CARLO GOLDONI PAG. 290-300 LA VITA Goldoni nasce a Venezia nel 1707 da una famiglia da sempre interessata al teatro, tuttavia il padre lo indirizza allo studio di avvocatura presso il Collegio Ghisleri di Pavia, da dove però viene espulso a causa di una sua satira scritta contro le donne pavesi, da lui considerate inospitali. Trasferitosi a Modena continua gli studi e nello stesso tempo scrive intermezzi comici per poi laurearsi. Nel 1734 Goldoni si lega alla compagnia teatrale del teatro San Samuele di Venezia e inizia a scrivere testi teatrali, tra cui il Belisario con cui debutta. Il suo impegno verso il teatro tuttavia è saltuario finché nel 1747 non si lega al capocomico Medebach che gli strappa l’impegno di scrivere commedie per la sua compagnia a Venezia: le sue opere teatrali sono innovative e suscitano ben presto delle critiche, promosse in particolar modo dall’abate Pietro Chiari che è il nuovo scrittore teatrale del teatro San Samuele di Venezia. Grazie a queste critiche il pubblico veneziano si spacca in due parti e Goldoni lancia la sfida di scrivere 16 commedie tutte nuove, fra cui La locandiera, che è la sua opera più famosa. Nel 1753 Goldoni lascia la compagnia di Medebach e si lega ad una compagnia rivale, tuttavia è costantemente oggetto di critiche per il suo modo di far teatro che nega ogni libertà di testo agli attori perché essi devono recitare quanto egli ha scritto. Nel 1762, stanco delle critiche, Goldoni decide di recarsi in Francia dove però è costretto a scrivere dei testi teatrali alla vecchia maniera, cioè come dei canovacci, e insegna l’italiano alla figlia del re Luigi XV. Grazie a questo servizio Goldoni si assicura un vitalizio costante e tenta di ritornare alla sua commedia, ma non ottiene il successo sperato. Con lo scoppio della rivoluzione francese Goldoni perde il suo vitalizio e vive gli ultimi anni della sua vita in estrema miseria per morire nel 1793, anno in cui la Convenzione nazionale francese vota per ridargli il vitalizio dovuto, essendo stato un grande poeta. LA RIFORMA DEL TEATRO Goldoni spiega la sua riforma attuata nel teatro attraverso l’opera autobiografica, intitolata Memories, scritta in francese quando ornai è vecchio. Goldoni è consapevole di non aver inventato nulla di nuovo nell’ambito teatrale, ma di aver tuttavia modificato il modo di far teatro in quanto egli prende posizione su due aspetti fondamentali, che sono: 1 il genere della comicità, che nella commedia dell’arte si era ben presto trasformato in buffoneria ripetitiva e stereotipata. Goldoni si rende conto che le maschere dei personaggi che formano il teatro comico sono ormai prive di realtà, per cui cerca di svincolare i propri personaggi da queste caricature, dando loro un nuovo spessore psicologico. Questa trasformazione è evidente nell’opera La donna di garbo, dove la protagonista Rosaura non impersona più la maschera della servetta, ma diventa una figura a se stante che grazie al suo ingegno si mostra padrona della propria vita. 2 l’improvvisazione degli artisti, che molto spesso si presenta come una ripetizione in parole ed azioni scontate che alterano ciò che viene rappresentato come simulazione della vita, che non è mai né ripetitiva né scontata. Goldoni, pertanto, inizia a scrivere tutte le battute dei suoi personaggi a partire da quelli principali, come nella commedia Il servitore di due padroni un riferimento alla figura di Arlecchino. Tale trasformazione, tuttavia, non viene accolta molto favorevolmente dagli attori che hanno paura di veder limitata la propria creatività, sebbene non sia così. Le costanti critiche a cui Goldoni è sottoposto, minano alle volte la sua volontà di creare delle commedie nuove, sebbene egli alla fine rimanga convinto delle sue idee, che di fatto si rivelano corrette aprendo nell’Ottocento un nuovo genere letterario, cioè quello del dramma borghese. Nella sua riforma, Goldoni ha capito che il genere della commedia e della tragedia possono sovrapporsi nella rappresentazione teatrale poiché la vita non è solo gioia e tristezza, ma è un insieme di questi due aspetti per cui se il teatro è rappresentazione verosimile della vita, anch’esso deve rappresentare entrambi questi aspetti. LA POETICA Goldoni per rendere il teatro specchio della vita attua due grandi novità, cioè: 1. definisce il luogo delle sue rappresentazioni teatrali, che coincide molto spesso con Venezia come nella Bottega del caffè o il Campiello dove descrive la vita animata delle strade di Venezia 2. costruisce una personalità definita ai propri personaggi, dando loro spessore psicologico. La figura che meglio rappresenta questo spessore psicologico è Mirandolina, la protagonista della La Locandiera, che pur non essendo sposata è padrona della propria locanda e grazie al suo intelletto è espressione delle virtù migliori della nascente borghesia. Mirandolina è una donna concreta che sa vivere nel mondo utilizzando il buon senso. Secondo Goldoni la capacità di vivere bene non è una virtù che appartiene esclusivamente ai nobili, ma è una virtù che appartiene a tutti sia essi mercanti o servi. La trasformazione che Goldoni attua, tuttavia avviene in 3 distinte fasi che sono: 1. la prima fase che si pone come una satira verso la decadente borghesia dove i valori positivi sono rappresentati dalla nascente borghesia, come nella Bottega del caffè e la Locandiera; 2. la seconda fase che si pone come una satira verso i ricchi borghesi che riprendono alcuni atteggiamenti stereotipati dei vecchi nobili. Ciò è espresso molto bene nella trilogia della Villeggiatura dove l’importanza è data dall’apparire; 3. la terza fase che identifica la gente del popolo come unico detentore dei valori positivi, come emerge nell’opera il Ventaglio, dove non ci sono dei personaggi dominanti, ma è il popolo che rappresenta il lato positivo dell’umanità. IL LINGUAGGIO E LO STILE Goldoni deve molto alla commedia d’arte, soprattutto nell’ambito della recitazione in quanto grazie ad essa e al testo scritto egli è un grado di rappresentare la realtà e quindi di metterla in scena. Tuttavia Goldoni si trova in difficoltà nel momento un cui deve stabilire cin quale lingua scrivere le proprie opere poiché ogni regione parla il proprio dialetto e non esiste ancora l’italiano. Goldoni si rifiuta di scrivere utilizzando il toscano dei grandi poeti perché essa è una lingua colta che è utilizzata solo nei libri, ma non è espressione della vita reale, dall’altra parte l’uso solo del dialetto risulta essere limitante per la comprensione per cui Goldoni decide di utilizzare una lingua di conversazione, cioè una lingua mista fra il toscano e il lombardo che sia comprensibile alla maggioranza del suo pubblico. Di fatto Goldoni scrive anche delle opere in dialetto veneziano, dove quest’ultimo è utilizzato come se fosse una vera e propria lingua parlata con una sua dignità, che tuttavia molto spesso viene poi a tradurre nella lingua di conversazione per far capire le sue opere a tutte le regioni d’Italia e all’estero. LA LOCANDIERA PAG 327-328 La locandiera è la commedia che meglio rappresenta la riforma attuata da Goldoni nel teatro perché creca di descrivere il mondo reale della nascente borghesia, focalizza i personaggi principali dando loro spessore psicologico e utilizza un linguaggio colloquiale con il pubblico che si sente parte integrante della commedia e vuole conoscerne gli sviluppi. Questa commedia è stata scritta nel 1762 ed è stata messa in scena nel 1763. Essa è divisa in 3 atti: 1. nel primo atto c’è la presentazione della locandiera Mirandolina, che gestisce la propria locanda, corteggiata da un nobile decaduto e da un ricco borghese che si contendono il suo amore. Un giorno però arriva nella sua locanda un cavaliere che si dichiara nemico delle donne e tratta male Mirandolina, che medita di vendicarsi dell’offesa subita. 2. nel secondo atto Mirandolina mette in atto la sua vendetta, seguendo un piano ben preciso che si evolve in 3 fasi cioè farsi notare, farsi ammirare e infine farsi amare. Grazie alle sue doti e alla sua tenacia, Mirandolina riesce a far innamorare di sé il cavaliere. 3. nella terza fase Mirandolina umilia pubblicamente il cavaliere che si è preso gioco di lei, il quale deve ammettere la sua sconfitta e se ne va dalla locanda maledicendo le donne. La commedia finisce con la decisione di Mirandolina di sposare il suo servo Fabrizio, perché è la scelta più logica e più redditizia per il suo lavoro. Mirandolina è l’espressione concreta della nascente borghesia, ma anche dell’essere donna, infatti è spregiudicata e concreta allo stesso tempo in quanto sa ottenere ciò che vuole attraverso le sue doti, ma sa anche essere una buona imprenditrice di se stessa, mirando a ciò che le è più conveniente per il futuro. Inoltre nel momento in cui decide di vendicarsi del cavaliere si presenta come una donna offesa che vuole giustizia per se stessa in quanto è stata ferita nel suo amor proprio per cui si presenta anche egocentrica e narcisistica. Infine, attraverso lo sviluppo della commedia Goldoni ci presenta 3 ceti sociali, cioè: 1 quello della nobiltà ormai decaduta 2 quello della nascente borghesia che è espressione delle virtù positive dell’uomo 3 quello del popolo, espresso nelle figure dei servi e quindi di Fabrizio, che tuttavia è solo una comparsa in quanto Goldoni mette a confronto soltanto i primi due ceti sociali, mentre il terzo è solo di sfondo.