Alma Mater Studiorum – Università di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN BIOLOGIA E FISIOLOGIA CELLULARE Ciclo XXI Settore scientifico-disciplinare di afferenza: BIO-09 INFIAMMAZIONE E CANCRO: L’INTERAZIONE COX-2/CA-IX PROMUOVE IL POTENZIALE INVASIVO E LA SOPRAVVIVENZA IN IPOSSIA DELLE CELLULE DEL CANCRO COLON-RETTALE Dott.ssa Paola Paterini Coordinatore Dottorato Relatore Prof.ssa Michela Rugolo Prof.re Vittorio Tomasi Correlatore Prof.re Guido Biasco Esame finale anno 2010 Ringrazio il Prof.re Vittorio Tomasi, il Prof.re Guido Biasco e la Dott.ssa Maria Pantaleo che hanno creduto in questa ricerca. La Prof.ssa Michela Rugolo per la sua disponibilità. Gli amici e colleghi Dott.ssa Giulia Piazzi e Dott.re Pasquale Sansone con cui ho lavorato in stretto contatto per la realizzazione di questo studio. Tutti coloro che hanno reso possibile questo lavoro Dott.re Antonio Strillacci, Dott.re Claudio Ceccarelli, Dott.re Massimiliano Bonafè, Prof.ssa Tiziana Guarnieri, Dott.ssa Simona Tavolari, Dott.ssa Donatella Santini. Inoltre vorrei esprimere la mia sincera gratitudine al Dott.re Pasquale Chieco per l’elaborazione statistica dei dati ed alla Dott.ssa Vilma Mantovani responsabile del settore di Biologia Molecolare del Centro di Ricerca Biomedica Applicata in cui è stato svolto questo studio. 1 Ad Antonello e Francesca e ai miei genitori 2 Cyclooxygenase-2/Carbonic anhydrase-IX up-regulation promotes invasive potential and hypoxia survival in colorectal cancer cells Purpose: Cyclooxygenase-2 (COX-2) is a major mediator of inflammation, playing a pivotal role in colorectal carcinogenesis. Hypoxia is an universal hallmark of solid tumour in vivo. This investigation was prompted by the observation that in colorectal cancer cells the expression of COX-2 protein is positively correlated with that of the hypoxia survival gene Carbonic AnhydraseIX (CA-IX). Experimental Design: Since COX-2 gene expression and activity is increased in hypoxia, and that CA-IX is expressed also in normoxia in colorectal cancer cells, we tested the hypothesis that COX-2 activity in normoxia, as well as in hypoxia may be functionally linked to that of CA-IX gene. We investigated the role of COX-2 and CA-IX in colorectal cancer cell lines. In this regard, we performed RNA interference to knockdown COX-2 gene in vitro and immunohistochemistry to evaluate the protein expression of COX-2 and CA-IX in human colon cancer tissue specimens ex vivo. Results: We found that COX-2, by PGE2 production, controls CA-IX gene expression in an ERK dependent manner. In line with this finding, we also showed that the COX-2 inhibition by a specific short harpin COX-2 RNA (shCOX-2) or by a specific drug (SC-236), down-regulated CA-IX expression in colon cancer cells. We then exposed colon cancer cells to hypoxia stimuli and found that COX-2/CA-IX interplay promoted hypoxia survival. Moreover, we also report that COX-2/CA-IX interplay triggers Matrix Metalloproteinase 2/9 (MMP-2/9) activation and enhances the invasiveness of colorectal cancer cells. 3 Thus given our above observations, we found that CA-IX and COX-2 protein expressions correlate with more aggressive stage colorectal cancer tissues ex vivo. Conclusions: Taken together these data indicate that COX-2/CA-IX interplay promotes an aggressive phenotype (hypoxia survival and invasiveness) which can be modulated in vitro by COX-2 selective inhibition and which may play a role in determining the biological aggressiveness of colorectal tumours. Moreover, in vitro and ex vivo data also suggest that the signatures of inflammation (COX-2) and hypoxia (CA-IX) may be difficult to be disentangled in colon cancer, being both responsible for the up-regulation of the same pathways. This work was published in Journal of Cellular and Molecular Medicine 2009 Sep; 13(9B):3876-87. 4 INDICE INTRODUZIONE……………………………………………….......7 Il Cardinoma del Colon retto…………………………………….....7 Epidemiologia…………………………………………………….7 Stadiazione e fattori prognostici……………………………….....9 Sindromi ereditarie associate al CRC…………………………...10 Eziopatogenesi…………………………………………………..12 Infiammazione e carcinoma del colon retto.……………………...17 Ciclo-ossigenasi 2 (COX-2)………………………………………...22 Ruolo biologico…………………………………………………22 COX-2 e cancro del colon………………………………………24 Ipossia e tumore…………………………………………………….28 HIF-1 α, gene chiave nel signalling dell’ipossia…………………..30 Anidrasi Carbonica IX (CA-IX)…………………………………..32 Ruolo biologico…………………………………………………32 CA-IX e tumore del colon retto…………………………………34 SCOPO DELLA TESI…………………………………………..…37 MATERIALE E METODI………………………………………...39 Colture cellulari…………………………………………………….39 Esposizione ad ipossia simulata tramite l’utilizzo di desferossamina ed esposizione ad ipossia reale…………………39 Trattamenti farmacologici……………………………………….40 Valutazione della morte cellulare……………………………….40 Saggio di invasione cellulare……………………………………41 Silenziamento genico.........................................................................44 5 -Silenziamento transiente mediante la trasfezione di oligonucleotidi a doppio filamento short interfering RNA (siRNA) con lipofectamina.44 -Trasfezione transiente di RNA a doppio filamento (siRNA) per il silenziamento del gene CA-IX nelle HT-29 e del gene COX-2 nelle HCT-116……………………………………………………………..46 Silenziamento stabile di COX-2 delle HT-29 e delle HCA-7 attraverso l’anti COX-2 shRNA nel vettore retro virale pSUPER.retro………..46 Saggio luciferasico TOPFLASH…………………………………..52 Saggio ELISA per la determinazione delle PGE2………………...53 Zimografia…………………………………………………………..54 Estrazione dell’RNA e retro-trascrizione RT-PCR……………...55 Estrazione delle proteine e Western Blot…………………………57 Immunocitochimica………………………………………………...62 Pazienti……………………………………………………………...63 Procedura immunoistochimica………………………………........64 Analisi statistica…………………………………………………….67 RISULTATI………………………………………………………...69 L’espressione di COX-2 e la produzione di PGE2 promuovono l’up-regolazione di CA-IX attraverso ERK…………………..69 L’interazione COX-2/CA-IX favorisce la capacità invasiva delle cellule di cancro del colon……………………………......73 L’espressione del gene COX-2 aumenta la capacità di sopravvivenza in ipossia delle cellule del cancro del colon attraverso CA-IX……………………………………………….77 Il pathway COX-2/CA-IX promuove il potenziale invasivo delle cellule del cancro del colon……………………………....88 L’alta espressione dei livelli proteici di COX-2 e CA-IX correla con lo stadio tumorale nei pazienti con cancro del colon (CRC)…………………………………………………….92 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI………………………………97 BIBLIOGRAFIA………………………………………………….101 6 INTRODUZIONE IL CARCINOMA DEL COLON-RETTO Epidemiologia Il carcinoma colon-rettale (CRC) è un tumore maligno dell’intestino crasso. Esso rappresenta attualmente il 15% di tutti i tumori con frequenza massima negli Stati Uniti, minima in Africa e in Estremo Oriente. In Europa e nei paesi occidentali, è la seconda causa di morte nell’uomo (dopo i tumori del polmone) e nella donna (dopo le neoplasie della mammella) anche se l’incidenza risulta essere maggiore negli uomini [Edge, 2005]. Negli ultimi anni l’incidenza della malattia è diminuita come anche il tasso di mortalità. Questa neoplasia si manifesta in forme sporadiche, CRC sporadico, (85% dei casi) e in forme familiari ereditarie (15% dei casi). Tra le forme ereditarie, dall’1% al 5% è costituito da forme poliposiche FAP (Familial Adenomatous Polyposis syndrome) e da forme non poliposiche HNPCC (Hereditary Non Polyposis Colorectal Cancer). Circa un 10% è caratterizzato da altri tipi di sindromi familiari e 1% è caratterizzato dalla presenza di infiammazione cronica IBD (Inflammatory Bowel Disease) quali la Rettocolite Ulcerosa ed il Morbo di Crohn. (Figura 1) 7 CASES WITH FAMILIAL RISK 10% IBD ~1% FAP & HNPCC 1-5% HAMARTOMATOUS SYNDROMES <0,1% SPORADIC CASES 85% Figura 1 Grafico a torta che mostra l’incidenza del CRC sporadico ed il CRC di tipo ereditario. L’istotipo più frequente del CRC è l’adenocarcinoma (95%) che si sviluppa a carico delle ghiandole della mucosa del colon, in cui le cellule neoplastiche tendono a riprodurre formazioni tubulari pseudoghiandolari, le quali mostrano una certa irregolarità architettonica. La maggior parte degli adenocarcinomi si sviluppa seguendo un percorso a tappe (detta sequenza adenoma-carcinoma): dalla mucosa colica normale si passa alla formazione di un polipo adenomatoso, o adenoma, ossia una crescita anormale di tessuto. Questa massa tumorale, che protrude nel lume dell’intestino, può crescere e divenire displastica, ossia manifestare le prime alterazioni cellulari per poi trasformarsi in vero e proprio carcinoma ‘in situ’ e, in seguito, in carcinoma invasivo. La malignità è caratterizzata da crescita autonoma e diffusa, invasione dei tessuti circostanti e metastasi, principalmente ai linfonodi, al polmone e al fegato. 8 Appare quindi chiaro come l’identificazione e l’asportazione tempestiva dei polipi adenomatosi, interrompendo la sequenza adenoma-carcinoma, rappresenti la più efficace forma di prevenzione del CRC, essendo in grado di ridurne l’incidenza fino all’80-90% dei casi. Il CRC può rimanere asintomatico per anni prima di essere diagnosticato e i sintomi, spesso subdoli, sono notevolmente influenzati dalla sede d’insorgenza del tumore. Come tutti i tumori maligni, il CRC si diffonde per estensione diretta nelle strutture adiacenti e per metastasi attraverso i vasi linfatici e i vasi sanguigni. In ordine di frequenza, le sedi favorite delle metastasi sono i linfonodi regionali, il fegato, i polmoni, le ossa e la sierosa peritoneale. Stadiazione e fattori prognostici La stadiazione della malattia è valutata attraverso un sistema di classificazione introdotto da Dukes più di cinquant’anni fa: DUKES A: tumore confinato alla sola tonaca muscolare, linfonodi puliti ed assenza di metastasi. La sopravvivenza a cinque anni è pari all’86%; DUKES B: tumore che interessa anche il peritoneo, linfonodi puliti ed assenza di metastasi. Sopravvivenza a cinque anni pari al 64%; DUKES C: interessamento linfonodale ad assenza di metastasi. Sopravvivenza a cinque anni pari al 50%; DUKES D: presenza di metastasi diffuse. Sopravvivenza a cinque anni molto bassa. Tale classificazione, assieme ad altri parametri, permette una buona valutazione prognostica; tra i fattori da considerare vanno inoltre ricordati: 9 ETA’: l’aggressività del tumore è maggiore nei giovani; ESORDIO CLINICO: si ha una prognosi peggiore nei tumori che presentano complicanze occlusive o perforative; NUMERO DEI LINFONODI METASTATIZZATI; SEDE: la prognosi è più favorevole se la localizzazione è nella metà destra dell’organo. Appare chiaro come la storia naturale di tale neoplasia possa essere influenzata dalla prevenzione e dalla diagnosi precoce. Attualmente l’unica terapia efficace per il CRC è la resezione chirurgica della zona tumorale. La discreta lentezza evolutiva, unita alla diffusione abbastanza tardiva di tale neoplasia, rendono la prognosi relativamente favorevole quando l’intervento è eseguito tempestivamente; tale intervento è comunque consigliato anche quando appare come palliativo, per l’effettiva e concreta possibilità di prolungare la sopravvivenza dei soggetti malati. Sindromi ereditarie associate al CRC Diversi studi epidemiologici [Cannon-Albrigt., 1998] hanno evidenziato che almeno il 15% dei CRC ha un ben definito pattern di trasmissione ereditaria di tipo autosomico dominante e, più raramente, recessivo. La familiarità gioca, in tutti questi casi, un ruolo rilevante; individui nella cui famiglia si sia già verificato questo tipo di patologia, sono considerati soggetti a rischio che devono pertanto essere costantemente monitorati. Si conoscono diverse sindromi ereditarie, poliposiche e non, caratterizzate dalla presenza di adenomi e di lesioni amartomasiche (in cui le cellule, pur essendo 10 identiche a quelle che normalmente compongono il tessuto, non riproducono la normale architettura dell’organo). Le forme poliposiche comprendono ad esempio la FAP (Familial Adenomatous Polyposis syndrome). Tra le forme non poliposiche troviamo la SINDROME DI LYNCH, o HNPCC (Hereditary Non Polyposis Colorectal Cancer), una malattia autosomica dominante che rappresenta la forma di predisposizione genetica al CRC di maggior impatto sulla salute pubblica, poiché si manifesta alquanto precocemente (generalmente al di sotto dei quarant’anni) e con una frequenza assai maggiore rispetto alle forme poliposiche. Attualmente i criteri diagnostici utilizzati per tale sindrome sono i cosiddetti “criteri di Amsterdam”: Presenza, all’interno del nucleo familiare, di tre o più individui di cui almeno due con parentela di primo grado, affetti da CRC; Presenza di CRC in almeno due generazioni successive; Insorgenza di almeno un CRC al di sotto dei cinquant’anni d’età; Esclusione della FAP; Verifica istologica del tumore. Accanto alle forme ereditarie, avvengono casi in cui il tumore compare ‘sporadicamente’, cioè in persone che non presentano fattori di rischio ereditari; si ritiene che, anche alla base di queste forme, che rappresentano la stragrande maggioranza di CRC, ci siano frequentemente delle mutazioni, le quali potrebbero essere indotte da fattori predisponenti (vedi paragrafo successivo). 11 Eziopatogenesi Le cause del cancro al colon sono diverse e svariate infatti sembra che sia fattori ambientali che genetici siano implicati nel’eziopatogenesi di questa malattia. I fattori ambientali sono stati difficili da identificare: tra questi la dieta sembra essere il fattore principalmente coinvolto, questo confermato dal fatto che nei paesi industrializzati il cancro al colon è molto comune. Per esempio una dieta ricca di fibre è associata ad una diminuzione nello sviluppo di questo tipo di tumore poiché il tempo di transito lungo il colon è minore rispetto ad una dieta con poche fibre. Anche l’età gioca un ruolo importante nella predisposizione al cancro al colon; infatti questo tumore non è comune prima dei 40 anni, ma aumenta significativamente dopo i 50 anni e raddoppia dopo ogni decade. Più recentemente, l’infiammazione cronica, indotta da fattori biologici, chimici e fisici, è stata riconosciuta come fattore di rischio per lo sviluppo del colon carcinoma. Infatti, l’infiammazione facilita la fase d’iniziazione delle cellule normali, la loro crescita e la progressione verso la malignità, attraverso la produzione di citochine pro-infiammatorie e diverse specie reattive dell’ossigeno [Ohshima, 2005]. Diversi ossidanti possono danneggiare DNA, RNA e proteine cellulari, mediante reazioni di ossidazione, nitrazione/nitrosazione e di alogenazione; ciò fa si che aumentino le mutazioni e vengano alterate le funzioni di enzimi e proteine importanti, contribuendo al processo multi-step della cancerogenesi [Ohshima, 2005]. Fattori ereditari interessano invece due particolari sindromi: la FAP e l’HNPCC; entrambe, infatti, sono caratterizzate da instabilità genomica che comprende l’instabilità cromosomica e l’instabilità microsatellitare. L’instabilità cromosomica porta alla segregazione anormale dei cromosomi e del contenuto di 12 DNA (aneuploidia); come risultato si ha la peridta di materiale cromosomico che contribuisce alla perdita di funzione di alcuni geni chiave per la soppressione del tumore. La FAP possiede questo tipo di pathway e fondamentalmente è causata da delezioni o da mutazioni nel gene APC. Infatti, il processo di colon carcinogenesi è costituito, come già detto, da una serie di fasi progressive, oggi ben note sia a livello morfologico che molecolare (Figura 2). Figura 2. Modello genetico della tumorigenesi del carcinoma colon-rettale che mostra l’accumularsi delle mutazioni negli oncogeni e negli onco-soppressori che contribuisce alla progressione tumorale e allo sviluppo delle metastasi. APC (Adenomatous Polyposis Coli), COX-2 (Cicloossigenasi-2), MMR (Mismatch Repair), ras (rat sarcoma); yr (anni). 13 Da un punto di vista morfologico infatti, il CRC è il risultato della trasformazione dell’epitelio colico normale in una serie di fenotipi che, attraverso la formazione di adenomi, giungono sino al cancro invasivo; tale trasformazione è accompagnata, dal punto di vista molecolare, dall’accumulo progressivo di mutazioni somatiche a carico delle cellule che compongono tale epitelio. Tuttavia, possedere un allele mutato nei geni coinvolti in tale processo, non significa necessariamente sviluppare il tumore, in quanto il limite è posto al secondo allele selvaggio; inoltre, spesso gli individui che presentano mutazioni di un solo allele sono predisposti a sviluppare un CRC successivamente, poiché le cellule del colon sono molto suscettibili a mutazioni somatiche. Il modello attualmente accettato è quello ipotizzato da Vogelstein nel 1988 [Volgestein, 1988]; esso deriva dall’analisi molecolare di diversi stadi di sviluppo del CRC, identificabili a livello istologico. Secondo tale modello, l’evento molecolare precoce che caratterizza la maggior parte dei CRC è la perdita della funzione, per mutazione o delezione, di APC (Adenomatous Polyposis Coli) un gene soppressore dei tumori localizzato sul cromosoma 5. Mutazioni a carico del gene APC sono state individuate nel 60% dei tumori sporadici del colon, nella FAP e nelle sue varianti, anche se la loro distribuzione all’interno del gene è diversa. La proteina codificata dal gene APC inibisce la proteina Wnt, responsabile dell’espressione del gene myc, un fattore di trascrizione che induce a sua volta l’espressione di molti geni richiesti per la transizione dalla fase G1 a S del ciclo cellulare. Quando entrambi gli alleli APC sono mutati o persi, si ha un aumento della crescita cellulare dovuto ad un’attivazione inappropriata di myc; se a questo si aggiunge una ipometilazione del DNA, si può sviluppare nell’epitelio del colon un piccolo tumore benigno 14 detto adenoma di classe I. Un altro oncogene chiave nello sviluppo del CRC è Kras; i geni appartenenti alla famiglia RAS (H, K, N) sono localizzati sul cromosoma 12 e codificano per piccole proteine ad attività GTPasica leganti le membrane cellulari. Mutazioni di tale gene porterebbero alla perdita di tale attività enzimatica e la continua traduzione del segnale che avviene attraverso l’utilizzo di GTP, non più trasformato in GDP, sarebbe capace di trasformare le cellule e di indurle a formare adenomi di classe II, più grandi rispetto a quelli di classe I [Moodie, 1994]. Si è visto che mutazioni a carico di K-ras sono espresse piuttosto precocemente nel 40-60% dei tumori del colon, con una percentuale che va dal 10% per gli adenomi più piccoli di un centimetro a più del 50% per quelli maggiori di un centimetro. L’evento molecolare successivo coinvolge un gene oncosoppresore localizzato sul cromosoma 18, DCC (Deleted in Colorectal Cancer), codificante una proteina che mostra caratteristiche in comune con molecole di adesione delle cellule nervose e capace di interagire con altre proteine coinvolte nelle interazioni cellula-cellula e cellula-matrice. Tale proteina è largamente espressa nella mucosa del colon normale, mentre è ridotta, se non del tutto assente, nel 70-75% dei CRC; una sua mutazione, o una sua mancata espressione, potrebbe pertanto avere un ruolo fondamentale nella crescita o nell’invasione di tale tumore, come risultato di un contatto anomalo tra le cellule. Quando entrambe le copie DCC sono perse, o comunque non funzionali, si forma nell’epitelio colico un adenoma di classe III (un polipo molto grande, ma pur sempre benigno). Un altro evento molecolare rilevante ma tardivo nel processo di colon cancerogenesi, è la perdita di funzione del gene P53; questo è localizzato sul cromosoma 17 ed il suo prodotto è una proteina che regola il ciclo cellulare e ne blocca la progressione quando il DNA è aberrante, dirigendo in tal modo la 15 cellula verso l’apoptosi. La perdita di entrambe le copie del P53 determina la progressione dell’adenoma di classe III a carcinoma (la forma maligna) che, in seguito, può dare metastasi a distanza. Il tumori che si presentano mediante instabilità cromosomica sono tipicamente microsatelliti stabili (MSS). Il rimanente 15% di CRCs si presentano attraverso il pathway di instabilità microsatellitare (MSI).Questa via viene preferita dalla maggior parte dei CRC che colpiscono pazienti con HNPCC. Questo pathway è caratterizzato dalla perdita di funzione di geni che solitamente riparano il DNA durante il normale processo di replicazione del DNA nelle cellule in divisione. Infatti, a fianco dei geni oncosoppressori e dei più noti oncogeni, si pone un’ultima classe di geni responsabili del mantenimento dell’integrità del genoma e della fedeltà del trasferimento dell’informazione genetica durante la replicazione: i geni mutatori. A questo gruppo appartengono i geni del cosiddetto “Mismatch Repair” (MMR); quelli attualmente noti nel processo di cancerogenesi del colon sono hMSH2, hMLH1, hPMS1, hPMS2 e hMh6 [Akiyam, 1997]. Tali geni codificano per enzimi che hanno il compito di ispezionare il DNA di nuova sintesi, al fine di individuare eventuali errori e di riparare le basi accoppiate in maniera errata nella molecola; pertanto, una loro mutazione determina un’alterazione dei meccanismi di riparazione del DNA e un conseguente accumulo di errori, responsabile di quella che viene definita ‘instabilità genetica’ [De La Chapelle, 1995]. Questi errori possono essere identificati attraverso lo studio di alcuni marcatori molecolari i microsatelliti per l’appunto, che nel DNA tumorale sono alterati. I microsatelliti sono brevi sequenze nucleotidiche contenenti multipli e consecutivi mono-bi-tri-tetra nucleotidi che, per tali caratteristiche, sono più esposti ad errori durante la replicazione (MSI). Attraverso 16 un’attenta analisi del DNA di un tessuto sano e di uno tumorale di uno stesso individuo, è possibile valutare la fedeltà di replicazione di tali sequenze nel tumore. Secondo diversi studi, si è visto che il 10-15% dei tumori sporadici e il 90% dei tumori appartenenti a HNPCC, presentano MSI [Lothe, 1993] ed è stato pertanto suggerito che la presenza di tali errori possa essere considerata un buon marcatore di tale sindrome. INFIAMMAZIONE E CARCINOMA COLON RETTO Il primo a descrivere una relazione funzionale tra infiammazione e cancro è stato Virchow nel 1863 che ha ipotizzato l’origine del cancro in un ambiente dove persiste uno stimolo infiammatorio. Questa ipotesi nasce dall’evidenza che sostanze irritanti insieme alla presenza di una ferita in un tessuto siano in grado di scatenare una risposta infiammatoria con il conseguente aumento della proliferazione cellulare [Balkwill, 2001]. Ad oggi è chiaro che la proliferazione cellulare da sola non causa il cancro, ma la proliferazione continua in un ambiente ricco di cellule infiammatorie, di fattori di crescita, stroma attivato ed agenti che promuovono danni al DNA , certamente potenzia e/o promuove il rischio neoplastico. Il processo infiammatorio è un fattore negativo a carico di tutti i tessuti a causa della continua esposizione agli agenti ambientali. Il microambiente infiammatorio favorisce infatti l’iniziazione delle cellule normali e la loro crescita e progressione verso la malignità attraverso la produzione di citochine pro-infiammatorie, agenti ossidanti ed enzimi litici. Il carcinoma si sviluppa partendo da un evento di inizio questo è rappresentato da agenti carcinogenetici ambientali o virali che inducono modificazioni somatiche, 17 quali alterazioni del DNA. Per avere la sviluppo del cancro occorre una seconda esposizione ad un agente che non reca danni al DNA (come irritanti chimici, o ormoni dell’infiammazione cronica) questo porta alla formazione di una lesione precancerosa. La sostanza promotrice induce la proliferazione cellulare, recluta le cellule infiammatorie, aumenta la produzione di specie reattive di ossigeno con conseguente danno ossidativo al DNA ed inibisce il sistema DNA MMR (Mismatch repair). Le cellule che sopravvivono sono infiammate cronicamente hanno una proliferazione anomala ed un accumulo di mutazioni che favorisce lo sviluppo della neoplasia vera e propria. (Figura 3). PROMOTION PROGRESSI Infiammazione cronica Figura 3.Modello che rappresenta il potenziale ruolo del sistema immunitario adattativo nell’aumentare l’infiammazione cronica associata alla tumorigenesi epiteliale. 18 Le patologie infiammatorie croniche intestinali (IBD) ,Colite Ulcerosa CU e Morbo di Chron, sono riconosciute essere una condizione pre-cancerosa per il cancro del colon retto [Dahiya, 1998, Itzkowitz, 2004].(Tabella 1). Coloro che ne soffrono possono infatti sviluppare tale tipo di neoplasia in età più giovane e con estensione più ampia [Itzkowitz, 2004.]. Inoltre sia la diffusione dell’infiammazione sia il numero di anni da cui si è affetti correlano con il rischio della malattia. Tabella 1 Rappresenta l’associazione tra patologie caratterizzate da infiammazione cronica e l’aumento del rischio di sviluppare un determinato tipo di carcinoma. Il microambiente infiammatorio del colon favorisce infatti l’iniziazione delle cellule normali e la loro crescita e progressione verso la malignità attraverso la produzione di citochine pro-infiammatorie, agenti ossidanti ed enzimi litici. Tra le 19 citochine pro-infiammatorie prodotte il Tumor Necrosis Factor (TNF)-α e l’Interleuchina (IL)-6, sono in grado di attivare il fattore di trascrizione nucleare (NF-kB), una proteina chiave nell’induzione dell’infiammazione in risposta ad infezioni batteriche e virali. Nel 2004, Greten e colleghi hanno pubblicato su Cell un’interessante lavoro che evidenzia come l’induzione di NF-kB colleghi tra loro infiammazione cronica, infezione e tumore del colon. Secondo questo studio infatti, nelle cellule epiteliali l’attivazione di NF-kB promuove lo sviluppo tumorale non attraverso l’infiammazione, ma attraverso l’inibizione dell’apoptosi, mentre nelle cellule mieloidi determina l’espressione di molecole proinfiammatorie come la ciclo-ossigenasi-2 (COX-2) e IL-1 e 6, che stimolano la divisione di cellule epiteliali geneticamente alterate e quindi aumentano la massa tumorale. NF-kB inoltre, stimola la iNOS (inducile Nitric Oxyde Synthase) a produrre NO e la COX-2 a generare prostanoidi, che hanno un effetto proinfiammatorio e pro-cancerogeno [Yamamoto, 2001]. E’ noto inoltre che il PPARγ è in grado di reprimere l’attività trascrizionale di NF-kB [Itzkowitz, 2004]; pertanto, i ligandi di PPARγ inibiscono l’infiammazione intestinale [Sturlan, 2001]. Un contributo significativo allo sviluppo di tumori colon-rettali è dato dallo stress ossidativo: le cellule infiammate, neutrofili e macrofagi, generano specie reattive dell’ossigeno e del nitrossido (Reactive e Nitrogen Oxygen Species, RONS), oltre ad altre molecole pro-ossidanti [Ohshima, 2005]. I radicali liberi da essi generati hanno come targets DNA, RNA, proteine e lipidi; il gene p53, soppressore tumorale, è un loro tipico bersaglio [Hussain, 2000]. Inoltre, queste specie sono in grado di indurre mutazioni “frameshift” del DNA [VanderVeen, 2003] e perturbare il sistema DNA MMR (Mismatch repair), contribuendo all’instabilità 20 microsatellitare [Gasche, 2001]. Infine, molecole ossidanti come i RONS sono in grado di alterare il pattern di metilazione del DNA [Itzkowitz, 2004]. Un dato noto da tempo riguarda l’up-regolazione dell’espressione e dell’attività dell’enzima Ciclo-ossigenasi-2 (COX-2) nella sequenza adenoma-arcinoma che caratterizza i tumori del colon. Nei modelli animali, così come nell’uomo, l’inibizione di COX-2 riduce in modo significativo lo sviluppo dei tumori del colon [Gupta, 2002]. Alla luce di queste evidenze è stato proposto da Itzkowitz nel 2004 un modello che mostra come l’infiammazione associata a colite promuova la progressione da diplasia a cancro nel colon. (Figura 4). Figura 4. Modello che mostra il meccanismo attraverso il quale l’infiammazione cronica favorisce la progressione da displasia a cancro nel colon. 21 L’evidenza più significativa del ruolo dell’infiammazione nella progressione neoplastica adenoma-colon carcinoma è fornita dalle percentuali di eventi tumorali in consumatori abituali di aspirina e di altri FANS (Farmaci Antiinfiammatori Non Steroidei). In questi soggetti, l’incidenza di tumori al colon è ridotta del 50 % circa. Questi dati sottolineano l’importanza eziologica dell’overespressione della COX-2 in questa patologia [Shiff, 1999] e richiamano l’attenzione sul ruolo chemiopreventivo dei FANS, dovuto tuttavia non solo all’inibizione della produzione di prostaglandine, che esercitano azione infiammatoria nei tessuti danneggiati [Williams, 1999], ma anche all’attivazione di meccanismi indipendenti dall’inibizione di tale enzima . CICLO-OSSIGENASI-2 (COX-2) Ruolo biologico Le ciclo-ossigenasi (COX) o prostaglandine endoperossido sintasi sono enzimi chiave per la sintesi dei prostanoidi (prostaglandine PG e trombossani TX) a partire dall’acido arachidonico (Figura 5). L’acido arachidonico è rilasciato dai fosfolipidi di membrana grazie all’idrolisi della fosfolipasi A2 ed è trasformato da COX in PGG2 (attività cicloossigenasica) e rapidamente in PGH2 (attività perossidasica). PGH2 è poi convertito da specifiche isomerasi nelle prostaglandine (PGE2, PGF2α, PGI2, PGD2) e nei trombossani (TXA2). Esistono due isoforme di COX: COX-1 e COX-2 [Smith, 1996]. COX-1 è espressa costitutivamente in molti tessuti umani ed è responsabile della produzione di prostaglandine che controllano normali funzioni fisiologiche, ad es. protezione della mucosa gastrica e regolazione del flusso plasmatico renale. COX-2 non è presente nei tessuti sani ma è indotta da stimoli 22 pro-infiammatori e mitogenici ed aumenta la sintesi di prostaglandine in tessuti infiammati e neoplastici. Le due isoforme sono proteine di membrana con una grande omologia strutturale. L’acido arachidonico (AA) accede al sito attivo di entrambi gli enzimi attraverso un canale idrofobico (lo stesso canale è occupato dagli anti-infiammatori non steroidei o FANS). Nel caso di COX-2 è presente una tasca di estensione di questo canale (la tasca è occupata dagli inibitori COX-2 selettivi) [Kurumabail, 1996]. COX-2 è coinvolta nel processo di cancerogenesi, intervenendo nell’angiogenesi apoptosi, invasività e controllo della proliferazione cellulare [Dannenberg, 2001]. Fattori di crescita, citochine, oncogeni e oncosoppressori stimolano la trascrizione di COX-2 attraverso la via mediata da Ras ed attraverso la via della proteina chinasi C (PKC) [Dannenberg, 2005]. Figura 5. Sintesi di prostaglandine e trombossani COX-mediata. 23 COX-2 e Cancro del Colon Nel tessuto intestinale normale, studi d’immuno-localizzazione hanno mostrato l’espressione sia di COX-1 sia di COX-2 nelle cellule della mucosa epiteliale, nelle cellule mononucleari, nelle cellule endoteliali dei vasi e nella muscolatura liscia. Nel 1994, Eberhart e colleghi riportarono che la COX-2 era over-espressa nel 50% circa degli adenomi colon-rettali e nell’85% dei colon carcinoma umani [Eberhart, 1994]; inoltre in questi tessuti neoplastici la quantità di prostanoidi, soprattutto PGE2, era elevata rispetto ai tessuti sani. Nonostante alcuni studi riportino evidenze circa il contributo della COX-1 nello sviluppo del cancro, COX-2 sembra essere l’isoforma principalmente coinvolta nella patogenesi di tumori maligni nell’uomo [Eberhart, 1994] e numerosi studi condotti su modelli animali confermano la connessione causa-effetto tra l’attivazione di COX-2 e i tumori del colon. Infatti, in diversi studi è stato riscontrato un aumento dei livelli di PGE2 parallelo all’aumento di espressione di COX-2 da 2 a 50 volte più elevato, in circa l’85% de carcinomi colon rettali [Eberhar, 1994; Kutchera, 1996]. Evidenze circa l’attivazione di COX-2 durante le fasi di sviluppo precoci del colon carcinoma, sono emerse in diversi modelli animali. Infatti, in animali con FAP, il knock-out per il gene COX-2 riduce drasticamente il numero di polipi [Oshima, 2001]; inoltre, il trattamento con inibitori selettivi per la COX-2 in questi modelli, riduce il numero di polipi in maniera significativa [Jacoby, 2000; Oshima, 2001] suggerendo quindi tale enzima come un ipotetico bersaglio farmacologico nella terapia del cancro del colon. 24 Sono stati identificati diversi meccanismi attraverso cui la COX-2 agisce sulla promozione tumorale, sia dipendenti sia indipendenti dalla produzione di PGE2. Effetti indipendenti dalla produzione di PGE2: attivazione dei cancerogeni; produzione di malonildialdeide, riduzione dei livelli di AA libero. COX-2 ricopre un ruolo molto importante nella carcinogenesi colon rettale poiché è in grado di attivare direttamente sostanze cancerogene; infatti, l’attività perossidasica di COX-2 può agire su idrocarburi policiclici, aflatossine, pesticidi alogenati e fenoli [Shiff, 1997]. Inoltre la PGD2 può essere trasformata in malonildialdeide, un potente mutageno diretto, in grado di formare addotti con i deossinucleotidi [Prescott, 1996]. Infine il livello di AA libero, il substrato di COX ad azione pro-apoptotica e quindi anti tumorale, è ridotto dall’attivazione di COX-2 [Chan, 1998]. Effetti dipendenti dalla produzione di PGE2: induzione della proliferazione cellulare; inibizione dell’apoptosi; induzione dell’angiogenesi; aumento della motilità cellulare; aumento del potenziale metastatico, induzione d’immunosoppressione locale. La PGE2 può promuovere lo sviluppo tumorale mediante l’induzione della proliferazione cellulare [Sheng, 2001] e l’inibizione dell’apoptosi [Sheng, 1998]. La proliferazione cellulare può essere secondaria alla trans-attivazione del recettore del fattore di crescita epidermico (EGF) da parte di PGE2 [Pai, 2002]; 25 l’over-espressione di COX-2 potrebbe aumentare la resistenza ai fenomeni apoptotici avendo la capacità di attenuare l’attivazione di caspasi-3 e -9, di bloccare la proteina P53 e determinando una overespressione della proteina antiapoptotica Bcl-2. Questi fenomeni porterebbero a una ridotta suscettibilità apoptotica, che contribuisce alla progressione tumorale. 1. STIMOLAZIONE DELL’ANGIOGENESI Recenti studi hanno visto che le PGs, in particolare PGE2, stimolano l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni, processo essenziale per lo sviluppo del tumore, sia in vivo sia in vitro, inducendo l’espressione di fattori pro-apoptotici tra cui il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF), basic Fibroblast Growth Factor (bFGF) e componenti della matrice extracellulare. In particolare, l’interazione di VEGF con il suo recettore è un fattore fondamentale nell’induzione dell’angiogenesi tumorale poiché favorisce la morfogenesi capillare. Tale fattore è molto espresso in adenomi, carcinomi, cancro colonrettale ed è correlato con la densità dei vasi del microcircolo e con lo stadio del tumore. Dati recenti hanno riportato che utilizzando inibitori selettivi per la COX2, si può ridurre la formazione dei vasi sanguigni nella cornea del topo, suggerendo un ruolo chiave per la COX-2 nell’angiogenesi; inibitori selettivi per COX-1, invece, non hanno alcun effetto su questo processo. 2. MODULAZIONE DELL’IMMUNOSOPPRESSIONE E’ stato riconosciuto che la presenza di PGE2 ha anche un effetto inibitorio sulla risposta immune, essendo in grado di bloccare il riconoscimento delle cellule tumorali da parte sia delle cellule T citotossiche sia da parte delle cellule natural killer. 3. RESISTENZA ALL’APOPTOSI 26 È risaputo che l’omeostasi nei tessuti è mantenuta dall’equilibrio tra la proliferazione e la morte cellulare. Si ritiene che la rottura di tale equilibrio omeostatico possa condurre al tumore quando gli eventi proliferativi superano quelli apoptotici; infatti, Bedi e collaboratori (1995) hanno dimostrato una progressiva diminuzione dell’apoptosi durante la cancerogenesi colon-rettale [Bedi, 1995]. L’over-espressione di COX-2 è associata all’inibizione del pathway apoptotico mitocondriale, caratterizzato da riduzione del rilascio del citocromo c, attenuazione dell’attivazione delle caspasi 3 e 9, up-regulation di Bcl-2 e riduzione dell’espressione della proteina pro-apoptotica Bax (Sun Y. et al., 2002). 4. INDUZIONE DELL’INVASIVITA’ Elevati livelli di PGE2 sono correlati a un aumento dell’invasività tumorale, perché essa è in grado di indurre l’espressione sia di CD44, una glicoproteina di superficie coinvolta nella formazione di metastasi, che di metallo proteinasi della matrice di tipo 2 (MPP-2), una metalloproteinasi coinvolta nell’espansione del tumore; l’inibizione di COX-2 porta alla diminuzione dell’attività di entrambe le proteine e a una riduzione dell’invasività tumorale [Dohadwala et al., 2002]. La degradazione dello strato basale della membrana è uno dei passi fondamentali per l’invasione del tessuto tumorale nel tessuto sano ed è mediata dalle MMPs (matrix metalloproteinase) e dai loro inibitori TIMPs (tissue inhibitors of metalloproteinases). Elevati livelli di alcune metalloproteinasi, come la MPP-2 e MMP-9, sono stati rilevati nello stroma di tessuti tumorali nel cancro colon rettale (CRC) e la loro concentrazione plasmatica è fortemente correlata allo stadio clinico di CRC [Tsujii, 1998]. Inoltre trasfettando cellule di CRC, non esprimenti COX-2, con il gene della COX-2 è stato osservato un aumento dell’invasività e della migrazione 27 cellulare, accompagnati dall’incremento dei livelli di mRNA di alcune metalloproteinasi di membrana [Tsujii, 1998]. IPOSSIA E TUMORE Negli ultimi vent’anni studi clinici hanno chiaramente dimostrato che la presenza di aree ipossiche (aree in cui la pressione dell’ossigeno presente pO2 è ≤ 2.5 mmHg) è una caratteristica pato-fisiologica dei tumori solidi localmente avanzati. Queste aree sono state riscontrate in diversi tipi di tumori solidi: carcinoma della mammella, utero della prostata, del colon, della vulva, del pancreas, nei sarcomi, nei melanomi maligni, nel fegato e nel rene [Vaupel, 2001, 2002, 2007]. Nel complesso circa il 50-60% dei tumori solidi localmente avanzati mostrano aree ipossiche e/o anossiche (la presenza di O2 non è misurabile) che sono distribuite in modo eterogeneo all’interno della massa tumorale. Le aree ipossiche (e/o anossiche) sono il risultato dello squilibrio tra la riserva e il consumo di O2. I meccanismi patogenetici per lo sviluppo dell’ipossia nei tumori solidi sono principalmente tre: anomalie funzionali e strutturali della microcircolazione del tumore e delle cellule tumorali, iper-proliferazione delle cellule tumorali e anemia associata al tumore o indotta dalla terapia. L’ipossia è un fattore avverso nella pato-fisiologia del tumore. Infatti, le cellule esposte ad ipossia rispondono riducendo la sintesi proteica che porta a una ridotta proliferazione e a una conseguente morte cellulare. Infatti, è stato dimostrato che l’ipossia può inibire completamente la proliferazione delle cellule tumorali in vitro. L’esposizione prolungata ad uno stimolo ipossico è in grado di cambiare la 28 fase del ciclo cellulare ed aumentare il numero di cellule quiescenti nel tumore, questo porta ad un’alterazione della risposta a radio e chemio-terapia. L’ipossia può indurre la cellula ad apoptosi (morte cellulare programmata) sia nel tessuto sano sia in quello neoplastico. Questo avviene attraverso due meccanismi: uno p53 dipendente, in cui la trascrizione del gene è indotta dal fattore di trascrizione HIF-1α (Hypoxia-Inducible Factor) ed un pathway p53-indipendente che coinvolge i geni della famiglia BCL-2. Le cellule sottoposte ad uno stimolo ipossico acuto possono andare incontro ad una morte cellulare per necrosi. Cambiamenti del proteoma indotti dall’ipossia possono favorire l’arresto del ciclo cellulare, la differenziazione cellulare, l’apoptosi e la necrosi. Questi cambiamenti spiegano il ritardo della proliferazione cellulare che avviene nelle masse tumorali grandi. Al contrario i cambiamenti nel genoma e nel proteoma indotti dall’ipossia cronica, possono promuovere la progressione tumorale favorendo la capacità invasiva locale, la diffusione delle cellule tumorali perifocale e la diffusione di metastasi sia loco-regionali che a distanza con una conseguente prognosi peggiore [Vaupel, 2001, 2002, 2007]. (Figura 6) Quando un tumore si sviluppa diviene spesso più maligno con il passare del tempo, questo è un processo che prende il nome di “progressione tumorale”. Una grande quantità di dati suggerisce che l’ipossia o l’anossia del tumore ed il pathway HIF-1 α sono coinvolti nel conferire un vantaggio di crescita alle cellule tumorali e a favorire lo sviluppo di un fenotipo maggiormente maligno [Höckel, 2001; Semenza, 2000 e 2002; Harris, 2002]. 29 Figura 6 Meccanismi attraverso i quali l’ipossia cronica favorisce una prognosi peggiore per i pazienti malati di tumore A seconda del grado e della durata del fenomeno ipossico, tre meccanismi sono coinvolti nella propagazione tumorale indotta dall’ipossia: alterazioni nell’espressione dei geni con conseguente cambiamento del proteoma e/o cambiamenti del genoma [Semenza, 2003; Reynolds, 1996; Yuan, 2000] e selezione clonale [Graeber , 1996; Kim, 1997; Kondo, 2001]. Classicamente l’ipossia nel tumore è associata alla resistenza alla radioterapia, ma è stato dimostrato che diminuisce l’efficacia di alcuni chemioterapici [Vaupel, 2004]. HIF-1 α (Hypoxia-Inducible Factor) è il gene chiave nel signalling dell’ipossia A livello molecolare, lo stress ipossico causa delle risposte adattative della cellula che portano all’attivazione del fattore di trascrizione HIF-1 α. Questo fattore è 30 composto da due subunità α e β. In presenza di ossigeno, normossia, HIF- α non è espressa, ma è espressa solo quando la concentrazione di ossigeno è limitata (Figura 7). Al contrario l’espressione di HIF-β non è dipendente dall’ossigeno ma è costitutivamente presente. Mentre HIF- α è rilevabile in vari sistemi di colture cellulari ad un cut off di circa il 5% di ossigeno (40 mmHg) per considerare un sistema in vitro in condizioni ipossiche occorre sottoporre le cellule ad una concentrazione di ossigeno compresa tra 1 e il 2% (8-16 mmHG) per avere in poche ore l’espressione di HIF- α nel nucleo cellulare. Figura 7 Degradazione ed attivazione della trascrizione di HIF-1 α in condizioni normali di ossigeno ed in ipossia. Se le cellule sono riportate ad una concentrazione di ossigeno atmosferica (21% di O2) l’espressione di HIF-α è inibita in pochi minuti perché è degradata dal sistema del proteosoma 26S. Al Contrario in condizione d’ipossia la subunità HIF-α sfugge alla degradazione, si lega alla subunità HIF-β. Insieme le due subunità si legano agli elementi che rispondono ad ipossia HRE (Hypoxia-Response 31 Elements) dei geni bersaglio. Il reclutamento di co-attivatori come CBP/p300 porta all’attivazione trascrizionale di geni target coinvolti nel metabolismo, nell’angiogenesi, nella sopravvivenza e morte , nella capacità di invasione/di fare metastasi delle cellule. ANIDRASI CARBONICA IX (CA-IX) Ruolo biologico Le anidrasi carboniche sono un gruppo di metallo enzimi contenenti zinco che catalizzano l’idratazione reversibile del biossido di carbonio: CO2 +H20 ↔HCO3- +H+ Ad oggi sono state caratterizzate 12 anidrasi carboniche (CA) localizzate in diversi distretti cellulari : 5 sono citoplasmatiche (CA I, CA II, CA III, CA VII e CAXIII), 2 sono mitocondriali (CAVA e CAVB), 1 secretoria (CAVI) e 4 sono associate alla membrana (CA IV, CA IX, CA XII e CA XIV) (Figura 8). Figura 8 Localizzazione subcellulare delle Anidrasi Carboniche (CA) 32 L’anidrasi carbonica IX è un’isoforma trans membrana con un sito catalitico nella porzione extracellulare caratterizzato dall’avere la più alta efficienza per il trasporto di H+ tra le CAs [Wingo, 2001]. Il gene CA9 umano mappa sul cromosoma 17, e CA-IX è una glicoproteina con una massa che va dai 54-58 kDA ed è espressa nella membrana plasmatica delle cellule epiteliali a livello basolaterale, ed in alcuni casi anche nei nuclei [Pastoreková, 1992]. CA-IX è stata clonata per la prima volta da Pastorek [Pastorek, 1994], è una proteina di 466 aminoacidi caratterizzata da un peptide segnale idrofobico, all’estremità N-terminale ha un dominio proteoglicano-simile, un dominio catalitico extracellulare, una porzione idrofobica trans-membrana ed una coda Cterminale citoplasmatica. (Figura 9) Figura 9 Struttura degli isoenzimi anidrasi carboniche associate alla membrana. CA: dominio anidrasi carbonica, GPI: domino glicosilinositolo-simile, TM: porzione trans-membrana, CT: coda citoplasmatica C-terminale, PG: dominio Proteoglicano. Il dominio catalitico della CA-IX mostra un’alta omologia con quello delle altre anidrasi carboniche. Il ruolo della regione C-terminale non è ancora del tutto chiaro ma dati recenti mostrano che è un target di fosforilazione [Dorai, 2005], 33 importante per la dimerizzazione e l’interazione con altri trasportatori del bicarbonato [Sterling, 2001].Il ruolo del dominio proteoglicano è stato proposto avere un ruolo nell’adesione cellulare [Svastova, 2003]. Il ruolo fisiologico della CA-IX è di regolare l’omeostasi del PH intracellulare grazie alla sua capacità di idratare l’anidride carbonica ad acido carbonico e liberare ioni H+. CA-IX è in grado di facilitare il trasporto trans-membrana di HCO3-, la diffusione extracellulare di H+ e di CO2. Per questo motivo è implicato in tutti quei processi biosintetici che richiedono come primo step la presenza di CO2 .Questi processi comprendono la gluconeogenesi e la sintesi di determinati aminoacidi, la litogenesi, la urogenesi e la sintesi delle pirimidine [Chegwidden, 2002]. CA-IX e tumore del colon-retto CA-IX è stata trovata nelle cellule del tratto gastrointestinale normale [Pastorekova, 19997] ma la sua espressione è maggiore nelle cellule tumorali del tratto gastrico. Un importante legame tra CA-IX e la tumorigenesi è stato scoperto quando si è capito che la trascrizione della CA-IX (come la CA-XII) è regolata dal fattore HIF-1 α [Wykoff, 2000]. CA-IX, infatti è un gene inducibile da ipossia. Nelle cellule tumorali il pH extracellulare (pHe) è maggiormente acido (6.2<pH <6.8) rispetto quello dei tessuti normali (7.2<pH<7.4) [Cardone, 2005]. Questa è la conseguenza dell’accumulo di acido lattico e di CO2 che non sono sufficientemente dispersi a livello vascolare a causa di una minor vascolarizzazione del tumore. La correzione del pH intracellulare (pHi) è necessaria affinché le cellule tumorali sopravvivano all’acidosi metabolica. L’omeostasi del pH cellulare si ha grazie a dei trasportatori di membrana e ad ecto-enzimi (Figura 10). 34 Figura 10.Meccanismi attraverso i quali HIF interviene nell’omeostasi del pH delle cellule tumorali. Infatti CA-IX aumenta il pHi delle cellule tumorali esposte ad ipossia data che converte la CO2 extracellulare a HCO3- che è trasportato all’interno della cellula grazie a degli scambiatori anionici (AE) favorendo l’uscita dal lume cellulare del coloro (Cl-). Nello stesso tempo si ha una maggiore acidificazione del pHe questo favorisce l’attivazione di enzimi che sono coinvolti nella degradazione della matrice extracellulare le MMPs (Metallo-Proteasi), favorendo l’invasione nei tessuti sottostanti delle cellule tumorali. Numerosi lavori mostrano un’alta espressione di CA-IX nel tumore del colon retto [Mori, 1993; Saarnio, 1998] ed in altri tipi di tumore come quello dell’esofago, del pancreas, del tratto gastrico e della mammella. Le anidrasi carboniche giocano un ruolo chiave nel processo carcinogenetico favorendo la proliferazione incontrollata delle cellule e l’invasione cellulare. 35 Alcuni lavori hanno mostrato un legame causale tra ipossia, acidificazione extracellulare e l’induzione di questi enzimi nei tumori umani [Ivanov, 2001]. E’ stato dimostrato che CA-IX è espressa negli enterociti proliferanti del tessuto del colon normale e la sua espressione aumenta nella maggior parte degli adenomi e nei carcinomi colon-rettali primari [Saarnio, 1998]. La co-espressione di CA-IX e KI-67 nei siti di proliferazione cellulare mostrano che CA-IX potrebbe essere utilizzato come biomarker di proliferazione delle cellule nella mucosa colonrettale. Inoltre, l’alta espressione di CA-IX nelle lesioni pre-maligne come gli adenomi, suggerisce che potrebbe essere utilizzato come marker degli stadi precoci della sequenza adenoma-carcinoma. Inoltre l’espressione di CA-IX è stata correlata con una prognosi peggiore ed è stata proposta come marker del fenotipo maligno ed aggressivo [Trastour, 2007]. 36 SCOPO DELLA TESI Dati sperimentali e clinici dimostrano che l’infiammazione promuove lo sviluppo del cancro del colon (CRC) in modelli animali ed umani [Zhang e Yang, 2006 e Taniguchi, 2007]. Lavori epidemiologici indicano che la somministrazione per lungo tempo di farmaci anti-infiammatori diminuisce il rischio di sviluppare CRC, riducendo la crescita dei polipi in pazienti con Adenomatosi Poliposi Familiare (FAP) [Steinbach, 2000]. Questo fenomeno è legato all’inibizione della Ciclo-ossigenasi -2 (COX-2), un enzima che sintetizza i mediatori dell’infiammazione le prostaglandine (PGE2) [Brown, 2005]. C’è un aumento dell’espressione di COX-2 e delle nei carcinomi colon-rettali in grado di promuovere la capacità invasiva, l’angiogenesi ed il potenziale metastatico delle cellule tumorali [Eberhart, 1994; Tsujii, 1998; Sinicrope, 2004 e Backlund, 2005]. E’ stato dimostrato in linee di CRC, HT29 ed HCT116, che l’espressione di COX-2 viene up-regolata direttamente dal fattore di trascrizione HIF-1α (Hypoxia-Inducible Factor). [Kaidi, 2006], quindi in queste linee l’espressione di COX-2 gioca un ruolo importante nella sopravvivenza delle cellule in ipossia. L’ipossia è una conseguenza della crescita dei tumori solidi e regola fattori che favoriscono la crescita del tumore e lo sviluppo di metastasi [Graebe, 1996; Harris, 2002; Tatum, 2006 e Vaupel, 2007]. Un gene target di HIF-1α è l’Anidrasi Carbonica-IX (CA-IX), che rappresenta un marker ipossico in vivo.[ Swinson, 2003]. La CA-IX è espressa esclusivamente nelle aree ipossiche del tumore, suggerendo che fattori presenti nel micro-ambiente, oltre all’ipossia siano in grado di aumentare l’espressione di CA-IX in vivo [Goethals, 2006]. 37 Infatti l’espressione di CA-IX può essere indotta da meccanismi indipendenti dall’ipossia, come l’attivazione del pathway di ERK [Kopacek, 2005; Kaluz, 2006 e Sansone , 2007]. Dato che è noto che l’attivazione del pathway ERK1/2 può essere guidata dall’espressione di COX-2 attraverso le PGE2 [Krysan, 2005]. In questo lavoro abbiamo cercato un possibile pathway tra COX-2 e CA-IX in linee di CRC ed abbiamo analizzato la correlazione tra l’espressione delle due proteine nei tessuti di pazienti con CRC sporadico. Andando a delineare una possibile interazione tra il processo infiammatorio ed ipossico nel CRC. 38 MATERIALI E METODI COLTURE CELLULARI In questo studio sono state utilizzate quattro linee di cellule epiteliali di carcinoma di colon: le HT-29 adenocarcinoma ben differenziato di grado I, HCT-116 linee epiteliali di carcinoma colon-rettale, HCA-7 adenocarcinoma moderatamente differenziato e le Caco-2 adenocarcinoma da moderatamente a ben differenziato. Le linee sono state acquistate dall’American Type Culture Collection (Manassas, VA, USA) e messe in coltura in terreno Dulbecco’S Modified Eagle’s Medium (DMEM, Cambrex Bio Science, Bergamo, Italia) supplementato del 10% di siero fetale bovino (FBS, Euroclone, Milano, Italia), dell’1% di glutammina (Euroclone, Milano, Italia) e dell’1% di antibiotici (penicillina e streptomicina, Euroclone, Milano, Italia). Le linee sono state mantenute a 37°C in atmosfera umidificata al 5% di CO2. Esposizione a ipossia reale e simulata tramite l’utilizzo di desferossamina Ipossia simulata La somministrazione di desferossamina (DFX) in cellule in coltura è riconosciuta da una vasta letteratura come uno stimolo ipossico. La DFX (Sigma Chemical, St. Louis, MO, USA) è un agente chelante per il ferro, estratto dallo Streptomyces Pilosus. In particolare si è accertato che la deprivazione di ferro da parte della DFX sia in grado di attivare la tipica risposta ipossica modulata dal fattore di trascrizione indotto da ipossia HIF-1α. Le cellule trattate (HT-29, HCT-116 e HCA-7) sono state esposte alla DFX a concentrazione di 100 μM per un tempo di 24 ore (24H) o 48 ore (48H). 39 Ipossia reale L’ambiente ipossico reale è stato realizzato ponendo le HT-29 in incubatore caratterizzato dal 2% O2 con il 95% N2/5% CO2 (Thermoforma, Thermo, Waltham, MA, USA). Trattamenti farmacologici: Agenti inibitori per COX-2 e MEK1 La molecola inibitrice selettiva per COX-2, SC-236 (Calbiochem, San Diego, CA, USA), è stata utilizzata sulle linee HT-29, HCT116, HCA-7 a una concentrazione di 30 μM per un trattamento di 48 H. La molecola inibitrice selettiva per Mitogen-activated protein kinase kinase 1 (MEK1), UO-126 (Sigma Chemical, St. Louis, MO, USA), è stata utilizzata sulle HT-29 a una concentrazione di 25 μM per un pre-trattamento di 1H. Per entrambi gli inibitori come controllo nel terreno di coltura è stato posto il dimetilsolfossido (DMSO) (Sigma Chemical, St. Louis, MO, USA) alle stesse concentrazioni dei due inibitori sopra citati. Agente per lo stimolo dell’infiammazione Le PGE2 sintetiche (Sigma Chemical, St. Louis, MO, USA) sono state utilizzate per mimare l’azione di COX-2 sulle HT-29 e sulle HTC-116 e utilizzate a una concentrazione di 1 μM per 24H. Valutazione della morte cellulare La morte cellulare è stata valutata tramite TRIPAN blue (Sigma Chemical, St. Louis, MO, USA), un colorante in grado di colorare selettivamente le cellule morte. Il motivo per cui questo colorante non colora le cellule vive è da ricercarsi 40 nell'estrema selettività della membrana cellulare. Le cellule vitali, avendo la membrana intatta, non permettono la penetrazione di questo colorante nel citoplasma; al contrario, nelle cellule morte questo penetra facilmente, rendendole distinguibili dalle vive con una rapida analisi al microscopio. Procedura: 1. Prelevare il terreno di crescita. 2. Aliquotare la tripsina e incubare a 37°C per alcuni minuti 3. Spipettare delicatamente per staccare le cellule dal fondo della fiasca o pozzetto e per disgregare eventuali cluster cellulari 4. Aggiungere terreno completo per inibire la tripsina 5. Prelevare la sospensione cellulare 6. Centrifugare a 1500 rpm per 5’ a temperatura ambiente 7. Risospendere il pellet cellulare in 1 ml di terreno completo 8. Centrifugare a 1500 rpm per 5’ a temperatura ambiente 9. Risospendere il pellet in un volume adeguato di terreno 10. Aliquotare 10μl di trypan blue e 10μl della sospensione cellulare 11. Caricare 10μl della soluzione nella camera di conta ed effettuare la lettura al microscopio Saggio d’invasione cellulare Questa tecnica permette di valutare la capacità di una cellula di invadere una matrice (Matrigel) tramite l’utilizzo di camere di Boyden (New Technologies Group, Italy) contenenti filtri di policarbonato con pori di 8µm e ricoperti di Matrigel (Sigma Chemical, St. Louis, MO, USA) in un tempo di 24H. Il matrigel 41 è una membrana basale artificiale, contenente laminina, collagene IV, proteoglicani, entattina e nidogeno. Procedura: 1. Posizionare i filtri con la parte opaca verso l’alto in una piastra Petri lavorando sotto cappa in riduzione 2. Scongelare in ghiaccio un’aliquota da 12,5 μl di Matrigel (concentrazione SM 11,32 mg/ml) (in ghiaccio e velocemente perché il Matrigel polimerizza irreversibilmente a temperatura ambiente) 3. Aggiungere, sempre in ghiaccio, 487,5 μl di BDW sterile 4. Distribuire 50 μl di Matrigel sulla parte opaca di ogni filtro 5. Lasciare asciugare i filtri sempre sotto la cappa in riduzione e porli successivamente in frigorifero (si conservano anche per 7 giorni) Il giorno successivo: 6. Preparare il terreno attrattivo completo (DMEM+FBS 10%) e inserirlo nel compartimento inferiore di ogni cameretta. Il volume deve essere tale da formare un menisco con la concavità rivolta verso l’alto (circa 220 μl) 7. Inserire in ogni cameretta, con le pinzette, i filtri, mantenendo la parte opaca con il Matrigel verso l’alto. 8. Chiudere ogni cameretta col proprio tappo che presenta al centro una cavità cilindrica, aperta sia in alto sia in basso, che costituisce il compartimento superiore della cameretta di Boyden, in cui sarà inserita la sospensione cellulare. 9. Tripsinizzare le cellule, raccoglierle con terreno privo di FBS, centrifugarle, risospenderle in terreno senza FBS, contarle e diluirle alla concentrazione desiderata (50000-150.000 cellule/ 700 μl). 10. Seminare 700 μl di tale sospensione cellulare nel compartimento superiore 42 di ogni cameretta. 11. Incubare a 37°C in atmosfera umidificata e addizionata con CO2 al 5% per 24 ore. Durante questo periodo le cellule sono attirate dal mezzo condizionato, contenente fattori chemiotattici; tuttavia essendo il filtro ricoperto di Matrigel, solo le cellule capaci di degradare quest’ultimo e capaci di oltrepassare i pori possono migrare sulla parte inferiore del filtro stesso, restandovi attaccate 12. Al termine di tale periodo svuotare le camerette, togliere i tappi e rimuovere i filtri 13. Immergere i filtri in un becker con BDW e sciacquarli bene per rimuovere le cellule non invase 14. Montare i filtri su un supporto di polistirolo, fermandoli con un ago da siringa in modo che la parte lucida del filtro (contenente le cellule migrate) sia rivolta verso l’alto. 15. Fissare le cellule in etanolo assoluto per 15-20 secondi, aggiungendo l’alcol nella vaschetta contenente il supporto di polistirolo 16. Lavare abbondantemente con BDW. 17. Colorare con Blu di Toluidina per 1 minuto (circa 300 μl per filtro) 18. Lavare abbondantemente con BDW, per eliminare i residui di colorante. 19. Porre i filtri ad asciugare, sempre con la parte lucida rivolta verso l’alto 20. Montarli su vetrini, in modo tale che la parte opaca torni in alto e la parte lucida, contenente le cellule migrate, sia posta sul vetrino. 21. Ricoprire con il coprioggetto. 22. Contare le cellule migrate; si contano 5 campi per zona omogenea, si mediano i risultati (eventualmente si esprimono come rapporto percentuale trattato/controllo). 43 Blu di Toluidina 0,5% (100 ml): Blu di Toluidina 0,5 g H2O bidistillata Fino a volume Filtrare con filtro a pieghe e conservare a 4°C, al riparo dalla luce, per 3-4 mesi. Matrigel: la soluzione madre di Matrigel (11,32 mg/ml) deve essere diluita con DMEM 1X alla concentrazione di 11,32 mg/ml e quindi aliquotata e conservata a -20°C. Silenziamento genico Silenziamento transiente mediante la trasfezione di oligonucleotidi a doppio filamento short interfering RNA (siRNA) con lipofectamina L’interferenza del RNA (dall'inglese RNA interference), abbreviata comunemente come RNAi, è un meccanismo mediante il quale alcuni frammenti di RNA a doppio filamento (RNAds) sono in grado di interferire (spegnere) l'espressione genica. Il protocollo utilizzato per il silenziamento genico tramite trasfezione di siRNA con lipofectamina è il seguente: Poiché è stato osservato che la trasfezione è ottimizzata in assenza di siero e antibiotici nel terreno di coltura, da 24H prima della trasfezione le HT-29 sono state coltivate in terreno addizionato del 5% di FBS (invece del 10%) e dell’1% di glutamina (senza antibiotici). Un’elevata efficienza di trasfezione richiede che le cellule raggiungano il 50-80% della confluenza. Le cellule vengono piastrate in piastre da 6 pozzetti; ogni pozzetto contiene un volume totale di 2ml di terreno supplementato del 5% FBS e dell’1% di glutamina. 44 Le cellule sono mantenute in un incubatore termostatato a 37°C, umidità relativa controllata e 5% CO2 per circa 24H. Per ottimizzare l’efficienza del processo di trasfezione è necessario determinare la corretta quantità di siRNA, lipofectamina da utilizzare e terreno di coltura, in relazione allo specifico tipo cellulare utilizzato nelle procedure sperimentali. E’ stata utilizzata la lipofectamina 2000 (Invitrogen, Carlsbad, CA, USA) che è una molecola formata da una coda policationica a cui si lega il DNA e da una porzione lipidica che facilita il passaggio del complesso DNA-lipofectamina attraverso la membrana cellulare. Il giorno della trasfezione l’RNAi, come la lipofectamina, sono stati opportunamente diluiti in terreno OptiMEM (Gibco BRL, Gaithersburg, MD) privo di antibiotici e siero ed è stata effettuata una incubazione di 15 minuti a temperatura ambiente. Successivamente alla soluzione contenente la lipofectamina si aggiunge quella contenente l’RNAi e si lascia in incubazione a temperatura ambiente per 30 minuti, in modo da favorire la formazione dei complessi Reagente-RNA. Prima di aggiungere alle cellule il reattivo di trasfezione preparato, i pozzetti in cui sono coltivate le cellule sono lavati con 2 ml circa di terreno privo di siero e antibiotici in modo da togliere eventuali residui di siero che potrebbero compromettere o perlomeno ridurre l’efficienza di trasfezione. Il preparato è poi addizionato alle cellule da trasfettate (alle quali era stato preventivamente tolto il terreno) che sono poi messe in incubazione a 37°C per circa 4 ore. Trascorso questo periodo è aggiunto a ogni pozzetto 2 ml di terreno completo supplementato solo del 5 % di siero e dell’1% di glutamina. Le cellule sono quindi poste in incubazione a 37°C per 48H. 45 Trasfezione transiente di RNA a doppio filamento (siRNA) per il silenziamento del gene CA-IX nelle HT-29 e del gene COX-2 nelle HCT-116 Applicando la tecnica sopra descritta di trasfezione mediante lipofectamina si è effettuato il silenziamento del gene CA-IX utilizzando uno “short interfering oligonucleotide” a doppio filamento di RNA specifico per CA-IX (CA-IX siRNA) commerciale costituito da un set di 3 oliglonucleotidi, e per COX-2 si è utilizzato un COX-2 siRNA diretto contro le basi 291-311 del mRNA di COX-2 (5’AACTGCTCAACACCGGAATTT3’) ed uno “short interfering oligonucleotide” di controllo (SCR) non-specifico a medio contenuto di GC (SCR siRNA) (senso UUCUCCGAACGUGUCACG, antisenso ACGUGACACGUUCGGAGA) (Invitrogen, Carlsbad, CA, USA) [Sansone, 2007] per entrambi i geni. Le cellule HT-29 ed HCT-116 sono state coltivate in pozzetti da 3cm2 fino alla confluenza del 60%. Il giorno della trasfezione le HT29 sono state incubate con 1μg di CA-IX siRNA e le HCT-116 con 1 μg di COX2 siRNA per 4h alla presenza di 3 μl del reagente di trasfezione, Lipofectamine 2000 (Invitrogen, Carlsbad, CA, USA) in un volume di terreno (OPTIMEM) di 700μl. L’efficienza del silenziamento e trasfezione sui livelli dei geni CA-IX è stata valutata attraverso RT-PCR e Western Blot descritti nei paragrafi successivi. Silenziamento stabile di COX-2 delle HT-29 e delle HCA-7 attraverso l’anti COX-2 shRNA nel vettore retrovirale pSUPER.retro Il silenziamento stabile è caratterizzato dall’integrazione del DNA esogeno nel genoma delle cellule riceventi. Per confermare il ruolo funzionale di COX-2 nella regolazione genica studiata con il silenziamento transiente di CA-IX sono stati 46 effettuati esperimenti di silenziamento stabile di COX-2 delle HT-29 e delle HCA-7 tramite infezione retrovirale. Clonaggio dell’anti-COX-2 shRNA nel vettore retrovirale pSUPER.retro Il costrutto codificante per l’anti-COX-2 shRNA è stato preparato come descritto da [Brummelkamp, 2002] il vettore pSUPER.retro (Oligoengine, Seattle, WA,USA) si basa sul genoma del “Murine Stem Cell Virus”(MSCV) ed è stato gentilmente fornito dal Dottor Chieco (Laboratorio CRBA, Bologna, Italia). Il vettore utilizzato per questa tesi é schematizzato in Figura 11, presenta a valle della regione di integrazione del genoma (5’ LTR MSCV) la sequenza psi, sequenza di incapsidamento,a cui segue la regione codificante il silenziatore del gene COX-2 posto sotto il controllo di una sequenza promotrice H1 riconosciuta dalla Pol III, la sequenza codificante per la GFP (green fluorescent protein) ed una cassetta di resistenza alla puromicina (antibiotico con cui verrano quindi selezionate le cellule infettate) poste sotto il controllo del promotore Pgk. L’LTR finale è un 3’ΔLTR, presentante cioè una delezione, che rende così il virus autoinattivante. La cassetta di resistenza all’ampicillina serve per la selezione ed il mantenimento del vettore in sistemi batterici come E.Coli. Le sequenze forward e reverse per il costrutto anti-COX-2 shRNA sono rispettivamente 5’-gatccccaactgctcaacaccggaatttcaagagaattccggtgttgagcagtttttttggaa-3’ 5’-agcttttccaaaaaaactgctcaacaccggaattctcttgaaattccggtgttgagcagttggg-3’ (sintetizzate dalla Proligo,USA) Sono stati seguiti gli steps per il clonaggio degli oligonucleotidi nel vettore pSUPER.retro descritti nel protocollo pSUPER RNAi system (www.oligoengine.com). Gli oligonucleotidi forward e reverse sono stati appaiati 47 a formare un duplex. Il duplex è stato legato nel vettore pSUPER.retro prelinearizzato grazie ai siti di taglio degli enzimi di restrizione BglII-HindIII Il vettore ricombinante contenente l’inserto è stato utilizzato per trasformare batteri competenti Escherichia Coli. Dopo selezione nel mezzo di coltura con ampicillina, le colonie sono state analizzate per la presenza del vettore ricombinante pSUPER.retro Figura 11.Schema del vettore pSUPER.retro. Una specifica sequenza per l’antiCOX-2 short hairping RNA (sequenza senso-loop-sequenza antisenso) è stata clonata nel vettore pSUPER.retro e la trascrizione di questa sequenza è regolata dal promotore H1 per l’RNA polimerasi III. L’espressione del gene GFP fornisce un test rapido per analizzare l’efficienza dell’infezione e la resistenza alla puromicina è necessaria per selezionare i cloni che esprimono l’anti-COX-2 shRNA. Produzione di particelle retro virali per trasfezione Per confermare il ruolo funzionale di COX-2 nella regolazione genica studiata con silenziamento transiente sono stati effettuati esperimenti di silenziamento stabile delle linee cellulari HT-29 ed HCA-7 tramite infezione retrovirale.[Strillacci, 2006]. Per l’ottenimento del virus da impiegare nell’infezione è stata utilizzata 48 una linea cellulare di packaging, la Phoenix NX, per produrre particelle retrovirali ecotropiche derivate dall’impacchettamento dei plasmidi contenenti la sequenza sh-COX-2 in grado di promuovere il processo di RNA interference. Tali plasmidi sono stati ottenuti tramite il clonaggio della sequenza sh-COX-2 nel vettore pSUPER.retro descritta precedentemente. Cellule di packaging Phoenix è una linea cellulare di seconda generazione per la produzione di retrovirus ecotropici (Phoenix E/NX) o anfotropici (Phoenix A). Tali linee cellulari sono derivate dalla linea 293T (linea cellulare di rene embrionale umano trasformata con adenovirus E1a e recante l’antigene T temperatura sensibile coselezionato con neomicina). La peculiarità di questa linea cellulare è l’alta trasfettabilità sia utilizzando protocolli di trasfezione con calcio fosfato che basati sull’uso di liposomi; si ottiene infatti un’efficienza superiore al 50 % nella trasfezione transiente. Le linee Phoenix sono state create inserendo nelle 293T dei costrutti in grado di produrre gag-pol e le proteine dell’envelope per virus ecotropici ed anfotropici; consentendo la produzione di virus in pochi giorni. La linea utilizzata in questo lavoro di tesi è stata la Phoenix NX; gentilmente fornita dal Dottor P. Chieco (Laboratorio CRBA, Bologna, Italia) . Questa linea è mantenuta in coltura in DMEM supplementato del 10% di FBS, dell’1% di glutammina e dell’1% di antibiotici (penicillina/streptomicina) e pretrattate con clorochina ad una concentrazione finale di 25 µM. 49 Trasfezione con calcio fosfato Il giorno prima della trasfezione sono state seminate 3x106 di cellule di packaging Phoenix NX in una piastra per colture cellulari da 10 cm per avere una confluenza del 60% nel momento della trasfezione. Una volta adese sono state trasfettate con i complessi DNA-calcio fosfato preparati utilizzando 2X HBS (Hepes 50 mM, KCl 10mM, destrosio 12 mM, NaCl 280mM, NaHPO4 x 7 H2O 1,5 mM), CaCl2 2 M, H2O ultrapura, 10 ug di vettore retro virale contenente il DNA. La prima e seconda raccolta del virus sono state effettuate 48H e 72H dopo la trasfezione e la sospensione virale, una volta filtrata, è stata conservata a –80° C in aliquote pronte per l’uso. Per aumentare il titolo virale è stata effettuata un’incubazione di 6 ore a 32°C prima di ogni raccolta del virus. Curva di concentrazione dell’antibiotico di selezione Per isolare i tipi cellulari trasfettati e la loro progenie si ricorre alla selezione per un gene marcatore presente nel DNA esogeno, che consente alle cellule trasformate di crescere in un terreno selettivo Al fine di conoscere la concentrazione minima efficace da utilizzare per selezionare la popolazione cellulare infettata con il virus sono state seminate le HT-29 e le HCA-7 al 30% di confluenza in pozzetti da 3 cm2 . Al terreno di coltura è stato aggiunto l’antibiotico di selezione , la puromicina, a 6 diverse concentrazioni tra 0 e 7,5 ug/ml in 6 diversi pozzetti ed è stata valutata la crescita cellulare nei 10 giorni successivi. La concentrazione stabilta per la selezione è stata di 1g/ml di puromicina per entrambe le linee cellulari. 50 Trasfezione stabile delle linee HT-29 per il silenziamento di COX-2 La trasfezione stabile è caratterizzata dall’integrazione di DNA esogeno nel genoma delle cellule riceventi ed è stata ottenuta tramite infezione retrovirale. Infezione retrovirale Sono state seminate 100.000 cellule HT-29 per pozzetto da 3 cm2 e una volta adese è stata effettuata l’infezione con la sospensione retrovirale addizionata di polibrene (Sigma, USA) alla concentrazione di 8 g/ml; tale sostanza aumenta l’efficienza dell’infezione poiché essendo carica positivamente riduce la repulsione tra le particelle virali e la membrana cellulare. L’infezione è stata effettuata tramite ‘spinoculation’, in questa metodica l’ingresso nelle cellule da parte del virus è facilitato da una serie di due centrifugate delle piastre in cui sono seminate le cellule e il virus a 2000 rpm per 45’ a 32°C. Una volta terminata la ‘spinoculation’ le piastre sono state incubate a 32°C , CO2 5% per 6 ore; dopodiché, una volta effettuato un cambio di terreno, sono state incubate a 37°C per 48H. Si è utilizzata la stessa procedura per le HCA-7. L’efficienza di trasfezione è stata analizzata attraverso l’espressione della GFP con il microscopio a fluorescenza. Trascorse 48 ore dall’infezione le HT-29 infettate sono state selezionate aggiungendo nel mezzo di coltura puromicina 1 µg/ml. La stessa procedura è stata utilizzata per ottenere i cloni HT-29 pSUPER (-) infettati con il vettore vuoto non contenente la sequenza dell’anti-COX-2 shRNA. L’espressione di COX-2 nelle HT-29 WT (Wild Type) e nei cloni HT-29 pSUPER (+) esprimenti l’anti COX-2 shRNA e pSUPER(-) è stata analizzata attraverso Western Blot e Real-Time Polymerase Chain Reaction, come descritto .[Strillacci, 2006]. 51 Saggio luciferasico TOPFLASH Il saggio luciferasico è stato utilizzato per valutare l’attività della CA-IX nelle HT-29 silenziate stabilmente per COX-2 (HT-29 shCOX-2) ed il rispettivo controllo (HT-29 shCTR), sia tal quali sia sottoposte a DFX che sottoposte alle PGE2 in presenza o assenza di UO-126. Il plasmide Reporter pGL-3 (500ng) che contiene il gene della Firefly luciferasi posto sotto il controllo del frammento che va da -174 a +63 del promotore della CA-IX (CA-IX Luc, gentilmente fornito dal Dott. J. Pastorek, SlovaK Academy of Sciences, Slovak Republic) ed il plasmide Renilla (20 ng) contenente la sequenza Renilla luciferasi posta sotto il controllo di un promotore costitutivamente attivo, l’HSV-TK, e quindi utilizzato per la normalizzazione del saggio (TK-Renilla, Promega, Madison, WI, USA) sono stati trasfettati nelle HT29 shCOX-2 e HT-29 shCTR seminate al 60 % di confluenza utilizzando il protocollo di trasfezione transiente con lipofectamina. L’attività della luciferasi è stata saggiata 24 ore dopo la trasfezione usando il sistema Dual-Luciferase Reporter Assay System (Promega) e normalizzando l’attività della Firefly luciferasi con quella della Renilla luciferasi. Il sistema si basa sull’utilizzo di due enzimi luciferasi differenti, la cui sequenza è trascritta rispettivamente quando è presente la CA-IX attiva (Firefly luciferasi) e costitutivamente dalla cellula (Renilla luciferasi); tali enzimi metabolizzano due differenti substrati forniti dal kit permettendo così di normalizzare il dato risultante dall’attivazione della CAIX. 52 Plasmide reporter pRL-TK codificante la Renilla luciferasi: Le misurazioni della quantità di substrato metabolizzato sono effettuate al luminometro, poiché la reazione sviluppa luminescenza: Saggio ELISA per la determinazione delle PGE2 La concentrazione delle PGE2 nel terreno di coltura delle HT-29 shCOX-2 e nelle HT-29 shCTR in condizioni normali di ossigeno ed in condizioni ipossiche (O2 2%) è stata determinata attraverso il saggio ELISA (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay, Cayman Chemical, Ann Arbor, MI, USA) seguendo le istruzioni del produttore. 53 Le HT-29 sono state seminate in piastre da 6 pozzetti alla concentrazione di 5x105 cellule/pozzetto in 2 ml di medium di coltura. Dopo 48H il surnatante di ogni campione è stato raccolto e centrifugato a 400Xg per 5 minuti a temperatura ambiente, poi 100 μl di surnatante è stato utilizzato per eseguire il test. Ogni campione è stato misurato in triplicato e gli esperimenti sono stati ripetuti tre volte (n=3). Zimografia L’attività proteolica della Metalloproteinasi-2 (MMP-2) nelle HT-29 silenziate stabilmente per COX-2 (shCOX-2) e in modo transiente per CA-IX (siCA-IX) e relativi controlli (shCTR, siSCR) è stata valutata attraverso la zimografia. Questa tecnica, che consiste in una corsa elettroforetica effettuata in condizioni native permette l’individuazione delle proteasi in base alla loro attività biologica. Preparazione del campione: le cellule sono state seminate in fiasche da 25 cm2 ad una concentrazione di 1,2 x 104 cellule/ cm2, in un volume finale di 4 ml di terreno. Il terreno di coltura dove sono rilasciate le metalloproteinasi in forma proenzimatica è stato prelevato e centrifugato a 1600 rpm per 5 minuti ed incubato overnight con metanolo a -20 C. I campioni sono stati miscelati con sample buffer contenente SDS allo 0,01%. La separazione è stata ottenuta utilizzando un gel costituito dal 10% di acrilammide e contenente 1 mg/ml di gelatina. Il gel, dopo la corsa, è stato sottoposto per due volte ad un lavaggio della durata di 15 minuti con una soluzione 2% Triton per rimuovere l’eccesso di SDS presente nel gel e nel tampone di corsa. Dopo la rimozione del SDS il gel viene incubato a 37° per 18 ore in un tampone di incubazione (50 mM Tris/HCl, 0.15 M NaCl, 2%Triton, pH 54 7.6) per lasciar avvenire la reazione enzimatica di proteolisi; questa reazione è stata visualizzata colorando con il Comassie Blu allo 0,125% e decolorando l’intero gel con una soluzione al 2,5% di Triton. Le aree del gel in cui sono localizzate le proteasi, per effetto della loro attività, si presenteranno come delle bande chiare di idrolisi evidenti sullo sfondo omogeneo blu del gel (causato dalla presenza del substrato). L’ampiezza delle bande non colorate è stata valutata mediante lettura densitometrica. Estrazione dell’RNA e retro trascrizione RT-PCR Estrazione di RNA Questa tecnica permette di estrarre L’RNA totale di una coltura cellulare. Il protocollo prevede la raccolta delle cellule in 800µl di TRIzol Reagent (Invitrogen) per pozzetto da 3cm2; il TRIzol contiene fenolo e guanidina isotiocianato che è un inibitore del RNAsi. Successivamente, è stato aggiunto cloroformio nella quantità di 1/5 del volume totale, quindi, il tutto è stato agitato con il vortex per miscelare le due fasi e lasciato per 15 minuti in ghiaccio. Con la centrifugazione si sono ottenute una fase acquosa e una fase organica separate da un’interfaccia. E’ stata prelevata la fase acquosa contenente l’RNA, alla quale è stato aggiunto un volume pari di isopropanolo che determina la precipitazione del RNA. Dopo 15 minuti di incubazione in ghiaccio, è seguita una centrifugazione e, eliminato il surnatante, si è lavato il pellet con etanolo 75%. Dopo il lavaggio in etanolo il pellet di RNA è essiccato a temperatura ambiente per circa 15 minuti in modo da far evaporare tutto l’alcool, potente inibitore della retrotrascrizione. 55 Quando il pellet diventa trasparente lo si solubilizza in acqua DEPC a temperatura ambiente per 10 minuti. L’RNA è conservato a –80 C° . Retrotrascrizione a cDNA Questa tecnica consente di ottenere dal RNA messaggero il rispettivo cDNA. L’RNA risultante dalla fase di estrazione è incubato per 10 minuti a 65°C per solubilizzarlo e in modo da linearizzare le molecole di RNA (a tale temperatura, inoltre, non agiscono le RNAsi). La concentrazione del RNA e la sua qualità sono state determinate allo spettrofotometro (260, 280 μm). La retrotrascrizione è stata eseguita in un volume totale di 20μl con 2μg di RNA totale usando la retrotrascrittasi M-MLV (Invitrogen) alla presenza di 1μl di oligo-dT 0.5μg/μl, 1.5μl di dNTPs 10mM. Come primo filamento di sintesi è stato utilizzato Oligo(dT)12-18 primers (Invitrogen) che si lega al poliA degli mRNA. Per verificare che la retrotrascrizione fosse avvenuta correttamente è stata fatta una PCR per la βeta 2-microglobulina (, un gene espresso in maniera costitutiva in tutte le linee cellulari. Il cDNA ricavato dalla retrotrascrizione è stato sottoposto a un “hot-start” a 95°C per 2’, seguito da adeguati cicli di: -denaturazione a 95°C per 1 minuto come specificato in seguito, -annealing alla temperatura adatta per 1 minuto, -estensione a 72°C per 1 minuto; -estensione finale a 72°C per 7minuti. I frammenti amplificati sono stati risolti su gel di agarosio all’1.8% La maggior parte dei primers utilizzati sono stati disegnati a cavallo di esoni in modo da poter 56 discriminare eventuali contaminanti genomici del gene. La sequenza dei primers, le temperature di annealing e la lunghezza degli ampliconi sono riassunte in tabella 2. GENE Forward Primer Reverse primer CCTGTGCCTGATGATTGC CTGATGCGTGAAGTGCTG COX-2 CA-IX C-MET VEGF HO-1 CAGGGACAAAGAAGGGGATGA 130 61.0 589 62.0 300 65.0 565 60.0 500 CTGAGCTATAGAGGCCTGGG 61.0 400 ATCTTCAAACCTCCATGATG 58.0 180 TTGGAAGTAGCGGCTGAAGT ACAGTGGCATGTCAACATCGCT GCTCGGTAGTCTACAGATTC GAGAATTCGGCCTCCGAAACCA GAGCATGCCCTCCTGCCCGGCT T CACCGC CCCGACAGCATGCCCCAGGAT GGAGTTCATGCGGGAGCGGTAG AG ACCCCCACTGAAAAAGATGA (°C) (bp) 62.0 C BCRP-1 GTTTATCCGTGGTGTGTCTGG Ann. Amp Tabella 2. Primers e condizioni di PCR. Ann: temperatura di Annealing ; Amplicon lunghezza dell’amplicone; C-MET: Mesenchymal-Epithelial Transition factor; VEFG: Vascular Endothelial Growth factor; HO-1: Heme oxygenase-1; BCRP-1: Breast cancer resistance protein-1; Beta 2 microglobulina. I prodotti della PCR sono stati poi caricati in un gel di agarosio al 2% contenente bromuro di etidio e visualizzati con analisi fluorimetrica (Quantity One, Biorad). Estrazione delle proteine e Western Blot Ottenimento del pellet secco di cellule in coltura. Le cellule, derivanti da un pozzetto di 3cm2, sono state: 57 trattate con tripsina (che successivamente è stata inattivata con terreno supplementato di siero) per favorire il distacco dal pozzetto di coltura; raccolte in una falcon da 15 ml; centrifugate a 400g per 5 minuti a temperatura ambiente dopo aver eliminato il surnatante, lavate con 10 ml PBS fresco per 5 minuti a 400 RCF a 4°C; risospese in 1ml di PBS fresco in un eppendorf da 2ml; centrifugate per 2 minuti a 5000 RCF a 4 C° Lisi cellulare ed estrazione proteica Abbiamo lisato le cellule utilizzando un buffer di lisi (10 mM HEPES, 142 mM KCl, 2.5 MgCl2, 1 mM EDTA, 1 mM DTT, 0.2% NP-40) complementato con un cocktail d’inibitori di proteasi e di fosfatasi (Sigma). E’ stato omogeneizzato mediante siringa e incubato in ghiaccio per 30 minuti. L’omogenato e’ stato centrifugato a 15.000g per 15 minuti e il sopranatante, contenente le proteine, trasferito in una nuova provetta. La concentrazione di proteine è stata misurata allo spettrofotometro utilizzando il metodo di Lowry. Le proteine assorbono alla lunghezza d’onda di 550nm, un’aliquota di 10μl di surnatante proteico è sospesa in una soluzione contenente i reagenti A e B (Biorad Laboratories) che legano lo scheletro proteico; dopo 15 minuti di incubazione a temperatura ambiente i campioni proteici sono letti allo spettrofotometro per determinare i valori di assorbanza. Per misurare le concentrazioni di ciascun campione conoscendo l’assorbanza è costruita una retta standard utilizzando tre aliquote a concentrazione nota di albumina sierica bovina (Bsa); lo spettrofotometro applica 58 direttamente la legge di Lambert-Beer interpolando i valori di assorbanza dei campioni sulla retta standard. Western Blot Questa tecnica prevede diverse fasi: 1. Corsa eletroforetica I campioni proteici sono stati bolliti a 95˚C per 10 minuti in un tampone contenente: 65mM Tris-HCl, pH 7.5, 65mM 2-mercaptoetanolo, 1% SDS, 10% glicerolo e 0.003% blu di bromofenolo e caricati in un gel di poliacrilamide in condizioni denaturanti; il B-mercaptoetanolo riduce i ponti disolfuro delle proteine che, una volta bollite, tendono a disaggregarsi in singoli peptidi, l’SDS e’ un detergente anionico che si intercala nelle proteine denaturate e conferisce loro una carica netta negativa a prescindere dalla grandezza del peptide e dalla sequenza amminoacidica. Le proteine caricate nel gel sono inserite in una camera elettroforetica precedentemente riempita con il buffer di elettroforesi e sottoposte ad un campo elettrico che permette la separazione dei singoli peptidi in funzione del solo peso molecolare. La corsa su gel si riparte in due fasi: A) Nella prima fase le proteine attraversano una porzione di gel poco porosa chiamata stacking (4% di poliacrilamide) durante la quale è impostato un amperaggio modesto di 10mA. (STACKING GEL: Acrilammide 4%, TRIS 0.5M a pH 6.8, SDS 10 % p/v, APS 10 % p/v, TEMED (100 mg/ml)). B) Nella seconda fase le proteine percorrono la parte del gel piu’ porosa chiamata running (la percentuale di acrilamide si imposta in base alla grandezza del peptide 59 da separare che nel nostro caso al 12% e 7,5%) ad un amperaggio superiore rispetto al primo per facilitare lo scorrimento delle proteine nelle maglie piu’ fitte del gel. (SEPARATION GEL: Acrilammide 12 % o 7.5%, TRIS 1.5 M a pH 8.8, SDS 10% p/v, APS 10 % p/v, TEMED (100 mg/ml)). Per ogni campione sono state caricate 50μg di proteine totali determinate mediante il metodo di Lowry allo spettrofotometro. 2. Il blotting della membrana di nitrocellulosa Le membrane sono state decolorate. Successivamente il gel è stato adagiato su Hybond, una membrana di nitrocellulosa (Amersham Biosciences, Buckingamshire, UK) e riposto nella camera di transfer in cui è generato un campo elettrico che permette la migrazione delle proteine dal polo negativo a quello positivo, in modo che avvenga il trasferimento dal gel alla membrana. La procedura di trasferimento (blotting) è durata tutta la notte. La camera di transfer è riempita con il buffer di transfer 1x e mantenuta fredda con siberini e ghiaccio. - Buffer di transfer 5x = 14.5gr di glicina + 3gr di Tris in un litro di acqua deionizzata - Buffer di elettroforesi 5x= 14.5gr di glicina + 3gr di Tris +1gr di SDS in un litro di acqua deionizzata. 3. Rivelazione tramite Ponceau S Dopo il “western blot” si incuba il filtro in una soluzione 1x di Ponceau S finchè le bande non siano visibili. Si lava la membrana con acqua deionizzata per bloccare la colorazione. 60 4. Copertura dei siti aspecifici ed incubazione con anticorpo primario La copertura dei siti aspecifici e’ stata fatta utilizzando latte scremato al 5% in TBS. La membrana di nitrocellulosa è incubata per 45minnuti nella soluzione latte-TBS; successivamente è lavata per allontanare le molecole di latte non legate e incubata con l’anticorpo primario. Quindi si è proceduto al riconoscimento vero e proprio della proteina mediante l'utilizzo di anticorpi specifici, le diluizioni degli anticorpi usati e le condizioni d’incubazione sono rappresentate nella tabella 3 riportata di seguito. Anticorpi Condizione di incubazione Produttore COX-2 1:500 in TBS-TB at 4°C o.n. BD Transduction Laboratories, Lexington, KY, USA ERK1/2 1:1000 in TBS-TB at 4°C o.n. Cell Signalling Technology Inc., Danvers, MA, USA pERK 1/2 1:1000 in TBS-TM at 4°C o.n. Cell Signalling Technology Inc., Danvers, MA, USA CA-IX 1:100 TBS-TM at r.t. for 3 h M-75 (kindly provided by Dr. J. Pastorek, Slovak Academy of Sciences, Slovak Republic, Bratislava) VEGF 1:100 in TBS-TM at 4°C o.n. Zymed Laboratories, San Francisco, CA, USA MMP-2 1:600 in TBS-TM at 4°C o.n. Santa Cruz Biotechnology Inc., Santa Cruz, CA, USA HIF-1 α 1:300 in TBS-TM at 4°C o.n. Upstate, Charlottesville, VI, USA β-Actin 1:10000 in TBS-TM at r.t. for 1h Sigma Chemical, St. Louis, MO, USA Tabella 3. Condizioni degli anticorpi primari per WB. TBS-TB buffer (20 mmol/L Tris, pH 7.6, 150 mmol/L NaCl, 0.1% Tween 20, 5% bovine serum albumin). TBS-TM buffer (20 mmol/L Tris, pH 7.6, 150 mmol/L NaCl, 0.1% Tween 20, 5% non-fat dry milk). ERK1/2: Extracellular Signal-Regulated Kinases 1-2; pERK1/2: Phospho- Extracellular Signal-Regulated Kinases 1-2; HIF1Hypoxia-Inducible Factor-1α; β-Actin: Beta- actina. Rivelazione in chemiluminescenza Dopo ripetuti lavaggi le membrane sono state incubate con l’anticorpo secondario coniugato a una perossidasi (Envision) per 40 minuti a temperatura ambiente. E’ seguita un’incubazione con un anticorpo secondario. Lo sviluppo è stato fatto con “enhanced chemioluminescence” ECL (Amersham, UK): si miscelano i due 61 substrati con un rapporto 1:1 per un volume finale di 5-10 ml. Si pone la membrana nella soluzione: la perossidasi coniugata all’anticorpo secondario reagisce con l’H2O2 presente in soluzione, libera O2 che provoca la reazione luminosa del luminolo in corrispondenza delle bande di interesse. Si protegge la membrana con un foglio trasparente e la si usa per esporre una lastra fotografica. Tale metodo di rilevazione fornisce grande linearità del segnale relativo alla concentrazione della proteina. Per minimizzare le differenze procedurali tra i diversi Western Blotting, in ciascun gel/nitrocellulosa è stato ripetuto uno stesso campione di riferimento. La quantificazione è stata eseguita mediante una valutazione densitometrica dell’intensità delle bande private del background utilizzando un software di analisi d’immagine (Quantity-One 4.5, Fluor-S Multilmager, Bio-Rad Laboratories). E’ stata calcolata la media delle intensità delle bande dei riferimenti tra tutte le nitrocellulose; poi per ciascuna nitrocellulosa è stato eseguito il rapporto tra la media dei riferimenti e il valore di intensità del riferimento in quella specifica nitrocellulosa. Immunocitochimica Il pellet secco ottenuto da cellule derivanti da tre pozzetti da 3cm2 è stato fissato per 1H a temperatura ambiente in 500ul di formalina tamponata al 10% (Carlo Erba, Milano Italia), dopo centrifugazione la formalina è stata aspirata. Al pellet è stato aggiunto 100 ul di agarosio all’1% in PBS. Una volta che il pellet si è solidificato al bottom della provetta si è prelevato con una pinzetta e posto tra due spugnette nella cassettina per istologico. Si è proceduto con la processazione: disidratazione in alcool, toluene e infine inclusione in paraffina. Ottenuto il pellet 62 cellulare incluso in paraffina si sono fatte delle fette di 5 um e si è proceduto con la colorazione l’immunoistochimica per COX-2 e CA-IX descritta nei paragrafi successivi. PAZIENTI In questo studio sono stati considerati 87 casi consecutivi di carcinoma colon rettale sporadico (escludendo casi riferibili clinicamente a malattie ereditarie come FAP o HNPCC) raccolti dall’Anatomia Patologica “G. Martinelli” del Policlinico Sant’Orsola Malpighi. Di 17 casi era disponibile il relativo materiale “fresco” congelato in azoto e conservato a -80 oC. Le caratteristiche demografiche e clinico-patologiche dei pazienti sono riportate in Tabella 4. I casi sono stati classificati per il grado istologico seguendo le linee guida WHO e per lo stadio i criteri patologici pTNM (UICC) [Hamilton, 2000]. 63 Caratteristica Pazienti n° % Età (anni) Media 69.3±1.4 Range 32-89 Sesso Femmine 37 42,5 Maschi 50 57,5 Colon destro 35 40,2 Colon sinistro 52 59,8 Sito di lesione Diametro del tumore (mm) Media 46.3±1.7 Range 5.5-75 Grado Istologico Poco differenziato 8 9,2 Moderatamente differenziato 64 73,6 Ben differenziato 15 17,2 Stage I 10 11,5 Stage II 35 40,2 Stage III 35 40,2 Stage IV 7 8,1 Stadio Patologico Tabella 4. Caratteristiche demografiche e clinico-patologiche dei pazienti Procedura immunoistochimica Dai preparati di tessuto fissato in formalina e incluso in paraffina sono state ottenute sezioni dello spessore di 4 μm, raccolte su appositi vetrini porta oggetto trattati con silano (3-amminopropil-trieossi-silano). Le sezioni istologiche sono stati poi asciugate una notte in stufa a 37°C. 64 Sparaffinatura ed inibizione perossidasi endogene Le sezioni istologiche sono state deparaffinate immergendole in xilolo (2 passaggi da 16 minuti ciascuno) e poi passate in alcool etilico assoluto (3 passaggi da 3 minuti ciascuno). A questo punto, prevedendo la procedura l’utilizzo di immunoenzimatica con perossidasi, le sezioni sono state trattate con una soluzione di perossido di idrogeno 1,5% in alcool metilico assoluto (20 minuti a temperatura ambiente) atta ad inibire l’attività perossidasica endogena e successivamente accuratamente lavate in acqua distillata (3 lavaggi di 3 minuti ciascuno). Sistemi di recupero dell’antigenicità (Antigen Retrieval) Dato che la fissazione con aldeide formica ha mascherato parte o tutta la sequenza conformazionale riconosciuta dagli anticorpi utilizzati, prima dell’incubazione con l’anticorpo primario specifico si è proceduto con l’applicazione dei sistemi di recupero dell’Antigenicità (Antigen Retrieval - AR). Il sistema di AR va calibrato in funzione degli anticorpi utilizzati, per cui ad ogni anticorpo può corrispondere un diverso trattamento. Nella Tabella 2 sono riassunte le caratteristiche degli anticorpi e i rispettivi trattamenti di AR. Il dettaglio del sistema di AR utilizzato è il seguente: Bagno termostatato a 98°C: le sezioni sono inserite in un porta vetrini verticale e immerse in tampone Citrato pH 6,0 pre-riscaldato a 98°C per 40 minuti. Successivamente, il contenitore con le sezioni immerse nel tampone è tolto dal bagno termostatato e lasciato raffreddare a temperatura ambiente per 20 minuti. Le sezioni sono poi sciacquate con acqua distillata sterile (3 passaggi da 3 minuti ciascuno) e quindi tamponate con PBS per 10 minuti. 65 Applicazione degli anticorpi e del sistema di rivelazione Le sezioni portate a PBS sono ricoperte dalla soluzione a diluizione ottimale del rispettivo anticorpo primario (Tabella 5), [Chrastina e Zat'ovicova, 2003] poste in camera umida a temperatura ambiente e lasciate ad incubare per tutta la notte. Il giorno dopo le sezioni vengono lavate con PBS e trattate utilizzando il sistema non-biotina Novolink (Novocastra Laboratories UK). I passaggi consistono: nel trattamento con il reagente Post-primary per 25 minuti a temperatura ambiente in camera umida; terminata l’incubazione, le sezioni vengono ancora lavate con PBS quindi trattate con il polimero contenente l’anticorpo anti-IgG del primario e l’enzima perossidasi. Le sezioni vengono lasciate ad incubare per 30 minuti a temperatura ambiente in camera umida. Infine, le sezioni vengono lavate con PBS e quindi trattate con 3-3’-Diaminobenzidina tetraidrocloruro (DAB) additivata con H2O2 (0,1% in PBS) (substrato specifico per l’enzima). La durata dell’incubazione varia a seconda degli anticorpi utilizzati, anche se in genere è di 4-10 minuti. Terminata questa fase, le sezioni vengono passate in acqua distillata e quindi contrastate con Ematossilina di Mayer. Terminato il contrasto nucleare, le sezioni vengono disidratate in soluzioni a concentrazione crescente di alcool etilico, sino all’assoluto, e diafanizzate in xilolo per essere poi montate con resina Bio-mount (BioOptica, Milano). Antigene Clone Ditta C-20 Santa Cruz COX-2 policlonale Biotechnology,USA capra C75 Fornito dal Dott. J. CA-IX monoclonale Pastorek Tabella 5. Anticorpi e sistemi di antigen retrieval 66 Diluizione Antigen Retrieval 1:1500 Citrato pH=6 98°C 40' 1:600 Nessuno Valutazione semi-quantitativa delle reazioni immunoistochimiche Per la quantificazione dell’immunopositività relativa alle proteine COX-2 e CAIX si è utilizzato uno score semi-quantitativo, chiamato Quickscore Moltiplicativo (MQ) [Detre, 1995]. La percentuale delle cellule immuno-positive è stata valutata attraverso un obbiettivo 100X, ed è stata classificata come: score 0 se la positività è < 1% score 1 se 1%<positività< 25% score 2 se 25%<positività< 50% score 3 se 50%<positività< 75% score 4 se positività > 75% L’intensità prevalente della reazione è stata valutata come 1 se debole, 2 se media, 3 se forte. Lo score finale si ottiene moltiplicando i due valori (percentuale x intensità) e classificandoli come: Negativo “NEG” (valori inferiore a 1); Basso “LOW” (valori compresi tra 1 e 4); Intermedio “INT” (valori compresi tra 4 e 8); Positivo “POS” (valori superiori ad 8). Analisi statistica Le analisi sono state condotte utilizzando il pacchetto di programmi SPSS 10.1 (SPSS Inc, Chicago, IL, USA). Per tutte le analisi, il dato è stato considerato significativo per valori di p<0,05. I valori sono riportati come Media±Errore Standard (SE). Le associazione tra le variabili continue sono state verificate attraverso l’Anova test seguito dall’aggiustamento del Post Hoc test per le comparazioni multiple. Le correlazioni tra le variabili sono state valutate con Spearman Correlation Rank test. 67 Le variabili ordinali e con una distribuzione non normale sono state analizzate con il Mann-Whitney test (un rank test non parametrico). Gli esperimenti di silenziamento stabile delle HT-29 ed HCA-7 con shCOX-2/CTR sono stati condotti in collaborazione con il Dott. Antonio Strillacci nel laboratorio del Pross.re Vittorio Tomasi presso il Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale dell’Università di Bologna. L’immunoistochimica in collaborazione con il Dott. Claudio Ceccarelli presso Unità Operativa di Anatomia Patologica del Policlinico S.Orsola-Malpighi. Per gli esperimenti di ipossia reale è stato utilizzato l’incubatore ipossico presso il laboratorio della Prof.ssa Carmela Fimognari nel Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Bologna. Tutta la restante sperimentazione di questo lavoro è stata svolta nel Centro di Ricerca Biomedica Applicata (CRBA) nel Policlinico S.Orsola-Malpighi. 68 RISULTATI L’espressione di COX-2 e la produzione di PGE2 promuovono l’up-regolazione di CA-IX attraverso ERK Inizialmente abbiamo osservato che espressione proteica di COX-2 era associata all’espressione della proteina CA-IX nelle quattro linee di cancro colon-rettale esaminate (Figura 1A). Le HT-29 e le HCA7 avevano rispettivamente un’espressione intermedia ed alta delle due proteine . (Figura 1A) . Per capire se ci fosse una relazione funzionale tra l’espressione dei geni COX-2 e CA-IX abbiamo infettato le HT-29 con il vettore pSUPER.retro codificante uno specifico short hairping RNA diretto contro COX-2 (shCOX-2) ed il relativo controllo (shCTR). Le HT-29 shCOX-2 hanno mostrato una minore espressione di CA-IX sia come mRNA (RT-PCR) che come proteina (verificato sia con Western Blotting sia attraverso immunocitochimica) rispetto le HT-29 shCTR (Figura 1B). L’espressione di CA-IX è noto essere regolata da due pathways molecolari, la via di HIF-1α (Hypoxia-Inducible Factor-1α) [Wykoff, 2000] o attraverso il pathway di fosfo ERK1/2 (pERK1/2 Phospho- Extracellular Signal-Regulated Kinases 1-2) [Kopacek, 2005 e Sansone, 2007] per questo motivo abbiamo valutato i livelli proteici di HIF-1α, ERK1/2 e pERK1/2 nelle HT29 shCOX-2 e nelle HT29 shCTR. Abbiamo osservato che le HT-29 shCOX-2 avevano un più basso livello di espressione proteica di pERK rispetto le HT-29 shCTR, mentre l’espressione proteica di HIF-1α non era riscontrabile nelle condizioni di coltura (Figura 1C). 69 Dato che COX-2 e le PGE2 sono in grado di attivare il pathway di ERK, abbiamo testato il ruolo di ERK1/2 nell’interazione COX-2/CA-IX. Abbiamo verificato che COX-2 è in grado di aumentare l’espressione di CA-IX attraverso la produzione di PGE2, trattando le HT-29 con PGE2 1µM per 24 ore c’è un aumento di CA-IX sia come RNA sia come proteina (Figura 1D) ed un aumento di pERK come proteina (Figura 1D). L’aumento di CA-IX e pERK è inibito se si pretrattano per 1 ora le HT-29 con UO-126 25µM, un inibitore di MEK1/ERK (Figura 1D) anche in presenza del trattamento con le PGE2. La regolazione dell’espressione del gene CA-IX attraverso il pathway PGE2/ERK è stata inoltre valutata facendo un saggio di attività del promotore del gene CA-IX (CA-IX Luc) nelle HT-29. Abbiamo constatato che le HT-29 shCOX-2 avevano un minore livello di attività del CA-IX Luc rispetto alle HT-29 shCTR, inoltre abbiamo osservato che somministrando le PGE2 c’era un aumento dell’attività di CA-IX Luc dipendente da ERK (Figura 1E). Questi dati indicano che la up-regolazione del gene COX-2, attraverso l’attivazione dell’asse PGE2/ERK, promuove l’espressione del gene CA-IX in linee di cancro del colon. 1A Figura 1A Western Blot (WB) analisi di COX-2 e CA-IX in 4 linee di cancro del colon: HCT-116, HT-29, Caco-2 e HCA-7. 70 1B Figura 1B Parte superiore del pannello: Imminocitochimica (ICC) di COX-2 e CA-IX. Parte inferiore del pannello: RT-PCR di COX-2, CA-IX e Beta-2 microglobulina (β2μ) e WB di CA-IX e COX-2 e β-actina delle HT-29 stabilmente infettate con il vettore pSUPER.retro codificante per uno specifico short hairping diretto contro COX-2 (shCOX-2) ed relativo controllo (shCTR). 71 1C Figura 1C Western blot (WB) di pERK, ERK, HIF-1α e β-actina delle HT-29 stabilmente infettate con il vettore pSUPER.retro codificante per uno specifico short hairping diretto contro COX-2 (shCOX-2) ed relativo controllo (shCTR). 1D Figura 1D Le HT-29 sono trattate con PGE2 1µM per 24 ore in presenza o assenza di UO-126 (25µM, pre-trattamento di 1 ora) o del controllo DMSO: RT-PCR di CA-IX e Beta-2 microglobulina (β2μ) e WB di CA-IX, pERK, ERK, e β-actina. 72 1E Figura 1E Saggio luciferasico del frammento del promotore di CA-IX che va da 174/+63 (CA-IX Luc) nelle HT-29 shCOX-2/CTR in presenza o assenza di PGE2 (1µM) e/o di UO-126 (25µM) o DMSO per 24 ore. L’attività luciferasica è espressa come rapporto tra l’attività della Timidina Kinasi (TK) e la Renilla Luciferasi.. Anova test## p<0.001, per comparazioni multiple corretto con Post Hoc test. L’interazione COX-2/CA-IX favorisce la capacità invasiva delle cellule di cancro del colon È noto che l’attivazione di ERK sia in grado di promuovere la capacità invasiva delle cellule tumorali [Sheng, 2001 e Saxena, 2007]. Perciò abbiamo analizzato il 73 ruolo dell’interazione COX-2/CA-IX nella regolazione del potenziale invasivo in cellule di cancro del colon. Abbiamo verificato che sia le HT-29 shCOX-2 che le HT-29 trasfettate in modo transiente con siRNA contro CA-IX hanno una minore capacità invasiva rispetto ai corrispettivi controlli (HT-29 shCTR ed HT-29 siSCR) (Figura 2A). Abbiamo escluso che la minor capacità invasiva fosse dovuta alla morte cellulare dato che non abbiamo osservato morte cellulare nelle condizioni sperimentali (Figura 2A). Data la stretta connessione tra l’epressione di COX-2 e l’attività delle Metallo proteinasi (MMPS) [Byun, 2006 e Lee, 2006], abbiamo ipotizzato che la CA-IX sia in grado di controllare l’attivazione delle MMPs [Svastova, 2004 e Swietach, 2007]. L’analisi attraverso western blot ha mostrato livelli significativamente più bassi nella porzione extracellulare (forma attiva) della MMP-2 nelle HT-29 infettate stabilmente con shCOX-2 e quelle trasfettate in modo transiente con siRNA contro CA-IX rispetto ai relativi controlli (HT-29 shCTR ed HT-29 siSCR), ma non ha mostrato nessuna differenza nella porzione intracellulare (forma inattiva) della MMP-2 nelle HT-29 infettate stabilmente contro COX-2 e trasfettate in modo transitorio con si RNA contro CA-IX ed i relativi controlli (Figura 2B). Oltre alla diminuzione di dell’espressione proteina della MMP-2 nella porzione extracellulare abbiamo confermato questo dato attraverso l’analisi dell’attività della MMP-2 nel mezzo di coltura attraverso la zimografia. Abbiamo osservato una diminuzione significativa dell’attività della MMP-2 nel mezzo di coltura delle HT-29 infettate stabilmente contro COX-2 e trasfettate in modo transitorio con si RNA contro CA-IX ed i relativi controlli (Figura 2B). 74 Questi dati suggeriscono che l’interazione COX-2/CA-IX sia in grado di promuovere la capacità invasiva delle cellule di cancro del colon. 2A Figura 2A Saggio di invasione con le camere di Boyden di 24 ore, RT-PCR del mRNA di COX-2, CA-IX e Beta-2 microglobulina (β2μ) e saggio di morte cellulare (24 ore) delle HT-29 infettate con shCOX-2/shCTR e trasfettate in modo transiente con uno specifico siRNA contro CA-IX e relativo controllo (SCR) (1 μg, 48 ore di pre-esposizione) 75 2B Figura 2B Western Blot (WB) della Metalloproteasi 2 (MMP-2) nella porzione extracellulare (EXT, inattiva) e nella porzione intracellulare (INT, attiva) e saggio di zimografia dell’attività della MMP-2 nelle HT-29 infettate con shCTR/COX-2 e nelle HT-29 transitoriamente trasfettate con SCR/CA-IX siRNA ((1 μg, 48 ore di pre-esposizione). La Beta-actina (β-actin) è stata utilizzata come controllo quantitativo del WB. (Anova test, *p=0.001). 76 L’espressione del gene COX-2 aumenta la capacità di sopravvivenza in ipossia delle cellule del cancro del colon attraverso CA-IX La CA-IX è un gene essenziale per la sopravvivenza cellulare in ambiente ipossico [Swinson, 2003 e Sansone, 2007]. Un lavoro ha mostrato come COX-2 sia upregolato, in cellule tumorali di colon, dalla presenza dell’ambiente ipossico [Kaidi, 2006]. Abbiamo perciò studiato la regolazione del pathway COX-2/CA-IX in presenza di ipossia. Abbiamo esposto le HT-29 silenziate stabilmente per COX-2 con shCOX-2 ed il relativo controllo shCTR ad ambiente ipossico con due differenti metodi; aggiungendo un agente chimico nel mezzo di coltura la Desferossamina (DFX, 100 µM per 48 ore) (ipossia simulata) o ponendo le cellule in un incubatore al 2% O2 con il 95% N2/5% CO2 (ipossia reale) [Kaidi, 2006]. Questi esperimenti hanno evidenziato un aumento significativo delle PGE2, determinate attraverso ELISA, nelle HT-29 shCTR rispetto alle HT-29 shCOX-2 sia in condizioni normali di ossigeno sia in ipossia (2% O2) (Figura 3A). Inoltre abbiamo osservato un aumento significativo delle PGE2 nelle HT-29 shCTR in condizioni ipossiche (2% O2) rispetto alle HT-29 shCTR in condizioni normali di O2 ma non nelle HT-29 infettate stabilmente con shCOX-2 (Figura 3A). Nelle HT29 shCTR in condizioni ipossiche (DFX, 100 µM per 48 ore) abbiamo riscontrato anche un forte aumento di COX-2 sia come mRNA che come proteina rispetto alle HT-29 shCTR al 5% di O2 ma non nelle HT-29 infettate stabilmente con shCOX-2 (Figura 3A). Abbiamo rilevato un aumento significativo dell’attività del promotore della CA-IX, con il saggio della luciferasi, nelle HT-29 shCTR rispetto le HT-29 shCOX-2 sia in 77 condizioni normali di ossigeno sia in ipossia (100 µM per 48 ore) (Figura 3B). Gli esperimenti rivelano un aumento significativo di tale attività se si mettono a confronto le HT-29 shCTR in condizioni ipossiche (100 µM per 48 ore) rispetto alle HT-29 shCTR in condizioni normali di O2, tale aumento non si riscontra per le HT-29 infettate stabilmente con shCOX-2 (Figura 3B). Nelle HT-29 shCTR in condizioni ipossiche (100 µM per 48 ore) abbiamo riscontrato anche un forte aumento di CA-IX sia come mRNA che come proteina rispetto alle HT-29 shCTR al 5% di O2 ma non nelle HT-29 infettate stabilmente con shCOX-2 (Figura 3B). Abbiamo esaminato l’espressione dell’mRNA e proteica di un pannello di geni che è noto rispondere ad ipossia nelle HT-29 shCOX-2 ed il relativo controllo HT-29 shCTR sia in condizioni normali di ossigeno che in condizioni ipossiche (100 µM per 48 ore): c-MET (Mesenchymal-Epithelial Transition factor), VEFG (Vascular Endothelial Growth factor), HO-1 (Heme oxygenase-1), BCRP-1 (Breast cancer resistance protein-1), ERK1/2 (Extracellular Signal-Regulated Kinases 1-2), pERK1/2 (Phospho-Extracellular Signal-Regulated Kinases 1-2), HIF-1α Hypoxia-Inducible Factor-1α. Per verificare se tali geni fossero coinvolti nel pathway regolato da COX-2 in condizioni ipossiche ma non abbiamo riscontrato nessuna differenza dell’espressione di tali geni tra HT-29 shCOX-2 ed il controllo HT-29 shCTR sia in condizioni normali di ossigeno che in condizioni ipossiche (Figura 3C). Abbiamo osservato che le HT-29 silenziate stabilmente per COX-2 (shCOX-2) e quelle trasfettatte per CA-IX (siCA-IX) in condizioni ipossiche (DFX 100 µM o 2% O2 per 48 ore) muoiono in modo significativamente maggiore rispetto ai controlli (HT-29 shCTR ed HT29 siSCR) (Figura 3D). Mentre in condizioni 78 normali di ossigeno non abbiamo riscontrato morte cellulare né per le HT29 shCOX-2 né per il controllo HT-29 shCTR. (Figura 3D). Abbiamo analizzato l’importanza del pathway regolato da COX-2 per la sopravvivenza cellulare in condizioni ipossiche nelle HT-29 sottoposte a DFX 100 µM per 48 ore, somministrando alle cellule le PGE2 1µM per 48 ore ed abbiamo osservato una significativa diminuzione della morte cellulare. Tale riduzione era annullata se le HT-29 erano pre-trattate per 1 ora con un inibitore di MEK1 , UO126 alla concentrazione di 25 µM (Figura 3E). Abbiamo verificato attraverso RTPCR e Western Blot che la somministrazione delle PGE2 era in grado di aumentare nelle HT-29 l’espressione di CA-IX, tale espressione era inibita se si pre-trattavano le cellule con UO-126 con una conseguente riduzione di pERK (Figura 3E). Oltre all’espressione di CA-IX nelle HT-29 trattate con DFX è stata studiata l’attività del promotore di CA-IX nelle HT-29 shCOX-2 e nel controllo HT-29 shCTR in presenza ed assenza di UO-126 ed abbiamo verificato che in presenza di ipossia le HT-29 shCTR hanno una maggiore espressione di CA-IX rispetto alla HT-29 shCOX-2 (non significativa) tale attività viene inibita se si somministra UO-126 sia nelle HT-29 shCOX-2 che nel controllo (in modo significativo) (Figura 3F). Il ruolo dell’interazione COX-2/CA-IX nella sopravvivenza in ipossia delle cellule del cancro del colon è stato confermato anche in altre linee cellulari HCT116 ed HCA-7, abbiamo verificato che l’esposizione delle cellule a DFX 100 µM per 48 ore promuove l’espressione dell’mRNA di CA-IX in modo dipendente da COX-2 (Figure 3G-3H-3I). Le HCT-116 sono state silenziate in modo transiente per COX-2 con la trasfezione di un siRNA contro COX-2 ed il relativo controllo 79 siCTR e sottoposte ad ipossia (DFX 100 µM per 48). In presenza di ipossia l’espressione dell’mRNA di CA-IX è aumentata sia rispetto alle HCT-116 in condizioni normali di ossigeno sia rispetto alle HCT-116 COX-2 siRNA sottoposte ad ipossia (Figura 3G). Le HCT-116 COX-2 siRNA esposte ad ipossia muoiono maggiormente rispetto al relativo controllo (Figura 3G). Gli stessi risultati sono stati ottenuti silenziando in modo stabile le HCA-7 per COX-2 infettandole con shCOX-2 e relativo controllo shCTR (Figura 3H). Per avere un’ulteriore conferma che la sopravvivenza delle HCT-116 in ipossia dipendesse dalla CA-IX regolata da COX-2 le abbiamo silenziato in modo transiente con un siRNA per CA-IX e con il relativo controllo siSCR, le abbiamo sottoposte ad ipossia (DFX 100 µM per 48) in presenza o assenza di PGE2 1µM per 24 ore. Abbiamo verificato che le HCT-116 siSCR in presenza delle PGE2 hanno una maggiore espressione del mRNA di CA-IX e sopravvivono maggiormente in ipossia rispetto alle HCT-116 CA-IX siRNA (Figura 3I). Infine abbiamo osservato che somministrando un inibitore specifico per COX-2 SC-236 (30 µM) alle HT-29 alle HCT-116 ed alle HCA-7 esposte ad ipossia c’era una down-regolazione dell’mRNA di CA-IX ed un conseguente aumento della morte cellulare (Figura 3L). Non abbiamo riscontrato morte cellulare in nessun tipo cellulare trattato con SC-236 in assenza di ipossia (dati non mostrati). Questi dati supportano l’ipotesi che l’interazione COX-2/CA-IX sia essenziale per la sopravvivenza in ipossia delle cellule di cancro del colon. 80 3A Figura 3A Saggio ELISA delle PGE2 e RT-PCR e WB di COX-2 nelle HT-29 infettate con shCTR/COX-2 in presenza o assenza di condizioni ipossiche (2% O2 o DFX 100 µM per 48 ore), Beta-2 microglobulina (β2μ) e Beta-actina (β-actin) sono state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR e del WB. (Anova test, §p<0.001) 81 3B Anova test § p<0.001 Figura 3B Saggio luciferasico per il promotore di CA-IX (CA-IX Luc assay 24 ore) RT-PCR e WB di CA-IX nelle HT-29 infettate con shCTR/COX-2 in presenza o assenza di condizioni ipossiche (DFX 100 µM per 48 ore), Beta-2 microglobulina (β2μ) e Beta-actina (β-actin) sono state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR e del WB. (Anova test, §p<0.001) 82 3C Figura 3C RT-PCR di c-MET, HO-1, BCRP-1 eVEGF e Western Blot di HIF-1α, pERK, ERK e VEGF nelle HT-29 nelle HT-29 infettate con shCTR/COX-2 in presenza o assenza di condizioni ipossiche (DFX 100 µM per 48 ore), Beta-2 microglobulina (β2μ) e Beta-actina (β-actin) sono state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR e del WB. 83 3D Figura 3D Saggio di morte cellulare delle HT-29 infettate con shCTR/COX-2 in presenza o assenza di condizioni ipossiche (DFX 100 µM e 2% O 2 per 48). RTPCR di CA-IX e COX-2.WB di CA-IX, COX-2, HIF-1α, pERK ed ERK. Saggio di morte cellulare delle HT-29 trasfettate transitoriamente con SCR/CA-IX siRNA in presenza di DFX 100 per 48. RT-PCR di CA-IX e VEGF. Beta-2 microglobulina (β2μ) e Beta-actina (β-actin) sono state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR e del WB. (Anova test, §p<0.001). 84 3E Figura 3E Saggio di morte cellulare in 48 ore ed RT-PCR di CA-IX e WB di CAIX, pERK, ERK delle HT-29 trattate con PGE2 1µM per 48 ore in presenza o assenza di UO-126 (25 µM, un’ora di pretrattamento) o DMSO esposte a DFX 100 µM per 48 ore. Beta-2 microglobulina (β2μ) e Beta-actina (β-actin) sono state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR e del WB. (Anova test, § p<0.001). 85 3F Figura 3F Saggio luciferasico del frammento del promotore di CA-IX che va da 174/+63 (CA-IX Luc) delle HT-29 shCOX-2/CTR sottoposte a DFX 100 µM per 48 ore in presenza o assenza di UO-126 (25µM, 1 ora di pre-trattamento) o DMSO. L’attività luciferasica è espressa come rapporto tra l’attività della Timidina Kinasi (TK) e la Renilla Luciferasi.. Anova test §p<0.001, per comparazioni multiple corretto con Post Hoc test. 3G Figura 3G Saggio di morte cellulare ed RT-PCR di CA-IX e COX-2 delle HCT116 trasfettate transitoriamente con CTR/COX-2 siRNA (1 µM 48 ore di preesposizione) ed esposte a DFX 100 µM per 48 ore. Beta-2 microglobulina (β2μ) è state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR. (Anova test, §p<0.001). 86 3H Figura 3H Saggio di morte cellulare ed RT-PCR di CA-IX e COX-2 delle HCA-7 stabilmente infettate con shCOX-2/CTR ed esposte a DFX 100 µM per 48 ore. Beta-2 microglobulina (β2μ) è state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR. (Anova test, §p<0.001). 3I Figura 3I Saggio di morte cellulare ed RT-PCR di CA-IX delle HCT-116 trasfettate transitoriamente con SCR/CA-IX siRNA (1 µM, 24 ore di preesposizione) in presenza o assenza di PGE2 1µM per 24 ore ed esposte a DFX 100 µM per 48 ore. Beta-2 microglobulina (β2μ) è state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR. (Anova test, §p<0.001). 87 3L Figura 3L Saggio di morte cellulare a 48 ore ed RT-PCR di CA-IX delle HT-29, HCT-116 ed HCA-7 esposte a DFX 100 µM per 48 ore in presenza od asenza di SC-236 (30 µM) o DMSO. Beta-2 microglobulina (β2μ) è state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR. (Anova test, §p<0.001). Il pathway COX-2/CA-IX promuove il potenziale invasivo delle cellule del cancro del colon Per studiare l’importanza del pathway COX-2/CA-IX nella capacità invasiva in ipossia delle cellule di cancro del colon abbiamo fatto delle colture ad alta densità, piastrando le cellule ad una densità di 2x105 cellule/cm2. Le colture ad alta densità favoriscono una up-regolazione della CA-IX, e mimano un ambiente ipossico pericellulare [Kopacek, 2005 e Uenoyama, 2006 e Jakubickova, 2005]. Abbiamo osservato un aumento d’espressione di COX-2 e CA-IX (sia come mRNA che come proteina) e di pERK nelle HT-29 ad alta densità (2x105cells/cm2) rispetto le HT-29 a bassa densità (0.4x105cells/cm2) (Figura 4A). 88 Abbiamo riscontrato che le HT-29 ad alta densità avevano una maggiore capacità invasiva (Figura 4A), tale capacità si è analizzata anche nelle HT-29 shCTR ad alta densità ma non nelle HT-29 silenziate stabilmente per COX-2 shCOX-2 ad alta densità (Figura 4B). Come atteso la capacità invasiva delle HT-29 ad alta densità viene bloccata da CA-IX, infatti le HT-29 silenziate in modo transiente per CA-IX con un siRNA hanno mostrato una riduzione della capacità invasiva sia a bassa densità che ad alta densità (Figura 4C). In condizioni di alta densità cellulare la vitalità cellulare è simile tra le HT-29 shCOX-2/ shCTR e tra le HT-29 siCA-IX/siSCR (dati non mostrati). Questi dati mostrano che l’interazione COX2/CA-IX modula la capacità invasiva delle cellule del colon in presenza di un’ipossia media. 89 4A Figura 4A Saggio di invasione cellulare a 24 ore ed RT-PCR di COX-2 e CA-IX, Western blot di CA-IX, COX-2, pERK ed ERK delle HT-29 HIGH (alta densità 2x105cells/cm2) ed HT-29 LOW ( bassa densità 0.4x105cells/cm2). Beta-2 microglobulina (β2μ) e Beta-actina (β-actin) sono state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR e del WB. (Anova test, ºp<0.001). 90 4B Figura 4B Saggio di invasione cellulare a 24 ore delle HT-29 infettate stabilmente con shCTR/COX-2 a LOW (bassa densità) e HIGH (alta densità). Anova test **p=0.006) 4C Figura 4C Saggio di invasione cellulare a 24 ore ed RT-PCR di CA-IX delle HT29 trasfettate in modo transiente con SCR/CA-IX siRNA a LOW (bassa densità) e HIGH (alta densità). Beta-2 microglobulina (β2μ) è state utilizzata come controllo quantitativo della RT-PCR. Anova test °°p=0.01, °°°p<0.001). 91 L’alta espressione dei livelli proteici di COX-2 e CA-IX correla con lo stadio tumorale nei pazienti con cancro del colon (CRC) I risultati avuti in vitro suggeriscono che l’interazione di COX-2/CA-IX è importante per il fenotipo maligno (capacità invasiva e sopravvivenza in ambiente ipossico) delle linee di cancro del colon. Abbiamo infine studiato l’espressione proteica di COX-2 e CA-IX in 87 pazienti con CRC attraverso immunoistochimica di questi pazienti in 17 casi avevamo a disposizione il tessuto “fresco” ed abbiamo potuto analizzare l’espressione delle due proteine attraverso western blot. L’analisi semiquantitativa IHC ha evidenziato una alta correlazione tra l’espressione proteica di COX-2 e di CA-IX e lo stadio tumorale (stadioI-IV) (Coeficente di correlazione di Spearman ρ═0.500, p═0.0005). La correlazione tra le due proteine rimane anche quando si analizzano separatamente gli stadi (lo stadio II ρ═0.640, p═0.0004; lo stadio III ρ═0.366, p═0.04; lo stadio IV ρ═0.847, p═0.016) eccetto per lo stadio I (ρ═0.307, p═0.460). Un esempio dell’espressione associata all’interno dello stadio II di COX-2 e CA-IX è rappresentato in Figura 5A. Sia l’analisi quantitativa con western blot (Figura 5B) che quella semiquantitativa con IHC (Figura 5C e 5D) dimostrano che c’è un aumento di espressione proteica di COX-2 e CA-IX negli stadi III-IV rispetto agli stadi I-II. Questi dati dimostrano che l’espressione proteica COX-2/CA-IX nei pazienti con cancro del colon è associata ed aumenta all’aumentare dello stadio tumorale. 92 5A Figura 5A IHC di CA-IX e COX-2 di pazienti di CRC di stadio II esprimenti livelli L (Low bassi), I (Intermediate, intermedi ) ed H (High, alti) delle due proteine. Scatter plot della valutazione semi-quantitativa dell’IHC (Quick score Moltiplicativo, MQ) di CA-IX e COX-2 in 35 pazienti con CRC di stadio II. 93 5B Figura 5B WB analisi dei livelli proteici di CA-IX e COX-2 di sei pazienti rappresentativi di CRC a diversi stadi tumorali ed analisi densitometrica dei livelli proteici di CA-IX e COX-2 determinata attraverso WB di 17 pazienti con CRC (Mann-Whitney test: Stadi I-II vs Stadi III-IV: CA-IX #p=0.042; COX-2 p=0.48). 94 5C Figura 5C IHC di CA-IX e COX-2 di 4 pazienti rappresentativi di CRC a diversi stadi tumorali e valutazione semiquantitativi attraverso IHC di CA-IX e COX-2 di 82 pazienti di CRC (Mann-Whitney test: CA-IX MQ, p=0.14, COX-2 MQ p=0.0011; stadi I-II vs stadi III-IV CA-IX p=0.075; COX-2,##p=0.003) 95 5D Figura 5D IHC di CA-IX e COX-2 di tre diversi pazienti di CRC a tre stadi tumorali diversi 96 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI In questo lavoro abbiamo dimostrato che, in cellule di cancro del colon (HT-29, HT-116, HCA-7), l’enzima pro-infiammatorio Ciclo-ossigenasi-2 (COX-2) upregola l’espressione del gene in grado di rispondere ad ipossia l’Anidrasi Carbonica-IX (CA-IX). Questo aumento di espressione di CA-IX è mediato dalle PGE2 in grado di attivare ERK-1/2. Nelle linee di cancro del colon l’asse CO-2/CA-IX favorisce il “fenotipo aggressivo” cioè la capacità invasiva e la sopravvivenza in ipossia delle cellule. Queste caratteristiche sono state precedentemente associate all’espressione separata di questi geni in diversi modelli sperimentali [Kaidi, 2006 e Sansone, 2007]. In questo studio abbiamo mostrato l’esistenza di una stretta interazione di COX-2/CA-IX in grado di promuove il fenotipo maligno delle cellule di cancro del colon. In precedenti lavori è stato dimostrato che l’espressione del gene CA-IX è dipendente dal fattore di trascrizione HIF-1α e dall’attivazione di ERK [Kaidi, 2006; Kopacek, 2005 e Kaluz, 2006]. In questo studio abbiamo dimostrato che la up-regolazione dell’espressione di COX-2 in condizioni ipossiche (DFX, 100 µM o 2% O2 ) contribuisce all’aumento d’espressione di CA-IX in modo dipendente da ERK. La regolazione dell’espressione di CA-IX dipendente da ERK è già stata descritta in alcuni lavori in cui le cellule sono poste in condizioni di coltura ad alta densità, si crea un microambiente ipossico, attraverso la diminuzione del pO2 pericellulare (ipossia media) [Uenoyama, 2006 e Jakubickova, 2005]. 97 Abbiamo dimostrato, in accordo con la letteratura, che nelle cellule di cancro del colon in condizioni di coltura ad alta densità si ha un aumento di espressione di COX-2 in grado di promuovere l’espressione di CA-IX e la capacità invasiva delle cellule. Questi dati indicano che l’ipossia ed il microambiente a media ipossia (colture ad alta densità) sono in grado di aumentare le caratteristiche maligne delle cellule di CRC attraverso l’asse COX-2/CA-IX. L’espressione del gene CA-IX contribuisce all’acidificazione del microambiente extracellulare perché catalizza l’idratazione della CO2 in acido carbonico e produzione di ioni idrogeno carichi positivamente, un fenomeno che induce l’attivazione extracellulare delle Metalloproteasi, MMPs [Swietach, 2007]. Importanti sono i lavori di Sheng e Saxena [2001, 2007] che dimostrano come la produzione delle PGE2 e l’attivare di ERK-1/2 sono in grado di aumentare la capacità invasiva delle cellule di cancro del colon ed attivano le MMPS nelle cellule di epatocarcinoma. Nel nostro studio abbiamo dimostrato che l’aumento di espressione dell’asse COX-2/CA-IX attiva la Metalloproteasi-2 (MMP-2), un enzima che è stato provato essere importante per la sopravvivenza dei pazienti con CRC [Hilska, 2007]. L’espressione di CA-IX è ritenuta un marker di ipossia in vivo [Swinson, 2003] e correla con una prognosi peggiore in diversi tipi di tumore [Hussain, 2007; Brennan, 2006]. Nei tessuti di CRC l’espressione del gene CA-IX è stata associata allo stato di proliferazione cellulare [Goethals, 2006 ; Saarnio, 1998]. In questo studio abbiamo verificato che l’espressione di CA-IX nei pazienti con CRC correla con lo stadio, questo dato suggerisce che l’aumento di espressione di questo enzima aumenta con il grado di aggressività tumorale. In studi precedenti è 98 stato dimostrato che l’espressione di COX-2 correla con una prognosi peggiore nei pazienti di CRC [Brown, 2005; Soumaoro, 2004]. Si può quindi proporre di valutare insieme l’espressione di COX-2 e CA-IX come un unico marcatore in pazienti con CRC in cui sia disponibile la sopravvivenza a lungo termine (dieci anni di follow-up), per verificare se la combinazione di questi due markers sia in grado di identificare un sotto-gruppo di pazienti con un differente rischio di ricaduta. COX-2 gioca un ruolo fondamentale nel processo infiammatorio nei pazienti con CRC [Brown, 2005]. Le molecole infiammatorie favoriscono la crescita e promuovono l’aggressività delle cellule di CRC [Petersen, 2002; Cleven, 2007]. I dati mostrati in questo studio suggeriscono che il fenotipo aggressivo dipendente da CA-IX possa anche essere sotto il controllo dell’infiammazione. L’aumento di espressione di CA-IX derivato dall’infiammazione potrebbe spiegare la scarsa correlazione in vivo tra l’espressione della proteina CA-IX e la presenza di ipossia in pazienti di CRC. [Goethals, 2006] In modo speculativo l’espressione in vivo di CA-IX potrebbe essere un indicatore dell’attivazione di COX-2 in conseguenza all’esposizione delle cellule di CRC a vari stimoli presenti nel microambiente tumorale quali l’ipossia , dovuta alla crescita eccessiva delle cellule, e l’infiammazione. Gli inibitori di COX-2 farmaci anti-infiammatori non steroidei (NSAIDs) sono stati proposti come tools terapeutici per trattare i pazienti con CRC [Liao, 2007] ed ad oggi sono stati sintetizzati tutta una serie di inibitori di CA-IX [Winum, 2007]. 99 I nostri dati suggeriscono che la down-regolazione farmacologica dell’asse COX2/CA-IX possa essere una strategia per diminuire l’aggressività delle cellule di CRC [Dogne, 2007; Stubbs, 2000; Winum, 2008]. In conclusione i dati presentati in questo studio mostrano che il fenotipo aggressivo delle cellule di CRC è controllato dal pathway COX-2/CA-IX che può essere regolato da due condizioni del microambiente tumorale, infiammazione ed ipossia, che sono legate alla crescita tumorale e al fenotipo maligno in pazienti con CRC. 100 BIBLIOGRAFIA -Akiyama Y., Stato H., Yamada T. et al. Germ-line mutation of the hMSH6/GTBP gene in an atypical hereditary nonpolyposis colorectal cancer kindred. 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