Darwin e il rifiuto del Creazionismo

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ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE REGINA APOSTOLORUM
LA VERITA’ BIBLICA
INTRODUZIONE ALLA SACRA SCRITTURA
ELISABETTA RATTI
CARRARA, 14 FEBBRAIO 2008
INTRODUZIONE
La scelta di un argomento quale il conflitto tra verità biblica e verità scientifica
deriva non solo dal personale interesse in merito ad una siffatta questione ma anche
dal desiderio di riuscire, tramite un pur breve lavoro scritto, a ricostruire il difficile
rapporto tra fede e scienza a partire dalla rivoluzione copernicana e dalla nascita del
metodo sperimentale (sec. XVI-XVII) fino ad arrivare al XIX sec. con la teoria
del’evoluzionismo di C. Darwin. Dopodiché, mi propongo di illustrare, come
richiesto, in quale modo si sia risolta la questione nell’attualità e se si possa parlare di
una vera e propria conciliazione tra le due parti in causa.
Il percorso che intendo intraprendere al fine di riuscire a raggiungere l’obiettivo
che mi sono prefissata è suddiviso in tre sezioni, cui vanno aggiunte una introduzione
e una conclusione:

Introduzione generale

Dalla concezione aristotelico – tolemaica alla rivoluzione astronomica di
Copernico, Brahe e Keplero

Galileo: tra scienza e fede

Darwin e il rifiuto del Creazionismo

Conclusione
Il metodo da me seguito consiste:
1. Nell’utilizzo del materiale seguente:
a. La Sacra Scrittura, come punto di riferimento per impostare il mio lavoro.
b. I discorsi di Giovanni Paolo II alla Sessione Plenaria della Pontificia
Accademia delle Scienze (Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992 e
1
Discorso in merito all’evoluzionismo di Darwin del 22 ottobre1996).
c. Il discorso di Giovanni Paolo II al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e
teoria dell’evoluzione” del 26 aprile 1985.
d. Il discorso di Giovanni Paolo II su l’interpretazione della Bibbia nella Chiesa
del 23 aprile 1993.
e. Alcuni manuali di filosofia, i quali, pur nella semplicità e sinteticità, riescono
ad offrire un quadro generale sufficientemente completo in merito alla
situazione storico-filosofica in merito ai sec. XVI-XIX1.
f. Alcune encicliche quali la Provvidentissimus Deus e la Humani Generis e le
costituzioni conciliari, Dei Verbum e Gaudium et Spes, che chiariscono in
maniera dettagliata e precisa alcuni aspetti del complicato rapporto scienza –
fede, nonché forniscono soluzioni, che invitano le due parti al dialogo e alla
reciproca comprensione.
g. Le lettere di Galileo (a Benedetto Castelli e a Cristina di Lorena) e di Roberto
Bellarmino (a padre Paolo Antonio Foscarini) come esempio per comprendere
diversi punti di vista riguardo il medesimo oggetto.
h. Il testo di IZQUIERDO A., La parola che salva, San Paolo, Cinisello Balsamo,
1997, in particolare i cc. 5-6, nei quali è esposto in maniera sintetica
l’argomento oggetto della tesina.
2. Nel cogliere all’interno del materiale selezionato elementi utili al fine di
evidenziare in quale modo viene all’origine impostato il conflitto tra verità biblica
e verità scientifica, come si sviluppa nel corso del tempo e in che modo è risolto
1
DAL PRA M., Sommario di storia della filosofia, Volume I-III, La Nuova Italia, Firenze, 1963-1964;
ADORNO. F, GREGORY. T., VERRA V., Storia della filosofia, Volume II, Laterza Roma – Bari,
1981.
2
da entrambe le parti in causa.
3. Nel ripercorrere per sommi capi l’evoluzione del pensiero scientifico dopo la
rivoluzione astronomica, puntando l’attenzione, in particolar modo su Copernico,
Galileo e Darwin.
4. Nell’analizzare il punto di vista della Chiesa e dei teologi di fronte a tale questione
sia nel passato che ai nostri giorni.
Quadro generale
La cultura dei secoli XVI-XVII accentua, rispetto alla tradizione, l’iniziativa
razionale votata alla ricerca di un metodo sperimentale, di cui Galileo è l’iniziatore, il
quale consenta di realizzare il più completo dominio della natura. Difatti, lo scienziato
moderno guarda con distacco alla storia passata ed ha maggior fiducia nel diretto
impegno della mente (ragione) che non nella forza della tradizione 2. La nuova scienza
si viene costruendo attraverso un preciso approccio sperimentale e matematico alla
conoscenza del mondo fisico, il quale troverà il suo pieno sviluppo nella fisica
meccanicistica e matematica del XVII secolo grazie al genio di I. Newton (16421727). Per la prima volta nella storia del pensiero umano subentra una visione
oggettiva ed autonoma della natura, perché riconosciuta come creata, dotata di proprie
leggi e distinta dal Creatore.
Se volessimo schematizzare per punti le caratteristiche della scienza moderna o
sperimentale avremmo come segue:
1. Richiamo alla diretta esperienza
2
DAL PRA M., Sommario…Op. cit., Volume II, p. 90.
3
2. Concezione del sapere come operare
3. Intervento attivo da parte dell’uomo nei processi naturali
4. Convinzione che la natura sia retta da un ordine matematico e geometrico
5. La rivoluzione scientifica, avviata lungo il 1500, sconvolge di fatto non solo i
quadri mentali dell’epoca ma anche le concezioni fisiche e metafisiche del mondo,
tramite:
a. la crisi della cosmologia aristotelico – tolemaica e lo sviluppo della nuova
astronomia:
“dall’affermazione di Copernico che la terra non è al centro del mondo, fino
alla scoperta che i moti dei pianeti non si compiono mediante traiettorie
circolari, ma secondo ellissi, cioè la grande scoperta di Keplero, che rompeva il
mito della dignità del moto circolare, al quale neppure Galileo era riuscito a
sottrarsi”3.
b. Le scoperte geografiche: “Il familiare mondo aristotelico andava in frantumi:
scoperti nuovi continenti e nuovi popoli l’Europa perdeva la sua posizione
unica sulla terra abitata”4.
c. Lo sviluppo delle arti meccaniche: “tradizionalmente ritenute inferiori alle arti
liberali5 e non degne di uomini liberi, destinate a fini esclusivamente pratici e
non conoscitivi”6.
Nasce così un nuovo modo di conoscere in cui
“la ricerca del particolare assume valore non solo per i progressi che realizzava nelle
singole scienze, ma in quanto implicava la valorizzazione e la difesa di un metodo di
approccio alla natura che rifugge dalle astrazioni dei filosofi, che trova inutili le
ADORNO. F, Storia …Op. cit., Volume II, p. 50.
IBIDEM, p. 50.
5
Le arti liberali si suddividono in arti del Trivio (Grammatica, Retorica, Dialettica) e arti del Quadrivio
(Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica).
6
ADORNO. F, Storia …Op. cit., Volume II, p. 50.
3
4
4
strutture del discorso sillogistico, e ad esse contrappone verità di fatto puntualmente
sperimentate”7.
Nel secolo XIX la teoria dell’evoluzione di Darwin mette nuovamente in crisi
il rapporto tra verità biblica e verità scientifica: “Il poligenismo, derivato dalla teoria
dell’evoluzione, non sembrava essere conforme ai dati biblici relativi alla comparsa
dell’uomo sulla Terra”8. Di conseguenza l’evoluzionismo si contrappone decisamente
al creazionismo e a tale discordanza si cerca di rimediare, in un primo tempo, tramite
il modello del concordismo, il quale si rivelerà un vero e proprio fallimento:
“Nel concordismo, la scienza e la fede si considerano come se fossero sullo stesso
piano. Questo ha luogo sia sulla sponda della teologia (come nel creazionismo
americano, o nel anticopernicanesimo del secolo XVII), sia su quella della scienza
(naturalismo panteistico e materialistico)”9.
In sostanza tale modello consiste nel tentativo di stabilire delle corrispondenze
tra le affermazioni di alcune teorie scientifiche e le affermazioni contenute nella
rivelazione biblica10.
Sebbene ancora oggi i conflitti tra scienza e fede non siano scomparsi del
tutto, si cerca, in qualche modo, da parte di entrambe, un punto di incontro,
7
IBIDEM, p. 49. Sappiamo che Galileo Galilei non ha di fatto confermato con una dimostrazione
sperimentale definitiva la dottrina copernicana: “Galileo non fa distinzione tra quello che è l’approccio
scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione della natura, di ordine filosofico, che esso generalmente
richiama. E’ per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era dato di presentare come un’ipotesi il
sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro,
un’esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore” Cf. Discorso di Giovanni Paolo
II ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze del 31 ottobre 1992.
Di conseguenza la condanna avviene per la mancata dimostrazione della teoria eliocentrica da parte del
fondatore della scienza moderna, sebbene nei secoli successivi la Chiesa sia stata accusata, e lo è ancora
oggi, di oscurantismo e accanita opposizione nei confronti della scienza.
8
IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 74.
9
PASCUAL P. RAFAEL, L. C., Problematiche del rapporto scienza – fede, Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum, Roma. Cf.
Al proposito http://www.retescuola.net/documenti/2006-7/corso_aggiornamento2.pdf
10
Cf. al proposito IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 74., per un esempio in merito al concordismo:
“Così per esempio, i giorni della creazione di Genesi 1 avrebbero corrisposto ai periodi geologici della
scienza evoluzionistica. Tale concordismo si rivelo un fallimento sia dal punto di vista della scienza
come da quello dell’esegesi”.
5
l’instaurazione di un dialogo, che avvicini e non divida, perché come afferma lo stesso
Giovanni Paolo II, nel Discorso sul caso Galileo del 1992:
“Esiste, per l’umanità, un duplice genere di sviluppo. Il primo comprende la cultura, la
ricerca scientifica e tecnica, cioè tutto ciò che appartiene all’orizzontalità dell’uomo e
della creazione, e che si accresce con un ritmo impressionante. Se questo sviluppo non
vuol restare totalmente esterno all’uomo, è necessario un concomitante
approfondimento della coscienza come anche della sua attuazione. Il secondo modo di
sviluppo concerne quanto c’è di più profondo nell’essere umano allorché,
trascendendo il mondo e se stesso, egli si volge verso Colui che è il Creatore di ogni
cosa”.
6
DALLA CONCEZIONE ARISTOTELICO – TOLEMAICA ALLA RIVOLUZIONE
ASTRONOMICA DI COPENICO, BRAHE E KEPLERO
L’universo aristotelico – tolemaico
Il 1543, anno in cui viene pubblicato il De Revolutionibus orbium caelestium
di Nicolò Copernico (1473-1543), segna la fine dell’universo geocentrico, i cui
fondamenti metafisici e matematici sono stati elaborati dal pensiero antico ed hanno
rappresentato per due millenni la vera immagine del mondo, e annunzia l’inizio della
cosiddetta rivoluzione astronomica, la quale costituisce uno degli aspetti più
affascinanti della nuova scienza. Al fine di comprendere la configurazione del nuovo
cosmo,
è
necessario
tener
presente
l’universo
aristotelico-tolemaico11,
cui
l’eliocentrismo si viene ad opporre.
Il cosmo è una sfera finita costituito da sfere concentriche sulle quali sono
infisse le stelle e i pianeti (Primo mobile o Cielo delle stelle fisse, introdotto da
Tolomeo; Saturno; Giove; Marte; Venere; Sole; Luna). I cieli e i corpi celesti da esso
portati sono costituiti di un elemento divino, il quinto elemento, l’etere incorruttibile,
al quale compete il moto prefetto, il moto circolare, uniforme, senza principio e senza
fine, eterno.
Al di sotto del cielo della Luna è posta la zona dei quattro elementi corruttibili
(zona sublunare), sottoposti a nascita e a morte: fuoco e aria, per natura leggeri e
tendenti verso l’alto, acqua e terra, per natura pesanti e tendenti verso il basso. Dal
momento che nella zona sublunare gli elementi sono tra loro mescolati, secondo la
11
Va ricordato che propriamente la concezione tolemaica è geocentrica, ma profondamente diversa da quella
aristotelica per la sua rigorosa rappresentazione geometrica del moto dei cieli oltre che per
l’introduzione della nona sfera; ma proprio per la sua complessità matematica, l’opera maggiore di
Tolomeo, l’Almagesto, potrà essere compresa solo nel Rinascimento; nella storia della cultura
medievale il sistema tolemaico viene solo ad integrare marginalmente il sistema aristotelico.
7
prevalenza di elementi leggeri o pesanti, i corpi vengono naturalmente portati verso
l’alto o verso il basso per raggiungere i loro luoghi naturali. Quindi al moto circolare e
perfetto si contrappone il moto rettilineo e imperfetto del mondo sublunare.
Al centro degli elementi e di tutto il cosmo fisico si trova la Terra.
Come afferma il papa Giovanni Paolo II, nel Discorso del 1992 sul caso
Galileo, tale concezione geocentrica appare del tutto conforme al senso comune,
rispondente alla constatazione del quotidiano moto dei cieli e della immobilità della
Terra:
“la rappresentazione geocentrica del mondo era comunemente accettata nella cultura
del tempo come pienamente concorde con l’insegnamento della Bibbia, nella quale
alcune espressioni, prese alla lettera, sembravano costituire delle affermazioni di
geocentrismo”.
La convinzione di un universo finito con al centro la Terra sembra trovare
sostegno nella dottrina della creazione, dell’incarnazione e della redenzione, che fa
della Terra il luogo unico e privilegiato creato da Dio come dimora dell’uomo e in cui
si realizza la storia sacra, la storia della salvezza, dal peccato originale alla
Incarnazione del Verbo, al Giudizio Universale:
“La Scrittura considera la storia umana esclusivamente sotto l’angolo visuale delle
relazioni tra gli uomini e Dio. Gli eventi della vita di Israele e della Chiesa primitiva
manifestano le azioni di Dio nel tempo. La storia umana interessa in quanto storia
sacra, e come tale oggetto della verità biblica” 12.
La rivoluzione copernicana
Pubblicando
il
De
Rivolutionibus
orbium
caelestium,
Copernico
è
perfettamente consapevole di affermare una tesi in netta contrapposizione con la
mentalità comune dell’epoca. Difatti nella lettera dedicatoria a papa Paolo III scrive:
12
IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 79.
8
“Mi rendo ben conto, o Padre Santissimo, che, non appena alcuni saranno venuti a
conoscenza del fatto che io, in questi miei libri che ho scritto sulle rivoluzioni delle
sfere del mondo, attribuisco certi movimenti al globo terrestre, subito andranno
gridando che sono da mettere al bando io e la mia opinione. (...) E benché sappia che i
pensieri del filosofo sono ben lontani dall'opinione comune, proprio perché suo primo
compito è cercare la verità in ogni cosa, almeno nei limiti concessi da Dio alla ragione
umana, penso tuttavia che siano da evitarsi le opinioni che si allontanano del tutto
dalla retta via. (...) Prendendo spunto da qui cominciai anch'io a meditare intorno alla
possibilità di un movimento della terra. E sebbene l'opinione potesse sembrare
assurda, tuttavia, poiché sapevo che prima di me ad altri era stata concessa questa
libertà, cioè di immaginare qualsivoglia cerchio per spiegare i fenomeni celesti, ritenni
che anche a me senza difficoltà fosse concesso di cercare se, ammesso un qualche
movimento della terra, si potessero trovare spiegazioni più sicure delle loro sulla
rivoluzione delle sfere celesti (…) Il movimento della Terra è contrario all’opinione
ormai accettata dai matematici e contrasta con il comune modo di considerare le
cose”13.
La tesi centrale del sistema copernicano è che i pianeti ruotano intorno al sole e
non intorno alla Terra, la quale perde la sua posizione privilegiata ed unica e diventa
un pianeta come tutti gli altri 14:
Il sistema eliocentrico di Copernico può essere sintetizzato come segue:
1. L’universo di Copernico, per quanto immenso, risulta sempre finito, limitato dall’ottava
sfera, che lo studioso afferma essere immobile, contro la tradizione aristotelico –
tolemaica. Il suo è un movimento solo apparente e si spiega con il moto della Terra.
2. I pianeti si muovono secondo moti circolari, infissi nelle sfere celeste, sfere solide
reali, come la tradizione geocentrica 15.
1) Al centro del moto delle sfere celesti il Sole, attorno al quale girano tutti i pianeti.
13
La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton, a cura di ROSSI P., Loescher, Torino, 1973, pp.
146-151.
14
La dottrina di Copernico ha un primo abbozzo nel De Hypotesibus motuum caelestium a se constitutis
commentariolus, scritta nel 1512 e non pubblicata.
15
La successione delle sfere celesti è la seguente: dopo la sfera delle stelle fisse, abbiamo Saturno, Giove,
Marte, Terra con Luna come satellite, Venere e Mercurio.
In merito al moto circolare dei pianeti, Copernico non si pone il problema della forza che muove i
pianeti e li mantiene in orbite circolari. Difatti, egli sostiene che i pianeti si muovono per la loro forma
sferica che è naturalmente dotata di moto circolare.
9
2) La Luna gira attorno alla Terra e con la Terra attorno al Sole.
3) Il Sole, al centro dell’universo ha un’importanza fondamentale per Copernico, non
solo come centro dei moti celesti ma come centro di calore e di vita per tutto il
cosmo. Il Sole ha il suo posto centrale perché è la creatura più nobile, il re del
Creato, l’immagine sensibile di Dio:
“Al centro di tutti i pianeti – scrive Copernico nel De rivolutionibus orbium
caelestium – risiede il sole. Chi infatti situerebbe in questo stupendo tempio una
luce in altro o migliore luogo di questo da cui può illuminare ogni cosa
simultaneamente? Non a caso alcuni lo chiamano lucerna del mondo, altri mente,
altri rettore dell’universo (…) Così dunque il sole seduto sul soglio regale governa
la famiglia degli astri che gli girano intorno”16.
Quali sono le conseguenze del fatto che la Terra non è più considerata centro
del cosmo ma diventa un pianeta come tutti gli altri?
a
La Terra è sottoposta alle stesse leggi del moto dei pianeti. Va a scomparire la
contrapposizione aristotelica tra fisica terrestre e fisica celeste, rette da leggi diverse.
b
La dottrina aristotelica17 della gravità non è più accettabile; difatti Copernico
afferma che non esiste una tendenza assoluta e naturale dei gravi (corpi pesanti) al
centro dell’universo: “La gravità è dunque per Copernico una tendenza di ogni
corpo celeste a formare un corpo sferico. Era aperto così il problema del rapporto
tra gravità e moti dei pianeti che costituirà uno dei massimi problemi del pensiero
scientifico da Copernico a Newton”18.
La rivoluzione scientifica: da Copernico … Op. cit., pp. 152-153.
ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 57: “Per Aristotele infatti la Terra in quanto corpo pesante sta al
centro dell’universo e i gravi cadono su di essa per questa sua posizione centrale”.
18
IBIDEM.
16
17
10
Tycho Brahe: la fine delle sfere celesti
Astronomo di grande valore, Tycho Brahe (1546-1601) distrugge un altro
caposaldo dell’astronomia antica e medievale ancora presente in Copernico:
l’incorruttibilità dei cieli e la realtà fisica delle sfere celesti.
In che modo l’astronomo celeste arriva ad affermare questo?
Studiando la grande cometa apparsa nel 1577 ed osservandone il movimento,
sostiene che tutte le comete si muovono nei cieli e non nella zona sublunare come
invece afferma Aristotele. La presenza di comete come la nascita di nuove stelle (nel
1572, nella costellazione di Cassiopea compare una nuova stella), comporta che nei
cieli qualcosa può mutare, di conseguenza essi non sono incorruttibili ma sottoposti a
fenomeni di generazione e corruzione. Inoltre, Tycho Brahe, studiando le traiettorie
delle comete, afferma che queste ultime intersecano le traiettorie dei pianeti, i quali
non possono essere infissi in sfere reali e cristalline, perché le comete avrebbero
forato e infranto tali sfere. Ciò che si spiega con le sfere reali la si può spiegare con la
matematica: i pianeti non si muovono infissi in sfere ma seguono tracciati matematici:
“E’ chiaramente provato dal moto delle comete che la macchina del cielo non è un
corpo duro e impenetrabile composto di varie sfere reali, come fino ad ora è stato
creduto da molti, ma è fluido e libero, aperto in tutte le direzioni, tale da non opporre
ostacolo alcuno alla libera corsa dei pianeti che è regolata, in accordo alla sapienza
legislativa di Dio, senza alcun macchinario né alcun rotolamento di sfere reali” 19.
Per quanto riguarda il generale sistema del mondo, Tycho non accetta né il
sistema aristotelico, né quello copernicano ed elabora un suo nuovo sistema detto
appunto ticonico: l’universo è concepito con al centro la Terra immobile, all’estremo
limite l’ottava sfera mentre tutti i pianeti girano intorno al Sole e, con il Sole, intorno
19
La rivoluzione scientifica: da Copernico … Op. cit., pp. 155.
11
alla Terra. Il sistema ticonico dà spiegazioni corrette a tutti i moti e le apparenze
celesti, come il sistema copernicano: ma poiché lascia la Terra in quiete al centro del
Cosmo, evitando le obiezioni teologiche dell’epoca, ha larga fortuna soprattutto nella
prima metà del 1600.
Keplero e il moto ellittico dei pianeti
Copernicano convinto, Keplero (1571-1830) accetta il moto della Terra e la
posizione centrale del Sole; ammiratore di Brahe rifiuta le sfere cristalline e
concepisce le orbite come tracciati geometrici. A differenza di Copernico e Brahe,
Keplero, studiando i moti di Marte, scopre che i pianeti non si muovono intorno al
Sole secondo moti circolari perfetti ma con orbite ellittiche. Così afferma la prima
legge20 di Keplero: “Le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei
fuochi”.
Le ricerche astronomiche di Keplero, le definizioni delle leggi e dei rapporti
matematici che regolano i moti celesti, rispondono tutte al suo desiderio di dare una
visione unitaria dell’universo da cui emerga la divina armonia del tutto. Secondo lo
studioso, infatti, Dio è la fonte della geometria e nella creazione opera come un
geometra, cioè secondo modelli o archetipi geometrici.
A fondamento delle ricerche kepleriane, dunque, si pone una profonda
convinzione metafisico – teologica: cogliendo elementi della tradizione platonica e
20
La seconda legge di Keplero afferma che: “La velocità orbitale di ciascun pianeta varia in modo tale
che una retta congiungente il Sole e il pianeta percorre, in eguali intervalli di tempo, eguali porzioni di
superficie dell’ellisse. La terza legge: “I quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono nello
stesso rapporto dei cubi delle rispettive distanze dal Sole”.
12
pitagorica21, Keplero crede Dio quale fonte della geometria, il quale nella creazione
opera come un geometra, cioè secondo modelli o archetipi geometrici, scegliendo tra
tutti i modelli possibili i poliedri regolari (solidi le cui facce sono identiche e costituite
da triangoli equilateri). Nulla è stato creato senza una causa geometrica, quindi
individuare le strutture geometriche che reggono i moti dei pianeti significa
comprendere il senso della divina creazione:
“più decisamente ancora Keplero sostiene che risalire agli archetipi geometrici
secondo i quali Dio ha creato il mondo permette una dimostrazione a priori del
sistema del mondo muovendo dalle vere cause, gli archetipi o idee di Dio ( ) Tornano
in Keplero tutti temi della spiritualità ellenistica e medievale sul mondo come
specchio e immagine di Dio; innumerevoli le analogie che Keplero indica fra la
Trinità e l’universo creato: nella sfericità del cosmo il Padre è simboleggiato nel
centro, il Figlio nella superficie, lo Spirito nell’uguaglianza dei raggi; ancora il Padre
è simboleggiato nel Sole, il Figlio nella sfera delle stelle fisse, lo Spirito nell’aura
celeste che riempie lo spazio. La stessa posizione centrale del Sole ha per Keplero,
come già per Copernico, la sua motivazione e ragione profonda nel ruolo che Dio ha
affidato in questo corpo, quasi suo vicario nel mondo sensibile: il Sole è principio di
vita e di moto, egli guida il coro dei corpi celesti e l’armonia che nasce dai moti dei
pianeti trova nel Sole la mente che l’ascolta. Sicché anche qui la descrizione
geometrica dei moti planetari, l’individuazione dei valori armonici delle corde dei
pianeti in rapporto al Sole, risponde ad una precisa prospettiva metafisico – teologica,
risalente allo stoicismo, al neoplatonismo, alla cristiana metafisica della luce, che vede
nel Sole la mens mundi, l’immagine sensibile del Dio invisibile”22.
Le teorie di Copernico e Keplero si inseriscono in un complesso sfondo
metafisico, teologico e mistico, vale a dire fanno parte, o meglio sono parte intrinseca
del tempo storico cui appartengono e non possono e non devono essere scisse da esso.
E’ decisamente inutile ed erroneo isolare quelle che si considerano scoperte
scientifiche dal loro contesto storico, filosofico e teologico.
21
22
DAL PRA M., Sommario … Op. cit., Volume I.
ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 63.
13
GALILEO GALILEI: TRA SCIENZA E FEDE
In merito a Galileo (1564-1642), a noi interessa, in questa sede, evidenziare il
ruolo che egli ha all’interno della sua epoca come ideatore del metodo sperimentale e
sostenitore della teoria copernicana 23.
Gli studi e le scoperte di Galilei convergono verso la costruzione di una nuova
concezione del mondo fisico in netta contrapposizione con la visione geocentrica del
Cosmo e con gli ambienti teologici dell’epoca. Come afferma lo stesso Giovanni
Paolo II, nel Discorso del 199224: “La rappresentazione geocentrica del mondo era
comunemente accolta nella cultura del tempo come pienamente concorde con
l’insegnamento della Bibbia, nella quale alcune espressioni prese alla lettera,
sembravano costituire delle affermazioni di geocentrismo25”.
In quale modo, dunque, si comportano i teologi dell’epoca di fronte alla nascita
della scienza moderna? Come conciliare eliocentrismo e Sacra Scrittura? In quale
modo interpretare la Bibbia?
“La maggior parte dei teologi non seppe farlo” 26, sebbene molti di loro
cominciano ad interrogarsi sul rapporto fede e scienza, a prendere coscienza che la
propria disciplina è delimitata ad un preciso campo del sapere, come del resto
qualsiasi disciplina; in poche parole, la scienza moderna, che ha nel metodo
Fondamentale, nello sviluppo di questa linea di ricerca, è la costruzione e l’uso del cannocchiale
astronomico. Sappiamo che Galileo non è l’inventore del cannocchiale ma grazie allo scienziato
pisano, esso è divenuto un vero e proprio strumento scientifico.
24
I discorsi di Giovanni Paolo II alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze
(Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992 e Discorso in merito all’evoluzionismo di Darwin del
22 ottobre1996) sono tratti dal sito del Vaticano: www.vatican.va/.
25
Citiamo il passo tratto dal Capitolo 10 del Libro di Giosuè, vv. 12-13: Quel giorno, quando il Signore diede
a Israele la vittoria sugli Amorrei, Giosuè pregò il Signore e gridò alla presenza di tutti gli Israeliti:
“Sole, fermati su Gabaon! e tu, luna, sulla valle di Aialon! Il sole si fermò, la luna restò immobile, un
popolo si vendicò dei suoi nemici”.
26
Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992.
23
14
sperimentale il suo centro, obbliga gli studiosi a riflettere in merito al proprio ambito
disciplinare, al proprio metodo ed al confronto con gli altri saperi:
“Il capovolgimento provocato dal sistema di Copernico ha richiesto uno sforzo di
riflessione epistemologica sulle scienze bibliche, sforzo che doveva portare più tardi
frutti abbondanti nei lavori esegetici moderni e che ha trovato nella costituzione
conciliare Dei Verbum una consacrazione e un nuovo impulso”27.
Galilei, da parte sua, decide di intervenire sul delicato rapporto tra scienza e
fede, tra verità scientifica e verità di fede. Significativa al proposito è la lettera a B.
Castelli28, nella quale lo scienziato pisano mostra non solo di non aver rinnegato le
verità di fede ma di prendere molto a cuore la questione, affermando che se è vero che
la Scrittura non può errare magari possono errare alcuni dei suoi interpreti ed
espositori:
“Quanto alla prima domanda generica di Madama Serenissima, parmi che
prudentissimamente fusse proposto da quella e conceduto e stabilito dalla paternità
Vostra, non poter mai la scrittura sacra mentire o errare, ma essere i suoi decreti
d’assoluta e inviolabile verità. Solo avrei aggiunto, che, se bene la Scrittura non può
errare, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de’ suoi interpreti ed espositori, in
vari modi: tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo, quando volessero
fermarsi sempre nel puro significato delle parole…Onde, sì come nella Scrittura si
trovano molte proposizioni le quali, quanto al nudo senso delle parole, hanno aspetto
diverso da vero, ma sono poste in cotal guisa per accomodarsi all’incapacità del vulgo,
così per quei pochi che meritano d’esser separati dalla plebe è necessario che i saggi
espositori produchino i veri sensi, e n’additino le ragioni particolari per che siano
sotto cotali parole profferiti”29.
La lettera al padre benedettino, come del resto la lettera al Dini 30 e alla
Granduchessa di Toscana, Cristina di Lorena, rappresentano una proposta di esegesi
27
IBIDEM.
Benedetto Castelli (1578-1643), benedettino, corrispondente e collaboratore di Galileo.
29
Le opere di Galileo Galilei, a cura di FAVARO A., Edizione nazionale, Firenze 1890-1909, Volume 5, pp.
282-285.
30
Piero Dini (1570-1625), console nel 1605 dell’Accademia fiorentina, arcivescovo di Fermo, protettore di
Galilei.
28
15
scritturale31, derivante da un ambiente non teologico.
Secondo Galilei, Natura e Sacra Scrittura procedono entrambe dall’unica Fonte
divina:
1. La Natura è esecutrice degli ordini di Dio.
2. La Bibbia è dettatura dello Spirito Santo.
“Procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella
come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice degli
ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi
all’intendimento universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al significato
delle parole, dal vero assoluto (…) pare che quello degli effetti naturali che o la
sensata esperienza ci pone innanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci
concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio per luoghi della
Scrittura ch’avesser nelle parole diverso sembiante, poi che non ogni detto della
Scrittura è legato a obblighi così severi com’ogni effetto di natura” 32.
Secondo il Galileo, infatti, sebbene l’autorità della Bibbia sia “massima e
incontrovertibile”33 in materia di fede e di costumi, non è certamente così per ciò che
riguarda gli insegnamenti relativi alla fisica: la Sacra Scrittura non si propone di
impartire insegnamenti fisici ma religiosi ed etici:
“Io crederei che l’autorità delle Sacre Lettere avesse avuto solamente la mira a
persuader a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che, sendo necessarie per la
salute loro e superando ogni umano discorso, non potevano per altra scienza né per
altro mezzo farcisi credibili, che per bocca dell’istesso Spirito Santo” 34.
Riconosciuta e difesa l’autorità della Bibbia in fatto di insegnamenti
concernenti la fede e la morale, lo scienziato pisano rifiuta in maniera decisiva il
connubio tra Testo Sacro e filosofia naturale aristotelico - scolastica a favore di una
lettura meccanica e matematica del mondo fisico, fermo alle proprie leggi inesorabili e
31
Giovanni Paolo II, nel Discorso sul caso Galileo, definisce la lettera a Cristina di Lorena come un piccolo
trattato di ermeneutica biblica.
32
Le opere di Galileo Galilei…Op. cit., Volume V, pp. 282-285.
33
IBIDEM.
34
IBIDEM.
16
immutabili, le quali possono essere determinate dal metodo sperimentale. Il libro della
natura è scritto in un linguaggio matematico, di conseguenza, lo scienziato e il filosofo
devono essere fedeli a questo linguaggio, perché, se Dio ha imposto alla natura un
ordine fondato sopra le leggi matematiche e geometriche, solo la conoscenza
matematica permette all’uomo di penetrare il mistero della natura.
Ora, il pontefice Giovanni Paolo II, analizzando e discutendo il caso Galileo,
afferma che i problemi soggiacenti quel caso riguardano sia la natura della scienza, sia
il messaggio della fede:
“I problemi soggiacenti a quel caso toccano la natura della scienza come quella del
messaggio della fede. Non è dunque da escludere che ci si trovi un giorno davanti a
una situazione analoga, che richiederà agli uni e agli altri una coscienza consapevole
del campo e dei limiti delle rispettive competenze” 35:
1. Il primo problema è di ordine epistemologico e riguarda l’ermeneutica biblica:
Galileo non fa distinzione, in quanto figlio della sua epoca, tra scienza,che
riguarda i fenomeni naturali e riflessione sulla natura, che concerne invece la
filosofia. Ed è proprio per questo che egli rifiuta di considerare il
copernicanesimo come pura ipotesi, fino a quando non fosse dimostrato con
prove certe: “Era quella, peraltro, un’esigenza del metodo sperimentale di cui
egli fu il geniale iniziatore” 36.
35
36
Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992.
IBIDEM. Al proposito Cf. anche ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 135: “Già nel 1616, infatti, subito
dopo la condanna della teoria copernicana, Galilei era stato convocato dal cardinal Bellarmino per essere
formalmente ammonito ad abbandonare la dottrina eliocentrica ‘stolta ed assurda in filosofia e
formalmente eretica, in quanto contraddice espressamente alle sentenze della Sacra Scrittura’. In quella
stessa sede il cardinal Bellarmino aveva proposto di ricondurre la teoria di Copernico entro l’ambito di
una semplice ipotesi matematica”. A riguardo il cardinale Bellarmino nella Lettera a padre Foscarini
afferma: “Dico che quando ci fusse vera dimostrazione che il Sole stia al centro del mondo e la Terra nel
terzo cielo, e che il Sole non circonda la Terra, ma la Terra circonda il Sole allora bisognerai andar con
molta considerazione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l’intendiamo
che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione , fin che non
mi sia mostrata”. Cf. La rivoluzione scientifica: da Copernico … Op. cit., pp.196-199.
17
2. Il secondo problema riguarda la rappresentazione geocentrica del mondo, la quale,
come già detto, è accettata dal senso comune e dalla cultura del tempo “come
pienamente concorde con l’insegnamento della Bibbia” 37. Difatti, la cultura del
XVII secolo, a differenza di quella odierna, è caratterizzata dall’unitarietà e da una
formazione filosofica particolare. I teologi del tempo, sebbene comincino a porsi
delle domande su come conciliare Sacra scrittura e scienza nuova, non distinguono
tra la Bibbia e la sua interpretazione: “il che li condusse a trasporre indebitamente
nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca
scientifica”38. Gli studiosi dell’epoca, di fatto, non concepiscono un mondo privo
di punti di riferimento fisico assoluto – continua Giovanni Paolo II – il quale, dal
momento che il Cosmo è ritenuto finito, non può che essere rappresentato dalla
Terra o dal Sole.
Sappiamo che la teoria eliocentrica è condannata nel 1616 e Galileo nel 163339,
un anno dopo la pubblicazione del “Discorso sopra i due massimi sistemi del mondo
tolemaico e copernicano” 40. Lo scienziato pisano, in questa sua opera tenta di
dimostrare la verità oggettiva e fisica del sistema di Copernico e, tramite ciò, di offrire
una nuova visione del Cosmo fondata su un modello geometrico – matematico: “Il che
significa cercare di tradurre da ipotesi in realtà una struttura del mondo che
rappresenta un vero e proprio rovesciamento della concezione tradizionale” 41.
37
Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992.
IBIDEM.
39
Cf. Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992: “Il cardinal Poupard ci ha ricordato come la sentenza
del 1633 non fosse irreformabile e come il dibattito, che non aveva cessato di evolvere sia stato chiuso
nel 1820 con l’imprimatur concesso all’opera del canonico Settele (cf. Pontificia Accademia
Scientiarum, Copernico, Galilei e la Chiesa. Fine della controversia (1820). Gli atti del Sant’Ufficio, a
cura di W. Brandmüller e E. J. Greipl, Firenze, Olschki, 1992)”.
40
Cf. Le opere di Galileo Galilei…Op. cit.,, Volume VII.
41
ADORNO. F, Storia …Op. cit., p. 136.
38
18
Galilei, nel “Discorso sopra i massimi sistemi”, afferma di sostenere la teoria
copernicana come pura ipotesi matematica, “la parte copernicana procedendo in pura
ipotesi matematica”42; in realtà dal “Dialogo” si evince che l’ideatore del metodo
sperimentale assume un atteggiamento di dichiarato anti – aristotelismo in difesa
dell’eliocentrismo considerato come unica e veritiera visione del mondo: la Terra si
muove intorno al Sole, il quale è al centro del Cosmo. E difende Copernico basandosi
su un modello teorico delle maree, che in seguito risulterà essere errato: “Il metodo
scientifico non rende immuni da errori. Lo stesso Galileo aveva poggiato la sua difesa
di Copernico su un modello teorico delle maree, rivelatosi completamente sbagliato (e
il “Dialogo dei massimi sistemi” era nato proprio come “Dialogo sulle maree”)” 43.
Ricapitolando, dunque, l’errore di Galileo è quello di non ritenere la teoria
copernicana come semplice ipotesi e di aver considerato il sapere scientifico
autosufficiente e assoluto: “Una pretesa riassorbita nel gesto finale di sottomissione,
difficile da giudicare, ma probabilmente meno forzato o dettato da semplice paura di
quanto spesso lo si presenti” 44. La condanna del Galileo, nel 1633, non può
sicuramente essere giudicata e criticata, senza tener presente il contesto storico nel
quale si inserisce, contesto storico sicuramente non facile: non dimentichiamo che, nei
primi anni del 1600, la Chiesa è impegnata nell’opera di riforma, cominciata con il
Concilio di Trento (1545 – 1563), L’Europa è devastata dalla Guerra dei Trent’Anni e
si verifica un cambiamento prorompente nella filosofia e nelle scienze. Il mondo sta
mutando velocemente e si fa strada quella mentalità, che troverà sviluppo pieno durante
Cf. Le opere di Galileo Galilei…Op. cit., Volume VII.
Al proposito Cf. www.culturacattolica.it/default.asp?id=173&id_n=5215: GARGANTINI M., Il caso
Galileo, a cura di MANGIAROTTI DON GABRIELE.
44
IBIDEM.
42
43
19
l’Illuminismo. Il caso Galileo si trova all’interno di questa difficile situazione, e, da
entrambe le parti c’è stata una sorta di incomprensione reciproca, che ha impedito
quel dialogo costruttivo, il quale dovrebbe essere alla base del rapporto fede – scienza.
E’ proprio a partire dall’Illuminismo che Galileo diviene un vero e proprio
mito, il simbolo della ragione e della scienza che lotta contro l’oscurantismo della
Chiesa Cattolica, contraria a qualsiasi tipo di progresso scientifico.
“Questo mito ha giocato un ruolo culturale considerevole; esso ha contribuito ad
ancorare parecchi uomini di scienza in buona fede all’idea che ci fosse incompatibilità
tra lo spirito della scienza e la sua etica di ricerca, da un lato, e la fede cristiana,
dall’altro. Una tragica reciproca incomprensione è stata interpretata come il riflesso di
una opposizione costitutiva tra scienza e fede. Le chiarificazioni apportate dai recenti
studi storici ci permettono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai
al passato”45.
Che cosa possiamo imparare dal caso Galileo, suggerisce Giovanni Paolo II,
che cosa c’è di attuale in quel conflitto tra verità di fede e verità scientifica, il quale ha
portato alla condanna e all’abiura dello scienziato nel 1633?
Innanzitutto, un primo insegnamento riguarda il campo di studio di ogni
singola disciplina: ovviamente ogni singola scienza richiede un metodo particolare,
che la distingue dalle altre. La teologia ha come principio primo la fede e come
oggetto la Rivelazione ed è questo che la differenzia da altre scienze come la
matematica e la fisica. Nel XVII secolo tutto questo non fa parte del patrimonio
culturale dell’uomo: Galileo e i suoi avversari non hanno chiara la peculiarità di ogni
ambito disciplinare, la loro è una cultura unitaria.
In secondo luogo, il più delle volte “al di là di due visioni parziali e contrastanti,
45
Cf. Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992.
20
esiste una visione più larga che entrambe le include e le supera” 46.
Di conseguenza, fede e scienza hanno l’obbligo di tener presente che, oltre i
conflitti e le incomprensioni, esiste una Verità molto più grande, la quale concorda e
concilia le diverse posizioni. Il dialogo, o se vogliamo il dibattito, deve essere, non
distruttivo, bensì costruttivo, è necessario che aiuti entrambe le parti a crescere e a
migliorarsi non solo per il benessere della società umana ma anche per la gloria di
Dio.
Ai tempi di Galileo, nessuno osa immaginare, vista la concezione cosmologica
contemporanea, un Universo privo di un punto di riferimento assoluto; oggi, invece,
sappiamo che il Cosmo va bene al di là del Sistema solare ma nel 1600 ciò è
impossibile e incomprensibile. Indubbiamente, la nascita della scienza moderna e il
metodo sperimentale contribuiscono ad aumentare la conoscenza umana in campo
astronomico e a far sì che gli uomini di fede comincino ad interrogarsi su come
interpretare alcuni passi della Sacra Scrittura e conciliare le nuove scoperte in campo
scientifico con le verità di fede: “L’errore dei teologi del tempo, nel sostenere la
centralità della Terra, fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del
mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale della Sacra
Scrittura. Ma è doveroso ricordare la celebre sentenza attribuita a Baronio: “Spiritui
Sancto mentem fuisse nos docere quomodo ad coelum eatur, non quomodo coelum
gradiatur”. In realtà, la Scrittura non si occupa dei dettagli del mondo fisico, la cui
conoscenza è affidata all’esperienza e ai ragionamenti umani. Esistono due campi del
sapere, quello che ha la sua fonte nella Rivelazione e quello che la ragione può scoprire
46
IBIDEM.
21
con le sole sue forze. A quest’ultimo appartengono le scienze sperimentali e la
filosofia”47.
La ragione dialoga sia con la scienza che con la fede; essa è il canale comune
tra verità di fede e verità scientifica, sebbene quest’ultima appartenga ad una campo di
sapere differente, che permettono di evidenziare aspetti diversi della realtà. Al
proposito, significativa la conclusione del pontefice, in merito al Discorso su Galileo,
nella quale mette in evidenza il duplice aspetto dello sviluppo conoscitivo umano:
1) Aspetto orizzontale, cioè il tipo di conoscenza che la ragione può ottenere con le
proprie forze: “Se questo sviluppo non vuole rimanere completamente esterno
all’uomo, è necessario un concomitante approfondimento della coscienza come
anche della sua attuazione”48.
2) Aspetto verticale, cioè il tipo di conoscenza che si basa sulla Rivelazione ed ha il
suo punto di partenza nella fede: “Solo questo itinerario verticale può, in
definitiva, dare tutto il suo senso all’essere e all’agire dell’uomo, perché lo situa
tra la sua origine e il suo fine. In questo duplice itinerario, orizzontale e verticale,
l’uomo si realizza pienamente come essere spirituale e come homo sapiens”49.
E lo scienziato, nel suo lavoro e nella sua ricerca, deve necessariamente tener
conto di questo duplice sviluppo, orizzontale e verticale, al fine di ristabilire
quell’armonia, perché: “Chi si impegna nella ricerca scientifica e tecnica ammette
come presupposto del suo itinerario che il mondo non è un caos ma un cosmos,
ossia che c’è un ordine e delle leggi naturali, che si lasciano apprendere e pensare,
47
IBIDEM.
IBIDEM.
49
IBIDEM.
48
22
e che hanno pertanto una certa affinità con lo spirito” 50.
50
IBIDEM.
23
CREAZIONISMO ED EVOLUZIONISMO: UN INCONTRO POSSIBILE
Darwin e il rifiuto del Creazionismo
Nel 1859, Carlo Darwin (1809 – 1882), pubblicando L’origine della specie,
espone la dottrina dell’evoluzione che si era già affacciata nella scienza della natura
cinquant’anni prima con Lamarch (1744 – 1829).
Dal 1831 al 1836, il naturalista inglese, compiendo un viaggio di
circumnavigazione51, nota somiglianze e differenze di struttura sia fra specie di piante
e di animali estinte e specie attuali, sia tra specie identiche esistenti in territori
differenti: “Le specie non sono state create – afferma Darwin – indipendentemente le
une dalle altre, ma discendono da altre specie e si comportano tra loro come delle
varietà di una stessa specie” 52. Difatti, quando due forme differiscono molto poco tra
di loro, si parla di varietà “ma non si è in grado di stabilire la somma di differenze
necessaria per dare a due forme il rango di specie” 53. Da ciò Darwin evince che ogni
specie all’inizio sia esistita solamente come varietà e che quindi la varietà 54 sia
all’origine della specie. Le domande che lo studioso si pone in merito a questo
problema sono:
a) In che modo le varietà finiscono per convertirsi in vere e proprie specie, le quali
differiscono le une dalle altre molto di più delle varietà di una stessa specie?
51
Darwin raccoglie molti dei dati su cui basò la sua teoria durante un viaggio intorno al mondo sulla nave
HMS Beagle, e in particolare durante la sua sosta alle Isole Galápagos.
52
DAL PRA M., Sommario... Op. cit., Volume III, p. 218.
53
IBIDEM.
54
La varietà può essere definita come specie nascenti.
24
b) In quale modo si formano quei gruppi di specie che costituiscono quelli che si
chiamano generi distinti e che differiscono tra loro in misura maggiore delle specie
che appartengono allo stesso genere?
La risposta, egli la trova nel principio della lotta per l’esistenza, secondo il
quale la natura è un campo di lotta per l’esistenza, nel quale un essere sopravvive solo
a patto di eliminare altri che lo contrastano: “La lotta per l’esistenza risulta
inevitabilmente dalla rapidità con la quale tutti gli esseri organizzati tendono a
moltiplicarsi; ogni individuo che, nel termine naturale della sua vita, produce molti
discendenti, deve essere distrutto in qualche periodo della sua esistenza, perché
altrimenti, essendo dato il principio della progressione geometrica, il numero dei suoi
discendenti diverrebbe così rilevante che nessun paese potrebbe nutrirli; poiché
dunque nascono più individui di quanti possano vivere, deve esserci, in ogni caso la
lotta per l’esistenza, sia con un altro individuo della stessa specie, sia con individui di
specie differente, sia con le condizioni fisiche della vita” 55
Il secondo principio di Darwin è quello della selezione naturale, che prende le
mosse dal fatto che l’uomo, per mezzo della selezione, può ottenere notevoli risultati
“adattando gli esseri organizzati ai suoi bisogni, accumulando le variazioni leggere ma
utili che gli sono fornite dalla natura…Grazie alla lotta per l’esistenza, le variazioni,
per quanto deboli siano e da qualunque causa procedano, tendono a preservare gli
individui di una specie e si trasmettono alla loro discendenza, purché siano utili agli
individui stessi nei loro rapporti assai complessi con gli altri esseri organizzati e con le
condizioni fisiche della vita; anche i discendenti avranno, in forza di questo fatto, una
55
DAL PRA M., Sommario... Op. cit., Volume III, p. 219. Pare che il principio della lotta per l’esistenza
sia stato suggerito a Darwin dalla lettura di Malthus e di Hobbes.
25
maggiore possibilità di sopravvivere” 56. Il principio della selezione naturale fa in
modo che una variazione, per quanto sia insignificante, si conservi e si trasmetta, se
utile.
Tramite la lotta per la sopravvivenza e la selezione naturale, le specie, provenendo
da un antenato comune, nel corso del tempo si differenziano e conseguono le proprie
particolarità: “Per quanto riguarda – continua Darwin – le cause della variabilità, siamo
nella più completa ignoranza”57, sebbene si possa far ricorso all’influsso dell’ambiente
esterno.
Ora, guardando alla sua teoria Darwin genera due considerazioni:
a) La prima riguarda il rapporto esistente tra l’uomo e le forme di vita a lui inferiori.
Secondo il naturalista inglese, infatti, fra gli animali e l’uomo non esistono che delle
differenze quantitative, opponendosi alla concezione dell’uomo come essere
qualitativamente superiore agli animali e da essi separato da una barriera
invalicabile58.
b) La seconda concerne l’esclusione della dottrina teistica per la comprensione della
realtà naturale. Il metodo scientifico, per Darwin, comporta l’esclusione di ogni
intervento soprannaturale nell’ambito della natura.
56
IBIDEM.
IBIDEM.
58
Tale ipotesi è espressa in L’origine dell’uomo del 1871. Cf. al proposito DAL PRA M., Sommario... Op.
cit., p. 220: “Darwin non contesta certo il fatto che l’uomo consegua un’indiscussa superiorità rispetto
agli animali, ma non ritiene che sia di ostacolo il fatto che esso giunga a tale superiorità svolgendosi
dalle forme inferiori”.
57
26
Chiesa ed evoluzionismo
Il darwinismo mette nuovamente in crisi il rapporto fede – scienza, poiché la teoria
evoluzionistica sembra essere in contrasto con il creazionismo biblico (Gn, 1).Si tenta di
superare la questione con il concordismo59, che si rivela ben presto un fallimento60.
Il pontefice Giovanni Paolo II discute in merito all’evoluzionismo nel Discorso
all’Assemblea Plenaria dell’Accademia delle Scienze, tenuto il 22 ottobre 199661: “Sono
lieto del primo tema che avete scelto, quello dell’origine della vita e dell’evoluzione, un
tema fondamentale che interessa vivamente la Chiesa, in quanto la Rivelazione
contiene, da parte sua, insegnamenti concernenti la natura e l’origine dell’uomo”.
59
Il concordismo può assumere diverse forme, più o meno sofisticate, ma nella sua sostanza consiste nel
tentativo di stabilire delle corrispondenze automatiche e tra le affermazioni di alcune teorie scientifiche
e le affermazioni contenute nella rivelazione biblica, o in altre tradizioni religiose scritte, o anche,
all’opposto, nelle tesi ateistiche. È ormai classico l’accostamento-identificazione tra il big-bang della
cosmologia scientifica e il fiat lux biblico, per citare solo un esempio. È certamente suggestivo,
spontaneo, tentare degli accostamenti di questo tipo, ma non si può sostenere di averne dimostrato la
correttezza, se non altro perché non si dispone di un terreno sul quale poggiarsi per condurre una tale
dimostrazione. Al proposito Cf. il link http://www.disf.org/Editoriali/Editoriale0307.asp.
60
IZQUIERDO A., La parola… Op. cit., p. 74.
61
Ricordiamo ancora, per quanto concerne lo stesso tema, il Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti
al simposio internazionale su “Fede cristiana e teoria dell’evoluzione”, tenuto il 26 aprile 1985, e il
Discorso sempre di Giovanni Paolo II all’Accademia delle scienze sul rapporto tra Chiesa e Scienza,
tenuto il 28 ottobre 1986.
27
In merito all’evoluzionismo62, il pontefice si pone due quesiti:
Qual è il punto di incontro tra le diverse discipline scientifiche e la Rivelazione?
a) In che modo, dal momento che pare ci siano opposizioni, è possibile risolverle?
Nell’Enciclica Humani Generis63, datata 1950, il pontefice Pio XII, puntualizza
il fatto che la discussione in merito all’evoluzionismo non è affatto ostacolata dalla
fede a patto che tale discussione rimanga nel campo del metodo naturalistico e delle
sue possibilità:
“Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità
dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni,
da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto
cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia
organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state
create immediatamente sia Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le
ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria
all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione
e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale
Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di
difendere i dogmi della fede. Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione,
agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del
corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora
raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della
divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande
moderazione e cautela”.
Nel discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e teoria dell’evoluzione”,
tenuto il 26 aprile 1985, lo stesso pontefice Giovanni Paolo II afferma: “Il concetto polivalente e
considerato sotto il profilo filosofico di evoluzione si sta da tempo sviluppando sempre più nel senso
di un ampio paradigma della conoscenza del presente. Pretende di integrare la fisica, la biologia,
l’antropologia, l’etica e la sociologia in una logica di spiegazione scientifica generale. Il paradigma
dell’evoluzione si sviluppa, non ultimo, attraverso una letteratura in continua crescita, per diventare
una specie del mondo chiusa, un’immagine del mondo evoluzionistica. Questa concezione del mondo
si differenzia dall’immagine materialistica del mondo, che fu propagata alla svolta del secolo, per una
vasta elaborazione e per una grande capacità d’integrare dimensioni apparentemente
incommensurabili. Mentre il materialismo tradizionale cercava di smascherare come illusione la
coscienza morale e religiosa dell’uomo e, talvolta, la combatteva attivamente, l’evoluzionismo
biologico si sente abbastanza forte per motivare questa coscienza funzionalmente con i vantaggi della
selezione ad essa legati e integrarla nel suo concetto generale. La conseguenza pratica ne è che i
fautori di questa concezione del mondo evoluzionaria hanno imposto una nuova definizione dei
rapporti con la religione, che si differenzia notevolmente da quella del passato più recente e di quello
più remoto”.
63
Come i Discorsi, anche le Encicliche sono tratte dal sito del Vaticano: www.vatican.va/.
62
28
Difatti il magistero della Chiesa non vieta che l’evoluzionismo sia oggetto di
disputa tra scienziati e teologi, tra coloro che sono favorevoli o contrari a questa teoria,
purché il tutto sia fatto in maniera non distruttiva bensì costruttiva: “Questo deve
essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e
di quella contraria all’evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria
serietà, moderazione e misura”64.
Creazione ed evoluzione non sono concetti che si escludono l’uno con l’altro,
non esiste opposizione tra evoluzionismo e fede cristiana: “L’evoluzione infatti
presuppone la creazione; la creazione si pone alla luce dell’evoluzione come un
avvenimento che si estende nel tempo – come una creatio continua – in cui Dio
diventa visibile agli occhi del credente come Creatore del Cielo e della terra” 65. E’
necessario, perciò, tener presente in questo tipo di ricerca, la Parola di Dio, la Sacra
Scrittura, che deve essere il punto di partenza del desiderio di conoscenza dell’uomo:
“Occorre definire bene il senso proprio della Scrittura – sostiene però Giovanni Paolo
II66 - scartando le interpretazioni indotte che le fanno dire ciò che non è nelle sue
intenzioni dire. Per delimitare bene il campo del loro oggetto di studio, l’esegeta e il
teologo devono tenersi informati circa i risultati ai quali conducono le scienze della
natura”. Dialogo e rispetto reciproco, perciò! Ed è questo che Giovanni Paolo II mette
in risalto in tutti i suoi discorsi concernenti il rapporto fede – scienza: camminare
insieme è possibile, l’importante è non perdere di vista la necessità del dialogo e del
confronto, che permettono la crescita conoscitiva e spirituale delle parti in causa:
64
Cf. Enciclica Humani Generis.
Discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e teoria della evoluzione” di
Giovanni Paolo II, tenuto il 26 aprile 1985..
66
Discorso di Giovanni Paolo II all’Assemblea Plenaria dell’Accademia delle Scienze, tenuto il 22
ottobre 1996 (Darwin e l’evoluzionismo).
65
29
“La Chiesa prende le difese della ragione della scienza alla quale essa conferisce la
dignità di raggiungere la verità (…) della libertà della scienza per mezzo della quale
possiede la sua dignità di bene umano e personale (…)”. Se appaiono divergenze tra
fede e scienza “il motivo va ricercato nel limite della nostra ragione, ristretta nella sua
estensione e quindi esposta all’errore” 67
Nel Discorso del 1996 su Darwin, il pontefice richiama spesse volte l’Enciclica
Humani Generis, la quale considera la dottrina di Darwin un’ipotesi seria “degna di
una ricerca e di una riflessione approfondite al pari dell’ipotesi opposta”. Certamente,
al giorno d’oggi, essendo la ricerca scientifica andata avanti e progredita in ogni
campo del sapere, la teoria di Darwin è considerata molto più che una semplice
ipotesi: “La convergenza non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti
indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a
favore di questa teoria”68. Il pontefice focalizza l’attenzione sul significato del termine
teoria, la cui validità è dimostrata “nella misura in cui è suscettibile di verifica”: una
teoria continua ad essere tale solo se comprovata da fatti; nel caso non lo sia perde il
diritto di essere tale.
La teoria evoluzionista non ha a che fare con la scienza propriamente detta
“pur obbedendo all’esigenza di omogeneità rispetto ai dati dell’osservazione” 69 ma
prende in prestito elementi sia di filosofia della natura sia di teologia:
“A dire il vero, più che della teoria dell’evoluzione, conviene parlare di teorie
dell’evoluzione. Questa pluralità deriva da un lato dalla diversità delle spiegazioni che
sono state proposte sul meccanismo dell’evoluzione e dall’altro dalle diverse filosofie
alle quali si fa riferimento. Esistono pertanto letture materialiste e riduttive e letture
spiritualistiche. Il giudizio è qui di competenza propria della filosofia e, ancora oltre,
della filosofia”70.
67
Discorso di Giovanni Paolo II, tenuto il 15 novembre 1980 nella cattedrale di Colonia.
Cf. Discorso su Darwin del 22 ottobre 1996.
69
IBIDEM.
70
IBIDEM.
68
30
La fede, principio sempre presente della teologia, ha come problema centrale la
ricerca della verità, e il magistero ecclesiastico, partendo dalla Rivelazione, prende a
cuore ogni ricerca scientifica finalizzata al benessere, creata a immagine e a
somiglianza di Dio:
“La Chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e particolarmente quella delle
scienze (…) È in virtù della creazione stessa che tutte le cose sono stabilite secondo la
loro consistenza, la loro verità e la loro eccellenza proprie, con il loro ordine e le loro
leggi specifiche” (Gaudium et Spes, 59 § 3). Bisogna riconoscere i metodi particolari
di ogni scienza. “È perché la ricerca metodica, in tutti i campi del sapere, se è condotta
in modo veramente scientifico e se segue le norme della morale, non sarà mai
veramente opposta alla fede: le realtà profane e quelle della fede trovano la loro
origine in Dio stesso”. Ma sarebbe falso comprendere questa autonomia delle realtà
terrestri come se esse non dipendessero da Dio e che l’uomo potesse disporne senza
fare riferimento al Creatore. Se i principi sono chiari dovrebbero allontanare ogni
atteggiamento di paura o di sfiducia, anche se ciò non significa che ogni difficoltà sia
appianata; nuove ricerche e nuove scoperte scientifiche sollevano nuove questioni che
costituiranno altrettante esigenze per i teologi, nel modo di presentare le verità di fede
salvaguardandone sempre il senso e il significato (cf. Gaudium et Spes, 36 § 2 e 62 §
2). Ma gli scienziati stessi procedono, dal canto loro, ad una critica dei loro metodi e
dei loro obiettivi”71.
Le realtà profane e quelle della fede trovano la loro origine in Dio stesso. Di
conseguenza, ogni realtà terrestre non può essere indipendente da Dio, l’uomo non
può fingere che il Creatore non abbia parte in causa nella sua ricerca. La Chiesa è
interessata in modo particolare all’evoluzionismo, perché riguarda direttamente
l’uomo, “la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso” 72, il quale ha una
particolarità propria che lo distingue dagli altri esseri del Creato: “Se il corpo umano
ha la sua origine nella materia viva che esisteva prima di esso, l’anima spirituale è
immediatamente creata da Dio”73. L’uomo appartiene ad uno stato ontologico
71
Discorso di Giovanni Paolo II alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze nel Cinquantesimo
della Rifondazione, tenuto Martedì, 28 ottobre 1986.
72
Gaudium et spes, n. 24.
73
Cf. Enciclica Humani Generis.
31
differente rispetto alle altre creature: “Tuttavia proporre una tale discontinuità
ontologica non significa opporsi a quella continuità fisica che sembra essere il filo
conduttore delle ricerche sull’evoluzione dal piano della fisica e della chimica?”.
Sicuramente no, sempre che ogni disciplina lavori all’interno del proprio ambito,
adoperando i metodi che le competono e collaborando costruttivamente con gli altri
campi del sapere:
“Le scienze dell’osservazione descrivono e valutano con sempre maggiore precisione
le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella linea del tempo. Il momento
del passaggio all’ambito spirituale non è oggetto di un’osservazione di questo tipo,
che comunque può rivelare, a livello sperimentale una serie di segni molto preziosi
della specificità dell’essere umano. L’esperienza del sapere metafisico, della
coscienza di sé e della propria riflessività, della coscienza morale, della libertà e anche
l’esperienza estetica e religiosa, sono però di competenza dell’analisi e della
riflessione filosofiche, mentre la teologia ne coglie il senso ultimo secondo il disegno
del Creatore”74.
74
Cf. Discorso su Darwin del 22 ottobre 1996.
32
CONCLUSIONE
In questo mio lavoro ho cercato di mettere in risalto il rapporto tra le cosiddette
scienze esatte e le verità di fede, partendo dalla rivoluzione scientifica del XVI secolo
e dal conseguente conflitto che ne è scaturito: difficile, infatti, all’origine delle
incomprensioni, tenendo conto del periodo storico, trovare un punto di incontro tra
scienza nuova e teologia, tra verità biblica e verità scientifica, dal momento che la
concezione del sapere è di tipo unitario e le diverse discipline non hanno ancora
individuato il campo specifico del loro sapere. Sia i teologi che gli scienziati
dell’epoca, sebbene abbiano cominciato a porsi interrogativi, non hanno saputo
risolvere la questione, instaurare un dialogo costruttivo votato alla ricerca della Verità.
E, certamente, la nascita del movimento illuminista nel XVIII secolo non ha
migliorato la situazione. L’Illuminismo, separando la ragione dalla fede e dalla
Rivelazione, ha creato una profonda frattura tra questi due ambiti, frattura, che,
purtroppo, si ripercuote ancora oggi.
Pensiamo, per fare solo un esempio, alla mancata visita di Benedetto XVI
all’Università La Sapienza di Roma, prevista per il 17 gennaio 2008, per
l’inaugurazione dell’Anno Accademico.
Sappiamo che il pontefice ha deciso di non
intervenire, in quanto “non opportuno”, a causa di proteste provenienti da un “gruppo
ristretto” di persone, le quali non vedevano un fatto positivo la presenza del papa in
Ateneo, accusato di essere non solo un nemico ostinato di Galileo ma di voler limitare
la ricerca scientifica riconducendola sotto le ali protettive della religione.
Il fatto della Sapienza è grave per una serie di ragioni:
33
1. Sebbene si sia arrivati, dopo secoli di confronto – conflitto, alla conclusione che il
dialogo scienza – fede è non solo costruttivo ma anche finalizzato al benessere
fisico e spirituale dell’uomo, ci sono ancora persone, tra cui “emeriti scienziati”, i
quali ritengono tale rapporto negativo e distruttivo per la ricerca scientifica.
2. In nome di una presunta laicità e razionalità, è stata vietata ad un uomo la parola.
3. A causa di una determinata ideologia, che offre una chiave di lettura degli eventi
falsata, la Chiesa è accusata di oscurantismo, di voler imporre il proprio Credo, di
voler mettere a tacere la scienza, di entrare in campi di sapere che non hanno
niente a che fare con il Magistero ecclesiastico.
Nonostante tutte le incomprensioni: “Oggi la Chiesa, lungi dal rifugiarsi in una
mira apologetica e difensiva, si fa piuttosto interprete della scienza e della ragione,
della libertà di ricerca, per legittimare la scienza autentica” 75
75
Discorso di Giovanni Paolo II alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze del 1986.
34
BIBLIOGRAFIA
ADORNO. F, GREGORY. T., VERRA V., Storia della filosofia, Volume II, Laterza
Roma – Bari, 1981;
Costituzioni conciliari: Dei Verbum e Gaudium et Spes;
DAL PRA M., Sommario di storia della filosofia, Volume I-III, La Nuova Italia,
Firenze, 1963-1964;
Encicliche: Provvidentissimus Deus e Humani Generis;
GARANTINI M., Il caso Galileo, a cura di MANGIAROTTI DON GABRIELE www.culturacattolica.it/default.asp?id=173&id_n=5215;
I discorsi di Giovanni Paolo II alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle
Scienze (Discorso sul caso Galileo del 31 ottobre 1992 e Discorso in merito
all’evoluzionismo di Darwin del 22 ottobre1996) - www.vatican.va/;
Il discorso di Giovanni Paolo II al Simposio Internazionale su “Fede cristiana e teoria
dell’evoluzione” del 26 aprile 1985 - www.vatican.va/;
Il discorso di Giovanni Paolo II su l’interpretazione della Bibbia nella Chiesa del 23
aprile 1993 - www.vatican.va/;
IZQUIERDO A., La parola che salva, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1997;
La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton, a cura di ROSSI P., Loescher,
Torino, 1973, pp. 146-151;
Le opere di Galileo Galilei, a cura di FAVARO A., Edizione nazionale, Firenze 18901909, Volume 5, pp. 282-285;
35
PASCUAL P. RAFAEL, L. C., Problematiche del rapporto scienza – fede, Ateneo
Pontificio
Regina
Apostolorum,
Roma.
http://www.retescuola.net/documenti/2006-7/corso_aggiornamento2.pdf.
36
Cf.
-
INDICE
Introduzione ……………………………………………………………..
Quadro generale ………………………………………………………...
pag.
“
1
3
Dalla concezione Aristotelico – Tolemaica alla rivoluzione astronomica
di Copernico, Brahe e Keplero …………………………………………..
L’universo aristotelico – tolemaico………………………………………….
La rivoluzione copernicana ……………………………………………...
Tycho Brahe: la fine delle sfere celesti ………………………………….
Keplero e il moto ellittico dei pianeti ……………………………………
“
“
“
“
“
7
7
8
11
12
Galileo Galilei: tra scienza e fede ……………………………………….
“
14
Creazionismo ed evoluzionismo: un incontro possibile
Darwin e il rifiuto del Creazionismo ……………………………………
Chiesa ed evoluzionismo ………………………………………………...
“
“
“
23
23
25
Conclusione ……………………………………………………………...
“
32
Bibliografia ………………………………………………………………
“
34
37
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