ALLEVAMENTO/Alpaca - Corpo Forestale dello Stato

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ALLEVAMENTO / Alpaca
UN CAMMELLO ANDINO
TRA GLI ULIVI
Si diffonde in tutta Italia l’allevamento degli alpaca, ricercati
per la loro fibra pregiata. Il loro impatto sulla vegetazione è
più contenuto rispetto a ovini e caprini
he ci fa Pancho tra gli ulivi secolari
dell’Umbria? È un alpaca, un animale che
potremmo considerare il cugino di lama,
vigogna e guanaco. Pesa come un uomo,
mangia quanto una pecora e vive fino a 20 anni,
come un cavallo.
C
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Originario della catena delle Ande, in Sud America, l’alpaca veniva allevato dagli Inca già 5 mila
anni fa, ma grazie alla bizzarra idea di un allevatore, si è ormai ambientato anche in Italia.
A Umbertide Gianni Berna gestisce il maggiore
allevamento italiano di alpaca e le aziende locali
Identikit
alpaca è una delle due specie domestiche di Camelidi diffusa in
Sudamerica, l’altra è il lama. Ricorda
molto una pecora ma è di dimensioni maggiori e ha un collo molto lungo. È un
ruminante, possiede tre stomaci per la digestione della fibra, e come tutti i camelidi non
ha bisogno di grandi quantità di acqua.
Esistono due razze di alpaca: la razza
Huacaya e la razza Suri, quest’ultima rappresenta solo il 10 per cento della popolazione
degli alpaca nel mondo.
Gli alpaca sono allevati in grandi greggi che
pascolano ad un’altitudine compresa fra i
3.500 e i 5.000 metri sulle Ande del Perù meridionale, della Bolivia settentrionale e del
nord del Cile.
Gli animali vengono tosati una volta all’anno,
in primavera. Un’alpaca femmina produce
circa 2,5 chili di lana all’anno, mentre un
alpaca maschio può arrivare a produrne
anche quattro. La lana dei piccoli è quella più
pregiata per la brillantezza e per la leggerezza. La lana di alpaca è sempre più apprezzata
perché non contiene lanolina, non infeltrisce
e non dà allergie. Può assumere ben 22 colorazioni naturali diverse.
© G. Salari
© G. Salari
L’
acquistano la lana per trasformarla in maglioni,
sciarpe, guanti e cappelli.
Quando ha iniziato 15 anni fa, è stato un pioniere, ma ormai sono una quarantina gli allevatori
nel nostro Paese, tutti impazziti per la lana di
questo animale, che - visto che vive solitamente a
4 mila metri d’altitudine - è setosa, crespa e caldissima, rispetto a quella di pecora addirittura
sette volte più calda!
“I primi esemplari li abbiamo presi in Cile e si
sono presto abituati al nostro clima” spiega
Gianni “costantemente seguiti dai ricercatori
dell’Università che ci hanno aiutato a farli sentire
a casa con tante piccole attenzioni, sia nell’aliIl Forestale n. 63 - 39
© G. Salari
mentazione che nel modo di accudirli”. Quando
visitiamo l’allevamento, abbiamo modo di incontrare dei piccoli nati da pochi giorni (dopo 11
mesi di gestazione), ma già pieni di voglia di giocare e rincorrersi su e giù per la collina.
Di solito il parto è molto veloce e non presenta
difficoltà: nel giro di poco il piccolo si alza, succhia il colostro e inizia a sgambettare in giro con
la madre e all’allevatore non resta che tenerli
d’occhio e godersi lo spettacolo.
Le mamme seguono i nuovi nati senza particolare apprensione, perché questi animali, della
famiglia dei Camelidi sono abituati a cavarsela
subito da soli. Bevono poco e si accontentano di
un chilo d’erba al giorno.
Alcuni maschi si sputano addosso provocandosi
e poi si azzuffano per conquistare una femmina,
una delle tante che pascolano tranquille senza
pensare minimamente ai maschi.
Le femmine hanno un muso più dolce, mentre i
maschi mostrano spesso i denti anche se, come
tutti gli erbivori, non attaccano mai altri animali e
tanto meno l’uomo.
“Sono pacifici e affettuosi, i bambini ci giocano e
li portano a spasso senza alcun problema” continua Gianni. “Sono dei curiosoni, se non
chiudiamo la porta rischiamo di trovarceli in
casa!”.
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Dei bravi tosaerbe
Non tutti gli agricoltori allevano gli alpaca per la
lana, alcuni ne tengono solo un paio di esemplari
come compagnia per i bambini e come tosaerbe,
visto che sono molto efficienti e delicati.
Inoltre hanno l’abitudine di defecare in un unico
punto, lasciando quindi pulito il prato e dando la
possibilità di sfruttare il prodotto come concime,
basta raccoglierlo una volta a settimana.
Se si intende diventare allevatori bisogna fare
attenzione al sesso degli animali.
Le femmine, a meno di difetti morfologici e gravi
malattie ereditarie, vengono avviate alla riproduzione mentre quasi tutti i maschi andrebbero
invece castrati perché non hanno le caratteristiche che li rendono adatti a diventare stalloni.
Solo il 3 per cento dei maschi ha le qualità dello
stallone e, una percentuale anche minore, è in
grado di tramandare i propri tratti positivi in
maniera consistente e costante nel tempo.
Allevare alpaca non è uno scherzo, si tratta di
osservare gli animali e separare i diversi gruppi
che si verranno a formare negli anni: stalloni, giovani e piccoli svezzati, partorienti, mamme con
piccoli. Le femmine in avanzato stato di gravidanza andrebbero spostate tutte insieme nel
recinto più protetto e visibile per tenerle d’occhio
più facilmente e dare loro un mangime specifico
© G. Salari
senza rischiare di ingrassare chi non ne ha bisogno. I maschi vanno assolutamente separati dalla
femmine, sia perché alla lunga perderebbero interesse, sia perché altrimenti nascono lotte e
tensioni, spesso violente, per stabilire la gerarchia. E come i lama e i cammelli, gli alpaca
sputano e non sono un grande spettacolo in certi
frangenti!
Per iniziare
Gianni Berna, allevatore,
insieme a uno dei suoi alpaca.
© G. Salari
In Italia sono state fondate da qualche anno due
associazioni (Italpaca e Sialpaca) alla quale fanno
riferimento tutti gli allevatori di alpaca italiani,
che hanno creato ognuna un loro registro anagrafico con lo scopo di far rientrare l’allevamento
di alpaca tra le attività agricole anche a livello
legislativo.
L’associazione italiana allevatori di alpaca
(www.italpaca.com) e la società italiana alpaca
(www.sialpaca.it) forniscono supporto a tutti
coloro che intendono intraprendere questa attività e nei rispettivi siti web si trovano annunci di
animali in vendita in tutta Italia.
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