Contratto individuale di lavoro _ modificato e terminato _

CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO
Mediante il contratto individuale di lavoro il lavoratore si obbliga a prestare la propria attività lavorativa
alle dipendenze del datore di lavoro, in cambio di una controprestazione ossia di una retribuzione.
La lavoro svolto dal dipendente può essere di carattere manuale e di carattere intellettuale.
Per favorire la validità del contratto, è indispensabile la presenza di determinati elementi:
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il consenso delle parti
la causa
l’oggetto
la forma.
L’oggetto del contratto consiste nella prestazione lavorativa che il lavoratore deve effettuare, purché essa
sia lecita, possibile e determinata o determinabile, attraverso il riferimento alla categoria contrattuale di
appartenenza.
La durata del contratto può essere a tempo indeterminato oppure a tempo determinato: in quest’ultimo
caso, la durata dell’intero rapporto lavorativo non può essere superiore a tre anni dalla stipulazione del
primo contratto di lavoro.
Nello svolgimento della propria attività, il lavoratore è tenuto ad utilizzare la diligenza e ad osservare le
disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartito dal datore di lavoro; inoltre, è vincolato dall’obbligo della
fedeltà, ossia non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi che siano in concorrenza con il datore di
lavoro, o divulgare notizie attinenti l’organizzazione dell’azienda.
Le modifiche contrattuali possono essere stabilite solo dalla legge, dai contratti collettivi o dalla volontà di
entrambe le Parti.
Cosa fare - tempi - a chi rivolgersi
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Ufficio vertenze sindacale
Studio legale specializzato in diritto del lavoro
L’accordo contrattuale
Il consenso delle parti è indispensabile per istituire il contratto di lavoro: inoltre è essenziale che entrambi i
contraenti abbiano la capacità di concludere un contratto di lavoro. Tale capacità di stipulare un contratto
di lavoro da parte del lavoratore si acquista al raggiungimento al compimento del 16° anno di età.
Affinché l’accordo sia valido si richiede che la volontà di concludere il contratto sia espressa, non viziata da
errore (falsa rappresentazione della realtà), da violenza (minaccia di un male futuro) e da dolo (raggiri in
assenza dei quali il prestatore non avrebbe concluso il contratto).
Le condizioni contrattuali non possono essere inferiori o peggiorative per il lavoratore, rispetto a quanto
previsto dai contratti collettivi nazionali. Il datore di lavoro, prima di stipulare il contratto, sottoscrive una
“lettera di impegno” che verrà poi consegnata al lavoratore, mediante la quale lo stesso si impegna ad
assumerlo quest’ultimo.
Se tale impegno non venisse rispettato, il lavoratore può ricorrere in giudizio al fine di ottenere una
sentenza che produca tutti gli effetti di un contratto, oltre che il risarcimento del danno.
All’atto di assunzione, il datore di lavoro deve, a pena di sanzione amministrativa, consegnare al lavoratore
la “Lettera di assunzione” contenente:
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la dichiarazione sottoscritta dell’avvenuta registrazione nel libro matricola;
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documento contenente le informazioni delle condizioni applicabili al rapporto di lavoro, quali:
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la data di inizio del rapporto;
l’orario di lavoro;
l’inquadramento contrattuale;
la durata del periodo di prova ove previsto;
i termini di preavviso in caso di recesso;
l’importo della retribuzione base;
il luogo di lavoro;
la identità delle parti.
Il periodo di prova
Con la stipulazione del contratto di lavoro le parti possono concordare un periodo di prova, che deve
risultare da un atto scritto, con il quale si stabilisce la durata di tale prova.
La forma scritta di tale patto di prova, sebbene contenuta nel contratto di lavoro, è richiesta a pena di
nullità; pertanto, è illegittimo il licenziamento da parte del datore di lavoro, per il mancato superamento
del periodo di prova nel caso in cui tale clausola non risulti da atto scritto.
Inoltre, il patto di prova deve contenere obbligatoriamente l’indicazione delle mansioni alle quali il
lavoratore è adibito. A tal fine, è possibile che il contratto contenga anche un rinvio alla normativa
contrattuale collettiva.
La Legge prevede che il periodo di prova duri al massimo 3 mesi, per gli impiegati che non svolgono funzioni
direttive, e di 6 mesi per tutti gli altri lavoratori, salva diversa disposizione prevista nei contratti collettivi di
categoria.
Durante tale periodo, le parti possono recedere liberamente dal contratto di lavoro, anche oralmente senza
necessità di preavviso né di motivazione. Tuttavia, il licenziamento è illegittimo nel casi in cui la prova sia
stata superata dal lavoratore ed abbia quindi avuto un esito positivo, ovvero qualora al lavoratore non sia
stato consentito concretamente di effettuare tale prova.
Causa del contratto
La causa è un altro elemento essenziale del contratto e deve essere lecita, ossia conforme alla legge,
all’ordine pubblico ed al buon costume.
In alcuni casi si è in presenza di una causa illecita allorquando il rapporto lavorativo risulti essere irregolare
(c.d. “lavoro nero”): in tali circostanze infatti, si violano norme inderogabili previste dall’ordinamento a
tutela del lavoratore.
La disciplina contrattuale è solita far ricollegare alla causa del contratto, anche l’obbligazione contrattuale
gravante sul datore di lavoro, a fornire un ambiente di lavoro salubre e sicuro.
Oggetto del contratto
All’interno del contratto deve essere specificata l’attività che il prestatore di lavoro è tenuto ad effettuare,
e deve essere:
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lecita e conforme alla Legge;
possibile, cioè tale da poter essere effettivamente svolta dal lavoratore;
determinata o determinabile: specifica o identificabili attraverso il richiamo della normativa
contrattuale collettiva.
Forma del contratto
La Legge non richiede nessuna forma specifica per la stipulazione del contratto, potendo essere anche
concluso oralmente, purché sussistano gli specifici requisiti precedentemente elencati.
Vi sono, però, casi per i quali è espressamente prevista la forma scritta a pena di nullità:
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contratto di lavoro sportivo;
contratto di lavoro a tempo determinato (l’assenza del termine apposto in forma scritta, determina
nullità dello stesso, e conseguente trasformazione del rapporto lavorativo a tempo indeterminato);
arruolamento personale marittimo;
contratti che contengono patto di prova o di non concorrenza.
Particolari clausole contrattuali
Patto di stabilità
Nel caso di contratto stipulato a tempo indeterminato, le parti possono inserire la clausola “di stabilità” con
la quale si impegnano, per un termine minimo stabilito, a non recedere dal contratto; tale clausola non
richiede necessariamente la forma scritta.
Nel caso in cui le parti, nonostante venga introdotta tale clausola, dovessero recedere ingiustificatamente
prima della scadenza del termine convenuto si determina:
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risarcimento del danno in favore del datore di lavoro qualora il recesso sia stato effettuato dal
lavoratore: importo in genere già quantificato in apposita clausola penale contenuta nel patto;
risarcimento del danno in favore del lavoratore, qualora il recesso sia stato effettuato dal datore di
lavoro, che si commisura con la corresponsione delle retribuzioni che il lavoratore avrebbe
percepito qualora il recesso non fosse avvenuto.
Vi sono, però, due casi nei quali è prevista la possibilità di recedere legittimamente prima della scadenza
del termine pattuito:
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per giusta causa (licenziamento o dimissioni): ossia, una causa che non consenta la prosecuzione
anche provvisoria del rapporto lavorativo;
impossibilità sopravvenuta della prestazione, anche parziale.
Patto di non concorrenza
Il “patto di non concorrenza” prevede la possibilità, per il lavoratore ed il datore di lavoro, di concordare
che, in caso si cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore sia obbligato a non svolgere attività in
concorrenza con l’attività svolta dal datore di lavoro.
Tale patto è nullo se non approvato specificatamente per iscritto; inoltre, ai fini della sua validità si richiede
che lo stesso preveda una retribuzione per il lavoratore proporzionata all’attività che il lavoratore deve
svolgere.
La durata del vincolo non può superare i 5 anni nel caso in cui si tratti di dirigenti, o di tre anni in tutti gli
altri casi.
Tale patto, essendo a tutti gli effetti un contratto, può essere sciolto con il consenso di entrambe le parti,
salva diversa pattuizione, e la relativa violazione comporta la legittimazione a richiedere risarcimento del
danno.
Luogo di lavoro
Spesso nei contratti di lavoro sono inserite clausole che prevedono la possibilità che l’attività lavorativa sia
prestata non in un unico luogo, ma in diverse località.
Mentre tali clausole sono a tutti gli effetti valide, non possono considerarsi tali le clausole con le quali il
lavoratore si impegni ad esempio, a prestare la propria attività lavorativa in tutte le unità locali della
azienda, in quanto accordo privo di contenuto determinato e specifico.