Il inguaggio del corpo - Psicologi Psicoterapeuti

IL LINGUAGGIO DEL CORPO
Perls è la prima persona che si preoccupò di combattere l’alienazione del proprio corpo, a partire
dal linguaggio infatti ci obbligò a riprendere possesso di noi stessi, la testa diventa la mia testa, gli
occhi i miei occhi, e così via. Il suo interesse è di iniziare un recupero del corpo, la persona da
informatore deve diventare autore principale. La malattia è la prima cosa che vede il medico ma in
questo modo perde la traccia che può portare a incontrare il senso e significato vero di quella
malattia per quella persona, in quel momento e in quell’organo. Le persone, da parte loro, spesso si
presentano alla consultazione in uno stato di indigenza e ignoranza tale riguardo alle proprie
possibilità, che per il medico non è facile pensare che esse siano responsabili del loro corpo: il
paziente vuole soltanto che qualcosa nel suo corpo smetta di lamentarsi e non capire il messaggio
che il corpo gli sta mandando.
Questo approccio descrive ogni sintomo in modo analogico e cerca di aiutare l’essere umano a
diventare responsabile della sua malattia e a capire il messaggio che questa consegna a tutta la sua
persona, approfittando di una via maestra per lavorare con l’intera struttura caratteriologica di chi
richiede un consulto. A volte ciò che la persona scopre può fermare il processo, se questo non è
ancora in fase irreversibile.
Secondo Andaluz il sintomo è determinato quasi sempre dalla retroflessione, cioè è una proiezione
di una problematica del carattere, per es. non mi posso arrabbiare con nessuno, quindi mi arrabbio
con me stessa.
Anche nel libro della Schnake “I dialoghi del corpo” è sottolineato più volte che è l’ammalato colui
che detiene la chiave della sua malattia e questa chiave è nascosta tanto per lui che per coloro che lo
vogliono curare. La persona che patisce la malattia non sa che si trova proprio in quella parte il vero
messaggio cui non viene prestato ascolto, anzi si arrabbia con essa perché ne è limitata e disturbata.
Ma quell’organo che nacque con lei e sa qualcosa di lei che non è disposto a farle dimenticare.
Solitamente la parte malata si mette nelle mani del medico dividendola dalla parte sana ma così si
allontana una parte di noi, eppure l’organo o la parte malata parlano in molti modi e fintanto che il
soggetto non capisce il messaggio sono nemici. Le persone spesso cercano di disfarsi di una parte di
sé che non hanno mai compreso o accettato del tutto, una parte che aveva in sé caratteristiche
rifiutabili per il soggetto. Se con questo approccio spariscono sintomi o segnali o malattie che
perturbano una persona è perché il massaggio di quella malattia è stato capito e in quella persona è
stato possibile il cambiamento completo. In molti casi se si tratta la malattia come una vera
messaggera di salute (quando ancora non ha prodotto cambiamenti strutturali importanti) si ritira
dopo aver raggiunto il suo obiettivo. Questi casi sono quelli che sono conosciuti in medicina come
guarigioni spontanee, pur delle più complesse malattie.
Molte volte il corpo altera i suoi stessi ritmi e disposizioni per continuare a funzionare in apparente
armonia e si lamenta soltanto quando le richieste che gli facciamo sorpassano ogni possibilità e
limite. Le idee penetrano nel corpo ed iniziano ad alterare il suo funzionamento con modalità
incredibili. Dice Thomas Moore: “Negli ultimi anni c’è stato chi si è dichiarato contrario a una
visione metaforica della malattia in quanto non si voleva dare la colpa ai pazienti per i loro
problemi fisici. Essi lamentano che se il cancro è messo in relazione al particolare stile di vita del
paziente, allora riteniamo il singolo responsabile di una malattia su cui egli non ha nessun
controllo.” Sardello chiarisce che noi dovremo dare ascolto ai nostri sintomi e modificare la nostra
vita di conseguenza, invece di addossare colpe potremmo rispondere. Ascoltare i messaggi del
corpo non è la stessa cosa che incolpare i pazienti. Gli esseri umani hanno una capacità incredibile
di sopportare la verità. La realtà ha uno spazio proprio, occupato da qualcosa di molto più pesante,
una menzogna, una deformazione che non armonizzava e costava sostenere. Le verità che la
malattia ci mostra in modo innegabile, ci obbliga a dirigere lo sguardo verso ciò che siamo.
All’inizio è come se fossimo rimasti senza pattumiera: non c’è più l’altro a cui possiamo attribuire
ciò che non ci piace, ciò che non vogliamo. Poi percepiamo che ciò che temiamo, di cui vogliamo
liberarci, è parte essenziale di noi stessi, senza la quale siamo meno.
Yung spiega che la persona è formata da un nucleo centrale circondato dalla sua personalità, questa
comprende tutte le polarità del carattere (simpatia-antipatia, dolcezza-amarezza, forzadebolezza,…) ma il carattere della persona ne prende solo una parte di queste polarità lasciando in
ombra il resto.
La malattia serve per permettere un cambiamento della persona in un determinato momento della
sua vita e questa, per diventare completa, deve prendere in considerazione una parte della sua
personalità finora tenuta oscurata.
Vorrei finire citando nuovamente Moore: “… Quando rispondiamo alla misteriosa comparsa della
malattia, viviamo assumendoci la responsabilità del nostro fato.”
Dr.ssa F. Parri