Immanuel Kant
- Konigsberg (1724-1804) -
La dissertazione per l’ordinariato De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis(1770),
costituisce la prima fra quelle che seguono quella che Kant chiamerà “rivoluzione copernicana”,
ossia una “grande luce” che rischiarasse il modo di intendere la metafisica che si cercherà di far
procedere con lo stesso metodo della fisica newtoniana, prendendo così le distanze da una
metafisica intesa in modo classico, che per Kant costituiva un mondo di “sogni razionali” descritto
da visionari. Tale scienza, non poteva infatti considerarsi una scienza del noumeno, bensì solo una
scienza “dei limiti della ragione”. Si apre così una nuova era del filosofare che permetterà il
superamento del razionalismo, dell’ empirismo, dello scetticismo e del dogmatismo.
La dissertazione si presenta come una propedeutica della metafisica, intesa come conoscenza dei
principi dell’intelletto puro e stabilisce pertanto una distinzione fra (1)conoscenza sensibile e
(2)conoscenza intelligibile.
1. è la conoscenza dei fenomeni, ovvero delle cose così come appaiono e non come sono “in
sé”, è la conoscenza sensibile;
2. è la conoscenza delle cose che per loro natura non possono essere colte con i sensi, le cose
come sono, colte dalla conoscenza intellettiva sono noumeni, concetti dell’intelletto sono per
esempio “possibilità”, “esistenza”, “necessità” e simili, che non possono essere colti con i
sensi; su di essi si fonda la metafisica.
La conoscenza sensibile è intuizione, in quanto conoscenza immediata, che avviene nel tempo e
nello spazio che non sono né proprietà delle cose (attributi, realtà ontologiche), né semplici rapporti
fra i corpi, bensì forme della sensibilità, ossia condizioni strutturali della sensibilità.
Dopo dodici anni che “la grande luce” del 1969 si presentò per rischiarare tutti i problemi, Kant
portò a termine La critica della ragion pura(1781) nella quale sciolse il bandolo della matassa dei
problemi della conoscenza scientifica (l’unica conoscenza vera), scoprendo che essa consiste di una
“sintesi a priori”.
Critica alla Ragion Pura.
La conoscenza scientifica consta di giudizi universali e necessari ed incrementa continuamente il
conoscere.
1. giudizio analitico. E’ il giudizio che consiste nella connessione di due concetti, uno il
soggetto, l’altro il predicato del soggetto che è contenuto nel soggetto ed è ricavabile per
pura analisi, è una tautologia quale per esempio: ogni corpo è esteso, dove il concetto di
estensione è sinonimo di corporeità;
2. giudizio sintetico. E’ il giudizio che consiste nella connessione di un predicato al suo
soggetto, dove il contenuto del predicato non è insito nel soggetto, ma ugualmente conviene
ad esso. Il predicato aggiunge qualcosa al soggetto, per esempio: ogni corpo è pesante.
Il giudizio analitico è dunque universale e necessario, a priori, formulato senza ricorrere
all’esperienza, ma non costituisce incremento di conoscenza; il giudizio sintetico, per contro,
amplifica la conoscenza, ma solo dopo che avviene l’esperienza e non può essere universale e
necessario.
La scienza si dovrà basare dunque su giudizi sintetici a priori, unione di necessità e universalità (a
priorità) e fecondità (sinteticità), quali per esempio: la somma algebrica (5+2=7) e i giudizi
geometrici (concetto di linea retta quale più breve tratto fra due punti).
Resta solo da stabilire se la metafisica che si basa su giudizi sintetici a priori lo faccia con
fondamento o senza.
1. fondamento dei giudizi analitici a priori. Si basa sul principio di identità e di non
contraddizione, es: il corpo non è esteso è una contraddizione, è come dire il corpo non è
corpo (corporeità = estensione);
I
2. fondamento dei giudizi sintetici a posteriori. Tale è l’esperienza stessa, per definizione.
3. fondamento dei giudizi sintetici a priori. Tali giudizi, necessari ed universali, quindi non
sono analitici, poiché non predicano l’identità (o la non-contraddizione) di un oggetto al suo
soggetto, e non si basano sull’esperienza che è a posteriori.
Con la sua “rivoluzione copernicana”, Kant suppose quindi che fossero gli oggetti a regolarsi alla
nostra facoltà intuitiva e non il contrario: “delle cose noi non conosciamo a priori, se non quello che
noi stessi vi mettiamo.” La conoscenza trascendentale è dunque quella che ha a che fare non con gli
oggetti ma col nostro modo di conoscere gli oggetti, in quanto deve essere possibile a priori.
Trascendentali sono dunque le condizioni della conoscibilità degli oggetti (intuitibilità e pensabilità
dell’oggetto), modi o strutture della sensibilità e dell’Intelletto sono propri del Soggetto.
L’intuizione empirica è il modo in cui gli oggetti ci vengono dati attraverso la sensibilità, ed i
concetti dell’intelletto, cioè il modo in cui gli oggetti vengono pensati, sorgono sempre grazie
all’intuizione sensibile. L’oggetto dell’intuizione empirica si chiama apparenza. In un’apparenza,
ciò che corrisponde alla sensazione è detto materia di tale apparenza, ciò che fa si che il molteplice
dell’apparenza venga ordinato in certi rapporti è detto forma dell’apparenza e viene dal soggetto
(una sorta di modo di funzionare della sensibilità) essa è un’intuizione pura (a priori).
ESTETICA TRASCENDENTALE: è la scienza dei principi a priori della sensibilità, tali sono
SPAZIO e TEMPO. Lo spazio è la forma delle apparizioni esterne. Il tempo è la forma delle
apparizioni interne. Entrambe sono realtà empiriche, poiché nessun oggetto può essere dato ai sensi
senza di esse, sono idealità trascendentali perché non ineriscono alle cose come loro condizione,
ma sono solo forme del soggetto.
LOGICA TRASCENDENTALE: Analitica Trascendentale e Dialettica Trascendentale.
La logica è la scienza dell’intelletto e si divide in logica generale e logica trascendentale. La prima è
logica formale (vedi Aristotele e le poche integrazioni apportate al suo pensiero in relazione alla
logica), la seconda è la scienza che studia l’origine dei concetti dell’intelletto, che non provengono
dall’oggetto, ma che provengono a priori dall’intelletto stesso e che tuttavia si riferiscono a priori
agli oggetti stessi; è suddivisa in Analitica e Dialettica trascendentali.
Analitica Trascendentale:
essa procede a scomporre la facoltà intellettiva per ricercare i concetti a priori e studiarne l’uso
sistematico. I concetti dell’intelletto, che è discorsivo, sono funzioni. La funzione propria di essi è
unificare e ordinare il molteplice sotto una rappresentazione comune, cioè giudicare, ovvero fare
attività di sintesi. I modi in cui l’intelletto sintetizza sono i concetti puri o categorie, che sono leges
mentis perché funzioni del pensiero e non leges entis come sosteneva Aristotele, poiché non
ineriscono direttamente all’essere (all’oggetto). Le categorie sono 12, come 12 sono le forme del
giudizio della logica formale:
Tavola dei giudizi
Tavola delle categorie
I.
Quantità
1. universali
2. particolari
3. singolari
1. unità
2. pluralità
3. totalità
II.
Qualità
1. affermativi
2. negativi
3. infiniti
1. realtà
2. negazione
3. limitazione
II
III.
Relazione
1. categorici
1. della inerenza e sussistenza
(sostanza e accidente)
2. della causalità e dipendenza (causa ed effetto)
3. della reciprocità
(azione reciproca agente paziente
2. ipotetici
3. disgiuntivi
IV.
1. problematici
2. assertori
3. apodittici
Modalità
1. possibilità-impossibilità
2. esistenza-inesistenza
3. necessità-contingenza
Le categorie sono le condizioni alle quali solamente è possibile che qualcosa venga pensato come
oggetto dell’esperienza.
L’Io Penso.
E’ autocoscienza, è la forma stessa dell’intelletto, è principio dell’unità sintetica originaria.
Il tempo, che è condizione di tutte le rappresentazioni fenomeniche (interne ed esterne), è anche
condizione generale percui le categorie si possano applicare all’oggetto. Esso è lo schema
trascendentale che fa da intermediario per la sussunzione delle intuizioni sotto i concetti.
La conoscenza è dunque per l’uomo solo fenomenica, cioè rappresentazione apparente, che
presuppone però una sfera dell’in sé che non è data e non può essere percepita attraverso la
sensibilità. Tale sfera è il noumeno, essere intelligibile. Il noumeno in senso negativo è la cosa quale
in sé, il noumeno in senso positivo è l’intuizione intellettiva, che è solo prerogativa divina.
Dialettica Trascendentale:
è lo studio degli errori e delle illusioni della ragione (apparenze logiche) che però non possono non
essere commessi, anche qualora smascherati, poiché l’intelletto ha una naturale tendenza ad andare
oltre l’esperienza possibile. In questo caso, l’intelletto che si spinge in là è la Ragione (non
nell’accezione di facoltà conoscitiva in generale).
L’Intelletto è limitato all’orizzonte dell’esperienza, del finito, la Ragione è protesa invece
all’infinito. L’Intelletto è facoltà di pensare, dunque giudicare (a priori), la Ragione è facoltà di
sillogizzare.
Le Idee sono i concetti puri della Ragione, sono emanazioni della Ragione (e non al di sopra della
ragione, come per Platone, che Kant non ha letto), si distinguono in:
1. idea psicologica (anima)
2. idea cosmologica (mondo come unità metafisica)
3. idea teologica (Dio)
Psicologia Razionale: paralogismi della Ragione: l’Io penso non può essere oggettivato, è soggetto
e non oggetto delle categorie;
Cosmologia Razionale: antinomie della Ragione: sono costituite da tesi ed antitesi che si elidono a
vicenda nel momento in cui si cerca di intendere il mondo non come insieme di fenomeni
dell’esperienza, ma andando oltre l’esperienza, come totalità ontologica nelle sue cause
noumeniche, ossia come intero metafisico;
Teologia Razionale: le tre prove tradizionali dell’esistenza di Dio:
1. ontologica a priori, quella di S. Anselmo, che vede dio come assoluta perfezione;
2. cosmologica, che vede Dio come essere necessario, causa del mondo, che non è prova a
priori ma deriva dall’esperienza;
3. fisico-teologica, che parte dalla finalità, dall’ordine, dalla varietà e dalla bellezza del mondo
per risalire a Dio come causa al di sopra di ogni possibile perfezione.
Le repliche di Kant:
III
1. non essendo Dio oggetto di esperienza possibile, si dovrebbe avere un’intuizione
intellettuale per conoscerlo, cosa che l’uomo non può avere;
2. riconduce ad una prova ontologica, poiché l’esistenza reale presuppone un giudizio di
esistenza, che è sintetico e non analitico;
3. riconduce anch’essa a prova ontologica, poiché al massimo potrebbe indicare l’esistenza di
un architetto del mondo (Demiurgo).
La Metafisica non è dunque possibile come scienza, dato che la Dialettica Trascendentale
mostra le illusioni e gli errori in cui cade la Ragione quando pretende di fare metafisica. Le
Idee, se usate in senso costitutivo, come le Categorie (il che sarebbe un abuso) producono
dunque apparenze, il loro uso corretto è quello regolativo.
Critica della Ragion Pratica.
La Critica della Ragion Pratica si presenta come capovolta rispetto alla Critica della Ragion Pura; se
nella Ragion Pura Kant critica le pretese della ragione di andare oltre l’esperienza sensibile, nella
Ragion Pratica, critica le pretese della ragione di restare legata sempre e solo all’esperienza, nella
pretesa di fornire il fondamento di determinazione della volontà.
La Ragione Pura Pratica è dunque sufficiente da sola a muovere la volontà, tanto che possono
esistere principi morali di valore universale.
Esistono due tipi di principi pratici:
1. Massime, che valgono solo per il singolo e sono soggettive (fai il furbo);
2. Imperativi, che valgono per tutti e sono principi pratici oggettivi
Gli imperativi si dividono in:
1. ipotetitici, che valgono solo a condizione che si voglia raggiungere uno scopo (
se…allora…), ma valgono comunque per tutti coloro che si prefiggono quel determinato
fine;
2. categorici, che sono leggi pratiche: “devi perché devi!”. Valgono di per sé e non sono
determinati da nulla.
L’imperativo categorico consiste dunque non nel comandare ciò che devo volere, ma come devo
volere ciò che voglio; è una proposizione da cui la volontà è determinata a priori oggettivamente,
percui è la Ragion Pura essa stessa Pratica e determina la volontà senza che entrino in gioco altri
fattori.
La Volontà ha qui come suo fondamento la Libertà: “devi, dunque puoi!”.
Il determinarsi da sé (autodeterminarsi) della volontà costituisce la sua autonomia e consiste
nell’essere indipendente da ogni materia della volontà (dal suo oggetto). E’ dunque la legge morale
a determinare il suo oggetto (il bene per es.).
Il rispetto è l’unico sentimento a cui Kant riconosce diritto di cittadinanza nella sua etica, perché si
riferisce solo a persone che hanno un merito morale (derivante da leggi morali, imperativi
liberamente voluti).
Selandros
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