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Edizione del 16 novembre 2015
Reg. Trib. Civile di Roma sez. stampa n. 371/2009
MISURA COLMA!
Altri disservizi dall’Istituto,
diffida formale dell’Ancl
Seguici su anclsu.com e su facebook #anclsu
Editoriale
All’Inps
diciamo: “Non
si scherza
più”
p. 3
News
Nuova
versione per
il portale
anclsu.com
p. 13
Pareri
Tre nuovi
quesiti per
l’Ufficio
Legale Ancl
p. 31
Redazione
Bollettino ufficiale
Associazione Nazionale Consulenti
del Lavoro - Sindacato Unitario
Anno 9 - Numero 12 (112)
Reg. Tribunale Civile di Roma
sezione stampa n. 371 del 19.11.2009
Sommario
EDIZIONE DEL
16 novembre 2015
EDITORIALE
Non si scherza più
pag. 3
Direttore Responsabile
Francesco Longobardi
NEWS
Così abbiamo diffidato l’Inps
pag. 6
Capo redattore
Paola Diana Onder
NEWS
Si rinnova il sito www.anclsu.com
pag. 8
Coordinatori di redazione
Silvia Bradaschia
Giuliana Della Bianca
Francesco Pierro
Antonella Scambia
Redazione e impaginazione
Solcom srl
via Salvatore Matarrese, 2/G
70124 Bari
Editore
Ancl - Segreteria Nazionale
via Cristoforo Colombo, 456
Scala B, I piano
00145 Roma
Contatti www.anclsu.com
[email protected]
[email protected]
Focus
Gli approfondimenti degli esperti
pag. 10
quesiti
Le risposte a cura del Centro Studi Ancl
pag. 12
PARERI
Le risposte a cura dell’Ufficio Legale
pag. 24
EVENTI
Convegni e incontri
p. 31
CHI SIAMO
Dirigenti e sedi
pag. 32
Tra consulenti del lavoro
Rel.co
Note
chiuso alle
ore 17.14
dell’11
ottobre
2015
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
editoriale
non si scherza più!
P. 3
All’Inps diciamo:
“La misura è colma”
Dobbiamo tutelare
i nostri associati
scrive
Francesco
Longobardi
presidente
nazionale
Ancl - Su
La misura è colma. I ripetuti disservizi
telematici dell’Inps che vengono riferiti da
tutto il territorio nazionale, non passeranno
più sotto silenzio. I Consulenti del Lavoro
sono chiamati da una parte ad ottemperare a numerosissimi adempimenti, dall’altra
sono intermediari inutili, e tuttavia, quando
per forza di cose devono intermediare, i
sistemi telematici non funzionano.
Questa è la condizione vera in cui migliaia
di professionisti sono costretti ad operare
tutti i giorni, erodendo risorse di tempo
ed economiche che potrebbero essere
dedicate a ben altri sviluppi professionali
invece di fare il telelavoratore per conto
della P.A.
A proposito della veste di intermediari, in
questi ultimi giorni abbiamo potuto raccogliere come categoria professionale il
pensiero positivo nei nostri confronti da
parte di concordi ed autorevoli voci, che
evidentemente conoscono più a fondo la
nostra opera quotidiana di quanti invece
vivono di presunzioni infondate. Con il
preventivo consenso interno all’Ancl, si è
provveduto a diffidare l’Inps con un atto
legale e formale ad adoperarsi affinché
sia posto immediato rimedio ai difetti
che provocano le interruzioni del servizio
telematico e ad adoperarsi comunque per
tenere esenti gli utenti dalle conseguenze
negative di tali problematiche, riservandosi,
qualora esse dovessero ulteriormente presentarsi, di denunciare tale comportamento alla competente Autorità Giudiziaria per
l’accertamento di tutte le ipotesi di reato
che la medesima vorrà ravvisarvi.
E’ opportuno a riguardo chiarire, che tale
atto di diffida non va intesa come una scaramuccia dettata dagli ultimi eventi di cui
l’Istituto si è reso pubblicamente protagonista, si tratta bensì dell’inizio di un’ azione
forte e ormai permanente per ristabilire
condizioni di parità e dignità: quando l’Inps
chiede un adempimento e il professionista sbaglia o non ottempera, non solo
emerge la responsabilità professionale, ma
l’azienda o il professionista stesso sono
assoggettati a sanzioni. Orbene, così deve
essere anche per l’amministrazione che
pretende l’adempimento: se sbaglia, che
sia chiamata a pagare, in termini di responsabilità ed in termini di danno arrecato.
Peraltro, come può essere immediatamente accertata la nostra responsabilità, è
altrettanto immediatamente accertabile in
sede giudiziaria la responsabilità dell’istituto: “il rischio inerente alle modalità di
trasmissione (degli atti di ogni genere alla
p.a. ndr.) non può far carico che alla parte
che unilateralmente aveva scelto il relativo
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
editoriale
P. 4
sistema e ne aveva imposto l’utilizzo [agli
utenti]; e se rimane impossibile stabilire se
vi sia stato un errore da parte del trasmittente, o piuttosto la trasmissione sia stata
danneggiata per un vizio del sistema, il
pregiudizio ricade sull’ente” (Cons. Stato,
Sez. III, 25.1.2013, n. 481).
Nella giurisprudenza più recente espressasi sull’argomento, si segnala anche
TAR Puglia, sede di Bari, 28 luglio 2015,
n. 01094 che, richiamando la testé menzionata sentenza del Consiglio di Stato,
aggiunge: “Il Collegio ritiene di condividere
integralmente questa impostazione giurisprudenziale, evidenziando anzitutto, in
linea generale, come le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi debbano collocarsi in una posizione
necessariamente servente rispetto agli
stessi, non essendo concepibile che, per
problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato l’ordinato svolgimento dei rapporti fra
privato e Pubblica Amministrazione e fra
Pubbliche Amministrazioni, nei reciproci
rapporti.
Dalla natura meramente strumentale
dell’informatica applicata all’attività della
Pubblica Amministrazione discende altresì
il corollario dell’onere per la P.A. di doversi
accollare il rischio dei malfunzionamenti
e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale, essendo
evidente che l’agevolazione che deriva
alla P.A. stessa, sul fronte organizzativo
interno, dalla gestione digitale dei flussi
documentali, deve essere controbilanciata
dalla capacità di rimediare alle occasionali
possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento
procedimentale del soccorso istruttorio
(art. 46 D. Lgs. n. 163/2006 e art. 6 L. n.
241/1990).”
Le anzidette risoluzioni della giurisprudenza dicono tutto, senza necessità di poter
aggiungere altro. L’Ancl, per mestiere, deve
tutelare i legittimi interessi dei Consulenti
del Lavoro iscritti al Sindacato. Lo farà
decisamente con ogni mezzo.
E non siamo su scherzi a parte.
IN BREVE
Convenzione per
l’acquisto dei
manuali della
collana praticante
Sottoscritto un accordo per una
offerta dedicata agli iscritti Ancl
La collana Manuale del praticante consulente del Lavoro è realizzata da Wolters Kluwer in collaborazione
con il Centro Studi Nazionale Ancl e con il patrocinio
dell’Ordine dei Consulente del Lavoro.
Anche quest’anno, speciale offerta dedicata agli
iscritti Ancl per l’acquisto dei manuali della collana
praticante consulente del lavoro.
Per maggiori informazioni e dettagli i consulenti del
lavoro iscritti all’Ancl Su possono contattare il proprio
agente Ipsoa/Indicitalia di fiducia attraverso l’indirizzo
www.shopwki.it/agenziewki.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
news
attività sindacale
P. 6
Così abbiamo diffidato l’Inps
“Difetti e ritardi sui servizi”
Il presidente Longobardi scrive all’Inps: “Ci tuteleremo,
anche chiedendo il risarcimento dei danni subiti”
Riportiamo qui l’atto formale di diffida sottoscritto dal presidente nazionale dell’Ancl
Francesco Longobardi e dall’Ufficio Legale Ancl avv. Francesco Stolfa, inviato al
presidente dell’Inps Tito Boeri, al direttore
generale Inps Massimo Cioffi, al presidente
Organismo Indipendente di valutazione
della performance Inps Antonio Antonellis,
al presidente del Consiglio Matteo Renzi, al
ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Giuliano Poletti e al presidente del CNO
Marina Calderone in data 29 ottobre 2015.
Da moltissime sedi della nostra Associazione ci sono pervenute segnalazioni di
continui e intollerabili periodi di malfunzionamento o di non funzionamento dei vostri
servizi informatici che hanno materialmente impedito ai Consulenti del Lavoro nostri
associati di ottenere servizi assolutamente
essenziali per l’ordinario e ordinato svolgimento dell’attività di moltissimi loro clienti.
Tali disservizi si sono verificati, in particolare, nelle giornate del 28 e 29 ottobre uu.ss.
e hanno impedito ad es. di ottenere il Durc
on-line, il rilascio del codice aut. 4R per il
regime de minimis per assunzione apprendisti, la registrazione e quindi l’attivazione di voucher Inps, e tutti gli altri servizi
telematici.
Avendo codesto Istituto informatizzato
tutte le procedure non consentendo di assolvere diversamente ogni adempimento
previsto dalla legge a carico delle imprese, siamo a segnalarvi sin d’ora che ogni
inadempienza eventualmente intervenuta
in tali giornate e comunque intervenuta in
giorni in cui i vostri servizi telematici abbiano avuto anche brevi periodi di malfunzionamento non potrà minimamente essere
addebitata alle aziende né produrre alcun
tipo di addebito o di sanzione o comunque
conseguenza negativa a loro carico.
Tanto ai sensi di legge e in forza del costante e consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “il rischio inerente alle modalità di trasmissione (degli
atti di ogni genere alla p.a. ndr.) non può far
carico che alla parte che unilateralmente
aveva scelto il relativo sistema e ne aveva
imposto l’utilizzo [agli utenti]; e se rimane
impossibile stabilire se vi sia stato un errore da parte del trasmittente, o piuttosto
la trasmissione sia stata danneggiata per
un vizio del sistema, il pregiudizio ricade
sull’ente” (Cons. Stato, Sez. III, 25.1.2013, n.
481). Nella giurisprudenza più recente
espressasi sull’argomento, si segnala
anche TAR Puglia, sede di Bari, 28 luglio
2015, n. 01094 che, richiamando la testé
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
news
P. 7
menzionata sentenza del Consiglio di Stato, aggiunge: “Il Collegio ritiene di condividere integralmente questa impostazione
giurisprudenziale, evidenziando anzitutto,
in linea generale, come le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi debbano collocarsi in una posizione
necessariamente servente rispetto agli
stessi, non essendo concepibile che, per
problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato l’ordinato svolgimento dei rapporti fra
privato e Pubblica Amministrazione e fra
Pubbliche Amministrazioni, nei reciproci
rapporti.
Dalla natura meramente strumentale
dell’informatica applicata all’attività della
Pubblica Amministrazione discende altresì
il corollario dell’onere per la P.A. di doversi
accollare il rischio dei malfunzionamenti
e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale, essendo
evidente che l’agevolazione che deriva
alla P.A. stessa, sul fronte organizzativo
interno, dalla gestione digitale dei flussi
documentali, deve essere controbilanciata
dalla capacità di rimediare alle occasionali
possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento
procedimentale del soccorso istruttorio
(art. 46 D. Lgs. n. 163/2006 e art. 6 L. n.
241/1990)”.
Atteso, comunque, il ripetersi di tali spiacevoli disservizi questa Associazione, che
sono stati registrati anche anteriormente
in periodi recenti, diffida formalmente l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in
persona del suo Presidente e Legale Rap-
presentante pro-tempore, ad adoperarsi
affinché sia posto immediato rimedio ai
difetti che provocano le interruzioni del
servizio telematico e ad adoperarsi comunque per tenere esenti gli utenti dalle
conseguenze negative di tali problematiche, riservandosi, in mancanza, qualora
esse dovessero ulteriormente presentarsi, senza che codesto Istituto si adoperi
neanche per risolvere i disagi provocati
all’utenza, di denunciare tale comportamento alla competente Autorità Giudiziaria
per l’accertamento di tutte le ipotesi di
reato che la medesima vorrà ravvisarvi.
La nostra Associazione tutelerà inoltre
le ragioni di tutti i propri iscritti e dei loro
clienti mettendo a disposizione il nostro
Ufficio Legale anche per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti.
Coglie comunque l’occasione per segnalare al medesimo Presidente INPS, prof. Tito
Boeri, che simili situazioni smentiscono
clamorosamente le sue recenti affermazioni pubbliche in ordine alla volontà
dell’Istituto di ispirarsi a criteri di efficienza
e trasparenza tali da ottimizzare il rapporto
diretto con le aziende, rendendo addirittura superfluo il ruolo di ogni intermediario,
compresi i Consulenti del Lavoro.
Simili episodi, unitamente a tanti altri che
non mancheremo di segnalare anche in
futuro, rendono anzi evidente l’essenzialità
del ruolo di intermediazione e di tutela che
i Consulenti del Lavoro svolgono e (con
buona pace del prof. Boeri) continueranno
a svolgere in favore degli utenti dei servizi
Inps.
Commenta sulla pagina facebook Ancl Su
#AnclDiffidaInps
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
news
P. 8
Si rinnova il sito anclsu.com
Più interattività e servizi
Presentate in occasione dell’Assemblea di Cr e Up del 18
novembre le avanzate funzionalità del nuovo sistema
scrive
redazione
anclsu.com
La crescita costante in termini numerici,
di visibilità, competenza e attività dell’Ancl va di pari passo con la volontà della
stessa associazione di percorrere i tempi
nella maniera più moderna, tecnologica
e rispondente alle necessità formative e
informative dei suoi associati.
E’ per perseguire questo orientamento che
anche il sito www.anclsu.com cambierà
veste per trasformarsi in uno spazio nuovo, intuitivo, dinamico e moderno, ricco di
prestazioni al servizio degli utenti.
La nuova ed innovativa piattaforma verrà
presentata in occasione dell’Assemblea
dei dei CR e delle UP, indetta per mercoledì
18 novembre 2015, presso il Centro Congressi Oly Hotel di Roma.
Nell’occasione verranno illustrate tutte le
avanzate funzionalità del nuovo sistema:
dalla grafica accattivante ed essenziale,
all’uso intuitivo e smart; dai prodotti editoriali e dai contenuti variegati, interessanti
e di elevata professionalità, alla completa interazione e promozione dell’attività
formativa nazionale e territoriale. La nuova
impostazione del portale ufficiale dell’Ancl
permetterà, infatti, sia alla segreteria nazionale che alle Unioni provinciali e Consigli regionali, di poter accedere alle aree
specifiche e personalizzate per la pubblicazione di eventi, convegni, corsi formativi,
gestione delle presenze ed erogazione
di attestati, offrendo così a tutti i singoli
utenti la possibilità di controllare il proprio
percorso formativo, e personalizzare in
modo dinamico ed interattivo la propria
esperienza di fruizione del servizi messi a
disposizione dall’associazione sindacale di
categoria maggiormente rappresentativa
della categoria.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
news
P. 9
FOTOGALLERY
Corsi di Fiesole:
le immagini del
secondo livello di
fine ottobre
Gallery completa disponibile sul
portale del sindacato anclsu.com
nella sezione formazione
Successo anche per il corso di secondo livello svoltosi il 30 e 31 ottobre presso Fiesole. Il programma
dei tre livelli organizzato e promosso da ormai 11
anni dal Centro Studi Nazionale coordinato da Paola
Diana Onder, mira a sviluppare competenze per tutti i
quadri della categoria, con particolare riferimento ai
giovani delle strutture regionali e provinciali, alfine di
rappresentare al meglio le richieste degli associati e
stimolare, favorire, creare, laddove inesistente, quella
comunicazione necessaria per portare le informazioni
dal nazionale al territorio, e viceversa.
La gallery completa è disponibile sul sito www.anclsu.
com nella sezione formazione.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
focus
gli approfondimenti
P. 10
TRASFERTE E RIMBORSI
Dall’Agenzia delle Entrate
chiarimenti sull’imponibilità
del rimborso chilometrico
scrive
Francesco
Pierro
I redditi di lavoro dipendente sono determinati in base al principio di onnicomprensività sancito dall’art. 51, comma 1 del TUIR,
principio per il quale costituiscono reddito
tutte le somme ed i valori percepiti dal
dipendente a qualcunque titolo nel periodo
d’imposta, ivi comprese le erogazioni liberali ed i rimborsi spese, fatto salvo quanto
previsto dal comma 2 e seguenti.
In particolare, il comma 5 prevede un regime fiscale riservato alle trasferte o alle
missioni fuori dal territorio comunale che
non concorrono a formare il reddito per la
parte eccedente € 46,48 al giorno, elevate ad € 77,46 per le trasferte all’estero, al
netto delle spese di viaggio e di trasporto.
Difatti, in caso di trasferta extra comunale,
sono previsti 3 distinti regimi di tassazione:
• Rimborso analitico: con rimborso di tutte
le spese documentate, indennità chilometriche incluse (prestazioni lavorative al di
fuori del Comune in cui è situata la sede di
lavoro e calcolo in base alla tabella ACI).
• Indennità forfettaria: indennità di trasferta nei limiti giornalieri di esenzione;
• Sistema misto: con il rimborso analitico
del vitto o alloggio, l’indennità forfettaria
si riduce di 1/3, con il rimborso del vitto e
dell’alloggio, il limite si riduce di 2/3. In presenza di rimborso analitico delle spese per
trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative
al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto,
nonchè i rimborsi di altre spese, anche non
documentabili, eventualmente sostenute
dal dipendente, sempre in occasione di
dette trasferte o missioni, fino all’importo
massimo giornaliero di € 15,49, elevate ad
€ 25,82 per le trasferte all’estero.
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione
in commento, ha chiarito che, laddove la
distanza percorsa dalla propria abitazione
alla sede di missione risultasse inferiore
rispetto a quella calcolata dalla sede di
lavoro il rimborso chilometrico è da considerarsi non imponibile. Diversamente,
nel caso in cui la distanza dalla propria
abitazione alla sede di missione risultasse
maggiore a quella calcolata dalla sede di
lavoro il maggior importo verrebbe ad essere considerato reddito imponibile.
In conlusione, l’interpretazione appare
corretta consentendo da un lato, al lavoratore di poter partire direttamente da casa,
dall’altro al datore di lavoro di veder meglio applicato in modo più funzionale alle
esigenze organizzative aziendali il proprio
interesse esclusivo alla trasferta.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
focus
FONDO RESIDUALE
P. 11
Fondo di integrazione sociale,
le regole dall’1 gennaio 2016
scrive
Renzo
La Costa
Passata quasi sotto silenzio, la norma che
introduce nuove forme di contribuzione
per i datori di lavoro, dispiegherà i propri
effetti a breve, dal 1 gennaio 2016. La legge 92/2012 aveva introdotto il cd. Fondo
residuale, ovvero un fondo alimentato
dalla contribuzione delle aziende con più
di 15 dipendenti preposto ad assicurare ai
lavoratori dipendenti una tutela economica
in caso di sospensione dal lavoro. Tale fondo era tra l’altro costituito in forma sostitutiva, laddove aziende e rappresentanze
dei lavorati non fossero riusciti a costituirsi
fondi propri entro marzo 2014. Il sistema
di tutele così introdotto, riguardava esclusivamente le imprese non coperte dalla
normativa in materia d’integrazione salariale. Con successive circolari n. 99 dell’8
agosto e n. 100 del 2 settembre 2014,
l’Inps ha dettato le necessarie istruzioni
per la predetta contribuzione, individuando
anche le aziende tenute alla contribuzione.
Contribuzione che c’è stata da parte delle
aziende tenute, ma che non ha generato
alcun ritorno in forme di tutela economica
degli interessati, a causa dell’incompiuta
organizzazione e funzionamento del fondo
in questione.
Le prestazioni del Fondo di solidarietà allo
stato sono finanziate dai seguenti contributi:
• un contributo ordinario dello 0,50% della
retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori dipendenti (esclusi i
dirigenti), di cui due terzi a carico del datore di lavoro (0,33%) ed un terzo a carico del
lavoratore (0,17%);
• un contributo addizionale totalmente a
carico del datore di lavoro che ricorra alla
sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, calcolato in rapporto alle retribuzioni
perse nella misura del 3% per le imprese
che occupano fino a 50 dipendenti e del
4,50% per le imprese che occupano più di
50 dipendenti
Il Dlgs 148/2015 ha riscritto le regole della
gestione e funzionamento del Fondo (art.
28) prevedendo tra l’altro l’adeguamento
alle nuove disposizioni dal prossimo 1
gennaio 2016.
Ma da tale data decorre una ulteriore e
non secondaria variazione, dettata dal
successivo art. 29 del predetto dlgs. Il
fondo residuale assumerà la denominazione di “fondo di integrazione salariale” al
quale vanno ad aggiungersi nuovi soggetti tenuti al contributo. Infatti vengono
indicati quali soggetti alla disciplina del
fondo di integrazione salariale anche i
datori di lavoro che occupano mediamente
più di cinque dipendenti, appartenenti a
settori che non hanno costituito fondi di
solidarietà bilaterali. Il fondo di integrazione salariale, finanziato con i contributi dei
datori di lavoro appartenenti al fondo e dei
lavoratori da questi occupati, garantisce
l’assegno di solidarietà disciplinato dal
medesimo decreto in caso di sospensioni
dal lavoro. Variazione ancora non da poco,
sta nella nuova individuazione dei soggetti
tenuti alla contribuzione: non sono più le
“imprese” così come le aveva individuati la
legge 92/2012, ma divengono ora “i datori
di lavoro”.
Cosicchè, oltre ad essere ad esempio
attratte alla contribuzione anche organizzazioni non lucrative, rientreranno anche
quelle categorie di professionisti che non
hanno costituito fondi propri di solidarietà. Il resto di questa vicenda è ancora tutto
da scrivere.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
l’esperto risponde
P. 12
Ambulatorio con
due medici: a chi
spetta l’esonero
contributivo?
a cura di
Paola Diana
Onder
coordinatore
Centro Studi
nazionale
Domanda
Soluzione proposta
Due medici che svolgono la propria attività
presso un medesimo ambulatorio ma il
primo in orario antimeridiano e il secondo
in orario pomeridiano vorrebbero effettuare un’assunzione part-time di una dipendente addetta alla segreteria, che avrebbe
i requisiti soggettivi per poter permettere
al datore di lavoro di usufruire dell’esonero
contributivo previsto dalla Legge di Stabilità.
Uno dei requisti soggettivi del candidato
per l’eventuale esonero è che l lavoratore,
nel corso dei sei mesi precedenti l’assunzione, non risulti occupato, presso qualsiasi datore di lavoro, in forza di un contratto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato, pertanto l’esonero si ritiene non
applicabile in capo ad entrambi in quanto
non si ritiene sostenibile che i due contratti siano stati sottoscritti contestualmente;
Premesso che i datori di lavoro vorrebbero
effettuare l’assunzione il medesimo giorno,
il primo per 20 ore settimanali e il secondo
altrettanto per lo svolgimento dell’attività
nella fascia pomeridiana. Entrambi i datori
di lavoro, possono usufruire dell’esonero
contributivo?
inoltre gli stessi modelli Unilav, con relativo
protocollo data e orario di invio, attesterebbero in modo inequivocabile l’inizio del
primo rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo ad uno dei due datori di
lavoro.
Risponde Paola Maschietto
Teoricamente, a mio parere, l’agevolazione spetterebbe al primo rapporto di lavoro, e non
anche al secondo, in quanto, si tratta di un’assunzione di una persona già occupata a
tempo indeterminato, che sottoscrive un secondo contratto a completamento dell’orario
settimanale.
Su tale aspetto non mi risultano però al momento indicazioni ufficiali.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
Convenzione tra
Italia e San Marino
per evitare doppie
imposizioni, un
caso particolare
Domanda
Un avvocato italiano ha reso, in Italia,
una prestazione per conto della Cassa di
Risparmio della Repubblica di San Marino.
Al momento del pagamento del compenso (nel 2014) è stata operata la ritenuta a
titolo d’imposta del 20%. Nel mod. unico
2015 il professionista dichiarerà il compenso percepito nel quadro re, assoggettandolo a tassazione ordinaria, ma come
potrà recuperare la ritenuta alla fonte
subita?
Soluzione proposta
Richiesta di rimborso.
P. 13
Risponde Giammaria Monticelli
Con riferimento al quesito proposto si precisa che la legge n.
88 del 19 luglio 2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 177
del 30 luglio, ha avviato le procedure di ratifica ed esecuzione
dell’accordo per evitare le doppie imposizioni in materia d’imposte
sul reddito e prevenire le frodi fiscali. Tra la Repubblica Italiana e
la Repubblica di San Marino. LEGGE 19 luglio 2013, n. 88 Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana
e la Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni
in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali,
con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 21 marzo 2002, e del
relativo Protocollo di modifica, fatto a Roma il 13 giugno 2012.
(13G00131) (GU Serie Generale n.177 del 30-7-2013)
A seguito della comunicazione formale da parte dello Stato italiano, dal 3 ottobre 2013 la Convenzione è entrata in vigore dopo
il perfezionamento delle procedure di scambio di notifiche tra i
due Paesi, come previsto e autorizzato dalla legge di ratifica ed
esecuzione. L’art. 14 di tale convenzione prevede che: 1. I redditi
che una persona fisica residente di uno Stato contraente ritrae
dall’esercizio di una libera professione o da altre attività analoghe
di carattere indipendente sono imponibili in detto Stato. Tali redditi sono imponibili anche nell’altro Stato contraente secondo la
propria legislazione interna. 2. L’espressione “libera professione”
comprende in particolare le attività indipendenti di carattere
scientifico, letterario, artistico, educativo o pedagogico, nonché’
le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti,
dentisti e contabili.”
L’art. 23 prevede le modalità per eliminare la doppia imposizione:
1. Si conviene che la doppia imposizione sarà eliminata in
conformità ai seguenti paragrafi del presente articolo. 2. Per
quanto concerne l’Italia: Se un residente dell’Italia possiede
elementi di reddito che sono imponibili a San Marino, l’Italia, nel
calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell’articolo 2
della presente Convenzione, può includere nella base imponibile
di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano
diversamente. In tal caso, l’Italia deve detrarre dalle imposte
così calcolate l’imposta sui redditi pagata a San Marino ma
l’ammontare della detrazione non può eccedere la quota di
imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del
reddito complessivo. Questo è il caso però del professionista che
presta la propria attività nel paese estero e non è il nostro caso.
Si ritiene pertanto che, essendo la prestazione svolta in Italia, la
ritenuta non doveva essere effettuata e comunque se effettuata
mancano i presupposti per poterla utilizzare in deduzione delle
imposte italiana perché non prevista dalla normativa italiana.
Si suggerisce di richiedere al committente il saldo della fattura.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
Lavoro notturno,
è necessaria la
consultazione
preventiva del
sindacato
Domanda
Un bar (CCNL Pubblici esercizi) vorrebbe
far lavorare i suoi dipendenti nel periodo
notturno (dalle 23 alle 6) per non più di 2
ore. Tali dipendenti non sarebbero quindi
definibili come lavoratori notturni, né ai
sensi di legge né a quelli del CCNL. L’art 12
del Dlgs 66/2003 dice che, per introdurre
il lavoro notturno, è necessaria la consultazione delle rappresentanze sindacali dei
lavoratori, interne o, in mancanza, esterne.
Nel caso da me prospettato è necessaria
tale consultazione preventiva?
Soluzione proposta
Secondo me, no. Il D lgs 66/2003 non
definisce il lavoro notturno, dà la definizione di “periodo notturno” e di “lavoratore notturno”. La definizione di “lavoro
notturno” si può quindi ottenere solo in
maniera indiretta, come “lavoro svolto dal
lavoratore notturno”. Quindi, dove non ci
sono lavoratori notturni, come nel caso da
me esposto, non c’è lavoro notturno e di
conseguenza non c’è bisogno di consultazione sindacale né di visite di idoneità per
tale tipo di lavoro.
P. 14
Risponde Antonio Stella
Per quanto attiene alle disposizioni sul lavoratore notturno,
occorre distinguere il periodo notturno ai fini legali da quello ai
fini contrattuali, cioè quello per il quale spetta la maggiorazione
retributiva. Preliminare al quesito è dunque la definizione di “lavoratore notturno”, che secondo l’art. 1, comma 2, lett. e), del D.Lgs.
66/2003individua:
1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga
almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in
modo normale;
2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno
almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dalla contrattazione collettiva. In difetto di disciplina da parte
della contrattazione collettiva è considerato lavoratore notturno
qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di
80 giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro part-time.
Nel caso di specie, il CCNL Turismo – Pubblici Esercizi l’art. 301
prevede che “ Ai fini di cui al comma 1 dell’art. 121, il periodo
notturno comprende l’intervallo tra le ore 23:00 e le ore 6:00 del
mattino”, senza ulteriore specificazioni.
Dal combinato disposto della legge e della contrattazione collettiva, ne consegue che per quanto riguarda il primo paramento
lo status di lavoratore notturno spetta a quei lavoratori la cui
prestazione lavorativa si collochi per almeno 3 ore, nel periodo
notturno cosi come individuato dal contratto collettivo. Pertanto
il dipendente di azienda Turismo – Pubblici esercizi sarà considerato lavoratore notturno nel caso in cui svolga la prestazione
lavorativa di almeno 3 ore, tra le 23.00 e le 6.00.
Il secondo requisito, disciplina l’ipotesi in cui la prestazione lavorativa non si realizza in modo sistematico. Solo in difetto di contrattazione collettiva la norma definisce lavoratore notturno colui
che svolge “lavoro notturno” per un minimo di 80 giorni lavorativi
l’anno. Al riguardo appare coerente l’interpretazione secondo la
quale il “lavoro notturno” è una prestazione non inferiore a 3 ore
resa nel periodo notturno come sopra indicato.
In sintesi la consultazione sindacale sarà necessaria qualora il
lavoratore effettui la propria prestazione lavorativa in modo continuato per 3 ore dalle 23.00 alle 6.00 oppure in modo non sistematico per un minimo di 80 giorni annui una prestazione di durata
non inferiore a 3 ore nel medesimo arco temporale.
Così come commentato anche dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro nella Circolare 5/2008 al punto 5, la definizione
di lavoro notturno non essendo definita dal D.lgs. 66/2003, si ottiene in via indiretta, considerando tale prestazione “inferiore a 3
ore nel periodo notturno”. In base al citato orientamento dottrinale nel caso considerato non si ritiene siano presenti le condizioni
che rendono necessaria la consultazione sindacale.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
Se l’azienda viene
ceduta, continua
a valere l’esonero
triennale
contributivo?
Domanda
Un’azienda ha dei lavoratori assunti con
l’esonero contributivo ex l. 190/2014.
L’azienda viene ceduta. Il cessionario può
continuare a usufruire dell’esonero, visto
e considerato che trattasi di trasferimento
e quindi il rapporto tra azienda e lavoratori
prosegue senza soluzione di continuità?
Per le agevolazioni ex L. 407/90 questa
possibilità era contemplata (Interpello Min.
Lav n. 20/2010) Posto che sia possibile,
il fatto che il cessionario sia fratello del
cedente può comportare problemi?
Soluzione proposta
Secondo me, considerando che il rapporto
prosegue senza interruzioni, è possibile
continuare a usufruire dell’esonero. Quando al rapporto di parentela, se la transazione è regolare e genuina non vedo che
problemi possa comportare tale rapporto.
P. 15
Risponde Paola Cogo
All’art. 2112 del Codice Civile si legge al quinto comma che :
“Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per
trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a
cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella
titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo
di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o
dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato
ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda.”
Già da questo primo assunto se ne deduce che in caso di trasferimento di azienda, sia nella sua interezza che in una sua frazione,
intesa come si usa oggi dire “ramo d’azienda” , muta il titolare
del complesso dei beni aziendali mentre l’entità sottostante al
vertice mantiene inalterata la propria identità, nella forma e nella
sostanza.
Dal lato Azienda cessionaria, la stessa non potrà che prendere
atto dello status quo dell’Azienda cedente, ivi compresi gli sgravi
contributivi acquisiti che vengono “ereditati” dal cessionario per
la parte residua e fino a scadenza.
Con l’interpello 20/2010, il Ministero del Lavoro ha chiarito quali
siano le condizioni che determinano il diritto a beneficiare di
sgravi e agevolazioni; vengono richiesti alcuni requisiti sia di
carattere soggettivo al lavoratore che oggettivo all’Azienda. Ai
fini del mantenimento degli sgravi contributivi risulta essenziale
che in capo al cessionario vengano mantenuti i requisiti richiesti
dalla norma, come nel caso specifico la 407/90 citata dal collega,
ovvero la permanenza in zone del Mezzogiorno o lo svolgimento
di attività artigiana o per la legge 190/2014 (art. 1 c. 118-119) ,
non aver prestato lavoro dipendente a tempo indeterminato nei 6
mesi precedenti l’assunzione.
Dal punto di vista del dipendente, non verificandosi quindi l’interruzione del rapporto di lavoro instaurato, non muta tipologia
contrattuale attribuita ab origine e nemmeno la propria condizione soggettiva richiesta per lo sgravio che viene verificata al
momento dell’assunzione.
Tutto ciò premesso, il fatto che nel caso prospettato nel quesito
il cessionario sia il fratello del cedente, pur non sapendo che tipo
di contratto venga applicato né il settore di appartenenza, non fa
che rafforzare quel principio di continuità dell’attività dell’azienda
nel suo complesso.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
P. 16
In ambito contributivo non
esiste transazione,
solo dilazione del debito
Domanda
Risponde Renzo La Costa
Stanti le attuali difficoltà creditizie, se al
fisco viene richiesta e proposta una transazione, l’imprenditore ottiene il vantaggio
della precisa individuazione del debito
tributario con conseguente anche possibilità di una proposta di concordato........... La
stessa cosa non esiste in ambito Assicurativo-Previdenziale?
In ambito contributivo, non sussiste la possibilità di transazione, ma unicamente quella della dilazione del debito contributivo,
comprensiva di sanzioni civili interessi di dilazione (6 punti oltre
il tasso ufficiale di riferimento). Condizione essenziale per l’autorizzazione alla dilazione è che l’istanza comprenda tutti i debiti
contributivi a carico dell’azienda. Altra e primaria condizione sta
nel fatto che l’azienda abbia comunque effettuato regolarmente
le denunce mensili pur non provvedendo al relativo pagamento, cosicché si configura unicamente l’omissione contributiva
e non invece l’evasione. Con la circolare nr 106/2010, l’Inps (in
esecuzione delle determinazioni del C.d.A. nr. 250/2009 e nr.
106/2010) ha inteso ridisciplinare l’Istituto delle dilazioni. Chi
intende chiedere la dilazione su cartella esattoriale deve:
1. presentare alla sede di competenza domanda di dilazione, reperibile presso ogni sede Inps, o scaricabile dal sito internet www.
inps.it (Moduli aziende e contributi);
2. nell’eventualità in cui vi sia la presenza di più cartelle di pagamento notificate, chiedere la rateazione per tutte le pendenze
presso l’esattoria;
3. allegare la quietanza di versamento non inferiore 1/12° del debito contributivo per ogni cartella esattoriale (al netto di eventuali
sanzioni o oneri accessori), effettuato presso l’esattoria o con
modello F35 presso istituti bancari o postali;
4. se si tratta di azienda con dipendenti, attestare l’avvenuto integrale pagamento delle quote a carico di quest’ultimi;
5. qualora la domanda non venga sottoscritta in presenza del
funzionario Inps, che ne certifica le generalità, allegare fotocopia
di un documento di identità (D.P.R. 445/2000 art. 35).
Nel caso in cui il debito sia in fase amministrativa, in fase legale
o già iscritto a ruolo ma non ancora notificato, la domanda deve
essere unica e comprendere tutti gli importi non pagati.
A tal proposito è opportuno che l’assicurato si rivolga alla sede
Inps di appartenenza affinché gli venga rilasciata una stampa con
l’indicazione del debito, delle sanzioni quantificate alla data di presunta presentazione della domanda ed i dati per la compilazione
del modello F24.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
P. 17
Azienda edile con dipendente
extra limiti quantitativi, può
assumere un altro part-time?
Domanda
Risponde Antonio Stella
Una nostra azienda, impresa edile artigiana
che applica il CCNL Edilizia artigianato, ha
un solo dipendente. Questo dipendente
è part time in quanto operaio altamente
specializzato di 4° livello, che non rientra
nei limiti quantitativi previsti dal CCNL
applicato. Ora l’azienda vorrebbe assumere
un operaio, questa volta manovale di 1°
livello, usufrendo della possibilità concessa dal CCNL di stipulare un solo contratto
contravvenendo i limiti, purchè limitato a
912 ore annue. Vorrei sapere se l’azienda
può stipulare questo contratto, avendo già
un lavoratore part time.
Secondo l’art. 97 del vigente CCNL Edili artigiano, “Fermo restando quanto previsto dalla legge, le parti stabiliscono che un’impresa edile non può assumere operai a tempo parziale per una
percentuale superiore al 3% del totale dei lavoratori occupati a
tempo indeterminato.
Soluzione proposta
A mio parere l’azienda può stipulare un
contratto di questo tipo, in quanto
l’altro part time è escluso dai limiti quantitativi e quindi non si computa,
e perciò viene rispettato il limite previsto,
pari a un solo lavoratore.
Resta ferma la possibilità di impiegare almeno un operaio a tempo
parziale, laddove non ecceda il 30% degli operai a tempo pieno
dipendenti dell’impresa.
Si concorda che, ferme restando le percentuali indicate ai commi
7 e 8, le imprese da 0 a 3 dipendenti possono assumere dipendenti operai a tempo parziale, per un periodo massimo temporale
del 30% del monte ore annuale degli addetti occupati nell’impresa […]Sono in ogni caso esenti dai limiti quantitativi di cui ai
commi 7, 8 e 9 i contratti a part-time stipulati con personale
impiegatizio, con personale operaio non adibito alla produzione
ad esclusione degli autisti, con personale operaio di 4° livello, con
personale operaio occupato in lavori di restauro ed archeologici,
con personale operaio che usufruisca di trattamento pensionistico, nonché le trasformazioni del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time motivate da gravi e comprovati problemi di salute
del richiedente, ovvero da necessità di assistenza del coniuge o
dei parenti di 1° grado per malattia o condizioni di disabilità che
richiedano assistenza continua, adeguatamente comprovate.”
Secondo il dettato normativo nulla osta all’ assunzione di un operaio part time, posto che il lavoratore già in forza presso l’azienda
è inquadrato al 4° livello e pertanto escluso dai limiti quantitativi.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
P. 18
Licenziata ad aprile 2015 con
preavviso fino a maggio 2015.
Va attribuita l’Aspi o la Naspi?
Domanda
Una dipendente di una Società mia cliente è stata licenziata in data 8 aprile 2015
con pagamento dell’indennità di preavviso
di 30 giorni di calendario che se lavorato
sarebbe scaduto l’8 maggio 2015. All’atto
della richiesta dell’indennità di disoccupazione si è vista rifiutare la NASPI e attribuire l’ASPI in quanto il rapporto si è risolto,
secondo i funzionari Inps, giuridicamente
l’8 aprile 2015. Ciò in contrasto con la circolare Inps nr 94/2015 che al p.to 2.6 lettera e. che recita …” data di fine del periodo
corrispondente all’indennità di mancato
preavviso ragguagliato a giornate”. Ciò in
relazione alla data di presentazione della
domanda. La dipendente ha intenzione
di ricorrere contro la decisione assunta
dall’Inps. In ragione di ciò si richiede se
ha possibilità di vittoria nel proponendo
contenzioso.
Risponde Giovambattista Vavalà
Com’è noto, l’art.1 del d.lgs. n.
22/2015 ha istituito, a decorrere dal 1° maggio 2015, la
“Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)», come misura di
sostegno al reddito ai lavoratori
con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto
involontariamente l’occupazione. La NASpI sostituisce le
prestazioni di ASpI e mini-ASpI
con riferimento agli “eventi di
disoccupazione verificatisi dal
1° maggio 2015”.
L’art. 6 dello stesso decreto
precisa che la domanda della
prestazione va effettuata in via
telematica entro il termine di
decadenza di sessantotto giorni “dalla cessazione del rapporto di lavoro”, e che il trattamento decorre “dall’ottavo giorno
successivo alla cessazione del
rapporto di lavoro”.
Per rispondere al quesito proposto, sembra dunque fondamentale stabilire quando possa
dirsi realizzata la condizione di
“disoccupazione” e quale debba
essere considerata la data di
“cessazione del rapporto di
lavoro”. Su tale ultimo punto,
lo stesso Inps ha fornito delle
indicazioni, richiamando, nella
circolare n. 94/2015, la giurisprudenza esistente in materia.
Innanzitutto, l’Istituto afferma
che “per evento di disoccupazione si intende l’evento di
cessazione dal lavoro che ha
comportato lo stato di disoccupazione”.
In altre parole, si dovrebbe
così intendere l’atto di notifica
del licenziamento che priva il
lavoratore del posto di lavoro,
rendendolo di fatto disoccupato. Si fa presente, tuttavia, che
(come da sempre sostenuto
dall’Inps, anche nella circolare
richiamata) la condizione di
disoccupato si realizza solo
allorché il lavoratore, dopo aver
perso il posto di lavoro, si presenta al Centro per l’impiego
per rendere la dichiarazione di
disponibilità all’occupazione, indispensabile per poter accedere alle varie forme di sostegno
al reddito, compresa la Naspi e
che, il più delle volte, la cessazione del rapporto è legata
allo svolgimento del periodo di
preavviso.
In secondo luogo, lo stesso
Istituto precisa che il termine
di sessantotto giorni per la
presentazione della domanda
decorre dalla data di ces-
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
sazione dell’ultimo rapporto
di lavoro, intesa, nel caso di
licenziamento con preavviso,
come “la data di fine del periodo corrispondente all’indennità
di mancato preavviso ragguagliato a giornate”.
Coerentemente con tale assunto, al paragrafo 2.7.3 della
circolare citata viene precisato
che la prestazione decorre
“dall’ottavo giorno successivo
alle date di fine dei periodi di
maternità, malattia, infortunio
sul lavoro/malattia professionale o di mancato preavviso
del precedente paragrafo 2.6,
qualora la domanda sia stata presentata entro l’ottavo
giorno”.
Pare evidente, dunque, che
lo stesso Istituto consideri il
periodo di preavviso, anche
qualora non lavorato (e monetizzato), alla stregua di un
normale periodo di occupazione, durante il quale non solo il
rapporto rimane virtualmente
in essere, ma neppure può essere proposta la domanda, né
decorre la prestazione.
Aggiungiamo, anzi, che il problema non si sarebbe neppure
posto se il preavviso, invece
P. 19
di essere monetizzato, fosse
stato lavorato, in quanto la
data di cessazione del rapporto
sarebbe caduta dopo il primo
maggio; ma poiché la legge
consente pacificamente, in
luogo del preavviso, la corresponsione dell’indennità sostitutiva, che copre il medesimo
periodo, sia a livello retributivo
che contributivo, una disparità di trattamento fra le due
situazioni potrebbe risultare
ingiustificata.
Vale a dire che, in entrambi i
casi, la cessazione giuridica
del rapporto di lavoro potrebbe
essere considerata quella in cui
finisce il preavviso, e non quella
in cui cessa di fatto la prestazione.
Per concludere, sebbene il tenore letterale della disposizione
sembra dare maggiore rilevanza al momento dell’evento (la
notifica del licenziamento) che
crea la condizione di disoccupazione, sembra che, dal punto
di vista logico-sistematico, vi
siano i presupposti per poter
proporre ricorso avverso l’atto
di diniego della Naspi.
Pensionato oltre
65 anni e nuovo
regime forfettario,
come funziona?
Domanda
Artigiano pensionato, di età superiore ai 65
anni, continua la sua attività di sarto senza
dipendenti, versando i contributi INPS
artigiani sul minimale ridotti al 50%.
Dal 1/1/2015, ha tutti i requisiti, per accedere naturalmente al nuovo regime forfettario per le imprese minori introdotto dalla
legge di stabilità 2015 (articolo 1, c. da 54 a
89, legge 190/2014).
Per l’anno di imposta 2015 potrà continuare a versare i contributi ridotti al 50% data
l’età superiore a 65 anni?
Risponde Renzo Ghiotto
Le nuove regole, in vigore per chi sceglie il
nuovo regime fiscale forfetario, prevedono
due strade alternative: applicare il minimale contributivo e fruire dello sgravio del
50% dei contributi per artigiani o commercianti con più di 65 anni di età, già pensionati, oppure scegliere il nuovo regime (con
opzione da effettuare entro il 28 febbraio
dell’anno) che esclude l’applicazione del
minimale, ma elimina anche lo sconto del
50% indicato (si veda anche circolare INPS
n. 29 del 10 febbraio 2015).
Pertanto, l’artigiano pensionato di età
superiore ai 65 anni, che non opti per il
nuovo regime agevolato contributivo, potrà
continuare a beneficiare del dimezzamento dei contributi.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
P. 20
Bonus Irpef non corrisposto
o corrisposto in misura
inferiore, come funziona?
Domanda
A taluni Lavoratori nel corso dell’Anno non
è stato corrisposto o è stato corrisposto in
misura inferiore a quanto poi effetivamente spettante sulla base del reddito presunto dell’Anno 2014 il Bonus di cui al D.L.
66/2014. Si chiede se la rideterminazione
sulla base del reddito effettivamente percepito in sede di conguaglio fiscale riguardi
solo l’eventuale trattenuta dell’importo
erogato indebitamente o anche il rimborso
del non erogato ma spettante.
Soluzione proposta
Il Bonus è stato applicato sulla base del
reddito di lavoro dipendente presunto
relativo all’anno 2014 ed è soggetto ad
eventuale rideterminazione in sede di conguaglio fiscale di fine anno sulla base del
reddito effettivamente percepito nell’anno; quindi da trattenere eventuali somme
non spettanti e da corrispondere quanto
spettante al Lavoratore, con il cedolino di
conguaglio di fine anno.
Risponde Paola Maschietto
Il bonus Irpef spetta a tutti i
lavoratori dipendenti e a chi
percepisce redditi assimilati al
lavoro dipendente.
Per percepire il bonus il contribuente non deve fare alcuna
richiesta, in quanto questo
scatta in automatico e il sostituto d’imposta è tenuto a
versarlo nel momento in cui
quest’ultimo, dai calcoli effettuati ritiene che il contribuente
ne abbia diritto.
Vi sono comunque casi specifici in cui è prevista una
richiesta scritta da parte del
contribuente; ad esempio nel
caso di due o più rapporti di
lavoro part-time il contribuente che ritenga di avere diritto
al bonus può comunicarlo per
iscritto ai datori di lavoro e farsi
versare da solo uno dei titolari
il bonus; oppure nel caso di
diversi contratti a termine con
diversi titolari il contribuente
può chiedere all’ultimo titolare il
conguaglio del bonus spettante; lo stesso vale per i lavoratori
con contratti co.co.pro. o co.co.
co. con più committenti.
Particolare attenzione deve essere rivolta da coloro che percepiscono redditi da locazioni
assoggettati a cedolare secca:
in questo caso anche questo
reddito concorre al raggiungimento del limite annuo che da
diritto al bonus. Non concorrono al reddito totale che da
diritto al bonus Irpef, i redditi
soggetti all’imposta sostitutiva
per l’incremento di produttività.
Nel caso in cui il contribuente
si accorga che per effetto di
più redditi superi la soglia dei
24.000 o dei 26.000 €uro
deve comunicare al proprio
sostituto d’imposta di non
avere diritto al bonus ed eventualmente di voler restituire
la somma già indebitamente
percepita.
Sono invece esclusi dall’applicazione del bonus gli incapienti
ovvero coloro che possiedono un reddito fino a 8.000
euro. Questo perché l’imposta
prodotta dal reddito è già tutta
assorbita dalla detrazione per
lavoro dipendente spettante.
Diverso è il discorso per coloro
che risultano incapienti per effetto delle detrazioni carichi di
famiglia, nel qual caso il bonus
viene erogato ugualmente. Il
bonus non spetta ai pensionati,
i lavoratori autonomi e coloro
che hanno un reddito superiore
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
a 26mila €uro.
In molti casi potrà accadere
che l’imponibile di fine anno
porti il lavoratore a perdere
il diritto per intero o in parte
del credito già percepito e a
costringere il datore di lavoro a
recuperarlo in fase di conguaglio. In questo caso, il lavoratore si troverebbe decurtata la
busta paga di somme importanti. Per evitarlo, il lavoratore
stesso, che non possa avere
certezza della fascia di reddito
in cui cadrà a fine anno, può
richiedere al datore di lavoro di
non applicare il bonus.
L’esempio caratteristico
riguarda coloro che hanno
un contratto di lavoro a tempo determinato o a progetto
con scadenza entro l’anno. In
questo caso il calcolo puntuale
del bonus terrà conto dei giorni
di lavoro e quindi sarà: (Bonus/365)* moltiplicato i giorni
effettivi di contratto.
Se il periodo di lavoro nell’anno
2014 è inferiore a 365 giorni,
l’importo del credito spettante,
come precedentemente determinato, deve essere parametrato al numero dei giorni
di lavoro dell’anno, calcolati
tenendo conto delle regole
P. 21
ordinariamente applicabili per
l’applicazione delle detrazioni
previste dall’art.13 del TUIR. Il
datore di lavoro a fine 2014,
avendo a disposizione tutti i
dati per il calcolo dell’imponibile fiscale complessivo, potrà
eseguire un controllo finale per
il corretto conteggio.
Nei casi in cui i lavoratori si siano avvalsi della facoltà di chiedere il conguaglio riassuntivo
all’ultimo datore di lavoro, questi avrà a disposizione anche il
modello Cud, rilasciato dal precedente sostituto di imposta,
da cui potrà ricavare il reddito
e l’ammontare del bonus che
i lavoratori hanno percepito
nel corso dell’altro rapporto di
lavoro. Il venir meno delle condizioni di spettanza del credito
obbligherà il sostituto di imposta che esegue il conguaglio al
recupero immediato di quanto
erogato in precedenza perché
non più spettante.
Esonero triennale,
info su lavoratori
comunitari ed
extracomunitari
Domanda
Spetta anche a lavoratori comunitari da
poco in Italia o per extracomunitari con
permesso di soggiorno recente ? E’ sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto
di notorietà degli stessi per accertare la
non occupazione a tempo indeterminato
nei sei mesi precdenti ?
Soluzione proposta
Spetta
Risponde Paola Maschietto
L’esonero contributivo in oggetto spetta
a condizione che, nei sei mesi precedenti
l’assunzione, il lavoratore non sia stato
occupato, presso qualsiasi datore di lavoro,
con contratto a tempo indeterminato.
I datori di lavoro potrebbero richiedere
al selezionando un dichiarazione di responsabilità ex DPR n. 445/2000 e, per
maggiore sicurezza, sarebbe comunque
opportuno acquisire, prima dell’assunzione,
il rilascio da parte dei centri per l’Impego
competenti, di una dichiarazione che convalidi i requisiti di iscrizione ed occupazionali relativi al semestre precedente.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
P. 22
Bonus 80 €, reddito lavoro
dipendente e pensione: cosa
succede se supera il limite?
Domanda
Si chiede conferma o meno
1) ai fini del limite del reddito complessivo fino a euro 26.000,00 si computano
anche i redditi di pensione
2) ai fini della spettanza del bonus si fa
riferimento ai soli redditi di lavoro dipendente Primo esempio : reddito di lavoro
dipendente 7.000,00 + reddito da pensione 10.000,00 = 17.000,00 Ai fini del
reddito complessivo spetterebbe il bonus
Ai fini del reddito di lavoro dipendente il
bonus non spetta Conclusione ; nel caso
il bonus non spetta nè dal datore di lavoro nè in sede di 730 Secondo esempio :
reddito di lavoro dipendente 20.000,00
capiente. Il bonus spetta. In sede di 730
viene sommato un reddito di pensione di
euro 10.000,00 che fa superare il reddito
di euro 26.000,00
Conclusione : nel secondo caso il bonus
non spetta e deve essere restituito.
Soluzione proposta
Come sopra
Risponde Paola Maschietto
Con la legge di stabilità il
bonus di 80 euro diventa
definitivo; anche per il 2015
il bonus in busta paga continuerà a essere erogato, se dal
reddito emergerà un’imposta
dovuta all’erario, dopo aver
applicato la sola detrazione
fiscale riconosciuta per i redditi
di lavoro dipendente. Il bonus
verrà dunque riconosciuto nel
rispetto delle condizioni poste dalla norma, a coloro che
hanno un reddito complessivo
formato da: redditi di lavoro
dipendente; redditi assimilati
a quelli di lavoro dipendente;
compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative;
indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori
dipendenti per incarichi svolti in
relazione a tale qualità; somme da chiunque corrisposte a
titolo di borsa di studio, premio
o sussidio per fini di studio o
addestramento professionale;
redditi derivanti da rapporti di
collaborazione coordinata e
continuativa; remunerazioni dei
sacerdoti; prestazioni pensionistiche, comunque erogate,
dai fondi di previdenza complementare; compensi per lavori
socialmente utili.
Secondo le regole oggi cono-
sciute, nella determinazione del
reddito si può escludere quello
dell’unità immobiliare adibita
ad abitazione principale e delle
relative pertinenze. Ai fini del
superamento della soglia reddituale non contano neppure
le somme percepite dal lavoratore a titolo di incremento della
produttività e che scontano
un’imposta sostitutiva del 10%.
La stessa legge di stabilità prevede che nel reddito che serve
per verificare il diritto a percepire il bonus di 80 euro, non
rientri l’eventuale liquidazione
in busta paga del trattamento di fine rapporto (così detta
monetizzazione mensile del Tfr)
introdotta in via sperimentale
per il periodo 1° marzo 201530 giugno 2018.
Nel maxi-emendamento
non c’è traccia dell’eventuale estensione degli 80 euro
ai pensionati, le partite Iva e
agli incapienti: non vi è stato
l’ampliamento a questa platea
di esclusi, anche se più volte
annunciata.
Restano invariate le regole per
i sostituti di imposta obbligati
a erogare il bonus dopo che
avranno verificato, in base
alle informazioni di cui sono a
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
quesiti
conoscenza, la spettanza
del bonus stesso.
Il datore di lavoro, il
committente, ovvero chi
erogherà i redditi la cui
percezione farà nascere
il diritto al bonus, riconosceranno il credito in
forma automatica.
P. 23
Resta ferma la possibilità per il percipiente di
comunicare, al sostituto,
l’assenza dei requisiti.
cepito tutti i mesi.
Coloro che non hanno
i requisiti per il ricevere il bonus, ad esempio
perché hanno un reddito
complessivo superiore
a 26mila euro per via
di altri redditi (diversi a
quelli erogati dal sostituto d’imposta), devono
comunicarlo al datore di
lavoro, che recupererà il
credito nelle successive
buste paga.
Il bonus non concorre alla
formazione del reddito,
non ha una scadenza, e
continuerà ad essere per-
Se un contribuente ha
percepito il bonus non
spettante, in tutto o in
parte, dovrà restituir-
lo nella dichiarazione
dei redditi. In caso di
mancanza del sostituto
d’imposta, il bonus Irpef
si può ottenere presentandone richiesta nella
dichiarazione dei redditi.
Riassumendo, il bonus
80 euro spetta a:
- lavoratori dipendenti
(contratti a tempo pieno e
contratti part-time);
- lavoratori con contratto
di collaborazione;
- lavoratori che percepiscono cassa integrazione, indennità di mobilità
o disoccupazione (per i
quali il bonus va calcolato
dall’ente che elargisce i
sussidi);
- alle categorie appena
elencate per intero se
aventi un reddito tra gli
8.000 ed i 24.000 euro
oppure riproporzionato se
il reddito supera i 24.000
e resta entro i 26.000
euro.
A chi non spetta il bonus
80 euro?
- redditi inferiori agli
8.000 e superiori ai
26.000 euro;
- titolari di partita iva;
- pensionati.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
i pareri
dell’ufficio legale
Pareri ufficio legale
Il successo della
nuova rubrica,
exploit di richieste
P. 24
a cura di
Paola Diana
Onder
coordinatore
Centro Studi
nazionale
Quarta uscita della rubrica con i pareri dell’Ufficio Legale
Ben tre quesiti su benefici contributivi della legge 223/1991,
pagamento Aspi su cessione azienda e apprendistato
In questo quarto numero della rubrica “I pareri dell’ufficio legale” presentiamo ben tre quesiti distinti rivolti
all’Ufficio Legale Ancl con le risposte dell’avv. Francesco Stolfa. I temi sono vari e si concludono nella risposta
del nostro Ufficio Legale (e non hanno, come di consueto, gli allegati di approfondimento).
Ci sembrava giusto però inserire tutti i quesiti per rappresentare anche il successo della nuova rubrica de “Il
Consulente Milleottantuno” con l’exploit di richieste ricevute.
QUESITO 1
Benefici contributivi Legge 223/1991, è possibile cumularli in caso di
assunzione a tempo determinato prima e indeterminato poi?
Chiedo all’ufficio
IL PARERE DELL’UFFICIO LEGALE
legale se sia cona cura dell’avv. Francesco Stolfa
sentito per legge
Il datore di lavoro ha diritto ai benefici, ma occhio ai
sommare i benefici
cambiamenti
normativi introdotti dalla legge 92/2012
contributivi di cui
agli artt. 8, co. 2 e
25, co. 9 della L.
223/1991, assumendo il lavoratore
dapprima a tempo
determinato e, successivamente, assumendolo a tempo
indeterminato.
Il quesito posto dall’interrogante non appare di agevole soluzione soprattutto
per la scarsità di precedenti
giurisprudenziali. Preciso
preliminarmente che la
mia analisi, in ordine alla
quale mi riservo comunque
ulteriori approfondimenti, è
stata condotta esclusivamente sulla base dei testi
di legge e degli orientamenti giurisprudenziali (le
uniche fonti del diritto che
hanno rilevanza in caso di
contenzioso); ho tenuto comunque conto degli orientamenti Ministeriali e delle
circolari INPS che tuttavia
appaiono particolarmente
carenti nelle argomentazioni e motivazioni.
La questione non ha
trovato molta eco in giurisprudenza. Quando emerge
questo dato l’unica spiegazione possibile è che la
questione sia pacificamente risolta nel testo legislativo. E in effetti, mi pare
proprio che questa chiarezza letterale ricorra nel caso
che occupa.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
pareri
Esaminando le due norme appare abbastanza evidente che esse prevedono benefici diversi che si
applicano a situazioni diverse e per finalità diverse. In
particolare, proprio la diversità delle finalità giustifica,
a mio parere, la possibilità di sommare i due sgravi. Il
primo beneficio pare infatti evidentemente finalizzato
a favorire le assunzioni a tempo determinato (sebbene si preveda anche una maggiorazione dello stesso
in caso di trasformazione a tempo indeterminato
nel corso del rapporto) mentre il secondo incentiva,
appunto, le assunzioni a tempo indeterminato e quindi
lo stabile e definitivo inserimento del lavoratore nella
compagine aziendale. In pratica, il legislatore prevede
l’investimento di risorse pubbliche per incentivare dei
comportamenti virtuosi delle aziende cui esse non
sono affatto obbligate. E le aziende non sono obbligate ad assumere a termine i lavoratori iscritti nelle
liste di mobilità né sono obbligate poi ad assumerli
definitivamente né nel corso né alla conclusione del
rapporto.
È, del resto, molto scorretto indurre le imprese a compiere tali atti per poi, “a sorpresa”, negare loro i benefici
sui quali avevano fatto affidamento. Ciò potrebbe persino ripercuotersi sulla stabilità di tali rapporti di lavoro
legittimando licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (in ragione della imprevista maggiore onerosità
del contratto) o addirittura l’annullamento dei contratti
di lavoro per errore essenziale (art. 1427 ss. cod. civ.).
Come dicevo, la giurisprudenza non ha avuto occasione di esprimersi in modo rilevante sul punto. Non
mancano tuttavia le pronunce e sono tutte sfavorevoli
all’INPS.
Innanzitutto, occorre sottolineare che in numerose
sentenze, esaminando soprattutto le motivazioni
integrali, si nota che la Corte di Cassazione sembra
dare per scontata la possibilità di ottenere entrambi i
benefici: v., ex plurimis, Cassazione civile sez. lav., 28
gennaio 2009, n. 2164; Cassazione civile sez. lav., 20
giugno 2007, n. 14316.
P. 25
In quest’ultima pronuncia la Corte riconosce poi
espressamente all’azienda il beneficio di cui al co. 4
dell’art. 8 (contributo pari al 50% dell’indennità di mobilità non ancora goduta) anche in caso di precedente
assunzione a termine, successivamente trasformata
a tempo indeterminato. Ciò ritiene, la Suprema Corte,
in quanto la norma non esclude, nel suo testo letterale il cumulo: “In effetti, a ben vedere, l’incentivo
all’assunzione a tempo indeterminato è fornito dallo
speciale contributo previsto in favore del datore di
lavoro dall’art. 8, comma 4. E semmai la massima
utilizzazione del beneficio della riduzione contributiva
è usufruibile dal datore di lavoro che assuma a termine per dodici mesi e poi trasformi il contratto a tempo
indeterminato. In tal caso l’art. 8, comma 2, assicura il
godimento della riduzione contributiva per ventiquattro mesi, senza esclusione del cumulo con il trattamento di cui all’art. 8, comma 4.”
Fin troppo agevole rilevare che, per le medesime
ragioni, non vietandolo la legge (come vedremo ha
fatto, invece, la legge Fornero) deve essere consentito
anche il cumulo dei benefici contributivi di cui agli art.
8, co. 2 e 25, comma 9.
In un altro caso, Cassazione civile sez. lav., 13 maggio
2003, n. 7352, la Corte interviene in una fattispecie
in cui l’azienda aveva usufruito sia dei benefici di cui
all’art. 8, comma 2, sia di quelli di cui all’art. 8, co. 4
che di quelli di cui all’art. 25, co. 9 senza minimamente
mettere in discussione la loro possibile utilizzazione
in sommatoria (nel caso esaminato esclude tutti tali
benefici solo per coincidenza degli assetti societari
fra azienda che aveva licenziato e quella che aveva
assunto). In un’altra pronuncia più datata Cassazione
civile sez. lav., 17 dicembre 2001, n. 15949, così si
esprime: “Conseguentemente, non si era realizzata la
condizione alla quale il citato art. 25, c. 9 subordina il
beneficio della decontribuzione. Il motivo è fondato.
Giova premettere che, secondo la disposizione appena citata «per ciascun lavoratore iscritto nella lista di
mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di
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16 novembre 2015
pareri
contribuzione a carico del datore di lavoro è, per i primi
diciotto mesi, quella prevista per gli apprendisti dalla
legge 19 gennaio 1955, n. 25 e successive modificazioni».
Alla comune ratio che è quella di favorire la ripresa
dell’occupazione, attraverso l’incentivazione di iniziative imprenditoriali rivolte a creare nuovi posti di lavoro
e, in particolare a riammettere nel ciclo produttivo i
lavoratori collocati in mobilità, disoccupati o in cassa
integrazione guadagni, appartengono altre due disposizioni consimili della medesima legge n. 223 del 1991,
contenute nei commi 2 e 4 dell’art. 8.
La prima di queste due ultime disposizioni riconosce ai datori di lavoro che assumano a termine, per
una durata non superiore a dodici mesi, i lavoratori
in mobilità, il beneficio di una riduzione dei contributi
previdenziali ai livelli previsti per gli apprendisti. Tale
beneficio può essere prorogato di altri dodici mesi nel
caso in cui il precedente contratto venga trasformato
a tempo indeterminato”.
Anche in questo caso, come si vede, nessun cenno al
divieto di cumulo.
Gli orientamenti espressi sul tema dal Ministero e
dall’INPS, come dicevo in premessa, non appaiono
particolarmente motivati e argomentati. Sia il messaggio INPS n. 12957 del 2/8/2012 sia la risposta
all’interpello n. 11/2011 resa dal Ministero su istanza
della nostra Associazione appaiono davvero laconici,
limitandosi ad affermare il principio, senza alcuna adeguata spiegazione. In particolare, l’Interpello si limita
a rilevare che l’INPS propende per la incumulabilità e
che tale esegesi appare condivisibile in ragione della
presunta ratio dei due istituti.
Come rilevavo innanzi, invece, proprio la ratio delle
due norme deve far propendere per la possibilità di
sommare i due benefici. Quelli previsti dall’art. 8, co.
2, essendo finalizzati a incentivare le assunzioni a
P. 26
tempo determinato e, poi, le eventuali trasformazioni
a tempo indeterminato operate nel corso del rapporto
a termine. La seconda norma, invece, art. 25, comma
9, mirando a incentivare le assunzioni di lavoratori a
tempo indeterminato effettuate successivamente alla
conclusione del primo rapporto.
Non v’è motivo alcuno - comunque non se ne rinviene traccia nel testo legislativo - per escludere da tali
assunzioni definitive incentivate quei lavoratori che
siano stati in precedenza utilizzati a termine. Il legislatore, in altre parole, interviene per influire su tre distinti
processi decisionali, tutti consistenti nell’esercizio di
una facoltà del datore di lavoro: la decisione di assumere a termine; la decisione di trasformare il contratto
a termine nel corso del suo svolgimento; la decisione
di effettuare un’assunzione a tempo indeterminato
successiva alla conclusione del rapporto a termine.
L’unica obiezione che si potrebbe sollevare a questa
ricostruzione è che, sulla base di essa, i datori di lavoro sarebbero disincentivati dall’operare la trasformazione “interna” del rapporto a termine e preferirebbero
sempre attendere la conclusione del rapporto a termine, per poter usufruire di un maggio periodo di sgravio.
Non è chi non veda, tuttavia che trattasi di considerazione irrilevante dal punto di vista tecnico-giuridico e
comunque poco efficacie anche sul piano pratico.
Se il legislatore non avesse previsto una qualsiasi
delle tre ipotesi, infatti, ne sarebbe derivato un vulnus
nel sistema degli incentivi: ci si sarebbe chiesti perchè
non incentivare le assunzioni a termine o le trasformazioni o le assunzioni ex novo.
La verità evidente è invece che il legislatore ha voluto
intervenire su tutte le ipotesi possibili, senza poterne
trascurarne nessuna, perchè tutte e tre sono indispensabili in funzione di una effettiva incentivazione
dell’assunzione dei lavoratori in mobilità. Né si può
pensare di aggiustare a proprio piacimento il testo
legislativo prevedendo un “assorbimento” nel perio-
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16 novembre 2015
pareri
do di sgravio per le assunzioni definitive del periodo
eventualmente già goduto nella precedente fase a
tempo determinato per rimanere comunque nei limiti
di cui all’art. 8, co. 2: un’operazione, questa, che il testo
legislativo non consente minimamente.
Tenendo conto di tale complessiva situazione degli
orientamenti giurisprudenziali testè esposti, della povertà delle argomentazioni di fonte INPS o ministeriale, della ratio evidente che emerge dalla piana lettura
del testo legislativo, ritengo quindi ragionevolmente
sostenibile la tesi secondo cui il datore di lavoro abbia
diritto per intero ai benefici di cui all’art. 25, co. 9 della
L. 223/1991 anche quando abbia precedentemente
assunto quel medesimo lavoratore a tempo determinato, usufruendo dei benefici contributivi di cui all’art.
8.
Per completezza espositiva è il caso di aggiungere
che, con l’entrata in vigore della L. 92/2012 il quadro
normativo di riferimento è cambiato radicalmente.
Infatti, l’art. 4, al co. 12, dispone: “Al fine di garantire
un’omogenea applicazione degli incentivi all’assunzione, ivi compresi quelli previsti dall’articolo 8, comma 9,
della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e dagli articoli
8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio
1991, n. 223, per i periodi di vigenza come ridefiniti
dalla presente legge, si definiscono i seguenti principi:”
Il successivo co. 13 aggiunge: “Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si
cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro
subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso
lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se
fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di
lavoro, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del
decreto legislativo n. 276 del 2003, salvo che tra gli
utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo”.
P. 27
Con queste norme la situazione si ribalta, nel senso
che, in caso di assunzione a tempo indeterminato di
lavoratore in mobilità, dal periodo di godimento del
beneficio di cui all’art. 25 co. 9 occorre detrarre il periodo di godimento già fruito, ex art. 8, nel precedente
rapporto a tempo determinato.
Il fatto stesso, però, che il legislatore abbia sentito il bisogno di introdurre questa norma, finisce per
confermare indirettamente ma chiaramente l’interpretazione cui prima accennavo sulla base degli
orientamenti della Cassazione. Diversamente non vi
sarebbe stato bisogno di un intervento limitativo di
quel genere.
Infine, l’art. 2, co. 71 della medesima L. 92/2012
prevede che A decorrere dal 1° gennaio 2017, sono
abrogate le seguenti disposizioni: (omissis) b) articoli
da 6 a 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223; (omissis)
e) articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n.
223 (omissis).
Le medesime considerazioni di cui innanzi possono
essere svolte in ordine alla precedente utilizzazione
del lavoratore nell’ambito di una missione esecutiva
di un contratto di somministrazione, specie se, come
spesso accade, il leasing sia a tempo determinato. Sul
punto, comunque, trattandosi di questione con proprie
peculiarità, mi riservo ulteriori approfondimenti.
In conclusione: alla luce di tali osservazioni, ritengo di
poter ragionevolmente consigliare alla CdL richiedente
di adeguarsi prudenzialmente alle decisioni INPS con
effetto ex nunc, cioè dal momento in cui i benefici
sono stati negati, attivando contestualmente un’azione di recupero dei contributi indebitamente versati
che probabilmente si incrocerà con la contrapposta
azione dell’istituto volta ad ottenere il versamento
contributivo pieno per i periodi in cui l’azienda ha usufruito - a suo dire ingiustamente - del beneficio.
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16 novembre 2015
pareri
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QUESITO 2
Parere conformità di Ente Bilaterale su contratto di apprendistato, il contributo
di assistenza contrattuale ex art. 40 è requisito dovuto e obbligatorio?
Il contributo di assiIL PARERE DELL’UFFICIO LEGALE
stenza contrattuale
a cura dell’avv. Francesco Stolfa
ex art. 40 CCNL
Diritto a fruire dei benefici normativi e contributivi,
Commercio può
nulla
da
temere se c’è un piano formativo conforme alle norme
essere inteso quale
requisito dovuto
e obbligatorio per
ottenere il parere di conformità
dell’Ente Bilaterale
su un contratto di
apprendistato.
L’art. 2, co. 1, lett. a) del D. Lgs. 167/2011
prescrive che il contratto di apprendistato
deve contenere, fra l’altro, “il piano formativo individuale definito anche sulla base di
moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali”.
A tale norma è stata data attuazione in
modo alquanto distorto dall’accordo interconfederale del settore Commercio (come
da altri) laddove si prescrive testualmente:
“I datori di lavoro che intendano assumere
apprendisti, debbono presentare domanda,
corredata dal piano formativo, predisposto
anche sulla base di progetti standard, alla
specifica Commissione dell’Ente Bilaterale,
prevista dalle norme contrattuali nazionali
del Terziario, competente per territorio, la
quale esprimerà il proprio parere di conformità in rapporto alle norme previste dalla
predetta disciplina in materia di apprendistato, ai programmi di formazione indicati
dall’azienda ed ai contenuti del piano formativo, finalizzato al conseguimento delle
specifiche qualifiche professionali “.
Come si può notare, quindi, la norma
contrattuale si è notevolmente “allargata” rispetto ai limiti della delega ricevuta
dalla legge. Ai sensi di legge, infatti, si può
tranquillamente ritenere che l’azienda non
iscritta alle associazioni datoriali firmatarie
del CCNL possa legittimamente stipulare
un contratto di apprendistato semplicemente attenendosi alle norme fissate in
tema di formazione dall’Accordo Interconfederale.
La procedura fissata da tale A.I. quindi
deve ritenersi vincolante solo per le aziende iscritte ma, anche per queste, la sua
violazione (cioè la mancanza di nulla osta)
è una mera violazione del contratto collettivo sostanzialmente priva di sanzione che
non può inficiare la legittimità del contratto di apprendistato che soggiace solo alle
condizioni di legge e a quelle previste dalla
contrattazione collettiva (esclusivamente)
nei limiti in cui la legge vi faccia espresso
riferimento.
Quanto innanzi è stato confermato
espressamente anche nella risposta che
il Ministero del Lavoro ha reso a un interpello (n. 16/2012) presentato dal Consiglio
Nazionale dei Consulenti del Lavoro.
In tale occasione, tuttavia, il Ministero ha
del tutto inopportunamente invitato le
proprie strutture periferiche a concentrare le ispezioni sui piani formativi privi del
nulla osta degli enti bilaterali. Il risultato
è l’arroganza con cui oggi l’ente bilaterale
in questione ha risposto al cliente del dr.
Giusto.
In realtà, tale azienda, se ha predisposto
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16 novembre 2015
pareri
P. 29
un piano formativo conforme alle norme vigenti non
ha nulla da temere, soprattutto in ordine al suo diritto
a fruire di “benefici normativi e contributivi”.
Al riguardo valga quanto lapalissianamente lo stesso Ministero ebbe a chiarire con la nota circolare n.
4/2004 in cui si sanciva per la prima volta il cd. diritto
negativo di associazione (ripreso anche dall’interpello
innanzi citato) e che prendeva atto di orientamenti
giurisprudenziali consolidati, secondo i quali l’iscrizione agli enti bilaterali non può mai costituire condizione
per ottenere qualsiasi tipo di agevolazione.
Contro questo atteggiamento palesemente illegittimo
di taluni enti bilaterali la nostra Associazione ha più
volte protestato e continuerà a protestare presso tutte le sedi competenti, riservandosi anche di segnalare
alle competenti Procure della Repubblica eventuali
ipotesi di reato che, a un primo esame, non sembrano
da escludere.
QUESITO 3
In caso di cessione di azienda con riconoscimento di anzianità e Tfr pregressi,
la società cedente è tenuta al pagamento dei contributi Aspi?
In caso di cessione
IL PARERE DELL’UFFICIO LEGALE
dei contratti di laa cura dell’avv. Francesco Stolfa
voro di tutti i dipenResta ferma l’esclusione del pagamento dei contributi Aspi,
denti di una società
ma occhio alle criticità in relazione alla cessione di azienda
ad una società
cooperativa ai sensi
dell’art. 1406 del
cc., con riconoscimenti di anzianità
e TFR pregressi, la
società cedente è
tenuta al pagamento del contributo
Aspi?
Il caso di specie concerne la cessione dei
contratti di lavoro tra due società ai sensi
dell’art. 1406 c.c.: tale negozio giuridico,
come noto, permette ad un terzo di sostituirsi ad una delle parti di un contratto a
prestazioni corrispettive, pur nella perdurante vigenza del contratto medesimo.
Si tratta di un istituto molto simile a quello
della cessione di ramo d’azienda disciplinata dall’art. 2112 c.c.
Entrambi tali negozi comportano, infatti,
esclusivamente una sostituzione soggettiva, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali del contratto.
I profili di diversità tra i due istituti sono
essenzialmente due:
- la cessione ex art. 1406 c.c. richiede il
consenso del contraente ceduto, mentre la cessione d’azienda ex art. 2112 c.c.
non richiede alcun consenso da parte del
lavoratore;
- la cessione d’azienda ex art. 2112 c.c.
prevede la responsabilità solidale tra
cedente e cessionario per tutti gli obblighi
che il lavoratore vantava al momento del
trasferimento, mentre la cessione del contratto ex art. 1406 c.c. prevede responsabilità solidale soltanto nel caso in cui il
contraente ceduto dichiari espressamente
di non liberare il cedente.
In ogni caso, la caratteristica intrinseca
comune ai due negozi giuridici è senza
dubbio la prosecuzione del rapporto contrattuale senza soluzione di continuità. In
altre parole, il rapporto prosegue immutato
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16 novembre 2015
pareri
nei suoi elementi oggettivi essenziali, pur a fronte di
un mutamento di carattere soggettivo nella titolarità
del rapporto.
L’Assicurazione Sociale per l’Impiego, istituita dall’art.
2 della L. 92/2012, è finalizzata invece a “fornire ai
lavoratori che abbiano perduto involontariamente la
propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione”. Requisito fondamentale per la fruizione
di tale indennità, dunque, così come precisato dal
successivo comma 4 del medesimo art. 2, è la perdita
involontaria del posto di lavoro.
Va da sé che, mancando nel caso di specie l’interruzione del rapporto di lavoro, viene meno anche una
delle condizioni essenziali per la fruizione dell’Aspi,
vale a dire la perdita involontaria del posto di lavoro.
I lavoratori, dunque, nel corso della suddetta operazione di cessione, non si sono mai trovati in stato di
disoccupazione. Del resto, ove mai tale interruzione
fosse ipotizzabile (ma non lo è) essa non potrebbe mai
essere considerata “involontaria” in ragione dell’intervenuto consenso del lavoratore che la farebbe certamente assimilare più a una risoluzione consensuale
(esclusa dall’ASPI) che a un licenziamento.
Alla luce di tutto quanto innanzi, la prosecuzione senza alcuna soluzione di continuità del rapporto di lavoro
con il cessionario non fa sorgere l’obbligo per il datore
di lavoro di versare il cd. contributo Aspi.
P. 30
Il ricorso all’istituto della cessione del contratto ex
art. 1406 c.c., anzi, appare vantaggioso per un duplice
ordine di motivi: esime, come innanzi detto, il datore di
lavoro dal pagare l’Aspi e non fa sorgere, per i motivi
precedentemente esposti, la responsabilità solidale
prevista in caso di cessione d’azienda ex art. 2112.
Occorre, però, evidenziare un ultimo elemento di
criticità: la giurisprudenza della Cassazione è ormai
pressoché consolidata nel ritenere che sia configurabile cessione di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c., in
luogo della cessione del contratto ex art. 1406 c.c.
(con conseguente insorgenza della responsabilità
solidale), tutte le volte che il trasferimento abbia ad
oggetto anche solo un gruppo di dipendenti (senza
trasferimento, quindi, di beni immobili, macchinari e
attrezzature) purché essi siano stabilmente coordinati
e organizzati tra loro e dotati di un proprio “know-how”
( vedansi, tra le tante, Cass. Civ. sez. lav. 07.03.2013,
n. 5678, Cass. Civ. sez. lav. 14.11.2011, n. 23808, Cass.
Civ. sez. lav. 16.10.2006, n. 22125).
Occorre quindi verificare attentamente questo elemento ma al solo scopo di farne derivare la sussistenza o meno della responsabilità solidale.
Resta ferma invece l’esclusione del pagamento
dell’ASPI.
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eventi
convegni e incontri
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CHIETI
19/11
Gli incontri dell’Ancl
Si parla di sanzioni
e sistema ispezioni
Il Consiglio dell’UP Ancl di Chieti, l’Ordine dei Consulenti del
lavoro della provincia di Chieti organizzano in collaborazione con
Tecsial Abruzzo srl, Centro Paghe Abruzzo srl, con il patrocinio
della Cassa di Risparmio della provincia di Chieti un programma
di eventi formativi “Gli incontri dell’Ancl”. Il quinto appuntamento
del programma si terrà il 19 novembre 2015 e verterà sul tema: “Il
riordino delle ispezioni e del sistema sanzionatorio”.
Gli incontri sono pomeridiani:: 1 modulo dalle ore 15.00 alle ore
17.00 - 2 modulo dalle ore 17.00 alle ore 19.00
Si svolgeranno presso la Sala Convegni della Carichieti spa sita in
via Colonnetta n. 24 - Chieti Scalo
SASSARI
20/11
CdL 3.0: frontiere e
strumenti per
organizzare lo studio
“Cdl 3.0: nuove frontiere e strumenti nell’organizzazione dello
studio e nella gestione del rapporto con il mercato” è l’evento formativo organizzato dall’Ancl e dall’Ordine dei Consulenti del lavoro
della provincia di Sassari che si terrà venerdì 20 novembre presso
la Camera di Commercio di Sassari (via Roma, 74).
La sessione mattutina si terrà dalle 10.00 alle 13.00 mentre il
pomeriggio si svolgerà dalle 14.30 alle 17.30
FIESOLE
26-27-28/11
Ultima tappa
per i corsi di
formazione
interna dell’Ancl
Il 26, 27 e 28 novembre in programma il
corso di III livello dei corsi di formazione
interna Ancl organizzati dal Centro Studi
per l’undicesimo anno di fila in Toscana.
Il corso della sessione autunnale è l’ultimo
in calendario.
I corsi si tengono a Fiesole presso Firenze,
nella struttura formativa Centro Studium.
Le prenotazioni vanno inviate alla segreteria del Centro Studi Nazionale ANCL SU,
[email protected].
Il programma, lo ricordiamo, sviluppa su 3
livelli successivi e collegati la conoscenza,
prioritariamente, della nostra associazione,
le sue radici, risalenti al lontano 1953; le
regole che valgono per una associazione
non riconosciuta, quale è la nostra associazione sindacale, e le regole interne
al sindacato fondamentali per svolgere il
ruolo di dirigente sul territorio e dirigente
nazionale dell’Ancl.
Molta attenzione viene data alle tecniche di comunicazione. Il corpo docenti è
formato da colleghi, docenti universitari,
sociologhi, esperti esterni.
edizione nr. 112 del
16 novembre 2015
CHI SIAMO
DIRIGENTI E SEDI
ANCL - SINDACATO UNITARIO
ANCL SEGRETERIA NAZIONALE
via Cristoforo Colombo, 456 - Scala B, I piano
00145 Roma - tel. 06 5415742
UFFICIO DI PRESIDENZA NAZIONALE
Da chi è composto l’Ufficio di presidenza
Presidente Nazionale Francesco Longobardi
Vice Presidente Nazionale Vicario Guido Sciacca
Segretario Tesoriere Luca Bonati
Segretario Amministrativo Romana Bettoni
Coordinatore del Centro Studi Nazionale Paola Diana Onder
Componenti Claudio Faggiotto, Manuela Maffiotti, Dario Montanaro, Roberto Morini
CONSIGLIO NAZIONALE SINDACI REVISORI
Da chi è composto il Consiglio
Giammaria Monticelli, Tiziano Belotti, Luigi Sabatini
CONSIGLIO NAZIONALE PROBIVIRI
Da chi è composto il Consiglio
Rossano Zanella, Filippo Continisio, Luciano Ognissanti
CONSIGLIO NAZIONALE
Da chi è composto il Consiglio
Consiglieri di estrazione congressuale
Walter Agostini, Mario Alborno, Mario Annaro, Omar Barella, Giovanni Besio, Romana Bettoni, Paolo Biscarini,
Francesco Blasini, Luca Bonati, Bruno Bravi, Luciana Bruno, Maurizio Buonocore, Biancamaria Burali,
Antonio Cairo, Stefano Camassa, Stella Crimi, Flavia Croce, Nestore D’Alessandro, Laura Della Rosa,
Roberto Entilli, Claudio Faggiotto, Vittorina Faoro, Carlo Flagella, Giovanna Formentin, Annarita Formicola,
Debora Furlan, Giuseppe Gaetano, Massimiliano Gerardi, Antonietta Giacomin, Zeno Giarola, Daniele Girini,
Mariano Giunta, Alfonso Izzo, Manuela Maffiotti, Livio Masi, Domenico Monaco, Dario Montanaro,
Roberto Morini, Piervittorio Morsiani, Loredana Nicoli, Paola Diana Onder, Marco Operti, Leonardo Pascazio,
Roberto Pasquini, Valeria Rama, Alberto Saitta, Antonio Saporito, Roberto Sartore, Guido Sciacca,
Roberta Sighinolfi, Antonella Spalletti, Antonio Stella, Giuseppe Trovato, Massimiliano Umbaldo,
Enrico Vannicola.
Ex presidenti ed ex segretari generali nazionali - consiglieri nazionali di diritto
Giancarlo Bottaro, Roberto De Lorenzis, Franco Dolli, Giuseppe Innocenti, Gabriella Perini, Benito Pesenato
PRESIDENTI CONSIGLI REGIONALI ANCL
I presidenti dei Consigli Regionali dell’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro
Pasquale Arteritano (Molise), Crocifisso Baldari (Puglia), Elisabetta Battistella (Bolzano), Alessandro Bonzio (Veneto),
Maria Paola Cogotti (Sardegna), Paolo Dressi (Friuli Venezia Giulia), Luca Fedeli (Toscana), Nicola Filippi (Piemonte),
Andrea Fortuna (Lombardia), Anna Maria Granata (Campania), Francesca Antonia Laganà (Calabria),
Fabio Licari (Marche), Claudia Paoli (Umbria), Fabiano Paoli (Trento), Andrea Parlagreco (Lazio),
Luca Piscaglia (Emilia Romagna), Elisabetta Plevano (Abruzzo) Luigi Schenone (Liguria), Stefania Scoglio (Sicilia)