Il lease back è ora possibile e spesso conveniente

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Il lease back è ora possibile e spesso conveniente
Massimo Regalli e Giulio Tagliavini, Università di Parma
Sulla base del nuovo orientamento giurisprudenziale ci si deve aspettare, anche in Italia, un avvio consistente
delle operazioni di lease back. Per il settore del leasing italiano, questo è stato per lungo tempo un campo minato, in
ragione dei dubbi e delle perplessità di ordine civilistico e fiscale. Le statistiche internazionali (vedi P. Drew, World
Leasing Yearbook 1999, Euromoney Publication) hanno da anni messo in luce che il mercato del leasing italiano è
articolato e profondamente radicato nella cultura finanziaria degli imprenditori; sembra ora possibile sviluppare anche il
segmento del lease back che, nell’esperienza estera, è di significativa rilevanza.
Con il termine lease back si è soliti identificare un’operazione di leasing finanziario con cui un'impresa vende
un bene (mobile o immobile) strumentale all’attività ad una società di leasing la quale ne paga il corrispettivo
diventandone proprietario e, contestualmente, lo concede in leasing alla stessa contro il pagamento di canoni periodici e
con il diritto di riscattarlo al termine del contratto ad un prezzo predeterminato. Come nel caso del leasing tradizionale
questa soluzione consente di sfruttare alcuni vantaggi fiscali; essa risponde a specifiche esigenze di finanziamento
dell’impresa e, inoltre, permette di raccogliere disponibilità liquide senza accrescere il proprio indebitamento
formalmente rilevato in bilancio.
L’individuazione nel lease back della combinazione di un contratto di finanziamento con un contratto di
vendita al solo scopo di costituire una garanzia reale ha portato, in passato, una parte della giurisprudenza ad assumere
una posizione ostile al lease back. Sotto un profilo civilistico si affermava che il contratto era nullo per violazione del
divieto del patto commissorio. Secondo questa parte della giurisprudenza (es. Trib. Milano 19.6.86) la perdita della
disponibilità del bene che il conduttore subirebbe in caso di inadempienza (o di mancato esercizio del diritto di riscatto)
violerebbe il divieto di patto commissorio (art. 2744 cc).
Un freno ancora maggiore per il ricorso a tale forma contrattuale era poi costituito dal timore di vedersi
contestare l’operazione dall’amministrazione finanziaria. L’elusività nasceva sempre dal fatto che il lease back veniva
considerato (secondo un orientamento del Secit espresso con la delibera del 22.11.88) un’operazione sostanzialmente
equivalente all’accensione di un mutuo garantita dal temporaneo trasferimento del bene. La maggiore convenienza
fiscale del lease back (data, in verità, per scontata) veniva quindi considerata la sola ragione della stipula del contratto
di lease back e l’operazione poteva essere dichiarata elusiva, dando così prevalenza alla sostanza sulla forma.
E’ solo negli anni più recenti che questo orientamento contrario al lease back comincia a vacillare. Importanti
in tal senso alcune sentenze della giurisprudenza che, negli ultimi anni, si oppongono alla tesi del Secit. Tra queste si
segnala in particolare la sentenza della Commissione Tributaria di II° di Roma - Sezione I del 17.1.96, n.1034, nella
quale si afferma che sono legittimamente detraibili le quote di ammortamento a fronte di un lease back.
Una sentenza decisiva sull’ammissibilità del lease back è stato fornita da una pronuncia della Corte di
Cassazione (7 maggio 1998, n.4612) nella quale viene rigettata l’impostazione contraria del Secit e viene affermata la
piena legittimità del lease back, considerata semplicemente come una operazione frutto della libertà contrattuale delle
parti: “lo schema socialmente tipico del cosiddetto lease back presenta autonomia strutturale e funzionale, quale
contratto di impresa, e caratteri peculiari di natura oggettiva e soggettiva che non consentono di ritenere che esso
integri, per sua natura e nel fisiologico operare, un’operazione di credito e finanziamento, fattispecie che, in quanto
realizzerebbe un’alienazione a scopo di garanzia, si risolverebbe in un negozio atipico, nullo per illiceità della causa”.
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Ammessa dunque la fattibilità del lease back, si tratta di compiere alcune osservazioni circa la precisa
convenienza del contratto. Tale convenienza può essere valutata sotto diversi profili e tra i più rilevanti vi è senz’altro
quello economico-finanziario. L’analisi sulla convenienza del lease back in Italia prende le mosse da un lavoro più
generale (Regalli M. – Tagliavini G., 1999, Il vantaggio fiscale del leasing, Egea, Milano) che ha portato ad identificare
una efficace metodologia per valutazione del problema.
La valutazione del contratto di leasing scaturisce dalla considerazione di diversi elementi. Fra gli elementi a
favore si segnala la durata del processo di ammortamento implicito del bene in leasing, il quale viene ad essere
governato dalle favorevoli regole della locazione finanziaria. Queste consentono di portare a costo il bene in modo
relativamente rapido. A svantaggio del leasing si registrano la mancata possibilità di effettuare l’ammortamento fiscale
del bene (anticipato in particolare) e l’effetto relativo al parziale mancato ammortamento del primo anno (che viene a
dipendere dal periodo dell’anno di stipula).
Per poter mettere in evidenza gli spazi di convenienza del leasing si tratta quindi di tenere conto almeno di
queste variabili. Si deve però considerare che il lease back si qualifica, rispetto al leasing tradizionale, in ragione di due
ulteriori aspetti:
a) la cessione del bene dal cliente alla società di leasing fa usualmente emergere una plusvalenza
imponibile o una minusvalenza deducibile da reddito; ciò può accadere in ragione della diversità tra prezzo storico
originario e prezzo di cessione alla società di leasing e/o in ragione del valore di libro del bene in capo al cliente in
conseguenza del processo di ammortamento;
b) la cessione del bene dal cliente alla società di leasing può far venir meno la possibilità di portare a
termine l’originario piano di ammortamento.
Da un lato, dunque, con il lease back emergono costi deducibili in quanto nei canoni del leasing sono compresi
oneri di natura finanziaria ed ammortamenti impliciti del bene; d’altra parte, il lease back può fare sorgere plusvalenze e
far venire meno ammortamenti in corso di deduzione. In sostanza, il lease back “ricarica”, per così dire, il processo di
ammortamento in corso o in fase di ultimazione; tale “ricarica” del processo di ammortamento si riflette però in una
plusvalenza imponibile, usualmente, in cinque anni.
Le simulazioni che sono state sviluppate hanno l’obiettivo di verificare la convenienza del lease back
immobiliare. E’ noto che per questa tipologia di bene la soluzione del leasing, nella sua veste tradizionale, risulta
piuttosto conveniente in raffronto ad una soluzione di acquisto finanziato da un mutuo. Si tratta quindi di valutare se
tale convenienza si mantiene utilizzando la soluzione del lease back.
Si consideri un tradizionale contratto di leasing immobiliare per un bene del valore di 1000 al tasso lordo del
4,5% avente durata pari al minimo ammesso dalle norme fiscali (8 anni) e prezzo di riscatto pari al 10% del valore del
bene. Il tasso netto dopo le imposte di questa soluzione di finanziamento è, nella migliore delle ipotesi considerando i
vari elementi della stima, pari all’1,2%. La soluzione alternativa di finanziamento, il mutuo, a parità di tasso lordo (6%)
garantirebbe un tasso netto più elevato e pari al 2,8%. Si ha quindi modo di apprezzare l’estrema convenienza della
prima soluzione.
La domanda che ci si pone è quindi: tale convenienza viene mantenuta in ipotesi lease back ? Ovvero: c’è
convenienza ad effettuare il lease back immobiliare sui beni di proprietà ? Risposte chiare sono date dalla tabella
allegata dove vengono riassunti i risultati delle simulazioni condotte.
Se il bene è stato acquistato (o costruito) recentemente (casi e, h e m) si mantiene una forte convenienza.
Questa è però esattamente la stessa del leasing tradizionale solo nel caso in cui il costo di acquisto/costruzione sia lo
stesso del prezzo di cessione alla società di leasing. Qualora, invece, il prezzo originario sia più basso (caso h) la
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convenienza si riduce, mentre nel caso di costo storico più elevato del prezzo di cessione alla società di leasing (caso m)
la convenienza aumenta.
Se poi il bene è già stato consistentemente ammortizzato (caso a, b, f e g), ne deriva un peggioramento della
convenienza in ragione della plusvalenza immediatamente tassabile. Per ammortamenti cumulati superiori al 60% del
costo originario dell’immobile la convenienza diviene debole.
Solo quando il prezzo originario del bene risulti più elevato del prezzo di cessione alla società di leasing (casi i,
l e m), ipotesi da non escludere anche se comporta una riduzione del finanziamento ottenuto, ne deriva una
generalizzata convenienza del lease back, in quanto la minusvalenza è immediatamente portata a costo. Il punto di
ottimo, ovvero la situazione di maggiore convenienza, si ha quindi quando il bene ha un valore storico originario più
elevato del prezzo di cessione alla società di leasing e risulta poco ammortizzato. Le imprese hanno dunque la
possibilità pratica di mettere a fuoco uno schema di finanziamento particolarmente conveniente attraverso la riduzione
dell’importo del lease back.
Il grafico allegato (riferito ai casi a, b, c, d, e) dimostra, in linea generale, che la forte convenienza del lease
back è limitata ai casi in cui il processo di ammortamento non ha portato a costo una misura superiore a circa il 60% del
prezzo originario. Negli altri casi la plusvalenza è così forte da rendere relativamente poco conveniente l’operazione.
Una ipotesi, che potrebbe sembrare di scuola ma che invece verificata in un numero considerevole di casi per
imprese con un tax planning attento, è poi quella della società momentaneamente in perdita fiscale ma che ha
prospettive di utile fiscale negli esercizi seguenti. In tale casi sarebbe infatti molto conveniente realizzare la plusvalenza
e “ricaricare” il processo di ammortamento su una base più elevata
Le conclusioni delle simulazioni proposte sono dunque problematiche, ma interessanti. Sotto il profilo del
metodo di stima dei risultati, occorre sottolineare che non vi sono difficoltà a raggiungere risultati corretti se questi sono
desunti da un piano significativo dei flussi di cassa associati al lease back, con l’evidenziazione degli opportuni flussi di
cassa differenziali. Sotto il profilo sostanziale, occorre premettere che il leasing immobiliare è molto conveniente dal
punto di vista economico-finanziario, ma non è detto che tale convenienza si mantenga in una buona misura nella
formulazione lease back. Per beni poco ammortizzati è molto probabile che la convenienza si mantenga forte; per beni
con costo storico relativamente basso è più difficile rimanere in zona di pronunciata convenienza; per beni con costo
storico relativamente elevato è invece più facile essere in zona di convenienza.
Le regole operative che si possono mettere a fuoco sono, in sintesi, le seguenti:
a)
bene già consistentemente ammortizzato -> lease back poco conveniente;
b) bene relativamente poco ammortizzato -> lease back molto conveniente; in situazione di temporanea
perdita fiscale ancor di più per importi elevati del contratto di leasing in quanto non si paga l’imposta sulla
plusvalenza;
c)
bene relativamente poco ammortizzato e situazione di utile fiscale -> lease back conveniente; ancor di più
per importi ridotti del contratto di leasing in quanto la minusvalenza è immediatamente deducibile; in tale
caso, conviene sostituire al macrocanone una minusvalenza di vendita, al fine di conseguire sensibili
vantaggi.
Il lease back è naturalmente possibile, sotto un profilo di principio e anche dal lato pratico, anche per beni
strumentali qui non trattati. La relativa minore convenienza del tradizionale leasing strumentale restringe però
ulteriormente gli spazi di convenienza del connesso lease back, che viene quindi ad assumere un ruolo decisamente
marginale.
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I risultati delle simulazioni
Prezzo storico
dell’immobile
Caso
Quota
precedentemente
ammortizzata
Plusvalenza
(minusvalenza)
Tasso netto del
lease back
Prezzo di cessione alla società di leasing = 1000
1000
500
1500
a
100%
b
75%
c
50%
d
25%
e
0%
f
100%
g
50%
h
0%
i
33%
l
16,5%
m
0%
1.000
750
500
250
0
1.000
750
500
0
(250)
(500)
2,7%
2,5%
2,0%
1,5%
1,2%
2,7%
2,3%
1,7%
1,4%
1,1%
0,8%
Questo tasso coincide
con quello di un leasing
su un immobile non
precedentemente
posseduto
Il tasso netto del mutuo di riferimento (con lo stesso tasso lordo) è 2,8%
Profili di convenienza del lease back
3,0%
Tassi netti d'imposta
2,5%
2,0%
1,5%
1,0%
0,5%
0,0%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Am m ortam ento già effettuato prim a del lease back
Tasso netto lease back
Tasso netto mutuo
Pag. 4
90%
100%
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