Palazzo Ducale Galleria Nazionale delle Marche Federico di Montefeltro: capitano di ventura, signore rinascimentale, duca di Urbino 12 marzo 4 luglio Una mostra promossa da Mibact Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici delle Marche Regione Marche Città di Urbino Urbino International Centre Marche Expo 2015 Regione Marche Distretto Culturale Evoluto Con la partecipazione del Museo del Louvre Organizzazione generale Villaggio Globale International Civita Cultura Sponsor Cofely Ufficio stampa Antonella Lacchin Villaggio Globale international Antonella Lacchin Tel. 041/5904893 –335/7185874 [email protected] “…quale a’ dì suoi fu lume della Italia [...] tra l’altre cose sue lodevoli, nell’aspero sito di Urbino edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d’ogni oportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma de palazzo esser pareva; e non solamente di quello che ordinariamente si usa, come vasi d’argento, apparamenti di camere di ricchissimi drappi d’oro, di seta e d’altre cose simili, ma per ornamento v’aggiunse una infinità di statue antiche di marmo e di bronzo, pitture singolarissime [...]” Baldassarre Castiglione, all’inizio del suo Libro del Cortegiano (1528), evocando nostalgicamente gli “ottimi Signori” che governarono la “piccola città d’Urbino”, fa esplicito riferimento alla gloriosa memoria del duca Federico da Montefeltro (1422-1482): uno dei più illustri esempi di uomo del Rinascimento, un eccellente condottiero (cioè mercenario) capace di coniugare abile azione politica ed efficace propaganda culturale. In effetti Federico – immortalato sempre con il suo famoso profilo aquilino, per nascondere la mancanza di un occhio perso durante una giostra a cavallo – sarà alla costante ricerca di legittimità, dinastica e intellettuale, non inconsueta per i Signori del Rinascimento. Tradizionalmente lo si dice figlio illegittimo di Guidantonio da Montefeltro, ma Federico con più probabilità era figlio del nobile capitano Bernardino Ubaldini della Carda e di Aura da Montefeltro, a sua volta figlia illegittima del conte Guidantonio. Questi, non essendo certo di poter contare su una linea di discendenza maschile, adottò il piccolo Federico fin dalla nascita e gli garantì la miglior educazione mandandolo a studiare presso la famosa Cà Zoiosa di Vittorino da Feltre, dove si formava l’élite dell’epoca. Federico rese omaggio al maestro Vittorino includendolo infatti (unico laico fra quattro contemporanei: altri due sono papi e uno cardinale, il Bessarione) tra i 28 Uomini Illustri del suo Studiolo. Il fratello (e quindi non fratellastro) Ottaviano Ubaldini fu invece inviato alla raffinata corte milanese di Filippo Maria Visconti dove imparò le arti della prudenza e della dissimulazione. L’unità fra i due fratelli è emblematicamente rappresentata nel dittico scultoreo di Mercatello sul Metauro - esposto in mostra - in cui sono immortalati come campioni, rispettivamente, della vita activa o della vita contemplativa. Morto Guidantonio e ammazzato in una congiura il figlio legittimo che era stato nominato duca all’età di sedici anni, fu Federico ad assumere la conduzione del ducato per acclamazione. Signore di un piccolo territorio come il Montefeltro, Federico dovette vedersela per un paio di decenni con Sigismondo Malatesta, signore di Rimini: una lotta senza esclusione di colpi militari ma anche di calunnie reciproche e scambi di accuse verbali. Non solo, ma la tensione tra i due crebbe ulteriormente quando Francesco Sforza, altro capitano di ventura che allora occupava le Marche e suocero di Sigismondo, preferì assoldare Federico per il controllo e la difesa dei territori occupati. Una volta divenuto anche duca di Milano, Francesco Sforza tuttavia non rinnovò l’incarico mercenario a Federico, che decise allora di servire il re di Napoli: dapprima Alfonso il Magnanimo e poi suo figlio illegittimo Ferrante d’Aragona. La guerra napoletana, dalla fine degli anni cinquanta ai primi anni sessanta del Quattrocento, impegnò Federico su vari fronti e lo portò ad allearsi con papa Pio II, unito al Montefeltro anche dall’odio per il Malatesta. Federico rimase al servizio degli Aragona per ventisette anni ininterrotti. Oltre a garantirgli guadagni cospicui e costanti, che gli consentivano spese stravaganti per la costruzione e l’arredo dei palazzi di Urbino e di Gubbio, come pure delle fortezze nel Montefeltro, questa “condotta” portò a Federico un notevole prestigio. Al culmine del successo, ebbe anche il comando della lega italica (1466), per la quale guadagnò sull’esercito veneziano di Bartolomeo Colleoni la decisiva vittoria di Molinella (23 luglio 1467), Nel 1474 Federico raggiunse l’apice del prestigio ottenendo l’agognato titolo ducale di Urbino da papa Sisto IV Della Rovere che gli concesse anche l’Ordine equestre di San Pietro. In quell’anno fu anche aggregato all’Ordine dell’Ermellino dal re Ferdinando I di Napoli e all’Ordine della Giarrettiera dal re Edoardo IV d’Inghilterra. Il legame con Sisto IV fu decisivo e lo portò anche allo scontro con Lorenzo de Medici. È convincente la tesi – grazie al recente ritrovamento di una lettera cifrata inviata al Pontefice secondo la quale Federico avrebbe segretamente offerto al Papa il suo aiuto contro i Medici già in occasione della congiura dei Pazzi del 1478, ottenendo in cambio il conferimento del diritto di successione ducale in favore del figlio Guidobaldo. La prova sarebbe nel suo ritratto coevo, prestato all’esposizione della Galleria Colonna, in cui Federico indossa la collana d’oro donatagli dal papa per suggellare il patto sanguinoso. Federico però – le cui gesta sono state raccontate in versi poetici ne La vita e le gesta di Federico di Montefeltro Duca d’Urbino dal padre di Raffaello Sanzio, Giovanni Santi di cui sono esposti in mostra anche alcuni dipinti – morì nella guerra di Ferrara il 10 settembre 1482, mentre comandava l’esercito del duca di Ferrara, opposto a quello papale e veneziano. Guidobaldo aveva 10 anni. Federico fu in vita continuo coltivatore dell’erudizione personale, per questo soprattutto con la seconda moglie Battista Sforza favorì e sostenne le arti e la cultura in generale. Alla corte di Federico operarono gli architetti Maso di Bartolomeo, Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini, suo amico e confidente. Anche Piero della Francesca era intimo amico di Federico che chiamò a dipingere anche Paolo Uccello, Giusto di Gand e Pedro Berruguete. Tra i suoi protetti, anche il matematico Luca Pacioli. La famosa biblioteca di Federico, unica in quell’epoca per vastità e pregio, venne realizzata grazie all’opera del fiorentino Vespasiano da Bisticci, suo principale fornitore, e dell’urbinate Federico Veterani. L’intera biblioteca (oltre 1760 codici manoscritti, caduti in stato d’abbandono dopo la morte di Guidobaldo, figlio di Federico) venne acquistata per soli 10.000 scudi dal papa Alessandro VII Chigi nel 1657: da allora costituisce il nucleo più importante della Biblioteca Apostolica Vaticana.