PSICOSOMATICA Storia zen: Apri la tua stanza del tesoro Daiju fece visita al maestro Baso in Cina. Baso domandò: «Che cosa cerchi?». «L'Illuminazione» rispose Daiju. «Tu hai la tua stanza del tesoro. Perché vai in giro a cercare?» domandò Baso. Daiju domandò: «Dov'è la mia stanza del tesoro?». Baso rispose: «Quello che stai domandando è la tua stanza del tesoro». Daiju fu illuminato! Da quel momento, esortava sempre i suoi amici: Aprite la vostra stanza del tesoro e usate quei tesori. Andaluz spiega che la persona è formata da un nucleo centrale circondato dalla sua personalità, questa comprende tutte le polarità del carattere (simpatia-antipatia, dolcezza-amarezza, forza-debolezza,…) ma il carattere della persona ne prende solo una parte di queste polarità lasciando in ombra il resto. La malattia può servire per permettere un cambiamento della persona in un determinato momento della sua vita e questa, per operare tale cambiamento ed aumentare le sue possibilità d'azione, deve prendere in considerazione una parte della sua personalità finora tenuta oscurata. Schnake sottolinea più volte che è l’ammalato colui che detiene la chiave della sua malattia e questa chiave è nascosta tanto per lui che per coloro che lo vogliono curare. La persona che patisce la malattia non sa che si trova proprio in quella parte il vero messaggio cui non viene prestato ascolto, anzi si arrabbia con essa perché ne è limitata e disturbata. Ma quell’organo che nacque con lui sa qualcosa di lui che non è disposto a fargli dimenticare. Solitamente la parte malata si mette nelle mani del medico dividendola dalla parte sana ma così si allontana una parte di noi, eppure l’organo o la parte malata parlano in molti modi e fintanto che il soggetto non capisce il messaggio sono nemici. Le persone spesso cercano di disfarsi attraverso i sintomi di una parte di sé che non hanno mai compreso o accettato del tutto, una parte che aveva in sé caratteristiche rifiutabili per il soggetto. Se con questo approccio spariscono sintomi o segnali o malattie che perturbano una persona è perché il messaggio di quella malattia è stato capito e in quella persona è stato possibile il cambiamento completo. In molti casi se si tratta la malattia come una vera messaggera di salute (quando ancora non ha prodotto cambiamenti strutturali importanti) si ritira dopo aver raggiunto il suo obiettivo. Questi casi sono quelli che sono conosciuti in medicina come guarigioni spontanee, pur delle più complesse malattie. Molte volte il corpo altera i suoi stessi ritmi e disposizioni per continuare a funzionare in apparente armonia e si lamenta soltanto quando le richieste che gli facciamo sorpassano ogni possibilità e limite. Le idee penetrano nel corpo ed iniziano ad alterare il suo funzionamento con modalità incredibili. Dice Thomas Moore: “Negli ultimi anni c’è stato chi si è dichiarato contrario a una visione metaforica della malattia in quanto non si voleva dare la colpa ai pazienti per i loro problemi fisici. Essi lamentano che se il cancro è messo in relazione al particolare stile di vita del paziente, allora riteniamo il singolo responsabile di una malattia su cui egli non ha nessun controllo.” Sardello chiarisce che noi dovremo dare ascolto ai nostri sintomi e modificare la nostra vita di conseguenza, invece di addossare colpe potremmo rispondere. Ascoltare i messaggi del corpo non è la stessa cosa che incolpare i pazienti. Gli esseri umani hanno una capacità incredibile di sopportare la verità. Le verità che la malattia ci mostra in modo innegabile, ci obbliga a dirigere lo sguardo verso ciò che siamo. All’inizio è come se fossimo rimasti senza pattumiera: non c’è più l’altro a cui possiamo attribuire ciò che non ci piace, ciò che non vogliamo. Poi percepiamo che ciò che temiamo, di cui vogliamo liberarci, è parte essenziale di noi stessi, senza la quale siamo meno. “… Quando rispondiamo alla misteriosa comparsa della malattia, viviamo assumendoci la responsabilità del nostro fato.” Moore