Rivoluzione russa

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CAPITOLO 2
La rivoluzione russa
La lunga guerra stava ormai logorando i soldati di tutti i paesi in lotta, oltretutto duramente provati da un inverno rigido
che causava difficoltà sempre più gravi alle popolazioni civili. A questo punto la propaganda pacifista andava via via
diffondendosi fra la popolazione e si diffondevano tra le truppe tentativi di diserzione e di autolesionismo.
Ad accrescere l’insofferenza generale si aggiungeva la constatazione degli enormi profitti ricavati da industriali e
speculatori, in contrasto con la durissima vita dei soldati e con le privazioni sopportate dagli abitanti delle campagne.
Questo senso di insoddisfazione tra la popolazione assumeva in alcuni casi forme di ribellione.
Nella Russia zarista lo stato d’insofferenza e di scoraggiamento si era andato aggravando; l’8 marzo 1917 (corrispondente
in Russia al 23 febbraio - a causa dei 13 giorni di differenza tra il calendario ortodosso e quello gregoriano) scoppiò a
Pietrogrado una spontanea sommossa popolare contro la dilagante carestia e la fame. Le truppe incaricate di ripristinare
l’ordine finirono per unirsi agli insorti (la rivoluzione di febbraio).
Si formò un governo provvisorio di unità nazionale a cui capo era L’vov, un personaggio che rappresentava gli interessi
degli industriali, ma che aveva al proprio fianco come ministro Kerenskij (unico esponente della sinistra). Sotto la
pressione del governo e dell’opinione pubblica lo zar Nicola II venne indotto ad abdicare la corona al fratello Michele, il
quale rifiutò la corona rendendosi conto dell’impossibilità di dominare la situazione. Lo zar e i suoi familiari vennero
successivamente trasferiti e sorvegliati.
Le forze popolari riuscirono ad affiancare al governo L’vov l’istituzione dei soviet (assemblee) degli operai, dei soldati e
dei contadini. I soviet furono costituiti con delegati eletti dai lavoratori all’interno delle fabbriche e dai corpi dell’esercito
che si erano ammutinati. Come reazione della popolazione riguardo alle disastrose condizioni del paese, si andava
estendendo il disfattismo nazionale, diretto a sottrarre la Russia alla guerra mediante l’accettazione di una pace a qualsiasi
costo e a difendere sul piano morale i disertori.
Nel frattempo Lenin era rientrato a Pietrogrado, pubblicando le “tesi d’Aprile” che miravano a trasformare al più presto la
rivoluzione borghese di febbraio in rivoluzione proletaria e comunista, interrompendo così ogni possibilità di intesa con
la maggioranza; con il dichiarato proposito di eliminare come reazionario e incapace il governo L’vov e di concentrare
tutto il potere nei soviet, espressione diretta degli interessi proletari e popolari e capaci di gestire il passaggio dalla
rivoluzione borghese a quella socialista. Famosi sono gli slogan “tutto il potere ai soviet” o “la terre ai contadini e le
fabbriche agli operai”. Di grande importanza era poi la necessità di stipulare una pace immediata.
In seguito alla caduta del governo L’vov, la presidenza del governo provvisorio venne assunta da Kerenskij, il quale
dovette affrontare una situazione disastrosa sia sul fronte interno (scioperi-manifestazioni) che quello esterno. Di qui
l’attesa da parte di molti di un uomo forte, capace di riportare la disciplina nell’esercito e di bloccare le manifestazioni. Ci
fu cosi il colpo di mano del generale Kornilov (comandante dell’esercito) il quale si impegnò a riportare la Russia alla
normalità abbattendo sia il governo Kerenskij che i soviet. In questa circostanza il governo provvisorio di Kerenskij si
trovò costretto a chiedere l’appoggio dei soviet e dei bolscevichi guidati da Lenin. Questo resosi conto dell’accresciuta
influenza delle forze rivoluzionarie e dello sfaldamento delle strutture governative rovesciò il governo Kerenskij
acquisendone il potere; nella notte tra il 6 e il 7 novembre (24-25 ottobre per i russi), la guardia rossa (un corpo armato
di operai organizzato dai bolscevichi), occupò il Palazzo d’Inverno sede del governo. La sommossa aveva come scopo
l’allontanamento di tutti gli elementi borghesi dall’apparato statale per la formazione di un governo rivoluzionario di
operai e soldati e per la cessazione della guerra. Si era così conclusa la rivoluzione d’ottobre (6-7 novembre 19127).
Dopo il successo della rivoluzione d’ottobre Lenin soppresse il governo Kerenskij. Si procedette così alla costituzione di
un nuovo ministero, espressione del partito bolscevico: nacque così il consiglio dei commissari del popolo del quale
Lenin era il presidente, Trotskij (commissario degli esteri e successivamente della guerra) e Stalin (commissario delle
nazionalità: si occupava di curare i rapporti fra le parti dell’ex impero zarista).
Un duro lavoro aspettava il consiglio dei commissari del popolo; prima però si dovevano risolvere due problemi di fondo:
 Lo scioglimento dell’Assemblea costituente
 La fine della guerra
L’assemblea costituente serviva per dare una forma definitiva di governo al paese ma visto che i risultati elettorali erano
stati deludenti per i bolscevichi Lenin si affrettò a proclamare che il potere dei soviet era da considerarsi superiore a
quello dell’Assemblea. (per sintetizzare vi era a capo di tutto il consiglio dei commissari del popolo, poi i soviet ed infine
l’Assemblea costituente)
Il secondo problema riguardò l’immediata cessazione delle ostilità: il nuovo governo intavolò con l’Austria-Ungheria e
con la Germania intense trattative, che si conclusero con l’armistizio di Brest-litovsk nel 1917 che si trasformò in pace
nel 1918 a condizioni durissime che comportarono per la Russia la rinuncia della Polonia e della Lituania.
© Federico Ferranti S.T.A.
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