Edizione del 16 novembre 2015 Reg. Trib. Civile di Roma sez. stampa n. 371/2009 MISURA COLMA! Altri disservizi dall’Istituto, diffida formale dell’Ancl Seguici su anclsu.com e su facebook #anclsu Editoriale All’Inps diciamo: “Non si scherza più” p. 3 News Nuova versione per il portale anclsu.com p. 13 Pareri Tre nuovi quesiti per l’Ufficio Legale Ancl p. 31 Redazione Bollettino ufficiale Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro - Sindacato Unitario Anno 9 - Numero 12 (112) Reg. Tribunale Civile di Roma sezione stampa n. 371 del 19.11.2009 Sommario EDIZIONE DEL 16 novembre 2015 EDITORIALE Non si scherza più pag. 3 Direttore Responsabile Francesco Longobardi NEWS Così abbiamo diffidato l’Inps pag. 6 Capo redattore Paola Diana Onder NEWS Si rinnova il sito www.anclsu.com pag. 8 Coordinatori di redazione Silvia Bradaschia Giuliana Della Bianca Francesco Pierro Antonella Scambia Redazione e impaginazione Solcom srl via Salvatore Matarrese, 2/G 70124 Bari Editore Ancl - Segreteria Nazionale via Cristoforo Colombo, 456 Scala B, I piano 00145 Roma Contatti www.anclsu.com [email protected] [email protected] Focus Gli approfondimenti degli esperti pag. 10 quesiti Le risposte a cura del Centro Studi Ancl pag. 12 PARERI Le risposte a cura dell’Ufficio Legale pag. 24 EVENTI Convegni e incontri p. 31 CHI SIAMO Dirigenti e sedi pag. 32 Tra consulenti del lavoro Rel.co Note chiuso alle ore 17.14 dell’11 ottobre 2015 edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 editoriale non si scherza più! P. 3 All’Inps diciamo: “La misura è colma” Dobbiamo tutelare i nostri associati scrive Francesco Longobardi presidente nazionale Ancl - Su La misura è colma. I ripetuti disservizi telematici dell’Inps che vengono riferiti da tutto il territorio nazionale, non passeranno più sotto silenzio. I Consulenti del Lavoro sono chiamati da una parte ad ottemperare a numerosissimi adempimenti, dall’altra sono intermediari inutili, e tuttavia, quando per forza di cose devono intermediare, i sistemi telematici non funzionano. Questa è la condizione vera in cui migliaia di professionisti sono costretti ad operare tutti i giorni, erodendo risorse di tempo ed economiche che potrebbero essere dedicate a ben altri sviluppi professionali invece di fare il telelavoratore per conto della P.A. A proposito della veste di intermediari, in questi ultimi giorni abbiamo potuto raccogliere come categoria professionale il pensiero positivo nei nostri confronti da parte di concordi ed autorevoli voci, che evidentemente conoscono più a fondo la nostra opera quotidiana di quanti invece vivono di presunzioni infondate. Con il preventivo consenso interno all’Ancl, si è provveduto a diffidare l’Inps con un atto legale e formale ad adoperarsi affinché sia posto immediato rimedio ai difetti che provocano le interruzioni del servizio telematico e ad adoperarsi comunque per tenere esenti gli utenti dalle conseguenze negative di tali problematiche, riservandosi, qualora esse dovessero ulteriormente presentarsi, di denunciare tale comportamento alla competente Autorità Giudiziaria per l’accertamento di tutte le ipotesi di reato che la medesima vorrà ravvisarvi. E’ opportuno a riguardo chiarire, che tale atto di diffida non va intesa come una scaramuccia dettata dagli ultimi eventi di cui l’Istituto si è reso pubblicamente protagonista, si tratta bensì dell’inizio di un’ azione forte e ormai permanente per ristabilire condizioni di parità e dignità: quando l’Inps chiede un adempimento e il professionista sbaglia o non ottempera, non solo emerge la responsabilità professionale, ma l’azienda o il professionista stesso sono assoggettati a sanzioni. Orbene, così deve essere anche per l’amministrazione che pretende l’adempimento: se sbaglia, che sia chiamata a pagare, in termini di responsabilità ed in termini di danno arrecato. Peraltro, come può essere immediatamente accertata la nostra responsabilità, è altrettanto immediatamente accertabile in sede giudiziaria la responsabilità dell’istituto: “il rischio inerente alle modalità di trasmissione (degli atti di ogni genere alla p.a. ndr.) non può far carico che alla parte che unilateralmente aveva scelto il relativo edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 editoriale P. 4 sistema e ne aveva imposto l’utilizzo [agli utenti]; e se rimane impossibile stabilire se vi sia stato un errore da parte del trasmittente, o piuttosto la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente” (Cons. Stato, Sez. III, 25.1.2013, n. 481). Nella giurisprudenza più recente espressasi sull’argomento, si segnala anche TAR Puglia, sede di Bari, 28 luglio 2015, n. 01094 che, richiamando la testé menzionata sentenza del Consiglio di Stato, aggiunge: “Il Collegio ritiene di condividere integralmente questa impostazione giurisprudenziale, evidenziando anzitutto, in linea generale, come le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi debbano collocarsi in una posizione necessariamente servente rispetto agli stessi, non essendo concepibile che, per problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato l’ordinato svolgimento dei rapporti fra privato e Pubblica Amministrazione e fra Pubbliche Amministrazioni, nei reciproci rapporti. Dalla natura meramente strumentale dell’informatica applicata all’attività della Pubblica Amministrazione discende altresì il corollario dell’onere per la P.A. di doversi accollare il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale, essendo evidente che l’agevolazione che deriva alla P.A. stessa, sul fronte organizzativo interno, dalla gestione digitale dei flussi documentali, deve essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle occasionali possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento procedimentale del soccorso istruttorio (art. 46 D. Lgs. n. 163/2006 e art. 6 L. n. 241/1990).” Le anzidette risoluzioni della giurisprudenza dicono tutto, senza necessità di poter aggiungere altro. L’Ancl, per mestiere, deve tutelare i legittimi interessi dei Consulenti del Lavoro iscritti al Sindacato. Lo farà decisamente con ogni mezzo. E non siamo su scherzi a parte. IN BREVE Convenzione per l’acquisto dei manuali della collana praticante Sottoscritto un accordo per una offerta dedicata agli iscritti Ancl La collana Manuale del praticante consulente del Lavoro è realizzata da Wolters Kluwer in collaborazione con il Centro Studi Nazionale Ancl e con il patrocinio dell’Ordine dei Consulente del Lavoro. Anche quest’anno, speciale offerta dedicata agli iscritti Ancl per l’acquisto dei manuali della collana praticante consulente del lavoro. Per maggiori informazioni e dettagli i consulenti del lavoro iscritti all’Ancl Su possono contattare il proprio agente Ipsoa/Indicitalia di fiducia attraverso l’indirizzo www.shopwki.it/agenziewki. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 news attività sindacale P. 6 Così abbiamo diffidato l’Inps “Difetti e ritardi sui servizi” Il presidente Longobardi scrive all’Inps: “Ci tuteleremo, anche chiedendo il risarcimento dei danni subiti” Riportiamo qui l’atto formale di diffida sottoscritto dal presidente nazionale dell’Ancl Francesco Longobardi e dall’Ufficio Legale Ancl avv. Francesco Stolfa, inviato al presidente dell’Inps Tito Boeri, al direttore generale Inps Massimo Cioffi, al presidente Organismo Indipendente di valutazione della performance Inps Antonio Antonellis, al presidente del Consiglio Matteo Renzi, al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti e al presidente del CNO Marina Calderone in data 29 ottobre 2015. Da moltissime sedi della nostra Associazione ci sono pervenute segnalazioni di continui e intollerabili periodi di malfunzionamento o di non funzionamento dei vostri servizi informatici che hanno materialmente impedito ai Consulenti del Lavoro nostri associati di ottenere servizi assolutamente essenziali per l’ordinario e ordinato svolgimento dell’attività di moltissimi loro clienti. Tali disservizi si sono verificati, in particolare, nelle giornate del 28 e 29 ottobre uu.ss. e hanno impedito ad es. di ottenere il Durc on-line, il rilascio del codice aut. 4R per il regime de minimis per assunzione apprendisti, la registrazione e quindi l’attivazione di voucher Inps, e tutti gli altri servizi telematici. Avendo codesto Istituto informatizzato tutte le procedure non consentendo di assolvere diversamente ogni adempimento previsto dalla legge a carico delle imprese, siamo a segnalarvi sin d’ora che ogni inadempienza eventualmente intervenuta in tali giornate e comunque intervenuta in giorni in cui i vostri servizi telematici abbiano avuto anche brevi periodi di malfunzionamento non potrà minimamente essere addebitata alle aziende né produrre alcun tipo di addebito o di sanzione o comunque conseguenza negativa a loro carico. Tanto ai sensi di legge e in forza del costante e consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “il rischio inerente alle modalità di trasmissione (degli atti di ogni genere alla p.a. ndr.) non può far carico che alla parte che unilateralmente aveva scelto il relativo sistema e ne aveva imposto l’utilizzo [agli utenti]; e se rimane impossibile stabilire se vi sia stato un errore da parte del trasmittente, o piuttosto la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente” (Cons. Stato, Sez. III, 25.1.2013, n. 481). Nella giurisprudenza più recente espressasi sull’argomento, si segnala anche TAR Puglia, sede di Bari, 28 luglio 2015, n. 01094 che, richiamando la testé edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 news P. 7 menzionata sentenza del Consiglio di Stato, aggiunge: “Il Collegio ritiene di condividere integralmente questa impostazione giurisprudenziale, evidenziando anzitutto, in linea generale, come le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi debbano collocarsi in una posizione necessariamente servente rispetto agli stessi, non essendo concepibile che, per problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato l’ordinato svolgimento dei rapporti fra privato e Pubblica Amministrazione e fra Pubbliche Amministrazioni, nei reciproci rapporti. Dalla natura meramente strumentale dell’informatica applicata all’attività della Pubblica Amministrazione discende altresì il corollario dell’onere per la P.A. di doversi accollare il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale, essendo evidente che l’agevolazione che deriva alla P.A. stessa, sul fronte organizzativo interno, dalla gestione digitale dei flussi documentali, deve essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle occasionali possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento procedimentale del soccorso istruttorio (art. 46 D. Lgs. n. 163/2006 e art. 6 L. n. 241/1990)”. Atteso, comunque, il ripetersi di tali spiacevoli disservizi questa Associazione, che sono stati registrati anche anteriormente in periodi recenti, diffida formalmente l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del suo Presidente e Legale Rap- presentante pro-tempore, ad adoperarsi affinché sia posto immediato rimedio ai difetti che provocano le interruzioni del servizio telematico e ad adoperarsi comunque per tenere esenti gli utenti dalle conseguenze negative di tali problematiche, riservandosi, in mancanza, qualora esse dovessero ulteriormente presentarsi, senza che codesto Istituto si adoperi neanche per risolvere i disagi provocati all’utenza, di denunciare tale comportamento alla competente Autorità Giudiziaria per l’accertamento di tutte le ipotesi di reato che la medesima vorrà ravvisarvi. La nostra Associazione tutelerà inoltre le ragioni di tutti i propri iscritti e dei loro clienti mettendo a disposizione il nostro Ufficio Legale anche per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti. Coglie comunque l’occasione per segnalare al medesimo Presidente INPS, prof. Tito Boeri, che simili situazioni smentiscono clamorosamente le sue recenti affermazioni pubbliche in ordine alla volontà dell’Istituto di ispirarsi a criteri di efficienza e trasparenza tali da ottimizzare il rapporto diretto con le aziende, rendendo addirittura superfluo il ruolo di ogni intermediario, compresi i Consulenti del Lavoro. Simili episodi, unitamente a tanti altri che non mancheremo di segnalare anche in futuro, rendono anzi evidente l’essenzialità del ruolo di intermediazione e di tutela che i Consulenti del Lavoro svolgono e (con buona pace del prof. Boeri) continueranno a svolgere in favore degli utenti dei servizi Inps. Commenta sulla pagina facebook Ancl Su #AnclDiffidaInps edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 news P. 8 Si rinnova il sito anclsu.com Più interattività e servizi Presentate in occasione dell’Assemblea di Cr e Up del 18 novembre le avanzate funzionalità del nuovo sistema scrive redazione anclsu.com La crescita costante in termini numerici, di visibilità, competenza e attività dell’Ancl va di pari passo con la volontà della stessa associazione di percorrere i tempi nella maniera più moderna, tecnologica e rispondente alle necessità formative e informative dei suoi associati. E’ per perseguire questo orientamento che anche il sito www.anclsu.com cambierà veste per trasformarsi in uno spazio nuovo, intuitivo, dinamico e moderno, ricco di prestazioni al servizio degli utenti. La nuova ed innovativa piattaforma verrà presentata in occasione dell’Assemblea dei dei CR e delle UP, indetta per mercoledì 18 novembre 2015, presso il Centro Congressi Oly Hotel di Roma. Nell’occasione verranno illustrate tutte le avanzate funzionalità del nuovo sistema: dalla grafica accattivante ed essenziale, all’uso intuitivo e smart; dai prodotti editoriali e dai contenuti variegati, interessanti e di elevata professionalità, alla completa interazione e promozione dell’attività formativa nazionale e territoriale. La nuova impostazione del portale ufficiale dell’Ancl permetterà, infatti, sia alla segreteria nazionale che alle Unioni provinciali e Consigli regionali, di poter accedere alle aree specifiche e personalizzate per la pubblicazione di eventi, convegni, corsi formativi, gestione delle presenze ed erogazione di attestati, offrendo così a tutti i singoli utenti la possibilità di controllare il proprio percorso formativo, e personalizzare in modo dinamico ed interattivo la propria esperienza di fruizione del servizi messi a disposizione dall’associazione sindacale di categoria maggiormente rappresentativa della categoria. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 news P. 9 FOTOGALLERY Corsi di Fiesole: le immagini del secondo livello di fine ottobre Gallery completa disponibile sul portale del sindacato anclsu.com nella sezione formazione Successo anche per il corso di secondo livello svoltosi il 30 e 31 ottobre presso Fiesole. Il programma dei tre livelli organizzato e promosso da ormai 11 anni dal Centro Studi Nazionale coordinato da Paola Diana Onder, mira a sviluppare competenze per tutti i quadri della categoria, con particolare riferimento ai giovani delle strutture regionali e provinciali, alfine di rappresentare al meglio le richieste degli associati e stimolare, favorire, creare, laddove inesistente, quella comunicazione necessaria per portare le informazioni dal nazionale al territorio, e viceversa. La gallery completa è disponibile sul sito www.anclsu. com nella sezione formazione. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 focus gli approfondimenti P. 10 TRASFERTE E RIMBORSI Dall’Agenzia delle Entrate chiarimenti sull’imponibilità del rimborso chilometrico scrive Francesco Pierro I redditi di lavoro dipendente sono determinati in base al principio di onnicomprensività sancito dall’art. 51, comma 1 del TUIR, principio per il quale costituiscono reddito tutte le somme ed i valori percepiti dal dipendente a qualcunque titolo nel periodo d’imposta, ivi comprese le erogazioni liberali ed i rimborsi spese, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 e seguenti. In particolare, il comma 5 prevede un regime fiscale riservato alle trasferte o alle missioni fuori dal territorio comunale che non concorrono a formare il reddito per la parte eccedente € 46,48 al giorno, elevate ad € 77,46 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto. Difatti, in caso di trasferta extra comunale, sono previsti 3 distinti regimi di tassazione: • Rimborso analitico: con rimborso di tutte le spese documentate, indennità chilometriche incluse (prestazioni lavorative al di fuori del Comune in cui è situata la sede di lavoro e calcolo in base alla tabella ACI). • Indennità forfettaria: indennità di trasferta nei limiti giornalieri di esenzione; • Sistema misto: con il rimborso analitico del vitto o alloggio, l’indennità forfettaria si riduce di 1/3, con il rimborso del vitto e dell’alloggio, il limite si riduce di 2/3. In presenza di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonchè i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di € 15,49, elevate ad € 25,82 per le trasferte all’estero. L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione in commento, ha chiarito che, laddove la distanza percorsa dalla propria abitazione alla sede di missione risultasse inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di lavoro il rimborso chilometrico è da considerarsi non imponibile. Diversamente, nel caso in cui la distanza dalla propria abitazione alla sede di missione risultasse maggiore a quella calcolata dalla sede di lavoro il maggior importo verrebbe ad essere considerato reddito imponibile. In conlusione, l’interpretazione appare corretta consentendo da un lato, al lavoratore di poter partire direttamente da casa, dall’altro al datore di lavoro di veder meglio applicato in modo più funzionale alle esigenze organizzative aziendali il proprio interesse esclusivo alla trasferta. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 focus FONDO RESIDUALE P. 11 Fondo di integrazione sociale, le regole dall’1 gennaio 2016 scrive Renzo La Costa Passata quasi sotto silenzio, la norma che introduce nuove forme di contribuzione per i datori di lavoro, dispiegherà i propri effetti a breve, dal 1 gennaio 2016. La legge 92/2012 aveva introdotto il cd. Fondo residuale, ovvero un fondo alimentato dalla contribuzione delle aziende con più di 15 dipendenti preposto ad assicurare ai lavoratori dipendenti una tutela economica in caso di sospensione dal lavoro. Tale fondo era tra l’altro costituito in forma sostitutiva, laddove aziende e rappresentanze dei lavorati non fossero riusciti a costituirsi fondi propri entro marzo 2014. Il sistema di tutele così introdotto, riguardava esclusivamente le imprese non coperte dalla normativa in materia d’integrazione salariale. Con successive circolari n. 99 dell’8 agosto e n. 100 del 2 settembre 2014, l’Inps ha dettato le necessarie istruzioni per la predetta contribuzione, individuando anche le aziende tenute alla contribuzione. Contribuzione che c’è stata da parte delle aziende tenute, ma che non ha generato alcun ritorno in forme di tutela economica degli interessati, a causa dell’incompiuta organizzazione e funzionamento del fondo in questione. Le prestazioni del Fondo di solidarietà allo stato sono finanziate dai seguenti contributi: • un contributo ordinario dello 0,50% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori dipendenti (esclusi i dirigenti), di cui due terzi a carico del datore di lavoro (0,33%) ed un terzo a carico del lavoratore (0,17%); • un contributo addizionale totalmente a carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse nella misura del 3% per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti e del 4,50% per le imprese che occupano più di 50 dipendenti Il Dlgs 148/2015 ha riscritto le regole della gestione e funzionamento del Fondo (art. 28) prevedendo tra l’altro l’adeguamento alle nuove disposizioni dal prossimo 1 gennaio 2016. Ma da tale data decorre una ulteriore e non secondaria variazione, dettata dal successivo art. 29 del predetto dlgs. Il fondo residuale assumerà la denominazione di “fondo di integrazione salariale” al quale vanno ad aggiungersi nuovi soggetti tenuti al contributo. Infatti vengono indicati quali soggetti alla disciplina del fondo di integrazione salariale anche i datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti, appartenenti a settori che non hanno costituito fondi di solidarietà bilaterali. Il fondo di integrazione salariale, finanziato con i contributi dei datori di lavoro appartenenti al fondo e dei lavoratori da questi occupati, garantisce l’assegno di solidarietà disciplinato dal medesimo decreto in caso di sospensioni dal lavoro. Variazione ancora non da poco, sta nella nuova individuazione dei soggetti tenuti alla contribuzione: non sono più le “imprese” così come le aveva individuati la legge 92/2012, ma divengono ora “i datori di lavoro”. Cosicchè, oltre ad essere ad esempio attratte alla contribuzione anche organizzazioni non lucrative, rientreranno anche quelle categorie di professionisti che non hanno costituito fondi propri di solidarietà. Il resto di questa vicenda è ancora tutto da scrivere. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti l’esperto risponde P. 12 Ambulatorio con due medici: a chi spetta l’esonero contributivo? a cura di Paola Diana Onder coordinatore Centro Studi nazionale Domanda Soluzione proposta Due medici che svolgono la propria attività presso un medesimo ambulatorio ma il primo in orario antimeridiano e il secondo in orario pomeridiano vorrebbero effettuare un’assunzione part-time di una dipendente addetta alla segreteria, che avrebbe i requisiti soggettivi per poter permettere al datore di lavoro di usufruire dell’esonero contributivo previsto dalla Legge di Stabilità. Uno dei requisti soggettivi del candidato per l’eventuale esonero è che l lavoratore, nel corso dei sei mesi precedenti l’assunzione, non risulti occupato, presso qualsiasi datore di lavoro, in forza di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, pertanto l’esonero si ritiene non applicabile in capo ad entrambi in quanto non si ritiene sostenibile che i due contratti siano stati sottoscritti contestualmente; Premesso che i datori di lavoro vorrebbero effettuare l’assunzione il medesimo giorno, il primo per 20 ore settimanali e il secondo altrettanto per lo svolgimento dell’attività nella fascia pomeridiana. Entrambi i datori di lavoro, possono usufruire dell’esonero contributivo? inoltre gli stessi modelli Unilav, con relativo protocollo data e orario di invio, attesterebbero in modo inequivocabile l’inizio del primo rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo ad uno dei due datori di lavoro. Risponde Paola Maschietto Teoricamente, a mio parere, l’agevolazione spetterebbe al primo rapporto di lavoro, e non anche al secondo, in quanto, si tratta di un’assunzione di una persona già occupata a tempo indeterminato, che sottoscrive un secondo contratto a completamento dell’orario settimanale. Su tale aspetto non mi risultano però al momento indicazioni ufficiali. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti Convenzione tra Italia e San Marino per evitare doppie imposizioni, un caso particolare Domanda Un avvocato italiano ha reso, in Italia, una prestazione per conto della Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino. Al momento del pagamento del compenso (nel 2014) è stata operata la ritenuta a titolo d’imposta del 20%. Nel mod. unico 2015 il professionista dichiarerà il compenso percepito nel quadro re, assoggettandolo a tassazione ordinaria, ma come potrà recuperare la ritenuta alla fonte subita? Soluzione proposta Richiesta di rimborso. P. 13 Risponde Giammaria Monticelli Con riferimento al quesito proposto si precisa che la legge n. 88 del 19 luglio 2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 177 del 30 luglio, ha avviato le procedure di ratifica ed esecuzione dell’accordo per evitare le doppie imposizioni in materia d’imposte sul reddito e prevenire le frodi fiscali. Tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di San Marino. LEGGE 19 luglio 2013, n. 88 Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 21 marzo 2002, e del relativo Protocollo di modifica, fatto a Roma il 13 giugno 2012. (13G00131) (GU Serie Generale n.177 del 30-7-2013) A seguito della comunicazione formale da parte dello Stato italiano, dal 3 ottobre 2013 la Convenzione è entrata in vigore dopo il perfezionamento delle procedure di scambio di notifiche tra i due Paesi, come previsto e autorizzato dalla legge di ratifica ed esecuzione. L’art. 14 di tale convenzione prevede che: 1. I redditi che una persona fisica residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività analoghe di carattere indipendente sono imponibili in detto Stato. Tali redditi sono imponibili anche nell’altro Stato contraente secondo la propria legislazione interna. 2. L’espressione “libera professione” comprende in particolare le attività indipendenti di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo o pedagogico, nonché’ le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili.” L’art. 23 prevede le modalità per eliminare la doppia imposizione: 1. Si conviene che la doppia imposizione sarà eliminata in conformità ai seguenti paragrafi del presente articolo. 2. Per quanto concerne l’Italia: Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili a San Marino, l’Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell’articolo 2 della presente Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve detrarre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata a San Marino ma l’ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo. Questo è il caso però del professionista che presta la propria attività nel paese estero e non è il nostro caso. Si ritiene pertanto che, essendo la prestazione svolta in Italia, la ritenuta non doveva essere effettuata e comunque se effettuata mancano i presupposti per poterla utilizzare in deduzione delle imposte italiana perché non prevista dalla normativa italiana. Si suggerisce di richiedere al committente il saldo della fattura. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti Lavoro notturno, è necessaria la consultazione preventiva del sindacato Domanda Un bar (CCNL Pubblici esercizi) vorrebbe far lavorare i suoi dipendenti nel periodo notturno (dalle 23 alle 6) per non più di 2 ore. Tali dipendenti non sarebbero quindi definibili come lavoratori notturni, né ai sensi di legge né a quelli del CCNL. L’art 12 del Dlgs 66/2003 dice che, per introdurre il lavoro notturno, è necessaria la consultazione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori, interne o, in mancanza, esterne. Nel caso da me prospettato è necessaria tale consultazione preventiva? Soluzione proposta Secondo me, no. Il D lgs 66/2003 non definisce il lavoro notturno, dà la definizione di “periodo notturno” e di “lavoratore notturno”. La definizione di “lavoro notturno” si può quindi ottenere solo in maniera indiretta, come “lavoro svolto dal lavoratore notturno”. Quindi, dove non ci sono lavoratori notturni, come nel caso da me esposto, non c’è lavoro notturno e di conseguenza non c’è bisogno di consultazione sindacale né di visite di idoneità per tale tipo di lavoro. P. 14 Risponde Antonio Stella Per quanto attiene alle disposizioni sul lavoratore notturno, occorre distinguere il periodo notturno ai fini legali da quello ai fini contrattuali, cioè quello per il quale spetta la maggiorazione retributiva. Preliminare al quesito è dunque la definizione di “lavoratore notturno”, che secondo l’art. 1, comma 2, lett. e), del D.Lgs. 66/2003individua: 1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale; 2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dalla contrattazione collettiva. In difetto di disciplina da parte della contrattazione collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro part-time. Nel caso di specie, il CCNL Turismo – Pubblici Esercizi l’art. 301 prevede che “ Ai fini di cui al comma 1 dell’art. 121, il periodo notturno comprende l’intervallo tra le ore 23:00 e le ore 6:00 del mattino”, senza ulteriore specificazioni. Dal combinato disposto della legge e della contrattazione collettiva, ne consegue che per quanto riguarda il primo paramento lo status di lavoratore notturno spetta a quei lavoratori la cui prestazione lavorativa si collochi per almeno 3 ore, nel periodo notturno cosi come individuato dal contratto collettivo. Pertanto il dipendente di azienda Turismo – Pubblici esercizi sarà considerato lavoratore notturno nel caso in cui svolga la prestazione lavorativa di almeno 3 ore, tra le 23.00 e le 6.00. Il secondo requisito, disciplina l’ipotesi in cui la prestazione lavorativa non si realizza in modo sistematico. Solo in difetto di contrattazione collettiva la norma definisce lavoratore notturno colui che svolge “lavoro notturno” per un minimo di 80 giorni lavorativi l’anno. Al riguardo appare coerente l’interpretazione secondo la quale il “lavoro notturno” è una prestazione non inferiore a 3 ore resa nel periodo notturno come sopra indicato. In sintesi la consultazione sindacale sarà necessaria qualora il lavoratore effettui la propria prestazione lavorativa in modo continuato per 3 ore dalle 23.00 alle 6.00 oppure in modo non sistematico per un minimo di 80 giorni annui una prestazione di durata non inferiore a 3 ore nel medesimo arco temporale. Così come commentato anche dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro nella Circolare 5/2008 al punto 5, la definizione di lavoro notturno non essendo definita dal D.lgs. 66/2003, si ottiene in via indiretta, considerando tale prestazione “inferiore a 3 ore nel periodo notturno”. In base al citato orientamento dottrinale nel caso considerato non si ritiene siano presenti le condizioni che rendono necessaria la consultazione sindacale. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti Se l’azienda viene ceduta, continua a valere l’esonero triennale contributivo? Domanda Un’azienda ha dei lavoratori assunti con l’esonero contributivo ex l. 190/2014. L’azienda viene ceduta. Il cessionario può continuare a usufruire dell’esonero, visto e considerato che trattasi di trasferimento e quindi il rapporto tra azienda e lavoratori prosegue senza soluzione di continuità? Per le agevolazioni ex L. 407/90 questa possibilità era contemplata (Interpello Min. Lav n. 20/2010) Posto che sia possibile, il fatto che il cessionario sia fratello del cedente può comportare problemi? Soluzione proposta Secondo me, considerando che il rapporto prosegue senza interruzioni, è possibile continuare a usufruire dell’esonero. Quando al rapporto di parentela, se la transazione è regolare e genuina non vedo che problemi possa comportare tale rapporto. P. 15 Risponde Paola Cogo All’art. 2112 del Codice Civile si legge al quinto comma che : “Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda.” Già da questo primo assunto se ne deduce che in caso di trasferimento di azienda, sia nella sua interezza che in una sua frazione, intesa come si usa oggi dire “ramo d’azienda” , muta il titolare del complesso dei beni aziendali mentre l’entità sottostante al vertice mantiene inalterata la propria identità, nella forma e nella sostanza. Dal lato Azienda cessionaria, la stessa non potrà che prendere atto dello status quo dell’Azienda cedente, ivi compresi gli sgravi contributivi acquisiti che vengono “ereditati” dal cessionario per la parte residua e fino a scadenza. Con l’interpello 20/2010, il Ministero del Lavoro ha chiarito quali siano le condizioni che determinano il diritto a beneficiare di sgravi e agevolazioni; vengono richiesti alcuni requisiti sia di carattere soggettivo al lavoratore che oggettivo all’Azienda. Ai fini del mantenimento degli sgravi contributivi risulta essenziale che in capo al cessionario vengano mantenuti i requisiti richiesti dalla norma, come nel caso specifico la 407/90 citata dal collega, ovvero la permanenza in zone del Mezzogiorno o lo svolgimento di attività artigiana o per la legge 190/2014 (art. 1 c. 118-119) , non aver prestato lavoro dipendente a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti l’assunzione. Dal punto di vista del dipendente, non verificandosi quindi l’interruzione del rapporto di lavoro instaurato, non muta tipologia contrattuale attribuita ab origine e nemmeno la propria condizione soggettiva richiesta per lo sgravio che viene verificata al momento dell’assunzione. Tutto ciò premesso, il fatto che nel caso prospettato nel quesito il cessionario sia il fratello del cedente, pur non sapendo che tipo di contratto venga applicato né il settore di appartenenza, non fa che rafforzare quel principio di continuità dell’attività dell’azienda nel suo complesso. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti P. 16 In ambito contributivo non esiste transazione, solo dilazione del debito Domanda Risponde Renzo La Costa Stanti le attuali difficoltà creditizie, se al fisco viene richiesta e proposta una transazione, l’imprenditore ottiene il vantaggio della precisa individuazione del debito tributario con conseguente anche possibilità di una proposta di concordato........... La stessa cosa non esiste in ambito Assicurativo-Previdenziale? In ambito contributivo, non sussiste la possibilità di transazione, ma unicamente quella della dilazione del debito contributivo, comprensiva di sanzioni civili interessi di dilazione (6 punti oltre il tasso ufficiale di riferimento). Condizione essenziale per l’autorizzazione alla dilazione è che l’istanza comprenda tutti i debiti contributivi a carico dell’azienda. Altra e primaria condizione sta nel fatto che l’azienda abbia comunque effettuato regolarmente le denunce mensili pur non provvedendo al relativo pagamento, cosicché si configura unicamente l’omissione contributiva e non invece l’evasione. Con la circolare nr 106/2010, l’Inps (in esecuzione delle determinazioni del C.d.A. nr. 250/2009 e nr. 106/2010) ha inteso ridisciplinare l’Istituto delle dilazioni. Chi intende chiedere la dilazione su cartella esattoriale deve: 1. presentare alla sede di competenza domanda di dilazione, reperibile presso ogni sede Inps, o scaricabile dal sito internet www. inps.it (Moduli aziende e contributi); 2. nell’eventualità in cui vi sia la presenza di più cartelle di pagamento notificate, chiedere la rateazione per tutte le pendenze presso l’esattoria; 3. allegare la quietanza di versamento non inferiore 1/12° del debito contributivo per ogni cartella esattoriale (al netto di eventuali sanzioni o oneri accessori), effettuato presso l’esattoria o con modello F35 presso istituti bancari o postali; 4. se si tratta di azienda con dipendenti, attestare l’avvenuto integrale pagamento delle quote a carico di quest’ultimi; 5. qualora la domanda non venga sottoscritta in presenza del funzionario Inps, che ne certifica le generalità, allegare fotocopia di un documento di identità (D.P.R. 445/2000 art. 35). Nel caso in cui il debito sia in fase amministrativa, in fase legale o già iscritto a ruolo ma non ancora notificato, la domanda deve essere unica e comprendere tutti gli importi non pagati. A tal proposito è opportuno che l’assicurato si rivolga alla sede Inps di appartenenza affinché gli venga rilasciata una stampa con l’indicazione del debito, delle sanzioni quantificate alla data di presunta presentazione della domanda ed i dati per la compilazione del modello F24. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti P. 17 Azienda edile con dipendente extra limiti quantitativi, può assumere un altro part-time? Domanda Risponde Antonio Stella Una nostra azienda, impresa edile artigiana che applica il CCNL Edilizia artigianato, ha un solo dipendente. Questo dipendente è part time in quanto operaio altamente specializzato di 4° livello, che non rientra nei limiti quantitativi previsti dal CCNL applicato. Ora l’azienda vorrebbe assumere un operaio, questa volta manovale di 1° livello, usufrendo della possibilità concessa dal CCNL di stipulare un solo contratto contravvenendo i limiti, purchè limitato a 912 ore annue. Vorrei sapere se l’azienda può stipulare questo contratto, avendo già un lavoratore part time. Secondo l’art. 97 del vigente CCNL Edili artigiano, “Fermo restando quanto previsto dalla legge, le parti stabiliscono che un’impresa edile non può assumere operai a tempo parziale per una percentuale superiore al 3% del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato. Soluzione proposta A mio parere l’azienda può stipulare un contratto di questo tipo, in quanto l’altro part time è escluso dai limiti quantitativi e quindi non si computa, e perciò viene rispettato il limite previsto, pari a un solo lavoratore. Resta ferma la possibilità di impiegare almeno un operaio a tempo parziale, laddove non ecceda il 30% degli operai a tempo pieno dipendenti dell’impresa. Si concorda che, ferme restando le percentuali indicate ai commi 7 e 8, le imprese da 0 a 3 dipendenti possono assumere dipendenti operai a tempo parziale, per un periodo massimo temporale del 30% del monte ore annuale degli addetti occupati nell’impresa […]Sono in ogni caso esenti dai limiti quantitativi di cui ai commi 7, 8 e 9 i contratti a part-time stipulati con personale impiegatizio, con personale operaio non adibito alla produzione ad esclusione degli autisti, con personale operaio di 4° livello, con personale operaio occupato in lavori di restauro ed archeologici, con personale operaio che usufruisca di trattamento pensionistico, nonché le trasformazioni del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time motivate da gravi e comprovati problemi di salute del richiedente, ovvero da necessità di assistenza del coniuge o dei parenti di 1° grado per malattia o condizioni di disabilità che richiedano assistenza continua, adeguatamente comprovate.” Secondo il dettato normativo nulla osta all’ assunzione di un operaio part time, posto che il lavoratore già in forza presso l’azienda è inquadrato al 4° livello e pertanto escluso dai limiti quantitativi. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti P. 18 Licenziata ad aprile 2015 con preavviso fino a maggio 2015. Va attribuita l’Aspi o la Naspi? Domanda Una dipendente di una Società mia cliente è stata licenziata in data 8 aprile 2015 con pagamento dell’indennità di preavviso di 30 giorni di calendario che se lavorato sarebbe scaduto l’8 maggio 2015. All’atto della richiesta dell’indennità di disoccupazione si è vista rifiutare la NASPI e attribuire l’ASPI in quanto il rapporto si è risolto, secondo i funzionari Inps, giuridicamente l’8 aprile 2015. Ciò in contrasto con la circolare Inps nr 94/2015 che al p.to 2.6 lettera e. che recita …” data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate”. Ciò in relazione alla data di presentazione della domanda. La dipendente ha intenzione di ricorrere contro la decisione assunta dall’Inps. In ragione di ciò si richiede se ha possibilità di vittoria nel proponendo contenzioso. Risponde Giovambattista Vavalà Com’è noto, l’art.1 del d.lgs. n. 22/2015 ha istituito, a decorrere dal 1° maggio 2015, la “Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)», come misura di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente l’occupazione. La NASpI sostituisce le prestazioni di ASpI e mini-ASpI con riferimento agli “eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° maggio 2015”. L’art. 6 dello stesso decreto precisa che la domanda della prestazione va effettuata in via telematica entro il termine di decadenza di sessantotto giorni “dalla cessazione del rapporto di lavoro”, e che il trattamento decorre “dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro”. Per rispondere al quesito proposto, sembra dunque fondamentale stabilire quando possa dirsi realizzata la condizione di “disoccupazione” e quale debba essere considerata la data di “cessazione del rapporto di lavoro”. Su tale ultimo punto, lo stesso Inps ha fornito delle indicazioni, richiamando, nella circolare n. 94/2015, la giurisprudenza esistente in materia. Innanzitutto, l’Istituto afferma che “per evento di disoccupazione si intende l’evento di cessazione dal lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione”. In altre parole, si dovrebbe così intendere l’atto di notifica del licenziamento che priva il lavoratore del posto di lavoro, rendendolo di fatto disoccupato. Si fa presente, tuttavia, che (come da sempre sostenuto dall’Inps, anche nella circolare richiamata) la condizione di disoccupato si realizza solo allorché il lavoratore, dopo aver perso il posto di lavoro, si presenta al Centro per l’impiego per rendere la dichiarazione di disponibilità all’occupazione, indispensabile per poter accedere alle varie forme di sostegno al reddito, compresa la Naspi e che, il più delle volte, la cessazione del rapporto è legata allo svolgimento del periodo di preavviso. In secondo luogo, lo stesso Istituto precisa che il termine di sessantotto giorni per la presentazione della domanda decorre dalla data di ces- edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti sazione dell’ultimo rapporto di lavoro, intesa, nel caso di licenziamento con preavviso, come “la data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate”. Coerentemente con tale assunto, al paragrafo 2.7.3 della circolare citata viene precisato che la prestazione decorre “dall’ottavo giorno successivo alle date di fine dei periodi di maternità, malattia, infortunio sul lavoro/malattia professionale o di mancato preavviso del precedente paragrafo 2.6, qualora la domanda sia stata presentata entro l’ottavo giorno”. Pare evidente, dunque, che lo stesso Istituto consideri il periodo di preavviso, anche qualora non lavorato (e monetizzato), alla stregua di un normale periodo di occupazione, durante il quale non solo il rapporto rimane virtualmente in essere, ma neppure può essere proposta la domanda, né decorre la prestazione. Aggiungiamo, anzi, che il problema non si sarebbe neppure posto se il preavviso, invece P. 19 di essere monetizzato, fosse stato lavorato, in quanto la data di cessazione del rapporto sarebbe caduta dopo il primo maggio; ma poiché la legge consente pacificamente, in luogo del preavviso, la corresponsione dell’indennità sostitutiva, che copre il medesimo periodo, sia a livello retributivo che contributivo, una disparità di trattamento fra le due situazioni potrebbe risultare ingiustificata. Vale a dire che, in entrambi i casi, la cessazione giuridica del rapporto di lavoro potrebbe essere considerata quella in cui finisce il preavviso, e non quella in cui cessa di fatto la prestazione. Per concludere, sebbene il tenore letterale della disposizione sembra dare maggiore rilevanza al momento dell’evento (la notifica del licenziamento) che crea la condizione di disoccupazione, sembra che, dal punto di vista logico-sistematico, vi siano i presupposti per poter proporre ricorso avverso l’atto di diniego della Naspi. Pensionato oltre 65 anni e nuovo regime forfettario, come funziona? Domanda Artigiano pensionato, di età superiore ai 65 anni, continua la sua attività di sarto senza dipendenti, versando i contributi INPS artigiani sul minimale ridotti al 50%. Dal 1/1/2015, ha tutti i requisiti, per accedere naturalmente al nuovo regime forfettario per le imprese minori introdotto dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, c. da 54 a 89, legge 190/2014). Per l’anno di imposta 2015 potrà continuare a versare i contributi ridotti al 50% data l’età superiore a 65 anni? Risponde Renzo Ghiotto Le nuove regole, in vigore per chi sceglie il nuovo regime fiscale forfetario, prevedono due strade alternative: applicare il minimale contributivo e fruire dello sgravio del 50% dei contributi per artigiani o commercianti con più di 65 anni di età, già pensionati, oppure scegliere il nuovo regime (con opzione da effettuare entro il 28 febbraio dell’anno) che esclude l’applicazione del minimale, ma elimina anche lo sconto del 50% indicato (si veda anche circolare INPS n. 29 del 10 febbraio 2015). Pertanto, l’artigiano pensionato di età superiore ai 65 anni, che non opti per il nuovo regime agevolato contributivo, potrà continuare a beneficiare del dimezzamento dei contributi. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti P. 20 Bonus Irpef non corrisposto o corrisposto in misura inferiore, come funziona? Domanda A taluni Lavoratori nel corso dell’Anno non è stato corrisposto o è stato corrisposto in misura inferiore a quanto poi effetivamente spettante sulla base del reddito presunto dell’Anno 2014 il Bonus di cui al D.L. 66/2014. Si chiede se la rideterminazione sulla base del reddito effettivamente percepito in sede di conguaglio fiscale riguardi solo l’eventuale trattenuta dell’importo erogato indebitamente o anche il rimborso del non erogato ma spettante. Soluzione proposta Il Bonus è stato applicato sulla base del reddito di lavoro dipendente presunto relativo all’anno 2014 ed è soggetto ad eventuale rideterminazione in sede di conguaglio fiscale di fine anno sulla base del reddito effettivamente percepito nell’anno; quindi da trattenere eventuali somme non spettanti e da corrispondere quanto spettante al Lavoratore, con il cedolino di conguaglio di fine anno. Risponde Paola Maschietto Il bonus Irpef spetta a tutti i lavoratori dipendenti e a chi percepisce redditi assimilati al lavoro dipendente. Per percepire il bonus il contribuente non deve fare alcuna richiesta, in quanto questo scatta in automatico e il sostituto d’imposta è tenuto a versarlo nel momento in cui quest’ultimo, dai calcoli effettuati ritiene che il contribuente ne abbia diritto. Vi sono comunque casi specifici in cui è prevista una richiesta scritta da parte del contribuente; ad esempio nel caso di due o più rapporti di lavoro part-time il contribuente che ritenga di avere diritto al bonus può comunicarlo per iscritto ai datori di lavoro e farsi versare da solo uno dei titolari il bonus; oppure nel caso di diversi contratti a termine con diversi titolari il contribuente può chiedere all’ultimo titolare il conguaglio del bonus spettante; lo stesso vale per i lavoratori con contratti co.co.pro. o co.co. co. con più committenti. Particolare attenzione deve essere rivolta da coloro che percepiscono redditi da locazioni assoggettati a cedolare secca: in questo caso anche questo reddito concorre al raggiungimento del limite annuo che da diritto al bonus. Non concorrono al reddito totale che da diritto al bonus Irpef, i redditi soggetti all’imposta sostitutiva per l’incremento di produttività. Nel caso in cui il contribuente si accorga che per effetto di più redditi superi la soglia dei 24.000 o dei 26.000 €uro deve comunicare al proprio sostituto d’imposta di non avere diritto al bonus ed eventualmente di voler restituire la somma già indebitamente percepita. Sono invece esclusi dall’applicazione del bonus gli incapienti ovvero coloro che possiedono un reddito fino a 8.000 euro. Questo perché l’imposta prodotta dal reddito è già tutta assorbita dalla detrazione per lavoro dipendente spettante. Diverso è il discorso per coloro che risultano incapienti per effetto delle detrazioni carichi di famiglia, nel qual caso il bonus viene erogato ugualmente. Il bonus non spetta ai pensionati, i lavoratori autonomi e coloro che hanno un reddito superiore edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti a 26mila €uro. In molti casi potrà accadere che l’imponibile di fine anno porti il lavoratore a perdere il diritto per intero o in parte del credito già percepito e a costringere il datore di lavoro a recuperarlo in fase di conguaglio. In questo caso, il lavoratore si troverebbe decurtata la busta paga di somme importanti. Per evitarlo, il lavoratore stesso, che non possa avere certezza della fascia di reddito in cui cadrà a fine anno, può richiedere al datore di lavoro di non applicare il bonus. L’esempio caratteristico riguarda coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo determinato o a progetto con scadenza entro l’anno. In questo caso il calcolo puntuale del bonus terrà conto dei giorni di lavoro e quindi sarà: (Bonus/365)* moltiplicato i giorni effettivi di contratto. Se il periodo di lavoro nell’anno 2014 è inferiore a 365 giorni, l’importo del credito spettante, come precedentemente determinato, deve essere parametrato al numero dei giorni di lavoro dell’anno, calcolati tenendo conto delle regole P. 21 ordinariamente applicabili per l’applicazione delle detrazioni previste dall’art.13 del TUIR. Il datore di lavoro a fine 2014, avendo a disposizione tutti i dati per il calcolo dell’imponibile fiscale complessivo, potrà eseguire un controllo finale per il corretto conteggio. Nei casi in cui i lavoratori si siano avvalsi della facoltà di chiedere il conguaglio riassuntivo all’ultimo datore di lavoro, questi avrà a disposizione anche il modello Cud, rilasciato dal precedente sostituto di imposta, da cui potrà ricavare il reddito e l’ammontare del bonus che i lavoratori hanno percepito nel corso dell’altro rapporto di lavoro. Il venir meno delle condizioni di spettanza del credito obbligherà il sostituto di imposta che esegue il conguaglio al recupero immediato di quanto erogato in precedenza perché non più spettante. Esonero triennale, info su lavoratori comunitari ed extracomunitari Domanda Spetta anche a lavoratori comunitari da poco in Italia o per extracomunitari con permesso di soggiorno recente ? E’ sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà degli stessi per accertare la non occupazione a tempo indeterminato nei sei mesi precdenti ? Soluzione proposta Spetta Risponde Paola Maschietto L’esonero contributivo in oggetto spetta a condizione che, nei sei mesi precedenti l’assunzione, il lavoratore non sia stato occupato, presso qualsiasi datore di lavoro, con contratto a tempo indeterminato. I datori di lavoro potrebbero richiedere al selezionando un dichiarazione di responsabilità ex DPR n. 445/2000 e, per maggiore sicurezza, sarebbe comunque opportuno acquisire, prima dell’assunzione, il rilascio da parte dei centri per l’Impego competenti, di una dichiarazione che convalidi i requisiti di iscrizione ed occupazionali relativi al semestre precedente. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti P. 22 Bonus 80 €, reddito lavoro dipendente e pensione: cosa succede se supera il limite? Domanda Si chiede conferma o meno 1) ai fini del limite del reddito complessivo fino a euro 26.000,00 si computano anche i redditi di pensione 2) ai fini della spettanza del bonus si fa riferimento ai soli redditi di lavoro dipendente Primo esempio : reddito di lavoro dipendente 7.000,00 + reddito da pensione 10.000,00 = 17.000,00 Ai fini del reddito complessivo spetterebbe il bonus Ai fini del reddito di lavoro dipendente il bonus non spetta Conclusione ; nel caso il bonus non spetta nè dal datore di lavoro nè in sede di 730 Secondo esempio : reddito di lavoro dipendente 20.000,00 capiente. Il bonus spetta. In sede di 730 viene sommato un reddito di pensione di euro 10.000,00 che fa superare il reddito di euro 26.000,00 Conclusione : nel secondo caso il bonus non spetta e deve essere restituito. Soluzione proposta Come sopra Risponde Paola Maschietto Con la legge di stabilità il bonus di 80 euro diventa definitivo; anche per il 2015 il bonus in busta paga continuerà a essere erogato, se dal reddito emergerà un’imposta dovuta all’erario, dopo aver applicato la sola detrazione fiscale riconosciuta per i redditi di lavoro dipendente. Il bonus verrà dunque riconosciuto nel rispetto delle condizioni poste dalla norma, a coloro che hanno un reddito complessivo formato da: redditi di lavoro dipendente; redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative; indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità; somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale; redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; remunerazioni dei sacerdoti; prestazioni pensionistiche, comunque erogate, dai fondi di previdenza complementare; compensi per lavori socialmente utili. Secondo le regole oggi cono- sciute, nella determinazione del reddito si può escludere quello dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze. Ai fini del superamento della soglia reddituale non contano neppure le somme percepite dal lavoratore a titolo di incremento della produttività e che scontano un’imposta sostitutiva del 10%. La stessa legge di stabilità prevede che nel reddito che serve per verificare il diritto a percepire il bonus di 80 euro, non rientri l’eventuale liquidazione in busta paga del trattamento di fine rapporto (così detta monetizzazione mensile del Tfr) introdotta in via sperimentale per il periodo 1° marzo 201530 giugno 2018. Nel maxi-emendamento non c’è traccia dell’eventuale estensione degli 80 euro ai pensionati, le partite Iva e agli incapienti: non vi è stato l’ampliamento a questa platea di esclusi, anche se più volte annunciata. Restano invariate le regole per i sostituti di imposta obbligati a erogare il bonus dopo che avranno verificato, in base alle informazioni di cui sono a edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 quesiti conoscenza, la spettanza del bonus stesso. Il datore di lavoro, il committente, ovvero chi erogherà i redditi la cui percezione farà nascere il diritto al bonus, riconosceranno il credito in forma automatica. P. 23 Resta ferma la possibilità per il percipiente di comunicare, al sostituto, l’assenza dei requisiti. cepito tutti i mesi. Coloro che non hanno i requisiti per il ricevere il bonus, ad esempio perché hanno un reddito complessivo superiore a 26mila euro per via di altri redditi (diversi a quelli erogati dal sostituto d’imposta), devono comunicarlo al datore di lavoro, che recupererà il credito nelle successive buste paga. Il bonus non concorre alla formazione del reddito, non ha una scadenza, e continuerà ad essere per- Se un contribuente ha percepito il bonus non spettante, in tutto o in parte, dovrà restituir- lo nella dichiarazione dei redditi. In caso di mancanza del sostituto d’imposta, il bonus Irpef si può ottenere presentandone richiesta nella dichiarazione dei redditi. Riassumendo, il bonus 80 euro spetta a: - lavoratori dipendenti (contratti a tempo pieno e contratti part-time); - lavoratori con contratto di collaborazione; - lavoratori che percepiscono cassa integrazione, indennità di mobilità o disoccupazione (per i quali il bonus va calcolato dall’ente che elargisce i sussidi); - alle categorie appena elencate per intero se aventi un reddito tra gli 8.000 ed i 24.000 euro oppure riproporzionato se il reddito supera i 24.000 e resta entro i 26.000 euro. A chi non spetta il bonus 80 euro? - redditi inferiori agli 8.000 e superiori ai 26.000 euro; - titolari di partita iva; - pensionati. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 i pareri dell’ufficio legale Pareri ufficio legale Il successo della nuova rubrica, exploit di richieste P. 24 a cura di Paola Diana Onder coordinatore Centro Studi nazionale Quarta uscita della rubrica con i pareri dell’Ufficio Legale Ben tre quesiti su benefici contributivi della legge 223/1991, pagamento Aspi su cessione azienda e apprendistato In questo quarto numero della rubrica “I pareri dell’ufficio legale” presentiamo ben tre quesiti distinti rivolti all’Ufficio Legale Ancl con le risposte dell’avv. Francesco Stolfa. I temi sono vari e si concludono nella risposta del nostro Ufficio Legale (e non hanno, come di consueto, gli allegati di approfondimento). Ci sembrava giusto però inserire tutti i quesiti per rappresentare anche il successo della nuova rubrica de “Il Consulente Milleottantuno” con l’exploit di richieste ricevute. QUESITO 1 Benefici contributivi Legge 223/1991, è possibile cumularli in caso di assunzione a tempo determinato prima e indeterminato poi? Chiedo all’ufficio IL PARERE DELL’UFFICIO LEGALE legale se sia cona cura dell’avv. Francesco Stolfa sentito per legge Il datore di lavoro ha diritto ai benefici, ma occhio ai sommare i benefici cambiamenti normativi introdotti dalla legge 92/2012 contributivi di cui agli artt. 8, co. 2 e 25, co. 9 della L. 223/1991, assumendo il lavoratore dapprima a tempo determinato e, successivamente, assumendolo a tempo indeterminato. Il quesito posto dall’interrogante non appare di agevole soluzione soprattutto per la scarsità di precedenti giurisprudenziali. Preciso preliminarmente che la mia analisi, in ordine alla quale mi riservo comunque ulteriori approfondimenti, è stata condotta esclusivamente sulla base dei testi di legge e degli orientamenti giurisprudenziali (le uniche fonti del diritto che hanno rilevanza in caso di contenzioso); ho tenuto comunque conto degli orientamenti Ministeriali e delle circolari INPS che tuttavia appaiono particolarmente carenti nelle argomentazioni e motivazioni. La questione non ha trovato molta eco in giurisprudenza. Quando emerge questo dato l’unica spiegazione possibile è che la questione sia pacificamente risolta nel testo legislativo. E in effetti, mi pare proprio che questa chiarezza letterale ricorra nel caso che occupa. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 pareri Esaminando le due norme appare abbastanza evidente che esse prevedono benefici diversi che si applicano a situazioni diverse e per finalità diverse. In particolare, proprio la diversità delle finalità giustifica, a mio parere, la possibilità di sommare i due sgravi. Il primo beneficio pare infatti evidentemente finalizzato a favorire le assunzioni a tempo determinato (sebbene si preveda anche una maggiorazione dello stesso in caso di trasformazione a tempo indeterminato nel corso del rapporto) mentre il secondo incentiva, appunto, le assunzioni a tempo indeterminato e quindi lo stabile e definitivo inserimento del lavoratore nella compagine aziendale. In pratica, il legislatore prevede l’investimento di risorse pubbliche per incentivare dei comportamenti virtuosi delle aziende cui esse non sono affatto obbligate. E le aziende non sono obbligate ad assumere a termine i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità né sono obbligate poi ad assumerli definitivamente né nel corso né alla conclusione del rapporto. È, del resto, molto scorretto indurre le imprese a compiere tali atti per poi, “a sorpresa”, negare loro i benefici sui quali avevano fatto affidamento. Ciò potrebbe persino ripercuotersi sulla stabilità di tali rapporti di lavoro legittimando licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (in ragione della imprevista maggiore onerosità del contratto) o addirittura l’annullamento dei contratti di lavoro per errore essenziale (art. 1427 ss. cod. civ.). Come dicevo, la giurisprudenza non ha avuto occasione di esprimersi in modo rilevante sul punto. Non mancano tuttavia le pronunce e sono tutte sfavorevoli all’INPS. Innanzitutto, occorre sottolineare che in numerose sentenze, esaminando soprattutto le motivazioni integrali, si nota che la Corte di Cassazione sembra dare per scontata la possibilità di ottenere entrambi i benefici: v., ex plurimis, Cassazione civile sez. lav., 28 gennaio 2009, n. 2164; Cassazione civile sez. lav., 20 giugno 2007, n. 14316. P. 25 In quest’ultima pronuncia la Corte riconosce poi espressamente all’azienda il beneficio di cui al co. 4 dell’art. 8 (contributo pari al 50% dell’indennità di mobilità non ancora goduta) anche in caso di precedente assunzione a termine, successivamente trasformata a tempo indeterminato. Ciò ritiene, la Suprema Corte, in quanto la norma non esclude, nel suo testo letterale il cumulo: “In effetti, a ben vedere, l’incentivo all’assunzione a tempo indeterminato è fornito dallo speciale contributo previsto in favore del datore di lavoro dall’art. 8, comma 4. E semmai la massima utilizzazione del beneficio della riduzione contributiva è usufruibile dal datore di lavoro che assuma a termine per dodici mesi e poi trasformi il contratto a tempo indeterminato. In tal caso l’art. 8, comma 2, assicura il godimento della riduzione contributiva per ventiquattro mesi, senza esclusione del cumulo con il trattamento di cui all’art. 8, comma 4.” Fin troppo agevole rilevare che, per le medesime ragioni, non vietandolo la legge (come vedremo ha fatto, invece, la legge Fornero) deve essere consentito anche il cumulo dei benefici contributivi di cui agli art. 8, co. 2 e 25, comma 9. In un altro caso, Cassazione civile sez. lav., 13 maggio 2003, n. 7352, la Corte interviene in una fattispecie in cui l’azienda aveva usufruito sia dei benefici di cui all’art. 8, comma 2, sia di quelli di cui all’art. 8, co. 4 che di quelli di cui all’art. 25, co. 9 senza minimamente mettere in discussione la loro possibile utilizzazione in sommatoria (nel caso esaminato esclude tutti tali benefici solo per coincidenza degli assetti societari fra azienda che aveva licenziato e quella che aveva assunto). In un’altra pronuncia più datata Cassazione civile sez. lav., 17 dicembre 2001, n. 15949, così si esprime: “Conseguentemente, non si era realizzata la condizione alla quale il citato art. 25, c. 9 subordina il beneficio della decontribuzione. Il motivo è fondato. Giova premettere che, secondo la disposizione appena citata «per ciascun lavoratore iscritto nella lista di mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 pareri contribuzione a carico del datore di lavoro è, per i primi diciotto mesi, quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25 e successive modificazioni». Alla comune ratio che è quella di favorire la ripresa dell’occupazione, attraverso l’incentivazione di iniziative imprenditoriali rivolte a creare nuovi posti di lavoro e, in particolare a riammettere nel ciclo produttivo i lavoratori collocati in mobilità, disoccupati o in cassa integrazione guadagni, appartengono altre due disposizioni consimili della medesima legge n. 223 del 1991, contenute nei commi 2 e 4 dell’art. 8. La prima di queste due ultime disposizioni riconosce ai datori di lavoro che assumano a termine, per una durata non superiore a dodici mesi, i lavoratori in mobilità, il beneficio di una riduzione dei contributi previdenziali ai livelli previsti per gli apprendisti. Tale beneficio può essere prorogato di altri dodici mesi nel caso in cui il precedente contratto venga trasformato a tempo indeterminato”. Anche in questo caso, come si vede, nessun cenno al divieto di cumulo. Gli orientamenti espressi sul tema dal Ministero e dall’INPS, come dicevo in premessa, non appaiono particolarmente motivati e argomentati. Sia il messaggio INPS n. 12957 del 2/8/2012 sia la risposta all’interpello n. 11/2011 resa dal Ministero su istanza della nostra Associazione appaiono davvero laconici, limitandosi ad affermare il principio, senza alcuna adeguata spiegazione. In particolare, l’Interpello si limita a rilevare che l’INPS propende per la incumulabilità e che tale esegesi appare condivisibile in ragione della presunta ratio dei due istituti. Come rilevavo innanzi, invece, proprio la ratio delle due norme deve far propendere per la possibilità di sommare i due benefici. Quelli previsti dall’art. 8, co. 2, essendo finalizzati a incentivare le assunzioni a P. 26 tempo determinato e, poi, le eventuali trasformazioni a tempo indeterminato operate nel corso del rapporto a termine. La seconda norma, invece, art. 25, comma 9, mirando a incentivare le assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato effettuate successivamente alla conclusione del primo rapporto. Non v’è motivo alcuno - comunque non se ne rinviene traccia nel testo legislativo - per escludere da tali assunzioni definitive incentivate quei lavoratori che siano stati in precedenza utilizzati a termine. Il legislatore, in altre parole, interviene per influire su tre distinti processi decisionali, tutti consistenti nell’esercizio di una facoltà del datore di lavoro: la decisione di assumere a termine; la decisione di trasformare il contratto a termine nel corso del suo svolgimento; la decisione di effettuare un’assunzione a tempo indeterminato successiva alla conclusione del rapporto a termine. L’unica obiezione che si potrebbe sollevare a questa ricostruzione è che, sulla base di essa, i datori di lavoro sarebbero disincentivati dall’operare la trasformazione “interna” del rapporto a termine e preferirebbero sempre attendere la conclusione del rapporto a termine, per poter usufruire di un maggio periodo di sgravio. Non è chi non veda, tuttavia che trattasi di considerazione irrilevante dal punto di vista tecnico-giuridico e comunque poco efficacie anche sul piano pratico. Se il legislatore non avesse previsto una qualsiasi delle tre ipotesi, infatti, ne sarebbe derivato un vulnus nel sistema degli incentivi: ci si sarebbe chiesti perchè non incentivare le assunzioni a termine o le trasformazioni o le assunzioni ex novo. La verità evidente è invece che il legislatore ha voluto intervenire su tutte le ipotesi possibili, senza poterne trascurarne nessuna, perchè tutte e tre sono indispensabili in funzione di una effettiva incentivazione dell’assunzione dei lavoratori in mobilità. Né si può pensare di aggiustare a proprio piacimento il testo legislativo prevedendo un “assorbimento” nel perio- edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 pareri do di sgravio per le assunzioni definitive del periodo eventualmente già goduto nella precedente fase a tempo determinato per rimanere comunque nei limiti di cui all’art. 8, co. 2: un’operazione, questa, che il testo legislativo non consente minimamente. Tenendo conto di tale complessiva situazione degli orientamenti giurisprudenziali testè esposti, della povertà delle argomentazioni di fonte INPS o ministeriale, della ratio evidente che emerge dalla piana lettura del testo legislativo, ritengo quindi ragionevolmente sostenibile la tesi secondo cui il datore di lavoro abbia diritto per intero ai benefici di cui all’art. 25, co. 9 della L. 223/1991 anche quando abbia precedentemente assunto quel medesimo lavoratore a tempo determinato, usufruendo dei benefici contributivi di cui all’art. 8. Per completezza espositiva è il caso di aggiungere che, con l’entrata in vigore della L. 92/2012 il quadro normativo di riferimento è cambiato radicalmente. Infatti, l’art. 4, al co. 12, dispone: “Al fine di garantire un’omogenea applicazione degli incentivi all’assunzione, ivi compresi quelli previsti dall’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, per i periodi di vigenza come ridefiniti dalla presente legge, si definiscono i seguenti principi:” Il successivo co. 13 aggiunge: “Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 276 del 2003, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo”. P. 27 Con queste norme la situazione si ribalta, nel senso che, in caso di assunzione a tempo indeterminato di lavoratore in mobilità, dal periodo di godimento del beneficio di cui all’art. 25 co. 9 occorre detrarre il periodo di godimento già fruito, ex art. 8, nel precedente rapporto a tempo determinato. Il fatto stesso, però, che il legislatore abbia sentito il bisogno di introdurre questa norma, finisce per confermare indirettamente ma chiaramente l’interpretazione cui prima accennavo sulla base degli orientamenti della Cassazione. Diversamente non vi sarebbe stato bisogno di un intervento limitativo di quel genere. Infine, l’art. 2, co. 71 della medesima L. 92/2012 prevede che A decorrere dal 1° gennaio 2017, sono abrogate le seguenti disposizioni: (omissis) b) articoli da 6 a 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223; (omissis) e) articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (omissis). Le medesime considerazioni di cui innanzi possono essere svolte in ordine alla precedente utilizzazione del lavoratore nell’ambito di una missione esecutiva di un contratto di somministrazione, specie se, come spesso accade, il leasing sia a tempo determinato. Sul punto, comunque, trattandosi di questione con proprie peculiarità, mi riservo ulteriori approfondimenti. In conclusione: alla luce di tali osservazioni, ritengo di poter ragionevolmente consigliare alla CdL richiedente di adeguarsi prudenzialmente alle decisioni INPS con effetto ex nunc, cioè dal momento in cui i benefici sono stati negati, attivando contestualmente un’azione di recupero dei contributi indebitamente versati che probabilmente si incrocerà con la contrapposta azione dell’istituto volta ad ottenere il versamento contributivo pieno per i periodi in cui l’azienda ha usufruito - a suo dire ingiustamente - del beneficio. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 pareri P. 28 QUESITO 2 Parere conformità di Ente Bilaterale su contratto di apprendistato, il contributo di assistenza contrattuale ex art. 40 è requisito dovuto e obbligatorio? Il contributo di assiIL PARERE DELL’UFFICIO LEGALE stenza contrattuale a cura dell’avv. Francesco Stolfa ex art. 40 CCNL Diritto a fruire dei benefici normativi e contributivi, Commercio può nulla da temere se c’è un piano formativo conforme alle norme essere inteso quale requisito dovuto e obbligatorio per ottenere il parere di conformità dell’Ente Bilaterale su un contratto di apprendistato. L’art. 2, co. 1, lett. a) del D. Lgs. 167/2011 prescrive che il contratto di apprendistato deve contenere, fra l’altro, “il piano formativo individuale definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali”. A tale norma è stata data attuazione in modo alquanto distorto dall’accordo interconfederale del settore Commercio (come da altri) laddove si prescrive testualmente: “I datori di lavoro che intendano assumere apprendisti, debbono presentare domanda, corredata dal piano formativo, predisposto anche sulla base di progetti standard, alla specifica Commissione dell’Ente Bilaterale, prevista dalle norme contrattuali nazionali del Terziario, competente per territorio, la quale esprimerà il proprio parere di conformità in rapporto alle norme previste dalla predetta disciplina in materia di apprendistato, ai programmi di formazione indicati dall’azienda ed ai contenuti del piano formativo, finalizzato al conseguimento delle specifiche qualifiche professionali “. Come si può notare, quindi, la norma contrattuale si è notevolmente “allargata” rispetto ai limiti della delega ricevuta dalla legge. Ai sensi di legge, infatti, si può tranquillamente ritenere che l’azienda non iscritta alle associazioni datoriali firmatarie del CCNL possa legittimamente stipulare un contratto di apprendistato semplicemente attenendosi alle norme fissate in tema di formazione dall’Accordo Interconfederale. La procedura fissata da tale A.I. quindi deve ritenersi vincolante solo per le aziende iscritte ma, anche per queste, la sua violazione (cioè la mancanza di nulla osta) è una mera violazione del contratto collettivo sostanzialmente priva di sanzione che non può inficiare la legittimità del contratto di apprendistato che soggiace solo alle condizioni di legge e a quelle previste dalla contrattazione collettiva (esclusivamente) nei limiti in cui la legge vi faccia espresso riferimento. Quanto innanzi è stato confermato espressamente anche nella risposta che il Ministero del Lavoro ha reso a un interpello (n. 16/2012) presentato dal Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro. In tale occasione, tuttavia, il Ministero ha del tutto inopportunamente invitato le proprie strutture periferiche a concentrare le ispezioni sui piani formativi privi del nulla osta degli enti bilaterali. Il risultato è l’arroganza con cui oggi l’ente bilaterale in questione ha risposto al cliente del dr. Giusto. In realtà, tale azienda, se ha predisposto edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 pareri P. 29 un piano formativo conforme alle norme vigenti non ha nulla da temere, soprattutto in ordine al suo diritto a fruire di “benefici normativi e contributivi”. Al riguardo valga quanto lapalissianamente lo stesso Ministero ebbe a chiarire con la nota circolare n. 4/2004 in cui si sanciva per la prima volta il cd. diritto negativo di associazione (ripreso anche dall’interpello innanzi citato) e che prendeva atto di orientamenti giurisprudenziali consolidati, secondo i quali l’iscrizione agli enti bilaterali non può mai costituire condizione per ottenere qualsiasi tipo di agevolazione. Contro questo atteggiamento palesemente illegittimo di taluni enti bilaterali la nostra Associazione ha più volte protestato e continuerà a protestare presso tutte le sedi competenti, riservandosi anche di segnalare alle competenti Procure della Repubblica eventuali ipotesi di reato che, a un primo esame, non sembrano da escludere. QUESITO 3 In caso di cessione di azienda con riconoscimento di anzianità e Tfr pregressi, la società cedente è tenuta al pagamento dei contributi Aspi? In caso di cessione IL PARERE DELL’UFFICIO LEGALE dei contratti di laa cura dell’avv. Francesco Stolfa voro di tutti i dipenResta ferma l’esclusione del pagamento dei contributi Aspi, denti di una società ma occhio alle criticità in relazione alla cessione di azienda ad una società cooperativa ai sensi dell’art. 1406 del cc., con riconoscimenti di anzianità e TFR pregressi, la società cedente è tenuta al pagamento del contributo Aspi? Il caso di specie concerne la cessione dei contratti di lavoro tra due società ai sensi dell’art. 1406 c.c.: tale negozio giuridico, come noto, permette ad un terzo di sostituirsi ad una delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive, pur nella perdurante vigenza del contratto medesimo. Si tratta di un istituto molto simile a quello della cessione di ramo d’azienda disciplinata dall’art. 2112 c.c. Entrambi tali negozi comportano, infatti, esclusivamente una sostituzione soggettiva, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali del contratto. I profili di diversità tra i due istituti sono essenzialmente due: - la cessione ex art. 1406 c.c. richiede il consenso del contraente ceduto, mentre la cessione d’azienda ex art. 2112 c.c. non richiede alcun consenso da parte del lavoratore; - la cessione d’azienda ex art. 2112 c.c. prevede la responsabilità solidale tra cedente e cessionario per tutti gli obblighi che il lavoratore vantava al momento del trasferimento, mentre la cessione del contratto ex art. 1406 c.c. prevede responsabilità solidale soltanto nel caso in cui il contraente ceduto dichiari espressamente di non liberare il cedente. In ogni caso, la caratteristica intrinseca comune ai due negozi giuridici è senza dubbio la prosecuzione del rapporto contrattuale senza soluzione di continuità. In altre parole, il rapporto prosegue immutato edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 pareri nei suoi elementi oggettivi essenziali, pur a fronte di un mutamento di carattere soggettivo nella titolarità del rapporto. L’Assicurazione Sociale per l’Impiego, istituita dall’art. 2 della L. 92/2012, è finalizzata invece a “fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione”. Requisito fondamentale per la fruizione di tale indennità, dunque, così come precisato dal successivo comma 4 del medesimo art. 2, è la perdita involontaria del posto di lavoro. Va da sé che, mancando nel caso di specie l’interruzione del rapporto di lavoro, viene meno anche una delle condizioni essenziali per la fruizione dell’Aspi, vale a dire la perdita involontaria del posto di lavoro. I lavoratori, dunque, nel corso della suddetta operazione di cessione, non si sono mai trovati in stato di disoccupazione. Del resto, ove mai tale interruzione fosse ipotizzabile (ma non lo è) essa non potrebbe mai essere considerata “involontaria” in ragione dell’intervenuto consenso del lavoratore che la farebbe certamente assimilare più a una risoluzione consensuale (esclusa dall’ASPI) che a un licenziamento. Alla luce di tutto quanto innanzi, la prosecuzione senza alcuna soluzione di continuità del rapporto di lavoro con il cessionario non fa sorgere l’obbligo per il datore di lavoro di versare il cd. contributo Aspi. P. 30 Il ricorso all’istituto della cessione del contratto ex art. 1406 c.c., anzi, appare vantaggioso per un duplice ordine di motivi: esime, come innanzi detto, il datore di lavoro dal pagare l’Aspi e non fa sorgere, per i motivi precedentemente esposti, la responsabilità solidale prevista in caso di cessione d’azienda ex art. 2112. Occorre, però, evidenziare un ultimo elemento di criticità: la giurisprudenza della Cassazione è ormai pressoché consolidata nel ritenere che sia configurabile cessione di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c., in luogo della cessione del contratto ex art. 1406 c.c. (con conseguente insorgenza della responsabilità solidale), tutte le volte che il trasferimento abbia ad oggetto anche solo un gruppo di dipendenti (senza trasferimento, quindi, di beni immobili, macchinari e attrezzature) purché essi siano stabilmente coordinati e organizzati tra loro e dotati di un proprio “know-how” ( vedansi, tra le tante, Cass. Civ. sez. lav. 07.03.2013, n. 5678, Cass. Civ. sez. lav. 14.11.2011, n. 23808, Cass. Civ. sez. lav. 16.10.2006, n. 22125). Occorre quindi verificare attentamente questo elemento ma al solo scopo di farne derivare la sussistenza o meno della responsabilità solidale. Resta ferma invece l’esclusione del pagamento dell’ASPI. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 eventi convegni e incontri P. 31 CHIETI 19/11 Gli incontri dell’Ancl Si parla di sanzioni e sistema ispezioni Il Consiglio dell’UP Ancl di Chieti, l’Ordine dei Consulenti del lavoro della provincia di Chieti organizzano in collaborazione con Tecsial Abruzzo srl, Centro Paghe Abruzzo srl, con il patrocinio della Cassa di Risparmio della provincia di Chieti un programma di eventi formativi “Gli incontri dell’Ancl”. Il quinto appuntamento del programma si terrà il 19 novembre 2015 e verterà sul tema: “Il riordino delle ispezioni e del sistema sanzionatorio”. Gli incontri sono pomeridiani:: 1 modulo dalle ore 15.00 alle ore 17.00 - 2 modulo dalle ore 17.00 alle ore 19.00 Si svolgeranno presso la Sala Convegni della Carichieti spa sita in via Colonnetta n. 24 - Chieti Scalo SASSARI 20/11 CdL 3.0: frontiere e strumenti per organizzare lo studio “Cdl 3.0: nuove frontiere e strumenti nell’organizzazione dello studio e nella gestione del rapporto con il mercato” è l’evento formativo organizzato dall’Ancl e dall’Ordine dei Consulenti del lavoro della provincia di Sassari che si terrà venerdì 20 novembre presso la Camera di Commercio di Sassari (via Roma, 74). La sessione mattutina si terrà dalle 10.00 alle 13.00 mentre il pomeriggio si svolgerà dalle 14.30 alle 17.30 FIESOLE 26-27-28/11 Ultima tappa per i corsi di formazione interna dell’Ancl Il 26, 27 e 28 novembre in programma il corso di III livello dei corsi di formazione interna Ancl organizzati dal Centro Studi per l’undicesimo anno di fila in Toscana. Il corso della sessione autunnale è l’ultimo in calendario. I corsi si tengono a Fiesole presso Firenze, nella struttura formativa Centro Studium. Le prenotazioni vanno inviate alla segreteria del Centro Studi Nazionale ANCL SU, [email protected]. Il programma, lo ricordiamo, sviluppa su 3 livelli successivi e collegati la conoscenza, prioritariamente, della nostra associazione, le sue radici, risalenti al lontano 1953; le regole che valgono per una associazione non riconosciuta, quale è la nostra associazione sindacale, e le regole interne al sindacato fondamentali per svolgere il ruolo di dirigente sul territorio e dirigente nazionale dell’Ancl. Molta attenzione viene data alle tecniche di comunicazione. Il corpo docenti è formato da colleghi, docenti universitari, sociologhi, esperti esterni. edizione nr. 112 del 16 novembre 2015 CHI SIAMO DIRIGENTI E SEDI ANCL - SINDACATO UNITARIO ANCL SEGRETERIA NAZIONALE via Cristoforo Colombo, 456 - Scala B, I piano 00145 Roma - tel. 06 5415742 UFFICIO DI PRESIDENZA NAZIONALE Da chi è composto l’Ufficio di presidenza Presidente Nazionale Francesco Longobardi Vice Presidente Nazionale Vicario Guido Sciacca Segretario Tesoriere Luca Bonati Segretario Amministrativo Romana Bettoni Coordinatore del Centro Studi Nazionale Paola Diana Onder Componenti Claudio Faggiotto, Manuela Maffiotti, Dario Montanaro, Roberto Morini CONSIGLIO NAZIONALE SINDACI REVISORI Da chi è composto il Consiglio Giammaria Monticelli, Tiziano Belotti, Luigi Sabatini CONSIGLIO NAZIONALE PROBIVIRI Da chi è composto il Consiglio Rossano Zanella, Filippo Continisio, Luciano Ognissanti CONSIGLIO NAZIONALE Da chi è composto il Consiglio Consiglieri di estrazione congressuale Walter Agostini, Mario Alborno, Mario Annaro, Omar Barella, Giovanni Besio, Romana Bettoni, Paolo Biscarini, Francesco Blasini, Luca Bonati, Bruno Bravi, Luciana Bruno, Maurizio Buonocore, Biancamaria Burali, Antonio Cairo, Stefano Camassa, Stella Crimi, Flavia Croce, Nestore D’Alessandro, Laura Della Rosa, Roberto Entilli, Claudio Faggiotto, Vittorina Faoro, Carlo Flagella, Giovanna Formentin, Annarita Formicola, Debora Furlan, Giuseppe Gaetano, Massimiliano Gerardi, Antonietta Giacomin, Zeno Giarola, Daniele Girini, Mariano Giunta, Alfonso Izzo, Manuela Maffiotti, Livio Masi, Domenico Monaco, Dario Montanaro, Roberto Morini, Piervittorio Morsiani, Loredana Nicoli, Paola Diana Onder, Marco Operti, Leonardo Pascazio, Roberto Pasquini, Valeria Rama, Alberto Saitta, Antonio Saporito, Roberto Sartore, Guido Sciacca, Roberta Sighinolfi, Antonella Spalletti, Antonio Stella, Giuseppe Trovato, Massimiliano Umbaldo, Enrico Vannicola. Ex presidenti ed ex segretari generali nazionali - consiglieri nazionali di diritto Giancarlo Bottaro, Roberto De Lorenzis, Franco Dolli, Giuseppe Innocenti, Gabriella Perini, Benito Pesenato PRESIDENTI CONSIGLI REGIONALI ANCL I presidenti dei Consigli Regionali dell’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Pasquale Arteritano (Molise), Crocifisso Baldari (Puglia), Elisabetta Battistella (Bolzano), Alessandro Bonzio (Veneto), Maria Paola Cogotti (Sardegna), Paolo Dressi (Friuli Venezia Giulia), Luca Fedeli (Toscana), Nicola Filippi (Piemonte), Andrea Fortuna (Lombardia), Anna Maria Granata (Campania), Francesca Antonia Laganà (Calabria), Fabio Licari (Marche), Claudia Paoli (Umbria), Fabiano Paoli (Trento), Andrea Parlagreco (Lazio), Luca Piscaglia (Emilia Romagna), Elisabetta Plevano (Abruzzo) Luigi Schenone (Liguria), Stefania Scoglio (Sicilia)