Classe 4^F (II F) del Liceo Classico Statale «Cesare Beccaria» (a.s. 2010/2011) La «Storia d’Italia» di Luigi Anelli : una ricerca nella Biblioteca Antica del Liceo Classico Statale «Cesare Beccaria» «Registro della Biblioteca del R. Liceo C. Beccaria in Milano fino a tutto il 1870», Archivio Storico del Liceo Classico Statale «Cesare Beccaria», Cartella 51, Fascicolo 1, Documento 17 1 Classe 4^F (II F) del Liceo Classico Statale «Cesare Beccaria» (a.s. 2010/2011)1 La «Storia d’Italia» di Luigi Anelli: una ricerca nella Biblioteca Antica del Liceo Classico Statale «Cesare Beccaria» 1. IL PROGETTO DI RICERCA 1.1. Gli interrogativi iniziali (per la 4^F: Laura D’Agostino) Questa ricerca è nata da una curiosità legata alla presenza, presso il Liceo «C. Beccaria», di una sezione antica della Biblioteca di Istituto. Ci siamo domandati: se uno studente del nostro Liceo, nel decennio successivo all’unificazione nazionale, avesse desiderato approfondire la conoscenza degli avvenimenti che avevano portato alla nascita del Regno d’Italia, quali opere storiografiche avrebbe trovato in Biblioteca? La risposta a questa domanda è venuta dalla consultazione della documentazione raccolta nell’Archivio Storico del Liceo. Tra i documenti concernenti la Biblioteca è, infatti, compreso il «Registro della Biblioteca del R. Liceo C. Beccaria in Milano fino a tutto il 1870»2. Dalla consultazione del Registro abbiamo rilevato che l’unica opera 3 in grado di rispondere all’esigenza di approfondimento del nostro studente immaginario era la Storia d’Italia dal 1814 al 1863 di Luigi Anelli, ampliata dai due successivi volumi: Continuazione dall'anno 1863 al 1867 della Storia d'Italia scritta da Luigi Anelli e L’andamento intellettuale d'Italia dall’anno 1814 al 1867 in appendice della Storia d'Italia scritta da Luigi Anelli.4 Da qui sono nati nuovi interrogativi: che tipo di opera si sarebbe trovato a leggere il nostro studente? E quale idea si sarebbe formato sul Risorgimento e sulla nascita del nuovo Stato? 1.2. Il primo passo: le informazioni sull’autore (Alice Borgonovo) Per elaborare una prima ipotesi di risposta a questi interrogativi abbiamo raccolto alcune informazioni sulla vita dell’autore e sulla sua Storia d’Italia. Consultando il Dizionario biografico degli Italiani,5 abbiamo appreso che Luigi Anelli, nato a Lodi nel 1813, ordinato sacerdote nel 1835, fu bibliotecario della Biblioteca Comunale e vice direttore dell'I.R. Ginnasio di Lodi. Sulla sua formazione politica – democratica e repubblicana – influirono le idee di Carlo Cattaneo, di Giuseppe Ferrari e di Giuseppe Mazzini. Nel 1848 fu eletto come rappresentante di Lodi e Crema nel governo provvisorio sorto a Milano e fu fermamente contrario all’annessione della Lombardia da parte del Piemonte. Dopo il ritorno degli Austriaci a Milano, si ritirò in esilio a Nizza, dove lavorò all’opera Storia d’Italia dal 1814 al 1850 che successivamente rielaborò in due nuove edizioni. Nel marzo del 1860 fu eletto deputato alla Camera, dove aderì alle posizioni dell’estrema sinistra. Si oppose apertamente alla cessione di Nizza e della Savoia alla Francia; ma quando seppe che Lodi era favorevole alla linea di Cavour, abbandonò la politica e si ritirò a Nizza fino al 1872. Nel 1880 compose I sedici anni di governo dei moderati, opera in cui analizzò – con sguardo critico – l’operato dei governi postunitari. Morì a Milano nel 1890. 1.3. Il secondo passo: le informazioni sull’opera (Costanza De Conno e Camilla Facco, Chiara Martinoli e Vittorio Bolzani) Come abbiamo già ricordato, dopo la prima edizione della Storia d’Italia dal 1814 al 1850, pubblicata in due volumi a Torino nel 1856, Anelli compose due nuove edizioni estendendo la trattazione prima fino al 1863 (4 volumi, Milano 1864) e poi fino al 1867 (6 volumi, Milano 1868). Quest’ultima edizione è quella posseduta dalla Biblioteca del Liceo «C. Beccaria».6 Studenti della classe che hanno partecipato alla ricerca: Vittorio Bolzani, Alice Borgonovo, Maddalena Cassa, Laura D’Agostino, Costanza De Conno, Giada De Crescenzo, Camilla Facco, Valentina Galimberti, Gaia Lanfranconi, Chiara Martinoli, Irene Rinaldo, Jacopo Rosi, Mattia Sacco, Lorenzo Saggiante. La ricerca è stata coordinata dalla Prof. Anna Bianchi. 2 Archivio Storico del Liceo Classico Statale «Cesare Beccaria», Cartella 51, Fascicolo 1, Documento 17. 3 Cfr. «Registro della Biblioteca del R. Liceo C. Beccaria in Milano fino a tutto il 1870», Sezione «Storia civile», Numero d’ordine: 341. Il Registro elenca altre opere dedicate alla storia d’Italia, ma precedenti l’unificazione e materiali interessanti per una ricerca storica: raccolte di atti, memorie, periodici. 4 Luigi Anelli, Storia d’Italia dal 1814 al 1863, Milano, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, 1864; Continuazione dall'anno 1863 al 1867 della Storia d'Italia scritta da Luigi Anelli, Milano, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, s.d.; L’andamento intellettuale d'Italia dall’anno 1814 al 1867 in appendice della Storia d'Italia scritta da Luigi Anelli, Milano, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, s.d. 5 Franco DELLA P ERUTA, Anelli Luigi, in: «Dizionario biografico degli Italiani», Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Società Grafica Romana, Roma, 1961, vol. 3, pp. 171-173. 6 Il controllo nel catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale (www.internetculturale.it) ci ha consentito di individuare le biblioteche, comprese nell’Anagrafe delle Biblioteche italiane, che possiedono l’edizione parziale 1 2 Dall’analisi degli indici e da una prima consultazione dei sei volumi l’opera appare una trattazione ampia degli eventi che vanno dal 1814 al 1867 e rivela l’attenzione dell’autore per l’azione dei singoli protagonisti delle vicende storiche. Anelli presenta gli esiti della Restaurazione in Italia, dopo l’età napoleonica; i moti del 1820-21 e del 1831; i moti del 1848 e la prima guerra d’indipendenza; le riforme del Piemonte liberale, la seconda guerra d’indipendenza e la spedizione dei Mille; l’unificazione d’Italia e l’opera dei primi governi della Destra; la conquista del Veneto e i primi tentativi e negoziati per l’annessione di Roma. Nel VI volume, invece, si concentra sulla vita culturale italiana dal 1814 al 1867, con particolare attenzione per le varie forme letterarie, il progresso scientifico, l’istruzione pubblica e la sanità, mettendo in luce i problemi che caratterizzavano i vari ambiti considerati.7 1.4. La nostra ipotesi sulla «Storia d’Italia» (per la 4^F: Alice Borgonovo) Le informazioni raccolte ci hanno portato a ipotizzare che il nostro studente immaginario si sia trovato a leggere un’opera storiografica caratterizzata da una ricostruzione dettagliata del Risorgimento italiano e della situazione dell’Italia unita, influenzata nella presentazione degli avvenimenti dal patriottismo dell’autore – direttamente partecipe degli eventi – e dalle sue concezioni politiche: quindi, un’opera presumibilmente critica nei confronti della linea politica adottata dai governi del Regno di Sardegna prima e poi dalla Destra storica. Per controllare questa ipotesi abbiamo analizzato le sezioni dei sei volumi dedicate ad avvenimenti e tematiche rilevanti sia in rapporto alla biografia di Anelli sia in rapporto alla contrapposizione tra moderati e democratici, distinguendo tra la narrazione degli eventi o la descrizione di una situazione, da un lato, e, dall’altro, la formulazione di valutazioni da parte dell’autore. L’analisi delle sezioni scelte – il 1848 in Lombardia, gli avvenimenti del 1860, la situazione dell’istruzione nell’Italia unificata – ha convalidato la nostra ipotesi, come risulta dal paragrafo seguente. Un’ulteriore conferma è, infine, venuta dalla consultazione di due opere di storia della storiografia. 2. IL CONTROLLO DELL’IPOTESI 2.1. Il 1848 in Lombardia 2.1.1. Le Cinque giornate di Milano (Alice Borgonovo e Mattia Sacco, Laura D’Agostino e Maddalena Cassa) Anelli inquadra le Cinque giornate di Milano – cui partecipò attivamente – nell’ondata rivoluzionaria che attraversò l’Impero asburgico nel 1848. Apprezza la fierezza dei Milanesi nel rivendicare la propria libertà e l'eroismo dimostrato indistintamente da uomini e donne, nonostante la differenza di mezzi rispetto agli Austriaci e nonostante l’assenza di aiuti da parte delle altre città della Lombardia. Anelli mette in evidenza anche le divisioni tra i rivoltosi. In particolare, insiste sulla contrapposizione tra Carlo Cattaneo8 e Gabrio Casati. Sottolinea la forte determinazione e risolutezza di Cattaneo che, condividendo gli ideali del popolo, si fece promotore della creazione del Consiglio di guerra e rifiutò le offerte di una tregua da parte degli Austriaci, ribadendo: «Noi non vogliamo esservi né inimici, né schiavi; vogliamo solo l'indipendenza». 9 Rileva, invece, l’ambiguità e le oscillazioni del comportamento di Casati, podestà di Milano, pur definito «uomo grave e savio»10: egli fu prima incerto nel richiedere al vicegovernatore la libertà dei prigionieri politici, poi favorevole alle proposte di armistizio con l’Austria e, infine, resosi conto o completa dell’opera. Tra queste è elencata solo un’altra biblioteca scolastica, la Biblioteca antica del Collegio Mellerio Rosmini di Domodossola. 7 Vd. Allegato 1. 8 La lettura dell’opera di Anelli conferma l’ammirazione dell’autore per Giuseppe Ferrari, Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini. Per quanto riguarda Ferrari, Anelli non solo lo definisce «specchio dell’antica lealtà e probità milanese, onore e primo lume del secolo nelle scienze filosofiche» (Luigi Anelli, Storia d’Italia dal 1814 al 1863, cit., vol. IV, p. 216), ma gli dedica l’opera («A Giuseppe Ferrari per altezza d’ingegno e dignità di coscienza onore del secolo questo libro intitola l’autore»), pur criticandone la scelta di scrivere in lingua straniera. Anche Cattaneo viene presentato in maniera favorevole, tanto che Anelli scrive «di giudizio e di ingegno senza pari maggiore godeva il Cattaneo» (Ibidem vol. II p. 102); inoltre, nella ricostruzione della rivoluzione del 1848 a Milano sono spesso ampiamente citati i suoi giudizi e le sue proposte. Infine, Anelli descrive Mazzini come uomo «di buon ingegno, calda parola, e amor sincero di patria» (Ibidem, vol. I, p. 322), ritiene che sia stato incarcerato ed esiliato ingiustamente, ammira la nobiltà del suo progetto; tuttavia, ripercorrendo le tappe del suo operato, mette in luce i limiti della sua azione. 9 Ibidem, vol. II, p. 96. 10 Ibidem, vol. II, p. 88. 3 dell'indebolimento del maresciallo Radetzky, si schierò dalla parte degli insorti con la creazione del Governo provvisorio. 2.1.2. Le iniziative popolari (Alice Borgonovo e Mattia Sacco) È evidente che Anelli punta a esaltare lo slancio patriottico del popolo, pur consapevole della difficoltà di sostenere e guidare l’azione popolare. Sottolinea la grande umanità manifestata dai cittadini milanesi che soccorsero i soldati austriaci feriti e che riuscirono a contenere il proprio spirito di vendetta quando, entrati nelle carceri per liberare i prigionieri al termine del moto, scoprirono uno spettacolo raccapricciante di massacri compiuti dagli Austriaci. D’altra parte, si mostra un giudice severo nei confronti delle altre città lombarde che, inizialmente, parvero indifferenti alla causa milanese. È critico soprattutto nei confronti di Lodi definendola: «Infeltrita vigliaccamente nell’ozio e nel servaggio, sorda alle voci di pochi che tentarono risvegliarla a virtù.»11 La paura di agire accomunava diverse città, tra cui Como, che – secondo Anelli – riponevano troppa fiducia in un possibile intervento di Carlo Alberto e che mancavano di un capo forte. In seguito, dinanzi al diffondersi dei moti, Anelli mostra una grande fiducia nei confronti dell’iniziativa popolare elencando dettagliatamente i centri dell’insurrezione. Concentra l’attenzione sulle zone animate da sentimenti nazionali ricordando ad esempio che: «Il vessillo italiano sventolava festivamente in Iseo; la Camonica e tutto il Bresciano tumultuavano all’armi.»12 L’autore conclude questo elenco con una frase significativa: « I popoli appartengono all'umanità e con essa sono destinati a grandezza».13 2.1.3. L’intervento del Regno di Sardegna (Chiara Martinoli e Vittorio Bolzani) Nella ricostruzione dell’intervento piemontese a sostegno della rivoluzione lombarda si nota che Anelli apprezza gli ideali di indipendenza di Cesare Balbo, primo ministro del Regno di Sardegna, mentre ne critica l’azione: questi, temendo un’opposizione al proprio progetto politico di espansione del Piemonte, disapprovò infatti che Torino aiutasse Milano. Del tutto negativa è invece l’immagine che viene data di Carlo Alberto: sovrano che intendeva prendere per sé tutta la gloria dell’indipendenza milanese (la «nostra indipendenza»14) e che aiutò gli insorti lombardi in cambio della promessa di essere riconosciuto re. Anelli mostra la sua propensione democratica e repubblicana concordando con le parole di Cattaneo, il quale – dinanzi alla prospettiva dell’intervento di Carlo Alberto – affermava che era indegno di un popolo, «debitore a sé solo della propria libertà, mettersi a ubbidienza d’un re».15 La società italiana appare ad Anelli come colma d’erudizione, ma povera di solidi principi morali: per questo, nonostante l’istintivo desiderio di libertà, gli Italiani non seppero affrontare la guerra «con costanza di proposito»16 e cedettero facilmente al nemico. Erroneamente, secondo Anelli, il popolo lombardo si credeva invincibile grazie all’aiuto del re e «in niun modo si voleva fare repubblicano» 17. Così, l’arrivo di Mazzini a Milano e i dibattiti preesistenti tra monarchici costituzionali e repubblicani divennero il pretesto per affrettare la delibera per l’annessione della Lombardia al Regno di Sardegna: tutti cambiarono idea nel governo provvisorio lombardo, tranne – afferma l’autore – il solo Anelli, che «al mutar di principj preferisce la morte».18 2.1.4. Le garanzie per l’annessione della Lombardia (Lorenzo Saggiante e Jacopo Rosi) Anche nella ricostruzione dei successivi avvenimenti possiamo ricavare le opinioni di Anelli direttamente dalla sua azione come membro del governo provvisorio. Nell’esposizione degli avvenimenti legati all’annessione della Lombardia al Piemonte notiamo l’accentuarsi della critica di Anelli nei confronti di Casati, tanto da affermare che una rivoluzione capeggiata non da uomini grandi, ma da uomini nobili, ricchi e ignoranti non poteva andare a buon fine.19 Così vediamo Anelli – quando tratta del dibattito tra il Casati e i membri del governo provvisorio sulla possibilità di venir meno alle promesse fatte al popolo lombardo di decretare, prima dell’unione col Piemonte, alcune garanzie (la certezza della costituzione, la libertà di stampa, il 11 12 13 14 15 16 17 18 19 Ibidem, vol. II, p. 100 Ibidem, vol. II, p.101 Ibidem, vol. II, p.113 Ibidem, vol. II, p. 129. Ibidem, vol. II, p. 131. Ibidem, vol. II, p. 137. Ibidem, vol. II, p. 175. Ibidem, vol. II, p. 177. Cfr. Ibidem, vol. II, p. 203. 4 diritto di associazione, l’istituzione della guardia nazionale) – opporsi invano al Casati che già mostrava di non voler mantenere la promessa. In seguito ai disordini scoppiati a Milano per il riconoscimento delle garanzie ricordate, vediamo ancora Anelli criticare le modalità dispotiche con cui Casati e altri membri del governo provvisorio intendevano sovvertire gli esiti del processo contro settantatré cittadini, tra cui noti repubblicani, accusati dei disordini, e lo vediamo opporsi alla proposta di mettere sotto processo anche Cattaneo. 2.1.5. Gli esiti della Prima guerra d’indipendenza (Lorenzo Saggiante e Jacopo Rosi) La narrazione degli esiti della Prima guerra d’indipendenza in Lombardia offre all’Anelli nuovi argomenti di critica a Carlo Alberto e al governo provvisorio: egli critica la decisione di Carlo Alberto di trasferire la linea di difesa da Piacenza a Milano, accusandolo di «deliberare la propria rovina e di affrettarla co’ suoi errori medesimi».20 Poi, quando ricostruisce l’attacco degli Austriaci a Milano, Anelli biasima la codardia dei membri del governo lombardo, che si erano persi d’animo al primo colpo di cannone e che intendevano rinunciare alla difesa della città, ritenendo che fosse «meglio che ciascuno se n’andasse pei fatti suoi»,21 mentre Anelli e Litta si opposero. Dinanzi all’ipotesi di un intervento dell’esercito repubblicano francese, inoltre, Anelli accusa Carlo Alberto di preferire l’occupazione della Lombardia da parte dell’Austria a una Lombardia libera e indipendente, essendo solo interessato a salvare se stesso. Vediamo allora Anelli avvicinarsi a quelle voci che accusavano Carlo Alberto di tradimento, anche se al momento fu accusato a torto anch’egli da cittadini furenti alla notizia della decisione del re e del governo provvisorio di concedere un armistizio all’Austria. Invece – scrive l’autore di se stesso – Anelli, insieme con Litta, convinto della necessità di proseguire la guerra, tentò inutilmente di convincere in tal senso il re. 2.2. Gli avvenimenti del 1860 2.2.1. La cessione di Nizza e della Savoia alla Francia (Gaia Lanfranconi e Giada De Crescenzo) Eletto deputato come rappresentante della provincia di Lodi e Crema, in Parlamento Anelli si oppose alla cessione di Nizza e della Savoia alla Francia al termine della Seconda guerra d’indipendenza. La sua opposizione emerge in molti passaggi in cui non risparmia giudizi e critiche sulle personalità e le azioni di Cavour e Napoleone III. Trattando «il principio che vieta ai re d’alienare i loro popoli, mercanteggiandone come si negoziano i fondi pubblici e il credito nazionale», riferendosi a Nizza, sostiene che «lo stesso Cavour aveva in Parlamento propugnato altra volta questa verità, ma in politica i principj vanno e vengono cogli interessi, e la nostra età era destinata a vedere, dopo uno spettacolo stupendo che davano i popoli di prudenza, le brutte tristizie dei governi».22 Le «tristizie» dei governi – secondo Anelli – appaiono sia nelle pressioni attuate a Nizza per ottenere un esito positivo dai plebisciti per l’annessione, sia nell’azione svolta da Cavour in Parlamento per contrastare il tentativo di opposizione di Garibaldi. A proposito delle prime l’autore afferma: «vidi in Nizza buona parte delle turpi azioni che si tramarono ed il repentino prostituire che molti […] fecero della persona, della mente, della parola per denari, impieghi ed onoranze» 23; a proposito della seconda sostiene di Cavour che «niuno più di lui sapeva nelle pubbliche adunanze accumulare ragionamenti imbrogliati di sofismi e di parole, per […] prendere con meraviglioso artifizio tutti i vantaggi; tanto è torbido il sapere dove manca virtù».24 2.2.2. Popoli e governi, unificazione e federalismo (Gaia Lanfranconi e Giada De Crescenzo) Dalle considerazioni di Anelli sulle « tristizie dei governi» possiamo trarre la conferma dei suoi ideali democratici: egli riteneva che sarebbe stato meglio se la questione italiana fosse stata risolta dall’azione del popolo e non da quella dei governi. Gli ideali democratici dell’autore emergono anche dalle riflessioni sulle prime misure adottate dopo l’annessione della Lombardia al Regno di Sardegna. Egli confessa «che nuove leggi e ordinanze richiedevansi contra le antiche; ma credo che meglio e più rettamente avrebbesi provveduto alle nostre cose col solo ritoccarle, non col distruggerle».25 In questa prospettiva vanno lette le osservazioni critiche sulla legge Casati, riguardante l’istruzione, e le considerazioni sulla legge Rattazzi riguardante l’ordinamento comunale e provinciale, considerazioni che fanno emergere l’orientamento federalista dell’autore. 20 21 22 23 24 25 Ibidem, Ibidem, Ibidem, Ibidem, Ibidem, Ibidem, vol. vol. vol. vol. vol. vol. II, p. 220. II, p. 221. IV, p. 154. IV, p. 156. IV, p. 159. IV, p. 92. 5 Infatti, rivolgendo lo sguardo all’intera penisola, l’autore dichiara che «l’Italia non avrà grandezza e vita propria sino a che le sue province non avranno ciascuna libero il governo de’ proprii interessi e del pubblico insegnamento» 26, convinto che, all’interno di Stati ben amministrati, sia possibile adottare una soluzione federalista. 2.2.3. L’impresa dei Mille (Costanza De Conno e Camilla Facco) La presentazione dell’impresa dei Mille conferma l’opposizione di Anelli all’iniziativa dei governi, e non del popolo, nella costruzione dell’Italia. Infatti, l’autore ricorda con tono critico l’azione di Cavour che mandò i suoi inviati nel Regno delle Sicilie con lo scopo di convincere le popolazioni locali ad unirsi al nuovo Regno, confidando nella loro «volubilità e corruttibilità». 27 E giudica l’adesione delle popolazioni all’iniziativa del Piemonte come un tradimento nei confronti di Garibaldi. Nonostante i diversi progetti istituzionali, sia Cavour che Garibaldi desideravano al più presto realizzare il progetto di un’Italia unita. Il primo, però, secondo Anelli, per «avidità» di controllare l’ingente numero di abitanti della penisola; i garibaldini, invece, perché più valenti nelle armi e nelle cospirazioni che «nelle dottrine di uguaglianza e libertà» 28. Anelli riteneva infatti – in accordo con il federalismo di Cattaneo e Ferrari – che l’unificazione sacrificasse la libertà e la specificità delle «varie genti»29 della nazione. Comunque, non tralascia di ricordare la delusione dei garibaldini dopo l’incontro di Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele, nel quale Garibaldi aveva rinunciato a proseguire nella realizzazione dei suoi progetti. 2.2.4. L’annessione dell’Italia meridionale (Costanza De Conno e Camilla Facco) Anelli giudica, quindi, la scelta a favore dell’annessione da parte delle regioni del Sud come un «gettar via la propria libertà»,30 sottolineando l’incoscienza del popolo rispetto ai progetti del governo. Infatti, al momento dei plebisciti per annettere i nuovi territori al Piemonte, la popolazione, in festa, accolse questa possibilità come un’occasione per ottenere una nuova e più favorevole condizione, rispetto alla precedente. L’autore spiega il successo dei plebisciti voluti da Cavour – che, a suo parere, gettarono l’Italia nel disordine legislativo e amministrativo – riassumendo il clima dell’epoca: il prevalere del principio di unità su quello di libertà, l’abitudine alla sottomissione, la convinzione che la monarchia portasse sicurezza.31 A questa considerazione aggiunge una nota critica nei confronti dell’«imbecillità del volgo» che, in occasione della visita di Vittorio Emanuele alle nuove province, si lasciava affascinare da balli, feste e rassegne militari, mentre – conclude l’autore – «a furia di passatempi e diporti non si ritemprano i governi».32 2.3. L’istruzione nell’Italia unificata 2.3.1. La critica alle istituzioni educative e allo Stato (Valentina Galimberti e Irene Rinaldo) Nel volume dedicato a L’andamento intellettuale d'Italia dall’anno 1814 al 1867 l’autore tratta dell’educazione e dell’istruzione pubblica. Forte è la sua critica: egli afferma che nelle scuole italiane venivano insegnate materie sterili e di scarsa utilità: «I programmi erano belli, in effetto mancava la sostanza. [...] Se i giovani vi facevano acquisto di qualche soda notizia, questa poi rimaneva in loro morta o infeconda, perché l’intelletto inesercitato al giudizio, al raziocinio, al buon senso non sapeva valersene».33 Mette in luce l’inidoneità dei metodi di insegnamento e dei professori: «Perciò abbiamo veduto l’ufficio difficile della istruzione occupato da pedantucoli, che gonfi di vana superbia sotto l’onorevole nome di professori, e presuntuosi di saper tutto mentre erano appena atti a qualche miserabile concettuzzo, punto non curavano d’allevare uomini dotti, forti di giudizio, e capaci d’usare il discorso della ragione».34 Ampia parte della critica di Anelli riguarda il rapporto tra il governo e le istituzioni del sistema di istruzione (Licei, Accademie, Università), sia perché lo Stato non era in grado di occuparsi adeguatamente della loro gestione sul territorio nazionale, sia perché l’autore riteneva che la 26 27 28 29 30 31 32 33 34 Ibidem, vol. IV, p. 94. Ibidem, vol. IV, p. 214. Ibidem, vol. IV, p. 215. Ibidem, vol. IV, p. 217. Ibidem, vol. IV, p. 218. Cfr. Ibidem, vol. IV, p. 222. Ibidem, vol. IV, p. 223. Ibidem, vol. VI, p. 247. Ibidem, vol. VI, p. 246. 6 scienza e il suo insegnamento dovessero essere liberi da ogni vincolo: «A mio credere, sarebbe oggimai tempo di disfarci dalla molesta tutela del Governo».35 2.3.2. L’importanza dell’educazione popolare (Valentina Galimberti e Irene Rinaldo) Per Anelli creare un sistema efficiente di istruzione ed educazione popolare era di fondamentale importanza. In Italia, infatti, il moltiplicarsi delle scuole popolari non bastava a garantire un’istruzione adeguata alla maggior parte dei cittadini. Questa situazione lasciava spazio al dilagare dell’ignoranza e della criminalità e favoriva solo una regressione del Paese, mentre – nota Anelli – «si tratta di essere o di non essere nazione, imperocchè l’avvenire de’ popoli dipende non dalle armi, ma dalla loro cultura intellettuale e morale».36 L’autore esalta poi il ruolo dell’educatore e preme affinché anche la donna possa rivestire questa funzione: «donna, nelle cui mani Iddio pose i destini de’ popoli».37 Anelli rileva, infine, che nel popolo è forte la volontà di migliorare le proprie condizioni di vita e di acquisire dei diritti, ma conclude dicendo che «la sola educazione può farli capaci di quella dignità morale senza la quale non dura la vera libertà». 38 Dai punti ricordati emerge, quindi, l’interesse che Anelli provava per la condizione del popolo e il suo benessere, in linea con il suo orientamento democratico, e la sua preoccupazione per la diffusione della cultura, legata al ruolo di intellettuale ed educatore da lui esercitato. 2.4. L’opera di Anelli nella storia della storiografia (Laura D’Agostino e Maddalena Cassa) Per controllare la nostra ipotesi sull’impostazione storiografica dell’opera di Anelli abbiamo, infine, consultato due opere di storia della storiografia presenti nella Biblioteca di Istituto: Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni di storia della storiografia (1962) di Walter Maturi e Storia della storiografia italiana nel secolo XIX (1921) di Benedetto Croce. Nell’opera di Maturi Luigi Anelli viene incluso fra gli storici di tendenza o di partito insieme con Carlo Cattaneo e Carlo Pisacane. Presentato come l’unico storico di parte democratica che abbia scritto una storia del Risorgimento di notevole ampiezza, Anelli viene definito – riprendendo un’espressione di Carlo Casati – un «repubblicano puro».39 Nell’opera di Croce, invece, non abbiamo trovato riferimenti all’autore. La ragione di questa assenza si spiega con un’altra opera di Croce, La storia come pensiero e come azione (1938). In quest’opera Croce sostiene che la storiografia di tendenza ha origine da fini pratici: infatti, gli storici di tendenza o di partito partono da una posizione politica già data e trattano gli eventi storici per convalidare e difendere le proprie idee.40 Secondo Croce, quest’impostazione – diffusa tra gli storici italiani della prima metà del XIX secolo – non porta alla nascita di una vera storiografia: questo spiega anche l’assenza di Anelli nella sua Storia della storiografia. 3. CONCLUSIONI 3.1. Esiti: la «Storia d’Italia» di Anelli e le interpretazioni del Risorgimento (per la 4^F: Gaia Lanfranconi) Concludendo il lavoro abbiamo trovato conferma del fatto che la «Storia d’Italia» narra le vicende risorgimentali in maniera molto dettagliata e che è classificabile come un’opera di storiografia di tendenza41. Infatti, tramite le analisi svolte sulle diverse parti dei sei volumi abbiamo chiaramente colto l’orientamento democratico e repubblicano dell’autore. Studiando le fasi del dibattito storiografico sul Risorgimento42 abbiamo rilevato che l’impostazione “di tendenza” della «Storia d’Italia» è propria degli scritti della prima fase di tale dibattito, coincidente cronologicamente con gli eventi stessi e caratterizzata dal sovrapporsi della ricostruzione storiografica e del giudizio politico. Infine, considerando le interpretazioni del Ibidem, vol. VI, p. 254. Ibidem, vol. VI, p. 261. 37 Ibidem, vol. VI, p. 262. 38 Ibidem, vol. VI, p. 263. 39 Walter MATURI, Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni di storia della storiografia, Einaudi, Torino 1962, p. 328. 40 Cfr. Benedetto CROCE, La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari 1954, pp. 172-190. 41 In generale, conducendo l’analisi dell’opera, abbiamo potuto riscontrare come le convinzioni personali dell’autore abbiano influenzato la stesura dei volumi anche grazie all’uso di formule quali «a noi sembra degno di singolare memoria», «ma il peggior male trovasi», «direi quasi» e grazie alle frequenti affermazioni di carattere sentenzioso, come «una è la legge per tutti i popoli, l’onestà; uno il dovere, inflessibilmente seguirla» (Luigi Anelli, Storia d’Italia dal 1814 al 1863, cit., vol. IV, pp. 151-159), 42 Alberto De Bernardi - Scipione Guarracino, L’operazione storica, Milano, Bruno Mondadori, 1987, pp. 612614. 35 36 7 Risorgimento, potremmo pensare di collocare Anelli tra gli autori che vedono negli esiti del processo di unificazione un tradimento degli ideali risorgimentali: egli, infatti, sostiene che le iniziative popolari siano state strumentalizzate dai Savoia, il cui obiettivo era espandere i propri territori, e, in generale, mantiene un atteggiamento critico nei confronti del ruolo della Francia nelle vicende risorgimentali e nei confronti delle misure politiche adottate per il Paese dopo l’unificazione. 3.2. Un nuovo interrogativo (per la 4^F: Valentina Galimberti) Gli esiti della ricerca hanno, però, fatto emergere un nuovo interrogativo: come mai l’unica opera storiografica sul Risorgimento e sulla nascita del Regno d’Italia presente nella Biblioteca del Regio Liceo «C. Beccaria» nel primo decennio dopo l’unificazione è un’opera così apertamente critica? Qual è la sua provenienza? Nel «Registro della Biblioteca» risalente al 1870, alla voce «Provenienza e titoli giustificativi», accanto all’opera di Luigi Anelli è riportata l’indicazione «dallo Stato», come per la quasi totalità dei volumi, escluse le opere classificate come «dono» di un Ministero, di un istituto o dei rispettivi autori. Sulla base delle informazioni raccolte sulla storia delle biblioteche scolastiche, ci sembra possibile ipotizzare che la «Storia d’Italia» di Luigi Anelli sia stata acquistata dal Regio Liceo stesso.43 Se questa ipotesi fosse corretta, sarebbe interessante scoprire chi ne richiese l’acquisizione. Nell’indagine da noi effettuata su una selezione di atti dell’Archivio storico della scuola,44 però, non abbiamo trovato alcun tipo di documento (richieste, ricevute, …) che ci abbia fornito informazioni precise sull’acquisizione dell’opera da parte della Biblioteca del Regio Liceo. La ricerca resta, quindi, aperta. BIBLIOGRAFIA Opera Anelli Luigi, Storia d’Italia dal 1814 al 1863, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, Milano 1864, voll. I-IV Anelli Luigi, Continuazione dall’anno 1863 al 1867 della Storia d’Italia scritta da Luigi Anelli, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, Milano s.d. Anelli Luigi, L’andamento intellettuale d’Italia dall’anno 1814 al 1867 in appendice della Storia d’Italia scritta da Luigi Anelli, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, Milano s.d. Studi Croce Benedetto, La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari 1954 Croce Benedetto, Storia della storiografia italiana nel secolo XIX, Laterza, Bari 1947 Della Peruta Franco, Luigi Anelli, in: Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Società Grafica Romana, Roma 1961 Fiorini Luisa, L’abate Luigi Anelli storico del Risorgimento. La vita, Industrie Grafiche Cattaneo, Bergamo s.d. Maturi Walter, Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni di storia della storiografia, Einaudi, Torino 1962 Manuali scolastici De Bernardi Alberto – Guarracino Scipione, L’operazione storica, Bruno Mondadori, Milano 1987, vol. 3 Giardina Andrea – Sabbatucci Giovanni – Vidotto Vittorio, Profili Storici dal 1650 al 1900, Laterza, Bari 2001, vol. 2** 43 I documenti dell’Archivio Storico attestano la consegna di fondi al Bibliotecario per la Biblioteca : Cartella 25 (ex 92): Amministrazione spese per materiale scientifico, Spese per conto del Municipio, Ricevute dei professori (1859-1887), Fascicolo 1. 44 Registro: Protocollo Generale R. Liceo di S. Alessandro a.s. 1862-76; Cartella 25 (ex 92): Amministrazione spese per materiale scientifico, Spese per conto del Municipio, Ricevute dei professori (1859-1887). 8 ALLEGATO 1 STORIA D’ITALIA DAL 1814 AL 1863 DI LUIGI ANELLI Milano, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, 1864 VOLUME I STORIA D’ITALIA DAL 1814 AL 1850 INDICE - Capo primo (1814-20) - Scontentezze lasciate in Lombardia dal dominio francese - Assassinio di Prina - Gli austriaci chiamati in Milano - Congiure di alcuni partigiani di Napoleone per discacciarli - Riordinamento d’Italia che s’incomincia a Parigi dai monarchi radunati a congresso - Pratiche dei liberali con Napoleone all’Elba per farlo re d’Italia Gioachino, vista la mala disposizione del congresso, sollecita Napoleone a nuove imprese, ed egli prepara la guerra in Italia, mentre affida d’amicizia i confederati - Rompe guerra infelicemente ed è costretto di rinunziare al Regno di Napoli - Napoleone, aborrito dai potenti europei, invano cerca amicizia; costretto a guerra, è rotto a Waterloo - Gioachino si rifugge a Tolone, e di quivi riparando in Corsica, levasi a nuovi disegni d’impero e ritenta la spedizione contro Napoli - Infelicità dell’impresa e sua morte - Capo secondo (1814-20) - Quali dottrine fossero norma alle idee di governo che il Congresso di Vienna aveva fissato a scompartimento politico d’Italia - Come il Congresso acqueta le varie pretensioni de’ principi scontenti della parte loro fatta Le condizioni morali dei popoli agevolarne ai potenti l’esecuzione dei loro disegni di governo - Governo di Napoli e di Sicilia - Governo di Roma - Capo terzo (1814-20) - Governo di Piemonte - Come Genova fu riunita al Piemonte e riordinata monarchia - Governo d’Austria nel Regno Lombardo-Veneto - Dottrine de’ liberali più ardenti in Europa - A quali desiderii si limitasse l’Italia La setta dei Concistoriali disegna di fare indipendente l’Italia, cacciandone l’Austria - Tentativi inutili d’educazione popolare, sperimentati in Lombardia - Moti del Regno di Napoli - Guglielmo Pepe capo delle rivoluzioni - Ferdinando giura la Costituzione di Spagna - Rivoluzione di Palermo, per separarsi da Napoli Suoi infelici successi - Capo quarto (1820-30) - Parlamento di Napoli - Congresso di re alleati a Troppau e loro invito a Ferdinando di recarsi a Laybach per comporre di conserva le cose del regno - Il Parlamento concede al re di partirsi dal Regno - Il Duca del Gallo a Laybach - Guerra dell’Austria contra Napoli e rovine della rivoluzione - Scontentezze dei liberali in Piemonte Riforme del Balbo - Pratiche dei liberali per dare al Regno la Costituzione - Concetto d’ordinare l’Italia in tre Regni - Si discute se debba adottarsi la Costituzione di Spagna o di Francia, e prevale l’avviso di Santa Rosa che insiste per la spagnuola - Il Governo nega le riforme - Fatti del 12 genn. 1821 a Torino che affrettano la rivoluzione - Il principe della Cisterna, che doveva esserne capo, è imprigionato, e vi è surrogato Carlo Alberto, principe di Carignano - Suo tradimento - La rivoluzione tuttavia scoppia, e il re abdicando fa reggente Carlo Alberto - Capo quinto (1820-30) - Moti di Torino che spingono Carlo Alberto a bandire la costituzione spagnuola - I Lombardi sollecitano inutilmente il reggente a guerra contra l’Austria - Ambasceria al re Carlo Felice e rifiuto del medesimo a riconoscere le opere del reggente - Tumulti a Genova - Fuga di Carlo Alberto - Santa Rosa sostiene la rivoluzione che poscia è vinta colla zuffa all’Agogna - Rigori in Piemonte, in Napoli, nelle Provincie italiane soggette all’Austria ed in Modena - Congresso di Verona - Nuovi processi politici in Lombardia - Morte di Pio VII - Pontificato di Leone XII - Pontificato di Pio VIII - Morte di Ferdinando di Napoli - Principio del governo di Francesco I - Tumulti delle Calabrie e distruzione di Bosco - Capo sesto (1820-30) - Ducati di Modena, Parma, Toscana - Francesco I a Milano e peggiorato governo che ne segue - Partito italiano in favore dell’Austria - I Guelfi - Comitato cosmopolita di Parigi - Luigi Filippo e Guglielmo Pepe trattano delle cose di Napoli - Il Duca di Modena cospiratore, ma denunziato all’Austria da Luigi Filippo, tradisce - Fatti di Modena e di Parma - Gli Austriaci opprimono la rivolta - Memorandum delle quattro grandi potenze al Papa - Provvedimenti illusori - Nuovi tumulti - I Francesi in Ancona - Capo settimo (1830-40) - Il Bernetti afforza di proprie armi lo Stato di Roma - Brighe dell’Austria che il fanno dismettere - E’ sostituito Lambruschini senza che però il Governo ne migliori - Duca di Modena e sue vendette – Piemonte Principii di regno di Carlo Alberto - Setta della Giovine Italia e persecuzione del re contra di essa - Napoli e Toscana - Moti della Savoia - Morte di Francesco I d’Austria e speranze de’ Lombardi nel nuovo imperatore Ferdinando - Sforzi di Metternich d’assodare il suo impero in tutta Italia e massime in Piemonte, dove gl’inganni gli riescono male 9 - Capo ottavo (1830-40) - Riforme di Carlo Alberto in Sardegna e in Piemonte - Sue brighe con l’Austria per le strade in ferro e pel transito del sale - Napoli sotto il governo di Ferdinando II – Sicilia - Cholera, tumulti conseguenti e castighi Contesa del re coll’Inghilterra pei zolfi - Le legazioni sgombrate d’armi straniere - Gregorio nega ogni riforma Agitazione delle Romagne - Scoramento di buona parte de’ liberali, audacia di pochi altri - I Bandiera VOLUME II STORIA D’ITALIA DAL 1814 AL 1850 INDICE - Capo primo (1840-48) - Piccoli tumulti nelle Romagne puniti con estremo rigore. - Fatti di Rimini. - Consegnazione di Renzi. Nuove idee di rivoluzione frenate da Azeglio. - Scontentezza della Lombardia per governo peggiorato. Metternich si mostra inclinato a secondarvi lo sviluppo della civiltà. - Rimostranze di Casati e Correr deluse con vane promesse. - Nuove idee politiche dei riformatori. - Gioberti. - Azeglio propagatore della serra Albertina nelle Legazioni. - Morte di Gregorio XVI. - Pio IX; suoi principi di governo. - Riforme in Piemonte e Toscana. - Contese del gran duca col duca di Modena per Fivizzano. - Piccolo tumulto della Sicilia represso. Scontentezze di Milano. - Feste e tumulti per l’ingresso del nuovo arcivescovo. - Rivoluzioni delle due Sicilie. Sospesa la guerra colle tregue di Messina. - Capo secondo (1840-48) - Agitazioni nella Toscana. - Costituzione in Piemonte. - Disordine in Lombardia. - Rivoluzione di Milano e portamenti delle altre provincie lombarde. - Cacciata dei duchi di Parma e Modena. - Modi osservati dai governi di Roma e Toscana nei tumulti di Lombardia. - Pratiche del re Carlo Alberto co’ Milanesi. I tumulti del regno l’obbligano finalmente a guerra. - Capo terzo (1840-48) - Condizione che facevano difficile il trionfo della rivoluzione lombarda. - Fatti di guerra omessi dal re abbenchè necessarii. - Pio IX contrario alla causa italiana. - I ducati favorevoli al Piemonte. - Tumulti di Napoli per rivedere la Costituzione. - Sicilia. - Come si ricompone e prepara alla guerra. - Lombardia. - Il governo per paura dei repubblicani affretta l’unione d’essa e delle provincie venete al Piemonte. - Treviso resiste agli assalti di Nugent. - Assalto di Santa Lucia. - Al Caffaro. - A Montanera. - Il maresciallo rotto a Goito, e perduta Peschiera, dicampo da Rivoli per tener liberi i passi del Tirolo. - Capo quarto (1848-50) - Perdita di Vicenza. - Scontentezze della Lombardia. - Guerentigie richieste per concordare definitivamente l’unione col Piemonte. - Condizioni politiche e militari sfavorevoli alla guerra. - I corpi volontarii. - Sorti dei ducati. - Tumulto di Bologna. - Agitazioni in Toscana. - Capo quinto (1848-50) - Caduta di Messina e timore del Borbone per Napoli. - Fuga del Pontefice da Roma che lo depone di re e decreta la costituente. - Piemonte. - Ministro Pinelli e congresso Federativo. - Pinelli cade dal ministero e Gioberti risale al governo dello Stato. - Toscana. - Mistero Montanelli. Guerrazzi. - Costituente Toscana e fuga di Leopoldo. - Sforzi di Guerrazzi per impedire la repubblica. - Gioberti preparava una spedizione in Toscana, ma disapprovato si dimette. - I restanti ministri, perduta la speranza nella mediazione delle Potenze, si dispongono alla guerra voluta dagli agitatori. - Capo sesto (1848-50) - Venezia aderisce al Piemonte. - Tumultua all’udire le tregue di Milano e delibera le resistenze. - Freddezza e perplessità di Manin. - Haynau a Ferrara.- Il Piemonte ripiglia la guerra contro l’Austria e l’esercito è battuto a Novara. - Abdicazione di Carlo Alberto.- Sommosse di Brescia e di Genova. - Il re di Napoli si sbriga del suo Parlamento e finisce di risoggettar la Sicilia. - Capo settimo (1848-53) - Roma in repubblica. - Concerti tra Francia, Spagna, Austria e Napoli per opprimerla. - Primi assalti infelici dei Francesi. - I Napoli rotti a Palestina. - Bologna presa dai Tedeschi. - La Toscana fa tumulto per riavere Leopoldo, e Guerrazzi è costretto a dimettersi. - Gli Austriaci la invadono, poscia riducono Ancona a obbedienza del papa. - Inutili pratiche dei triumviri per farsi amica la Francia e caduta di Roma. - Resa di Venezia. - La Costituzione si conferma appena in Piemonte. VOLUME III STORIA D’ITALIA DAL 1850 AL 1861 INDICE 10 - Capo primo (1850-52) Ministero Azeglio - Agitazioni interne per impazienza di nuova guerra - Azeglio vuol mantenuta la pace di Milano – Nuovo Parlamento – Grandi promesse e condizioni sfavorevoli per eseguirle – Abolizione del foro ecclesiastico – Lotta col clero – Scontentezze comuni – Cavour entra compagno ad Azeglio nel Ministero – Trattato di commercio colla Francia e legge di stampa secondo il volere di L. Napoleone - Continuano le scontentezze, moti in Sardegna, il Parlamento si avvicina a Cavour - Ratazzi presidente della Camera – Cambiamenti nel ministero – Azeglio mal sostenuto dall’opinione comune si dimette. - Capo secondo (1852-55) Pericoli della Costituzione – Ministero momentaneo Balbo e Revel – Ministero Cavour – Condizioni politiche dell’Europa – Condizioni interne – L’aristocrazia e i liberali si stringono al conte Cavour che vanta supremo suo scopo la redenzione d’Italia – Ratazzi entra collega di Cavour: cresce favore de’liberali pel governo, il Senato le adombra, e il ministro scioglie la camera – Osservazioni sulla natura e sui modi dell’ elezioni politiche – Malessere pubblico e delle finanze – Legge sull’ abolizione degli Ordini religiosi. - Capo terzo (1852-55) Ambizione della Russia – Gelosie delle potenze occidentali – Questione de’ Luoghi Santi – La Russia non ottenendo i suoi voleri passa il Pruth – L’Inghilterra e la Francia prendono la difesa della Turchia – Dubbiezze delle potenze germaniche – Dichiarazione di guerra – Armi infelici della Russia al Danubio – Spedizione degli alleati nella Turchia – Battaglia all’Alma e assedio di Sebastopoli – Il Piemonte costretto ad allearsi di guerra – Caduta di Sebastopoli – Napoleone vuole la pace - Capo quarto (1856) Congresso di Parigi – Questione italiana – I materiali e morali interessi de’ popoli piemontesi trascurati – Cattiva amministrazione interna per colpa del governo e del Parlamento – Milizia – Istituzione del Credito mobiliare – Cavour prosegue il progetto della cacciata dell’Austria – Intelligenze coll’ imperator de’ francesi – Agitazione e impazienza de’liberali – Cause del tardo sviluppo in Italia del principio di indipendenza. - Capo quinto (1850-57) Austria – Ministero Schwarzemberg – Ministero Bruck - Riforme economiche dell’impero – Governo delle province italiane – Abbattimento morale de’ popoli – Tentativi infelici del 6 febbrajo 1853 – Condizioni del clero lombardo concordato con Roma – Venuta dell’imperatore Francesco Giuseppe in Italia e contentezze universali, ma passeggere – Gran ducato di Toscana – Ducati di Parma e Piacenza – Duca di Modena – Ferdinando di Napoli. Volume IV STORIA D’ITALIA DAL 1850 AL 1861 INDICE - Capo primo (1857) Querele tra il ministro Buol e Cavour.- La maggior parte de’liberali aderisce a Cavour.- Mazzini invece ne è scontento.- Moti a Genova e a Livorno soppressi.- Tentativo infelice del Pisacane nel regno di Napoli.Scontento del popolo contro Cavour.- Attentato d’Orsini e nuova legge in Piemonte sulle cospirazioni.- Dissidi con Napoli pel Cagliari.-Speranza continua dei liberali.- Condizioni politiche dei popoli italiani. - Capo secondo (1859) Brighe di Napoleone coll’Austria per le cose di Roma e sue rotture diplomatiche.- Parole bellicose di Vittorio Emanuele.- Lentezze dell’Austria a rompere la guerra.- Artifizi di Napoleone in mezzo ai maneggi di pace che tenta l’Inghilterra.- Varianza di proposte.- Tentativi inutili dell’Austria di trarre la Prussia e la Germania in guerra.- Gli sforzi dell’Inghilterra per impedire la guerra non hanno buon esito,e l’Austria impaziente del movimento italiano che il Piemonte andava fomentando rompe la guerra.- Fatto d’armi a Palestro.- Battaglia di Magenta.- Proclami de’ vincitori.- L’Italia centrale s’affranca de’ suoi principi.- Battaglia di Solferino.Napoleone vincitore chiede la pace.- Sconforto pubblico ma momentaneo.- Nuove speranze e propositi degli Italiani. - Capo terzo (1859-60) Ministero Ratazzi.- Sue riforme.- Scontentezze de’Lombardi.- Progetti di Napoleone per la confederazione italiana e sue brighe per vincere le nostre ripugnanze.-Indole del governo romano.- Napoleone continua i suoi sforzi per impedire l’unità.- Proposte di un Congresso andate a vuoto.- Chiamata l’Italia Centrale al suffragio universale.- Cavour scambia Ratazzi nel ministero.- Nizza e Savoia assoggettate alla Francia. - Capo quarto (1860) Francesco II di Napoli,suo carattere e stato del regno.- Moti in Sicilia e spedizione di Garibaldi che, presso Palermo, vi si fa dittatore.- Brighe con La Farina che vorrebbe trarre l’isola ad unirsi sullo stante al Piemonte.- Pratiche di alleanza che Francesco tratta con Cavour.- Garibaldi da vincitore avanza in Calabria.Le Marche e l’Umbria invase dal Piemonte.- Il re Francesco si ritira a Capua, e Garibaldi entra in Napoli.- 11 Battaglia di Capua.- Vinto dalle brighe, il dittatore si piega all’immediata annessione ed esce di dittatore.Farini va a Napoli luogotenente del re. - Capo quinto (1860-6?) Governo politico e amministrativo di Cavour.- Condizioni infelici nelle quali trovasi l’Italia alla morte di lui.Ministero Ricasoli.- Ministero Ratazzi.- Brevi cenni sui Comitati.- Garibaldi tenta l’impresa di Roma ed è ferito ad Aspromonte, ma cade anche il ministero Ratazzi. CONTINUAZIONE DALL'ANNO 1863 AL 1867 DELLA STORIA D'ITALIA SCRITTA DA LUIGI ANELLI Milano, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, s.d. Volume V INDICE - Capo primo - Circostanze sfavorevoli ai progressi della libertà e grandezza d’Italia. - Nei dicasteri de’ ministri stanno i principi delle cattive amministrazioni. - Quali parlamenti ebbe l’Italia. - Come decadessero le finanze. Amministrazione Minghetti. - Opere che s’attengono strettamente ai progressi delle civiltà. - Capo secondo - Rivoluzione polacca. - Congresso proposto da Napoleone. - Guerra danese. - Controversie tra Russia e Austria. - Politica del governo italiano negli affari del Veneto. - Opposizioni inutili de’ liberali. - In quali circostanze ci si offra l’occasione d’allearsi con la Prussia a danni dell’Austria. - Battaglia di Custoza. Pratiche d’armistizio. - Battaglia navale di Lissa. - Conclusione dell’armistizio e della pace. - Capo terzo - Stato delle provincie napoletane. - Stato delle siciliane e la rivolta di Palermo. - Amministrazione Ricasoli. Discioglimento della Camera e nuove elezioni. - Caduta di Ricasoli. - Ratazzi presidente de’ ministri. - Legge sulla liquidazione dell’asse ecclesiastico. - Cose di Roma. - Pratiche tra Francia e Italia per lo sgombro de’presidii francesi di Roma. - Convenzione del 15 settembre del 1864. - Sillabo del Papa. - Negoziati senza effetto tra il Papa e il governo italiano. - Agitazioni suscitate in Italia contro Roma e prove infelici di Garibaldi negli assalti tentati. L’ANDAMENTO INTELLETTUALE D'ITALIA DALL’ANNO 1814 AL 1867 IN APPENDICE DELLA STORIA D'ITALIA SCRITTA DA LUIGI ANELLI Milano, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, s.d. Volume VI INDICE - Capo primo - Stato morale dell’Europa ai tempi della pace di Vienna - Condizioni intellettuali e morali dell’Italia - Nuove dottrine - Gli uomini del Conciliatore le raccolgono - Circostanze disfavorevoli e favorevoli ai loro intendimenti - Apprezzamento de’ loro lavori e degli effetti che ne derivarono - Capo secondo - Languidezza della poesia - La si vorrebbe da alcuni sbandire, ma i romantici la difendono - Teorie romantiche, teorie classiche e produzioni che ne risultano - Tragici, comici, e lirici - Romanzo. Romanzieri di maggior nome - Nuovo decadimento della poesia iniziata da Prati - Brevi parole intorno all’Alardi e al Levi Cenni sulle nuove vie nelle quali da alcuni si vorrebbe mettere la poesia – Prosatori – Storici - Giornalisti - Capo terzo - Movimento scientifico e progressi civili - Condizioni generali degli studii scientifici – Filosofia - Varii sistemi e scrittori più celebri - Gli studii di legge non fioriscono - Mancano grandi scrittori nelle scienze economiche - Scienziati degni di singolar memoria in Italia. Geologia sperimentale iniziata dal Gorini – Chimica Pochezza degli studi teologici - Istruzione e educazione publica - Capo quarto - Scultura e pittura in condizioni infelici - Artefici del classicismo e del romanticismo - Artefici detti dell’arte cristiana - I naturalisti - Architettura - Musica. 12