Il Nazismo Dopo la fine della 1a guerra mondiale, la Germania entrò

Il Nazismo
Dopo la fine della 1a guerra mondiale, la Germania entrò in una fase di grave crisi politica, sociale, economica con la
fuga del Kaiser Guglielmo II, e la proclamazione della repubblica il 9 novembre 1918, inizialmente guidata da un
governo provvisorio di indirizzo socialdemocratico. La situazione interna era però molto delicata: nel gennaio del ’19
si sviluppò un’insurrezione comunista a Berlino da parte degli spartachisti (Lega di Spartaco) guidati da Rosa
Luxemburg e da altri che volevano instaurare un regime simile a quello russo, ma terminò nel sangue tramite una
violenta repressione da parte delle forze dell’ordine. Sempre nello stesso mese si riunì a Weimar un’assemblea
costituente per dare un nuovo assetto politico alla Germania: infatti nel mese di agosto diventò una repubblica
federale con un presidente (Ebert fino al ’25, poi Hindenburg), un parlamento (reichstag) e un primo ministro
(cancelliere). Tale assetto era federale, fortemente presidenzialista e verticista. Il governo che si venne a consolidare
(Repubblica di Weimar) era moderato e di centro essendo composto da SPD, Cattolici e Liberali.
Nel giugno 1919 a Versailles i tedeschi furono costretti a firmare un trattato di pace umiliante e molto esoso che tra il
’21 e il ’23 determinò molte rivolte, contestazioni e atti di terrorismo da parte dei nazionalisti (putsch di Kapp, 1920).
La situazione fu aggravata dal disastro economico, dalla disoccupazione e da un’inflazione galoppante che rendeva il
marco pura carta straccia (nel ’23 per 1 dollaro occorrevano 4.200 miliardi di marchi) e che resero impossibile pagare
i risarcimenti previsti dal trattato di pace: per questo nel 1923 la Francia occupò il bacino minerario della Ruhr.
Nel frattempo a causa del grave malcontento, delle clausole tragiche del Trattato di Versailles e della situazione di
estrema precarietà della Germania, nel 1920 era nato il Partito nazionalsocialista guidato da Adolf Hitler, un ex
caporale dell’esercito tedesco che aveva inutilmente tentato la carriera artistica come pittore, ma che era dotato di
grandi capacità oratorie e persuasive. Egli riuscì a raccogliere attorno a sé un insieme di seguaci nazionalisti convinti,
e tentò nel novembre del 1923 di attuare un colpo di Stato (putsch di Monaco o della birreria) che però fallì
determinando la sua incarcerazione per nove mesi. Durante questo periodo scrisse il Mein Kampf dettandolo al suo
amico e collaboratore Rudolf Hess, basato soprattutto sui concetti di razza superiore (ariana), di antisemitismo, di
spazio vitale, di odio per le potenze che avevano imposto alla Germania l’umiliante trattato di Versailles.
In questi anni, tuttavia, Hitler rimase una figura marginale della politica tedesca anche perché la Repubblica di
Weimar, pur debole e soggetta a continue crisi, riuscì in parte a ridare fiducia ai tedeschi grazie soprattutto al Piano
Dawes del 1924 con cui gli americani, rendendosi conto che era praticamente impossibile che la Germania riuscisse
a rinascere da sola, le fecero un grosso prestito in denaro e favorirono forti investimenti nel sistema industriale
tedesco. Infatti negli anni successivi essa registrò una consistente ripresa economica e la normalizzazione dei
rapporti internazionali con la sottoscrizione nel ’25 degli Accordi di Locarno, con cui iniziava un processo di
distensione tra Germania e Stati vincitori della prima guerra mondiale (I tedeschi in particolare riconobbero la
cessione alla Francia dell’Alsazia e della Lorena e s’impegnarono a non modificare con le armi la nuova situazione
politica), e nel ’26 quando fu ammessa alla Società delle Nazioni. Nel ’27 la produzione industriale era già tornata ai
livelli prebellici, anche se la situazione sociale e politica rimaneva precaria con governi instabili.
Nel ’29 il crollo di Wall Street ebbe un impatto terribile sull’economia tedesca, sostenuta prevalentemente da
investimenti americani, e favorì i nazisti che si erano sempre mantenuti ultranazionalisti e ostili verso le altre nazioni.
Infatti nelle elezioni del ‘30 il nazismo ottenne un numero cospicuo di parlamentari (107) divenendo il secondo partito
tedesco. Negli anni seguenti la situazione restò instabile e ingovernabile favorendo Hitler e il suo partito che si
ponevano come salvatori della patria e esaltatori della razza germanica. Nel ’32 si tornò a votare e Hitler aumentò i
suoi consensi grazie all’appoggio dell’esercito, della grande industria e degli agrari, impauriti dalla precarietà sociale,.
Nel ’33 fu nominato cancelliere dal presidente Hindenburg e subito i nazisti diedero fuoco al reichstag incolpando i
comunisti e dando origine così ad una forte e violenta repressione del dissenso. Nello stesso anno si svolsero nuove
elezioni che diedero a Hitler la maggioranza assoluta: da questo momento iniziò la dittatura con eliminazione dei
partiti avversari, soppressione dei sindacati, sostituiti dal Fronte del Lavoro (corporazione), creazione della Gestapo
(polizia segreta) e delle SS controllate da Heinrich Himmler e fedeli solo a Hitler. Il 30 giugno fu organizzata la Notte
dei Lunghi Coltelli con l’uccisione di Ernst Rohm, capo delle SA, le prime squadre d’azione naziste (camice brune)
che vennero sciolte e assorbite dalla SS, perché legate ancora a ideologie anticapitaliste, quindi ostili all’alleanza con
i grandi capitalisti tedeschi che Hitler aveva saputo stringere, e alla cultura nazista iniziale. Nel ’34 morì Hindenburg,
Hitler ne approfittò per cancellare la presidenza e fondare ufficialmente il Terzo Reich: la Germania venne trasformata
da Stato federale in Stato unitario con una serie di leggi emesse fra il 1933 e il 1934, che prevedevano lo
scioglimento di Parlamenti, e governi e organi giudiziari dei vari Stati tedeschi (Lander) gestiti da funzionari di fede
nazista.
I caratteri del nazismo furono: l’anticapitalismo e il corporativismo sul modello del fascismo italiano, a cui inizialmente
Hitler si ispirò; un feroce anticomunismo; l’esaltazione razziale dell’arianesimo, ritenuta la razza superiore che aveva
il dovere di dominare sulle altre (il nazismo voleva creare la razza perfetta, per cui non esitò a sterilizzare i tedeschi
non ritenuti idonei, a praticare l’eutanasia sugli handicappati, a creare cliniche dove si facevano accoppiare le donne
con le SS per avere figli puramente ariani); un forte antisemitismo sia per motivi economici (gli ebrei, oltre a costituire
una comunità molto coesa, dotata di una solida identità e pertanto non integrabile nel progetto totalitario di Hitler,
occupavano posizioni di rilievo nei settori finanziari e potevano ostacolare i piani economici del nazismo), sia perché
gli ebrei erano considerati una razza dannosa e parassitaria, colpevoli di aver ridotto la Germania com’era; inoltre i
nazisti avevano diffuso la notizia che vi era un complotto ebreo (i protocolli dei saggi di Sion) per dominare il mondo;
la volontà di un nuovo reich (impero) capace di dominare vaste zone; il culto del fuhrer; la fuhrerprinzip (al vertice di
ogni scala gerarchica doveva esservi un capo incontestabile); l’antiliberalismo e l’antiparlamentarismo (il campo di
concentramento di Dachau fu creato già nel ’33); il mito dello spazio vitale, della nazione e della guerra riparatrice dei
torti subiti con Versailles; l’uso repressivo prima delle SA, poi delle SS.
Il dissenso fu schiacciato con violenza o emarginato: molti tedeschi dissidenti, e anche ebrei (circa 300.000) nei primi
anni della dittatura riuscirono ad espatriare. Infatti contro gli ebrei iniziarono fin da subito una feroce propaganda e
azioni d’intimidazione. Nel ’33 vennero licenziati tutti gli impiegati statali non ariani; nel ’35 furono emanate le Leggi di
Norimberga che dichiaravano gli ebrei sottouomini; nel ’38 iniziarono i pogrom e fu organizzata la Notte dei Cristalli
con cui si assaltarono e distrussero i negozi ebrei; il 20 gennaio 1942 fu sancita la soluzione finale tramite il
Protocollo di Wannsee (deportazione e sterminio degli ebrei nei vari lager creati a tale scopo).
Il nazismo fin da subito si adoperò per creare buoni rapporti con cattolici e protestanti. Con la Chiesa cattolica
inizialmente i rapporti furono positivi perché nel ’33 il nazismo firmò un concordato con Pio XI che garantiva libertà di
culto e di organizzazione. Nel ’37, però, il Vaticano giunse a condannare il nazismo per le sue teorie razziali e per i
culti pagani che aveva diffuso in Germania. Da questo momento iniziarono persecuzioni contro i cattolici. I protestanti
prestarono giuramento di fedeltà a Hitler nel ’38 e non ebbero grossi guai, pur registrando tra le loro fila dissidenti che
vennero perseguitati, rinchiusi nei lager e messi a tacere.
Per creare il maggior consenso possibile, il nazismo diede sempre grossa importanza alla manipolazione della cultura
e dell’informazione. Goebbels fu il ministro della propaganda, colui che creò la Gioventù hitleriana e la Camera di
cultura del Reich, che determinò i programmi scolastici, gli spettacoli e i film che potevano vedere i tedeschi.
Grande consenso al nazismo arrivò grazie ai successi in politica estera, alla fine della disoccupazione e della crisi
economica per merito della politica del riarmo, vietata dal trattato di Versailles, ma perseguita ugualmente da Hitler
(che per questo motivo uscirà dalla Società delle Nazioni) e della costruzione di grandi opere pubbliche.
In economia il nazismo fondò la Corporazione alimentare del Reich che controllava l’intero settore agricolo con la
mira di raggiungere l’autosufficienza (in realtà mai ottenuta). Furono varate leggi per favorire i piccoli proprietari i cui
terreni divennero così ereditari ed inalienabili; furono date grandi sovvenzioni ai latifondisti. Il settore industriale ebbe
un imponente sviluppo grazie alla politica del riarmo e con la logica dell’”economia di guerra”. Fu varato un piano
quadriennale a partire dal 1936 con forti investimenti nei lavori pubblici. Nel ’38 i tedeschi raggiunsero la piena
occupazione, addirittura la Germania divenne meta degli emigranti. Vennero fin da subito emanate leggi che
militarizzavano i posti di lavoro (era il regime che assegnava il lavoro senza possibilità di contestazioni) e obbligavano
tutti i giovani tra i 18 e i 25 anni a lavorare a basso costo. Gli scioperi erano assolutamente vietati.
Il nazismo ebbe sempre un meticoloso controllo sulle famiglie, la scuola, lo sport, le attività ricreative, la società in
generale diffondendo costanti messaggi per educare alla guerra, che Hitler ebbe come suo scopo fin dall’ascesa al
potere. Dietro esempio dell’Italia e della Germania, la Destra reazionaria cominciò a diffondersi in buona parte
dell’Europa. In Austria andò al potere Dolfuss, che comunque rifiutò l’annessione del suo paese alla Germania, come
pretendeva Hitler, e per questo fu ucciso da sicari nazisti nel 1934.
L’Italia prese inizialmente posizione contro la volontà espansionistica tedesca (Mussolini non aveva ancora nessuna
stima per Hitler e per le sue idee), ma dopo la guerra di Spagna combattuta fianco a fianco tra il ’36 e il ’39, nel ’38,
dopo l’ulteriore avvicinamento tra Italia e Germania causato anche dal boicottaggio della Società delle Nazioni contro
l’Italia per l’invasione dell’Etiopia, avvenne comunque l’Anschluss. Fu il primo passo dei nazisti nella loro volontà
espansionistica e nella conquista dello spazio vitale, che poi determinò l’annessione dei Sudeti in Cecoslovacchia e, il
1 settembre 1939, della Polonia, che provocò lo scoppio della seconda guerra mondiale.
L'Europa sottovalutò l'avvento del nazismo per diverse ragioni. Da una parte Hitler realizzò il proprio programma con
meditata lentezza, anche se con progressione inarrestabile, facendo ricorso alle misure più drastiche solo molto tardi,
durante il secondo conflitto mondiale, quando ormai l'attenzione del popolo era concentrata sulle vicende belliche (si
pensi all'annientamento degli Ebrei, divenuto totalizzante in tutte le sue manifestazioni più disumane dal 1942 in poi).
Inoltre l'avvento di una dittatura non costituiva per l'Europa una novità, visto che analoghi regimi totalitari si erano
insediati e consolidati anche in altri Paesi, come in Italia e in Spagna. A ciò bisogna aggiungere che movimenti di
indirizzo fascista nacquero ed ebbero seguito anche in alcuni Stati retti da regimi liberali e parlamentari, tra i quali la
Francia e la stessa Inghilterra. Infine la grande avversione che da sempre Hitler manifestò verso il comunismo
bolscevico gli valse non poche simpatie sia in campo nazionale che internazionale, ambedue dominati ormai dalla
psicosi del pericolo rosso e della rivoluzione proletaria. Inoltre Inghilterra e Francia rimasero a lungo dell’idea di
perseguire la pace ad ogni costo, per cui di non intervenire contro Hitler.