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Martedì
02/02/2016
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Direttore Responsabile
Diffusione Testata
Pierluigi Magnaschi
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L AIM VA MA POTREBBE CRESCERE CDN POCHI INCENTIVI Sopra, lo
studio del talk-show di Cnbc Class Finanziare la Crescita, condotto da Sergio
Luciano (al centro) Sotto, gli ospiti dell'ultima puntata
Ritaglio stampa ad uso esclusivo interno, non riproducibile
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Selpress è un'agenzia autorizzata da Repertorio Promopress
L'AIM FUNZIONA, MA CON QUALCHE INCENTIVO
POTREBBE CRESCERE MOLTO BI PIÙ Agevolazioni
fiscali pergli investitori, regole meno complicate, unostii^^
Ecco die cosa sefvirebbeallistinoalternativo della Borsa
percresceremeglioepiùcdermente
Una riflessione di politica economica sul!' Aim in
particolare e la Borsa in generale servirebbe innanzitutto a
capire che alcune regole introdotte in Italia danneggiano i
mercati finanziari e gli investitori in titoli azionali e quindi
l'economia reale, senza sortire alcun effetto positivo. Per
esempio, l'Italia è l'unico paese, assieme alla Francia, ad
aver adottato la Tobin Tax, che, per com'è fatta, incoraggia
l'investimento in Borsa mordi-e-fuggi e non quello a lungo
termine. Gli investimenti nelle imprese sono tassati molto
di più di quelli in titoli di Stato e in immobili,
che a 5 anni dall'acquisto non sono più soggetti a imposte sul
capital gain (al 26% sulle azioni). Lo stesso regolamento dell'Aim
Italia ha complicato il modello londinese, per
esempio con le controverse regola del flottante e dei lotti
minimi. Molte potrebbero essere anche le iniziative attive,
tanto varie e numerose, anzi, che nemmeno gli operatori
Ambromobiliare
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sono sempre unanimi su di esse, ma tutte meritevoli di esame. Di
questo si è discusso nell'ultima puntata della prima
serie di Finanziare la Crescita, il talk-show di Class Cnbc
condotto da Sergio Luciano, con alcuni tra i protagonisti
più autorevoli del mercato finanziario italiano. Prima di
tutto, però, Giovanni Natali, amministratore delegato di
Ambromobiliare, ha voluto sottolineare i meriti dell'Aim.
«L'Italia è un paese che ama piangersi addosso, però è
giusto dire che questa iniziativa di Borsa italiana, partita
nel 2009, sta dimostrando di funzionare. Ci sono 72 società
quotate, e ogni anno le Ipo sono di più di quelle dell'anno
precedente. Certo, ci sono alcune cose che potrebbero
migliorare, anche perché in Italia ci siamo inventati dei
regolamenti che potrebbero essere rivisti. Mi riferisco, per
esempio, al flottante minimo. A Londra è sconosciuto,
l'articolo 6 dell'Aim Londra dice che ci deve essere un
flottante «adeguato», ma non è specificata né la percentuale
né il numero degli investitori, in Italia, invece, si è voluto
normare anche questo, dicendo che ci deve essere un
flottante minimo del 10% e un certo numero di investitori
professionali o istituzionali. Nelle intenzioni poteva
sembrare una cosa corretta, in realtà ha penalizzato
Secondo Giulio Bastia, direttore generale di Banca Finnat,
«uno dei temi da affrontare è quello dell'ampliamento del
parterre degli investitori, mi sembra che negli ultimi due
anni la qualità media delle aziende che si sono quotate sia
molto cresciuta. Non è stato lo stesso per gli investitori. E
un peccato, perché tante piccole e medie imprese
potrebbero trovare in questo mercato un'opportunità di
crescita in un momento in cui il capitale di debito è sempre
più Il confronto con Londra rimane comunque impari. Lo
ha confermato Anna Lambiase. amministratore delegato di
IR Top. «U Aim Londra», ha ricordato, «è grande 16 volte
rispetto ail'Aim Italia in termini di numero di aziende, 21
volte in termini di raccolta e 23 di capitalizzazione. Il
mercato italiano comunque sta dimostrando di essere una
buona opportunità di investimento, e di raccolta per le Pmi
che caratterizzano il territorio industriale italiano. E se si
guarda agli elementi che hanno facilitato la grande crescita
del mercato inglese, sicuramente si può imparare molto. Da
un lato, una regolamentazione distintiva che è stata studiata
ad hoc sulle piccole e medie imprese e sui loro bisogni, con
incentivi fiscali a favore sia delle imprese sia degli
investitori. Dall'altro un profilo di mercato assolutamente
internazionale, in Italia solo quattro delle 72 società quotate
non sono italiane, mentre a Londra il 20% è rappresentato
da aziende straniere». Per Simone Bini Smaghi,
vicedirettore generale di Arca Sgr, «un punto rilevante
sarebbe quello di riuscire ad avere un vero mercato di
investitori istituzionali. Ovvero investitori di lungo
periodo, i soli che possono finanziare la crescita e
l'economia reale. Chi sono questi soggetti? I fondi
pensione. Noi purtroppo su questo tema siamo ancora
molto indietro. I fondi pensione in Italia sono piccoli e
complessivamente rappresentano una quota minuscola del
mondo finanziario gestito. La ricchezza finanziaria in Italia
è di 4mila miliardi, 2mila sono gestiti professionalmente, e
i fondi pensione rappresentano a malapena il 5% di questa
cifra, mentre in altri paesi arrivano al 60%. Il governo
dovrebbe aiutare a sviluppare un vero mercato di fondi
pensione in Italia, in modo che vi siano veri investitori di
lungo termine anche in Italia». Andrea Meneghel, partner
di Bdo Italia, ha puntato l'attenzione «sul tema
dell'incentivazione fiscale a favore delle imprese che si
quotano ma anche di chi investe in Borsa. Per attirare i
capitali si potrebbe fare come nel Re-
di Bmw, Volkswagen e Chrysler, tra gli altri. Siamo quotati dal 5
dicembre 2014, e ne siamo molto contenti. Abbiamo raccolto tre
milioni di euro e il titolo ha performato bene. Siamo passati dai 6
milioni di euro di fatturato del 2011 ai 16 del 2014. Per noi è stato
fondamentale prima di tutto venire a conoscenza di questa
opportunità rappresentata dali'Aim. Credo che nel tessuto industriale
italiano, e in particolare quello della nostra regione, l'EmiliaRomagna, ( dat e le informazioni sono fomite dalla società, che ne
garantisce la vendiate
piena di piccole e medie imprese eccellenti, manchi ancora
la percezione di questa opportunità , di quanto si possa
ottenere sia in termini di crescita sia di vantaggi correlati,
come il ritorno in termini di credibilità». Che cosa fare,
dunque, per attrarre nuovi di investitori sul!' Aim?
Giovanni Natali ha sottolineato che «di media, il 90, forse
il 95%, della raccolta di una Ipo arriva dagli investitori
istituzionali. Certo, è bello vedere i titoli che scambiano e
che fanno prezzo tutti i giorni, ma non può essere uno
gruppo ristretto di persone che fanno trading on-line a fare
il mercato. Il mercato lo fanno gli investitori istituzionali.
Per questo, andando un po' controcorrente, proporrei di
dare all'azienda che si quota la possibilità di decidere che il
trading sul suo titolo sia riservato agli investitori
istituzionali». Per Giulio Bastia «gli investitori retail sono
importanti. Non in sede di collocamento, ma dopo la
quotazione, quando le aziende che sanno comunicare bene
riescono anche ad alimentare gli scambi». Più cauto sul
tema retail, invece, Simone Bini Smaghi, perché «il
risparmiatore finale non ha la capacità di fare valutazioni
precise sulle aziende che si quotano. Non è come comprare
un Btp, e non è neanche come comprare titoli da
cassettista. Ci si deve affidare ai professionisti, e non
mettersi a investire direttamente per poi vendere appena il
titolo scende o perché si è letto un brutto titolo di
giornale».
gno Unito o in Francia dove sostanzialmente c'è la possibilità
di abbassare la tassazione dei dividendi delle società quotate
piuttosto che detassazioni sul capital gain. È già stato fatto un
passo in avanti significativo negli anni scorsi con il famoso
Ace che poi è stato rafforzato dal Super Ace introdotto nel
2014, che consente una riduzione dell'imposizione fiscale sui
redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio».
Gabriele Bonfiglioli, amministratore delegato di Modelleria
Brambilla, ha spiegato il punto di vista di chi sul!' Aim si è
già quotato. «Produciamo stampi per fonderie in alluminio e
ghisa per il mondo automotive. L'80% del nostro fatturato è
all'estero, siamo fornitori di Ferrari e gruppo Fiat,
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