CHERATOCONO Il cheratocono ( termine derivato da due parole greche, kerato= cornea e Konos= cono) è una malattia della cornea (struttura trasparente situata sulla parte anteriore dell’occhio) caratterizzata da una distrofia evolutiva del tessuto corneale che comporta un indebolimento strutturale provocandone una progressiva deformazione (ectasia non infiammatoria) e incurvandosi verso l’esterno,passando così da lievemente asferica a sempre più conica. Essendo la cornea la componente refrattiva più potente del sistema diottrico oculare alla base della formazione dell’immagine percepita, una sua anomalia anatomica comporta inevitabilmente un grave deficit visivo CAUSE L’eziologia del cheratocono rimane ancora, a tutt’oggi, poco chiara; in tal senso le attuali evidenze cliniche sperimentali hanno portato ad ipotizzare che il cheratocono possa insorgere per una o più delle seguenti cause: Anomalia geneticamente trasmessa della cornea. Infatti circa il 10% dei portatori di cheratocono ha una storia familiare di presenza della stessa anomalia oculare. Il fatto che questa patologia sia presente spesso in più membri della stessa famiglia, ci lascia pensare ad un forte ruolo degli aspetti genetici anche se non sono ancora stati chiaramente identificati i geni responsabili.( in quanto sono solo state individuate alcune sequenze geniche principalmente lincRna ,KC6 001-010 sul cromosoma 18, non codificanti proteine ed alcune altre su altri cromosomi).Nello specifico, si è ipotizzato che, con meccanismi ancora non chiariti, tali geni , attivandosi,altererebbero il regolare ricambio delle fibre collagene della cornea. (In tal senso ricordiamo che le fibre collagene della cornea, per durare nel tempo garantendo ,tra l’altro, la trasparenza, vengono sottoposte dal nostro organismo ad una continua “manutenzione”, eseguita da cellule corneali specifiche dette cheratociti, producendo ,così, una incessante progressiva sostituzione); i cheratociti, nella seconda decade di vita , incomincerebbero a “lavorare” in modo anomalo; In pratica all’interno di tali cellule, la patologia comporterebbe una variazione del rapporto di produzione di alcuni enzimi attraverso L'aumento di alcuni enzimi specifici, fra cui le “proteasi” e una contemporanea diminuzione dei loro inibitori; tale squilibrio tra produzione e degradazione delle fibre collagene dello stroma corneale,creerebbe una progressiva alterazione anatomico-funzionale da cui deriverebbe sia il sovvertimento della normale disposizione delle lamelle che costituiscono lo "scheletro" della cornea (lo stroma), disposizione che permette loro di potere condurre gli stimoli luminosi senza ostacoli (trasparenza) sia una ridotta resistenza meccanica della cornea stessa che si tradurrebbe, in ultima istanza, in un progressivo assottigliamento ed una conseguente deformazione della medesima. Poiché l’occhio, come un pallone, ha una pressione interna (pressione endoculare), succede che questa pressione nel punto di minore resistenza della cornea ne determina una protrusione verso l’esterno a forma di cono.Il cheratocono generalmente si presenta come patologia isolata, ma può essere associato ad altre malattie (patologie del tessuto connettivo, dermatite atopica, retinite pigmentosa, trisomia 21 (mongolismo), malattia della tiroide ecc.). Trauma oculare continuato nel tempo, ad esempio sfregarsi eccessivamente gli occhi (come nelle allergie) oppure usare lenti a contatto per troppe ore consecutivamente e per troppi anni. EPIDEMIOLOGIA Tale patologia colpisce sia uomini che donne con esordio clinico principalmente nella fase della pubertà/adolescenza (2° decade di vita); tende ad evolvere in modo e tempi estremamente irregolari fino alla 5° decade; oltre i 55-60 anni si registra un marcato rallentamento o blocco dell’evoluzione, anche se non la si può escludere del tutto. Con l’acquisizione di più moderne tecnologie (strumenti e software) l’incidenza sulla popolazione di tale patologia è progressivamente aumentata negli anni. Attualmente si stima che la percentuale di persone interessate ( sia in forma sub-clinica che manifesta) siano ca 2000 ogni milione di abitanti (uno ogni 500 abitanti); tale numero si triplica almeno se si considerano i relativi familiari “stretti” da tenere sotto monitoraggio. SINTOMATOLOGIA E DIAGNOSI La curvatura irregolare che si viene a creare, modifica il potere refrattivo della cornea, producendo di conseguenza distorsioni delle immagini ed una visione confusa sia da vicino sia da lontano. Tale sintomatologia è progressiva: in una fase iniziale I principali sintomi che il paziente riferisce possono essere analoghi a quelli di una semplice miopia: compare una sfocatura della visione specialmente guardando lontano. Successivamente la qualità visiva peggiora e compare la percezione di una “sbavatura” delle immagini o di una distorsione delle stesse, soprattutto la notte, con aloni o immagini “oblunghe e distorte“ delle luci. A volte si ha anche la percezione di immagini doppie oppure una deformazione netta delle immagini rette (ad esempio stipiti delle porte e angoli delle case). Il calo qualiquantitativo del visus , con il progredire della malattia, diviene progressivamente più invalidante, in quanto scarsamente migliorabile con occhiali (costruiti con rigidi criteri di simmetria che non si ritrovano nella marcata irregolarità del profilo corneale) e, negli stadi più avanzati, risulta essere difficilmente correggibile anche con lenti a contatto. Questo si traduce in pratica in un “affaticamento visivo” per la visione a tutte le distanze. Il paziente lamenta la necessità di socchiudere gli occhi per una ricerca continua di un “fuoco migliore“. Alcune volte è presente anche fotofobia (intolleranza alla luce). alla lunga inoltre si possono formare delle cicatrici che distorcono ulteriormente le immagini ed in alcuni casi impediscono il passaggio della luce causando un senso di abbagliamento estremamente fastidioso. La diagnosi , purtroppo, non sempre è precoce come dovrebbe essere, in quanto: all’inizio è spesso colpito un solo occhio, per cui il paziente, nell’usuale visione binoculare, non percepisce il calo del visus il paziente ,anche quando incomincia ad accusare disturbi, tende a “minimizzarli” per il timore che andando dall’oculista, questi gli prescriverebbe delle lenti a permanenza talvolta lo specialista, in assenza di una sensibilizzazione specifica in merito alla patologia, tende a spiegare l’aumento del difetto refrattivo come una inevitabile evoluzione di una “comune”patologia miopica talvolta lo specialista, pur avendo una sensibilizzazione specifica in merito alla patologia, non ha strumentazione sufficientemente aggiornata per individuarla negli stadi iniziali Trattandosi di una malattia ereditaria non è possibile una prevenzione. Ma una diagnosi tempestiva è invece fondamentale per contrastare o fermare il cheratocono prima che raggiunga stadi di sviluppo preoccupanti. Infatti trattare la malattia all'esordio può spesso consentire al paziente di mantenere un'ottima vista talvolta persino senza correzione con trattamenti anche minimamente invasivi. Arrivare tardi può significare invece, essere costretti ad affidarsi a trattamenti sempre più invasivi fino alla necessità di dover ricorrere al trapianto (cheratoplastica). Per la diagnosi di cheratocono oltre alle visite oculistiche di routine durante lo sviluppo dai 3 ai 16 anni, con cadenza annuale che deve essere semestrale quando esista familiarità (un parente affetto) o quando sussistano sintomi quale visione sfuocata scarsamente correggibile con gli occhiali, abbiamo a disposizione diversi esami più sofisticati che ci permettono di individuare la malattia ancora prima della comparsa dei sintomi: La tomografia corneale, che studia curvatura, elevazione e spessore della cornea a più livelli e grazie allo studio degli indici topometrici e tomografici permette di smascherare anche le forme più lievi di ectasia corneale e documentarne l'evoluzione La topografia corneale che consente di ottenere una mappa di curvatura e una mappa altitudinale della superficie corneale anteriore La pachimetria che permette di misurare lo spessore della cornea e, grazie ad una mappa che evidenzia lo spessore corneale in ogni suo punto, di individuare e localizzare il punto più sottile La pupillometria che permette di misurare con precisione i diametri pupillari nelle diverse condizioni di luce ,per meglio poi calcolare, tra l’altro il potere pupillare medio,indispensabile per un qualsiasi calcolo refrattivo in cornee irregolari L’aberrometria corneale e totale permette di individuare e misurare con precisione l’entità delle aberrazioni (distorsioni del fronte d’onda dell’immagine visiva) create dalla distorsione corneale TERAPIA La terapia del cheratocono e dei suoi effetti ipovisivi, può prevedere sia metodiche “conservative” ( miranti a mantenere l’integrità della cornea) sia “sostitutive” (miranti a sostituire parti più o meno consistenti della cornea) definite “cheratoplastiche”: Cross-Linking corneale con la modalità “epi-off”, da effettuare al più presto, in caso di comprovata diagnosi della malattia,essendo una tecnica che tende a bloccare l’evoluzione della malattia e non a ridurla ne tantomeno ad annullarne le conseguenze invalidanti raggiunte al momento Rimodellamenti corneali (PTK customizzata) associati a Cross-Linking Impianto di anelli intrastromali (ICRS) abbinati al cross-linking Introduzione di lenti correttive sfero/cilindriche nelle camere intraoculari abbinati ad altre tecniche Cheratoplastica lamellare anteriore profonda (DALK) Cheratoplastica perforante (PKP) Nello specifico le singole procedure prevedono: CROSS-LINKING CORNEALE EPI-OFF MEDIANTE RIBOFLAVINA Per la descrizione della tecnica vedi quanto descritto “cliccando” il tasto “notizie utili” collocate nell”home page” RIMODELLAMENTI CORNEALI laser (PTK customizzata) associati a Cross-Linking La fotoablazione della cornea mediante laser ad eccimeri, personalizzata su base topografica (PTK customizzata standard o transepiteliale), può migliorare la regolarità e l’asimmetria della superficie corneale, soprattutto nei casi iniziali ( vedi Figura ). Va utilizzata con estrema cautela, per timore d’indebolire eccessivamente una compagine corneale già poco robusta, e sempre in combinazione con il CXL. L’apprendimento della fase progettuale è lunga e difficile, e necessita di speciali e costose piattaforme tecnologiche. Occhio con cheratocono iniziale evolutivo, in fase I (a), sottoposto a PTK transepiteliale customizzata combinata a CXL. Dopo il trattamento (b), il visus naturale è passato da 3/10 a 10/10 ANELLI INTRASTROMALI (ICRS) impiantati mediante laser a femtosecondi Si tratta di una procedura che prevede l’inserzione nello spessore della cornea ( mediante una procedura di formazione “ a cielo chiuso” di un tunnel , mediante laser a femtosecondi) di uno o due semi-anelli di materiale inerte. L’idea che è alla base di tale procedura è quella di “rimodellare” meccanicamente la cornea in quanto i semi-anelli agiscono come delle sorte di “stecche” delle panciere, tendono il tessuto in periferia ed appiattendolo al centro della cornea, in modo da diminuire la conformazione conica responsabile dell’astigmatismo irregolare. Bisogna ribadire che tale procedura non permette di eliminare occhiali o lenti a contatto ma consente una relativa regolarizzazione della cornea in modo da sfruttare al meglio gli ausili ottici esistenti, migliorando così il visus naturale e corretto. La tecnica viene eseguita in sala operatoria grazie ad un’apposita strumentazione e richiede una buona esperienza chirurgica ed un’attenta selezione del paziente. Non può, infatti, essere proposta in tutti i casi ma solo in quelli in cui il cheratocono abbia determinati requisiti. Un aspetto interessante è che, in caso di necessità, gli inserti possono essere rimossi rendendo la tecnica praticamente reversibile. INTRODUZIONI DI LENTI CORRETTIVE sfero/cilindriche nelle camere intraoculari abbinati ad altre tecniche E’ una tecnica chirurgica in cui una iol (lentina intraoculare) con l’opportuna gradazione sia per la miopia che per l’astigmatismo viene inserita all’interno dell’occhio sulla proiezione pupillare (a seconda delle caratteristiche anatomiche specifiche del paziente) o nella camera anteriore ,fissandola in vario modo all’iride o in camera posteriore subito al davanti del cristallino. E’ una tecnica refrattiva complessa e non scevra di rischi in merito a complicanze post-operatorie, va riservata a quei pazienti con determinate caratteristiche anatomiche intra-oculari già sottoposti con successo a cross-linking e, eventualmente, all’ introduzione di anelli intrastromali per rimodulazione del difetto refrattivo. CHERATOPLASTICA Quando il cheratocono, per una serie di motivi (quali una diagnosi assai ritardata e/o una inefficacia delle tecniche conservative) raggiunge uno stadio assai avanzato per cui la funzione visiva è irrimediabilmente compromessa, si rende necessaria una soluzione chirurgica sostitutiva (cheratoplastica). Negli stadi più avanzati, infatti, la deformazione della cornea non è più compatibile con una corretta applicazione delle lenti correttive e ,spesso, si associano delle “smagliature” e delle opacità della cornea che ostacolano in modo irrecuperabile la visione. In questi casi, che rappresentano circa il 20% delle forme più gravi di cheratocono, si rende necessario il trapianto di cornea detto cheratoplastica . Questo è un intervento di microchirurgia, eseguito con l’aiuto di un microscopio operatorio. Consiste nella sostituzione della cornea malata con una sana prelevata da un donatore morto. L’intervento,complesso, dura da trenta minuti a un’ora e mezza e può essere fatto in anestesia generale o ,in alcuni casi, localmente. Prevede, alla fine dell’intervento, l’apposizione di suture chirurgiche molto complesse che rimangono in sede per molti mesi ed i risultati visivi possono, di conseguenza, essere valutati solo dopo questa fase. Esistono fondamentalmente due tipi di cheratoplastica: perforante: un disco centrale della cornea viene sostituito completamente, a tutto spessore. 2. lamellare: solo una lamella, uno strato di cornea, viene sostituita, mentre la parte inferiore rimane quella del paziente. Più propriamente sarebbe necessaria una ulteriore classificazione e si può parlare di cheratoplastica lamellare superficiale o profonda. La prima fornisce risultati visivi peggiori e viene preferita solo quando interessa maggiormente rinforzare la cornea assottigliata. Per tanti anni il problema maggiore della cheratoplastica è stato quello di reperire un numero sufficiente di donatori, per cui i tempi di attesa erano molto lunghi (anni) ed esasperanti ( per la progressiva perdita di funzione visiva).Oggi la disponibilità di cornee è maggiore e quindi il trapianto di cornea non deve più essere visto come un evento eccezionale. Poiché la cornea è priva di vasi sanguigni, il rigetto della cornea trapiantata è una evenienza poco probabile ma possibile. Infatti l'intervento di trapianto di cornea ha successo completo in una percentuale solo del 80% ca dei casi trattati. Infatti: Circa il 5-7% delle persone operate di trapianto di cornea subisce un rigetto acuto del trapianto e deve ripetere l'operazione e sperare in un risultato migliore. Ogni persona che ha avuto un rigetto della cornea trapiantata ha un rischio di un nuovo rigetto di molto superiore rispetto al primo intervento. Un altro 10-15% delle persone operate di trapianto di cornea potrà avere un rigetto cronico del trapianto stesso con crisi acute che possono essere parzialmente controllate mediante l'uso di farmaci specifici anti rigetto. Attualmente l’intervento più praticato è ancora la cheratoplastica perforante, ma,negli ultimi anni, c’è stata una decisa tendenza, (grazie all’introduzione dei laser a femtosecondi che ne rende più agevole l’esecuzione) ad incrementare il numero delle cheratoplastiche lamellari profonde per una serie di utili motivi. Il primo vantaggio della tecnica lamellare rispetto ad una cheratoplastica perforante è al tavolo operatorio, dato che il bulbo oculare non viene aperto e l’intervento non espone il paziente ai rischi propri degli interventi ad occhio aperto. Nel postoperatorio si evidenzia ulteriormente il vantaggio della cheratoplastica lamellare; infatti, poiché non viene trapiantato l’endotelio, un eventuale rigetto immunologico è possibile, ma molto più raro rispetto alla tecnica perforante e, comunque, solo in forma autolimitante, con minori effetti nocivi per la cornea. Bisogna inoltre sollevare un ulteriore problema ossia la durata media di una cornea trapiantata. Il lembo che è posto in sostituzione della cornea malata non ha una durata illimitata, perchè essendo stato prelevato da un soggetto donatore mediante un atto chirurgico, potrà aver subito dei danneggiamenti che ne limiteranno la vita. E' evidente quindi che diviene importante rinviare il trapianto di cornea il più a lungo possibile, sperando poi di avere al momento del trapianto una cornea proveniente da un soggetto di giovane età. Si ribadisce che, al di la delle specifiche precedentemente descritte, la qualità della visione migliora certamente con il trapianto di cornea, nei casi effettuati con successo, ma gli eventuali risultati visivi ottenuti non sono comunque tali da escludere l’uso degli occhiali e/o delle lenti a contatto.