Approfondimento Il clima modella la biosfera La grande varietà di ambienti, di terraferma e acquatici, che modellano la biosfera pone il problema di comprendere come e perché i vari organismi siano geograficamente distribuiti in certe regioni piuttosto che in altre. Lo studio della distribuzione delle piante e degli animali nelle varie regioni terrestri e dei fattori che ne sono all’origine rientra nella biogeografia, le cui basi furono poste dalle osservazioni di Darwin e di altri naturalisti nel corso di grandi esplorazioni compiute intorno al mondo nell’Ottocento. Tra questi naturalisti esploratori si segnala il tedesco Alexander von Humboldt (1769-1859) che fu tra i primi a notare che nelle zone caratterizzate da clima e condizioni ambientali simili, anche se situate su continenti diversi, crescono specie vegetali che presentano caratteristiche affini. Per esempio, nei deserti della parte sudoccidentale degli Stati Uniti si trovano piante della famiglia delle cactacee (fig. 1a) molto somiglianti a piante della famiglia delle euforbiacee che crescono nei deserti dell’Africa sudoccidentale (fig. 1b). 1 Elementi e fattori del clima Da quanto prima detto emerge come, tra le circostanze che influiscono sulla distribuzione geografica delle specie, il clima rivesta un’importanza particolare. In una data regione, il clima rappresenta la media delle condizioni meteorologiche che si registrano nel corso dell’anno e che si ripetono di anno in anno. Il clima è il risultato della combinazione di vari elementi, quali la temperatura, la pressione atmosferica e l’umidità dell’aria, che determinano il regime dei venti e delle precipitazioni. Questi elementi climatici variabili, che descrivono il tempo meteorologico in un dato momento e in un dato luogo, sono a loro volta influenzati da fattori climatici, di natura astronomica e geografica, che rimangono immutati nel tempo e che sono principalmente: la latitudine, l’altitudine, la distanza dal mare e l’esistenza di correnti, la presenza e la disposizione dei rilievi. È da questi fattori climatici, in particolare la latitudine, che dipende essenzialmente il modo in cui si distribuiscono intorno alla Terra le temperature dell’atmosfera, le cui variazioni svolgono un ruolo fondamentale sull’andamento globale del clima. Energia solare, atmosfera e clima a Echinocereus triglochidiatus (Cactacea). b Euphorbia grandicornis (Euforbiacea). Nonostante siano distanti, in termini sia evolutivi sia geografici, le piante delle due famiglie hanno sviluppato forme di adattamento simili in risposta a pressioni ambientali simili, cioè sono il risultato di una convergenza evolutiva: esse sono entrambe dotate di fusti verdi e carnosi in grado di trattenere acqua, e di foglie trasformate in spine utili alla difesa e alla riduzione delle perdite di acqua per evaporazione. Un altro esempio è offerto dalla vegetazione della macchia mediterranea che cresce lungo le coste in tutto il bacino del Mediterraneo caratterizzate da un clima locale abbastanza arido: si tratta di piante legnose basse e molto ramificate, dotate di foglie coriacee. Se ci spostassimo in altri punti molto distanti tra loro come certi tratti delle coste del Cile o della California, con clima analogo a quello mediterraneo, potremmo ugualmente osservare piante morfologicamente assai somiglianti. © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Di tutta la radiazione solare in arrivo sulla Terra, solo all’incirca metà riesce ad attraversare l’atmosfera e raggiungere la superficie del pianeta. Le radiazioni solari assorbite dalla superficie terrestre sono quasi totalmente convertite in calore (a parte una piccola frazione dell’1% circa utilizzata dalle piante nella fotosintesi) e vengono quindi riemesse nell’atmosfera come raggi infrarossi, cioè con onde mediamente più lunghe (e quindi meno energetiche) di quelle in arrivo. L’atmosfera è così anche riscaldata dal basso, dalla superficie terrestre. Il suolo e gli oceani trasferiscono calore all’atmosfera in tre modi: in prevalenza per irraggiamento termico e per il resto per conduzione e convezione (l’aria riscaldata per contatto diretto si espande, sale e richiama aria fredda alla base) e per evaporazione e condensazione (l’acqua per evaporare dagli oceani assorbe dall’ambiente calore che poi viene restituito dal vapore quando condensa allo stato liquido o solido nell’alta atmosfera). Il fenomeno dell’effetto serra L’energia emessa come calore dalla superficie terrestre non si disperde tutta istantaneamente nello spazio, perché il suo flusso di ritorno è rallentato dall’atmosfera. La maggior parte del calore viene infatti intercettata e trattenuta alla superficie da alcuni gas atmosferici, come il diossido di carbonio, il vapore acqueo e altri, che hanno la caratteristica di assorbire le radiazioni infrarosse a onda lunga. La superficie terrestre recupera così buona parte del calore altrimenti destinato a perdersi nello spazio. L’atmosfera, in altre parole, intrappola temporaneamente calore, agendo come le pareti di vetro di una serra: per questo motivo il fenomeno è chiamato effetto serra. Il clIma modella la bIosfera 1 L’attività umana, in seguito all’emissione di CO2 prodotto nei processi di combustione, e di altri gas, ha causato un aumento della loro concentrazione atmosferica, e ciò sta determinando un rafforzamento dell’effetto serra, con conseguente rischio di innalzamento della temperatura media della Terra, che potrebbe determinare allarmanti alterazioni climatiche globali. Quanta energia riceviamo dal Sole? Quando il Sole è allo zenit, ogni metro quadrato di superficie terrestre riceve ogni secondo una quantità di energia solare corrispondente alla potenza di circa 1 chilowatt (kw), pari a quella richiesta per il funzionamento di un ferro da stiro o di uno scaldabagno elettrico. In un anno si calcola che l’energia solare complessiva ricevuta dalla superficie terrestre ammonti a quella che si potrebbe ricavare dalla combustione di 70 000 miliardi di tonnellate di combustibili fossili, sufficiente per alimentare per circa 8000 anni gli attuali consumi energetici mondiali soddisfatti dalle fonti fossili (carbone, petrolio e gas naturale). La quantità di radiazione solare che riceve la superficie terrestre varia con la latitudine. A causa della sfericità della Terra, i raggi solari che colpiscono perpendicolarmente l’Equatore sono più concentrati di quelli che colpiscono le regioni via via spostate verso i Poli: infatti, a causa dell’aumento della loro inclinazione rispetto alla verticale, si distribuiscono su una superficie progressivamente più ampia e, quindi, l’aria si riscalda maggiormente all’Equatore rispetto ai Poli (fig. 2). Ciò che importa sottolineare è che l’ energia termica derivante dalla radiazione solare e trasferita come calore all’atmosfera rappresenta in ultima analisi la forza motrice dei processi meteorologici e della dinamica del clima su grande scala. La circolazione atmosferica Va ricordato che, in termini generali, nei luoghi dove la superficie terrestre è più riscaldata, l’aria si dilata, diventa più “leggera” (anche perché più carica di umidità, per la più intensa evaporazione) e tende a salire: si instaurano così zone di bassa pressione o cicloniche. Viceversa, nei luoghi dove la superficie è più fredda l’aria diviene più “pesante” (cioè più densa) e tende a portarsi verso il basso, determinando aree di alta pressione o anticicloniche (fig. 3). Questi flussi ascendenti e discendenti (moti convettivi) di masse d’aria avvengono in zone adiacenti e si collegano tra di loro attraverso movimenti orizzontali che tendono spontaneamente a riportare in equilibrio la pressione tra una zona ciclonica e una anticiclonica: è in questo modo che si formano i venti. Il tutto si può schematizzare con un modello secondo cui le masse d’aria compiono dei movimenti lungo circuiti che si chiudono su se stessi detti celle convettive. 3 2 Fig. 2. Quantità equivalenti di radiazione solare all’Equatore trasmettono più energia per unità di superficie di quanto avviene alle latitudini più elevate. 2 Il clIma modella la bIosfera Fig. 3. Schema di cella convettiva. Quando una corrente d’aria ascendente (calda) arriva a mille o più metri di quota, viene a trovarsi a una pressione minore (essendo l’atmosfera più rarefatta). Di conseguenza si espande e (come avviene sempre quando un gas si espande) si raffredda. L’aria fredda trattiene meno umidità dell’aria calda e questo è il motivo per cui, quando l’aria umida si raffredda, si formano le nubi. Ne può derivare la pioggia, che riporta a terra l’umidità (vapor acqueo) precedentemente sollevatasi con le correnti ascensionali d’aria calda. Nelle zone di alta pressione in genere il cielo è terso e il sole splendente. Il regime dei venti, essendo associato alle precipitazioni, svolge un ruolo climatico molto importante. © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Il sistema delle grandi celle convettive Considerando i valori medi delle temperature terrestri, che toccano livelli minimi ai Poli (con massimi di pressione atmosferica) e livelli massimi all’Equatore (con minimi di pressione atmosferica), si potrebbe pensare che, supponendo la Terra immobile, si stabilisca una circolazione di masse d’aria secondo questo schema: dai Poli l’aria più fredda e pesante dovrebbe scorrere lungo la superficie verso l’Equatore; all’Equatore l’aria più calda e umida e più leggera dovrebbe salire in quota per poi dirigersi verso i Poli dove, divenuta più fredda e pesante, dovrebbe scendere di nuovo e dirigersi verso l’Equatore, chiudendo il ciclo. In realtà, in ogni emisfero la circolazione tra il Polo e l’Equatore non si realizza in un unico imponente circuito, ma attraverso un sistema di “circuiti intermedi” rappresentabili come tre grandi celle convettive (equatoriale, temperata e polare) (fig. 4a e b). A causa della rotazione terrestre i venti subiscono una deviazione nella loro direzione di moto verso destra nell’emisfero settentrionale e verso sinistra in quello meridionale. La formazione delle grandi celle convettive avviene in conseguenza della rotazione terrestre e di altri fattori (come l’ineguale distribuzione di continenti e oceani e la presenza di grandi rilievi) e danno origine a “cinture” di zone di alta pressione alternate a zone di bassa pressione che si sviluppano sull’intero globo terrestre. Fig. 4. a. La rotazione terrestre (accanto ad altri fattori) fa sì che in ogni emisfero l’ipotetica singola cella convettiva tra l’Equatore e i Poli si “rompa” in tre celle minori dove avviene la circolazione dei venti costanti. b. Modello, della circolazione generale nella bassa troposfera, dall’Equatore ai Poli, costituito per ogni emisfero dalle tre celle: polare, temperata ed equatoriale (lo schema riprende in dettaglio la figura a). L’andamento globale dei venti costanti, deviati verso destra nel nostro emisfero e verso sinistra nell’emisfero meridionale, è determinato dalle fasce di alte e basse pressioni che circondano la superficie terrestre e che influenzano la costituzione delle differenti zone climatiche presenti alle varie latitudini. 4 a b © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Il clIma modella la bIosfera 3 Le zone astronomiche e le stagioni La diversa intensità media nell’arco annuale del riscaldamento solare alle varie latitudini e lo schema generale di circolazione atmosferica permettono di definire a grandi linee le principali zone astronomiche della Terra, caratterizzate da differenti condizioni climatiche (fig. 5). 5 Fig. 5. Le zone astronomiche della Terra che individuano altrettante fasce climatiche. All’interno di queste ampie fasce climatiche, vi sono poi vari fattori che determinano lo specifico andamento del clima che interessa localmente le singole regioni. Il principale è connesso al fatto che la quantità di energia solare che raggiunge ogni punto della Terra varia con ritmo stagionale. Questo fenomeno è connesso con l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto al piano dell’orbita terrestre annuale intorno al Sole, che ha una conseguenza importante in quanto dà origine alle stagioni: l’orientamento del globo terrestre rispetto alla direzione dei raggi solari cambia periodicamente nel corso dell’anno e in corrispondenza varia la quantità di energia solare che ogni località riceve nei vari periodi. L’avvicendarsi delle stagioni comporta cambiamenti nella durata del dì e della notte e quindi variazioni nella durata e nell’intensità dell’illuminazione diurna che sono la causa principale delle variazioni stagionali di temperatura nei due emisferi. Queste variazioni si fanno più pronunciate spostandosi dall’Equatore ai Poli; inoltre, sono massime nelle regioni centrali dei continenti, dove si annulla l’effetto di moderazione termica esercitato dagli oceani. Le variazioni termiche stagionali hanno poi rilevanti riflessi sul regime dei venti e delle precipitazioni. Questi a loro volta si ripercuotono sulla produttività degli ecosistemi terrestri e marini, che alternativamente si espande e si riduce, e regolano i flussi migratori di molte specie animali alla ricerca periodica di luoghi più idonei. Effetti sul clima delle correnti oceaniche Le correnti marine sono imponenti flussi di acqua che si spostano lentamente, in media a una velocità di 2 km/h, seguendo sempre uno stesso tragitto. Sono paragonabili a enormi fiumi: per esempio, la sola Corrente del Golfo trasporta una quantità di acqua pari a circa 25 volte quella che scorre in tutti i fiumi della Terra. Si calcola che circa il 10% della massa d’acqua degli oceani circoli nelle correnti superficiali. La formazione delle correnti dipende principalmente dai venti, in particolare dai venti costanti, come gli Alisei, oltre che da una combinazione di fattori quali: differenze di densità delle masse d’acqua, azione delle maree e influsso della rotazione terrestre. 4 Il clIma modella la bIosfera © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Le correnti superficiali oceaniche contribuiscono a mantenere un maggiore equilibrio termico tra le varie regioni del pianeta, poiché trasferiscono calore accumulato nelle zone tropicali verso le più elevate latitudini settentrionali e meridionali: in tal modo influenzano le condizioni climatiche di molte regioni costiere. Per esempio, la Corrente del Golfo che ha origine nelle zone calde del golfo del Messico, si dirige verso il Nord Europa e lambisce le coste occidentali della Gran Bretagna, rendendo il clima di queste zone più mite di altre località situate più a sud. Effetti sul clima dei rilievi montuosi Un importante fattore climatico è rappresentato dalla disposizione dei rilievi, in grado di ostacolare i movimenti delle masse d’aria. Un esempio è rappresentato nella figura 6 in cui un vento umido proveniente dall’oceano incontra una catena montuosa costiera. L’aria umida salendo in quota si raffredda apportando precipitazioni sui versanti “sopravento”. L’aria che discende sui versanti “sottovento” è secca e le precipitazioni sono scarse. Questo fenomeno si osserva su ampia scala lungo le coste occidentali del Sudamerica, dove i venti provenienti dal Pacifico investono le Ande meridionali: una conseguenza è che il versante cileno delle Ande è molto più piovoso di quello argentino. 6 Fig. 6. Effetto sulle precipitazioni determinato dalla presenza di una catena montuosa. R ispondi In che modo si può definire il clima? In che modo si formano i venti? ■ Qual è la causa principale che determina l’avvicendarsi delle stagioni? ■ ■ © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Il clIma modella la bIosfera 5