ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE REGINA APOSTOLORUM LA VERITA’ BIBLICA INTRODUZIONE ALLA SACRA SCRITTURA ELISABETTA RATTI CARRARA, 14 FEBBRAIO 2008 INTRODUZIONE La scelta di un argomento quale il conflitto tra verità biblica e verità scientifica deriva non solo dal personale interesse in merito ad una siffatta questione ma anche dal desiderio di riuscire, tramite un pur breve lavoro scritto, a ricostruire il difficile rapporto tra fede e scienza a partire dalla rivoluzione copernicana e dalla nascita del metodo sperimentale (sec. XVI-XVII) fino ad arrivare al XIX sec. con la teoria del’evoluzionismo di C. Darwin. Dopodiché, mi propongo di illustrare, come richiesto, in quale modo si sia risolta la questione nell’attualità e se si possa parlare di una vera e propria conciliazione tra le due parti in causa. Il percorso che intendo intraprendere al fine di riuscire a raggiungere l’obiettivo che mi sono prefissata è suddiviso in tre sezioni, cui vanno aggiunte una introduzione e una conclusione: Introduzione generale Dalla concezione aristotelico – tolemaica alla rivoluzione astronomica di Copernico, Brahe e Keplero Galileo: tra scienza e fede Darwin e il rifiuto del Creazionismo Conclusione Il metodo da me seguito consiste: 1. Nell’utilizzo del materiale seguente: a. La Sacra Scrittura, come punto di riferimento per impostare il mio lavoro. b. I discorsi di Giovanni Paolo II alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze (Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992 e 1 Discorso in merito all’evoluzionismo di Darwin del 22 ottobre1996). c. Il discorso di Giovanni Paolo II al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e teoria dell’evoluzione” del 26 aprile 1985. d. Il discorso di Giovanni Paolo II su l’interpretazione della Bibbia nella Chiesa del 23 aprile 1993. e. Alcuni manuali di filosofia, i quali, pur nella semplicità e sinteticità, riescono ad offrire un quadro generale sufficientemente completo in merito alla situazione storico-filosofica in merito ai sec. XVI-XIX1. f. Alcune encicliche quali la Provvidentissimus Deus e la Humani Generis e le costituzioni conciliari, Dei Verbum e Gaudium et Spes, che chiariscono in maniera dettagliata e precisa alcuni aspetti del complicato rapporto scienza – fede, nonché forniscono soluzioni, che invitano le due parti al dialogo e alla reciproca comprensione. g. Le lettere di Galileo (a Benedetto Castelli e a Cristina di Lorena) e di Roberto Bellarmino (a padre Paolo Antonio Foscarini) come esempio per comprendere diversi punti di vista riguardo il medesimo oggetto. h. Il testo di IZQUIERDO A., La parola che salva, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1997, in particolare i cc. 5-6, nei quali è esposto in maniera sintetica l’argomento oggetto della tesina. 2. Nel cogliere all’interno del materiale selezionato elementi utili al fine di evidenziare in quale modo viene all’origine impostato il conflitto tra verità biblica e verità scientifica, come si sviluppa nel corso del tempo e in che modo è risolto 1 DAL PRA M., Sommario di storia della filosofia, Volume I-III, La Nuova Italia, Firenze, 1963-1964; ADORNO. F, GREGORY. T., VERRA V., Storia della filosofia, Volume II, Laterza Roma – Bari, 1981. 2 da entrambe le parti in causa. 3. Nel ripercorrere per sommi capi l’evoluzione del pensiero scientifico dopo la rivoluzione astronomica, puntando l’attenzione, in particolar modo su Copernico, Galileo e Darwin. 4. Nell’analizzare il punto di vista della Chiesa e dei teologi di fronte a tale questione sia nel passato che ai nostri giorni. Quadro generale La cultura dei secoli XVI-XVII accentua, rispetto alla tradizione, l’iniziativa razionale votata alla ricerca di un metodo sperimentale, di cui Galileo è l’iniziatore, il quale consenta di realizzare il più completo dominio della natura. Difatti, lo scienziato moderno guarda con distacco alla storia passata ed ha maggior fiducia nel diretto impegno della mente (ragione) che non nella forza della tradizione 2. La nuova scienza si viene costruendo attraverso un preciso approccio sperimentale e matematico alla conoscenza del mondo fisico, il quale troverà il suo pieno sviluppo nella fisica meccanicistica e matematica del XVII secolo grazie al genio di I. Newton (16421727). Per la prima volta nella storia del pensiero umano subentra una visione oggettiva ed autonoma della natura, perché riconosciuta come creata, dotata di proprie leggi e distinta dal Creatore. Se volessimo schematizzare per punti le caratteristiche della scienza moderna o sperimentale avremmo come segue: 1. Richiamo alla diretta esperienza 2 DAL PRA M., Sommario…Op. cit., Volume II, p. 90. 3 2. Concezione del sapere come operare 3. Intervento attivo da parte dell’uomo nei processi naturali 4. Convinzione che la natura sia retta da un ordine matematico e geometrico 5. La rivoluzione scientifica, avviata lungo il 1500, sconvolge di fatto non solo i quadri mentali dell’epoca ma anche le concezioni fisiche e metafisiche del mondo, tramite: a. la crisi della cosmologia aristotelico – tolemaica e lo sviluppo della nuova astronomia: “dall’affermazione di Copernico che la terra non è al centro del mondo, fino alla scoperta che i moti dei pianeti non si compiono mediante traiettorie circolari, ma secondo ellissi, cioè la grande scoperta di Keplero, che rompeva il mito della dignità del moto circolare, al quale neppure Galileo era riuscito a sottrarsi”3. b. Le scoperte geografiche: “Il familiare mondo aristotelico andava in frantumi: scoperti nuovi continenti e nuovi popoli l’Europa perdeva la sua posizione unica sulla terra abitata”4. c. Lo sviluppo delle arti meccaniche: “tradizionalmente ritenute inferiori alle arti liberali5 e non degne di uomini liberi, destinate a fini esclusivamente pratici e non conoscitivi”6. Nasce così un nuovo modo di conoscere in cui “la ricerca del particolare assume valore non solo per i progressi che realizzava nelle singole scienze, ma in quanto implicava la valorizzazione e la difesa di un metodo di approccio alla natura che rifugge dalle astrazioni dei filosofi, che trova inutili le ADORNO. F, Storia …Op. cit., Volume II, p. 50. IBIDEM, p. 50. 5 Le arti liberali si suddividono in arti del Trivio (Grammatica, Retorica, Dialettica) e arti del Quadrivio (Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica). 6 ADORNO. F, Storia …Op. cit., Volume II, p. 50. 3 4 4 strutture del discorso sillogistico, e ad esse contrappone verità di fatto puntualmente sperimentate”7. Nel secolo XIX la teoria dell’evoluzione di Darwin mette nuovamente in crisi il rapporto tra verità biblica e verità scientifica: “Il poligenismo, derivato dalla teoria dell’evoluzione, non sembrava essere conforme ai dati biblici relativi alla comparsa dell’uomo sulla Terra”8. Di conseguenza l’evoluzionismo si contrappone decisamente al creazionismo e a tale discordanza si cerca di rimediare, in un primo tempo, tramite il modello del concordismo, il quale si rivelerà un vero e proprio fallimento: “Nel concordismo, la scienza e la fede si considerano come se fossero sullo stesso piano. Questo ha luogo sia sulla sponda della teologia (come nel creazionismo americano, o nel anticopernicanesimo del secolo XVII), sia su quella della scienza (naturalismo panteistico e materialistico)”9. In sostanza tale modello consiste nel tentativo di stabilire delle corrispondenze tra le affermazioni di alcune teorie scientifiche e le affermazioni contenute nella rivelazione biblica10. Sebbene ancora oggi i conflitti tra scienza e fede non siano scomparsi del tutto, si cerca, in qualche modo, da parte di entrambe, un punto di incontro, 7 IBIDEM, p. 49. Sappiamo che Galileo Galilei non ha di fatto confermato con una dimostrazione sperimentale definitiva la dottrina copernicana: “Galileo non fa distinzione tra quello che è l’approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione della natura, di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. E’ per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era dato di presentare come un’ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, un’esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore” Cf. Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze del 31 ottobre 1992. Di conseguenza la condanna avviene per la mancata dimostrazione della teoria eliocentrica da parte del fondatore della scienza moderna, sebbene nei secoli successivi la Chiesa sia stata accusata, e lo è ancora oggi, di oscurantismo e accanita opposizione nei confronti della scienza. 8 IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 74. 9 PASCUAL P. RAFAEL, L. C., Problematiche del rapporto scienza – fede, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma. Cf. Al proposito http://www.retescuola.net/documenti/2006-7/corso_aggiornamento2.pdf 10 Cf. al proposito IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 74., per un esempio in merito al concordismo: “Così per esempio, i giorni della creazione di Genesi 1 avrebbero corrisposto ai periodi geologici della scienza evoluzionistica. Tale concordismo si rivelo un fallimento sia dal punto di vista della scienza come da quello dell’esegesi”. 5 l’instaurazione di un dialogo, che avvicini e non divida, perché come afferma lo stesso Giovanni Paolo II, nel Discorso sul caso Galileo del 1992: “Esiste, per l’umanità, un duplice genere di sviluppo. Il primo comprende la cultura, la ricerca scientifica e tecnica, cioè tutto ciò che appartiene all’orizzontalità dell’uomo e della creazione, e che si accresce con un ritmo impressionante. Se questo sviluppo non vuol restare totalmente esterno all’uomo, è necessario un concomitante approfondimento della coscienza come anche della sua attuazione. Il secondo modo di sviluppo concerne quanto c’è di più profondo nell’essere umano allorché, trascendendo il mondo e se stesso, egli si volge verso Colui che è il Creatore di ogni cosa”. 6 DALLA CONCEZIONE ARISTOTELICO – TOLEMAICA ALLA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA DI COPENICO, BRAHE E KEPLERO L’universo aristotelico – tolemaico Il 1543, anno in cui viene pubblicato il De Revolutionibus orbium caelestium di Nicolò Copernico (1473-1543), segna la fine dell’universo geocentrico, i cui fondamenti metafisici e matematici sono stati elaborati dal pensiero antico ed hanno rappresentato per due millenni la vera immagine del mondo, e annunzia l’inizio della cosiddetta rivoluzione astronomica, la quale costituisce uno degli aspetti più affascinanti della nuova scienza. Al fine di comprendere la configurazione del nuovo cosmo, è necessario tener presente l’universo aristotelico-tolemaico11, cui l’eliocentrismo si viene ad opporre. Il cosmo è una sfera finita costituito da sfere concentriche sulle quali sono infisse le stelle e i pianeti (Primo mobile o Cielo delle stelle fisse, introdotto da Tolomeo; Saturno; Giove; Marte; Venere; Sole; Luna). I cieli e i corpi celesti da esso portati sono costituiti di un elemento divino, il quinto elemento, l’etere incorruttibile, al quale compete il moto prefetto, il moto circolare, uniforme, senza principio e senza fine, eterno. Al di sotto del cielo della Luna è posta la zona dei quattro elementi corruttibili (zona sublunare), sottoposti a nascita e a morte: fuoco e aria, per natura leggeri e tendenti verso l’alto, acqua e terra, per natura pesanti e tendenti verso il basso. Dal momento che nella zona sublunare gli elementi sono tra loro mescolati, secondo la 11 Va ricordato che propriamente la concezione tolemaica è geocentrica, ma profondamente diversa da quella aristotelica per la sua rigorosa rappresentazione geometrica del moto dei cieli oltre che per l’introduzione della nona sfera; ma proprio per la sua complessità matematica, l’opera maggiore di Tolomeo, l’Almagesto, potrà essere compresa solo nel Rinascimento; nella storia della cultura medievale il sistema tolemaico viene solo ad integrare marginalmente il sistema aristotelico. 7 prevalenza di elementi leggeri o pesanti, i corpi vengono naturalmente portati verso l’alto o verso il basso per raggiungere i loro luoghi naturali. Quindi al moto circolare e perfetto si contrappone il moto rettilineo e imperfetto del mondo sublunare. Al centro degli elementi e di tutto il cosmo fisico si trova la Terra. Come afferma il papa Giovanni Paolo II, nel Discorso del 1992 sul caso Galileo, tale concezione geocentrica appare del tutto conforme al senso comune, rispondente alla constatazione del quotidiano moto dei cieli e della immobilità della Terra: “la rappresentazione geocentrica del mondo era comunemente accettata nella cultura del tempo come pienamente concorde con l’insegnamento della Bibbia, nella quale alcune espressioni, prese alla lettera, sembravano costituire delle affermazioni di geocentrismo”. La convinzione di un universo finito con al centro la Terra sembra trovare sostegno nella dottrina della creazione, dell’incarnazione e della redenzione, che fa della Terra il luogo unico e privilegiato creato da Dio come dimora dell’uomo e in cui si realizza la storia sacra, la storia della salvezza, dal peccato originale alla Incarnazione del Verbo, al Giudizio Universale: “La Scrittura considera la storia umana esclusivamente sotto l’angolo visuale delle relazioni tra gli uomini e Dio. Gli eventi della vita di Israele e della Chiesa primitiva manifestano le azioni di Dio nel tempo. La storia umana interessa in quanto storia sacra, e come tale oggetto della verità biblica” 12. La rivoluzione copernicana Pubblicando il De Rivolutionibus orbium caelestium, Copernico è perfettamente consapevole di affermare una tesi in netta contrapposizione con la mentalità comune dell’epoca. Difatti nella lettera dedicatoria a papa Paolo III scrive: 12 IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 79. 8 “Mi rendo ben conto, o Padre Santissimo, che, non appena alcuni saranno venuti a conoscenza del fatto che io, in questi miei libri che ho scritto sulle rivoluzioni delle sfere del mondo, attribuisco certi movimenti al globo terrestre, subito andranno gridando che sono da mettere al bando io e la mia opinione. (...) E benché sappia che i pensieri del filosofo sono ben lontani dall'opinione comune, proprio perché suo primo compito è cercare la verità in ogni cosa, almeno nei limiti concessi da Dio alla ragione umana, penso tuttavia che siano da evitarsi le opinioni che si allontanano del tutto dalla retta via. (...) Prendendo spunto da qui cominciai anch'io a meditare intorno alla possibilità di un movimento della terra. E sebbene l'opinione potesse sembrare assurda, tuttavia, poiché sapevo che prima di me ad altri era stata concessa questa libertà, cioè di immaginare qualsivoglia cerchio per spiegare i fenomeni celesti, ritenni che anche a me senza difficoltà fosse concesso di cercare se, ammesso un qualche movimento della terra, si potessero trovare spiegazioni più sicure delle loro sulla rivoluzione delle sfere celesti (…) Il movimento della Terra è contrario all’opinione ormai accettata dai matematici e contrasta con il comune modo di considerare le cose”13. La tesi centrale del sistema copernicano è che i pianeti ruotano intorno al sole e non intorno alla Terra, la quale perde la sua posizione privilegiata ed unica e diventa un pianeta come tutti gli altri 14: Il sistema eliocentrico di Copernico può essere sintetizzato come segue: 1. L’universo di Copernico, per quanto immenso, risulta sempre finito, limitato dall’ottava sfera, che lo studioso afferma essere immobile, contro la tradizione aristotelico – tolemaica. Il suo è un movimento solo apparente e si spiega con il moto della Terra. 2. I pianeti si muovono secondo moti circolari, infissi nelle sfere celeste, sfere solide reali, come la tradizione geocentrica 15. 1) Al centro del moto delle sfere celesti il Sole, attorno al quale girano tutti i pianeti. 13 La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton, a cura di ROSSI P., Loescher, Torino, 1973, pp. 146-151. 14 La dottrina di Copernico ha un primo abbozzo nel De Hypotesibus motuum caelestium a se constitutis commentariolus, scritta nel 1512 e non pubblicata. 15 La successione delle sfere celesti è la seguente: dopo la sfera delle stelle fisse, abbiamo Saturno, Giove, Marte, Terra con Luna come satellite, Venere e Mercurio. In merito al moto circolare dei pianeti, Copernico non si pone il problema della forza che muove i pianeti e li mantiene in orbite circolari. Difatti, egli sostiene che i pianeti si muovono per la loro forma sferica che è naturalmente dotata di moto circolare. 9 2) La Luna gira attorno alla Terra e con la Terra attorno al Sole. 3) Il Sole, al centro dell’universo ha un’importanza fondamentale per Copernico, non solo come centro dei moti celesti ma come centro di calore e di vita per tutto il cosmo. Il Sole ha il suo posto centrale perché è la creatura più nobile, il re del Creato, l’immagine sensibile di Dio: “Al centro di tutti i pianeti – scrive Copernico nel De rivolutionibus orbium caelestium – risiede il sole. Chi infatti situerebbe in questo stupendo tempio una luce in altro o migliore luogo di questo da cui può illuminare ogni cosa simultaneamente? Non a caso alcuni lo chiamano lucerna del mondo, altri mente, altri rettore dell’universo (…) Così dunque il sole seduto sul soglio regale governa la famiglia degli astri che gli girano intorno”16. Quali sono le conseguenze del fatto che la Terra non è più considerata centro del cosmo ma diventa un pianeta come tutti gli altri? a La Terra è sottoposta alle stesse leggi del moto dei pianeti. Va a scomparire la contrapposizione aristotelica tra fisica terrestre e fisica celeste, rette da leggi diverse. b La dottrina aristotelica17 della gravità non è più accettabile; difatti Copernico afferma che non esiste una tendenza assoluta e naturale dei gravi (corpi pesanti) al centro dell’universo: “La gravità è dunque per Copernico una tendenza di ogni corpo celeste a formare un corpo sferico. Era aperto così il problema del rapporto tra gravità e moti dei pianeti che costituirà uno dei massimi problemi del pensiero scientifico da Copernico a Newton”18. La rivoluzione scientifica: da Copernico … Op. cit., pp. 152-153. ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 57: “Per Aristotele infatti la Terra in quanto corpo pesante sta al centro dell’universo e i gravi cadono su di essa per questa sua posizione centrale”. 18 IBIDEM. 16 17 10 Tycho Brahe: la fine delle sfere celesti Astronomo di grande valore, Tycho Brahe (1546-1601) distrugge un altro caposaldo dell’astronomia antica e medievale ancora presente in Copernico: l’incorruttibilità dei cieli e la realtà fisica delle sfere celesti. In che modo l’astronomo celeste arriva ad affermare questo? Studiando la grande cometa apparsa nel 1577 ed osservandone il movimento, sostiene che tutte le comete si muovono nei cieli e non nella zona sublunare come invece afferma Aristotele. La presenza di comete come la nascita di nuove stelle (nel 1572, nella costellazione di Cassiopea compare una nuova stella), comporta che nei cieli qualcosa può mutare, di conseguenza essi non sono incorruttibili ma sottoposti a fenomeni di generazione e corruzione. Inoltre, Tycho Brahe, studiando le traiettorie delle comete, afferma che queste ultime intersecano le traiettorie dei pianeti, i quali non possono essere infissi in sfere reali e cristalline, perché le comete avrebbero forato e infranto tali sfere. Ciò che si spiega con le sfere reali la si può spiegare con la matematica: i pianeti non si muovono infissi in sfere ma seguono tracciati matematici: “E’ chiaramente provato dal moto delle comete che la macchina del cielo non è un corpo duro e impenetrabile composto di varie sfere reali, come fino ad ora è stato creduto da molti, ma è fluido e libero, aperto in tutte le direzioni, tale da non opporre ostacolo alcuno alla libera corsa dei pianeti che è regolata, in accordo alla sapienza legislativa di Dio, senza alcun macchinario né alcun rotolamento di sfere reali” 19. Per quanto riguarda il generale sistema del mondo, Tycho non accetta né il sistema aristotelico, né quello copernicano ed elabora un suo nuovo sistema detto appunto ticonico: l’universo è concepito con al centro la Terra immobile, all’estremo limite l’ottava sfera mentre tutti i pianeti girano intorno al Sole e, con il Sole, intorno 19 La rivoluzione scientifica: da Copernico … Op. cit., pp. 155. 11 alla Terra. Il sistema ticonico dà spiegazioni corrette a tutti i moti e le apparenze celesti, come il sistema copernicano: ma poiché lascia la Terra in quiete al centro del Cosmo, evitando le obiezioni teologiche dell’epoca, ha larga fortuna soprattutto nella prima metà del 1600. Keplero e il moto ellittico dei pianeti Copernicano convinto, Keplero (1571-1830) accetta il moto della Terra e la posizione centrale del Sole; ammiratore di Brahe rifiuta le sfere cristalline e concepisce le orbite come tracciati geometrici. A differenza di Copernico e Brahe, Keplero, studiando i moti di Marte, scopre che i pianeti non si muovono intorno al Sole secondo moti circolari perfetti ma con orbite ellittiche. Così afferma la prima legge20 di Keplero: “Le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei fuochi”. Le ricerche astronomiche di Keplero, le definizioni delle leggi e dei rapporti matematici che regolano i moti celesti, rispondono tutte al suo desiderio di dare una visione unitaria dell’universo da cui emerga la divina armonia del tutto. Secondo lo studioso, infatti, Dio è la fonte della geometria e nella creazione opera come un geometra, cioè secondo modelli o archetipi geometrici. A fondamento delle ricerche kepleriane, dunque, si pone una profonda convinzione metafisico – teologica: cogliendo elementi della tradizione platonica e 20 La seconda legge di Keplero afferma che: “La velocità orbitale di ciascun pianeta varia in modo tale che una retta congiungente il Sole e il pianeta percorre, in eguali intervalli di tempo, eguali porzioni di superficie dell’ellisse. La terza legge: “I quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono nello stesso rapporto dei cubi delle rispettive distanze dal Sole”. 12 pitagorica21, Keplero crede Dio quale fonte della geometria, il quale nella creazione opera come un geometra, cioè secondo modelli o archetipi geometrici, scegliendo tra tutti i modelli possibili i poliedri regolari (solidi le cui facce sono identiche e costituite da triangoli equilateri). Nulla è stato creato senza una causa geometrica, quindi individuare le strutture geometriche che reggono i moti dei pianeti significa comprendere il senso della divina creazione: “più decisamente ancora Keplero sostiene che risalire agli archetipi geometrici secondo i quali Dio ha creato il mondo permette una dimostrazione a priori del sistema del mondo muovendo dalle vere cause, gli archetipi o idee di Dio ( ) Tornano in Keplero tutti temi della spiritualità ellenistica e medievale sul mondo come specchio e immagine di Dio; innumerevoli le analogie che Keplero indica fra la Trinità e l’universo creato: nella sfericità del cosmo il Padre è simboleggiato nel centro, il Figlio nella superficie, lo Spirito nell’uguaglianza dei raggi; ancora il Padre è simboleggiato nel Sole, il Figlio nella sfera delle stelle fisse, lo Spirito nell’aura celeste che riempie lo spazio. La stessa posizione centrale del Sole ha per Keplero, come già per Copernico, la sua motivazione e ragione profonda nel ruolo che Dio ha affidato in questo corpo, quasi suo vicario nel mondo sensibile: il Sole è principio di vita e di moto, egli guida il coro dei corpi celesti e l’armonia che nasce dai moti dei pianeti trova nel Sole la mente che l’ascolta. Sicché anche qui la descrizione geometrica dei moti planetari, l’individuazione dei valori armonici delle corde dei pianeti in rapporto al Sole, risponde ad una precisa prospettiva metafisico – teologica, risalente allo stoicismo, al neoplatonismo, alla cristiana metafisica della luce, che vede nel Sole la mens mundi, l’immagine sensibile del Dio invisibile”22. Le teorie di Copernico e Keplero si inseriscono in un complesso sfondo metafisico, teologico e mistico, vale a dire fanno parte, o meglio sono parte intrinseca del tempo storico cui appartengono e non possono e non devono essere scisse da esso. E’ decisamente inutile ed erroneo isolare quelle che si considerano scoperte scientifiche dal loro contesto storico, filosofico e teologico. 21 22 DAL PRA M., Sommario … Op. cit., Volume I. ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 63. 13 GALILEO GALILEI: TRA SCIENZA E FEDE In merito a Galileo (1564-1642), a noi interessa, in questa sede, evidenziare il ruolo che egli ha all’interno della sua epoca come ideatore del metodo sperimentale e sostenitore della teoria copernicana 23. Gli studi e le scoperte di Galilei convergono verso la costruzione di una nuova concezione del mondo fisico in netta contrapposizione con la visione geocentrica del Cosmo e con gli ambienti teologici dell’epoca. Come afferma lo stesso Giovanni Paolo II, nel Discorso del 199224: “La rappresentazione geocentrica del mondo era comunemente accolta nella cultura del tempo come pienamente concorde con l’insegnamento della Bibbia, nella quale alcune espressioni prese alla lettera, sembravano costituire delle affermazioni di geocentrismo25”. In quale modo, dunque, si comportano i teologi dell’epoca di fronte alla nascita della scienza moderna? Come conciliare eliocentrismo e Sacra Scrittura? In quale modo interpretare la Bibbia? “La maggior parte dei teologi non seppe farlo” 26, sebbene molti di loro cominciano ad interrogarsi sul rapporto fede e scienza, a prendere coscienza che la propria disciplina è delimitata ad un preciso campo del sapere, come del resto qualsiasi disciplina; in poche parole, la scienza moderna, che ha nel metodo Fondamentale, nello sviluppo di questa linea di ricerca, è la costruzione e l’uso del cannocchiale astronomico. Sappiamo che Galileo non è l’inventore del cannocchiale ma grazie allo scienziato pisano, esso è divenuto un vero e proprio strumento scientifico. 24 I discorsi di Giovanni Paolo II alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze (Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992 e Discorso in merito all’evoluzionismo di Darwin del 22 ottobre1996) sono tratti dal sito del Vaticano: www.vatican.va/. 25 Citiamo il passo tratto dal Capitolo 10 del Libro di Giosuè, vv. 12-13: Quel giorno, quando il Signore diede a Israele la vittoria sugli Amorrei, Giosuè pregò il Signore e gridò alla presenza di tutti gli Israeliti: “Sole, fermati su Gabaon! e tu, luna, sulla valle di Aialon! Il sole si fermò, la luna restò immobile, un popolo si vendicò dei suoi nemici”. 26 Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992. 23 14 sperimentale il suo centro, obbliga gli studiosi a riflettere in merito al proprio ambito disciplinare, al proprio metodo ed al confronto con gli altri saperi: “Il capovolgimento provocato dal sistema di Copernico ha richiesto uno sforzo di riflessione epistemologica sulle scienze bibliche, sforzo che doveva portare più tardi frutti abbondanti nei lavori esegetici moderni e che ha trovato nella costituzione conciliare Dei Verbum una consacrazione e un nuovo impulso”27. Galilei, da parte sua, decide di intervenire sul delicato rapporto tra scienza e fede, tra verità scientifica e verità di fede. Significativa al proposito è la lettera a B. Castelli28, nella quale lo scienziato pisano mostra non solo di non aver rinnegato le verità di fede ma di prendere molto a cuore la questione, affermando che se è vero che la Scrittura non può errare magari possono errare alcuni dei suoi interpreti ed espositori: “Quanto alla prima domanda generica di Madama Serenissima, parmi che prudentissimamente fusse proposto da quella e conceduto e stabilito dalla paternità Vostra, non poter mai la scrittura sacra mentire o errare, ma essere i suoi decreti d’assoluta e inviolabile verità. Solo avrei aggiunto, che, se bene la Scrittura non può errare, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de’ suoi interpreti ed espositori, in vari modi: tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo, quando volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole…Onde, sì come nella Scrittura si trovano molte proposizioni le quali, quanto al nudo senso delle parole, hanno aspetto diverso da vero, ma sono poste in cotal guisa per accomodarsi all’incapacità del vulgo, così per quei pochi che meritano d’esser separati dalla plebe è necessario che i saggi espositori produchino i veri sensi, e n’additino le ragioni particolari per che siano sotto cotali parole profferiti”29. La lettera al padre benedettino, come del resto la lettera al Dini 30 e alla Granduchessa di Toscana, Cristina di Lorena, rappresentano una proposta di esegesi 27 IBIDEM. Benedetto Castelli (1578-1643), benedettino, corrispondente e collaboratore di Galileo. 29 Le opere di Galileo Galilei, a cura di FAVARO A., Edizione nazionale, Firenze 1890-1909, Volume 5, pp. 282-285. 30 Piero Dini (1570-1625), console nel 1605 dell’Accademia fiorentina, arcivescovo di Fermo, protettore di Galilei. 28 15 scritturale31, derivante da un ambiente non teologico. Secondo Galilei, Natura e Sacra Scrittura procedono entrambe dall’unica Fonte divina: 1. La Natura è esecutrice degli ordini di Dio. 2. La Bibbia è dettatura dello Spirito Santo. “Procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al significato delle parole, dal vero assoluto (…) pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone innanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura ch’avesser nelle parole diverso sembiante, poi che non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi com’ogni effetto di natura” 32. Secondo il Galileo, infatti, sebbene l’autorità della Bibbia sia “massima e incontrovertibile”33 in materia di fede e di costumi, non è certamente così per ciò che riguarda gli insegnamenti relativi alla fisica: la Sacra Scrittura non si propone di impartire insegnamenti fisici ma religiosi ed etici: “Io crederei che l’autorità delle Sacre Lettere avesse avuto solamente la mira a persuader a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che, sendo necessarie per la salute loro e superando ogni umano discorso, non potevano per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili, che per bocca dell’istesso Spirito Santo” 34. Riconosciuta e difesa l’autorità della Bibbia in fatto di insegnamenti concernenti la fede e la morale, lo scienziato pisano rifiuta in maniera decisiva il connubio tra Testo Sacro e filosofia naturale aristotelico - scolastica a favore di una lettura meccanica e matematica del mondo fisico, fermo alle proprie leggi inesorabili e 31 Giovanni Paolo II, nel Discorso sul caso Galileo, definisce la lettera a Cristina di Lorena come un piccolo trattato di ermeneutica biblica. 32 Le opere di Galileo Galilei…Op. cit., Volume V, pp. 282-285. 33 IBIDEM. 34 IBIDEM. 16 immutabili, le quali possono essere determinate dal metodo sperimentale. Il libro della natura è scritto in un linguaggio matematico, di conseguenza, lo scienziato e il filosofo devono essere fedeli a questo linguaggio, perché, se Dio ha imposto alla natura un ordine fondato sopra le leggi matematiche e geometriche, solo la conoscenza matematica permette all’uomo di penetrare il mistero della natura. Ora, il pontefice Giovanni Paolo II, analizzando e discutendo il caso Galileo, afferma che i problemi soggiacenti quel caso riguardano sia la natura della scienza, sia il messaggio della fede: “I problemi soggiacenti a quel caso toccano la natura della scienza come quella del messaggio della fede. Non è dunque da escludere che ci si trovi un giorno davanti a una situazione analoga, che richiederà agli uni e agli altri una coscienza consapevole del campo e dei limiti delle rispettive competenze” 35: 1. Il primo problema è di ordine epistemologico e riguarda l’ermeneutica biblica: Galileo non fa distinzione, in quanto figlio della sua epoca, tra scienza,che riguarda i fenomeni naturali e riflessione sulla natura, che concerne invece la filosofia. Ed è proprio per questo che egli rifiuta di considerare il copernicanesimo come pura ipotesi, fino a quando non fosse dimostrato con prove certe: “Era quella, peraltro, un’esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore” 36. 35 36 Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992. IBIDEM. Al proposito Cf. anche ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 135: “Già nel 1616, infatti, subito dopo la condanna della teoria copernicana, Galilei era stato convocato dal cardinal Bellarmino per essere formalmente ammonito ad abbandonare la dottrina eliocentrica ‘stolta ed assurda in filosofia e formalmente eretica, in quanto contraddice espressamente alle sentenze della Sacra Scrittura’. In quella stessa sede il cardinal Bellarmino aveva proposto di ricondurre la teoria di Copernico entro l’ambito di una semplice ipotesi matematica”. A riguardo il cardinale Bellarmino nella Lettera a padre Foscarini afferma: “Dico che quando ci fusse vera dimostrazione che il Sole stia al centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il Sole non circonda la Terra, ma la Terra circonda il Sole allora bisognerai andar con molta considerazione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l’intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione , fin che non mi sia mostrata”. Cf. La rivoluzione scientifica: da Copernico … Op. cit., pp.196-199. 17 2. Il secondo problema riguarda la rappresentazione geocentrica del mondo, la quale, come già detto, è accettata dal senso comune e dalla cultura del tempo “come pienamente concorde con l’insegnamento della Bibbia” 37. Difatti, la cultura del XVII secolo, a differenza di quella odierna, è caratterizzata dall’unitarietà e da una formazione filosofica particolare. I teologi del tempo, sebbene comincino a porsi delle domande su come conciliare Sacra scrittura e scienza nuova, non distinguono tra la Bibbia e la sua interpretazione: “il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca scientifica”38. Gli studiosi dell’epoca, di fatto, non concepiscono un mondo privo di punti di riferimento fisico assoluto – continua Giovanni Paolo II – il quale, dal momento che il Cosmo è ritenuto finito, non può che essere rappresentato dalla Terra o dal Sole. Sappiamo che la teoria eliocentrica è condannata nel 1616 e Galileo nel 163339, un anno dopo la pubblicazione del “Discorso sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano” 40. Lo scienziato pisano, in questa sua opera tenta di dimostrare la verità oggettiva e fisica del sistema di Copernico e, tramite ciò, di offrire una nuova visione del Cosmo fondata su un modello geometrico – matematico: “Il che significa cercare di tradurre da ipotesi in realtà una struttura del mondo che rappresenta un vero e proprio rovesciamento della concezione tradizionale” 41. 37 Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992. IBIDEM. 39 Cf. Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992: “Il cardinal Poupard ci ha ricordato come la sentenza del 1633 non fosse irreformabile e come il dibattito, che non aveva cessato di evolvere sia stato chiuso nel 1820 con l’imprimatur concesso all’opera del canonico Settele (cf. Pontificia Accademia Scientiarum, Copernico, Galilei e la Chiesa. Fine della controversia (1820). Gli atti del Sant’Ufficio, a cura di W. Brandmüller e E. J. Greipl, Firenze, Olschki, 1992)”. 40 Cf. Le opere di Galileo Galilei…Op. cit.,, Volume VII. 41 ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 136. 38 18 Galilei, nel “Discorso sopra i massimi sistemi”, afferma di sostenere la teoria copernicana come pura ipotesi matematica, “la parte copernicana procedendo in pura ipotesi matematica”42; in realtà dal “Dialogo” si evince che l’ideatore del metodo sperimentale assume un atteggiamento di dichiarato anti – aristotelismo in difesa dell’eliocentrismo considerato come unica e veritiera visione del mondo: la Terra si muove intorno al Sole, il quale è al centro del Cosmo. E difende Copernico basandosi su un modello teorico delle maree, che in seguito risulterà essere errato: “Il metodo scientifico non rende immuni da errori. Lo stesso Galileo aveva poggiato la sua difesa di Copernico su un modello teorico delle maree, rivelatosi completamente sbagliato (e il “Dialogo dei massimi sistemi” era nato proprio come “Dialogo sulle maree”)” 43. Ricapitolando, dunque, l’errore di Galileo è quello di non ritenere la teoria copernicana come semplice ipotesi e di aver considerato il sapere scientifico autosufficiente e assoluto: “Una pretesa riassorbita nel gesto finale di sottomissione, difficile da giudicare, ma probabilmente meno forzato o dettato da semplice paura di quanto spesso lo si presenti” 44. La condanna del Galileo, nel 1633, non può sicuramente essere giudicata e criticata, senza tener presente il contesto storico nel quale si inserisce, contesto storico sicuramente non facile: non dimentichiamo che, nei primi anni del 1600, la Chiesa è impegnata nell’opera di riforma, cominciata con il Concilio di Trento (1545 – 1563), L’Europa è devastata dalla Guerra dei Trent’Anni e si verifica un cambiamento prorompente nella filosofia e nelle scienze. Il mondo sta mutando velocemente e si fa strada quella mentalità, che troverà sviluppo pieno durante Cf. Le opere di Galileo Galilei…Op. cit., Volume VII. Al proposito Cf. www.culturacattolica.it/default.asp?id=173&id_n=5215: GARGANTINI M., Il caso Galileo, a cura di MANGIAROTTI DON GABRIELE. 44 IBIDEM. 42 43 19 l’Illuminismo. Il caso Galileo si trova all’interno di questa difficile situazione, e, da entrambe le parti c’è stata una sorta di incomprensione reciproca, che ha impedito quel dialogo costruttivo, il quale dovrebbe essere alla base del rapporto fede – scienza. E’ proprio a partire dall’Illuminismo che Galileo diviene un vero e proprio mito, il simbolo della ragione e della scienza che lotta contro l’oscurantismo della Chiesa Cattolica, contraria a qualsiasi tipo di progresso scientifico. “Questo mito ha giocato un ruolo culturale considerevole; esso ha contribuito ad ancorare parecchi uomini di scienza in buona fede all’idea che ci fosse incompatibilità tra lo spirito della scienza e la sua etica di ricerca, da un lato, e la fede cristiana, dall’altro. Una tragica reciproca incomprensione è stata interpretata come il riflesso di una opposizione costitutiva tra scienza e fede. Le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permettono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato”45. Che cosa possiamo imparare dal caso Galileo, suggerisce Giovanni Paolo II, che cosa c’è di attuale in quel conflitto tra verità di fede e verità scientifica, il quale ha portato alla condanna e all’abiura dello scienziato nel 1633? Innanzitutto, un primo insegnamento riguarda il campo di studio di ogni singola disciplina: ovviamente ogni singola scienza richiede un metodo particolare, che la distingue dalle altre. La teologia ha come principio primo la fede e come oggetto la Rivelazione ed è questo che la differenzia da altre scienze come la matematica e la fisica. Nel XVII secolo tutto questo non fa parte del patrimonio culturale dell’uomo: Galileo e i suoi avversari non hanno chiara la peculiarità di ogni ambito disciplinare, la loro è una cultura unitaria. In secondo luogo, il più delle volte “al di là di due visioni parziali e contrastanti, 45 Cf. Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992. 20 esiste una visione più larga che entrambe le include e le supera” 46. Di conseguenza, fede e scienza hanno l’obbligo di tener presente che, oltre i conflitti e le incomprensioni, esiste una Verità molto più grande, la quale concorda e concilia le diverse posizioni. Il dialogo, o se vogliamo il dibattito, deve essere, non distruttivo, bensì costruttivo, è necessario che aiuti entrambe le parti a crescere e a migliorarsi non solo per il benessere della società umana ma anche per la gloria di Dio. Ai tempi di Galileo, nessuno osa immaginare, vista la concezione cosmologica contemporanea, un Universo privo di un punto di riferimento assoluto; oggi, invece, sappiamo che il Cosmo va bene al di là del Sistema solare ma nel 1600 ciò è impossibile e incomprensibile. Indubbiamente, la nascita della scienza moderna e il metodo sperimentale contribuiscono ad aumentare la conoscenza umana in campo astronomico e a far sì che gli uomini di fede comincino ad interrogarsi su come interpretare alcuni passi della Sacra Scrittura e conciliare le nuove scoperte in campo scientifico con le verità di fede: “L’errore dei teologi del tempo, nel sostenere la centralità della Terra, fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale della Sacra Scrittura. Ma è doveroso ricordare la celebre sentenza attribuita a Baronio: “Spiritui Sancto mentem fuisse nos docere quomodo ad coelum eatur, non quomodo coelum gradiatur”. In realtà, la Scrittura non si occupa dei dettagli del mondo fisico, la cui conoscenza è affidata all’esperienza e ai ragionamenti umani. Esistono due campi del sapere, quello che ha la sua fonte nella Rivelazione e quello che la ragione può scoprire 46 IBIDEM. 21 con le sole sue forze. A quest’ultimo appartengono le scienze sperimentali e la filosofia”47. La ragione dialoga sia con la scienza che con la fede; essa è il canale comune tra verità di fede e verità scientifica, sebbene quest’ultima appartenga ad una campo di sapere differente, che permettono di evidenziare aspetti diversi della realtà. Al proposito, significativa la conclusione del pontefice, in merito al Discorso su Galileo, nella quale mette in evidenza il duplice aspetto dello sviluppo conoscitivo umano: 1) Aspetto orizzontale, cioè il tipo di conoscenza che la ragione può ottenere con le proprie forze: “Se questo sviluppo non vuole rimanere completamente esterno all’uomo, è necessario un concomitante approfondimento della coscienza come anche della sua attuazione”48. 2) Aspetto verticale, cioè il tipo di conoscenza che si basa sulla Rivelazione ed ha il suo punto di partenza nella fede: “Solo questo itinerario verticale può, in definitiva, dare tutto il suo senso all’essere e all’agire dell’uomo, perché lo situa tra la sua origine e il suo fine. In questo duplice itinerario, orizzontale e verticale, l’uomo si realizza pienamente come essere spirituale e come homo sapiens”49. E lo scienziato, nel suo lavoro e nella sua ricerca, deve necessariamente tener conto di questo duplice sviluppo, orizzontale e verticale, al fine di ristabilire quell’armonia, perché: “Chi si impegna nella ricerca scientifica e tecnica ammette come presupposto del suo itinerario che il mondo non è un caos ma un cosmos, ossia che c’è un ordine e delle leggi naturali, che si lasciano apprendere e pensare, 47 IBIDEM. IBIDEM. 49 IBIDEM. 48 22 e che hanno pertanto una certa affinità con lo spirito” 50. 50 IBIDEM. 23 CREAZIONISMO ED EVOLUZIONISMO: UN INCONTRO POSSIBILE Darwin e il rifiuto del Creazionismo Nel 1859, Carlo Darwin (1809 – 1882), pubblicando L’origine della specie, espone la dottrina dell’evoluzione che si era già affacciata nella scienza della natura cinquant’anni prima con Lamarch (1744 – 1829). Dal 1831 al 1836, il naturalista inglese, compiendo un viaggio di circumnavigazione51, nota somiglianze e differenze di struttura sia fra specie di piante e di animali estinte e specie attuali, sia tra specie identiche esistenti in territori differenti: “Le specie non sono state create – afferma Darwin – indipendentemente le une dalle altre, ma discendono da altre specie e si comportano tra loro come delle varietà di una stessa specie” 52. Difatti, quando due forme differiscono molto poco tra di loro, si parla di varietà “ma non si è in grado di stabilire la somma di differenze necessaria per dare a due forme il rango di specie” 53. Da ciò Darwin evince che ogni specie all’inizio sia esistita solamente come varietà e che quindi la varietà 54 sia all’origine della specie. Le domande che lo studioso si pone in merito a questo problema sono: a) In che modo le varietà finiscono per convertirsi in vere e proprie specie, le quali differiscono le une dalle altre molto di più delle varietà di una stessa specie? 51 Darwin raccoglie molti dei dati su cui basò la sua teoria durante un viaggio intorno al mondo sulla nave HMS Beagle, e in particolare durante la sua sosta alle Isole Galápagos. 52 DAL PRA M., Sommario... Op. cit., Volume III, p. 218. 53 IBIDEM. 54 La varietà può essere definita come specie nascenti. 24 b) In quale modo si formano quei gruppi di specie che costituiscono quelli che si chiamano generi distinti e che differiscono tra loro in misura maggiore delle specie che appartengono allo stesso genere? La risposta, egli la trova nel principio della lotta per l’esistenza, secondo il quale la natura è un campo di lotta per l’esistenza, nel quale un essere sopravvive solo a patto di eliminare altri che lo contrastano: “La lotta per l’esistenza risulta inevitabilmente dalla rapidità con la quale tutti gli esseri organizzati tendono a moltiplicarsi; ogni individuo che, nel termine naturale della sua vita, produce molti discendenti, deve essere distrutto in qualche periodo della sua esistenza, perché altrimenti, essendo dato il principio della progressione geometrica, il numero dei suoi discendenti diverrebbe così rilevante che nessun paese potrebbe nutrirli; poiché dunque nascono più individui di quanti possano vivere, deve esserci, in ogni caso la lotta per l’esistenza, sia con un altro individuo della stessa specie, sia con individui di specie differente, sia con le condizioni fisiche della vita” 55 Il secondo principio di Darwin è quello della selezione naturale, che prende le mosse dal fatto che l’uomo, per mezzo della selezione, può ottenere notevoli risultati “adattando gli esseri organizzati ai suoi bisogni, accumulando le variazioni leggere ma utili che gli sono fornite dalla natura…Grazie alla lotta per l’esistenza, le variazioni, per quanto deboli siano e da qualunque causa procedano, tendono a preservare gli individui di una specie e si trasmettono alla loro discendenza, purché siano utili agli individui stessi nei loro rapporti assai complessi con gli altri esseri organizzati e con le condizioni fisiche della vita; anche i discendenti avranno, in forza di questo fatto, una 55 DAL PRA M., Sommario... Op. cit., Volume III, p. 219. Pare che il principio della lotta per l’esistenza sia stato suggerito a Darwin dalla lettura di Malthus e di Hobbes. 25 maggiore possibilità di sopravvivere” 56. Il principio della selezione naturale fa in modo che una variazione, per quanto sia insignificante, si conservi e si trasmetta, se utile. Tramite la lotta per la sopravvivenza e la selezione naturale, le specie, provenendo da un antenato comune, nel corso del tempo si differenziano e conseguono le proprie particolarità: “Per quanto riguarda – continua Darwin – le cause della variabilità, siamo nella più completa ignoranza”57, sebbene si possa far ricorso all’influsso dell’ambiente esterno. Ora, guardando alla sua teoria Darwin genera due considerazioni: a) La prima riguarda il rapporto esistente tra l’uomo e le forme di vita a lui inferiori. Secondo il naturalista inglese, infatti, fra gli animali e l’uomo non esistono che delle differenze quantitative, opponendosi alla concezione dell’uomo come essere qualitativamente superiore agli animali e da essi separato da una barriera invalicabile58. b) La seconda concerne l’esclusione della dottrina teistica per la comprensione della realtà naturale. Il metodo scientifico, per Darwin, comporta l’esclusione di ogni intervento soprannaturale nell’ambito della natura. 56 IBIDEM. IBIDEM. 58 Tale ipotesi è espressa in L’origine dell’uomo del 1871. Cf. al proposito DAL PRA M., Sommario... Op. cit., p. 220: “Darwin non contesta certo il fatto che l’uomo consegua un’indiscussa superiorità rispetto agli animali, ma non ritiene che sia di ostacolo il fatto che esso giunga a tale superiorità svolgendosi dalle forme inferiori”. 57 26 Chiesa ed evoluzionismo Il darwinismo mette nuovamente in crisi il rapporto fede – scienza, poiché la teoria evoluzionistica sembra essere in contrasto con il creazionismo biblico (Gn, 1).Si tenta di superare la questione con il concordismo59, che si rivela ben presto un fallimento60. Il pontefice Giovanni Paolo II discute in merito all’evoluzionismo nel Discorso all’Assemblea Plenaria dell’Accademia delle Scienze, tenuto il 22 ottobre 199661: “Sono lieto del primo tema che avete scelto, quello dell’origine della vita e dell’evoluzione, un tema fondamentale che interessa vivamente la Chiesa, in quanto la Rivelazione contiene, da parte sua, insegnamenti concernenti la natura e l’origine dell’uomo”. 59 Il concordismo può assumere diverse forme, più o meno sofisticate, ma nella sua sostanza consiste nel tentativo di stabilire delle corrispondenze automatiche e tra le affermazioni di alcune teorie scientifiche e le affermazioni contenute nella rivelazione biblica, o in altre tradizioni religiose scritte, o anche, all’opposto, nelle tesi ateistiche. È ormai classico l’accostamento-identificazione tra il big-bang della cosmologia scientifica e il fiat lux biblico, per citare solo un esempio. È certamente suggestivo, spontaneo, tentare degli accostamenti di questo tipo, ma non si può sostenere di averne dimostrato la correttezza, se non altro perché non si dispone di un terreno sul quale poggiarsi per condurre una tale dimostrazione. Al proposito Cf. il link http://www.disf.org/Editoriali/Editoriale0307.asp. 60 IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 74. 61 Ricordiamo ancora, per quanto concerne lo stesso tema, il Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti al simposio internazionale su “Fede cristiana e teoria dell’evoluzione”, tenuto il 26 aprile 1985, e il Discorso sempre di Giovanni Paolo II all’Accademia delle scienze sul rapporto tra Chiesa e Scienza, tenuto il 28 ottobre 1986. 27 In merito all’evoluzionismo62, il pontefice si pone due quesiti: Qual è il punto di incontro tra le diverse discipline scientifiche e la Rivelazione? a) In che modo, dal momento che pare ci siano opposizioni, è possibile risolverle? Nell’Enciclica Humani Generis63, datata 1950, il pontefice Pio XII, puntualizza il fatto che la discussione in merito all’evoluzionismo non è affatto ostacolata dalla fede a patto che tale discussione rimanga nel campo del metodo naturalistico e delle sue possibilità: “Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente sia Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede. Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela”. Nel discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e teoria dell’evoluzione”, tenuto il 26 aprile 1985, lo stesso pontefice Giovanni Paolo II afferma: “Il concetto polivalente e considerato sotto il profilo filosofico di evoluzione si sta da tempo sviluppando sempre più nel senso di un ampio paradigma della conoscenza del presente. Pretende di integrare la fisica, la biologia, l’antropologia, l’etica e la sociologia in una logica di spiegazione scientifica generale. Il paradigma dell’evoluzione si sviluppa, non ultimo, attraverso una letteratura in continua crescita, per diventare una specie del mondo chiusa, un’immagine del mondo evoluzionistica. Questa concezione del mondo si differenzia dall’immagine materialistica del mondo, che fu propagata alla svolta del secolo, per una vasta elaborazione e per una grande capacità d’integrare dimensioni apparentemente incommensurabili. Mentre il materialismo tradizionale cercava di smascherare come illusione la coscienza morale e religiosa dell’uomo e, talvolta, la combatteva attivamente, l’evoluzionismo biologico si sente abbastanza forte per motivare questa coscienza funzionalmente con i vantaggi della selezione ad essa legati e integrarla nel suo concetto generale. La conseguenza pratica ne è che i fautori di questa concezione del mondo evoluzionaria hanno imposto una nuova definizione dei rapporti con la religione, che si differenzia notevolmente da quella del passato più recente e di quello più remoto”. 63 Come i Discorsi, anche le Encicliche sono tratte dal sito del Vaticano: www.vatican.va/. 62 28 Difatti il magistero della Chiesa non vieta che l’evoluzionismo sia oggetto di disputa tra scienziati e teologi, tra coloro che sono favorevoli o contrari a questa teoria, purché il tutto sia fatto in maniera non distruttiva bensì costruttiva: “Questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all’evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura”64. Creazione ed evoluzione non sono concetti che si escludono l’uno con l’altro, non esiste opposizione tra evoluzionismo e fede cristiana: “L’evoluzione infatti presuppone la creazione; la creazione si pone alla luce dell’evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo – come una creatio continua – in cui Dio diventa visibile agli occhi del credente come Creatore del Cielo e della terra” 65. E’ necessario, perciò, tener presente in questo tipo di ricerca, la Parola di Dio, la Sacra Scrittura, che deve essere il punto di partenza del desiderio di conoscenza dell’uomo: “Occorre definire bene il senso proprio della Scrittura – sostiene però Giovanni Paolo II66 - scartando le interpretazioni indotte che le fanno dire ciò che non è nelle sue intenzioni dire. Per delimitare bene il campo del loro oggetto di studio, l’esegeta e il teologo devono tenersi informati circa i risultati ai quali conducono le scienze della natura”. Dialogo e rispetto reciproco, perciò! Ed è questo che Giovanni Paolo II mette in risalto in tutti i suoi discorsi concernenti il rapporto fede – scienza: camminare insieme è possibile, l’importante è non perdere di vista la necessità del dialogo e del confronto, che permettono la crescita conoscitiva e spirituale delle parti in causa: 64 Cf. Enciclica Humani Generis. Discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e teoria della evoluzione” di Giovanni Paolo II, tenuto il 26 aprile 1985.. 66 Discorso di Giovanni Paolo II all’Assemblea Plenaria dell’Accademia delle Scienze, tenuto il 22 ottobre 1996 (Darwin e l’evoluzionismo). 65 29 “La Chiesa prende le difese della ragione della scienza alla quale essa conferisce la dignità di raggiungere la verità (…) della libertà della scienza per mezzo della quale possiede la sua dignità di bene umano e personale (…)”. Se appaiono divergenze tra fede e scienza “il motivo va ricercato nel limite della nostra ragione, ristretta nella sua estensione e quindi esposta all’errore” 67 Nel Discorso del 1996 su Darwin, il pontefice richiama spesse volte l’Enciclica Humani Generis, la quale considera la dottrina di Darwin un’ipotesi seria “degna di una ricerca e di una riflessione approfondite al pari dell’ipotesi opposta”. Certamente, al giorno d’oggi, essendo la ricerca scientifica andata avanti e progredita in ogni campo del sapere, la teoria di Darwin è considerata molto più che una semplice ipotesi: “La convergenza non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria”68. Il pontefice focalizza l’attenzione sul significato del termine teoria, la cui validità è dimostrata “nella misura in cui è suscettibile di verifica”: una teoria continua ad essere tale solo se comprovata da fatti; nel caso non lo sia perde il diritto di essere tale. La teoria evoluzionista non ha a che fare con la scienza propriamente detta “pur obbedendo all’esigenza di omogeneità rispetto ai dati dell’osservazione” 69 ma prende in prestito elementi sia di filosofia della natura sia di teologia: “A dire il vero, più che della teoria dell’evoluzione, conviene parlare di teorie dell’evoluzione. Questa pluralità deriva da un lato dalla diversità delle spiegazioni che sono state proposte sul meccanismo dell’evoluzione e dall’altro dalle diverse filosofie alle quali si fa riferimento. Esistono pertanto letture materialiste e riduttive e letture spiritualistiche. Il giudizio è qui di competenza propria della filosofia e, ancora oltre, della filosofia”70. 67 Discorso di Giovanni Paolo II, tenuto il 15 novembre 1980 nella cattedrale di Colonia. Cf. Discorso su Darwin del 22 ottobre 1996. 69 IBIDEM. 70 IBIDEM. 68 30 La fede, principio sempre presente della teologia, ha come problema centrale la ricerca della verità, e il magistero ecclesiastico, partendo dalla Rivelazione, prende a cuore ogni ricerca scientifica finalizzata al benessere, creata a immagine e a somiglianza di Dio: “La Chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e particolarmente quella delle scienze (…) È in virtù della creazione stessa che tutte le cose sono stabilite secondo la loro consistenza, la loro verità e la loro eccellenza proprie, con il loro ordine e le loro leggi specifiche” (Gaudium et Spes, 59 § 3). Bisogna riconoscere i metodi particolari di ogni scienza. “È perché la ricerca metodica, in tutti i campi del sapere, se è condotta in modo veramente scientifico e se segue le norme della morale, non sarà mai veramente opposta alla fede: le realtà profane e quelle della fede trovano la loro origine in Dio stesso”. Ma sarebbe falso comprendere questa autonomia delle realtà terrestri come se esse non dipendessero da Dio e che l’uomo potesse disporne senza fare riferimento al Creatore. Se i principi sono chiari dovrebbero allontanare ogni atteggiamento di paura o di sfiducia, anche se ciò non significa che ogni difficoltà sia appianata; nuove ricerche e nuove scoperte scientifiche sollevano nuove questioni che costituiranno altrettante esigenze per i teologi, nel modo di presentare le verità di fede salvaguardandone sempre il senso e il significato (cf. Gaudium et Spes, 36 § 2 e 62 § 2). Ma gli scienziati stessi procedono, dal canto loro, ad una critica dei loro metodi e dei loro obiettivi”71. Le realtà profane e quelle della fede trovano la loro origine in Dio stesso. Di conseguenza, ogni realtà terrestre non può essere indipendente da Dio, l’uomo non può fingere che il Creatore non abbia parte in causa nella sua ricerca. La Chiesa è interessata in modo particolare all’evoluzionismo, perché riguarda direttamente l’uomo, “la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso” 72, il quale ha una particolarità propria che lo distingue dagli altri esseri del Creato: “Se il corpo umano ha la sua origine nella materia viva che esisteva prima di esso, l’anima spirituale è immediatamente creata da Dio”73. L’uomo appartiene ad uno stato ontologico 71 Discorso di Giovanni Paolo II alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze nel Cinquantesimo della Rifondazione, tenuto Martedì, 28 ottobre 1986. 72 Gaudium et spes, n. 24. 73 Cf. Enciclica Humani Generis. 31 differente rispetto alle altre creature: “Tuttavia proporre una tale discontinuità ontologica non significa opporsi a quella continuità fisica che sembra essere il filo conduttore delle ricerche sull’evoluzione dal piano della fisica e della chimica?”. Sicuramente no, sempre che ogni disciplina lavori all’interno del proprio ambito, adoperando i metodi che le competono e collaborando costruttivamente con gli altri campi del sapere: “Le scienze dell’osservazione descrivono e valutano con sempre maggiore precisione le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella linea del tempo. Il momento del passaggio all’ambito spirituale non è oggetto di un’osservazione di questo tipo, che comunque può rivelare, a livello sperimentale una serie di segni molto preziosi della specificità dell’essere umano. L’esperienza del sapere metafisico, della coscienza di sé e della propria riflessività, della coscienza morale, della libertà e anche l’esperienza estetica e religiosa, sono però di competenza dell’analisi e della riflessione filosofiche, mentre la teologia ne coglie il senso ultimo secondo il disegno del Creatore”74. 74 Cf. Discorso su Darwin del 22 ottobre 1996. 32 CONCLUSIONE In questo mio lavoro ho cercato di mettere in risalto il rapporto tra le cosiddette scienze esatte e le verità di fede, partendo dalla rivoluzione scientifica del XVI secolo e dal conseguente conflitto che ne è scaturito: difficile, infatti, all’origine delle incomprensioni, tenendo conto del periodo storico, trovare un punto di incontro tra scienza nuova e teologia, tra verità biblica e verità scientifica, dal momento che la concezione del sapere è di tipo unitario e le diverse discipline non hanno ancora individuato il campo specifico del loro sapere. Sia i teologi che gli scienziati dell’epoca, sebbene abbiano cominciato a porsi interrogativi, non hanno saputo risolvere la questione, instaurare un dialogo costruttivo votato alla ricerca della Verità. E, certamente, la nascita del movimento illuminista nel XVIII secolo non ha migliorato la situazione. L’Illuminismo, separando la ragione dalla fede e dalla Rivelazione, ha creato una profonda frattura tra questi due ambiti, frattura, che, purtroppo, si ripercuote ancora oggi. Pensiamo, per fare solo un esempio, alla mancata visita di Benedetto XVI all’Università La Sapienza di Roma, prevista per il 17 gennaio 2008, per l’inaugurazione dell’Anno Accademico. Sappiamo che il pontefice ha deciso di non intervenire, in quanto “non opportuno”, a causa di proteste provenienti da un “gruppo ristretto” di persone, le quali non vedevano un fatto positivo la presenza del papa in Ateneo, accusato di essere non solo un nemico ostinato di Galileo ma di voler limitare la ricerca scientifica riconducendola sotto le ali protettive della religione. Il fatto della Sapienza è grave per una serie di ragioni: 33 1. Sebbene si sia arrivati, dopo secoli di confronto – conflitto, alla conclusione che il dialogo scienza – fede è non solo costruttivo ma anche finalizzato al benessere fisico e spirituale dell’uomo, ci sono ancora persone, tra cui “emeriti scienziati”, i quali ritengono tale rapporto negativo e distruttivo per la ricerca scientifica. 2. In nome di una presunta laicità e razionalità, è stata vietata ad un uomo la parola. 3. A causa di una determinata ideologia, che offre una chiave di lettura degli eventi falsata, la Chiesa è accusata di oscurantismo, di voler imporre il proprio Credo, di voler mettere a tacere la scienza, di entrare in campi di sapere che non hanno niente a che fare con il Magistero ecclesiastico. Nonostante tutte le incomprensioni: “Oggi la Chiesa, lungi dal rifugiarsi in una mira apologetica e difensiva, si fa piuttosto interprete della scienza e della ragione, della libertà di ricerca, per legittimare la scienza autentica” 75 75 Discorso di Giovanni Paolo II alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze del 1986. 34 BIBLIOGRAFIA ADORNO. F, GREGORY. T., VERRA V., Storia della filosofia, Volume II, Laterza Roma – Bari, 1981; Costituzioni conciliari: Dei Verbum e Gaudium et Spes; DAL PRA M., Sommario di storia della filosofia, Volume I-III, La Nuova Italia, Firenze, 1963-1964; Encicliche: Provvidentissimus Deus e Humani Generis; GARANTINI M., Il caso Galileo, a cura di MANGIAROTTI DON GABRIELE www.culturacattolica.it/default.asp?id=173&id_n=5215; I discorsi di Giovanni Paolo II alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze (Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992 e Discorso in merito all’evoluzionismo di Darwin del 22 ottobre1996) - www.vatican.va/; Il discorso di Giovanni Paolo II al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e teoria dell’evoluzione” del 26 aprile 1985 - www.vatican.va/; Il discorso di Giovanni Paolo II su l’interpretazione della Bibbia nella Chiesa del 23 aprile 1993 - www.vatican.va/; IZQUIERDO A., La parola che salva, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1997; La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton, a cura di ROSSI P., Loescher, Torino, 1973, pp. 146-151; Le opere di Galileo Galilei, a cura di FAVARO A., Edizione nazionale, Firenze 18901909, Volume 5, pp. 282-285; 35 PASCUAL P. RAFAEL, L. C., Problematiche del rapporto scienza – fede, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma. http://www.retescuola.net/documenti/2006-7/corso_aggiornamento2.pdf. 36 Cf. - INDICE Introduzione …………………………………………………………….. Quadro generale ………………………………………………………... pag. “ 1 3 Dalla concezione Aristotelico – Tolemaica alla rivoluzione astronomica di Copernico, Brahe e Keplero ………………………………………….. L’universo aristotelico – tolemaico…………………………………………. La rivoluzione copernicana ……………………………………………... Tycho Brahe: la fine delle sfere celesti …………………………………. Keplero e il moto ellittico dei pianeti …………………………………… “ “ “ “ “ 7 7 8 11 12 Galileo Galilei: tra scienza e fede ………………………………………. “ 14 Creazionismo ed evoluzionismo: un incontro possibile Darwin e il rifiuto del Creazionismo …………………………………… Chiesa ed evoluzionismo ………………………………………………... “ “ “ 23 23 25 Conclusione ……………………………………………………………... “ 32 Bibliografia ……………………………………………………………… “ 34 37