SECONDA UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI NAPOLI VARIAZIONI DEI LIVELLI

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SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
DIPARTIMENTO MEDICO-CHIRURGICO DI INTERNISTICA
CLINICA E SPERIMENTALE “F. MAGRASSI – A. LANZARA”
TESI DI DOTTORATO DI RICERCA IN
ONCOLOGIA MEDICA & CHIRURGICA E IMMUNOLOGIA
CLINICA (XXII CICLO)
VARIAZIONI DEI LIVELLI CIRCOLANTI DI
LINFOCITI T REGOLATORI (Treg)
CD4+CD25+Foxp3+ IN PAZIENTI CON CANCRO DEL
COLON-RETTO SOTTOPOSTI A RESEZIONE
CHIRURGICA
COORDINATORE
TUTOR
Ch.mo Prof.
Ch.mo Prof.
Fortunato CIARDIELLO
Giacomo LUCIVERO
CANDIDATA
Dr.ssa Ausilia SELLITTO
ANNO ACCADEMICO 2008 -2009 1 INDICE INTRODUZIONE……………………………………………………………………………..3 CAPITOLO 1 ‐ FISIOLOGIA DEI LINFOCITI T REGOLATORI…………………6 •
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Immunofenotipo………………………………………………………………….6 Origine ……………………………………………………………………..……….10 Sottopopolazioni………………………………………………………………..12 Omeostasi …………………………………………………………………………13 Modalita’ di immunosoppressione………………………..……………15 Ricircolo e compartimentalizzazione…………………………………..18 CAPITOLO 2 ‐ RUOLO DEI LINFOCITI T REGOLATORI IN PATOLOGIA UMANA………………………………………………………………….……………..…….22 •
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Treg e malattie allergiche …………………………………………………..22 Treg e malattie autoimmuni ..……………………………………………24 Treg e malattie infettive………………………………………………….….25 Treg e trapianti…………………………………………………………………..25 Treg e neoplasie …………………………………………………………………26 CAPITOLO 3 ‐ CANCRO DEL COLON‐RETTO………………………………….32 CAPITOLO 4 ‐ LINFOCITI T REGOLATORI E CANCRO DEL COLON‐
RETTO………………………………………………………………………………………....36 CAPITOLO 5 – STUDIO SPERIMENTALE ………………………………………..40 • Pazienti, materiali e metodi ………………………….……………………40 • Risultati ..…………………………………………………..….…………………..45 • Discussione e conclusioni .…………………………………………...……49 BIBLIOGRAFIA ……..………………………………………………………………………53 GLOSSARIO…………………………………………………………………………....……77 2 INTRODUZIONE Il sistema immunitario rappresenta un complesso di molecole, cellule, tessuti e organi deputati a fornire protezione verso i diversi organismi estranei potenzialmente pericolosi per l’organismo. Schematicamente, l’organizzazione funzionale del sistema immunitario prevede, da un lato, il mantenimento di uno stato di non responsività verso le molecole proprie dell’organismo (self), dall’altro la strutturazione di una risposta protettiva verso gli antigeni estranei (non self). La selezione clonale timica dei linfociti T rappresenta il principale meccanismo che conduce alla tolleranza per il self; tuttavia, si è constatato che cloni linfocitari autoreattivi sono riscontrabili anche nei soggetti normali. Nonostante ciò, le malattie autoimmuni si manifestano solo in una piccola percentuale di casi, per cui, oltre alla tolleranza centrale (timica), coesistono necessariamente ulteriori meccanismi atti al mantenimento dell’integrità del complesso degli antigeni self anche in periferia, tramite l’inattivazione dei cloni linfocitari autoreattivi. Ai già noti meccanismi di tolleranza periferica, quali l’anergia, il network idiotipico, la morte cellulare per apoptosi indotta dall’attivazione, la segregazione anatomica degli antigeni self, l’ignoranza clonale, si è aggiunta la scoperta, peraltro recente, dei linfociti T regolatori T (Treg), in grado di sopprimere attivamente le risposte immunitarie. 3 Il concetto di inibizione immunitaria mediata da cellule T risale a quasi 40 anni fa, quando Ghershon e Kondo1 descrissero l’induzione di tolleranza immunitaria antigene‐specifica in animali naïve attraverso il trasferimento di cellule T già attivate dall’interazione con i rispettivi antigeni. Il concetto di immunosoppressione mediata da cellule T fu a lungo accantonato, a causa, principalmente, della mancanza di strumenti e metodi di caratterizzazione ed isolamento delle presunte cellule T immunoregolatrici. Risale, infatti, al 1995 un lavoro condotto da Sakaguchi et al.2, in cui venne identificata una popolazione di linfociti T caratterizzati da un’elevata espressione superficiale di CD25 e in grado di prevenire l’insorgenza di fenomeni autoimmuni in modelli murini. Da allora si sono succeduti numerosi studi volti ad una migliore caratterizzazione immunofenotipica e funzionale di questi linfociti T regolatori (in breve Treg), sia in condizioni fisiologiche che patologiche. I linfociti Treg si sono contraddistinti come la principale popolazione di linfociti T deputata al controllo della tolleranza periferica per il self negli animali da esperimento (Figura 1), in quanto capaci di impedire l’insorgenza di autoimmunità multi‐organo da timectomia o da trasferimento di cellule T CD4+, dopo induzione di linfocitopenia2. La loro rimozione dai compartimenti linfoidi periferici sembra incrementare la risposta del sistema immunitario verso le neoplasie maligne, i tessuti trapiantati (rigetto) e gli agenti infettivi3‐6. Inoltre, il deficit dei linfociti T CD4+CD25+ causato da una mutazione congenita a carico del gene codificante per il fattore di trascrizione forkhead box P3 (Foxp3), antigene intracellulare che caratterizza la popolazione Treg, 4 è associato, sia nel topo che nell’uomo, ad una sindrome autoimmune caratterizzata da enteropatia, endocrinopatia e dermatite (sindrome IPEX)7. Figura 1. A. La timectomia in epoca neonatale o la deplezione dei Treg determina nel topo lo sviluppo di autoimmunità e il rapido rigetto dei trapianti. B. Il trasferimento di cellule Treg in cavie in cui è stata indotta linfocitopenia protegge contro le manifestazioni autoimmuni sottese dai linfociti T effettori CD4+CD25‐. GVHD: graft versus host disease. GVL: graft versus leukemia. Tx: trapianto. Da: Mottet C, Golshayan D. CD4+CD25+Foxp3+ T regulatory cells: from basic research to potential therapeutic use. Swiss Med Wkly 2007;137:625–634 La tolleranza immunitaria verso allergeni, autoantigeni ed antigeni tumorali è associata all’aumento del numero dei Treg, suggerendo che la manipolazione della loro attività in positivo o in negativo possa rappresentare in futuro una strategia da sfruttare per il trattamento di malattie atopiche, autoimmuni, neoplastiche e del rigetto di trapianti. 5 CAPITOLO 1 FISIOLOGIA DEI LINFOCITI T REGOLATORI Immunofenotipo dei Treg Sono state caratterizzate diverse popolazioni di Treg, distinguibili principalmente in CD4+CD25+ naturali ed inducibili (Figura 2). Queste cellule mediano un’importante soppressione dei linfociti T autoreattivi normalmente presenti in periferia, così come una modulazione negativa delle risposte immunitarie contro gli antigeni non self8,9. Figura 2. I linfociti CD4+CD25+ regolatori naturali ed inducibili regolano l’attività dei linfociti effettori CD4+CD25‐ in diversi contesti immunologici (riquadro rosa). I linfociti Treg naturali (nTreg) originano dal timo e rientrano nel comune repertorio delle cellule T CD4+ naïve; invece, i vari subsets di linfociti Treg inducibili (iTreg) originano in periferia da cellule T che hanno già riconosciuto il proprio specifico antigene, ma acquisiscono attività immunosoppressiva. APC: antigen‐presenting cells (cellule presentanti l’antigene). Da: Piccirillo CA, Thornton AM. Cornerstone of peripheral tolerance: naturally occurring CD4+CD25+ regulatory T cells. Trends Immunol 2004;25:374­380 6 I CD4+CD25+ naturali rappresentano l’ 1‐10%10‐12 delle cellule T CD4+ presenti in periferia ed esprimono costitutivamente recettori policlonali costituiti da una catena α ed una catena β (non si è ancora compreso se per i Treg sia possibile distinguere due repertori di TCR destinati al riconoscimento, rispettivamente, di antigeni self e non self), la catena α e β del recettore per l’ IL‐2 (CD25, CD122), bassi livelli dell’antigene 4 associato ai linfociti T citotossici CTLA‐4 (CD152, espresso anche sulla superficie di cellule T CD4+ già attivate allo scopo di “frenarne” l’attivazione) ed alti livelli della proteina appartenente alla famiglia dei recettori per il TNF indotta dai glucocorticoidi (GITR)13‐16. Numerosi studi molecolari hanno identificato altri antigeni di membrana sui Treg, quali CD103, galectina‐1, Ly6, OX‐40, 4‐IBB, TNFR2, TGF‐βR1, PD1 (programmed cell death 1) e neuropilina 117‐19 (Figura 3). L’utilizzo di tali antigeni quali marcatori specifici dei Treg deve essere cauto, in quanto queste molecole risultano espresse anche dai comuni linfociti CD4+CD25‐, eccezion fatta per CD103. In ogni caso, nessuna di queste molecole sembra essere direttamente coinvolta nell’esercizio della funzione immunosoppressiva ed il loro significato resta incerto. Inoltre, i Treg CD4+CD25+ esprimono anche un fattore di trascrizione, Foxp3, che gioca un ruolo chiave per il loro sviluppo e funzione20 e che costituisce, ad oggi, il principale antigene intracellulare caratterizzante tali cellule. L’identificazione del fattore di trascrizione Foxp3 come fattore cruciale per il controllo dell’espressione genica dei Treg ha rappresentato un ulteriore passo avanti nella comprensione della biologia di queste cellule, sebbene tale molecola 7 possa essere riscontrata ed indotta anche in cellule T ad attività non soppressiva21,22. Figura 3. Molecole riscontrate sulla superficie dei Treg. X,Y,Z: molecole specifiche non ancora scoperte. Da: Piccirillo CA, Thornton AM. Cornerstone of peripheral tolerance: naturally occurring CD4+CD25+ regulatory T cells. Trends Immunol 2004;25:374­380 Foxp3 è codificato da un gene da cui derivano altre tre isoforme (1,2,4), in grado di coniugarsi variamente in omodimeri o eterodimeri, appartenente alla famiglia dei fattori di trascrizione forkhead‐type, i quali sono accomunati dalla presenza di un dominio winged helix destinato all’interazione con il DNA23,24. Si tratta di un fattore di trascrizione implicato nella soppressione dell’espressione di sequenze nucleotidiche trascritte nei linfociti T effettori attivati, controllate dal fattore di trascrizione NF‐κB, tra cui i geni codificanti per IL‐2, IL‐4, IFN‐γ, TNF25,26. Come già accennato, Foxp3 è stato identificato, in origine, come il prodotto di un gene (Figura 4) coinvolto, se mutato, nel determinismo di una sindrome ereditaria a trasmissione diaginica 8 recessiva, osservata sia nel topo che nell’uomo, nota con l’acronimo di IPEX7,27‐30. Figura 4. Organizzazione del locus genico codificante per Foxp3 e mutazioni determinanti IPEX. Da: Chatila TA. Role of regulatory T cells in human disease. J Allergy Clin Immunol 2005;116:949­
959 Nel topo maschio, le mutazioni a carico di FOXP3 provocano la morte intorno alla terza settimana di vita, a causa di una severa, diffusa patologia linfoproliferativa ed infiltrativa. Si osserva, altresì, disregolazione allergica con iperproduzione di IgE ed eosinofilia29. Nell’uomo, la sindrome IPEX 31‐35 si presenta con varie manifestazioni autoimmuni (diabete mellito tipo I, anemia emolitica, malattie infiammatorie croniche autoimmuni dell’intestino, dermatite eczematosa) sin dall’età neonatale, oltre al riscontro di elevati livelli sierici di IgE, intensa eosinofilia ed evidente tendenza dei linfociti T CD4+ a manifestare una secrezione citochinica di tipo Th231,36. 9 Origine dei Treg Lo sviluppo dei linfociti CD4+CD25+ naturali ha luogo presso il timo. Una conferma di ciò deriva dal fatto che la timectomia alla nascita è associata ad autoimmunità da deficit di CD4+CD25+37. I meccanismi che regolano la crescita dei Treg nel timo non risultano ancora del tutto chiari. Secondo l’ipotesi oggi maggiormente condivisa, lo sviluppo dei Treg sarebbe legato ad un’interazione tra TCR e complessi MHC‐peptide self esposti sulla superficie delle cellule epiteliali timiche, localizzate soprattutto presso i corpuscoli di Hassall, a livelli di avidità simili a quelli richiesti per l’instaurazione della tolleranza centrale38‐41 (interazioni TCR⁄MHC‐peptide self ad elevata affinità normalmente inducono la selezione e delezione del clone linfocitario autoreattivo), in presenza di adeguata costimolazione42,43. Il fulcro della crescita e della maturazione timica dei cloni CD4+CD25+ andrebbe, quindi, ricercato nella resistenza al meccanismo di induzione della tolleranza centrale basato sull’interazione TCR⁄MHC‐peptide self, forse associata all’elevata espressione sulla superficie cellulare di GITR44. In periferia, la maggior parte dei Treg naturali esprime costitutivamente alti livelli di CD25, quantunque una significativa minoranza manifesti bassi livelli di tale antigene45,46. Entrambe le popolazioni sono immunosoppressive ed entrambe esprimono il fattore di trascrizione Foxp3. Si ipotizza che la popolazione di Treg a bassa espressione di CD25 rappresenti un sottogruppo che abbia ridotto per fini omeostatici la propria attività45. La sopravvivenza dei Treg in periferia dipende in maniera critica dall’interazione del TCR 10 con antigeni self e dall’azione dell’IL‐2 e del TGF‐β. Nonostante i Treg non producano IL‐2, il loro sviluppo nel timo e la loro sopravvivenza in periferia dipende da tale citochina47. Inoltre, studi condotti su topi con deficit neonatale di TGF‐β hanno dimostrato che tale citochina è necessaria per il mantenimento dell’espressione di Foxp3 e della funzione regolatoria, ma non per il loro sviluppo nel timo48. Oltre ai Treg naturali, è possibile ottenere in vitro un altro gruppo di cellule T regolatorie, mediante esposizione dei linfociti T CD4+CD25‐ all’azione di particolari stimoli (es., anticorpi anti‐CD28 e anti‐TCR, TGF‐β1, vitamina D3, desametasone)46,49‐52. Queste cellule CD4+CD25+ inducibili esprimono Foxp3 e manifestano le stesse proprietà regolatorie dei Treg naturali. La relazione tra Treg naturali ed inducibili è particolarmente interessante: i Treg inducibili derivano dai Treg naturali maturati e commissionati nel timo che oscillano in periferia tra uno stato funzionale CD4+CD25‐ ed uno stato CD4+CD25+ o traggono origine de novo da linfociti naïve non Treg? Sono riportate almeno due esperienze in vivo che dimostrano come i linfociti Treg inducibili originino dai linfociti T CD4+ naïve in periferia53,54. I risultati di questi esperimenti risaltano l’enorme plasticità sia in vivo che in vitro dei linfociti T CD4+CD25‐ nel differenziarsi in cellule T regolatorie CD4+CD25+, con possibili future ricadute sul trattamento di malattie autoimmuni umane, mediante l’infusione di Treg indotti ex vivo o attraverso l’immunoterapia. 11 Sottopopolazioni T ad attività immunoregolatoria Esistono anche altre sottopopolazioni di linfociti T implicati nell’immunoregolazione, oltre ai già citati Treg CD4+CD25+Foxp3+ (Tabella I), i cui reciproci rapporti non sono stati ancora pienamente elucidati. Tabella I. Sottopopolazioni Treg e principali meccanismi di immunosoppressione osservati in vitro ed in vivo. Da: Toda A, Piccirillo CA. Development and function of naturally occurring CD4+CD25+ regulatory T cells. J Leuk Biol 2006;80:458­470
Un sottogruppo è costituito dai Treg tipo 1 o Tr1. Queste cellule sono state, in origine, identificate in pazienti con grave immunodeficienza combinata, sottoposti con successo a trapianto di midollo non compatibile55. Le cellule Tr1 secernono IL‐10, IL‐5 e IFN‐γ, una piccola quantità di IL‐2 ed esercitano la loro funzione soppressiva attraverso un meccanismo dipendente dall’IL‐1056,57: si tratta di una popolazione linfocitaria che potrebbe giocare un ruolo chiave nel limitare la risposta immunitaria in quelle patologie caratterizzate da un elevato carico antigenico come infezioni o gravi infiammazioni58. Si è ipotizzato che i Treg secernenti IL‐10 e le cellule CD4+CD25+ rappresentino due differenti gruppi di cellule Treg specializzate. Il primo tipo controllerebbe in situ l’infiammazione e la distruzione 12 aspecifica dei tessuti, attraverso il rilascio di IL‐10 e TGF‐β, mentre il secondo tipo rivestirebbe una funzione omeostatica centrale nella regolazione della proliferazione di cellule T, attraverso un meccanismo mediato dal contatto diretto cellula‐cellula59. Un’altra popolazione di linfociti Treg secernenti IL‐10 può essere prodotta in vitro attraverso stimoli proliferativi in presenza di corticosteroidi e vitamina D3. Si tratta di cellule capaci di produrre IL‐
10, ma non le altre citochine proprie delle sottopopolazioni Th1 e Th251,52. È stata descritta un’ulteriore popolazione di Treg60,61, i Th3, la cui induzione è tipicamente legata alla somministrazione di antigeni per via orale e la cui azione si estrinseca principalmente attraverso la produzione di elevate concentrazioni di TGF‐β. Infine, Foxp3 è anche espresso in una piccola percentuale di linfociti T CD8+ avente molte caratteristiche in comune con la controparte CD4+CD25+, inclusa l’espressione costitutiva di CD25, CTLA‐4 e TGF‐
β63,64. Omeostasi dei Treg I linfociti Treg sono anergici e non producono IL‐2. Per la loro attivazione è richiesta, infatti, non solo la stimolazione del TCR, ma anche la presenza di adeguati livelli di IL‐210,65‐67. Quando stimolati in vitro solo da IL‐2, i Treg sopprimono la proliferazione e la produzione di citochine nei linfociti T CD4+CD25‐, nei linfociti CD8+ e nei linfociti Th1 e Th2 maturi, in maniera non antigene specifica65,68‐70. Questo effetto potrebbe essere la conseguenza dell’inibizione dell’espressione del gene codificante per IL‐2 nelle cellule bersaglio o 13 della competizione tra cellule Treg e cellule bersaglio per tale citochina65,71. L’IL‐2 risulta comunque essenziale per la sopravvivenza dei Treg, ma allo stesso tempo la riduzione della sua sintesi costituisce una diretta conseguenza della loro azione immunosoppressiva. Questo comportamento paradossale in vivo non trova ancora una spiegazione. Si ipotizza che, in condizioni fisiologiche, la sopravvivenza e l’omeostasi dei Treg sia legata principalmente alla stimolazione del TCR da parte dei complessi MHC‐peptide self ed alla presenza di bassi livelli di IL‐2, laddove, nel corso di un processo infiammatorio, l’attivazione dei Treg sarebbe legata ad un aumento della concentrazione di IL‐2, prodotta soprattutto dai linfociti T CD4 e CD8. È stato, inoltre, dimostrato che i Treg possono proliferare anche in assenza di citochine, se adeguatamente costimolati dalle cellule dendritiche attraverso le molecole della famiglia B7 (CD80 e CD86).72‐74 La stimolazione di CD28 da parte dei corrispettivi ligandi (CD80 e CD86) è coinvolta anche nello sviluppo a livello timico e nell’omeostasi periferica dei Treg75,76, attraverso l’attivazione di geni codificanti per fattori antiapoptotici quali IL‐2, Bcl‐2 e molecole simili. Non mancano esperimenti che confermano in maniera diretta o indiretta l’importanza di tutti questi fattori nello sviluppo e nel mantenimento di queste cellule. In uno studio75, topi NOD (non obese diabetic), knock‐out per CD28 e CD80 e CD86 (B7.1 e B7.2), sviluppavano diabete più rapidamente di topi NOD assegnati al gruppo di controllo. Schimpl et al.77 hanno dimostrato che topi con deficit di IL‐2, IL‐2Rα e IL‐2Rβ non posseggono Treg naturali e muoiono prematuramente per 14 una grave sindrome linfoproliferativa ed autoimmune. Infine, Malek et al.78 hanno, invece, descritto come ripristinare il compartimento dei linfociti Treg e prevenire la comparsa di manifestazioni di autoimmunità in topi knock‐out per IL‐2Rβ, mediante espressione di quest’ultima solo a livello timico, sottolineando come la via di trasduzione IL‐2/IL‐2R sia indispensabile per lo sviluppo dei Treg naturali. Modalità di immunosoppressione Le modalità attraverso cui i Treg esplicano la loro azione sono numerose e non ancora pienamente definite. In passato, è stato postulato che le cellule T CD4+CD25+ potessero inibire direttamente le cellule presentanti l’antigene (APC). Tuttavia, è stato dimostrato che i Treg possono agire anche attraverso un’interazione diretta T‐T indipendente dalle cellule APC79, sebbene non si possa escludere che le cellule presentanti l’antigene possano impegnarsi nella strutturazione di una piattaforma di interazione fisica Treg‐cellula T effettrice, necessitando i Treg di un’iniziale attivazione da parte delle APC in termini di costimolazione. Un altro meccanismo di immunosoppressione, anche se di minore importanza, è rappresentato dalla competizione tra Treg e linfociti T effettori per l’interazione con le APC (Figura 5). I Treg producono TGF‐β ed IL‐10, due citochine implicate nell’immunosoppressione. In particolare, in vitro esse non sembrano giocare un ruolo chiave nella biologia dei Treg, a differenza di ciò che è possibile osservare in vivo71.
15 Figura 5. Modalità di immunosoppressione mediate dai Treg. I Treg eserciterebbero la loro funzione attraverso (A) il contatto diretto con le APC, riducendone l’espressione delle molecole costimolatorie o competendo con i linfociti T effettori per l’interazione con B7.1 e B7.2; o attraverso (B) l’inibizione diretta dei linfociti T effettori. Da: Toda A, Piccirillo CA. Development and function of naturally occurring CD4+CD25+ regulatory T cells. J Leuk Biol 2006;80:458­470
Purtroppo, il reale ruolo di tali citochine non è ancora ben compreso in quanto, da un lato, non è noto l’effettivo peso esercitato dalla loro biosintesi indipendente dai Treg nel corso di una risposta immunitaria (da altri linfociti CD4+, cellule APC, etc.), dall’altro, non è possibile escludere che, in vivo, esse siano indispensabili per lo sviluppo e la sopravvivenza dei Treg, piuttosto che per l’azione immunosoppressiva. In vitro, il principale meccanismo immunosoppressivo sembra essere il contatto cellula‐cellula e si strutturerebbe indipendentemente dal TGF‐β e dall’IL‐10, secondo modalità non ancora ben precisate. Oltre alla competizione con i linfociti effettori per le APC ed all’inibizione di quest’ultime, le cellule Treg sembrano interagire con i linfociti anche mediante contatto diretto, tramite molecole non ancora identificate79,80. Inoltre, nella 16 soppressione delle risposte immunitarie, è stato dimostrato che, in seguito ad attivazione, i Treg esprimono il gene codificante per il granzima B e manifestano un’attività citotossica perforina‐
dipendente contro le cellule bersaglio81,82. Al contrario, in vivo, l’immunosoppressione sembrerebbe legata non solo alla diretta interazione cellula‐cellula, ma anche all’azione del TGF‐β e dell’IL‐
1048,83,84 (Figura 6). Tuttavia, cellule T CD4+ prive di TGFβ1RII o SMAD3 restano comunque suscettibili di immunosoppressione mediata dai Treg 85. Infine, la stimolazione di linfociti T CD4+ periferici da parte del TGF‐β, in presenza di altre citochine pro‐infiammatorie, ne determina la differenziazione in cellule Th17, dotate di attitudini completamente opposte ai Treg86. Figura 6. Principali meccanismi di controllo della risposta immunitaria attribuiti in vivo ed in vitro ai linfociti nTreg ed iTreg. Da: Toda A, Piccirillo CA. Development and function of naturally occurring CD4+CD25+ regulatory T cells. J Leuk Biol 2006;80:458­470
17 In linea di massima, secondo le attuali conoscenze, i linfociti iTreg (inducibili) agiscono in vivo tramite secrezione di IL‐10 e TGF‐β, mentre i nTreg (naturali) modulano l’immunosoppressione tramite le sole citochine e/o un meccanismo di inibizione che prevede il contatto diretto cellula‐cellula. Probabilmente, la prevalenza o meno di un meccanismo sull’altro, fra quelli sopra citati, dipende principalmente dal contesto operativo6,87.
Ricircolo e compartimentalizzazione Un appropriato ricircolo e compartimentalizzazione sono indispensabili per le cellule del sistema immunitario ai fini di un’efficiente risposta immunitaria in vivo. E’ oggetto di discussione se i Treg modulino la risposta immunitaria attraverso la selettiva migrazione e l’accumulo nei siti ove è richiesta l’attività regolatoria. I dati finora disponibili sull’argomento sono a favore della capacità di migrazione da parte dei Treg, ad opera di specifiche interazioni chemochine/recettore ed integrine/ligandi. In condizioni di omeostasi, i Treg sono principalmente localizzati a livello del timo, quantunque siano dimostrabili anche nel sangue periferico, i linfonodi, la milza e il midollo osseo10,12,88‐90, con ineguale distribuzione nei diversi compartimenti. È comunemente accettato che i Treg maturino nel timo e successivamente migrino nei tessuti periferici. L’integrina CD62L è una molecola cruciale per l’accasamento (homing) linfonodale delle cellule del sistema immunitario. Anche se studi recenti hanno evidenziato capacità immunosoppressive per entrambi i linfociti CD4+CD25+CD62L+ e 18 CD4+CD25+CD62L‐91,92, i primi appaiono svolgere una funzione prevalente. Ermann J. et al.93 hanno, infatti, evidenziato che i linfociti CD4+CD25+CD62L+ sono più efficienti nel proteggere dalla risposta del trapianto contro l’ospite (GVHD), probabilmente perché dotati di una maggiore capacità di migrazione e di marginazione linfonodale. Inoltre, se si blocca la migrazione dei Treg nei linfonodi utilizzando anticorpi anti‐CD62L, si ottiene facilmente promozione del rigetto94. Il recettore chemochinico CCR7 è un’altra molecola di superficie importante nell’homing delle cellule immunitarie. La molecola CCL19, ligando di CCR7, guida la migrazione dei Treg presso le aree T degli organi linfoidi periferici95. In seguito ad attivazione, l’espressione dei recettori per chemochine sulla superficie dei Treg si modifica, passando da CCR7 a CXCR5. Questa variazione determina una significativa riduzione della migrazione verso CCL19, a favore della migrazione verso CXCL13, una chemochina espressa presso le aree B degli organi linfoidi. Una volta attivati, quindi, i Treg si spostano dalle aree T a quelle B. Il midollo osseo gioca un ruolo critico anche nella regolazione del sistema immunitario96‐98, oltre ad esplicare una funzione ematopoietica. Seppur sprovvisto di vasi linfatici, esso rientra nel network di ricircolazione dei linfociti, con milioni di cellule linfocitarie che vi transitano ogni giorno. Inoltre, sia nell’uomo che nel topo, più del 25% dei linfociti T CD4+ presenti a livello del midollo osseo sono fenotipicamente e funzionalmente etichettabili come Treg90. Ciò suggerisce che, in condizioni di omeostasi, il midollo osseo possa svolgere la funzione di organo immunoregolatore attraverso il 19 reclutamento e lo smistamento dei Treg, che, a livello molecolare, sembrano modulate dalle interazioni tra il recettore chemochinico CXCR4 e il suo ligando CXCL1290. I Treg del midollo esprimono sulla loro superficie CXCR4, il recettore per CXCL12, ed il rilascio degli stessi sembra essere legato all’azione del G‐CSF, che inibisce la sintesi midollare di CXCL1290. L’attivazione dei Treg sembra, inoltre, incrementare l’espressione di CXCR4 riducendone, tuttavia, la responsività a CXCL1290. La figura 7 riassume le specifiche interazioni molecolari alla base della circolazione e compartimentalizzazione dei Treg nei vari organi e tessuti. Figura 7. Traffico e distribuzione dei linfociti Treg in organi e tessuti. Specifiche interazioni chemochine/recettori guidano la compartimentalizzazione presso il midollo osseo, i tumori, i trapianti, i linfonodi e le sedi di processi infiammatori. Da: Wei S, Kryczek I, Zou W. Regulatory T‐cell compartmentalization and trafficking. Blood 2006;108:426­431 20 Sebbene il timo, sede di maturazione dei Treg, vada incontro ad involuzione dopo l’adolescenza, le cellule T regolatorie sono evidenziabili nel nostro organismo per tutta la vita. Le conoscenze attuali sulle modalità attraverso cui i Treg si rigenerino fisiologicamente sono limitate. E’ noto che i linfociti CD8+ sembrano sopravvivere grazie ad una costante proliferazione in assenza di stimolazione antigenica, in presenza di IL‐15 ed IL‐7 nel contesto del midollo osseo99,100. Questo dato, estrapolato alle altre sottopopolazioni linfocitarie, potrebbe indicare il midollo osseo come una sede elettiva di proliferazione, e non solo di localizzazione, anche per i Treg. Questa ipotesi spiegherebbe anche perché il midollo osseo, forse proprio a causa dell’immunotolleranza indotta dai Treg, costituisca una nicchia ospitale per la crescita e la ritenzione di cellule tumorali primitive e metastatiche. 21 CAPITOLO 2 RUOLO DEI LINFOCITI T REGOLATORI IN PATOLOGIA UMANA Dopo l’iniziale caratterizzazione dei Treg, il loro ruolo è stato studiato specificamente anche nell’ambito di peculiari condizioni cliniche, quali malattie atopiche, autoimmuni, infettive, nel trapianto d’organo ed in numerose neoplasie (Figura 8). Figura 8. I linfociti nTreg regolano l’equilibrio tra tolleranza e immunità verso gli antigeni (Ag) self e non self. Alterazioni nello sviluppo o nella funzione dei nTreg, provocata da fattori di natura chimica, fisica, ambientali o genetici, possono determinare autoimmunità ed anche un incremento della risposta immunitaria verso tumori, allergeni, trapianti e vari patogeni. Da: Toda A, Piccirillo CA. Development and function of naturally occurring CD4+CD25+ regulatory T cells. J Leuk Biol 2006;80:458­470
Treg e malattie allergiche In generale, si è dimostrato che i Treg appartenenti a pazienti atopici risultano meno efficaci nel sopprimere la proliferazione di linfociti T CD4+CD25‐ stimolati da allergeni, rispetto a pazienti non atopici. 22 A livello di organo, i Treg potrebbero essere implicati nella modulazione dell’attività immunitaria della mucosa intestinale, promuovendo la tolleranza antigene‐specifica verso i trofoallergeni e gli antigeni appartenenti alla microflora batterica dell’intestino crasso. Pertanto, un loro deficit qualitativo o quantitativo potrebbe contribuire alla patogenesi delle allergie alimentari (intolleranza alle proteine del latte vaccino)101 e delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD)102‐104. Normalmente, il contenimento della risposta immunitaria indotta dai batteri Gram negativi si realizza anche attraverso il reclutamento dei Treg, mediante stimolazione, operata dall’antigene lipopolisaccaridico (LPS), del rispettivo recettore Toll‐
like (TLR) sulla loro membrana105 (i Treg sono dotati di numerosi TLR, tra cui TLR‐2, TLR‐4, TLR‐5, TLR‐7, TLR‐8); al contrario, la produzione di IL‐6, conseguente all’attivazione, indotta da LPS, delle cellule dendritiche immature, inibisce direttamente i Treg106. Per quanto concerne l’organo cutaneo, i linfociti Treg potrebbero giocare un ruolo anche nella patogenesi della dermatite atopica. In pazienti con tale affezione, Ou et al.107 hanno dimostrato che l’enterotossina B di Staphylococcus aureus è in grado di inibire i Treg, determinando uno squilibrio a favore dei linfociti T CD4+ effettori, con conseguente mantenimento del processo infiammatorio. L’immunoterapia specifica, che determina una riduzione della risposta dei linfociti T agli allergeni, una riduzione della produzione di citochine Th2 indotta dall’allergene ed, eventualmente, lo spostamento della risposta immunitaria in senso Th1, sembra agire favorendo un incremento delle cellule Treg e dei livelli di citochine da 23 esse prodotte108,109. Anche i corticosteroidi, nell’ambito della loro azione anti‐infiammatoria, sembrano capaci di promuovere la crescita e l’attivazione dei Treg attraverso l’aumento dell’espressione di Foxp3. Infatti, l’espressione di tale fattore è aumentata nelle cellule T CD4+ di pazienti asmatici sottoposti a somministrazione di glucocorticoidi per via inalatoria o endovena110,111, mentre ciò non si verifica in pazienti affetti da asma severo, non responsivo alla somministrazione di glucocorticoidi (glucocorticoidi resistenti)112. Treg e malattie autoimmuni Diverse malattie a presunta o accertata patogenesi immunitaria o autoimmunitaria sono state associate ad un’alterazione dell’attività della popolazione T CD4+CD25+113,114, quali la sclerosi multipla115 , la sindrome polighiandolare autoimmune tipo 2116, la miastenia gravis117, la psoriasi118, il diabete mellito tipo I119, il lupus eritematoso sistemico120, le IBD101‐103. In tali patologie, si è constatato una riduzione dell’espressione di Foxp3 e delle citochine prodotte dai Treg, in assenza di una loro deplezione, indice di un difetto di funzione regolatoria di tipo qualitativo piuttosto che quantitativo. Nell’artrite reumatoide, invece, è stata riscontrata la presenza di una normale soppressione dell’attività proliferativa dei linfociti CD4+CD25‐ senza, tuttavia, un adeguato controllo della produzione, da parte di questi ultimi, di citochine pro‐infiammatorie, quali TNF‐
α121. Inoltre, l’immunoterapia con autoantigeni somministrati per via orale in pazienti con artrite reumatoide è in grado di incrementare il numero di Treg, ridurre la proliferazione dei linfociti T autoreattivi e 24 favorire lo deviazione della risposta immunitaria dal tipo Th1 verso il tipo Th2122. Treg e malattie infettive L’attività dei Treg può modificare positivamente o negativamente la storia naturale delle infezioni, a seconda se ci si trovi di fronte ad una patologia acuta e autolimitante o cronica e persistente e in relazione alla consistenza del danno tissutale mediato dal sistema immunitario123,124. Ad esempio, si è osservato che il numero di Treg circolanti in pazienti affetti da HCV correla inversamente con l’entità del danno epatico125; nell’infezione da HIV, l’infezione consensuale dei Treg sembra favorire ed accelerare la progressione della malattia126; topi immunodeficienti con infezione da Leishmania major6 o Pneumocystis carinii127 hanno una risposta immunitaria più efficace, con eradicazione dell’infezione, piuttosto che una sua cronicizzazione, se si induce la deplezione dei Treg; in pazienti con gastroduodenite cronica da Helicobacter pylori, si è riscontrata un’ aumentata presenza di linfociti immunoregolatori a livello mucosale, con conseguente impedimento all’affermazione di un’adeguata memoria immunitaria128,129. Treg e trapianti L’induzione ed il mantenimento dell’immunotolleranza verso i tessuti trapiantati è un processo attivo che coinvolge multipli meccanismi cooperativi per prevenire il rigetto. È stato più volte dimostrato che i Treg giocano un ruolo importante nell’allotolleranza130‐132. I primi 25 studi condotti sull’argomento hanno evidenziato la possibilità di indurre una tolleranza specifica attraverso il trasferimento di Treg dalla milza e dai linfonodi di topi tolleranti a topi naïve. Pertanto, la soppressione mediata dai Treg contro il rigetto dei trapianti è un processo attivo, operante a livello dei tessuti linfoidi, che prevede la persistente presenza di Treg presso la sede del trapianto. La migrazione dei linfociti Treg presso la sede del trapianto sembra essere guidata dalle stesse interazioni molecolari che ne sottendono il trasferimento presso la sede di una neoplasia, anche se il recettore CCR5 sembra essenziale per il loro reclutamento sia a livello degli organi linfoidi, sia a livello degli organi bersaglio della GVHD133. Treg e neoplasie Il sistema immunitario può rispondere nei confronti di una cellula cancerosa, reagendo contro gli antigeni tumore‐specifici o contro gli antigeni tumore‐associati134. Esempi di antigeni tumore‐specifici sono le proteine E6 ed E7 dei papillomavirus 16 e 18, coinvolti nella patogenesi del carcinoma della cervice135 e l’antigene EBNA del virus di Epstein‐Barr, coinvolto nella patogenesi del linfoma di Burkitt136. A questi si aggiunge un vasto elenco di molecole identificate negli ultimi anni, tramite differenti tecniche, che derivano principalmente dalla trasformazione di antigeni self in antigeni tumorali. Attualmente, si distinguono tre possibili meccanismi con cui un antigene self può trasformarsi in un antigene tumorale: 1) in seguito a mutazione puntiforme a carico del gene per esso codificante, con conseguente modificazione del peptide derivante dalla sua 26 elaborazione proteomica e destinato all’associazione con molecole MHC per l’interazione con le cellule T; 2) in seguito a mutazioni attivanti a carico del suo promotore o del promotore di fattori di trascrizione transattivanti, con conseguente iperproduzione ed incremento della presentazione dei peptidi derivanti dalla sua elaborazione, in associazione alle molecole MHC; 3) in seguito a modificazione del normale processamento post‐translazionale, con conseguente esposizione sulla superficie della cellula tumorale di un repertorio antigenico alterato. Il sistema immunitario esplica, quindi, una funzione di immunosorveglianza, esplicantesi nel riconoscimento e nell’eliminazione delle cellule maligne, come avviene per gli agenti provenienti dall’ambiente esterno. Pertanto, ciò che si realizza al momento dell’interazione tra sistema immunitario ed un clone cellulare neoplastico è un processo definito di immunoediting137, che può condurre a tre esiti: l’eradicazione della cellula maligna, l’instaurazione di uno status di equilibrio che conduce alla selezione di cloni neoplastici con ridotta espressione antigenica138 ed, infine, la strutturazione da parte delle cellule neoplastiche di strategie di evasione dal sistema immunitario139 (Figura 9). A differenza di quanto accade per i modelli animali, gli studi circa la biologia dei Treg nei tumori umani non risultano ancora così avanzati, soprattutto in virtù di una caratterizzazione immunofenotipica dei Treg non ancora sufficiente ad ottenere una marcata distinzione dalle cellule T effettrici. 27 Figura 9. Interazioni tra sistema immunitario e cellule tumorali. Presso il microambiente tumorale si instaura un equilibrio tra meccanismi finalizzati all’eradicazione del tumore e meccanismi che ne favoriscono la progressione. Da: Finn OJ. Cancer immunology. N Engl J Med 2008;358:2704‐2715 Nonostante ciò, i dati ottenuti da diversi lavori condotti su differenti tipi di neoplasie umane evidenziano un aumento locale e sistemico della presenza di Treg. In particolare, sembra, soprattutto da modelli murini, che un’importante immunosoppressione mediata dai Treg sia piuttosto precoce nella storia naturale di un tumore140, con inibizione della risposta antitumorale citotossica mediata dai CD8+141. Inoltre, la maggior parte dei linfociti infiltranti il tumore (TIL) risulta costituita, anche nella fase avanzata della malattia, da Treg sia naturali che indotti. La loro selettiva deplezione dal microambiente tumorale, associata alla neutralizzazione dell’IL‐10 e del TGF‐β, si associa ad un incremento della riposta immunitaria, allo sviluppo di una memoria antitumorale a lungo termine ed anche alla risoluzione favorevole di neoplasie localmente avanzate145. Attualmente, esistono diversi 28 lavori incentrati sullo sfruttamento di questa strategia nel trattamento di neoplasie umane143, attuata tramite anticorpi anti‐
CD25144‐147, anti‐CTLA4148 o ciclofosfamide149‐153. Il ricorso a questo approccio non è scevro da complicanze autoimmuni154, che rappresentano l’altra faccia della medaglia. L’analisi dei linfonodi drenanti la sede di un tumore dimostra, sia nell’uomo che nel modello animale, la coesistenza di linfociti effettori T CD4+ e linfociti Treg155. In particolare, uno studio condotto sul cancro ovarico umano ha messo in luce, nei linfonodi drenanti la neoplasia, una concentrazione di Treg inferiore a quella riscontrata nei TIL156. I linfonodi drenanti la sede di una neoplasia costituirebbero, quindi, la base di migrazione dei Treg verso il tumore. In accordo con questa ipotesi, si è osservato che i Treg che popolano il tumore ovarico, in ogni fase della sua storia naturale, esprimono sulla loro superficie CCR4, recettore che guida la loro migrazione verso il tumore, in risposta al CCL12 prodotto sia dalle cellule neoplastiche che dai macrofagi ad esse associate. Anche altre molecole sembrano coinvolte nella migrazione dei Treg verso la sede tumorale, in particolare CCL22156, la catena pesante della ferritina157,158 e le prostaglandine159. Nel cancro del polmone, la PGE2 rilasciata dalle cellule tumorali sembra aumentare il grado di espressione di Foxp3, contribuire alla conversione dei linfociti T CD4+ in Treg, richiamare in situ ed attivare i Treg naturali160. Al contrario, il blocco della ciclossigenasi 2 e dei recettori per prostanoidi EP2 ed EP4 si associa ad effetti diametralmente opposti159. Nell’uomo, i primi studi che evidenziano l’elevata concentrazione di Treg nei TIL si 29 riferiscono al cancro ovarico ed al carcinoma polmonare161. I successivi si sono concentrati sulla valutazione di molti altri tumori solidi, sino a considerare anche la concentrazione delle cellule regolatorie nel sangue periferico. Un’elevata concentrazione di Treg è riscontrabile non solo nei TIL, ma anche nel sangue periferico di pazienti portatori di diverse neoplasie (carcinoma del colon‐retto162‐
, carcinoma gastrico169‐171, carcinoma esofageo169‐171, carcinomi di 168
testa e collo172‐174, carcinoma pancreatico175, carcinoma polmonare non a piccole cellule176,177, mesotelioma pleurico178, carcinoma mammario178‐180, carcinoma ovarico181‐183, carcinoma dell’endometrio184, epatocarcinoma185‐189, carcinoma prostatico190, linfomi di Hodgkin191‐193 e non Hodgkin194,195, discrasie plasmacellulari196, leucemie197‐199, gliomi200), espressione di uno stato di immunosoppressione esteso anche a livello sistemico, che faciliterebbe l’estensione metastatica del processo neoplastico. Wolf et al.201 hanno confrontato le concentrazioni di Treg, stimate attraverso analisi citofluorimetrica, in 42 pazienti portatori di carcinomi in stadio avanzato (16 casi di carcinoma polmonare, 6 casi di carcinoma mammario, 9 casi di cancro del colon‐retto, 3 casi di carcinoma gastrico, 2 casi di carcinoma pancreatico, 2 casi di carcinoma della vescica, 1 caso di carcinoma esofageo, carcinoma faringeo, carcinoma della cervice e carcinoma dell’ovario) e in 34 controlli sani. E’ interessante notare che i pazienti affetti da neoplasie maligne presentavano un incremento dei linfociti CD4+CD25+ nel sangue periferico, con caratteristiche immunofenotipiche e funzionali sovrapponibili ai Treg. Tutte queste osservazioni giustificherebbero, 30 quindi, il ricorso a nuove strategie antitumorali volte alla riduzione dell’attività dei Treg e l’introduzione di nuovi parametri prognostici che evidenzino l’importanza del ruolo immunosoppressivo di tali cellule. 31 CAPITOLO 3 CANCRO DEL COLON‐RETTO Il cancro del colon‐retto costituisce la seconda più frequente causa di morte per patologia neoplastica nella popolazione maschile e in quella femminile, con un’età media di insorgenza intorno ai 60 anni (rare sono le forme ad insorgenza precoce al di sotto dei 45 anni) e una distribuzione mondiale disomogenea. Infatti, le aree geografiche maggiormente colpite sono rappresentate dal Nord America e dall’Australia, mentre le aree ad incidenza e prevalenza più basse sono rappresentate dall’Asia e dall’Africa. In Italia, il cancro del colon‐
retto interessa maggiormente le regioni centro‐settentrionali. Queste nozioni epidemiologiche sottolineano il peso dei fattori ambientali nel determinismo di questa patologia multifattoriale. La dieta sembra, in particolare, coinvolta nella patogenesi del cancro del colon‐retto. Regimi dietetici tipici dei Paesi industrializzati, caratterizzati da un elevato introito di grassi e carboidrati a fronte di una scarsa assunzione di alimenti ad elevato residuo e ricchi in fibre, sono strettamente associati ad un rischio maggiore di sviluppo di neoplasia202. Al contrario, un’alimentazione caratterizzata da un maggiore consumo di frutta e verdura sembra costituire un fattore protettivo203. Tutto ciò si spiegherebbe, principalmente, con un rallentamento del transito intestinale in assenza di fibre, con conseguente incremento della durata del contatto tra mucosa colica e molecole cancerogene e con un aumento della secrezione di sali biliari, che esercitano una nota attività detergente anche a carico 32 delle cellule epiteliali. Ai fattori ambientali si aggiungono i fattori genetici, quali le sindromi ereditarie tumorali a trasmissione autosomica dominante204 (sindrome AFAP e sue varianti, sindrome HPNLCC e sue varianti) o la semplice familiarità di I grado per cancro del colon‐retto, nonché diverse condizioni o lesioni pre‐cancerose, quali i polipi adenomatosi205, le IBD206 (soprattutto la rettocolite ulcerosa, in relazione alla sua durata), la poliposi giovanile, la poliposi di Peutz‐Jeghers, la poliposi di Cowden, la sindrome di Cronkhite‐
Canada. Attualmente, sono note due vie cancerogenetiche per il cancro del colon‐retto. La prima, più frequente ed in buona parte chiarita nelle sue diverse fasi evolutive geniche ed anatomopatologiche, si associa all’instaurazione di un’instabilità cromosomica, l’altra all’instabilità delle sequenze microsatelliti207. Dal punto di vista anatomopatologico, macroscopicamente, il cancro del colon‐retto si localizza più frequentemente a livello del retto e del colon discendente di sinistra, sebbene negli ultimi anni si stia registrando un crescente riscontro della localizzazione presso il colon destro. Si distinguono quattro forme di presentazione, distinguibili all’esame endoscopico ed anatomopatologico: polipoide o vegetante, ulcerativa, infiltrante, anulo‐stenosante. Dal punto di vista microscopico, si distinguono l’adenocarcinoma intestinale non altrimenti specificato, l’adenocarcinoma mucinoso, l’adenocarcinoma a cellule ad anello con sigillo (signet cells), il carcinoma midollare ed il carcinoma indifferenziato a piccole cellule. La presentazione clinica, ovviamente, varia con lo stadio e la sede d’insorgenza, in relazione alle caratteristiche assunte in situ dalla neoplasia ed alle 33 caratteristiche anatomo‐funzionali del distretto interessato. I principali sintomi e segni di sospetto, in pazienti anamnesticamente a rischio, sono l’insorgenza recente di turbe dell’alvo, sia in senso diarroico che stiptico, la presenza di anemia sideropenica, il calo ponderale, la presenza di una massa addominale o apprezzabile all’esplorazione digitale del retto, un quadro clinico compatibile con ostruzione intestinale bassa o perforazione. La diagnosi muove dal quadro clinico, dall’esame contrastografico e soprattutto dall’indagine endoscopica, corredata di biopsia e studio anantomo‐
patologico208,209. La stadiazione loco‐regionale e sistemica (Tabella II) si avvale principalmente di TAC addominopelvica, ecografia epatica, scintigrafia ossea, radiografia e TAC del torace, TAC del cranio210. Tabella II. Stadiazione del cancro del colon‐retto secondo Astler‐Coller (incorrettamente definita di Dukes). 34 I principali fattori prognostici sono rappresentati dall’età, modalità di presentazione, stadio di malattia, margini del tumore e di resezione, istotipo, grading, valori preoperatori di CEA (antigene carcinoembrionario), evidenza istologica di neuro‐angioinvasione ed angiogenesi, espressione di Ki67, EGFR I, p53, p27, bcl2, caderina, K‐
ras, HCG, instabilità delle sequenze microsatelliti, ploidia211. Attualmente, il trattamento del cancro del colon‐retto varia con lo stadio e si avvale, principalmente negli stadi A, B, C di Dukes, dell’intervento chirurgico con ricorso a chemioterapia adiuvante per gli stadi C1, C2 ed a volte B2212, nonché all’utilizzo della radioterapia per i tumori del retto e del canale anale. Negli stadi avanzati, è possibile, in casi selezionati, anche il ricorso alla chirurgia a scopo terapeutico, associata a chemioterapia in presenza di metastasi isolate epatiche213, oltre alla chemio‐ e radioterapia palliative per pazienti inoperabili214. 35 CAPITOLO 4 LINFOCITI T REGOLATORI E CANCRO DEL COLON‐RETTO Ad oggi, gli studi finalizzati a chiarire la presenza e le caratteristiche di un eventuale ruolo dei Treg nella biologia del cancro del colon‐retto umano non hanno ancora fornito risposte univoche. L’interpretazione delle evidenze delle investigazioni scientifiche è reso più complicato dal fatto che l’intestino crasso rappresenta un distretto dell’organismo necessariamente tollerogenico, in quanto interfacciato quotidianamente con l’ambiente esterno e, pertanto, cronicamente esposto a stimolazione antigenica da parte degli antigeni alimentari e della microflora batterica. La perturbazione del clima di tolleranza antigene‐specifica sembra sottendere le patologie a carattere autoimmune ed atopico del tubo gastro‐intestinale, quali le IBD101‐103 e l’allergia alle proteine del latte vaccino104. I Treg normalmente riscontrabili presso la mucosa intestinale contribuiscono allo status di non responsività verso antigeni sostanzialmente non nocivi. Nel caso del cancro del colon‐retto, è stato evidenziato che il numero dei Treg nella sede di neoplasia è, generalmente, aumentato, rispetto alla mucosa normale, con differenze significative nell’ambito dei vari stadi di malattia162,163 (Figura 10). Ad esempio, la concentrazione dei Treg in situ nei soggetti portatori di malattia in fase iniziale è risultata superiore a quella dei pazienti con malattia disseminata. Si è ipotizzato che, nel corso della storia naturale della neoplasia, il numero dei Treg presso la sede del tumore diminuirebbe a favore di un aumento della loro 36 concentrazione nel sangue periferico, con riduzione della risposta immunitaria sistemica al tumore e conseguente estensione metastatica della malattia. Figura 10. Valutazione immunoistochimica dei linfociti T CD8+ e dei linfociti CD3+Foxp3+ in due differenti campioni di cancro del colon: nel primo caso (A), si riscontrano un’elevata concentrazione di linfociti T CD8+ (membrana citoplasmatica in rosso) con un’elevata proporzione di Treg che esprimono Foxp3 (nucleo marrone) a livello stromale e presso l’epitelio maligno del tumore (C); nel secondo caso, invece, si riscontrano una bassa concentrazione di linfociti T CD8+ (B) e di Treg Foxp3+ (D). Da: Loddenkemper C, Schernus M, Noutsias M, et al. In situ analysis of Foxp3+ regulatory cells in human colorectal cancer. J Transl Med 2006 13;52 , Per quanto concerne la valutazione del rapporto tra l’infiltrazione dei Treg e l’entità della risposta immunitaria contro i TAA, il numero dei Treg, sia a livello epiteliale che a livello stromale, si è dimostrato solo lievemente superiore nei pazienti con scarsa risposta antitumorale. Questa piccola differenza, non statisticamente significativa, potrebbe 37 comunque costituire un indizio dell’attività immunosoppressoria dei Treg infiltranti il tumore. Nei linfonodi drenanti dalla sede di neoplasia, la concentrazione dei Treg correla con quella nei TIL e nel sangue periferico164. In merito alle eventuali ripercussioni prognostiche, non sembra che vi sia una significativa differenza tra i pazienti neoplastici con basso versus alto grado di infiltrazione in situ da parte dei Treg167. Va comunque ricordato che altri studi, condotti su diverse neoplasie umane, hanno, in realtà, prodotto conclusioni contrastanti sull’argomento. Infatti, nel caso del carcinoma esofageo e gastrico168, del cancro ovarico182, del carcinoma dell’endometrio uterino184, dell’epatocarcinoma186 e del glioma200, un’elevata infiltrazione da parte dei Treg si associa ad una prognosi sfavorevole. Al contrario, un’elevata concentrazione di linfociti Treg nel linfoma di Hodgkin e nel linfoma follicolare si correla ad una prognosi migliore, probabilmente per l’inibizione o il rallentamento di un microambiente citochinico pro‐infiammatorio, favorevole alla crescita neoplastica193,195. L’elevata infiltrazione di linfociti citotossici CD8+, parimenti, si associa ad una prognosi migliore215‐221. Il rapporto CD8+/Treg non sembra, generalmente, influenzare la prognosi, a differenza di quanto osservato nel cancro ovarico183. In situ, anche la relazione tra cellule dendritiche e macrofagi da un lato e i linfociti Treg dall’altro, è stata indagata in funzione della risposta immunitaria antitumorale sistemica e la sopravvivenza221. Un aumento dei macrofagi associati al tumore219,222‐225 e, soprattutto, delle cellule dendritiche associate al tumore226‐230, si correla, nel 38 cancro del colon‐retto, ad una prognosi migliore. Del tutto recentemente, si è dimostrato che la densità intratumorale dei Treg è direttamente proporzionale alla sopravvivenza, laddove un’elevata densità presso la normale mucosa del colon si associa ad una prognosi peggiore165. Altri autori hanno evidenziato che, nel cancro del colon, un’elevata densità intraepiteliale dei Treg è presente nelle neoplasie scarsamente differenziate, nei pazienti di sesso femminile ed in età avanzata, in assenza di un’evoluzione peggiore; invece, una ridotta densità dei linfociti T CD3+ ed un basso rapporto T CD3+/Treg si accompagna ad una riduzione dell’intervallo libero da malattia166. Nell’insieme, questi studi non risultano sempre concordanti e necessitano, pertanto di ulteriori conferme. Infine, è doveroso citare i risultati di uno studio sul ruolo dei Treg nella poliposi del colon‐retto, ove la fase benigna, adenomatosa, appare associata all’azione protettiva, anti‐infiammatoria, dell’IL‐10, mentre lo stadio cancerogeno si caratterizza per la comparsa dell’attività pro‐infiammatoria dell’IL‐17231. 39 CAPITOLO 5 STUDIO SPERIMENTALE Partendo dal presupposto che i pazienti con cancro del colon‐retto presentano un’aumentata attività T regolatoria, questo studio ha inteso verificare quale ruolo possa avere la neoplasia primitiva sul mantenimento di uno stato di immunosoppressione generale, valutando i livelli circolanti di Treg prima e dopo un intervento chirurgico di resezione radicale, laddove possibile. L’ipotesi di lavoro è che, se le cellule tumorali, come strategia di immunoevasione, sono in grado di indurre una risposta immunitaria T regolatoria attraverso meccanismi molecolari non ancora elucidati, la rimozione della massa tumorale, determinando parimenti una riduzione dei segnali molecolari necessari allo sviluppo e al richiamo dei Treg, dovrebbe parallelamente associarsi ad una riduzione delle cellule T regolatorie circolanti. PAZIENTI, MATERIALI E METODI Pazienti Tra giugno 2007 e giugno 2009, 41 pazienti (25 ♂, 16 ♀) di età compresa tra 41 e 87 anni (media ± deviazione standard [ds] 63.48±11.19, mediana 65), affetti da cancro del colon‐retto da sottoporre a resezione chirurgica, con caratteristiche di eligibilità per questo studio (v. infra), sono stati consecutivamente reclutati presso la II Divisione di Chirurgia Generale della SUN (Dir.: Prof. Carlo Pignatelli). In particolare, i suddetti pazienti non presentavano 40 patologie concomitanti (es., malattie autoimmuni, infiammatorie croniche o infettive) potenzialmente in grado di interferire con l’acquisizione e l’interpretazione dei dati dello studio; inoltre, nessun paziente era stato precedentemente sottoposto a trattamento radio‐ e/o chemioterapico. La stadiazione è stata effettuata in base al sistema TNM (Tumor‐Node‐Metastasis) e la classificazione di Dukes. Tutti i tumori sono risultati adenocarcinomi all’esame istopatologico. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico potenzialmente risolutivo (rimozione di tutto il tessuto tumorale primitivo macroscopicamente evidente e linfoadenectomia satellite), ad eccezione di 3 casi in cui l’intervento ha assunto solo carattere palliativo e dei pazienti con metastasi a distanza. Tutti gli interventi sono stati effettuati dallo stesso chirurgo, ad eccezione di due. Previo consenso informato, da tutti i pazienti è stata ottenuta una minima quantità di sangue eparinizzato (≈ 3 ml) immediatamente prima dell’intervento; da 36 di questi 41 pazienti è stato possibile ottenere, circa 30 giorni dopo l’operazione, una seconda aliquota di sangue eparinizzato da utilizzare per il confronto con i dati ottenuti prima della chirurgia. Tutti i prelievi ematici sono stati processati ed analizzati nel laboratorio di immunologia afferente alla Divisione di Medicina Interna & Immunoallergologia (Dir.: Prof. Giacomo Lucivero) entro 90 minuti dalla puntura venosa. Le caratteristiche demografiche e clinico‐patologiche dei singoli pazienti sono riportate nella tabella III. 41 Tabella III. Caratteristiche clinico‐patologiche individuali della popolazione di studio Treg pre: Treg pre‐intervento chirurgico; Treg post: Treg post‐intervento chirurgico; ND: non determinato 42 Infine, aliquote di sangue da 19 individui in buona salute, reclutati tra il personale medico e paramedico della SUN, sono state utilizzate come controlli e sottoposte alle medesime procedure previste per il sangue dei pazienti (v. infra). Reagenti e materiali Gli anticorpi monoclonali, direttamente coniugati con un fluorocromo (isotiocianato di fluoresceina [FITC], ficoeritrina [PE] o peridinin‐
clorofilla [PerCP]), specifici per CD3, CD4, CD25, CD19 o CD79a, nonchè gli isotipi aspecifici, sono stati acquistati dalla BD Biosciences (San Josè, California, USA). L’anticorpo monoclonale coniugato a FITC, specifico per Foxp3 (clone PCH101), è stato ottenuto dalla eBioscience (San Diego, CA, USA). La soluzione lisante per gli eritrociti (FACS lysing solution), la soluzione fissativa (Cytofix/Cytoperm), la soluzione permeabilizzante (BD PermWash), la soluzione di lavaggio (FACSFlow) e le provette in polipropilene per citofluorimetria sono state acquistate dalla BD Biosciences (San Josè, CA, USA). Immunofenotipizzazione e marcatura intracellulare Tali procedure sono state effettuate come già descritto232,233. In breve, la fenotipizzazione di superficie, per gli antigeni CD3, CD19, CD4 e CD25 è stata realizzata incubando, a 4°C per 30 minuti, 50 μL di sangue intero eparinizzato, posto in provettine per citofluorimetria, con la miscela di anticorpi monoclonali d’interesse. Al termine dell’incubazione, i globuli rossi sono stati rimossi mediante esposizione, per 10 minuti a 4°C, alla soluzione lisante (FACS lysing 43 solution). Le cellule residue sono state, quindi, lavate due volte con soluzione salina tamponata addizionata di sodio azide (FACSFlow) e sottoposte all’azione della soluzione fissativa (Cytofix/Cytoperm) per 20 minuti a 4°C. A questo punto, si è proceduto alla fase di permeabilizzazione cellulare necessaria per la marcatura di Foxp3. Le cellule sono state lavate due volte con la soluzione permeabilizzante (BD PermWash) e, infine, risospese in 50 μL di soluzione permeabilizzante, cui è stato successivamente aggiunto l’anticorpo monoclonale anti‐Foxp3 (10 μL). Parallelamente, un’aliquota di cellule permeabilizzate è stata incubata con un isotipo irrilevante coniugato a FITC (controllo negativo), mentre un’aliquota di cellule marcate in superficie con anti‐CD19 e anti‐CD4 è stata incubata in presenza dell’anticorpo anti‐CD79a, specifico per una proteina intracitoplasmatica esclusiva dei linfociti B (controllo di avvenuta permeabilizzazione e specificità). Dopo 30 minuti, le cellule sono state lavate in soluzione permeabilizzante (BD PermWash) per 2 volte, risospese in 250 μL di soluzione di lavaggio (FACSFlow) e sottoposte all’analisi citofluorimetrica su strumentazione FACScan (Becton Dickinson, CA, USA). Sono stati acquisiti 20000 eventi per ogni combinazione di anticorpi monoclonali. L’analisi è stata effettuata utilizzando il software WinMDI 2.9 (©Joseph Trotter, Scripps Research Institute, CA, USA), valutando la percentuale di cellule coesprimenti CD25 e Foxp3 sui linfociti T CD4+ (“gating” sulle cellule CD4+). 44 Analisi statistica Le differenze tra le percentuali di cellule Treg CD4+CD25+Foxp3+ prima e dopo l’intervento chirurgico, sia nella popolazione totale che nei gruppi suddivisi per stadio clinico, sono state valutate utilizzando il test t di Student per dati appaiati. Le differenze tra i gruppi suddivisi per stadio clinico sono state valutate utilizzando il test t di Student per dati non appaiati. Valori di p<0.05 sono stati considerati significativi. RISULTATI Percentuali di linfociti Treg CD4+CD25+Foxp3+ nei pazienti e nei controlli Nella popolazione di pazienti, globalmente intesa, la media±ds e la mediana dei valori di Treg circolanti risultavano essere pari a 4.31 ± 1.80 e 4.25, rispettivamente. Di contro, valori significativamente (p=0.038) più bassi (media±ds: 3.32±1.35; mediana: 3.39) si osservavano nei soggetti di controllo (Figura 11). Quando l’indagine statistica era applicata alla valutazione delle differenze tra soggetti sani e pazienti suddivisi per stadio di Dukes (ad eccezione dei pazienti in stadio Dukes A), si osservava una variazione significativa solo tra i valori dei controlli e i pazienti con stadio D di Dukes (p=0.011). 45 Figura 11. Density plots rappresentativi di un soggetto sano (in alto) ed un paziente con neoplasia del colon (n. 11, T3N0M0, Dukes B), in attesa di intervento chirurgico. Si riscontra una percentuale maggiore di cellule T CD4+CD25+Foxp3+ nel sangue periferico del paziente. (Citometria a flusso. Grafici ottenuti con il software WinMDI 2.9). Percentuali dei linfociti Treg CD4+CD25+Foxp3+ nell’intera popolazione di studio prima e dopo l’intervento chirurgico Considerando l’intera popolazione dei pazienti, si osservava una riduzione delle percentuali pre‐ (media±ds: 4.31±1.80, mediana 4.25) e post‐intervento chirurgico (media±ds: 3.65±1.44, mediana 3.54) dei linfociti Treg del sangue periferico (Figura 12), che risultava 46 statisticamente significativa (p=0.000478). Da notare che, nell’analisi statistica, erano stati inclusi anche i tre pazienti (n. 2, 14 e 23 della tabella III) sottoposti al solo intervento palliativo (ovvero senza possibilità di rimozione del tumore primitivo), per i quali era disponibile, al controllo a 30 gg, il valore percentuale di Treg circolanti solo per uno di loro (paziente n. 14 della tabella III), che risultava aumentato. Escludendo i pazienti che non avevano beneficiato di un intervento chirurgico radicale, le differenze tra le percentuali di linfociti Treg del sangue periferico prima e dopo l’operazione risultavano ulteriormente accentuate (p=0.000436). Figura 12. Esempio rappresentativo del comportamento dei linfociti Treg CD4+CD25+Foxp3+ nel sangue periferico di un paziente (n. 27, T2N0M0, Dukes A) sottoposto a intervento chirurgico potenzialmente risolutivo (Citometria a flusso. Dot plots ottenuti con il software WinMDI 2.9). 47 Percentuali dei linfociti Treg CD4+CD25+Foxp3+ nei pazienti suddivisi per stadio clinico Successivamente, allo scopo di verificare la possibilità di una correlazione tra stadio clinico e percentuali pre‐intervento chirurgico di linfociti Treg, i pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi in base alla classificazione di Dukes. Lo stadio Dukes A comprendeva 5 pazienti, lo stadio Dukes B includeva 13 pazienti, allo stadio Dukes C appartenevano 11 pazienti e, infine, 12 pazienti rientravano nello stadio Dukes D. La tabella IV riporta i valori percentuali di linfociti Treg del sangue periferico prima e dopo l’intervento chirurgico suddivisi in base alla classificazione di Dukes. Fatto salvo lo stadio A, che non può essere preso in debita considerazione data l’esiguità dei casi rappresentati, si può agevolmente notare, nei pazienti non ancora sottoposti all’intervento chirurgico, la tendenza, procedendo dallo stadio B allo stadio D, al progressivo incremento delle percentuali di linfociti Treg circolanti con l’aggravarsi dello stadio clinico (Figura 13). Tuttavia, presumibilmente a causa della frammentazione della popolazione in piccoli gruppi, l’indagine statistica non è risultata significativa. 48 Figura 13. Suddividendo i pazienti in relazione allo stadio di Dukes, si può notare la tendenza al progressivo incremento dei valori percentuali (espressi come mediana) dei Treg circolanti con il peggiorare dello stadio di malattia (freccia). Le differenze non sono statisticamente significative, probabilmente per la necessità di avere più pazienti in ciascuno stadio. I pazienti con cancro del colon‐retto in stadio A, seppur rappresentati graficamente, sono esclusi dall’analisi per l’esiguità dei casi (cono grigio). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI I risultati in itinere di questo studio (l’arruolamento dei pazienti è, infatti, tuttora in corso) hanno confermato l’aumento dei Treg nel sangue periferico di individui affetti da cancro del colon‐retto163,201. Infatti, nella coorte di soggetti normali, comparabili per sesso ed età alla popolazione dei pazienti, si è osservato, nel complesso, un valore significativamente più basso di linfociti T regolatori nel sangue periferico. In particolare, dai dati preliminari sinora in nostro possesso, appare soprattutto che il sottogruppo di pazienti con malattia disseminata (stadio D di Dukes) è maggiormente responsabile delle differenze osservate rispetto agli individui sani. 49 In letteratura, attualmente, non esistono studi che abbiano valutato “dinamicamente” il comportamento dei Treg circolanti. Infatti, se al tumore è da ascrivere l’aumento dei Treg osservato nel sangue nei pazienti, la rimozione della massa tumorale dovrebbe, in teoria, accompagnarsi ad una riduzione delle suddette cellule linfocitarie. In realtà, il principale reperto di questo studio è rappresentato proprio dal riscontro, nella popolazione esaminata in toto, della riduzione dei livelli di Treg circolanti, a distanza di un mese circa dall’asportazione della principale massa neoplastica. Non è stato possibile verificare l’andamento dei Treg circolanti oltre la media di 30 giorni dall’operazione, in quanto pressoché tutti i pazienti sono stati sottoposti a qualche tipo di terapia poco dopo l’analisi post‐
chirurgica dei livelli periferici delle cellule regolatorie. Pertanto, i risultati attuali di questo studio sarebbero a favore dell’effettiva capacità della malattia neoplastica di promuovere l’espansione della popolazione Treg, attuando così un espediente di immunoevasione in grado di proteggerla da una risposta immunitaria antitumorale137‐139. In termini concettuali, inoltre, ci si attenderebbe un valore di Treg circolanti più elevato nei pazienti con malattia più estesa. Infatti, se le cellule cancerose sono attivamente implicate nella generazione di una risposta immunitaria di tipo regolatorio, l’entità dell’immunosoppressione dovrebbe dipendere dalla quantità totale di cellule tumorali nell’organismo. Ne consegue che i pazienti con malattia metastatica dovrebbero presentare valori in assoluto più elevati di cellule regolatore circolanti170. Analizzando i valori di cellule CD4+CD25+Foxp3+ nei pazienti suddivisi per stadio di Dukes, si è, 50 infatti, registrato una progressiva tendenza all’aumento dei Treg circolanti, procedendo dallo stadio B allo stadio D (lo stadio A comprendeva solo 5 pazienti, per cui è stato escluso), sebbene le differenze tra i gruppi non siano risultate significative. Non è escluso, tuttavia, che l’ampliamento della casistica, con una maggiore rappresentazione dei pazienti in ciascuno degli stadi di Dukes, non confermi statisticamente il suddetto andamento. E’ interessante segnalare che 10 pazienti hanno presentato un aumento della concentrazione sierica dei Treg post‐intervento. Di questi, la maggior parte rientrava in stadi di malattia più avanzati (1 A, 3 B, 5 C, 1 D), per i quali la realizzazione di un intervento terapeutico radicale, ossia la rimozione di tutte le cellule neoplastiche, risultava più difficoltoso. Considerando, comunque, l’ancora limitato numero di pazienti, le suddette considerazioni rivestono, al momento, puro carattere speculativo. Lo studio è, come già accennato, ancora in corso e si prefigge, altresì, di chiarire anche l’eventuale ruolo prognostico dei Treg. In particolare, dei 10 pazienti con aumento post‐chirurgico dei Treg circolanti, almeno 3 (1 in Dukes A, 1 in Dukes B e 1 in Dukes C) hanno presentato precocemente metastasi a distanza (follow‐up in continuo aggiornamento, dati non mostrati). La valutazione post‐operatoria della concentrazione dei Treg circolanti nei pazienti sottoposti a trattamento chirurgico potrebbe, pertanto, costituire un utile strumento in chiave di prevenzione secondaria, al fine di identificare il sottogruppo di pazienti da sottoporre a controlli più ravvicinati nel tempo per un’eventuale ripresa di malattia o, addirittura, a schemi di terapia 51 individualizzati, qualora i Treg circolanti, all’analisi post‐intervento, presentassero una tendenza all’aumento. Peraltro, rispetto alla valutazione in situ delle cellule T CD4+CD25+Foxp3+ infiltranti il tumore165,173,174,181,183,184,186,191,215, la valutazione post‐operatoria dei Treg circolanti a fini prognostici è più semplice da effettuare. La riduzione dei Treg circolanti dopo rimozione chirurgica della neoplasia giustifica, indirettamente, il tentativo di stimolare la risposta del sistema immunitario contro il tumore inducendo la deplezione specifica delle cellule regolatorie. A tal fine, in ambito immunoterapico, sono state sperimentate, essenzialmente in modelli animali, numerose strategie miranti al semplice depauperamento dei Treg (mediante, per lo più, anticorpi monoclonali anti‐CD25 coniugati o meno a tossine oppure attraverso l’utilizzo di ciclofosfamide) o al contestuale potenziamento della risposta immunitaria234‐238, ricorrendo però a citochine diverse dall’IL‐2, da cui, secondo alcuni autori239, trarrebbero beneficio anche i Treg. In conclusione, i risultati preliminari di questo studio suggeriscono un ruolo per le cellule T regolatorie nelle strategie di immunoevasione messe in atto dalle cellule cancerose. L’ampio sforzo profuso nei laboratori di immunologia di tutto il mondo, per la comprensione della fisiologia e della fisiopatologia delle cellule regolatorie, verosimilmente fornirà risposte pratiche a molte domande in tempi relativamente brevi. 52 BIBLIOGRAFIA 1 Gershon RK, Kondo K. Infectious immunological tolerance. Immunology 1971;21:903‐914 2 Sakaguchi S, Sakaguchi N, Asano M, Itoh M, Toda M. Immunologic self‐
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linked. Sindrome autoimmunitaria e linfoproliferativa, a trasmissione ereditaria legata al sesso, dovuta a mutazioni del gene codificante per Foxp3 Linfociti naïve: cellule linfocitarie non ancora venute a contatto con lo specifico antigene 78 MHC: Major histocompatibility complex (complesso maggiore di istocompatibilità). Locus genico situato sul braccio corto del cromosoma 6, codificante per le numerose molecole implicate nel processamento e nella presentazione degli antigeni ai linfociti T MHC I e MHC II: eterodimeri proteici espressi su tutte le cellule nucleate (MHC I) o soltanto sulle cellule adibite alla presentazione degli antigeni processati (MHC II). L’eterotrimero MHC I, costituito dalla catena α, dalla β2 microglobulina e dal peptide antigenico, interagisce con il TCR dei linfociti T CD8+, mentre l’eterotrimero MHC II, costituito dalle catene α e β e dal peptide antigenico, interagisce con il TCR dei linfociti T CD4+ Network idiotipico: rete di interazioni complementari tra anticorpi idiotipici ed anticorpi anti‐idiotipici che, secondo la teoria degli idiotipi raggiungono un equilibrio all’interno della risposta umorale, realizzando uno stato di omeostasi TAA: antigeni tumore‐associati. Molecole espresse in maniera abnorme sulle cellule neoplastiche, che comunemente si riscontrano anche nelle cellule normali da cui deriva o meno la neoplasia TCR: T cell receptor. Recettore policlonale eterodimerico espresso sulla superficie dei linfociti T CD4+ o CD8+, formato da due catene polipeptidiche α e β. Insieme al CD3 ed all’omodimero della catena ζ costituisce il complesso TCR TGF‐β: Transforming Growth Factor β. Citochina ad attività immunosoppressiva, prodotta da linfociti T, fagociti e altri tipi di cellule 79 TNF: Tumor necrosis factor. Citochina prodotta prevalentemente dai fagociti mononucleati. E’ rilasciata in notevoli quantità in corso di fenomeni infiammatori sistemici Tolleranza immunitaria: condizione di non responsività ad un antigene potenzialmente in grado di indurre una risposta immunitaria. Si realizza tramite meccanismi operanti a livello centrale (organi di maturazione linfocitaria) e periferico (post‐maturazione linfocitaria), non del tutto ancora elucidati 80 
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