Steve Harrison Lavori Creativi ITA:Steve Harrison Lavori

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Il mondo ha veramente bisogno di un altro libro sulla creatività?
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Come fare lavori creativi migliori
P
rima di aprire la nostra società, Tim Patten, Martin
Troughton e io ci siamo fatti questa domanda: «Il mondo ha
veramente bisogno di un’altra agenzia?». Questo ci aiutò
a concentrarci sul nostro obiettivo, portandoci a un posizionamento
che si dimostrò molto efficace. Oltre a farci introdurre l’espressione
brand response nel dizionario di marketing.
Prima di scrivere questo libro mi sottoposi a un esercizio simile, domandandomi:
«Il mondo ha veramente bisogno di un altro libro sulla creatività?». Questa volta fu
molto più facile rispondere.
Prima di tutto, non ci sono poi così tanti
libri su «come» essere creativi migliori.
Inoltre, pochi sono stati scritti da qualcuno che ha trascorso gli ultimi vent’anni
cercando, con discreto successo, di fare veramente «lavori creativi migliori».
Se, durante quel periodo, qualcuno mi
avesse chiesto come affrontare la questione, probabilmente avrei citato il grande
Billy Shankly, quando descriveva il football come «un gioco semplice reso complicato da degli idioti».
Vedete, più lavoravo nel settore, più le cose mi sembravano chiare e semplici. Di
fatto, mi convincevo sempre di più dell’efficacia di quanto troverete scritto in questo
libro: la necessità di avere non una, ma due
grandi idee; la dinamica problema/soluzione e l’importanza del concetto di relevant abruption.
Ma, a dire il vero, fino a poco tempo fa credevo che questi principi fossero abbastanza ovvi e che non ci fosse ragione per cui
io o altri avremmo dovuto metterli per
iscritto. Poi, l’anno scorso, ho notato che
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qualcosa era cambiato nel settore. Il che
mi porta a parlare del secondo, più urgente, motivo per cui penso che possiate trovare utile questo libro.
Le agenzie in generale e i creativi in particolare sembravano vivere una crisi collettiva di fiducia. Le persone che rispettavo e
ammiravo apparivano confuse e infelici.
Scoraggiamento
nella baldoria
Il culmine per me (e, penso, per un bel po’
di altre persone) è stato raggiunto l’anno
scorso ai Cannes Lions, il Festival
Internazionale della Pubblicità. In mezzo
alla baldoria lo scoramento era tangibile.
Persino gli Aussies erano depressi. La nostra rivista di settore, Campaign, si focalizzò su questo punto e, con mentalità
provinciale, scrisse: «I creativi inglesi si
sono persi per strada?».
Nel mio settore, il direct marketing,
c’era sicuramente sconcerto, specialmente quando, la sera in cui avremmo
dovuto essere premiati, le agenzie di
advertising tradizionale minacciarono
di rubarci la scena.
Il contingente inglese se ne andò afflitto e,
non molto tempo dopo, Campaign scrive-
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va: «L’età dell’oro del direct marketing è
finita?».
E i colleghi del digital advertising? Bene, la
maggior parte si è dileguata, ma i più scaltri hanno una visione molto chiara delle
cose. Mark Cridge, Amministratore
Delegato di Glue London, mi ha detto:
del direct marketing era stata infranta, sì,
avete indovinato, proprio dall’avvento del
digital.
L’offline non funzionava più
In verità, non è stato il creativo del digital a fare il danno. È stato il sapientone
Dal punto di vista creativo, il digital del digital.
forse ha raggiunto un punto morto. Il E il primo colpo lo ha inflitto Seth Godin
know-how tecnico che aveva reso fino- già nel 1999. Il suo permission marketing
ra il digital unico e imbattibile è diven- era un attacco frontale a quello che chiatato molto più diffuso. Dato che la mava interruption marketing, ovvero al
maggior parte dei direttori creativi del modo in cui il lavoro creativo tradizionadigital arrivano dal design o dal setto- le offline cercava di catturare l’attenzione
re tecnologico, dobbiamo fare lo sfor- dei prospect, veicolando messaggi di venzo di convogliare la nostra esperienza dita attraverso spazi pubblicitari apposinello sviluppo di forti idee creative. Per tamente pagati.
arrivare più in alto, abbiamo bisogno Lo scoppio della bolla dotcom ha distratche le persone che si sono fatte le ossa to la gente per un po’, ma l’interesse si è
su Wired inizino a leggere anche riacceso appena l’online è tornato alla riCreative Review. Abbiamo bisogno di balta. Molti addetti hanno cominciato a
crescere dal punto di vista creativo.
credere a Godin. E, cosa più importante,
gli hanno creduto i loro clienti, specialLa grande questione era: chi li avrebbe mente quando affermava che la nuova era
aiutati a raggiungere la
del permission marketing
maturità?
digitale li avrebbe portati
«Per arrivare più
I loro colleghi dell’adverai risultati auspicati.
in alto, abbiamo
tising e del direct? Mentre bisogno che le persone Sembra che pochissimi
mi guardavo intorno da che si sono fatte le ossa avessero notato che
una terrazza del Carlton
Godin basava il suo giusu Wired inizino
Hotel in un’atmosfera
dizio su false premesse.
a leggere anche
stranamente sommessa,
Egli aveva scambiato
Creative Review.
mi resi conto che questo
la bad execution per
Abbiamo bisogno
non poteva accadere, peruna broken discipline.
di crescere dal punto
ché la fiducia che aveva
Essenzialmente, ciò che
di vista creativo.»
un tempo caratterizzato
diceva era che gli annunci
Mark Cridge,
il legame fraterno tra i
non funzionavano, quinA.D. Glue L
creativi dell’advertising e
di sarebbe stato meglio
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sbarazzarsi dell’advertising. Era un po’ co- re competenza, opinioni, raccomandaziome dire che se il Ministero della Salute ni e consigli su cosa comprare e cosa evinon fosse riuscito a rispettare gli standard tare. In questo mercato virtuale il cliente
prefissati, la soluzione non sarebbe stata si trovava veramente al posto di comando
alzare il livello del servizio, trattamento e e le imprese dovevano guadagnarsi il dicura delle patologie, bensì chiudere tutti ritto di partecipare alla conversazione.
gli ospedali.
Evidentemente Godin non aveva conside- Qual è il punto debole nelle
rato che il rimedio avrebbe potuto consi- argomentazioni dei sapientoni
stere in un lavoro creativo migliore e più del digital?
efficace. E purtroppo, quando il digital si
sviluppò, la condanna di Godin nei con- Questa visione di Cyburbia non teneva in
fronti dell’interruption marketing finì col considerazione un aspetto eclatante della
divenire una convenziovita moderna. Il bene
ne e ora è il punto di
più prezioso per tutti noi
La condanna
partenza di molti bestè il tempo, tanto che sedi Godin nei confronti
seller di business e di
condo Vision Research
dell’interruption
marketing.
«avere il tempo di rilasmarketing finì
Se Godin minò le basi su
sarsi un po’» è considecol divenire una
cui era stata costruita la
rato il lusso numero uno
convenzione e ora
persuasione competitiin Gran Bretagna e proè il punto di partenza
va, un altro libro (e i nubabilmente anche in tutdi molti bestseller
merosi bestseller, articoti i Paesi avanzati.
di business
li, conferenze, seminari e
Naturalmente, e lo moe di marketing.
blog che ne derivarono)
strano libri come
fu forse ancora più dannoso: The Groundswell e Wikinomics, ci sono dozziCluetrain Manifesto di Rick Levine.
ne di esempi di comunità online che deCome per Godin, il nocciolo del libro era dicano tempo a questa o quella marca.
che i tempi in cui un messaggio pubblici- Secondo The Tipping Point di Malcolm
tario doveva essere veicolato con forza Gladwell, sono i maven che amano parlaerano finiti.
re via blog, gruppi di discussione, wiki,
Eravamo entrati in un’età dell’oro in cui comunità online e forum dell’oggetto del
consumatori forti sul piano tecnologico si loro entusiasmo. Si interessano così tanfacevano raggiungere solo da quei messag- to al prodotto che probabilmente ne sangi che volevano ricevere e si facevano coin- no più dell’agenzia e del direttore markevolgere solo da quelle marche con cui vo- ting. Il che li rende il logico punto di rilevano entrare in contatto nel corso della ferimento per tutte le attività di ricerca e
loro esistenza. Come se non bastasse, i sviluppo e CRM.
clienti erano anche in grado di condivide- Ma gli sneezer, gli alpha e gli opinion leader
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sono un’eccezione. La maggior parte della gente non investe il proprio prezioso
tempo in una consultazione virtuale su fotocopiatrici/stampanti, servizi di assistenza stradale, fondi di investimento, pizzerie, motori diesel, carte di credito, compagnie aeree straniere, candeggina o software aziendali.
Il che significa che una quantità esagerata
di attività online è da attribuire a gruppi
relativamente piccoli. Prendiamo la blogosfera, per esempio. Una ricerca promossa dall’IPA pubblicata nel gennaio 2009
mostra che solo il 2,8 per cento dei consumatori online inglesi si prende la briga di
bloggare. Solo l’8,8 per cento legge i blog e
il 3,7 per cento li commenta.
Considerando gli utenti di chat room online e di forum di discussione, si tratta, di
nuovo, di una piccolissima percentuale:
solo il 6,5 per cento.
Lo scenario è simile se prendiamo in considerazione i social network. Secondo una
ricerca della Forrester Technographics, il
25 per cento del numero totale degli utenti Internet britannici si collega a social
network più di una volta al mese. Il restante 75 per cento una volta al mese o per
nulla. Se consideriamo coloro che utilizzano questi siti su base giornaliera, osserviamo che si tratta per lo più di studenti e
di persone nella fascia d’età 16-24. Così,
mentre alcuni social networker sono fedeli, la maggior parte degli altri è costituita
da utenti occasionali. E mi rivolgo ai direttori vendite: date l’età e l’occupazione
degli utenti regolari, la maggior parte di
loro è, per dirla in breve, senza un soldo.
Ma che dire di quelli che hanno qualche
soldino da spendere? Bene, anche gli individui che sono totalmente fedeli a una comunità online per un aspetto della loro vita si orienteranno verso canali diversi per
la maggior parte degli altri. Per esempio,
la neo-mamma che non riesce a prendere
decisioni senza consultarsi e confrontarsi
con l’Huggies Club sarà ancora rapita dal
piacere tattile patinato della rivista Marie
Claire mentre è alla ricerca di abiti, accessori e cosmetici. Come la maggior parte
delle persone, passerà dall’online all’offline e le sue decisioni d’acquisto saranno
determinate da un mix di comunicazioni
marketing.
Come si fa a raggiungere la
«massa passiva online»?
Ho detto «come la maggior parte delle
persone» ma in effetti questo non è vero,
perché tra le persone che sono online c’è
di fatto una maggioranza silenziosa che
non è stata per niente toccata da
Groundswell. Secondo gli autori di questo
libro, Charlene Li e Josh Bernoff, queste
persone costituiscono il 53 per cento della comunità online in Europa. Non visitano neppure TripAdvisor per dare un’occhiata alle recensioni degli hotel. Inoltre
non è nelle loro immediate intenzioni iniziare a bloggare. Come spiega Faris Yacob
nel suo brillante saggio IPA «I Believe that
Children Are the Future»: «La maggioranza continuerà a comportarsi come ha
sempre fatto. Avendo un vissuto di relazione con i media essenzialmente passivo, non è probabile né auspicabile, da
parte loro, una migrazione verso il con-
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sumo attivo di idee».
Non cadete in questo errore: la «massa passiva», come la chiama Yacob, rappresenta
un mercato enorme. Si parla di decine di
milioni di persone che non sono ancora
online, e sappiamo bene quanto valgano.
Credete veramente che i vostri clienti abbiano intenzione di aspettare pazientemente che il Groundswell riesca a catturare questi prospect? E che poi accettino
un nuovo status in cui è il loro cliente
a governare il flusso delle comunicazioni di marketing?
Io credo invece che i vostri clienti si aspettino che voi portiate via i prospect ai loro
concorrenti, magari convincendoli anche
a spendere di più.
Pensate di poterlo fare ottenendo l’autorizzazione dei prospect, come suggeriva Seth Godin, con l’offerta di una penna o la partecipazione a un concorso a
premi? In qualche caso sono certo che
funzioni. Ma, come sanno tutti quelli
che hanno una cassetta per le lettere, il
Reader’s Digest lo ha fatto per anni e
questa tattica riesce ad attrarre le persone a cui piacciono concorsi a premi e
penne gratis. E potrebbero non corrispondere al target che state cercando di
contattare.
Pensate di poterlo fare attirando i prospect
in un social network? Può essere, ma tenete a mente che persino applicazioni di
Facebook create da marchi ben noti come
MTV raccolgono meno di 200 utenti.
Potreste farlo invitando queste persone a
unirsi a voi in una piattaforma open-source, co-creationist? Forse. Ma come ho già
detto, funzionerà solo su una minoranza
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di sostenitori di marca, maven e prosumer
che sono, per definizione, le persone più
difficilmente conquistabili se sono già fedeli a una marca concorrente.
O non dovreste forse contattare queste
persone, sia online sia offline, informandole dei vantaggi di cui non stanno approfittando, dei benefici di cui potrebbero godere, dei problemi che potreste risolvere
loro? In breve, non dovrete forse usare ancora un po’ di persuasione competitiva?
Far emergere i messaggi digitali
nel marasma dell’online
Sono abbastanza sicuro che la risposta sia
«sì». Ed è per questo motivo che ho scritto questo libro e che penso che la dinamica problema/soluzione e in particolare la
relevant abruption siano d’interesse sia per
le agenzie offline sia per quelle online. A
dire il vero, le agenzie online hanno bisogno di adottare questi elementi essenziali
di interruption marketing tanto quanto
quelle offline, se non di più.
Non hanno scelta, visto l’altissimo livello
di concorrenza sul web.
Come dice Mobbie Nazir, capo dello sviluppo analitico alla MRM Worldwide, nei
«Digital Essays» della rivista Campaign:
Il problema è che lo spostamento dei
consumatori verso i digital media è
stato uguagliato, se non superato, da
uno spostamento del volume di advertising online. Aggiungete a questo
l’ormai ben documentato fenomeno
di consumatori che creano e condividono i loro contenuti online e il ri-
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ai Big Awards della rivista Campaign.
Infatti, l’aspetto interessante fu che quella
sera fu premiata come miglior agenzia di
digital advertising (e di direct) la BBH,
Naturalmente il compito del creativo on- formata da interruptive advertiser di granline è stato reso più difficile, perché, come de esperienza.
abbiamo visto prima, gli è stato detto che Nel prossimo futuro si prevede che non
ha poco o nulla da imparare dai suoi col- solo le interruptive idea continueranno a
leghi offline. Ciononostante, chi è intelli- vincere premi ma, aspetto più importante,
gente ha capito che in molti casi ha anco- continueranno a essere cruciali sia per la
ra bisogno di una grande idea interruptive. sopravvivenza delle marche sia per la geAlix Pennycuick di Draft Fcb negli stessi nerazione di vendite in un mercato sempre più competitivo. Non sto dicendo che
«Digital Essays» sottolinea:
posso farvi vincere una D&AD Pencil o un
Si tratta della stessa sfida con cui ci sia- Big Award, ma nelle prossime pagine troverete consigli per svolgemo sempre misurati:
re un lavoro in grado di
come catturare l’imTutti i vincitori
maginazione del pubnel digital e nel direct persuadere i vostri prospect e far sì che la marca
blico immediatamenpresentavano
del vostro cliente sia più
te… Dobbiamo diun elemento
attraente e il suo prodotto
menticarci l’abovein comune:
migliore rispetto a quelli
the-line e il below-thea prescindere dalla
della concorrenza.
line, online o offline, e
categoria, il miglior
Come ho già detto, è «un
ricordare che oggi, prilavoro aveva
gioco semplice reso comma di tutto, sono la
alla base una grande
plicato da degli idioti».
qualità e la creatività
interruptive idea.
Ma è anche un gioco in
del contenuto a creare
cui ognuno ha il suo ruolo.
esperienze di valore.
Questo libro offre qualcosa non solo ai
Le migliori agenzie conoscono
creativi (dell’advertising, direct e digital)
la risposta
ma anche agli account, ai planner, alle
persone che lavorano in produzione e,
Le agenzie migliori ci credono. Nel 2008, non da ultimi, ai clienti. Inoltre, ciò che
quando ho fatto parte della giuria dei ho da dire sarà altrettanto utile per i diD&AD Awards, tutti i vincitori nel digital rettori amministrativi che intendono gee nel direct presentavano un elemento in stire un’agenzia profittevole, basata sulla
comune: a prescindere dalla categoria, il creatività, come pure per i junior art dimiglior lavoro aveva alla base una grande rector che un giorno vorrebbero diventare
interruptive idea. La stessa cosa si verificò grandi creativi.
sultato è un panorama in cui il digital è diventato ancor più saturo di
comunicazioni.
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Non smetterò mai di sottolineare che è
meglio che tutti leggano il libro per intero.
In questo modo tutti capiranno il ruolo
che rivestono e quanto sono dipendenti
l’uno dall’altro. Questa visione a tutto tondo non solo vi permetterà di essere migliori nel vostro lavoro, ma renderà l’intero lavoro creativo più comprensibile e più
gradevole.
Ovviamente sono consapevole che parlare di rendere le cose «gradevoli» potrebbe
dare l’impressione sbagliata, dal momento che stiamo attraversando la peggior crisi economica degli ultimi ottant’anni. Ma,
come spiegherò nel prossimo capitolo, fare un lavoro migliore non vuol dire autocompiacersi. È un fattore determinante
per il profitto sia del cliente sia dell’agenzia. E diventa ancora più importante
quando i tempi sono duri.
Crisi economica? Meraviglioso
In tempi difficili, i clienti non possono
permettersi di buttare soldi dalla finestra
per risolvere problemi di marketing e le
agenzie non possono permettersi di fare
lavori che passino inosservati. Quelli che
non hanno mai saputo cosa stessero facendo saltano subito all’occhio perché, come dice il proverbio, quando cala la marea ci si accorge di chi nuotava nudo.
Dall’altra parte, chi sa quello che fa si trova a prosperare in un momento di avversità. Durante la recessione degli anni 19911993 trasformammo la Ogilvy & Mather
Direct nella miglior boutique creativa di
direct marketing in Gran Bretagna.
Insieme ad altre agenzie che condivideva-
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no lo stesso pensiero, contribuimmo a lanciare una rivoluzione creativa che trasformò poi l’intera industria mondiale del
direct marketing, a eccezione dell’America
settentrionale. Allo stesso modo, fondammo la HTW durante la crisi del 2001-2003:
in quegli anni abbiamo fatto un mucchio
di soldi e siamo stati nominati Agenzia
dell’Anno sia da Campaign sia da
Marketing, soprattutto per la forza del nostro lavoro creativo.
Questo libro vorrebbe farvi raggiungere un
successo simile. Quindi andiamo avanti.
Cosa viene dopo
Il primo capitolo è rivolto a tutti quelli
che vogliono essere più creativi. Non solo a quelli che si occupano di banner, annunci stampa e mailing, ma anche a chi
cerca ispirazione per i propri documenti e
strategie.
Mentre il Capitolo 1 è rivolto ai singoli, il
Capitolo 2 tratta la costruzione di un ambiente in cui tutti vengono riuniti per generare grandi idee. Il Capitolo 3 presenta
un approfondimento delle grandi idee
di marketing e spiega perché le migliori
sono invariabilmente un esercizio di problema/soluzione. Nel Capitolo 4 è riportata una spiegazione dettagliata di come
avere una grande idea di marketing e di
come esprimerla in modo chiaro e semplice.
Nel Capitolo 5 vediamo in che modo la
relevant abruption può contribuire a farvi avere idee creative più efficaci. Dopo
tanta teoria, nel resto del Capitolo 5 e nel
Capitolo 6 ci sono un bel po’ di esempi
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creativi. Ma mentre nel Capitolo 5 ho
scelto per lo più brief tattici, a basso budget, per dimostrare come un buon lavoro
possa sfociare anche dalle premesse meno promettenti, nel Capitolo 6 troverete
campagne strategiche più importanti, che
mostrano come costruire una marca nella vecchia maniera e in quella nuova, e al
contempo vendere.
A questo proposito, il Capitolo 7 è tutto
sulla «vendita»: spiega le cinque aree di
conoscenza che dovreste padroneggiare
per persuadere anche il più circospetto
dei clienti a comprare le vostre grandi
idee.
E infine, nel Capitolo 8, completiamo l’opera con un panorama del lavoro più difficile di tutti, quello del direttore creativo,
e spieghiamo perché farlo vuol dire svolgere cinque lavori contemporaneamente.
Ok, fine del rullo di tamburi.
Con il vostro permesso, cominciamo.
Testi di riferimento
Malcolm Gladwell, The Tipping Point: How Little Things Can Make a Big Difference, Boston (Mass.),
Little, Brown & Co., 2000 (ed. it. Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti, Milano, Rizzoli, 2000).
Seth Godin, Permission Marketing: Turning Strangers into Friends, and Friends into Customers, New York,
Simon & Schuster, 1999 (ed. it. Permission marketing. Trasformare gli estranei in amici e gli amici in clienti,
Milano, Parole di Cotone, 2000).
Charlene Li, Josh Bernoff, Groundswell: Winning in a World Transformed by Social Technologies, Boston (Mass.),
Harvard Business Press, 2008.
Christopher Locke, Rick Levine, Doc Searls, David Weinberger,
The Cluetrain Manifesto: The end of Business as Usual, Cambridge (Mass.), Perseus Books, 2000
(ed. it. Cluetrain Manifesto, a cura di Antonio Tombolini, Roma, Fazi Editore, 2001).
Don Tapscott, Anthony D. Williams, Wikinomics: How Mass Collaboration Changes Everything, New York, Portfolio, 2006
(ed. it. Wikinomics. La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo, Milano, Etas, 2007).
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