La Prima Guerra Mondiale emerge, all’interno del 1900, con tale sanguinosa maestosità da oscurare gli avvenimenti che la precedettero e quelli che la seguirono. Non a caso essa prenderà la denominazione di “Grande Guerra”. Nei primi anni del novecento, l’Europa fu minacciata più volte dallo scoppio di un conflitto: da una parte per le manifestazioni di sentimento nazionale, sotto forma sia di movimenti di protesta delle “minoranze nazionali”, sia dei nazionalismi espansionistici dei grandi Stati; dall’altra, la rivalità a causa degli interessi economici e finanziari. La preoccupazione maggiore di vari Stati europei era dunque di rafforzare, le alleanze nell’interesse della propria sicurezza. Le cause dello scoppio della prima guerra mondiale furono molte e complesse. La situazione degli Stati che divennero protagonisti della Grande Guerra, prima che essa iniziasse era diversa da nazione a nazione. Nel 1871 la Francia era una repubblica abbastanza industrializzata ed aveva un notevole impero coloniale in Africa, Asia e Oceania. La G Geerrm maanniiaa fino al 1870 era divisa in tanti stati che formavano la confederazione tedesca. All'interno della confederazione gli stati più forti erano la Prussia e l'Austria. Nel 1866 scoppiò una guerra tra Prussia ed Austria e quest'ultima fu rapidamente sconfitta ed espulsa dalla confederazione. Nel 1871, dopo una rapida guerra vittoriosa contro la Francia, si formò la Germania strutturata come un impero sotto il controllo della Prussia. Nel XIX secolo, nell'Impero Austriaco vivevano molti popoli diversi (tedeschi, ungheresi, slavi e anche italiani) spesso in rivolta. L'impero era una monarchia autoritaria, con a capo l'imperatore Francesco Giuseppe che resse il governo dal 1848 al 1916. Nell'Ottocento, l'Inghilterra si era consolidato come lo stato europeo più industrializzato e come la maggiore potenza commerciale mondiale. L'Inghilterra era una monarchia costituzionale, la più evoluta tra gli stati europei . L'Impero russo era lo stato più esteso: comprendeva l'Europa orientale, l'Asia settentrionale e alcuni territori dell'America (Alaska). La Russia aveva enormi risorse ma lo sviluppo era frenato dalla difficoltà di comunicazioni. La Russia era una monarchia assoluta e non c'era nessun tipo di libertà: coloro che avevano idee liberali o socialiste venivano perseguitati. Si deve, anche, sottolineare che alla vigilia della guerra esistevano tre grandi rivalità tra le potenze europee. Fra Inghilterra e Germania vi era una forte concorrenza a causa della produzione industriale e della presenza commerciale nelle varie parti del mondo. Inghilterra e Germania erano, infatti, i due Paesi più ricchi e potenti. Rivalità esistevano anche tra Francia e Germania in quanto la Francia era stata umiliata dai tedeschi nella guerra del 1870/71; aveva dovuto cedere due importanti e ricche regioni: l'Alsazia e la Lorena. Per gli anni a seguire non aveva fatto altro che pensare ad una rivincita. Infine, tra la Russia e l’Impero Austro-Ungarico vi era una rivalità dovuta al controllo della penisola balcanica; in particolare la Russia sosteneva la Serbia che ambiva a creare uno stato slavo, conquistando i territori come la Bosnia che era sottomessa all'Austria. Il 1914 segnò l’inizio della prima guerra mondiale. Il pretesto che fece scoppiare la guerra fu l'assassinio dell'erede al trono d'Austria, l’Arciduca Francesco Ferdinando, figlio di Francesco Giuseppe, e di sua moglie Sofia, uccisi a Sarajevo in Bosnia, il 28 Giugno 1914, per mano di Gavrilo Princip un nazionalista serbo. 2 L'Austria ritenne la Serbia responsabile dell'uccisione dell'arciduca e minacciò la guerra. In realtà, l'Austria pensò di approfittare dell'occasione per conquistare la Serbia e continuare l'espansione nei Balcani. La guerra austro-serba provocò un conflitto austro-russo: il governo dello zar, infatti, aveva annunciato che non avrebbe lasciato “schiacciare la Serbia”. Alla notizia del bombardamento di Belgrado, decretò, così, una mobilitazione parziale, diretta solamente contro l’Austria- Ungheria (29 Luglio). Giornale dell’epoca A questo punto il conflitto austro-russo divenne europeo. La Germania proclamò lo stato di “pericolo di guerra” e, il 31 luglio, inviò alla Russia un ultimatum che esigeva la sospensione delle misure di mobilitazione; nello stesso tempo chiese alla Francia, alleata della Russia da ventidue anni, l’impegno a restare neutrale. Il governo francese, naturalmente, rifiutò decretando, a sua volta, la mobilitazione generale. La sera del 2 agosto 1914, la Germania dichiarò guerra alla Russia, intimando al Belgio, nonostante lo statuto internazionale di neutralità che lo proteggeva, di permettere il passaggio alle sue truppe. Il 3 inviò alla Francia la dichiarazione di guerra. Alla violazione della neutralità belga, la Gran Bretagna rispose con la decisione di entrare in guerra a fianco della Francia e della Russia, mentre l’Italia, nonostante era dal 1882 alleata dell’Austria-Ungheria e della Germania, dichiarò la propria neutralità. Quando l'Austria dichiarò guerra alla Serbia (28 luglio 1914) erano entrate in gioco le alleanze stabilite negli anni precedenti. Da una parte i cosiddetti Imperi Centrali con Austria- Ungheria e Germania, cui si unirono in seguito l'Impero Turco e la Bulgaria; dall'altra, le potenze della Triplice alleanza: Inghilterra, Francia, Russia, più la Serbia e altri Stati. A questo punto appare chiaro che nella crisi del luglio 1914, la pressione degli interessi economici (che era stata notevole negli anni precedenti) non si era manifestata affatto; furono unicamente le preoccupazioni di sicurezza, di potenza e di prestigio ad orientare le scelte decisive. Nel momento in cui iniziarono le ostilità, le due Potenze Centrali, Germania e AustriaUngheria, possedevano riserve di uomini e potevano fornire loro armamenti senza difficoltà. 3 Nella Triplice alleanza, la Russia disponeva di riserve molto più ingenti, ma aveva difficoltà ad utilizzarle per la carenza di quadri e di armamenti. La Gran Bretagna, con gli arruolamenti volontari, reclutò, tra l’agosto 1914 e l’aprile 1915, un milione di uomini. La Francia, avendo sopportato il peso principale della lotta durante i primi mesi, non riuscì ad aumentare in maniera sensibile il numero delle proprie divisioni. Per tentare di modificare a proprio vantaggio l’equilibrio delle forze, ognuna delle due coalizioni cercò, fin dall’inizio della guerra, di trascinare nel conflitto qualcuno dei Paesi europei rimasti neutrali. Alcuni di questi Stati, infatti, avevano delle ragioni immediate per seguire il corso degli avvenimenti con particolare attenzione: alcuni di loro cercavano di svincolarsi da un dominio straniero. Ad esempio, la Turchia, la quale temeva la politica russa tanto da stipulare un trattato con la Germania ed entrare in guerra il primo novembre del 1914. La Romania, che guardava alle popolazioni di lingua rumena che vivevano nelle regioni russe (Bessarabia) o austro-ungariche (Transilvania, Bucovina, Banato di Timisoara). Grazie alla promessa della Bessarabia entrò in guerra a fianco delle Potenze Centrali nell’estate del 1916. La Bulgaria, che guardava alla Dobrugia che aveva dovuto cedere, dopo la guerra balcanica, alla Romania, ma soprattutto alla Macedonia greca o serba. La sua neutralità si concluderà nell’autunno del 1915. Infine, la Grecia del re Costantino, convinto che la guerra si sarebbe conclusa con una vittoria tedesca. L’atteggiamento dell’Italia ha tutt’altra rilevanza, poiché questo grande Stato (36 milioni di abitanti) possedeva una forza militare e aveva, nel Mediterraneo, una posizione strategica di vitale importanza. Tutti gli ambienti politici italiani erano convinti che la guerra europea offrisse alle aspirazioni nazionali un’occasione favorevole, perché poteva costringere l’AustriaUngheria ad abbandonare quella parte dei territori su cui vivevano popolazioni italiane. 4 Mentre in Europa infuriava la guerra, in Italia si formavano, così, due partiti: quello interventista, fautore di un intervento italiano in guerra, e quello pacifista, contrario. Gli interventisti erano repubblicani, irredentisti, sindacalisti, rivoluzionari, liberali di destra. Anche la borghesia nazionalista era fortemente interventista e chiedeva una guerra contro l'Austria, perché voleva unire all'Italia Trento e Trieste con parte della Dalmazia. Un'altra parte della borghesia ed il proletariato erano invece pacifisti, insieme ai liberali, ai socialisti e ai cattolici. I nazionalisti come D'Annunzio, chiedevano l'intervento per le terre irridente di Trento e Trieste e per l'egemonia italiana nel Mediterraneo; i repubblicani per completare il Risorgimento e sistemare l'Europa secondo il principio di nazionalità; gli interventisti democratici per spazzare via l'egemonia imperialistica della Germania e dell'Austria. I socialisti rivoluzionari, guidati allora da Benito Mussolini, chiedevano la partecipazione dell’Italia alla guerra per trasformare la vittoria italiana in vittoria del proletariato. Per i futuristi, con a capo F.T. Marinetti, la guerra sarebbe stata un'occasione per realizzare la loro poetica attivista; per i ceti medi, invece la guerra era l'occasione per essere di nuovo protagonisti della storia. Altrettanto vario il fronte neutralista: Giolitti, che sosteneva di poter ottenere Trento e Trieste per via diplomatica, senza grandi sacrifici finanziari; i cattolici, che esprimevano l'opinione pacifista dei contadini e del Papa, non ostile all'Austria; i socialisti, che si dichiararono neutrali, perché ritenevano che fosse una guerra di matrice imperialistica estranea agli interessi del proletariato. La stragrande maggioranza del popolo italiano era contro la guerra, ma incapace di opporsi ai pochi e agguerriti gruppi interventisti, trascinati dal mito dell' "eroismo" di D'Annunzio e dall'attivismo di Marinetti, con la complicità della monarchia e del governo Salandra, i quali imbandirono una clamorosa propaganda per trascinare l'Italia in guerra. L’attuale Parlamento era, comunque, sensibile all’influenza di Giolitti che per dodici anni aveva dominato la vita politica e appoggiava, con tutta la propria autorità, il movimento neutralista. Il governo, presieduto da Salandra, diede, però, inizio, nel 1915, a segrete trattative con entrambi le parti. Gli interventisti spingevano sempre di più e riuscirono ad organizzare manifestazioni a favore dell'entrata in guerra. Era l’unico Paese in cui, nelle grandi città, si organizzarono delle manifestazioni popolari al grido di “Viva la guerra”. Così, il governo, dopo quattro mesi di aspre trattative, prese la propria decisione. 5 Non essendo riuscito a far accettare al governo austro-ungarico il proprio programma, il 26 aprile 1915 firmò, a Londra, con l’Intesa, un patto segreto, che prometteva all’Italia, oltre ai territori austro-ungarici le cui popolazioni erano di lingua italiana, la maggior parte della costa dalmata e quindi l'annessione di Trentino, Istria, Venezia Giulia e parte della Dalmazia. L’Italia entrò, quindi, in guerra a fianco dell'Inghilterra, della Francia e della Russia contro l'Austria e la Germania. Il 20 Maggio 1915 il Parlamento si rassegnò a votare a favore dei crediti di guerra. Intanto il piano tedesco, una di guerra definito da 15 anni, prevedeva grande offensiva che sarebbe Vignetta satirica interventista1915, cartolina. stata immediatamente diretta Belgio neutrale: l’offensiva avrebbe contro la Francia, attraversando il territorio del aggirato a nord la linea delle fortificazioni francesi e avrebbe potuto condurre ad una vittoria completa; poi, tutte le forze tedesche sarebbero state riversate contro la Russia. La Germania, quindi, invase il Lussemburgo ed il Belgio, con l'intenzione di occupare rapidamente la Francia. I tedeschi furono però fermati sul fiume Marna, in una battaglia che causò 500 mila morti (6-12-settembre 1914). Il fallimento del piano di guerra tedesco aprì la prospettiva di una lunga guerra, che esigeva da tutti i belligeranti uno sforzo totale. Da quel momento, infatti le truppe federali tedesche e quelle franco-inglesi si contrapposero lungo un fronte di 800 Km, il fronte occidentale, all'interno di trincee. La I Guerra Mondiale divenne, infatti, essenzialmente, una guerra di posizione e di logoramento. Dalla guerra di movimento prevista dai colpi degli eserciti, si era passati ad una snervante guerra di posizione. Fu un vero e proprio susseguirsi di attacchi da una trincea all'altra, con i fronti che si spostavano di pochi Km a prezzo di migliaia di morti. 6 Dall'altra parte dell'Europa, il fronte orientale era più lungo e mobile. Gli eserciti tedeschi e austriaci dovettero combattere duramente contro quello russo che tentò di penetrare in Germania. Nell’inverno 1914-1915, la lotta militare assunse forme nuove che si discostavano dalle previsioni degli Stati Maggiori e che paralizzarono, in gran parte, i piani strategici. Per altri diciotto mesi le iniziative tedesche continuavano a dominare; a partire dal luglio 1916, gli eserciti dell’Intesa cercavano di recuperare il vantaggio. Ma nessuno degli avversari riusciva ad assicurarsi una superiorità decisiva. Dopo due anni e mezzo di guerra, le lunghe prove, i sacrifici sempre più duri, portarono i popoli a chiedersi quale fosse il senso e l’efficacia di uno sforzo di cui nessuno era in grado, a questo punto, di prevedere la fine. Cominciavano, così, a delinearsi due correnti: gli uni manifestavano la propria impazienza mettendo in discussione i metodi adottati dagli uomini di Stato nella direzione militare o diplomatica della guerra; gli altri, una piccola parte, esprimevano dubbi sulla necessità di questo immenso sforzo: ne contestavano, perfino, la ragione d’essere. Negli ultimi mesi del 1916, l’Intesa continuò a riporre la propria fiducia nello sforzo militare, mentre le Potenze Centrali, consapevoli che sulla terraferma il bilancio delle forze non consentiva più loro di sperare nella vittoria, decisero di iniziare una nuova forma di guerra, in cui la forza sottomarina fu chiamata a giocare un ruolo essenziale. Tra il 16 marzo e il 2 aprile 1917, le previsioni fatte degli Stati impegnati sui due fronti furono sconvolte da tre avvenimenti di importanza cruciale, del tutto indipendenti l’uno dall’altro: la caduta del regime zarista e la successiva rivoluzione in Russia, che determinò l’allontanamento di questa nazione dalla scena del conflitto; l’intervento degli Stati Uniti; e il pieno manifestarsi di quella crisi economica che già aveva mostrato i primi segni negli anni precedenti in tutti i Paesi coinvolti nella grande guerra. In Russia l’esercito aveva pagato duramente, con milioni di vittime, l’impreparazione tecnica e strategica degli alti comandanti militari, e il popolo, affamato e stanco, aveva già espresso a più riprese, con scioperi e agitazioni, il proprio malcontento. 7 Di fronte a questa situazione, la corte continuava a dare prova del proprio totale distacco dalla realtà del Paese. La goccia che fece traboccare il vaso fu una rivolta di operai e soldati scoppiata nel marzo del 1917. Essa provocò l’abdicazione dello zar Nicola II e la costituzione di un governo repubblicano provvisorio. Quest’ultimo sperò di poter proseguire lo sforzo bellico cercando di ottenere l’adesione dei soldati, quasi tutti contadini, con la promessa di distribuire loro dei terreni alla fine del conflitto. Il presidente del governo provvisorio, Kerenskij, lanciò alcune offensive che si conclusero, però, con un totale fallimento. I soldati russi, infatti, fraternizzarono con gli austriaci e i tedeschi e tornarono alle loro case. Era il segno decisivo dell’uscita della Russia dalle operazioni belliche. Le forze dell’Intesa perdettero, quindi, l’apporto della Russia, ma, quasi a bilanciare gli effetti di questa perdita, si trovarono ben presto a fianco un nuovo potente alleato, gli Stati Uniti d’America. L’entrata in guerra degli Stati Uniti fornì ai Paesi dell’Intesa un appoggio che, a lungo termine, divenne decisivo. Il 19 marzo avvenne l’”azione palese” contro gli Stati Uniti: il siluramento del Vigilantia, sottomarino americano, il cui equipaggio perì interamente. Il 20, il Presidente Wilson convocò una sessione straordinaria del Congresso, dichiarandosi deciso alla guerra. Il 2 aprile, il Congresso approvò a maggioranza il messaggio che annunciava questa decisione. Il 15 dicembre dello stesso anno, dopo rapide trattative, entrò in vigore, tra la Russia e le Potenze Centrali, l’accordo d’armistizio: la Russia non poteva più, per gravi ragioni interne, proseguire nella guerra. Appariva chiaro, a questo punto, che la fine del conflitto sarebbe stato determinato dall'esaurimento complessivo delle risorse di uno dei due contendenti, più che dall'esito della battaglia. 8 Nel 1917 gli imperi centrali si prepararono offensivo all’ultimo prima che sforzo le truppe statunitensi sbarcassero in Europa. Praticamente smobilitato il fronte russo che aveva consentito agli Austro-Tedeschi di numerose truppe occidentale e eserciti spostare sul fronte meridionale, austriaco e gli tedesco sferrarono un nuovo massiccio attacco sul fronte italiano. L’esercito italiano non resse all’urto. Oltre alla stanchezza dei soldati furono decisivi alcuni errori strategici del supremo comando e la defezione di qualche corpo d’armata. Tutte queste furono le cause dell' improvviso crollo italiano a Caporetto. Caporetto era un piccolo villaggio della valle d'Isonzo. In questo luogo il 24 ottobre 1917 una scelta armata austro-tedesca lanciò l'offensiva, nata come battaglia di alleggerimento, ma subito trasformatasi in successo strategico per la scarsa resistenza italiana. I generali Cadorna e Cappello, comandanti della seconda armata travolta a Caporetto, avevano sottovalutato le forze nemiche. L'offensiva li sorprese con le truppe logore e schierate su posizioni poco curate ma, soprattutto, senza riserve riposate e ben dislocate con le quali fosse possibile bloccare l'avanzata austro-tedesca. La ritirata di Caporetto La disfatta italiana di Caporetto fu un importante successo degli imperi centrali, cui si aggiunsero i vantaggi derivati dalle paci separate concluse con la Russia e la Romania. Il trattato di pace (Brest-Litovsk, 3 marzo 1918) fu particolarmente duro per la Russia: essa, infatti, si impegnava a cedere la Polonia, l’Estonia, la Lituania e la Lettonia e a riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina. Intanto, l’offensiva degli imperi centrali doveva assolutamente battere l’intesa prima dello sbarco statunitense. Tuttavia gli alleati, sotto la guida di un unico comando affidato al maresciallo francese Ferdinand 9 Foch, riuscirono a resistere e a passare alla controffensiva, forti, anche, dell’arrivo delle truppe americane. Le armate austro-tedesche, a loro volta, avanzarono rapidamente nella pianura friulanoveneta facendo prospettare il pericolo di una disfatta totale. Un'impennata di orgoglio nazionale consentì invece all'Italia di reagire con efficacia e di affrontare una nuova linea difensiva sul Piave. I soldati italiani rinvigoriti nel morale grazie alle promesse di adeguati compensi a guerra finita, resistettero ai tentativi di sfondamento dei nemici che furono, definitivamente, sbaragliati a Vittorio Veneto. Per gli imperi centrali era finita! Nel giro di poco più di un mese, tra la fine di settembre e i primi di novembre, si susseguirono la resa della Turchia e l’armistizio dell’Austria con l’Italia, firmato a Villa Giusti, presso Padova (4 novembre 1918). Sia l’offensiva tedesca, sconfitta in Francia, sia quella austriaca, in Italia, erano state respinte. Questi eventi comportarono gravi conseguenze politiche all’interno dei due imperi. L’Intesa pose, così, fine alla guerra: il 4 novembre l'impero Austro-Ungarico chiese l'armistizio, l'11 novembre la Germania. Alla fine del 1918 l’Austria-Ungheria non esisteva più. La Germania, la Bulgaria, la Turchia sottoscrissero, firmando gli armistizi, delle clausole militari che li misero in condizioni di non poter riprendere la lotta. L’Europa era, ormai, allo stremo. Nel gennaio del 1919, a Parigi, si aprì la conferenza di pace. Vi parteciparono soltanto i vincitori; i vinti ne furono esclusi e vennero convocati solo per firmare i trattati di pace. Durante la conferenza si manifestarono gravi contrasti tra l’indirizzo tradizionale della diplomazia europea e le tendenze del presidente statunitense Wilson. Gli europei intendevano risolvere i problemi nati dal crollo di quattro imperi (austriaco, tedesco, turco, russo) mediante una politica di annessioni territoriali. Gli Stati Uniti, invece, erano favorevoli al principio dell’autodeterminazione dei popoli: ogni nazione doveva avere il suo territorio e decidere che governo darsi. Prevalse il principio di formare stati nazionali in cui vivessero cittadini appartenenti allo stesso popolo, ma questo principio, che dette origine a numerosi nuovi stati, non venne quasi mai applicato alla lettera. 10 Inoltre, le potenze europee e la Francia in particolare miravano a utilizzare i trattati di pace per annientare la Germania, piuttosto che ridisegnare, in maniera equilibrata e rispettosa della volontà dei singoli popoli la carta geografica del continente. Dei tre grandi imperi che esistevano sul continente nel 1914, uno scomparve; gli altri due persero una parte importante dei loro territori. La Germania, divenuta una repubblica, venne riconosciuta colpevole della guerra e costretta a pagare un'enorme indennità ; la sua flotta militare venne confiscata, ma si autoaffondò; alcune regioni furono smilitarizzate e l’Alsazia e la Lorena tornarono alla Francia. Dovette cedere, anche, le province prussiane di popolazione polacca, lo Schleswig del Nord, la cui popolazione era di lingua danese, i piccoli territori di Eupen e Malmedy, rivendicati dal Belgio. Sul territorio che era stato, prima della guerra, quello dei tre Imperi, nove Stati nuovi iniziavano ad organizzare la propria esistenza: la Polonia, la Finlandia, la Lettonia, la Lituania, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, la Repubblica austriaca e l’Ungheria. Austria e Ungheria divennero, infatti, due piccole repubbliche e persero gran parte del loro territorio a vantaggio della Romania, dell'Italia o dei nuovi stati Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia. Dai territori ex russi nacquero Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania. La Polonia rinacque dopo circa centotrenta anni con territori già austriaci, tedeschi e russi. La Cecoslovacchia comprendeva territori ex austroungarici. La Jugoslavia fu formata con gli ex regni di Serbia e Montenegro e territori ex austroungarici ed ex turchi. Questo spezzettamento si conformava al principio delle nazionalità e al diritto di “autodeterminazione dei popoli” dettati dal Presidente Wilson nei “Quattordici punti”. Il trattato di Versailles ebbe però tristi conseguenze per l'Italia: non le furono assegnati mandati sulle ex-colonie tedesche; nonostante gli abitanti di Fiume, in nome del principio dell'autodeterminazione dei popoli, avessero affermato di sentirsi Italiani e di volere l'annessione all'Italia, questi territori furono assegnati alla neonata Jugoslavia. Nel quadro mondiale, i risultati essenziali della guerra sono stati, da una parte, il declino dell’Europa occidentale e centrale, dall’altra, l’ascesa della potenza degli Stati Uniti. E così, mentre iniziavano a manifestarsi segni di declino dell’Europa, gli Stati Uniti, con il ruolo di fornitori degli Stati belligeranti che ebbero per due anni e mezzo, aumentarono, a ritmo veloce, la propria produzione industriale; quadruplicarono il tonnellaggio della flotta mercantile; in quattro anni raggiunsero, nella propria bilancia commerciale, un surplus pari a quello che era stato realizzato tra il 1787 e il 1914. 11 Le iniziative degli Stati Uniti e l’influenza della Russia comunista divennero, alla fine, dei fattori essenziali nella vita del mondo. 12