I disturbi specifici dell’apprendimento Milena Marini* Il termine “Disturbi Specifici dell’Apprendimento” (spesso indicati con l’acronimo DSA) si riferisce ad un gruppo eterogeneo di disturbi caratterizzati da significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di abilità scolastiche, quali la capacità di lettura, di scrittura e di calcolo, non imputabili primariamente a fattori di disabilità grave e comunque definibili in base al mancato raggiungimento di criteri attesi di apprendimento, rispetto alle potenzialità del soggetto (Cornoldi, 1991) Uno studio epidemiologico tuttora in corso (SNLG-iss, 2011) indica che circa il 3% della popolazione scolastica presenta caratteristiche che rientrano in tale categoria. Pertanto, è probabile che almeno un bambino per classe possa essere affetto da tali difficoltà. Si calcola che in Italia ci sia circa un milione e 500 mila dislessici, ma tale incidenza potrebbe essere sottostimata, dato che solo da pochi anni si è arrivati a criteri condivisi per la definizione di tale categoria diagnostica. In particolare, nel 2007 sono state pubblicate a cura della SINPIA le “Raccomandazioni per la pratica clinica sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento” definite con il metodo della Consensus Conference, che ha portato a una chiarezza maggiore sia nell’ambito delle procedure diagnostiche che nella programmazione dell’intervento. A tale Consensus Conference è seguito un nuovo approfondimento nel febbraio 2011, (PARCC 2011) esitata nella pubblicazione di Linee Guida Nazionali. Cosa sono i DSA Prima di definire cosa sia un DSA è necessario avere ben in mente cosa NON è un DSA, e cioè va chiarito anzitutto che il DSA non va confuso con le normali variazioni nei risultati scolastici, con le difficoltà scolastiche dovute a mancanza di opportunità, insegnamento scadente, fattori culturali, ritardi cognitivi o difficoltà emotive di altro genere che compromettono il funzionamento scolastico del bambino Pertanto, per parlare di Disturbo Specifico dell’Apprendimento occorre prima di tutto una diagnosi clinica, e tale diagnosi si può fare solo se i risultati in test standardizzati somministrati individualmente, su lettura, calcolo, o espressione scritta sono significativamente sotto a quanto previsto in base all’età, all’istruzione, e al livello di intelligenza (QI>70). L’origine del DSA è di tipo neurobiologico; è stato dimostrato ad es. che i soggetti dislessici, in compiti di lettura e di elaborazione visiva, mostrano un mancato/ridotto funzionamento delle parti posteriori dell’emisfero sinistro, cioè dell’emisfero coinvolto nei processi linguistici (Shajwitzs, 1998). Oltre che da evidenze legate alle neuroimmagini, l’origine neurobiologica della dislessia e dei disturbi specifici di apprendimento è supportata dall’alta incidenza nel sesso maschile e dalla familiarità del disturbo (circa il 60% dei dislessici ha un familiare con la stessa problematica) Per riassumere: il bambino con DSA è un bambino con intelligenza nella norma, senza difficoltà emotive evidenti, con una difficoltà specifica che interferisce in modo significativo con i risultati scolastici o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura, calcolo o scrittura. * Logopedista e Psicologa. Come si manifestano Nella categoria dei DSA rientrano quattro differenti forme di difficoltà. La dislessia, e cioè la difficoltà nella lettura; il problema principale risiede nell’automatizzazione dei processi di lettura, per cui il soggetto dislessico appare molto lento e/o scorretto nella lettura ad alta voce; la comprensione del testo varia molto a seconda che la lettura avvenga nella propria mente o ad alta voce, e comunque non sempre è efficace, anche se la sola difficoltà nella comprensione del testo NON è da considerarsi indice di dislessia. La disortografia, cioè la difficoltà a controllare le regole della scrittura, con errori sistematici, di tipo fonologico (confusione tra fonemi simili, omissioni di suoni, inversioni…) e ortografico( mancata memorizzazione delle regole di trasformazione della lingua parlata in lingua scritta, doppie, uso dello’H,…) La disgrafia e cioè il tratto grafico poco modulato e scorretto.1 La discalculia, cioè difficoltà di accesso ai processi matematici, con cadute sia nell’ambito delle procedure esecutive (procedure di calcolo) che nelle conoscenze numeriche (quantificazione, strategie di calcolo mentale, comparazione, seriazione…). Tale difficoltà si manifesta in un’estrema lentezza esecutiva nel calcolo, con evidenti difficoltà nell’esecuzione di algoritmi di calcolo, nella lettura di numeri, nell’apprendimento di tabelline e stringhe numeriche, e diviene maggiormente significativa nel corso del secondo ciclo della scuola primaria, quando viene richiesto al bambino l’applicazione rapida dei calcoli per risolvere i problemi. Molto spesso in età evolutiva, queste forme sono comprensenti, anche se non è raro trovare soggetti esclusivamente dislessici o disortografici. Si calcola che circa l’80% dei soggetti con DSA presenta un quadro di dislessia evolutiva, nel 60% dei casi è associata anche discalculia. Nel parlare di DSA non dobbiamo dimenticarne la loro “evolutività”; ciò significa che i DSA presentano patterns che si modificano nel tempo, con caratteristiche specifiche a seconda della fase scolastica. Possiamo per esigenze di chiarezza individuare tre fasi fondamentali _ 1. Nei primi due anni di scuola primaria ogni bambino è impegnato nell’acquisizione delle regole di codifica che permettono il passaggio dalla lingua parlata a quella scritta. Il soggetto con DSA può evidenziare difficoltà e lentezza nell’acquisizione del codice alfabetico, e nell’applicazione della mappatura “grafema/fonema”; l’analisi e sintesi fonemica appaiono scarsamente controllate, con grossolani errori nella lettura e scrittura di parole (frequenti omissioni di parti di parole, scrittura di parole senza vocali, spesso il bambino sembra non ricordare le lettere ecc.), la lettura avviene in modo molto lento e limitatamente ad alcune parole conosciute. 2. In seguito, i bambini sono impegnati nell’automatizzazione delle procedure, e cioè nell’applicazione delle regole in precedenza apprese in modo efficiente e rapido. Tra la seconda e la quarta elementare, anche il soggetto con DSA arriva alla progressiva acquisizione della mappatura grafema/fonema, ma con scarso controllo delle mappature più complesse (errori ortografici molto frequenti), la lettura è stentata, lenta e con frequenti processi d’iperanticipazione. (il bambino legge solo la prima parte delle parole, poi “inventa”). 1 Si veda nel presente sito il contributo specifico riguardo a tale argomento. 3. Infine, si assiste a una stabilizzazione delle procedure, per cui ciascun alunno arriva a utilizzare strategie proprie ed efficaci di lavoro. In questa fase ( fine scuola primaria, inizio secondaria primo grado) il soggetto dislessico evidenzia lentezza nei processi di lettura, lettura scarsamente prosodica, ma soprattutto difficoltà laddove venga richiesto una lettura come strumento di apprendimento ( es. studiare leggendo da un testo) Non da trascurare è l’impatto che un ripetuto fallimento scolastico può avere sullo sviluppo psichico del bambino. La scuola è il luogo di affermazione del sé, posto dove si gioca il proprio ruolo e la propria identità. Un bambino passa a scuola la maggior parte del suo tempo e il suo definirsi passa anche attraverso il suo “essere scolaro”. Un’immagine fallimentare come può essere quella che proviene da un’esperienza scolastica negativa ha un impatto notevole sul proprio benessere psicologico. I bambini con DSA, soprattutto se diagnosticati tardivamente o in modo non preciso, possono avere vissuti molto negativi delle proprie capacità. Diversi studi hanno dimostrato come tali soggetti spesso si vivano come “incapaci”, “stupidi o con meno valore di altri compagni (Marzocchi, 2011) . La diagnosi Attualmente esistono linee guida chiare per la definizione del processo diagnostico necessario nel caso di un sospetto DSA (PARCC, 2011). L’approccio interdisciplinare è la prassi clinica maggiormente auspicabile in considerazione delle caratteristiche del disturbo e vede solitamente coinvolti il neuropsichiatra infantile, lo psicologo e il logopedista, senza escludere la partecipazione di altre professionalità per approfondire alcuni aspetti di funzionamento. La diagnosi viene effettuata attraverso la somministrazione di test di sviluppo/intellettivi, l’osservazione degli aspetti neuromotori, la valutazione di eventuali aspetti psicologici connessi con il fallimento scolastico e la somministrazione di test specifici per la matematica, la lettura e la scrittura. Nel processo di diagnosi, si deve valutare anche il grado di consapevolezza del bambino delle proprie difficoltà, la sua storia scolastica e il rapporto con il mondo degli apprendimenti scolastici. Scopo di una diagnosi dettagliata e approfondita è quello di portare ad un progetto riabilitativo,che veda coinvolto anche il mondo della scuola, che ha un ruolo fondamentale nell’approccio al soggetto con DSA Particolare attenzione deve essere riservata al momento opportuno per la diagnosi, che “per quanto riguarda dislessia, disortografia non deve essere prima della fine della seconda classe della scuola primaria”, mentre per la discalculia il limite è posto “non prima della fine della terza classe della scuola primaria” (PARCC 2011). Tale prudenza è da imputare alla necessità di lasciare un tempo sufficiente a ogni singolo bambino di fare un’esperienza scolastica prolungata, per arrivare, laddove possibile, all’automatizzazione delle procedure. Al momento cioè non esistono strumenti sufficientemente efficaci per un intervento diagnostico più tempestivo, data l’alta variabilità evidenziata nelle prime fasi di scolarizzazione. In particolari situazioni (ad es., alla presenza d’indicatori di rischio quali familiarità per DSA, pregresso o concomitante disturbo del linguaggio, prestazioni fortemente deficitarie in prove sulle abilità metafonologiche, familiarità per il disturbo) è possibile attivare interventi preventivi e di monitoraggio. Particolare attenzione deve essere posta ai soggetti con precedente disturbo del linguaggio (disturbo fonologico). Diversi studi (Tomblin, 2004) hanno infatti dimostrato una forte correlazione tra disturbo fonologico (risultati deficitari ai 5 anni di età in prove metafonologiche) e possibilità di sviluppare un DSA. L’intervento Una volta effettuata la diagnosi, va attivato un trattamento riabilitativo volto ad aumentare l’efficienza del processo alterato, ma anche e soprattutto a fornire strumenti di compensazione e strategie efficaci, di là dell’impairment determinato dal DSA. Nel trattamento dei soggetti con DSA, accanto al processo di rieducazione ( “ processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile delle scelte operative” (LG Riabilitazione Nazionali GU 124 30/05/98 Min. Sanità), occorre prevedere anche un processo di abilitazione che porti ad elaborare interventi volti a favorire l’acquisizione, il normale sviluppo e l’utilizzo funzionale dei contenuti di apprendimento scolastico (lettura, scrittura, calcolo), La presa in carico riabilitativa e abilitativa è compito di operatori sanitari specificamente formati (logopedista) e viene definita in base alle specifiche caratteristiche del bambino – e della sua famiglia, in stretta collaborazione con la struttura scolastica. Attualmente in letteratura (Tressoldi, 2007; Vio, 2007) esistono diversi metodi di riabilitazione, quali il metodo Bakker, la rieducazione con approccio fono-sillabico, l’utilizzo del computer con programmi di velocizzazione della lettura (Tachistoscopio), con modalità e tempi di frequenza differenti; la scelta del programma va sempre definita in concordanza tra le varie figure coinvolte, a partire soprattutto dal bambino, che deve diventare il reale protagonista del percorso e del progetto. Le misure dispensative e compensative Il soggetto con DSA ha necessità di utilizzare accorgimenti che gli permettano comunque di apprendere. Oltre che il trattamento riabilitativo, il soggetto con DSA richiede un percorso scolastico per così dire tutelato e nell’Ottobre 2010, è stata promulgata una legge (Legge 8 ottobre 2010, n. 170 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”) a tutela del diritto all’istruzione del soggetto con DSA2. Particolare attenzione è stata data all’introduzione di strumenti compensativi, (compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche) e di misure dispensative (ad es. da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere) con lo scopo di promuovere una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate ( Legge 170). In particolare, gli strumenti compensativi sono strumenti che vicariano o supportano una delle abilità carenti, lettura – ortografia – grafia –numero – calcolo; (ad es. sintesi vocale, calcolatrice, correttore ortografico, penne con impugnatura speciale, ma anche la tavola pitagorica, promemoria verbi, sequenza giorni, sequenze mesi, quaderni speciali, testi con carattere più leggibile). Tra le misure dispensative più ricorrenti, vanno invece citate la possibilità di sostituzione delle verifiche scritte con verifiche orali, la valutazione del contenuto e non della correttezza ortografica nelle produzioni scritte, la scelta del carattere grafico più leggibile in caso di disgrafia, ecc… e cioè di tutte quelle misure atte a facilitare l’autonomia del soggetto ed a bypassare il più possibile la difficoltà strumentale, per privilegiare la qualità dell’apprendimento. Misure compensative e dispensative vanno sempre prima proposte, poi condivise tra operatori/scuola/famiglia, al fine di verificarne la reale attuabilità ed efficacia. Non va mai dimenticato che ogni bambino ha la sua storia e le sue naturali potenzialità/interessi, che possono portarlo a strategie differenti per affrontare le sue specifiche difficoltà. La normativa vigente prevede la stesura di un progetto didattico personalizzato (PDP), con la compartecipazione di 2 Si veda il sito AID per ulteriori dettagli. specialisti, scuola e famiglia, con lo scopo di definire in modo chiaro e condiviso quali strategie utilizzare e come intervenire a tutela del soggetto con DSA. Bibliografia AID www.aiditalia.org/ Associazione Italiana Dislessia CORNOLDI C. (a cura di) (2007) Difficoltà e disturbi dell'apprendimento. Bologna: Il Mulino MARZOCCHI G.M., & CENTRO ETÀ EVOLUTIVA (2011). La presa in carico dei bambini con ADHD e DSA. Trento, Erickson. PARCC 2011. DSA.Documento d’intesa, Bologna, febbraio 2011, www.lineeguidadsa.it SNLG-iss, 2011. http://www.snlg-iss.it/cc_disturbi_specifici_apprendimento. SHAYWITZ S.E. et al. (1998) Functional disruption in the organization of the brain for reading dyslexia. Proc Natl Acad Sci U S A. 1998 Mar 3;95(5):2636-41. TOMBLIN J.B., HEWITT LE, HAMMER C.S., YONT K.M. (2005) Language sampling for kindergarten children with and without SLI: mean length of utterance, IPSYN, and NDW”. Commun Disord, May-Jun; 38(3):197-213. TRESSOLDI P.E., VIO C., LORUSSO M.L., FACOETTI A., IOZZIONI R (2003) Confronto di efficacia ed efficienza tra trattamenti per il miglioramento della lettura in soggetti dislessici. Psicologia Clinica dello Sviluppo, vol. 7: 481-493 VIO C., TOSO C., (2007) Dislessia evolutiva: dall'indentificazione del disturbo all'intervento, Roma, Carocci