessuale è soltanto un aspetto, ma sicuramente, rilevante). Quanto all’addebito, esso sussiste se vi siano violazioni degli obblighi matrimoniali, di regola gravi e ripetute, che diano causa all’intollerabilità della convivenza. (ciò anche per l’obbligo di fedeltà, come per qualsiasi altro obbligo coniugale). 14 Separazione – Addebito – Risarcimento del danno - Coesistenza – Possibilità – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 1 giugno 2012 n. 8862 (Pres. Vitrone, rel. Dogliotti) La violazione di obblighi nascenti dal matrimonio che, da un lato è causa di intollerabilità della convivenza, giustificando la pronuncia di addebito, con gravi conseguenze, com’è noto, anche di natura patrimoniale, dall’altro, dà luogo ad un comportamento (doloso o colposo) che, incidendo su beni essenziali della vita, produce un danno ingiusto, con conseguente risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile. Possono dunque sicuramente coesistere pronuncia di addebito e risarcimento del danno, considerati i presupposti, i caratteri, le finalità, radicalmente differenti. Separazione – Condotta tenuta da un coniuge dopo la separazione e in prossimità di essa – Valutazione in termini di elemento per apprezzare e giudicare la pregressa condotta nel giudizio di addebito – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 giugno 2012 n. 8928 (Pres. Luccioli, rel. Campanile) La condotta tenuta da uno dei coniugi dopo la separazione e in prossimità di essa, se pure priva di efficacia autonoma nel determinare l’intollerabilità della convivenza, può comunque essere valutata dal giudice, quale elemento alla luce del quale valutare la condotta pregressa ai fini del giudizio di addebitabilità (Cass., 2 settembre 2005, n. 177810). Separazione – Condotta tenuta da un coniuge di lesione dei beni fondamentali della persona – Addebito – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 giugno 2012 n. 8928 (Pres. Luccioli, rel. Campanile) Le gravi condotte lesive, traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l'addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere (Cass., 7 aprile 2005, n. 7321; Cass., 14 aprile 2011, n. 8548). Aumento dell'età – Aumento delle esigenze della prole – Dimostrazione – Non necessaria Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 giugno 2012 n. 8927 (Pres. Luccioli, rel. Campanile) L'accrescimento delle esigenze della prole, in funzione del progredire degli anni, non abbisogna di specifica dimostrazione (Cass., 13 gennaio 2010, n. 400). Potestà genitoriale – Libertà di religione del genitore – Limitazione nel rapporto con figli – Possibilità – Sussiste - Condizioni – Nel caso di specie: Testimoni di Geova Cass. Civ., sez. I, sentenza 12 giugno 2012 n. 9546 (Pres. Luccioli, rel. Gianicola) L’art. 155 cod.civ., in, tema di provvedimenti riguardo ai figli nella separazione personale dei coniugi, consente al giudice di fissare le modalità della loro presenza 15 presso ciascun genitore e di adottare ogni altro provvedimento ad essi relativo, attenendosi al criterio fondamentale rappresentato dal superiore interesse della prole che assume rilievo sistematico centrale nell’ordinamento dei rapporti di filiazione, fondato sull’art. 30 della Costituzione. L’esercizio in concreto di tale potere, dunque, deve costituire espressione di conveniente protezione (art. 31, comma 2 Cost.) del preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata e può assumere anche profili contenitivi dei rubricati diritti e libertà fondamentali individuali, ove le relative esteriorizzazioni determinino conseguenze pregiudizievoli per la prole che vi presenzi, compromettendone la salute psico-fisica e lo sviluppo; tali conseguenze, infatti, oltre a legittimare le previste limitazioni ai richiamati diritti e libertà fondamentali contemplati in testi sovranazionali, implicano in ambito nazionale il non consentito superamento dei limiti di compatibilità con i pari diritti e libertà altrui e con i concorrenti doveri di genitore fissati nell’art 30, primo comma della Costituzione e nell’art. 147 del codice civile. Affidamento congiunto – Scelte di maggiore importanza – Iscrizione ad una scuola privata – Consenso del genitore quale presupposto per il rimborso delle spese – Sussiste – Onere della prova – A carico di chi chiede il pagamento Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 giugno 2012, n. 10174 (Pres. Luccioli, Rel. Mercolino) L’affidamento congiunto, oltre ad implicare l'esercizio della potestà da parte di entrambi i genitori, presuppone un'attiva collaborazione degli stessi nell'elaborazione e la realizzazione del progetto educativo comune, imponendo pertanto, nell'accertamento della paternità delle singole decisioni, quanto meno di quelle più importanti, la verifica che le stesse sono state assunte sulla base di effettive consultazioni tra i genitori, e quindi con il consapevole contributo di ciascuno di essi. Ne discende che la parte la quale richieda il rimborso di spese sostenute per il minore, al fine dell’accoglimento della domanda, ha l’onere di fornire la la prova di aver provveduto a consultare preventivamente l'ex-coniuge, al fine di ottenerne il consenso all’atto; e, in particolare, ad esempio, all'iscrizione della prole presso un istituto privato. Separazione – Sentenza parziale – Art. 190 c.p.c. - Applicabilità - Esclusione Cass. Civ., sez. I, sentenza 22 giugno 2012, n. 10484 (Pres. Salmé, Rel. Campanile) L'art. 709 bis c.p.c., nell'attuale formulazione, come definitivamente modificata con l'art. 1, c. 4, della l. n. 263 del 2005, ha eliminato, con la locuzione "il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione", ogni valutazione di discrezionalità circa l'emanazione della sentenza parziale sullo status, ragion per cui non è richiesto l’impulso di parte per l’emanazione della pronuncia in merito allo status. Non si applica, ai fini dell’emanazione della pronuncia sullo status, la disciplina di cui all'art. 190 c.p.c. Accertamento della paternità – Esami ematologici – rifiuto ingiustificato – Valutazione ex art. 116 c.p.c. - Come unico elemento di giudizio - Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 17 luglio 2012 n. 12198 (Pres. Luccioli, est. Acierno) Il rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell'art. 116 cod. proc. civ., anche in assenza di prove dei rapporti sessuali tra le parti, in quanto è proprio la mancanza di riscontri oggettivi assolutamente certi e difficilmente acquisibili circa la natura dei rapporti intercorsi e circa l'effettivo concepimento a determinare l'esigenza di desumere argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti, potendosi 16 trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda anche soltanto dal rifiuto ingiustificato a sottoporsi all'esame ematologico del presunto padre, posto in opportuna correlazione con le dichiarazioni della madre Accertamento giudiziale della paternità - Esumazione della salma per motivi di Giustizia - Regolamento di Polizia Mortuaria (D.P.R. 10.9.90, n. 285, art. 83) – Diritto dei congiunti sul corpo della persona defunta – Necessità del loro consenso Non sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 19 luglio 2012 n. 12549 (Pres. Luccioli, Rel. Piccininni) Non è configurabile un diritto soggettivo dei prossimi congiunti sul corpo della persona deceduta, circostanza da cui discende l'insussistenza di un loro potere di disposizione su di esso. La disciplina positiva risulta orientata verso il duplice obiettivo della difesa del corpo delle persone decedute da inutili e gratuiti interventi mutilatori e della legittimazione delle eventuali iniziative dell'autorità giudiziaria poste in essere per motivi di giustizia. Ed invero il cadavere costituisce oggetto di espressa tutela nel vigente codice penale nell'apposito capo relativo ai delitti contro la pietà dei defunti (artt. 407-411 c.p.), che mirano per l'appunto a tutelarne il rispetto sotto diversi aspetti, e cioè in relazione all'integrità delle tombe ed alle cose destinate al relativo culto, allo svolgimento del funerale, ad eventuali atti di vilipendio, alla distruzione, soppressione, sottrazione, occultamento o uso illegittimo di cadavere, e quindi in fattispecie del tutto diverse rispetto a quella oggetto di giudizio. Analogamente, il Regolamento di Polizia Mortuaria (D.P.R. 10.9.90, n. 285) prevede poi (art. 83) che le salme possono essere esumate prima del prescritto turno di rotazione per ordine dell'autorità giudiziaria, per indagini nell'interesse della giustizia (ovvero per trasportarle in altre sepolture o per cremarle previa autorizzazione del sindaco), così come alla medesima autorità è conferita la facoltà di disporre esumazioni straordinarie per identiche finalità, e pertanto con riferimento all'avvertita necessità di assicurare gli accertamenti indispensabili per motivi di giustizia. In entrambi i casi contemplati dal citato Regolamento non è dunque richiesto il consenso dei familiari o degli eredi all'esumazione ed all'autopsia del cadavere del congiunto, consenso la cui necessità è anzi da ritenere implicitamente esclusa dall'interpretazione complessiva della normativa vigente sopra richiamata. D'altro canto la facoltà di agire in giudizio a tutela di un proprio diritto è costituzionalmente garantita (art. 24 Cost.), sicché una interpretazione della normativa vigente orientata in senso restrittivo rispetto al relativo esercizio si porrebbe in contrasto con il dettato costituzionale. Ciò tanto più ove si tratti di controversia avente ad oggetto l'accertamento di un diritto fondamentale, attinente allo status della parte che agisce in giudizio. Art. 155-quater c.c. - Assegnazione della casa familiare – Concetto di “stabile godimento” - Genitore affidatario che trascorre fuori dalla casa familiare cinque giorni a settimana per motivi di lavoro – Legittimità dell'assegnazione della casa in sede di separazione – Sussiste – Estinzione del diritto al godimento della casa Esclusione Cass. Civ., Sez. I, sentenza 9 agosto 2012 n. 14348 a) essendo ormai legislativamente stabilito che Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli (art. 155-quater c.c., 17 comma 1, primo periodo), tale disposizione risponde all'esigenza, prevalente su qualsiasi altra, di conservare ai figli di coniugi separati l'habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare (cfr., ex plurimis e tra le ultime, la sentenza n. 14553 del 2011). b) la Corte costituzionale, con la sentenza n. 308 del 2008, ha affermato, in via generale, che dal contesto normativo e giurisprudenziale emerge che non solo l'assegnazione della casa familiare, ma anche la cessazione della stessa, è stata sempre subordinata, pur nel silenzio della legge, ad una valutazione, da parte del giudice, di rispondenza all'interesse della prole, da tale principio deducendo, con riferimento specifico alla fattispecie, che l'art. 155-guater cod. civ., ove interpretato, sulla base del dato letterale, nel senso che la convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell'assegnatario della casa sono circostanze idonee, di per se stesse, a determinare la cessazione dell'assegnazione, non è coerente con i fini di tutela della prole, per il quale l'istituto è sorto, e concludendo nel senso che La coerenza della disciplina e la sua costituzionalità possono essere recuperate ove la normativa sia interpretata nel senso che l'assegnazione della casa coniugale non venga meno di diritto al verificarsi degli eventi di cui si tratta (instaurazione di una convivenza di fatto, nuovo matrimonio), ma che la decadenza dalla stessa sia subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore; c) anche l'art. 155-quater c.c., comma 1, terzo periodo, nella parte in cui dispone che Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare ..., deve essere interpretato, in conformità con i predetti principi, nel senso che, sebbene tali casi di revoca dell'assegnazione della casa familiare siano collegati ad eventi che fanno presumere il venir meno della esigenza abitativa, tuttavia la prova di tali eventi - che onera chi agisce per la revoca - deve essere particolarmente rigorosa in presenza di prole affidata o convivente con l'assegnatario ed attestare in modo univoco che gli eventi medesimi sono connotati dal carattere della "stabilità", cioè dell'irreversibilità, ed inoltre nel senso che il giudice investito della domanda di revoca deve comunque verificare che il provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole affidata o convivente con l'assegnatario. Il diritto al godimento della casa non si estingue, dunque, dove il genitore affidatario non vi abiti per tutti i giorni della settimana, in ragione di esigenze lavorative. Provvedimenti emessi in sede di volontaria giurisdizione - che limitino o escludano la potestà dei genitori naturali ai sensi dell'art. 317-bis cod. civ., che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332 cod. civ., che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell'art. 333 cod. civ., o che dispongano l'affidamento contemplato dall'art. 4, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 – Ricorribilità in Cassazione della decisione sul reclamo - Esclusione Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 settembre 2012 n. 15341 (Pres. Luccioli, rel. San Giorgio) I provvedimenti, emessi in sede di volontaria giurisdizione, che limitino o escludano la potestà dei genitori naturali ai sensi dell'art. 317-bis cod. civ., che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332 cod. civ., che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell'art. 333 cod. civ., o che dispongano l'affidamento contemplato dall'art. 4, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, in quanto privi dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale, non sono 18 impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione di cui all'art. 111, settimo comma, Cost. neppure se il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione (nella specie, la mancanza del parere del P.M. e la mancata audizione dei genitori), in quanto la pronunzia sull'osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all'esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell'atto sia privo, stante la natura strumentale della problematica processuale e la sua idoneità a costituire oggetto di dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa essere riaperta la discussione sul merito Art. 709-ter c.p.c. - “impugnazione con i mezzi ordinari” - Significato Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 settembre 2012 n. 15341 (Pres. Luccioli, rel. San Giorgio) La locuzione contenuta nell'art. 709-ter cod.proc.civ., che prevede l'impugnazione con i mezzi ordinari, va interpretata per l'effetto nel senso che i mezzi "ordinari" sono solo quelli propri della categoria giuridica cui appartiene l'atto, determinata dal suo contenuto e dalla sua finalità Diritto di Accesso agli atti – Prevalenza sulla riservatezza in funzione della attuazione del diritto di difesa/azione – Sussiste – Accesso ai redditi del convivente del coniuge per il procedimento di separazione - Sussiste Cons. Stato, sez. IV, sentenza 20 settembre 2012 n. 5047 (Pres. Giaccardi, est. Romano) Il diritto di accesso deve prevalere sull’esigenza di riservatezza di terzi quando esso sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta. Ha diritto, pertanto, ad accedere alla documentazione reddituale del convivente della moglie separata il coniuge che intenda agire in giudizio per l’accertamento della spettanza o meno dell’assegno di mantenimento in favore della controparte. Diritto al nome – Onomastico “Andrea” – Attribuzione a soggetto di sesso femminile – Illegittimità - Esclusione Cass. civ.,sez. I, sentenza 20 novembre 2012 n. 20835 (Pres. Luccioli, rel. Acierno) Il nome Andrea, anche per le sua peculiarità lessicale, non può definirsi né ridicolo né vergognoso se attribuito ad una persona di sesso femminile, né potenzialmente produttivo di un’ambiguità nel riconoscimento del genere della persona cui sia stato imposto, non essendo più riconducibile, in un contesto culturale ormai non più rigidamente nazionalistico, esclusivamente al genere maschile. La ratio del divieto di attribuire un nome non corrispondente al sesso del minore, è sempre quella fondata sul massimo rispetto della dignità personale. Un segno distintivo così rilevante come il nome non può avere un contenuto di evidente confusione su un carattere, quale il genere, di primario rilievo. Ma, quando la caratterizzazione di genere, come nel caso del nome Andrea, ha perso la sua valenza distintiva esclusiva a causa dell’uso indifferenziato per entrambi i generi, in molti paesi stranieri, del nome in questione, la scelta dei genitori, alla luce dell’art. 34, secondo comma, è del tutto legittima perché non determina alcuno sconfinamento nella lesione della dignità personale. 19 Litispendenza internazionale – Criteri interpretativi – Identico rapporto sostanziale - Art. 7 Legge 218/1995 Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 28 novembre 2012 n. 21108 (Pres. Preden, est. Piccininni) La litispendenza internazionale assurge a criterio negativo, sia pur temporaneo, della giurisdizione del giudice italiano per evitare inutili duplicazioni ed eliminare il rischio di conflitti di giudicati. Ai fini della nozione di litispendenza deve essere privilegiata una interpretazione sostanzialistica, non agganciata a criteri formalistici. Ne consegue che per giudicare due cause identiche e dunque l’esistenza della litispendenza va considerato se il giudizio italiano e straniero abbiano ad oggetto un identico rapporto sostanziale e su quello i giudici siano chiamati a decidere. Il giudice dotato di potestas decidendi è quello adito per primo. Conflittualità tra padre e figli – Affido esclusivo - Esclusione Cass. Civ., sez. I, sentenza 3 dicembre 2012 n. 21591 (Pres. Fioretti, est. Bisogni) La posizione conflittuale dei figli rispetto alla figura paterna non giustifica la opzione verso un regime di affido esclusivo Separazione – Somme versante in virtù del mantenimento stabilito nelle more del procedimento – Revoca dell'assegno – Diritto alla ripetibilità – Esclusione – Condizioni per la ripetibilità Cass. Civ., sez. I, sentenza 4 dicembre 2012 n. 21675 (Pres. Fioretti, est. Cultrera) In materia di separazione, sono irripetibili le somme versate in caso di revoca dell'assegno di mantenimento (Cass. nn. 11863/2004, 13060/2002, 4198/1998, 3415/1994). E' invece ripetibile l'assegno di mantenimento se versato a minore che non è figlio dell'onerato Scrittura privata sottoscritta dai nubendi al momento del matrimonio – Impegno della moglie a trasferire al marito un Immobile di sua proprietà in caso di fallimento del matrimonio (separazione o divorzio) – Natura di Accordo cd. Prematrimoniale in vista del divorzio - Esclusione Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 dicembre 2012 n. 23713 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti) La scrittura privata sottoscritta dai nubendi al momento del matrimonio, contenente l'impegno della moglie a trasferire al marito un immobile di sua proprietà in caso di fallimento del matrimonio (separazione o divorzio), non è inquadrabile nell'ambito degli accordi cd. prematrimoniale in vista del divorzio dove il fallimento del matrimonio non venga considerato come causa genetica dell’accordo, ma sia degradato a mero ‘‘evento condizionale’’. In questi casi viene in rilievo un accordo tra le parti, libera espressione della loro autonomia negoziale, estraneo alla categoria degli accordi prematrimoniali (ovvero effettuati in sede di separazione consensuale) in vista del divorzio, che intendono regolare l’intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come la corresponsione di assegno), con possibili arricchimenti e impoverimenti. Accordo cd. Prematrimoniale in vista del divorzio – Giurisprudenza della Cassazione formatasi sul punto – Progressivo “favor” per questi accordi Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 dicembre 2012 n. 23713 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti) 20 Gli accordi prematrimoniali in vista del divorzio sono molto frequenti in altri Stati, segnatamente quelli di cultura anglosassone, dove essi svolgono una proficua funzione di deflazione delle controversie familiari e divorzili. Come è noto, in Italia, la giurisprudenza è orientata a ritenere tali accordi, assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, e in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (per tutte, Cass. n. 6857 del 1992). Tale orientamento è criticato da parte della dottrina, in quanto trascurerebbe di considerare adeguatamente non solo i principi del sistema normativo, ormai orientato a riconoscere sempre più ampi spazi di autonomia ai coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale. E’ assai singolare che invece siano stati ritenuti validi accordi in vista di una dichiarazione di nullità del matrimonio, perché sarebbero correlati ad un procedimento dalle forti connotazioni inquisitorie, volto ad accertare l’esistenza o meno di una causa di invalidità del matrimonio, fuori da ogni potere negoziale di disposizione degli status: tra le altre, Cass. n. 248 del 1993). Giurisprudenza più recente della Cassazione ha invece sostenuto che tali accordi non sarebbero di per sé contrari all’ordine pubblico; più specificamente il principio dell’indisponibilità preventiva dell’assegno di divorzio dovrebbe rinvenirsi nella tutela del coniuge economicamente più debole, e l’azione di nullità (relativa) sarebbe proponibile soltanto da questo (al riguardo, tra le altre, Cass. n. 8109 del 2000; n. 2492 del 2001; n. 5302/2006). Provvedimenti ex artt. 330, 332, 333 c.c. – Ricorribilità in Cassazione - Esclusione Cass. Civ., sez. I, sentenza 8 gennaio 2013 n. 221 (Pres. Luccioli, rel. Acierno) I provvedimenti che limitino o escludano la potestà dei genitori naturali ai sensi dell'art. 317 bis cod. civ., che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332 cod. civ., o che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell'art. 333 cod. civ., o, infine, che dispongano l'affidamento contemplato dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 4, comma 2, in quanto privi dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale, non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione di cui all'art. 111 Cost., comma 1" (Cass. 21718 del 2010, cui sono seguite in termini Cass. n. 12536 del 2012; 15341 del 2012). Delega del giudice ai servizi sociali in ordine all’eventuale ampliamento delle modalità di visita tra genitore e figlio – Abdicazione del giudice al dovere ex art. 155 c.c. - Non sussiste – Delega comprensiva della possibilità di ampliare il diritto di visita – Illegittimità – Esclusione Cass. Civ., sez. I, sentenza 11 gennaio 2013 n. 601 (Pres. Luccioli, rel. De Chiara) Con l’affidare ai servizi sociali il compito di disciplinare le modalità degli incontri genitore – figlio, il Tribunale non abdica al potere spettantegli ai sensi dell’art. 155 c.c., dove – seppur in modo non dettagliato – fornisca comunque delle istruzioni al Servizio delegato; inoltre, la facoltà concessa ai servizi di ampliare le modalità e la durata di tali incontri, sino a giungere eventualmente anche a incontri liberi, non costituisce un limite al diritto del genitore, bensì una disposizione a lui favorevole, che lo solleva dall’onere di richiedere la concessione di detto ampliamento al giudice, il cui intervento, peraltro, resta necessario in caso di valutazione negativa da parte dei servizi. 21 Affidamento del minore a genitore che abbia instaurato una famiglia incentrata su coppia omosessuale – Idoneità del contesto familiare ad educare ed istruire il minore – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 11 gennaio 2013 n. 601 (Pres. Luccioli, rel. De Chiara) E' un mero pregiudizio quello per cui sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino. Sentenza di annullamento del matrimonio pronunciata dal Tribunale ecclesiastico – Delibazione – Rilevanza della durata del matrimonio – contrasto di giurisprudenza – Rimessione alle Sezioni Unite Cass. Civ., sez. I, sentenza 14 gennaio 2013 n. 712 (Pres. est. Luccioli) Sussiste contrasto di giurisprudenza in ordine alla possibilità di delibare la sentenza di annullamento del matrimonio, emessa dal tribunale ecclesiastico, dove l'unione abbia avuto lunga durata e si sia dunque protratta nel tempo: la questione va quindi rimessa alle Sezioni Unite (contrasto di giurisprudenza: per Cass. Civ. 1343/2011, il fatto che il matrimonio si sia protratto per lunga durata osta alla delibazione dell'eventuale sentenza di annullamento; per Cass civ. 8926/2012, può essere affermato, invece, un generale principio di irrilevanza, ai fini della delibazione, della durata della convivenza). Separazione/Divorzio – Richieste istruttorie – Prove generiche – Ammissibilità Esclusione Cass. civ., sez. I, sentenza 18 gennaio 2013 n. 1239 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti) Sono generiche e pertanto inammissibili le prove formulate nel senso di attribuire alla parte (nel caso di specie: il coniuge) comportamenti vaghi senza dedurre specifiche circostanze al riguardo Casa Coniugale – Art. 155-quater c.c. Mantenimento – Clausola che stabilisce l'automatico aumento dell'importo quando l'assegnatario lascerà la casa coniugale – Legittimità – Sussiste Cass. civ., sez. I, sentenza 18 gennaio 2013 n. 1239 (Pres. Carnevale, rel. Dogliotti) E’ legittima la clausola con cui il giudice stabilisca che l’assegno spettante al coniuge debole assegnatario della casa coniugale, sia automaticamente aumentato non appena questi lasci l’abitazione, in applicazione dell’art. 155-quater c.c. Rispetto della vita familiare – Art. 8 Cedu – Diritto di visita del padre – Comportamento della madre che lo ostacoli – Obbligo per le Autorità di adottare misure concrete ed effettive che garantiscano gli incontri tra genitore e figlio – Sussiste – procedura italiana che si fondi su misure automatiche e stereotipate – Violazione dell’art. 8 Cedu - Sussiste Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013 (Pres. Jočienė), Affaire Lombardo c/ Italia Dall’art. 8 della Convenzione, derivano obblighi positivi dove si tratti di garantire il rispetto effettivo della vita privata o familiare. Questi obblighi possono giustificare l’adozione di misure per il rispetto della vita familiare nelle relazioni tra gli individui, e, 22 in particolare, la creazione di un arsenale giuridico adeguato ed efficace per garantire i diritti legittimi delle persone interessate e il rispetto delle decisioni dei tribunali. Gli obblighi positivi di cui si discute non si limitano al controllo a che il bambino possa incontrare il suo genitore o avere contatti con lui ma includono l’insieme delle misure preparatorie che permettono di raggiungere questo risultato. Per essere adeguate, le misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui. Non deve, dunque, trattarsi di misure stereotipate ed automatiche. Separazione – disaffezione “soggettiva” al matrimonio – diritto alla separazione – sussiste – addebito per il suo esercizio - esclusione Cass. Civ., sez. I, sentenza 30 gennaio 2013 n. 2183 (Pres. Fioretti, rel. De Chiara) In una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale, il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare, in base ai fatti emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione ed a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità da parte dell’altro, la convivenza. Ove tale situazione di intollerabilità di verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto a chiedere la separazione: con la conseguenza che la relativa domanda, costituendo esercizio di un suo diritto, non può costituire ragione di addebito. Autorizzazione al rilascio del passaporto al Minore – Provvedimento vincolato – Esclusione – Interesse del minore Cass. Civ., sez. I, sentenza 5 febbraio 2013 n. 2696 (Pres. Vitrone, rel. Bernabai) L'autorizzazione al rilascio del passaporto al minore, su richiesta di un genitore, senza l'assenso - o contro la volontà dell'altro coniuge - non può considerarsi provvedimento vincolato, a fronte di un diritto soggettivo non soggetto a limiti. Al contrario, è subordinata alla valutazione dell'interesse del minore; così come ogni altro provvedimento ordinario attinente all'affidamento dei figli minori, assunto in sede di separazione personale dei coniugi: di cui, del resto, costituisce un aspetto rilevante, data la sua strumentalità alla disciplina dei tempi e modi di permanenza presso ciascuno dei genitori. Matrimonio - Rapporti sessuali innaturali imposti alla moglie dal marito – Nullità del matrimonio per errore essenziale sulle qualità personali del coniuge – Art. 122 c.c. - Esclusione Cass. Civ., sez. I, sentenza 12 febbraio 2013 n. 3407 (Pres. Luccioli, rel. Bisogni) La sfera di applicazione dell’art. 122 del codice civile assegna rilevanza all’errore sulle qualità del coniuge, sub specie di anomalia o deviazione sessuale, nei soli casi in cui si manifesti nell’altro coniuge una anomalia o deviazione sessuale tale da impedire lo svolgimento della vita coniugale. In altri termini l’anomalia o deviazione deve costituire un impedimento oggettivo e non superabile allo svolgimento della vita coniugale Giudizio di Separazione - Litisconsorzio necessario nei confronti del Pm – Esclusione 23 Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 febbraio 2013 n. 3502 (Luccioli, rel. Acierno) L'orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità ha nettamente escluso che nel giudizio di separazione personale tra coniugi che abbia ad oggetto anche le statuizioni sui figli minori si determini un'ipotesi di litisconsorizio necessario nei confronti del pubblico ministero analogamente a quanto si verifica nel giudizio di divorzio, precisando che "nel giudizio di separazione”, il P.M. deve intervenire a pena di nullità (art. 10 c.p.c.) ma non ha potere d'iniziativa né può impugnare la sentenza che lo conclude ex art. 12, 3 comma, c.p.c., a differenza di quanto previsto per il divorzio nel cui procedimento assume la qualità di litisconsorte se vi sono figli minori o incapaci, avendo potere di impugnare la decisione che conclude questa causa matrimoniale, anche in ordine agli interessi patrimoniali dei figli minori o incapaci ex art. 5, comma 5, L. 1 dicembre 1970 n. 898, come modificata (Cass. 29 ottobre 1998 n. 10803). Nella separazione, che è causa che può essere promossa solo dai coniugi ai sensi dell'art. 150, 3 comma, c.c. (Cass. 17 gennaio 1996 n. 364) e nella quale è espressamente escluso il potere d'impugnazione del P.M. dall'art. 72, terzo comma, c.p.c., che lo prevede nelle altre cause matrimoniali, non vi è litisconsorzio necessario. (...). Il legislatore,pur qualificando il giudizio di separazione causa matrimoniale, esclude che il P.M. possa impugnare la decisione che lo conclude e attribuisce ai coniugi soltanto il "diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo", (art. 155 c.c.). (...). Non si può estendere il potere d'impugnazione del P.M. di cui al 5 comma dell'art. 5 della L. 898/10, non espressamente richiamato (a differenza dell'art. 4) dall'art. 23 della L. 6 marzo 1981 n. 74, al giudizio di separazione (sul tema, Cass. 10 giugno 1998 n. 5756), neppure alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale relative alle fattispecie diverse della disparità di trattamento dei minori, nell'art. 9 della L. n. 898/70 rispetto agli art. 710 e 70 c.p.c. (in quest'ultimo caso per i giudizi ira genitori naturali relativi ai figli), e riguardanti il potere d'intervento del P.M. e non quello di impugnazione (C, Cost. 25 giugno 1996 n. 214 e 9 novembre 1992 n. 416), precluso espressamente dall'art. 12 c.p.c.". (Cass. 6965 del 2002). Separazione – Coniuge debole – Diritto al Mantenimento Cass. Civ., sez. I, sentenza 13 febbraio 2013 n. 3502 (Luccioli, rel. Acierno) L'esclusione del riconoscimento di un contributo al mantenimento del coniuge debole può essere fondato sulla sua attitudine al lavoro, desumibile dall'età, le condizioni di salute e il possesso di un diploma di studi oltre che di una potenziale professionalità. Tuttavia, tali condizioni, se non eziologicamente collegate alla prospettiva effettiva ed attuale di svolgimento di un'attività produttiva di reddito, sono inidonee a far venire meno il dovere di solidarietà coniugale, sancito dall'art. 143 terzo comma, cod. civ., che impone, in sede di separazione personale, ai sensi dell'art. 156 cod. civ., la corresponsione di un assegno di mantenimento, in favore del coniuge che non abbia adeguati redditi propri. La valutazione di adeguatezza od inadeguatezza dei redditi personali, deve essere svolta, in virtù dell'origine solidale dell'obbligo a carico dell'altro coniuge, sulla base delle condizioni reddituali e patrimoniali valutabili al momento dell'accertamento della sussistenza del diritto, ben potendo in futuro, tali valutazioni essere modificate in sede di revisione delle condizioni della separazione, qualora le potenzialità lavorative e reddituali del titolare dell'assegno si attualizzino. (art.156, ultimo comma, cod. civ.). Al riguardo, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è stato affermato che: "In tema di separazione personale 24 dei coniugi, l'attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell'assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non solo dei redditi in denaro ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di valutazione economica. Peraltro, l'attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche. (Cass. 18547 del 2006, cui devono aggiungersi i precedenti conformi 3975 del 2002 e 12121 del 2004)". Ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento in favore di uno dei coniugi, alla luce dei criteri sanciti dall'art. 156 cod. civ., risulta pertanto rilevante la condizione patrimoniale e reddituale comparativa riscontrabile alla luce dei complessivi riscontri istruttori al momento dell'accertamento del diritto, non rilevando, in via generale, ai fini dell'attribuzione di esso, le ragioni recenti o remote dell'assenza attuale di effettiva capacità reddituale, salva la loro valutabilità in sede di quantificazione del contributo. Sentenza di divorzio pronunciata da giudice straniero – Efficacia in Italia – Lesione del contraddittorio – Riconoscibilità – Esclusione Cass. Civ., sez. II., sentenza 18 febbraio 2013 n. 3964 (Pres. Luccioli, rel. Cultrera) Il disposto dell'art. 64 lett. b) comma 1 della legge n. 218/1995 stabilisce che la sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, quando l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo ove si è svolto il processo e non siano stati violati i diritti essenziali della difesa. È dunque compito della Corte d'appello, adita in caso di contestazione a mente del citato art. 67 legge n. 218/1995, verificare la regolarità dell'instaurazione del rapporto processuale in quel giudizio, accertando sia che la notifica dell'atto introduttivo sia stata eseguita alla luce delle regole vigenti in quello Stato, sia che il procedimento di notifica in tal guisa regolamentato ed eseguito in concreto abbia garantito il rispetto dei diritti essenziali della difesa indeclinabili nel nostro ordinamento processuale. L'inevitabile corollario comporta che il riscontro di irregolarità del procedimento di notifica, rilevanti e decisive nell'ordinamento interno ma inidonee ad inficiarne la validità secondo lo jus loci, le cui formalità non necessariamente devono essere regolamentate negli stretti termini di garanzia che governano il sistema del codice di rito, nondimeno osta al riconoscimento degli effetti di quella sentenza se in concreto dette irregolarità abbiano inciso, procurandone la compromissione, sul principio fondamentale del diritto di difesa della parte citata in giudizio e di quello del contraddittorio che ne rappresenta l'espressione. (Nel caso di specie, la Corte d'appello di Ancona ha ritenuto che, alla luce delle riscontrate irregolarità - illeggibilità della firma apposta dalla persona che ricevette l'atto e discrepanza cronologica tra ricevuta e relazione del corriere internazionale -, la notifica, pur potendo ritenersi correttamente perfezionata secondo lo jus loci, fosse pur tuttavia inidonea a certificare la conoscenza effettiva da parte della M. dell'atto introduttivo del giudizio di divorzio e per l'effetto a garantire in quell'ambito il suo diritto al contraddittorio ed all'esplicazione del suo diritto di difesa. In questa prospettiva e senza pertanto disapplicare le regole di quell'ordinamento processuale, ha conclusivamente accolto la domanda della predetta convenuta escludendo i requisiti per il riconoscimento degli effetti della sentenza straniera). Valutazione delle dichiarazioni del minore da parte del giudice – Esame critico e neutrale - Sussiste 25 Cass. pen., sez. IIII, sentenza 20 febbraio 2013 n. 8057 (Pres. Gentile, rel. Amoresano) Le dichiarazioni del bambini devono essere valutate dai giudici con la necessaria neutralità ed il dovuto rigore e con l'opportuno aiuto delle scienze che hanno rilievo in materia (pedagogia, psicologia, sessuologia); l'esame critico deve essere particolarmente pregnante in presenza di dichiarazioni de relato Valutazione delle dichiarazioni del minore da parte del giudice – Rese in sede testimoniale – Analisi e valutazione Cass. pen., sez. IIII, sentenza 20 febbraio 2013 n. 8057 (Pres. Gentile, rel. Amoresano) Le dichiarazioni del minore (nel caso di specie: in sede di testimonianza) devono essere esaminate con particolare attenzione e rigore, valutando la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto di tutte le situazioni interne ed esterne; la sua attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a dichiarare i fatti stessi, tenuto conto della capacità del minore di recepire le informazioni, di ricordarle e raccordarle; nonché, sul piano esterno, le condizioni emozionali che modulano i suoi rapporti con il mondo esterno; la qualità e la natura delle dinamiche familiari; i processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni. Nel contesto del minore di età, infatti, i fatti narrati possano interagire con gli aspetti più intimi della sua personalità adolescenziale o infantile, sì da accentuare il rischio di suggestioni, di reazioni emotive, di comportamenti di compiacenza o autoprotettivi È indubbio, peraltro, che quanto più il bambino è piccolo, tanto più limitata è la sua capacità di vigilanza e di elaborazione cognitiva: ciò che impone una attenzione ancor maggiore nella valutazione delle sue dichiarazioni. Valutazione delle dichiarazioni del minore da parte del giudice – Esame complessivo e contestualizzato – Sussiste Cass. pen., sez. IIII, sentenza 20 febbraio 2013 n. 8057 (Pres. Gentile, rel. Amoresano) È vero che il minore in tenera età non può riferire ciò che non sa, ma è altrettanto vero che i concetti di spazio e di tempo sono per lui estremamente limitati e non si può quindi pretendere una narrazione logica in ogni sua parte. In particolare, è manifestamente illogico che un bambino possa inventarsi completamente fatti che esulano del tutto dalla sua esperienza anche fantastica; però occorre pur sempre un ancoraggio radicale ad una realtà fattuale nella cui evocazione non emergano stridenti contraddizioni. Solo un siffatto esame complessivo, una volta accertata la capacità del minore di comprendere e riferire i fatti, può consentire di escludere l'intervento di fattori inquinanti idonei ad inficiare la sua credibilità e di valutare correttamente il contenuto intrinseco delle sue dichiarazioni, sotto il profilo della loro reiterazione e coerenza, precisione, spontaneità e logicità. E’ poi vero che i bambini piccoli non mentono consapevolmente e la loro fantasia attinge pur sempre ad un patrimonio conoscitivo ma è anche vero che questo principio deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi possono essere dichiaranti attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni eteroindotte; interrogati con domande inducenti, tendono a conformarsi alle aspettative dello interlocutore. Separazione – Mantenimento - Attitudine del coniuge al lavoro – Rilevanza Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 febbraio 2013 n. 4178 (Pres. Luccioli, rel. Cultrera) 26 L'attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo in presenza dell'effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita che deve essere scrutinata in concreto, in relazione alla situazione individuale esaminata Affidamento dei minori – Provvedimenti in tema di decadenza dalla potestà – Competenza in pendenza di separazione – Riparto di competenza tra tribunale ordinario e tribunale per i Minorenni – art. 38 disp. Att. c.c. Cass. Civ., sez. I, sentenza 27 febbraio 2013 n. 4945 (Pres. Salmé, rel. Ragonesi) In tema di affidamento di minori e di provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale, il discrimine tra la competenza del Tribunale ordinario e quella del Tribunale per i Minorenni deve essere individuato con riferimento al "petitum" ed alla "causa petendi" in concreto dedotti. Rientrano pertanto nella competenza del giudice specializzato, ai sensi del combinato disposto degli art. 330 cod. civ. e 38 disp. att. cod. civ., soltanto le domande finalizzate ad ottenere i provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale, mentre rientrano nella competenza del Tribunale ordinario, in sede di separazione personale dei coniugi, le pronunzie di affidamento del minori nonché le modalità dell'affidamento; né vale a spostare la competenza presso il Tribunale per i Minorenni l'allegazione di un grave pregiudizio per i figli minori, se tale deduzione non è intesa ad ottenere un provvedimento ablativo della suddetta potestà (cfr., da ultime, Cass. n. 6841 e 20352 del 2011). Sotto altro profilo, l'art. 709 ter c.p.c. stabilisce che competente a decidere in ordine alla soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della potestà genitoriale è "il giudice del procedimento in corso", ossia il giudice della separazione giacché la norma si inserisce tra quelle che disciplinano il procedimento di separazione personale dei coniugi. Analogamente l'art. 155 c.c. sancisce che, in caso di separazione, la potestà genitoriale è affidata ad entrambi i genitori e rimette al giudice della separazione la decisione in caso di disaccordo. Tali norme sono da considerarsi speciali e quindi prevalenti rispetto a quella dell'art. 316 c.c. che - attraverso il richiamo contenuto nell'art. 38 delle disp. att. c.c affida al Tribunale per i Minorenni di risolvere le questioni di contrasto di particolare importanza insorte tra i genitori in ordine all'esercizio comune della potestà genitoriale, norma che trova quindi applicazione per le controversie tra coniugi non separati o tra i quali non sia in corso procedimento di separazione. (Cass. 9339/97). Maltrattamenti in famiglia – Verso soggetto disabile – Condotte di indifferenza e incuria - Configurabilità - Sussiste Cass. Pen., sez. VI, sentenza 28 febbraio 2013 n. 9724 (Pres. De Roberto, rel. Paoloni) Il reato di maltrattamenti in danno di una persona disabile è integrato non solo da fatti commissivi direttamente opprimenti la sua personalità, ma anche da condotte omissive di deliberata indifferenza e trascuratezza verso i suoi elementari bisogni affettivi ed esistenziali. (Nel caso di specie, si trattava di comportamenti posti in essere dalla “badante” di una persona totalmente inabile e portatrice di “sindrome di down”, con la stessa convivente ed affidata alla sua cura e vigilanza). Mantenimento dei figli – Omissione – Stato di disoccupazione – Responsabilità penale ex art. 570 comma II c.p. - Sussiste Cass. Pen., sez. VI, sentenza 4 marzo 2013 n. 10147 (Pres. Rotundo, rel. Paternò Raddusa) 27 La sufficienza dei mezzi predisposti dalla madre è dato indifferente ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 570, comma II, n. 2 c.p. Giacché lo stato di bisogno dei figli minori ricorre anche quando alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda la madre. Inoltre, la generica indicazione della condizione di disoccupato, non escludendo in radice altre possibili fonti reddituali, non esime da responsabilità per il reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza incombendo sull'interessato, ai fini della scriminante dello stato di bisogno, l'onere di allegare gli elementi indicativi della effettiva impossibilità di adempiere. Taglio dei capelli alla moglie, da parte del marito – Gesto subito dalla moglie e motivato dal marito, per effetto della gelosia – Reato di violenza privata – Art. 610 c.p. - Sussiste Cass. Pen., sez. V, sentenza 6 marzo 2013 n. 10413 (Pres. Marasca, rel. Vessichelli) La condotta del marito che imponga alla moglie il taglio dei capelli, per gelosia, integra il reato di violenza privata, ex art. 610 c.p. Mantenimento dei figli – Mantenimento a carico del padre – Esonero della madre Esclusione Cass. Civ., sez. I, ordinanza 6 marzo 2013 n. 5481 (Pres. Salmé, rel. Dogliotti) L'assegno di mantenimento stabilito giudizialmente a carico del padre, titolare di maggior reddito, non comporta affatto che la madre venga esonerata dall'obbligo di contribuire, a sua volta, alle esigenze della prole Assegno di mantenimento – Assegno divorzile - Differenze Cass. Civ., sez. I, ordinanza 6 marzo 2013 n. 5481 (Pres. Salmé, rel. Dogliotti) Va ribadita la totale autonomia dei giudizi di separazione e divorzio e la diversa natura dei relativi assegni (per tutte, Cass. n. 15728/2005) Affidamento dei minori – Assunzione di prove ex officio – Art. 155-sexies comma I c.c. – Potere del giudice – Sussiste Cass. Civ., sez. I, sentenza 8 marzo 2013 n. 5847 (Pres. Luccioli, rel. Lamorgese) L’art. 155 sexies, comma 1, c.c., attribuisce al giudice il potere di assumere mezzi di prova anche d’ufficio ai fini della decisione sull’affidamento dei figli minori (Nel caso di specie, la Corte di appello aveva utilizzo una relazione della Asl che evidenziava il danno irreparabile subito dai minori per la privazione del rapporto con la madre) Audizione del minore – Diniego di ascolto – ammissibilità – Sussiste – Ragioni – Motivazione Cass. Civ., sez. I, sentenza 15 marzo 2013 n. 6645 (Pres.Carnevale, rel. Giancola) Il diniego di ascolto del minore può essere fondato sulla valutazione dell'età, delle condizioni e dei disagi già manifestati dallo stesso, quali emersi nel contesto delle risultanze processuali, anche documentali e, quindi, sulla conclusiva, seppure implicita, attribuzione di prevalenza alle esigenze di tutela dell'interesse superiore del bambino, 28 anche a non essere ulteriormente esposto a presumibili pregiudizi derivanti dal rinnovato coinvolgimento emotivo nella controversia che vedeva contrapposti i genitori. Sindrome di alienazione genitoriale – PAS – validità scientifica – Esclusione – Reazioni della comunità internazionale Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 marzo 2013 n. 7041 (Pres. Luccioli, rel Campanile) Il giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche (Cass., 14759 del 2007; Cass., 18 novembre 1997, n. 11440), ovvero avvalendosi di idonei esperti, deve verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale (Cass., 3 febbraio 2012, n. 1652; Cass., 25 agosto 2005, n. 17324). Ciò, ad esempio, nel caso in cui il CTU sostenga la presenza di una cd. PAS. In virtù delle perplessità manifestate dal mondo accademico internazionale, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la cd. Sindrome di Alienazione genitoriale (PAS) come malattia; peraltro, vari autori spagnoli, all’esito di una ricerca compiuta nel 2008, hanno sottolineato la mancanza di rigore scientifico del concetto di PAS e, nel 2009, le psicologhe C.B. e S.V., la prima spagnola e la seconda argentina, hanno sostenuto, in una pubblicazione dei 2009, che la PAS sarebbe un “costrutto pseudo scientifico”. Nell’anno 2010, inoltre, la Associacion Espanola de Neuropsiquiatria ha posto in evidenza i rischi dell’applicazione, in ambito forense, della PAS, non diversamente da quanto già manifestato nei 2003, in USA, dalla National District Attorneys Association, che in nota informativa sosteneva 1’assenza di fondamento della teoria, “in grado di minacciare l’integrità del sistema penale e la sicurezza dei bambini vittima di abusi”. La validità scientifica della PAS è anche contestata per le censure che vengono rivolte al suo sostenitore principale, Richard Gardner, nei cui confronti non sono mancati accenni poco lusinghieri, quale l’essersi presentato quale Professore dì psichiatria infantile presso, la Columbia University, essendo un mero “volontario non retribuito”, e persino l’aver giustificato la pedofilia. Convivente – godimento della casa familiare di proprietà del compagno/compagna – Situazione di fatto – Esclusione – Detenzione qualificata – Sussiste - Fine della convivenza – Obbligo di assegnare al convivente un termine per consentirgli di lasciare la casa – Sussiste Cass. Civ., sez. II, sentenza 21 marzo 2013 n. 7214 (Pres. Bursese, rel. Giusti) Dal momento che la famiglia di fatto è compresa tra le formazioni sociali che l'art. 2 della Costituzione considera la sede di svolgimento della personalità individuale, il convivente gode della casa familiare, di proprietà del compagno o della compagna, per soddisfare un interesse proprio, oltre che della coppia, sulla base di un titolo a contenuto e matrice personale la cui rilevanza sul piano della giuridicità è custodita dalla Costituzione, sì da assumere i connotati tipici della detenzione qualificata. L’assenza di un giudice della dissoluzione del ménage non consente al convivente proprietario di ricorrere alle vie di fatto per estromettere l’altro dall’abitazione, perché il canone della buona fede e della correttezza, dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento, impone al legittimo titolare che, cessata l’affectio, intenda recuperare, com’è suo diritto, l’esclusiva disponibilità dell’immobile, di avvisare il partner e di concedergli un termine congruo per reperire altra sistemazione”. Conflitti genitoriali – Controversie ex art. 709-ter c.p.c. - Natura giuridica – Ratio e funzione Cass. Civ., sez. II., ordinanza 2 aprile 2013 n. 8016 (Pres. Plenteda, rel. Scaldaferri) 29 Il procedimento previsto dall'art.709 ter c.p.c. introdotto dalla legge n.54/2006 è destinato alla soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della potestà genitoriale (quindi in ordine alle decisioni da prendere sulle questioni di maggiore interesse, o anche di ordinaria amministrazione, riguardanti i figli minori: cfr.art.155 comma 3 cod.civ.) o alle modalità dell'affidamento, e in tale ambito all'adozione, in caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, dei provvedimenti sanzionatori previsti dalla norma stessa, anche in unione con la modifica dei provvedimenti in vigore relativamente a tali modalità. Si tratta di provvedimenti privi di contenuto decisorio, che attengono piuttosto al controllo esterno sull'esercizio della potestà genitoriale in attuazione —anche mediante una più precisa determinazione e specificazione- di quanto disposto dal giudice della separazione o del divorzio. Conflitti genitoriali – Controversie ex art. 709-ter cod. proc. Civ. - Competenza Territoriale Cass. Civ., sez. II., ordinanza 2 aprile 2013 n. 8016 (Pres. Plenteda, rel. Scaldaferri) In materia di controversie ex art. 709-ter c.p.c., il riferimento, ai fini della attribuzione della competenza al tribunale del luogo di residenza del minore, ai "procedimenti di cui all'art. 710" , posto in relazione con la disposizione che immediatamente lo precede, appare diretto a regolare la competenza per tale procedimento ove, essendosi concluso il giudizio di separazione o di divorzio, non sia più operante — in ciò analogamente ai procedimenti di cui all'art.710 - la competenza attribuita dalla norma stessa al giudice della separazione o del divorzio. Il suddetto riferimento, pertanto, non appare idoneo di per sé ad estendere l'ambito di applicazione dell'art. 709-ter c.p.c. regolando in via generale la competenza per i distinti procedimenti di modifica o revisione, sia pure con il limite - peraltro inespresso e di non immediata definizione - alle sole modifiche "coinvolgenti" i figli. Oltretutto, se questa fosse stata la voluntas legis, la norma avrebbe fatto riferimento all'art.155 ter cod.civ. Conflitti genitoriali – Divorzio – Art. 12-quater l. div. - Competenza Territoriale Cass. Civ., sez. II., ordinanza 2 aprile 2013 n. 8016 (Pres. Plenteda, rel. Scaldaferri) L'art.12 quater legge divorzio, introdotto dalla legge n.74/1987, fa chiaro riferimento alla disponibilità dei generali criteri alternativi di determinazione della competenza per le cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla legge stessa, tra le quali non vi è ragione per non includere le controversie concernenti l'obbligo dei coniugi di contribuire al mantenimento dei figli (cfr.S.U.n.381/1991; Sez.1 n.3721/1984; n.4099/2001; n.22394/2008). Assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne – Esonero - Presupposti Cass. Civ., sez. I, ordinanza 2 aprile 2013 n. 7970 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti) Ai fini dell’esonero dell’assegno per il figlio maggiorenne, è necessario che il mancato svolgimento di attività lavorativa dipenda da inerzia o da rifiuto ingiustificato (Nel caso di specie, il Giudice a quo accoglie la richiesta di esonero dell’assegno per la figlia, facendo riferimento all’età (anni 37) e agli studi da questa effettuati, ipotizzando che essa abbia ricevuto offerte di lavoro, benché non pienamente rispondenti alle sue aspirazioni e non le abbia accettate. Secondo la Cassazione “spettava ovviamente alla ricorrente fornire prova in tal senso”) 30 Art. 156 cod. civ. – Ordine distrazione impartito a terzi – Sequestro dei beni del coniuge obbligato – Proposizione contemporanea – Ammissibilità - Sussiste (art. 156 c.c.) Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti) L’art. 156 c.c. prevede varie garanzie in caso di inadempimento dell'obbligo di mantenimento verso il coniuge o i figli: l'ordine a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, che una parte venga direttamente versata all'avente diritto, ovvero il sequestro di beni del coniuge obbligato. È da ritenere che i due mezzi possano essere concessi anche contemporaneamente, a carico del medesimo obbligato. Art. 156 cod. civ. – Presupposto applicativo – Pericolo nel ritardo – Esclusione – inadempimento dell’obbligato - Sussiste (art. 156 c.c.) Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti) In merito agli strumenti di tutela apprestati dall’art. 156 c.c., la corresponsione diretta, così come il sequestro, non prevedono un generico pericolo nel ritardo, ma un preciso inadempimento dell'obbligato: questi non avrà corrisposto una o più rate dell'assegno di mantenimento. Il pericolo nel ritardo potrebbe avere qualche rilevanza, ma solo ad colorandum: l'obbligato potrebbe non aver pagato la rata di assegno per pura dimenticanza, e allora il giudice potrebbe non disporre immediatamente la misura di garanzia, ma il mancato pagamento di una rata, preceduto da ritardi nel pagamento delle precedenti e accompagnato da un generale disordine negli affari dell'obbligato, potrebbe indurre il giudice ad accogliere la domanda (tra le altre, Cass. n. 11062 del 2011). Art. 156 cod. civ. – Ordine di distrazione a terzi – Individuazione del terzo – Necessità – Sussiste – Natura dei terzi suscettibili di ordine – Concetto ampio – Contestazioni eventuali del terzo – Rimedi (art. 156 c.c.) Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti) In merito agli strumenti di tutela apprestati dall’art. 156 c.c., quanto ai terzi cui si ordina di corrispondere al beneficiario somme di spettanza dell'obbligato, può trattarsi del suo datore di lavoro o dell'ente erogatore della pensione, ma pure del conduttore di immobile di sua proprietà o addirittura del debitore di una somma determinata, non necessariamente di prestazioni periodiche. Il terzo deve comunque essere individuato esattamente (non avrebbe valore una domanda di corresponsione diretta dell'assegno da parte del datore di lavoro, senza specificare chi egli sia). Egli non è comunque parte del procedimento e può rifiutarsi di ottemperare all'ordine, eccependo ad esempio l'inesistenza del debito: in tal caso non resta al coniuge che promuovere, nelle forme ordinarie, giudizio di accertamento del debito, chiedendo eventualmente la condanna del terzo debitore al risarcimento dei danni. Art. 156 cod. civ. – Strumenti di tutela – Forme per la richiesta – Prima, durante, dopo il processo – Revisione - Presupposti (art. 156 c.c.) Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti) I mezzi di tutela ex art. 156 c.c., possono essere richiesti (e concessi) nel corso del procedimento, con semplice istanza riportata nel processo verbale ovvero con ricorso separato, oppure, concluso il giudizio di merito, utilizzando il rito della camera di consiglio. È ammessa possibilità di revisione, prevista dall'art. 156 c.c. che fa riferimento a tutti i provvedimenti "emessi ai sensi dei commi precedenti". E’ necessario, anche in tal caso, un mutamento delle circostanze, una variazione della situazione di fatto che ha costituito il presupposto della pronuncia. Può trattarsi di un 31 venir meno, un attenuarsi del pericolo di futuri inadempimenti, ad es. perché il disordine degli affari dell'obbligato è stato superato. Art. 156 cod. civ. – Richiesta nel corso del procedimento di divorzio – Ammissibilità – Sussiste: invero, necessità (art. 156 c.c.) Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti) Pur in pendenza di procedimento di divorzio, viene richiamato del tutto correttamente l'articolo 156 c.c., relativo alla separazione tra i coniugi. E infatti l'assegno divorzile presuppone necessariamente la pronuncia di divorzio, trattandosi ancora, nella specie, di assegno di mantenimento del coniuge separato (al riguardo Cass. n. 8113 del 2009). Art. 156 cod. civ. – Ricorribilità in Cassazione - Esclusione (artt. 156 c.c., 111 Cost.) Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti) L’ultimo comma dell'art. 739 c.p.c. esclude che, nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio, avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo, possa proporsi ricorso per cassazione. Tale scelta legislativa veniva giustificata sostanzialmente con il carattere stesso dei provvedimenti, non incidenti su posizioni di diritto soggettivo, modificabili e revocabili in ogni tempo. L'uso sempre più diffuso del procedimento camerale, previsto dal Legislatore anche per risolvere controversie afferenti diritti soggettivi e status, ha condotto progressivamente la giurisprudenza ad ammettere il ricorso straordinario per cassazione avverso decreti, emessi in sede di reclamo. Ciò in virtù del disposto dell'attuale comma 7 (in precedenza comma 2) dell'art. 111 Cost., e attribuendo rilevanza alla sostanza piuttosto che alla forma del provvedimento. Si è pervenuti così ad affermare che l'ammissibilità del ricorso è subordinata alla presenza di vari requisiti: posizioni di diritto soggettivo o di status, decisorietà e definitività (tra le altre, Cass., n 21718/2010; Cass., S.U. n. 28873/2008). Quanto alla corresponsione diretta di assegno, a carico del terzo debitore, ex art. 156 c.c., il provvedimento, all'evidenza, non risolve una controversia sulla esistenza del diritto del coniuge all'assegno, diritto che ne costituisce un presupposto, ma piuttosto attiene alle modalità di attuazione del diritto stesso, non ha dunque carattere di decisorietà, e non è definitivo, potendo essere modificato, seppur a seguito di mutamento delle circostanze (al riguardo, Cass. N. 23713 del 2004). Il provvedimento in esame non può dunque essere impugnato con ricorso per cassazione. Revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere a seguito dello scioglimento e della cessazione degli effetti del matrimonio, a norma dell'art. 9 della legge n. 1 dicembre 1970 n. 898 e successive modificazioni - Decreto pronunciato dal tribunale - immediata Esecutività – Sussiste (art. 9 Legge 898/1970; art. 741 c.p.c.) Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 26 aprile 2013, n. 10064 In materia di revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere a seguito dello scioglimento e della cessazione degli effetti del matrimonio, a norma dell'art. 9 della legge n. 1 dicembre 1970 n. 898 e successive modificazioni, il decreto pronunciato dal tribunale è immediatamente esecutivo, in conformità di una regola più generale, desumibile dall'art. 4 della citata legge regolativa della materia e incompatibile con l'art. 741 c.p.c., che subordina l'efficacia esecutiva al decorso del termine utile per la proposizione del reclamo. 32 Liquidazione dei compensi spettanti al difensore per l’attività prestata in favore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato – Controversie – Legittimazione passiva – Ministero della Giustizia (art. 170, d.P.R. 115/2002) Cass. Civ., Sez. II, sentenza 2 maggio 2013 n. 10239 (Pres. Oddo, rel. Giusti) Va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'economia e delle finanze, che non è parte del giudizio di opposizione nelle controversie relative alla liquidazione dei compensi al difensore per l'opera professionale prestata in favore di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, tale legittimazione spettando al Ministero della giustizia (Cass., Sez. Un., 29 maggio 2012, n. 8516). Liquidazione dei compensi spettanti al difensore per l’attività prestata in favore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato – Dimezzamento degli importi – Abrogazione ad opera dell’art. 2 comma II d.l. 223/06 conv. in legge 248/2006 – Esclusione (art. 130, d.P.R. 115/2002) Cass. Civ., Sez. II, sentenza 2 maggio 2013 n. 10239 (Pres. Oddo, rel. Giusti) L’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248 del 2006, secondo il quale “il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di ... gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale”, non ha comportato un'abrogazione implicita dell'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, che stabilisce la riduzione alla metà degli importi spettanti al difensore in caso di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile. Infatti, l'indicazione della "tariffa professionale" quale base di calcolo per la liquidazione giudiziale dei compensi spettanti al difensore di chi sia ammesso al patrocinio a spese dello Stato non impedisce che tale indicazione sia integrata da altre equiordinate disposizioni normative che, senza contraddirlo, modulino, in funzione di specifiche esigenze, il predetto criterio generale (Corte cost., ordinanza n. 270 del 2012). Liquidazione dei compensi spettanti al difensore per l’attività prestata in favore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato – Dimezzamento degli importi – Art. 130 d.P.R. 115/2002 - Incostituzionalità – Esclusione (art. 130, d.P.R. 115/2002) Cass. Civ., Sez. II, sentenza 2 maggio 2013 n. 10239 (Pres. Oddo, rel. Giusti) Il criterio di determinazione del compenso spettante al professionista che difende la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio civile, con la previsione dell'abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe professionali, non impone al professionista un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame tra l'onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una, parzialmente diversa, modalità di determinazione del compenso medesimo, tale da condurre ad un risultato si economicamente inferiore a quello cui si sarebbe giunti applicando il criterio ordinario, e tuttavia ragionevolmente proporzionato, e giustificato dalla considerazione dell'interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell'ambito di una disciplina, mirante ad assicurare al non abbiente l'effettività del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo, nella quale la liquidazione degli onorari professionali è suscettibile di restare a carico dell'erario Misure di protezione delle persone prive di autonomia Amministrazione di sostegno – Competenza territoriale – Residenza e/o domicilio – Ricovero presso struttura protetta – Idoneità a fondare la competenza – Requisiti Cass. Civ., sez. I, ordinanza 3 maggio 2013 n. 10374 (Pres., rel. Salmé) L'art. 404 cc.. prevede che la competenza per territorio per la nomina dell'amministratore di sostegno spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata abbia la residenza o il domicilio. Per radicare la competenza, stante l'alternatività del suddetto 33 criterio, è sufficiente la prova che in un determinato luogo l'interessato abbia il domicilio o la residenza e che, mentre a norma dell'art. 43 c.c. E dell'art. 15 del d.P.R. n. 221/1989 – a tenore del quale ove non sia stato dichiarato il trasferimento in altro Comune della dimora abituale, debba provvedersi di ufficio e cioè sulla base dell'accertamento di tale fatto obbiettivo – la residenza fa riferimento al dato, non meramente obbiettivo ma anche soggettivo, del volontario stabilimento in un determinato luogo della sede principale dei propri affari e interessi (Nel caso di specie, in ipotesi di paziente affetto da patologia psichiatrica, la Corte di Cassazione ha escluso che il ricovero del soggetto in struttura di cura valesse a radicare quivi la competenza territoriale, rispetto al Comune di residenza, in difetto dell'abitualità della dimora presso la struttura protetta e della manifestazione di volontà di risiedere presso la stessa) 34