La mela e il serpente - Parrocchia di Sant`Andrea Apostolo

La mela e il serpente
A cura di Maria Grazia Scaramella
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Le vostre riflessioni hanno suggerito gli argomenti da mettere in cantiere per
questi nostri incontri sulla “Parola di Dio”: Le donne nel II° Testamento.
A me sembra necessario evidenziare due figure preminenti per l'importanza
loro riconosciuta: EVA e MARIA.
Non deve meravigliarci questo abbinamento perché se leggiamo con
attenzione i primi capitoli di Genesi, l'abbinamento lo troviamo proprio lì,
almeno questa è la lettura fatta dagli esegeti nei loro commenti al versetto 15
del Cap. 3: “Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe;
questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Nell'iconografia
antica questo primo annuncio di salvezza viene attribuito a Maria che
schiaccia la testa del serpente, ma non tutti la pensano così.
Altri attribuiscono questa azione al seme della donna contrapposta ad Eva ed
individuano nel Messia colui che schiaccerà il capo al serpente.
Tanto per chiarirci le idee ricordiamo che Genesi è il primo dei 5 rotoli che
costituiscono la Torah. Il titolo ebraico, Be-rè shit “in principio”, secondo
l'usanza comune dell'antichità è la prima parola del Libro, mentre la versione
greca “in origine”- Genesis è riportata nella traduzione latina.
Perché due racconti di creazione?
Perché provengono da due tradizioni diverse e da epoche diverse.
In generale descrivono l'origine del genere umano, tramandate da antiche
memorie e la creazione da parte di Dio all'inizio dei tempi, l'intervento
speciale di Dio che forma l'uomo e la donna, l'unità del genere umano, la
colpa dei nostri progenitori, la decadenza e la pena ereditata che ne fu la
sanzione.
 1° racconto – Genesi 1,1-2,4°
Questo primo racconto è attribuito alla fonte sacerdotale, è il testo più
recente (VI° sec. a.C.). Ci parla di un Dio che attraverso la sua forza vitale
crea l'universo in modo completo (7 giorni compreso quello del riposo).
Soddisfatto del suo “lavoro creativo” (e vide che ciò era buono) in una
eccedenza di amore crea l'umanità: maschio = ish e femmina=isshah, “li
creò a sua immagine”. Entrambi occupano il centro della creazione e viene
loro affidato il compito di popolare la terra e custodirla, non sfruttarla.
Possiamo definire questo racconto una riflessione di genere sapienzale.
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 2° racconto – Genesi 2,4b-3,24
La seconda narrazione attribuita alla fonte Javista (X° sec. a. C.) appartiene
ad una tradizione più antica che rispecchia maggiormente l'ambiente
patriarcale nel quale ha avuto origine. Dio si presenta in forma
antropomorfa e comunica al maschile. È un racconto più elaborato e ricco
di particolari e simboli: la creazione dell'uomo (Adàm) nato dalla polvere
(adamà) che prende vita dal soffio di Dio (Ruah), la creazione degli animali
ai quali l'uomo è chiamato a dare il nome, infine la nascita di Eva perché gli
“sia di aiuto”. Questo “aiuto” non è da intendere come asservimento
all'uomo, ma come una presenza di grande valore e comunque alla pari e
autonoma.
Diamo spazio ai simboli
L'albero
È il segno della vita stessa ed è situato in un giardino lussureggiante. Ma la
lettura ci parla di due alberi importanti, posti al centro del giardino: l'albero
della vita che viene subito dimenticato e l'albero della conoscenza del bene e
del male. Questo diventerà protagonista. Esso è l'ambito della nostra
decisione, è l'albero della libertà e delle scelte. In questo albero è compresa
tutta la storia del mondo, lì troviamo anche la nostra piccola storia.
La mela
Nella Bibbia è scritto: “frutto dell'albero” (vedi Gn 3, 3), non è specificato
quale. La tradizione ci consegna il termine mela, usato nel linguaggio
comune. Per capirne i motivi, bisogna fare un passaggio al latino. In questa
lingua il melo si dice MALUS e il male si dice MALUM, e allora questo albero è
veramente l'albero del “MALUM” perché qui si giocano le scelte dei nostri
progenitori.
Il serpente
È uno dei grandi miti della creazione e dietro questa figura si intravedono i riti
cultuali cananei che costituivano per gli israeliti una forte tentazione. Essi
erano attratti dal fascino di questa religione del corpo, della materia, del
movimento, della vita. Non mancava la “prostituzione sacra” con le
sacerdotesse che rappresentavano gli dei della fecondità, fra cui il dio Baal e il
Toro Sacro, famoso quello adorato nel deserto dagli israeliti.
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All'interno di questi culti c'era anche il serpente, simbolo fallico, che si
collegava al rito complesso del culto della fecondità che comprendeva anche
il commercio sessuale con le sacerdotesse.
Era una religione che spiegava, quasi in maniera visiva, che cos'è la vita e che
cos'è Dio. Quindi il serpente appare quando sta per consumarsi il peccato
dell'uomo ish e della donna isshah.
La versione aramaica identificherà il serpente con SAMMAEL = l'angelo della
morte. Il tardo giudaismo e il Nuovo Testamento lo identificheranno con
SATANA, il diavolo.
Possiamo dire che tre soli capitoli di Genesi hanno fortemente condizionato
nella cultura giudaico-cristiana il destino delle donne.
Ma una considerazione di questo genere ci pone anche la domanda:
possiamo interpretare questo testo nel suo significato letterale?
Per tanti secoli la risposta è stata affermativa, ma una lettura esegetica e
scientifica più approfondita e adeguata ci dà risposte diverse. La teoria del
creazionismo è chiamata a confrontarsi con quella dell'evoluzionismo.
Basti pensare all'universo che non si è formato in sei giorni, che Eva non ha
una costola in più rispetto ad Adamo e da esso non è nata, che Eva come
Adamo non è mai esistita nella sua individualità e pertanto non ha una
responsabilità personale nella trasgressione ad un comandamento divino.
Non dobbiamo avere paura nell'ammettere che ci troviamo davanti alla storia
del mito1 delle origini; cioè in Genesi non leggiamo una cronaca giornalistica
di avvenimenti accaduti, ma ci accostiamo ad una narrazione poetica –
sapienziale che vuole infondere speranza.
Come tutti i miti quello delle origini risponde a domande fondamentali
dell'umanità quali:
 come è nato il mondo?
 perché l'uomo e la donna?
 come si spiega l'attrazione fra i sessi e il conflitto che porta alla
subordinazione della donna?
 perché il dolore, la fatica, la morte?
Gli ebrei alla luce del loro vissuto, oltre a queste domande se ne sono poste
altre e hanno dato vita ad altre narrazioni che completano il Libro di Genesi
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Narrazione favolosa intorno agli dei e agli eroi, all'origine degli antichi popoli. Leggenda relativa
a persone e cose che esistono soltanto di nome.
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(l'Esodo, il Dio che salva dalla schiavitù).
 E quindi perché Dio ha scelto il popolo di Israele e ha promesso una terra?
In questo secondo racconto che si presenta come il più problematico, Eva da
compagna dell'uomo diventa la tentatrice, colei che si fa sedurre dal serpente
perché lusingata a diventare come Dio nella conoscenza del bene e del male e
fa partecipe di questo suo desiderio – conquista ADÀM.
Ma teniamo presente che tutte le conseguenze dovute alla trasgressione sono
situazioni che l'umanità già vive:
- la donna già partorisce con dolore,
- l'uomo già fatica nel lavoro,
- la morte è già esperienza incarnata,
- la violenza è già presente.
Purtroppo il mito, riflettendo una visione androcentrica2 del redattore, tende
a scaricare sulla donna la responsabilità della scelta, addossandone tutta la
colpa, puntando su l’inimicizia fra i sessi e la subordinazione della donna.
Leggiamo dal Siracide 25.24:
“Dalla donna ha inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo”.
E Tertulliano nel De cultu feminarum scrive:
“Tu sei la porta del Demonio!
Tu hai mangiato dell’albero proibito!
Tu per prima hai disobbedito alla legge divina!
Tu hai convinto Adamo, perché il Demonio non era abbastanza coraggioso per
attaccarlo! Tu ha distrutto l’immagine di Dio, l’uomo!
A causa di ciò che hai fatto, il Figlio di Dio è dovuto morire!”
Poi in altri scritti riconosce alle donne il diritto di profetare perché era
diventato Montanista3.
La Parola di Dio non deve portarci alle conclusioni di cui sopra, però anche
queste affermazioni ci suggeriscono delle riflessioni.
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Sta ad indicare un modo di pensare la cultura, la società, le relazioni tra persone in cui l'uomo
(maschio) è considerato la norma dell'umanità, la sua perfezione, il centro dell'universo e la
misura del pensiero scientifico, filosofico, politico e religioso. Il termine è stato coniato da Kari
Elisabeth BØrresen.
Richiama all'entusiasmo dei primi tempi cristiani e quindi la necessità di una severa riforma
morale. Invita i cristiani a cercare volontariamente il martirio perché è ormai prossimo l'inizio
del regno millenario di Cristo. Egli afferma di avere ricevuto rivelazioni particolari. Apre anche
alle profezie delle donne.
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E’ importante pensare la Sacra Scrittura come un dono a cui affidarci che ci
offre delle conclusioni diverse sia del Siracide che di Tertulliano. L’incontro con
la sua Parola è un atto di fede, è dare ascolto a Dio che mi parla perché è il
frutto di un cammino faticoso fatto nella Chiesa da tanti uomini e donne.
Anche una lettura critica ci deve far accostare alla narrazione con umiltà
sapendo che le risposte che attendiamo non devono sostituirsi alle domande
che la Parola di Dio ci rivolge.
In questa stessa Parola cogliamo una fedeltà di Dio che attraversa tutta la
creazione e la nostra storia.
All’inizio in Genesi 1,31 Dio pone il suo sguardo materno sul nostro mondo:
“Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”, aveva creato
l’uomo e la donna.
Magari in ritardo, ma a Tertulliano e anche tanti misogini uomini di Chiesa
possiamo rispondere con il Libro della Sapienza (11,23-12,2):
“Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, ami tutte le cose che esistono e
non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato
qualcosa, non l’avresti neppure formata, Tu, Signore, amante della vita.”
Dio chiama alla vita
Tutto ciò che esiste sono realtà positive; ma l’umanità posta al centro del
creato dà delle risposte ambigue.
Rompe la sintonia con Dio creando una serie di fratture tra sé e Dio e anche al
suo interno tra l’uomo e la donna e questo porterà alla violenza.
Possiamo chiamarlo “peccato delle origini” che non è commesso solo da Eva,
che non esiste come personaggio storico, ma che coinvolge l’umanità –
maschio e femmina, sedotta dall’ebbrezza del potere.
Ad Eva e a tutte le donne con lei, verrà fatto pagare un prezzo molto alto; la
“madre di tutte le genti” sarà sottoposta a rigido controllo e verrà sottomessa.
La sua realizzazione troverà compimento in una vita di dedizione, di silenzio e
di servizio, nobilitata solo dalla maternità.
Così troviamo scritto nella 1a lettera attribuita a Timoteo, discepolo di Paolo
(1Tm 2,11-15):
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“La donna impari in silenzio, in tutta sottomissione. Non concedo a nessuna
donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in
atteggiamento tranquillo.
Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non Adamo fu ingannato, ma
fu la donna che, ingannata fu colpevole di trasgressione.
Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella
fede, nella carità e nella santificazione, con modestia.”
In questa lettera Eva viene innalzata a prototipo di tutte le donne che sono
perciò chiamate a subire le stesse sanzioni.
Con l’autrice de “Le ribelli di Dio” noi potremo far uscire una Eva diversa;
vederla come una rappresentante simbolica dell’umano, alla ricerca di una
propria autonomia, facendo l’esperienza dei limiti della condizione creaturale,
portando sul corpo il dolore della nascita e la solitudine della morte.
Per tutta l’età antica, medievale e moderna la creazione e la caduta sono stati
considerati fatti storici, ma abbiamo visto che non è questa la giusta lettura.
Il peccato delle origini
Abbiamo già detto che fin dall'inizio si rompe la sintonia fra l'umanità e Dio e
ciò non perché Eva ha mangiato il frutto proibito, ma perché Dio ha
scommesso sulla libertà.
Questo grande dono è stato utilizzato per carpire lo stesso potere di Dio, cioè
appropriarsi della conoscenza del bene e del male.
Abbiamo visto come tutto ciò generi disordine, violenza, sopraffazione,
subordinazione.
E' l'umanità intera, maschio e femmina che fa questo passo falso che non è
attribuibile quindi solo al genere femminile, anche se può tornare comoda
questa conclusione.
Questa narrazione sulla responsabilità di Eva è stata ampiamente
rappresentata in tutto l'Occidente Cristiano, sia negli affreschi, che nei
mosaici, nelle vetrate delle cattedrali come nei monasteri; ma non solo, anche
nelle sacre rappresentazioni, nella predicazione e nei trattati teologici.
Ma vale la pena di presentare qualche mente illuminata che ha saputo
discostarsi dalle spiegazioni comuni come il filosofo ABELARDO, vissuto
all'inizio dell'anno mille che sottolinea l'uguale responsabilità di ADÀM et EVÆ
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nella caduta e la loro perfetta uguaglianza sul piano della grazia.
Il tema della corresponsabilità è presente nei mosaici della Cappella Palatina
di Palermo del XII° secolo e una miniatura di Cristoforo Orimina che ha
lavorato fra il 1330 e 1365, dove entrambi i progenitori e non solo Eva sono
rappresentati mentre colgono il frutto.
Tale interpretazione la ritroviamo anche nella Cappella Sistina, dove
Michelangelo, umanista e teologo, rilegge le Sacre Scritture in una riflessione
personale (da qualcuno catalogata in odore di eresia).
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Anche nel nostro tempo storico non possiamo nasconderci gli epiteti malvagi
rivolti ad EVA, frutto di una educazione misogina vissuta sia all'interno della
famiglia che all'interno del mondo ecclesiastico, ma abbiamo anche figure di
rilievo che hanno cercato di difenderla.
Questo già dal II° sec. a. C., le comunità Montaniste che esercitavano la
profezia e per questo considerate eretiche; importati Badesse come Ildegarda
di Bingen ed Herrada di Hohenburg; umaniste come Cristina da Pizzano e
Lucrezia Marinella; Moderata Fonte; Cornelio Agrippa, fino all'abolizionista di
colore Sojourner Truth.
La suffragista Elizabeth Cady Stanton fa una rilettura della Bibbia mettendo in
rilievo i diritti delle donne, quindi eliminando tutto ciò che recava
subordinazione.
Elimina perciò il secondo racconto di creazione e salva il primo dove si
afferma l'uguaglianza dei sessi perché creati a immagine di Dio; un Dio che
per lei è la Trinità: Padre – Madre – Figlio, nella quale il maschile e il femminile
si rispecchiano e si riconoscono.
L'astrofisica Margherita Hack, da laica dichiarata, così descrive Eva: “essa
rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede”.
In dialogo con i filosofi
Non è sbagliato fare un salto indietro nella storia della filosofia per scoprire e
portare alla luce alcune teorie sulla vita misteriosa delle donne.
Democrito vissuto nel 460 a.C., conosciuto come il capo scuola degli Atomisti,
è l'unico ad attribuire alla donna un seme (che oggi chiamiamo ovulo)
necessario alla formazione del nuovo essere, elaborato in organi speciali
femminili (che oggi chiamiamo ovaie).
E' l'unico del suo tempo a riconoscere alla donna un corpo complesso, ricco
di funzioni proprie e attivo.
A differenza di Aristotele (384 – 322 a.C.) che sostiene che “è il padre con il
seme a dare ciò che fa essere l'essere, mentre la madre con il sangue mestruale
non fornisce che la sola materia sulla quale il prestigioso seme maschile
attecchisce vittorioso ed efficiente”.
Perché metto in evidenza questo filosofo?
Perché Aristotele sarà il fondamento della filosofia e della teologia di S.
Tommaso, portata avanti nella preparazione dei sacerdoti nei seminari, dove
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veniva insegnato, fino a non molto tempo fa, che il corpo della donna era un
mero contenitore, non già un trasmettitore di vita.
A questo proposito Elisa Salerno, nostra concittadina e difensora delle donne,
ha combattuto una dura battaglia, scontrandosi anche con le gerarchie per
contrastare le tesi di Tommaso che definisce poco amico delle donne.
Elisa Salerno non fa solo una riflessione biologica, ma teologica e,
contestando la teoria esposta dall’Aquinate che afferma: “la donna è un
incidente nel percorso della creazione: è un maschio occasionato, venuto fuori
per caso” e “la perfezione della natura umana risiede nel sesso maschile e la
generazione ha per ideale la produzione di un figlio maschio”4, ribadisce il
concetto che: “uomini e donne hanno nello stesso modo dignità di Cristiani; la
donna è come l'uomo, Tempio di Dio, i nostri corpi sono come quelli degli
uomini, membra di Cristo”5.
A questo riguardo Gesù di Nazareth non nomina mai Eva, né il peccato delle
origini, ma in Matteo 19,4 richiama il primo racconto della creazione quando:
“Da principio Dio li fece maschio e femmina” e ciò in relazione all'amore
indissolubile: “diventeranno una sola carne”.
Ma la svalutazione della donna e della sua corporeità è proseguita mettendo
in rilievo le sue caratteristiche limitate dalla debolezza che la portano alla
esclusione da tutti gli ambiti del governo e della Parola autorevole, essendo la
donna immagine secondaria e riflessa perché a torto creata dopo l'uomo.
Paolo a questo riguardo non ci fa mancare niente (1Cor 11,7-9):
“L'uomo non deve coprirsi il capo, perché egli è immagine e gloria di Dio; la
donna invece è gloria dell'uomo. 8E infatti non è l'uomo che deriva dalla donna,
ma la donna dall'uomo; 9né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per
l'uomo”. E poi: “le donne nelle assemblee tacciano” (1Cor 14-34).
Nel XII° secolo il grande codice di diritto che ha regolato per secoli la vita
della società cristiana occidentale, conosciuto come il Decreto di Graziano,
così si esprime:
“L'immagine di Dio è nel maschio, creato unico, origine di tutti gli altri uomini,
che ha ricevuto da Dio il potere di governare come suo sostituto, perché è
immagine di Dio unico.
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Vedi Summ. Theol. I, 92, a.1, ad 1 et 2.
G.A. CISOTTO, Elisa Salerno e la promozione della donna, Roma 1996.
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Ed è per questo che la donna non è fatta ad immagine di Dio”.
Con questa storia alle spalle la figura di Eva e con essa delle donne fatica a
prendere un po' di respiro.
In fondo la chiusura che la Chiesa dimostra nei confronti del riconoscimento
dei ministeri alle donne, parte da questo peccato di origine: Adàm o la
debolezza maschile che cede alla proposta di Eva tentatrice e quindi donna da
evitare.
Ma la rivoluzione antropologica pone in questione non solo il ruolo e
l'identità femminile, ma anche l'immagine del maschile, il suo essere più
profondo, il suo rapportarsi con l'altro da sé, la sua capacità di relazionarsi
con la donna in un piano di dialogo paritario.
Non c'è un genere nato prima, maschio, e quindi con tutti i diritti, ed un altro
genere, femmina, nata dopo e quindi subordinata, c'è solo una umanità creata
ad immagine di Dio.
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Bibliografia
− Adriana Valerio, Le ribelli di Dio, Ed. Feltrinelli, 2014
− Armanda Guiducci, La mela e il serpente, Ed. Rizzoli, 1978
− Gianfranco Ravasi, “Commento Pentateuco 1°”, La Bibbia di Gerusalemme,
Ed. Corriere della Sera, 2006
− Maria Grazia Scaramella, Tesi di Laurea in scienze religiose: Febe chiede di
essere riconosciuta - La donna e i Ministeri nella Chiesa, Ist. Sup. di
Scienze Religiose “A. Onisto” - Facoltà teologica del Triveneto, Padova,
Anno Accademico 2012/2013, Vicenza
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