CARLO GOLDONI LA VITA Nelle sue Memorie, scritte negli ultimi

CARLO GOLDONI
LA VITA
Nelle sue Memorie, scritte negli ultimi anni di vita, Goldoni si presenta come un uomo pacifico,animato
da convinzioni settecentesche: amore dell'avventura, dei viaggi, della vita. Nelle sue commedie si
riflettono sentimenti, vizi e virtù della società del tempo. Nasce a Venezia nel 1707 da una famiglia
borghese. Il padre, medico è seguito da Carlo a Perugia dove inizia gli studi. Un anno dopo a Rimini per
studiare filosofia ,ma lo studio lo annoia così si dedica al teatro: fa amicizia con una compagnia di
comici,fugge da Rimini e si ricongiunge alla madre. Studia giurisprudenza a Pavia, ma viene espulso per
una pepata satira contro le ragazze della città. Dopo la morte del padre,si laurea in legge a Padova(1731)
e fa l'avvocato a Venezia; ma per svincolarsi da un matrimonio si rifugia a Milano.Tra gli spostamenti di
Goldoni, egli conosce a Genova una ragazza, sua futura moglie, e il capocomico del teatro di Venezia.
Compone alcune opere teatrali ma la sua situazione finanziaria è precaria e deve di nuovo fuggire: va in
Romagna poi in Toscana dove riprende a fare l'avvocato. Nel 1748, firma un contratto con Girolamo
Medebac, impresario di teatro di Venezia. Diventa così scrittore professionista. In quattro anni scrive
con ritmo febbrile una quarantina di commedie di grande successo,che si allontanano dalla commedia
dell'arte, modificando poco a poco le abitudini degli attori e del pubblico. L'attività di Goldoni in questi
anni si situa sullo sfondo di una situazione culturale dinamica: a Venezia ci sono 14 teatri.
Il rivale di Goldoni è Pietro Chiari,autore di romanzi e commedie: per fronteggiarlo Goldoni
sperimenta generi e temi nuovi. Diventato celebrità nazionale viene chiamato a lavorare a Bologna a
Parma e a Roma. Altro rivale pericoloso è l'ultraconservatore Carlo Gozzi,che accusa Goldoni di
volgarità, di cattivo gusto e ottiene grande successo con le sue fiabe teatrali. Preoccupato per le sue
condizioni economiche fugge per l'ultima volta da Venezia per stare a Parigi.Qui gli attori e il pubblico
identificano il teatro italiano con la commedia dell’'arte e quindi Goldoni deve ricominciare la sua lotta.
Quando scade il contratto diventa maestro di italiano della famiglia reale. Dopo la rivoluzione le sue
condizioni economiche si aggravano a causa dell'abolizione delle pensioni di corte decretata
dall'assemblea legislativa: muore povero nel 1793. Ironia della sorte lo stesso giorno gli era stata
restituita la pensione di corte!
LA POETICA
Goldoni era prima di tutto un uomo di teatro,che frequentava da vicino gli attori, sapeva fiutare i gusti
del pubblico,si appassionava di esperti finanziari,tecnici,artigianali del mestiere. Goldoni scriveva che la
sua principale fonte di ispirazione non stava nei volumi dei migliori scrittori e poeti ma in due
libri:quello del Mondo e del Teatro. Il primo gli aveva offerto un’enorme miniera di argomenti. Il
secondo gli aveva insegnato le tecniche e i trucchi adatti a suscitare nel pubblico la meraviglia e il riso.
Goldoni quando scriveva si ispirava all'osservazione della sua vita quotidiana e quando intraprese la sua
attività di scrittore per il teatro, la scena comica era dominata dalla "Commedia dell'arte", in cui gli
attori improvvisavano le battute senza seguire un testo scritto solo sulla base del canovaccio, una sorta
di scaletta che indicava le azioni della commedia.
Goldoni, come esso afferma in alcune opere di carattere teorico, si mostrava molto critico verso la
commedia dell'arte; i motivi del suo rifiuto erano: la volgarità in cui era caduta la comicità, la
rigidezza dei tipi rappresentati dalle maschere, la ripetitività della recitazione (gli attori ripetevano
sempre gli stessi lazzi), le stesse azioni e battute convenzionali oramai prevedibili. Ma la ragione della
riforma non si appoggiava su queste degenerazioni, quanto sull'impianto stesso della commedia dell'arte
e sulla visione del reale che proponeva.
Goldoni era un uomo di teatro che lavorava a diretto contatto con il pubblico, di cui ne conosceva i gusti
e le preferenze ed ebbe anche la fortuna di vivere a Venezia, dove il teatro era molto radicato, sia per la
presenza di sale sia per le compagnie che vi lavoravano.
Egli voleva proporre testi che piacevano al pubblico ma che allo stesso tempo erano "verosimili", cioè
attinenti alla realtà. Per questo Goldoni si oppose alle maschere, troppo stereotipate; ad esse sostituì i
caratteri, colti nella loro individualità e varietà psicologiche. Per Goldoni i caratteri sono finiti in base al
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genere (ad es. l'avaro, il geloso, il bugiardo) ma infiniti nella specie, ci sono infatti infiniti modi di
essere avari, gelosi e bugiardi. I personaggi goldoniani non sono mai collocati su uno sfondo neutro,
sono radicati in un contesto sociale ben definito. Secondo Goldoni i vizi e le virtù degli individui
assumono diverse caratteristiche a seconda dell'ambiente sociale in cui si sono formati.
Le commedie di Goldoni vengono divise in "commedie di carattere" e "commedie d'ambiente": le
prime sono imperniate su un personaggio centrale attorno a cui ruota tutta la vicenda, nelle seconde,
invece, le varie azioni si svolgono intrecciandosi in un determinato ambiente
La riforma vuole quindi restituire una dignità al teatro in generale, contrapponendosi sia all'eccessiva
frivolezza della commedia dell'arte sia all'eccessiva tendenza eroica della tragedia. Il rifiuto
dell'improvvisazione nasce dal fatto che gli attori, seguendo semplicemente il canovaccio e i generici
non potevano fornire una rappresentazione completa del reale. Il copione, invece, restituisce dignità e
importanza letteraria al teatro Goldoni incontrò delle opposizioni alla sua riforma: in primo luogo
quella degli attori, che si trovavano a ricoprire un ruolo secondario e che non erano abituati ad imparare
a memoria un testo scritto; in secondo luogo quella del pubblico, oramai affezionato alle maschere e alle
battute della commedia dell'arte.
La riforma, proprio per ovviare a queste avversità, fu graduale: Goldoni scrisse prima solo la parte
del protagonista; in seguito passò alla stesura delle parti di tutti i personaggi. Egli fu molto abile nel
mantenere le maschere modificandole però dall'interno e facendole assomigliare sempre più a caratteri
individuali, fino a giungere alla loro completa eliminazione.
Il pubblico iniziò ad apprezzare il nuovo teatro e Goldoni ebbe un gran successo. L'unico grande
ostacolo con cui dovette ancora misurarsi fu la nobiltà: le commedie di Goldoni schernivano spesso
l'aristocrazia e ciò poteva essere rischioso dato che a Venezia c'era un governo di tipo oligarchico.
L'ironia di Goldoni si dirige verso i barnaboti (gli abitanti del quartiere di san Barnaba a Venezia),
gruppo di nobili che per le loro tendenze avventuriere erano disprezzati dall'aristocrazia al potere;
oppure si dirige verso nobili di altre città, come, ad esempio, Napoli, Firenze e città dell'Emilia
Romagna. Basti infatti ricordare che nella commedia più nota di Goldoni, La Locandiera, il marchese
di Forlimpopoli e il conte d'Albafiorita sono rispettivamente uno emiliano e l'altro toscano.
LE OPERE
La produzione teatrale di Goldoni è vastissima: 120 commedie più le tragicommedie, i drammi, i
melodrammi. Dopo le opere degli esordi, caratterizzati dalla graduale sostituzione di testi scritti ai
canovacci per improvvisazione, Goldoni muove nei primi passi della sua riforma negli anni del teatro
Sant'Angelo,quando incomincia a stampare le sue commedie. In questa fase si delinea quell'
atteggiamento realistico che resterà tipico dell' opera goldoniana: alle maschere tradizionali si
sostituiscono personaggi che riassumono in sé i caratteri di uno strato sociale; sulla scena si ribaltano i
problemi morali e di costume che percorrono la società Veneziana.
La commedia più nota di Goldoni è La Locandiera L'opera ha come protagonista Mirandolina,
padrona della locanda in cui si svolgono i fatti. Abilmente, riesce a sfruttare il marchese di
Forlimpopoli e il conte Albafiorita per tenerli in locanda e ricavarne un guadagno. Mirandolina è una
donna molto accorta, attenta ai suoi interessi, abile ed energica nella conduzione del suo lavoro nonché
molto astuta in quanto usa modi dolci e garbati con i nobili non promettendo loro mai nulla di certo, in
tal modo riesce a trattenerli nella sua locanda, dove consumano e passano maggior parte del loro
tempo, ricavandone così un facile guadagno. Mirandolina inoltre è molto orgogliosa. Infatti in seguito
ad una scommessa fatta con se stessa ridicolizza e allude il cavaliere di Ripafratta per poi respingerlo
crudelmente.
Dunque la figura della locandiera rimanda al tipo borghese del "mercante" e occupa un posto
importante nelle commedie di Goldoni. Al fianco di Mirandolina vi è il cameriere Fabrizio. Anch'egli è
un corteggiatore della donna ma allo stesso tempo mira nel matrimonio per poter passare da servitore
a padrone di locanda.
Per quanto riguarda il lessico, la Locandiera utilizza l'italiano comune e il veneziano, i nobili invece
l'italiano colto. Trattandosi di un opera teatrale, si riscontra la presenza del dialogo in gran parte delle
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scene, ma in alcune di esse è presente anche il monologo, in cui il conte o Mirandolina riflettono sulla
situazione
Mirandolina, la protagonista della Locandiera, è una delle più famose figure femminili della commedia
italiana, per la simpatia che suscitano i suoi comportamenti di gioviale e innocente seduttrice. Ma questo
personaggio è anche una delle tappe più significative della "riforma della commedia" con la quale
Goldoni intendeva superare i rigidi schemi del teatro delle maschere, dove i vari personaggi, tanto più se
servitori, e a maggior ragione se di sesso femminile, non erano che macchiette senza una personalità
autonoma, completamente al servizio del meccanismo farsesco della rappresentazione. Mirandolina è
infatti un personaggio completo e autonomo, e tanto maggiore è la sua modernità, se si pensa che lei,
donna e serva, architetta e porta a compimento una burla ai danni di personaggi maschili, per di più di
alto rango sociale.
Altra commedia importante è I rusteghi, andata in scena a Venezia nel 1760. Come ebbe modo di
spiegare Goldoni nelle Memorie, “rusteghi” sono «uomini di rigida maniera ed insociabili, seguaci degli
usi antichi, e nemici terribili delle mode, del divertimento e delle conversazioni del secolo».Si tratta di
esseri burberi e irosi, esempio estremo di come l’uomo borghese, per sua natura attento alle sorti
economiche e alla rispettabilità della famiglia, possa degenerare, divenendo gretto e prepotente.
La vicenda si svolge a Venezia ed ha per protagonisti quattro rusteghi: Lunardo, Canciano, Simone e
Maurizio. Quando Lunardo decide di combinare il matrimonio della figlia Lucietta con Filippetto, figlio
di Maurizio, senza che gli sposi vengano avvisati, le donne decidono di ribellarsi. Margarita, matrigna
di Lucietta – aiutata da Felice, moglie di Canciano e Marina, moglie di Simone – all’insaputa dei
rusteghi, riesce a far sì che i due giovani possano, prima delle nozze, almeno incontrarsi. I quattro
uomini, saputa la cosa, montano su tutte le furie, ma è Felice, nel corso della splendida scena finale, a
dimostrare quanto assurdo sia il comportamento dei rusteghi; questi, seppure di malavoglia,
riconoscono i loro torti e si rassegnano ad accettare la nuova situazione
Scritta in dialetto veneziano, I rusteghi costituisce uno dei più raffinati punti d’arrivo della riforma
goldoniana. Dopo aver tolto dalla scena le maschere, Goldoni diede vita a una serie di commedie
ciascuna incentrata sullo studio di un carattere. Senza dubbio quello del rustego trova l’origine più
lontana nella commedia antica, ma la maschera di Pantalone, mercante veneziano, padre di famiglia
brontolone, uomo misurato sino all’avarizia, costituisce il precedente più immediato. La peculiarità è
aver portato sulla scena, simultaneamente, quattro personaggi, ritratto del medesimo carattere; con
grande abilità a ogni rustego sono conferite sfumature differenti, per cui ciascuno conserva una forte
individualità. Ma, oltre a ciò, la commedia si caratterizza per una analisi psicologica particolarmente
attenta, che trova riflesso anche sul piano linguistico, laddove il dialogo brioso e spumeggiante delle
donne si contrappone a quello cupo e iroso degli uomini.
I rusteghi mette in scena lo scontro tra il nuovo e l’antico, tra una concezione di vita rigida e una più
moderna, fondata sul dialogo e sulla reciproca comprensione. E viene affrontato anche il nodo
dell’educazione dei figli e del matrimonio, un tempo sottoposti alla tirannica autorità paterna, ora - in
sintonia con le prospettive dell’illuminismo - poggiati sull’amore e sul rispetto. La commedia analizza
anche la condizione femminile e la sua nascente emancipazione, laddove l’uomo rappresenta il passato,
e la donna – in un gioco di specchi che si ritrova anche altrove nel teatro goldoniano – l’equilibrio, la
serenità e il progresso.
LE MEMORIE
La totale identificazione di Goldoni con il suo mestiere di uomo di teatro è testimoniata dalle Memorie
autobiografiche in tre volumi scritte in francese che rappresenta la vita dell’autore. La parte più
interessante ancora oggi è quella dedicata alle avventure e ai viaggi e alla giovinezza, ricche di scenette
vivaci e movimentate dipinte con un sottile velo di ironia. Goldoni stesso è dipinto come un uomo
costantemente sereno e anche in mezzo alle avversità terrene riesce a guardare alla vita come un gioioso
e sorprendente spettacolo. Ma più che letterati Goldoni voleva rivolgersi agli spettatori comuni e
misurava il valore delle sue commedie sulla basa del successo popolare. Da questo punto di vista già ai
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i suoi tempi la sua scommessa poteva considerarsi del tutto vittoriosa. Il contrasto tra successo popolare
e perplessità dei lettori colti si accentuano nel secolo successivo.
Agli intellettuali dell’Ottocento. Goldoni apparve come un autore “minore” e provinciale tutto brio,
finanze e superficialità.
La critica dei primi decenni del ’900 legata all’idea crociata della poesia come”intuizione pura”,vide in
Goldoni il poeta della grazia, il festoso pittore di un mondo superficiale ed esortò i modi leggeri e
gentili, la beata facilità del suo teatro.
Una rivalutazione della profondità psicologica dei personaggi si ebbe tra l’800 e il 900 con l’affermarsi
dei grandi attori protagonisti
Da “Le memorie” di Goldoni
IL MONDO E IL TEATRO
Il brano di Carlo Goldoni, tratto da “I Mémories”, vuole mettere in evidenza la ristrettezza degli
accademici e classicisti che si basavano su delle regole per comporre le commedie, regole che
derivavano dal pensiero di Aristotele e di Orazio.
Egli inizia il brano dicendo che non si vanterà di aver raggiunto il traguardo del successo, ma dirà con
franchezza di aver letto libri di grandi autori, opere come il Mondo e il Teatro. Il primo mostra tanti vari
caratteri di persone, tanti argomenti, avvenimenti, vizi e difetti che non sono più comuni nel nostro
secolo. Il secondo, cioè il teatro, spiega con quali colori si debbono rappresentare sulla scena i caratteri,
le passioni, gli avvenimenti, come di deve dare loro il rilievo agli occhi dei telespettatori.
Egli dal libro “il Teatro”, impara a distinguere ciò che è più giusto a far impressione sugli animi e a
meravigliarli. Poi dice che egli ha imparato a migliorare il suo modo di scrivere commedie grazie alle
critiche, sia positive che negative
A questo punto lui accusa di staticità gli scrittori che si basano sui modelli dei greci e dei romani, senza
considerare che ai tempi moderni risulterebbero intollerabili, e paragona questi scrittori a dei medici che
non utilizzavano la chinino per curare la febbre malarica perché non l’avevano usata Ippocrate o
Galeno (celebri medici dell’antica Grecia).
LA FUGA DA RIMINI
Questo brano è tratto da “I Mémories”, scritta da Goldoni in francese tra il 1783 e il 1786. L’opera è
divisa in tre parti, ed è dedicata a Luigi XVI . La prima parte è una raccolta di episodi dell’infanzia e
della giovinezza, e si conclude con l’incontro con Medebac, che per primo offrì a Goldoni la possibilità
di un contratto. La seconda parte descrive la sua attività teatrale fino al 1762, anno in cui fu chiamato a
Parigi dal Théatre Italien . La terza e ultima parte si svolge completamente a Parigi, e racconta dei
rapporti dell’autore con il mondo culturale parigino e con la corte.
“La fuga da Rimini”, è un brano tratto dalla prima parte dell’opera autobiografica, e racconta di
un’avventura di Goldoni ragazzo. Il padre voleva che lui studiasse medicina, e quindi era indispensabile
studiare filosofia, perciò Goldoni fu mandato a studiare nella scuola dei domenicani di Rimini,
specializzata proprio in filosofia.
In questo periodo Goldoni si avvicina all’opera teatrale, perché, siccome aveva bisogno di alleviare la
noia, inizia ad andare spesso al teatro. Egli si avvicina in modo particolare ad una compagnia teatrale,
dalla quale viene preso in simpatia e con cui trascorre molto tempo. Un giorno il direttore comunica che
la compagnia deve partire per Venezia, fermandosi a Chiozza, dove viveva la madre di Goldoni. Egli fu
invitato a partire con loro, e spinto dalla voglia di rivedere la madre, accettò. Ma nè il signor Battaglini,
a cui era affidato a Rimini, nè il conte Rinalducci, un amico di famiglia, erano d’accordo con questa
decisione, e quindi lui fu costretto a partire di nascosto, lasciando solo un biglietto di scuse al signor
Battaglini. Una volta in viaggio, egli passò tre giorni sulla barca, prima di arrivare a Chiozza, dove, si
divertivano giocando a tressette, e ad altri giochi.
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