MALATTIA DE LA PEYRONIE La Malattia di La Peyronie o Induratio Penis Plastica (IPP), prese il nome dal medico francese Francois Gigot de La Peyronie che per primo la descrisse nel lontano 1743. Nell'IPP una placca, ovvero una zona cicatriziale anelastica sostitutisce una porzione della tunica albuginea, membrana spessa ed elastica che riveste i corpi cavernosi, limitando l'estensione della superficie interessata del pene e determinandone una erezione ricurva. E' una malattia che colpisce principalmente durante la V^-VI^ decade di vita, con modalità di riscontro dovute quasi invariabilmente alla palpazione occasionale da parte del paziente stesso di una massa similtumorale a livello del pene, che determina una deformazione (spesso dolente) durante l'erezione rendendo difficile il rapporto sessuale. Le cause non sono state completamente chiarite, in quanto numerose sono le ipotesi avanzate sulla origine genetica o immunologica nonché la correlazione con altre malattie (vasculopatie, diabete, abuso nicotinico, microtraumi, malattie sistemiche del tessuto connettivo). Il paziente si rivolge allo specialista quasi sempre entro un anno dalla comparsa del nodulo fortemente preoccupato per una possibile malattia di tipo tumorale e soprattutto se concomitano disturbi dolorosi locali od erettivi. Tuttavia spesso il quadro infiammatorio della malattia si è già consolidato; è importante sottolineare che trattandosi di una malattia infiammatoria cronica, l'intervento precoce da parte del medico con terapie mirate spesso riesce a determinare una risoluzione spontanea, o comunque non chirurgica della placca, impedendo il processo di calcificazione. Infatti le placche con calcificazione sono oramai stabilizzate e scarsa è la percentuale di successo delle terapie non chirurgiche. Le ripercussioni sessuali sono variabili e possono comprendere una inadeguatezza sessuale determinata dal vario grado di angolatura che raggiunge il pene in erezione, fino alla impossibilità assoluta al coito. Quest'ultima rappresenta una indicazione assoluta al trattamento chirurgico. Cosa fare se ci si trova di fronte ad una situazione del genere: innanzitutto non allarmarsi troppo, in quanto i carcinomi del pene sono alquanto rari (anche se la loro presenza va comunque esclusa) e recarsi dal proprio medico curante (v. capitolo) oppure da uno specialista di fiducia. Una volta iniziata la terapia specifica, è bene non illudersi troppo in quanto come già abbiamo sottolineato si tratta di una malattia cronica evolutiva, seppure benigna. I risultati possono essere comunque ottenuti con la perseveranza, soprattutto se lo specialista avrà saputo infondere fiducia e sicurezza al momento della visita. Per non essere eccessivamente trionfalisti tuttavia, dobbiamo in verità affermare che un buon risultato è già allorquando si verifica una stabilizzazione clinica della placca, con regressione del dolore durante il coito. Assai più dubbi sono invece i risultati sull'incurvamento: quando la placca non è ancora calcificata, tutti i presidi terapeutici (da soli o in combinazione tra loro) si possono rivelare utili. Abbiamo fin qui parlato di terapie convenzionali tutte mirate alla risoluzione della placca; accanto a queste vi è la possibilità di utilizzare altri approcci terapeutici non convenzionali. L'immunoterapia rappresenta una alternativa possibile:l'uso del Transfer Factor (TF), farmaco dotato di una attività modulatrice verso le risposte immunitarie che si attivano a livello della placca, si è dimostrato in grado di controllarne l'evoluzione. Si somministra mensilmente per via intramuscolare per periodi variabili da 3 a 30 mesi e non presenta effetti indesiderati tali da interromperne la somministrazione. La sua efficacia clinica si attesta intorno al 25-30%. Utile e promettente, anche se attualmente solo in fase sperimentale, appare l'uso della litotrissia extracorporea con onde d'urto (ultrasuoni mirati a 'disintegrare' la placca fibrotica). I risultati sembrano promettenti nei soggetti che rispondono alla terapia: si sono verificate modificazioni della ecogenicità della placca nel 40% dei casi (che si traduce in una regressione dell'incurvamento), riduzione volumetrica della placca nel 60%, ed incremento di flusso sanguigno all'ecocolor doppler (che permette un rimodellamento della placca ed una maggiore efficacia di farmaci usati per via generale). Le modificazioni strutturali subite dalle placche in corso di terapia con onde d'urto sono tuttora oggetto della ricerca medica e pertanto non vi sono dati in letteratura per consigliare in prima battuta la loro utilizzazione al nostro lettore. Un capitolo a parte riguarda la terapia medica della disfunzione erettile in corso di IPP. In epoca pre-Viagra, è stato molto dibattuto l'utilizzo della farmacoprotesi riabilitativa per la natura traumatica del percorso terapeutico: è infatti opinione comune che il microtraumatismo determinato dall'ago possa in qualche modo determinare un peggioramento della placca. Pertanto tale terapia rimane consigliata solo in casi selezionati (ad esempio rifiuto dell'intervento chirurgico di correzione della placca) e per periodi limitati di tempo (cosiddetta terapia di supporto). L'uso del Viagra, sempre sotto stretto controllo dello specialista, può rivelarsi utile in casi in cui la deviazione sia minima e non determini inadeguatezza al coito, permettendo al paziente una vita sessuale soddisfacente, anche se non determina alcun miglioramento della malattia di base. Infine il trattamento chirurgico. Il ricorso alla terapia chirurgica in corso di IPP è giustificato qualora si verifichi un incurvamento penieno che comprometta il coito o allorquando ci si trova di fronte ad un paziente che lamenta un deficit erettile più o meno grave. Vi sono almeno tre possibilità: 1. Corporoplastica di raddrizzamento; 2. Chirurgia della placca; 3. Implantologia protesica. Per quanto riguarda la scelta del tipo di intervento di corporoplastica più idoneo nella terapia dell'IPP il dibattito è ancora controverso, ma sicuramente il grado di funzione erettile permette di classificare i pazienti in due gruppi: quelli che raggiungendo spontaneamente una rigidità soddisfacente necessitano solamente di chirurgia con scopi puramente estetici e quelli che presentando un concomitante deficit d'erezione necessitano di una chirurgia protesica. La corporoplastica consta di vari tipi di intervento: lasciando in sede la placca si agisce in punti diversi da essa in modo da permettere il raddrizzamento, la si incide e si applicano degli innesti di materiale compatibile (per lo più prelevati dal derma della regione glutea o da vene superficiali delle gambe), ovvero la si eradica completamente. Essi hanno lo scopo di raddrizzare l'incurvamento penieno, ma possono determinare un accorciamento contestuale del pene (soprattutto se la deviazione è superiore ai 60 gradi) di qualche centimetro (che va discusso preventivamente con il paziente prima dell'intervento). La scelta dell'uno o dell'altro intervento deve tenere in considerazione numerosi fattori e deve essere fatta dal paziente una volta che il medico abbia illustrato tutte le varie possibilità; diciamo in via generale che la terza possibilità, quella dell'impianto protesico, deve eseere riservata come ultima istanza in quanto trattasi di intervento definitivo. In questo caso, si consiglia l'esecuzione dell'intervento soprattutto in soggetti che non abbiano superato i 70 anni di età, che siano in condizioni generali di salute buone (es: l'applicazione di protesi in soggetti con diabete è gravata di una percentuale più elevata di complicanze quali infezioni), e che al momento della diagnosi presentino una fibrosi del tessuto cavernoso non responsiva ad alcun altro trattamento sinora elencato.