ALLEGATO N. 1 MOTIVAZIONI E FINALITA` La finalità del presente

ALLEGATO N. 1
MOTIVAZIONI E FINALITA'
La finalità del presente provvedimento è intervenire sul tema specifico avviando a completamento il processo di
riordino del S.S.R. con riguardo all'assistenza specialistica ambulatoriale sia ospedaliera che territoriale, al fine di
facilitare i percorsi assistenziali e di razionalizzare l'attività in un contesto idoneo a rispettare il principio di equità
dell'accesso e di uniformità dei tempi di attesa in ambito aziendale.
INTRODUZIONE
Garantire a tutti i cittadini tempi di accesso alle prestazioni sanitarie certi ed adeguati ai problemi clinici presentati
rappresenta un obiettivo di primaria importanza del Servizio sanitario nazionale, in quanto strumento atto a
garantire il rispetto di fondamentali diritti della persona, quali la tutela della salute e l’eguaglianza nell’accesso alle
prestazioni sanitarie.
I tempi di attesa costituiscono inoltre uno dei determinanti fondamentali della qualità dell’assistenza percepita
dagli utenti, contribuendo in modo rilevante al rapporto di fiducia verso il sistema sanitario. La lunghezza in alcuni
casi eccessiva delle liste d’attesa rappresenta dunque per un sistema sanitario un evento fortemente critico, in
quanto può limitarne la garanzia dell’equità di accesso e la fruizione dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza,
nonché ridurre gli standard di qualità tecnico-professionale e di qualità percepita.
Il problema delle liste d’attesa è legato a cause multifattoriali che richiedono l’individuazione di un ventaglio di
possibili interventi che, se perseguiti nel loro insieme, possono contribuire ad affrontarlo con successo.
Infatti, le liste d’attesa possono configurarsi come un “problema a difficoltà crescente”: la soluzione delle questioni
più evidenti e di più semplice approccio può, da sola, non risultare efficace nel medio-lungo termine, per cui diventa
necessario provvedere a nuovi interventi, sempre più precisi e puntuali.
Il semplice aumento dell’offerta disponibile, peraltro primo intervento da attuare in caso di carenze, può
determinare risultati favorevoli nell’immediato, ma richiede azioni complementari ed integrate, ad esempio di
razionalizzazione della domanda, per poter mantenere la propria efficacia nel tempo.
Le risorse umane e la libera professione
Nella riorganizzazione dell’offerta, specialmente in campo diagnostico, un importante ruolo è svolto dalle risorse
umane, sanitarie e non, il cui utilizzo deve essere incrementato, all’interno però delle regole definite dai contratti
nazionali di categoria che permettono, sotto varie forme, l’esercizio dell’attività libero professionale. Questo è un
problema che comporta un approfondimento specifico per la rilevanza della tematica e per la dovuta interpretazione
delle norme in materia.
Le questioni critiche meritevoli di approfondimento sono essenzialmente:
la necessità di garantire il diritto sia dei professionisti ad esercitare la libera professione sia quello dei pazienti
ai quali deve essere sempre garantita la possibilità di scelta e di accesso al professionista, indipendentemente
dalle proprie disponibilità economiche ed il diritto del professionista di rispondere a tale richiesta;
l’opportunità di utilizzare la stessa per ridurre i tempi di attesa.
Focalizzandosi sul primo aspetto è necessario innanzitutto evitare che l’eccessiva discrepanza tra attività
istituzionale e libero professionale possa essere un fattore che induce ancora di più il ricorso a quest’ultima,
incrementando, di fatto, i costi globali dell’assistenza sanitaria. E’ opportuno che in sede di contrattazione
decentrata tra Regioni e Organizzazioni sindacali siano individuate modalità per evitare tali rischi.
In merito al corretto rapporto tra attività istituzionale e attività libero professionale, in coerenza con i principi
individuati dal CCNL, in attuazione al comma 3 dell’art.15 quinquies del D.Lgs 229/99, la struttura sanitaria deve
provvedere affinché la libera professione intramuraria non comporti globalmente di norma, per ciascun dirigente, un
volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali. Infatti, la normativa introdotta tende,
tra le altre finalità, anche alla riduzione delle liste d’attesa, attraverso l’incremento dell’offerta e l’ampliamento della
libertà di scelta all’interno delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. In sede di negoziazione aziendale, ai
sensi e per gli scopi di cui all’art. 54 comma 6 del CCNL, dovrebbero essere previsti appositi organismi paritetici di
verifica del mantenimento del corretto equilibrio tra attività istituzionale e libero professionale, identificando le
sanzioni da adottare in caso di mancato rispetto degli accordi.
L’articolo 5 del D.P.C.M. 27 maggio 2000 “Atto di indirizzo e coordinamento concernente l’attività liberoprofessionale intramuraria del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale” cita i criteri
attraverso cui il Direttore Generale dell’azienda formula l’atto aziendale per definire le modalità organizzative
dell’attività libero-professionale intramuraria del personale della dirigenza sanitaria. Tra questi, al comma 2, lettera
f, viene prevista, per lo svolgimento dell’attività libero-professionale, l’attivazione di un apposito sistema di
prenotazione e distinti uffici e personale addetto, per la tenuta delle relative liste di attesa e per le turnazioni del
personale relativo. In questo caso, la totale separazione dei due sistemi di prenotazione e di gestione delle attività
eviterebbe eventuali interferenze tra i due regimi di erogazione e ridurrebbe la possibilità che un utente venga
“orientato” verso la libera professione nel caso in cui l’istituzionale preveda tempi troppo lunghi per accedere ad
una prestazione, sia essa di ricovero che di specialistica ambulatoriale. D’altro canto, instaurare due sistemi
gemelli per le prenotazioni potrebbe essere giustificato laddove l’azienda eroghi un elevato numero di prestazioni in
regime libero-professionale, ma può risultare inopportuno, considerandone gli alti costi di gestione, in situazioni di
scarsa erogazione. In questi ultimi casi, una corretta formazione degli operatori addetti alle prenotazioni può
ovviare ai rischi di interferenza e al ricorso alla libera professione, non in quanto espressione di una libera scelta
del cittadino, ma come mezzo per eludere liste di attesa non sostenibili.
Per quanto riguarda l’apporto che l’attività libero professionale può fornire per la riduzione dei tempi di attesa è
opportuno rammentare quanto disposto dall’art 3, commi 12 e 13, del D.Lgs 124/98. L’attuazione di tali norme non
può ridursi ad un mero adempimento formale ma deve concretizzarsi nella formulazione di idonei programmi e di
efficaci misure, effettivamente capaci di garantire il rispetto della tempestività delle prestazioni. Al fine di
incrementare l’offerta e di diminuire ulteriormente i tempi di attesa, le strutture erogatrici dovrebbero prevedere
meccanismi di incentivazione del personale, utilizzando forme di remunerazione legate al risultato, nell’ambito
della contrattazione decentrata con gli organismi sindacali. In seconda istanza, nel caso in cui si presenti un
manifestato e dimostrato esaurimento delle capacità produttive della struttura coinvolta, potrebbe essere prevista
una modalità alternativa, cioè una contrattazione diretta tra la struttura e gli operatori coinvolti per lo svolgimento
della prestazione, in termini di volumi, di tempi, di modalità di esecuzione e del relativo compenso, concordandone
le modalità con le organizzazioni sindacali. L’aumento dell’offerta permesso da tale sistema, ulteriore a quello
garantito dall’attività istituzionale, potrebbe permettere all’utente lo svolgimento della prestazione nell’ambito del
Servizio sanitario nazionale, con l’unico onere della partecipazione alla spesa, quando dovuta, mentre il personale
coinvolto svolgerebbe tali attività ulteriori in regime libero professionale, anche se non scelto direttamente
dall’utente. Tale attività può essere assimilata alla fattispecie della libera professione richiesta a pagamento da
terzi all’azienda, secondo l’art. 15 quinquies comma 2 lett. d) D.Lgs. 229/99 e in base all’art. 2, comma 5, del
D.P.C.M. 27/3/2000 e all’art 55, comma 2, del CCNL vigente. Si considerano pertanto in questa tipologia le
prestazioni richieste, ad integrazione delle attività istituzionali, dalle aziende ai propri dirigenti allo scopo di ridurre
le liste d’attesa o di acquistare prestazioni aggiuntive soprattutto in presenza di carenze d’organico, in accordo
con le équipes interessate.
Tenendo conto di quanto sopra esposto, si ritiene possa essere raggiunto un equilibrio tra attività istituzionale e
libero professionale, ferma restando l’impossibilità di garantirne una piena concordanza, per la differenza della
quantità di prestazioni rese nei due regimi e per la differente richiesta, utilizzando nel contempo l’attività libero
professionale come risorsa per ridurre i tempi di attesa. Particolarmente importante è il monitoraggio dell’attività
svolta, al fine di garantire l’equilibrio sopra citato e di assicurare al cittadino un quadro di garanzie a tutela del
servizio sanitario nazionale.
CAPO I
Linee guida per la rimodulazione dell'attivita' specialistica ambulatoriale ospedaliera e territoriale e
criteri per la determinazione del tempo massimo di attesa sia per le prestazioni in costanza di ricovero
che specialistiche ambulatoriali e disciplina delle modalita' per il rispetto della tempestivita'
dell'erogazione delle prestazioni ai sensi dell'art. 3, commi 10 e 12, del D.lvo n. 124 del 29 aprile 1998.
1. ASSISTENZA SPECIALISTICA RESA IN AMBIENTE OSPEDALIERO E TERRITORIALE
1.1 Aree di attività interessate
Le presenti linee guida riguardano:
- L'assistenza specialistica ambulatoriale rivolta a pazienti esterni erogata presso strutture ospedaliere e territoriali,
come consulenza specialistica al medico di medicina generale o come diagnosi e trattamento di problemi clinici
anche complessi, per i quali comunque non è necessario il ricovero ospedaliero sia ordinario che di day hospital.
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In questo ambito di attività va ricompresa anche la chirurgia ambulatoriale, per interventi chirurgici e procedure
diagnostico-terapeutiche invasive e semi-invasive in ambulatori protetti, in anestesia locale e/o analgesia, per la cui
definizione e requisiti strutturali si rimanda a successive specifiche indicazioni, anche in relazione ai criteri di
autorizzazione e accreditamento.
Le prestazioni di pronto soccorso che si risolvono nel rinvio del paziente al proprio domicilio, in quanto, fatte
salve le caratteristiche di urgenza con le quali vengono erogate, possono in parte essere assimilate a quelle
ambulatoriali; per la rilevazione quali-quantitativa di tali prestazioni e la relativa valorizzazione economica si
rimanda a successive specifiche indicazioni;
L’assistenza in regime di ricovero ordinario e di day-hosptal/surgery;
- L'attività ambulatoriale di pre e post-ricovero, anche se, in quanto funzionale alla degenza, va ricompresa nella
tariffa DRG del ricovero corrispondente ed è pertanto assimilata all'attività svolta per pazienti ricoverati. In
particolare ci si riferisce:
- all'attività ambulatoriale di pre-ospedalizzazione, svolta di norma all'interno delle strutture ospedaliere, finalizzata
alla predisposizione di un successivo ricovero ospedaliero programmato;
- all'attività ambulatoriale di post-ricovero, attività diagnostica e terapeutica erogata dall'ospedale in forma
ambulatoriale, finalizzata al completamento dell'iter diagnostico e terapeutico iniziato in degenza, in conformità a
quanto indicato nella lettera di dimissione, con riduzione della durata di degenza stessa.
1.2 Orientamenti generali
Presupposto e criterio di orientamento è la chiara individuazione in termini organizzativi e gestionali della funzione
ambulatoriale, con connotazioni specifiche rispetto ad altre quali: degenza ordinaria e day hospital in ambito
ospedaliero, attività consultoriale, assistenza di base e assistenza domiciliare in ambito distrettuale.
Da quanto detto emerge la necessità di introdurre un nuovo modello organizzativo per l'attività specialistica nel suo
complesso, mutuando anche da quello del day hospital elementi per la qualificazione del servizio e la riduzione
delle inefficienze, recependo la logica organizzativa della riduzione del numero degli accessi e della
concentrazione in intervalli di tempo ristretti delle prestazioni da erogare, con la conseguente contrazione del
tempo/persona.
In sostanza è necessario ricondurre ad un momento unitario tutto il complesso sistema dell'attività ambulatoriale
attualmente erogata in modo frammentario e, nelle strutture ospedaliere, spesso a supporto quasi esclusivamente
dell'attività di degenza.
1.3 Modello organizzativo
Le dimensioni della struttura di riferimento e del bacino d'utenza si pongono quali elementi pregiudiziali per
consentire alle Aziende sanitarie le scelte più idonee, tra quelle possibili, a perseguire gli obiettivi evidenziati.
1.3.1 Organizzazione della funzione ambulatoriale.
Le finalità sopra richiamate comportano iniziative tendenti all'accorpamento dell'offerta presso strutture
poliambulatoriali che presentino:
- idonee attrezzature per la diagnostica e i trattamenti terapeutici e riabilitativi;
- adeguata dotazione di personale infermieristico e di altre figure professionali complementari;
- presenza contemporanea di più specialisti, su orari di apertura che debbono preferibilmente coprire 6 giorni a
settimana, per un congruo numero di ore settimanali.
La contemporanea presenza di più specialisti, e del personale tecnico e infermieristico, oltre che migliorare
l'accessibilità è elemento di qualificazione dell'attività e condizione indispensabile per determinare l'efficienza della
struttura e per consentire un utilizzo ottimale non solo delle attrezzature disponibili, ma anche degli spazi e del
personale.
Tale modello organizzativo, in particolare per ciò che concerne l’adeguatezza strutturale e tecnologica deve essere
particolarmente curato presso le sedi distrettuali extraospedaliere.
1.3.2 Presa in carico organizzativa e clinico-assistenziale
Ulteriore elemento qualificante dell'assistenza specialistica nel suo complesso, anche in regime di ricovero, è
l'attivazione di una prassi organizzativa comportante la presa in carico del paziente sia in termini organizzativi (ad
esempio concentrando in un unico accesso le prestazioni afferenti ad un unico profilo diagnostico- terapeutico), sia
in termini clinico-assistenziali.
Infatti come è imprescindibile il ruolo del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, che
rappresentano il punto di partenza e di arrivo del percorso ambulatoriale, occorre indivi duare per i diversi percorsi
derivanti dalla presa in carico da parte dell'area della specialistica, anche lo specialista che avrà la responsabilità
di seguirne le varie fasi, fino alla definizione diagnostica o alla conclusione del piano terapeutico, ovvero fino al
rinvio del paziente al proprio medico curante o ad altra struttura.
E' evidente come l'esigenza prima espressa andrà riferita in particolare a patologie croniche o acute di particolare
gravità o rilevanza sociale, ovvero ai casi che comportano diagnostiche complesse o ad alto costo, mentre non
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riguarderà le consulenze aventi natura di mera episodicità, o i casi in cui la richiesta del curante è riferita alla sola
esecuzione di esami specialistici.
1.3.3 Centro Servizi Ambulatoriali e Punti di Accoglienza.
Da un punto di vista organizzativo, il sistema dell'assistenza ambulatoriale e di ricovero dovrà in ogni caso trovare
un punto di coordinamento e di unitarietà, centrato sul distretto, a garanzia di una migliore accessibilità per il
cittadino e di un più razionale uso delle risorse.
A questo scopo occorre creare una interfaccia tra il sistema delle prenotazioni e il sistema erogativo delle
prestazioni specialistiche ambulatoriali e di ricovero, così come è necessario identificare per ogni struttura
erogante un punto unico di accoglienza, preferibilmente afferente alla direzione di distretto per le prestazioni
ambulatoriali e alla direzione sanitaria per quelle in costanza di ricovero.
L'espletamento delle funzioni sopra indicate comporta lo svolgimento delle attività di:
1 - programmazione degli accessi sulla base:
a) degli elementi forniti dal sistema di prenotazione
b) dei criteri considerati per la formulazione delle liste d'attesa,
c) dei percorsi assistenziali individuati ed elaborati dai professionisti secondo i criteri indicati a livello
dipartimentale e distrettuale;
2 - comunicazione al sistema delle prenotazioni della disponibilità sia per le richieste urgenti che per l'attività
programmata;
3 - coordinamento delle attività di rilevazione e di codifica dei dati anagrafico-amministrativi e sanitari che
costituiscono il debito informativo dell'area nei confronti del livello aziendale, regionale e nazionale.
Indipendentemente dalle cartelle che le singole strutture utilizzano ad uso interno deve essere comunque previsto
uno strumento di rilevazione delle informazioni che, attraverso un sistema di codici compatibili con i debiti
informativi verso il livello aziendale, regionale e nazionale, sia facilmente e rapidamente compilabile ed accompagni
l'utente lungo l'intero percorso, dall'accesso alla refertazione e al rinvio al curante o ad altra struttura.
2. CRITERI PER LA GESTIONE DELLE LISTE DI ATTESA E PER LA DETERMINAZIONE DEL
MASSIMO DI ATTESA
TEMPO
Per rendere omogenei in ambito regionale i comportamenti delle Aziende Sanitarie e dei diversi soggetti erogatori è
necessario prevedere oltre all'attuazione del modello organizzativo illustrato, anche l'identificazione dei criteri
uniformi per la determinazione e la gestione delle liste d'attesa.
In ottemperanza al comma 10 del D.Lvo. 124/98 vengono inoltre stabiliti i criteri per la determinazione del tempo
massimo di attesa per le prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio.
2.1 Gestione delle liste di attesa
La gestione efficiente delle liste di attesa richiede in via preliminare l'individuazione delle prestazioni che non vanno
inserite nella lista in quanto previste all'interno della continuità diagnostico-terapeutica (es. controlli specialistici,
prestazioni e o accertamenti diagnostici successivi alla prima visita e necessari per la conclusione diagnostica o
terapeutica, screening di prevenzione).
Per le prestazioni comprese all'interno della continuità diagnostico-terapeutica è necessario comunque prevedere,
da parte delle strutture eroganti, una apposita programmazione basata sui dati epidemiologici, sui protocolli
assistenziali presenti e sulle linee guida definite.
Anche la rilevazione di tali prestazioni è necessaria per conoscere la complessiva attività svolta dalle strutture
eroganti e per valutarne la coerenza con i protocolli assistenziali e con le linee di guida.
La gestione efficiente delle liste di attesa con tempi medio-lunghi (superiori a 2 mesi) richiede una loro revisione
periodica. Si verifica infatti in questo caso, con una certa frequenza, la rinuncia a fruire della prestazione da parte
degli utenti, motivata dal fatto che gli stessi hanno ottenuto nel frattempo la prestazione presso altre strutture,
ovvero sono intervenute modificazioni nelle indicazioni cliniche ecc.. Si potrà pertanto anche prevedere, sulla base
delle esperienze locali e delle specifiche tipologie di prestazioni, un sistema di conferma alla prenotazione a breve
distanza dalla data prevista in modo da poter comunque sostituire gli eventuali rinunciatari e utilizzare, quindi,
l’intera disponibilità effettiva dichiarata dalla struttura erogante.
L'applicazione dei criteri sopradescritti per una gestione efficiente delle liste di attesa, comporta il superamento
della chiusura periodica delle prenotazioni che attualmente è prassi per alcune tipologie di prestazioni con lunghi
tempi di attesa.
Per rendere confrontabili i dati a livello regionale e aziendale, occorre utilizzare le due dimensioni della lista di
attesa: la numerosità e la durata.
Pertanto la consistenza di una lista deve essere contemporaneamente misurata come numero di pazienti presenti
e come tempo medio per ottenere la prestazione.
La numerosità è data dal numero dei pazienti presenti nella lista delle prenotazioni ad un determinato momento.
Il tempo di attesa può essere determinato come:
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° tempo di attesa prospettato - attesa media del tempo intercorso fra la data del 1° contatto, quindi della richiesta,
e la data di prenotazione comunicata al cittadino.
° tempo di attesa effettivo - attesa media del tempo intercorso fra la data del 1° contatto e la data effettiva della
erogazione della prestazione.
Sulla base dei criteri sopracitati a livello aziendale ogni struttura erogante dovrà effettuare verifiche trimestrali
sull'andamento dei tempi di attesa, anche al fine di riorientare l'offerta.
Dati di sintesi saranno oggetto di un apposito flusso informativo regionale.
Periodicamente le Aziende dovranno dare idonea diffusione di tali informazioni così come previsto dal 10°comma
dell'art. 3 del D.L.vo n.124/98, salvaguardando il rispetto della privacy del singolo.
Ogni Azienda dovrà inoltre adottare un regolamento che stabilisca i criteri per la gestione in sede locale delle liste
di attesa.
2.2 Criteri di priorità per l'accesso alle prestazioni specialistiche
L'accesso alle prestazioni specialistiche da parte del cittadino si realizza con l'ammissibilità alla lista di attesa,
che viene definita sulla base di criteri di gravità clinica e sull'appropriatezza delle indicazioni alla prestazione.
Il criterio di priorità utile ai fini della creazione delle liste di attesa è basato sulla gravità delle condizioni cliniche del
paziente ed è articolato in 4 livelli:
* Livello 1 – prestazioni indifferibili a carattere di emergenza .
Trattasi di prestazioni in cui essendo compromesse le funzioni vitali è indispensabile ed indifferibile il ricovero
ospedaliero.
* Livello 2 - prestazioni urgenti.
Trattasi di prestazioni specialistiche urgenti, per le quali non è necessario l'accesso al pronto soccorso, ma la cui
effettuazione deve avvenire con carattere d'urgenza nell'arco della giornata di presentazione del paziente o in un
periodo differito non superiore alle 24 ore.
* Livello 3 - prestazioni urgenti differibili
Trattasi di prestazioni specialistiche urgenti la cui effettuazione può essere differibile di qualche giorno, ma che
necessitano comunque di una effettuazione in tempi brevi (entro i 7 giorni).
* Livello 4 - prestazioni programmabili
Trattasi di prestazioni che non rivestono carattere d'urgenza per le quali l'effettuazione tempestiva è comunque
requisito importante per assicurare la qualità e l'efficacia del processo assistenziale in atto.
All'interno dei vari livelli il criterio di ordine cronologico regola successivamente l'accesso.
2.3 Determinazione del tempo massimo intercorso fra la data della richiesta e la erogazione delle
prestazioni
Gli elementi sopra illustrati diventano la base di riferimento per la determinazione del tempo massimo che può
intercorrere tra la data della richiesta di prestazioni da parte del cittadino e l'erogazione della stessa.
Fermo restando quanto indicato per i primi tre livelli di priorità, per le prestazioni programmabili i Direttori Generali
delle Aziende, sulla base delle potenzialità delle proprie strutture e dei piani preventivi annuali, stabiliscono i tempi
massimi di attesa raggruppando le prestazioni specialistiche ambulatoriali in 4 principali tipologie:
- visite specialistiche;
- prestazioni di laboratorio;
- prestazioni di diagnostica strumentale;
- prestazioni terapeutiche.
Per quanto riguarda i ricoveri, questi saranno raggruppati in tre principali tipologie:
altamente appropriati;
moderatamente appropriati;
scarsamente appropriati.
Attenzione particolare dovrà essere posta per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni ad alta efficacia
diagnostica, ad elevato contenuto terapeutico e ad elevata appropriatezza.
Ai sensi della norma in esame, è necessario inoltre dare comunicazione formale al cittadino, al momento in cui
effettua la richiesta di prestazione, del tempo massimo definito dall'Azienda per la prestazione stessa.
In caso di mancato rispetto dei tempi massimi di attesa occorre esplicitarne le motivazioni. In tale contesto va
attuata l'informazione sui doveri che, una volta a regime la nuova regolamentazione, lo stesso cittadino è tenuto a
rispettare.
In particolare lo stesso è tenuto al pagamento della quota di partecipazione della prestazione ambulatoriale
prenotata, quando "non si presenti ovvero non preannunci l'impossibilità di fruire della prestazione" ai sensi del 15°
comma dell'art. 3 D.L.vo 124/98.
Si ritiene che l'applicazione del complesso delle procedure richieste dal citato D.L.vo debba considerarsi a regime
entro il secondo semestre 2001.
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In caso che i tempi di attesa delle varie tipologie di prestazioni risultino, in base a criteri di appropriatezza definiti,
incompatibili con un efficiente ed efficace risposta alle esigenze dell’utenza, la Regione stabilisce dei tempi limite
entro cui le stesse debbano comunque essere erogate.
2.4. Registro delle prenotazioni
Il registro delle prenotazioni delle prestazioni ambulatoriali previsto dall'art. 3, comma 8, della Legge 724/94
costituisce per i Direttori Generali lo strumento di vigilanza e controllo più efficace per la corretta applicazione della
norma di cui al D.L.vo n. 124/98.
Si coglie l'occasione per precisare le caratteristiche principali che deve possedere un registro di prenotazioni sia
per le prestazioni ambulatoriali che di ricovero ospedaliero, al fine di rendere omogenea tale applicazione sul
territorio regionale.
Tale registro è un documento formale di tipo cartaceo o informatizzato che contiene:
- data di richiesta della prenotazione da parte del cittadino;
- cognome e nome;
- indirizzo e recapito telefonico (se ritenuto necessario ai fini gestionali);
- tipo di prestazione richiesta classificata secondo il sistema DRG per i ricoveri e secondo il nomenclatore tariffario
regionale per le altre prestazioni;
- medico proponente;
- data previ sta per l'effettuazione della prestazione;
- classificazione delle prestazioni sulla base dei criteri di priorità espressi in precedenza.
Il Direttore Sanitario dell'Azienda è responsabile della definizione delle procedure relative alla registrazione delle
prenotazioni, dell'esplicitazione dei criteri clinici che identificano le priorità per l'accesso alle prestazioni, vigila
sulla corretta tenuta del registro stesso.
2.5 Indicazioni in ordine all'applicazione del 12° comma dell'art.3 del D.L.vo 124/98
La formulazione della presente direttiva, con riferimento particolare agli orientamenti in materia di rimodulazione
dell'assetto organizzativo della funzione specialistica nelle singole Aziende, di per sè si pone quale disciplina
specifica adottata ai sensi del 12° comma dell'art. 3 del D.Lvo n. 124/98 e, per quanto riguarda i ricoveri, si
configura come attuazione della relativa indicazione della DGRC 3513/01.
L'attuazione del complesso delle iniziative indicate agisce prevalentemente su aspetti di natura organizzativa,
mentre la norma in esame richiama espressamente l'opportunità di attivare anche interventi di razionalizzazione
della domanda e dell'offerta.
2.5.1 Razionalizzazione della domanda
Un governo efficiente della domanda si realizza attraverso lo sviluppo di un programma di razionalizzazione
dell’erogazione delle prestazioni specialistiche, rendendo preliminarmente ben funzionanti gli strumenti di accesso
alla prenotazione delle prestazioni. Contestualmente, dovranno essere poste in essere le strategie necessarie a
segmentare la domanda al fine di facilitare l’accesso in tempi brevi agli utenti con priorità clinica.
Garantire l’appropriatezza delle prestazioni
Un elemento importante che risulta necessario per determinare esattamente cosa deve essere fornito all’utente è
l’appropriatezza, uno dei principali criteri introdotti dalla riforma per definire i livelli di assistenza. Essa permette,
prima di tutto, di individuare, se l’utente ha bisogno di una prestazione, quale sia la prestazione più adeguata ai
suoi bisogni. Inoltre, una prestazione può considerarsi appropriata quando viene erogata rispettando le indicazioni
cliniche per le quali si è dimostrata efficace, nel momento più giusto e secondo le più opportune modalità.
Qualunque ipotesi di revisione organizzativa sui tempi d’attesa non può prescindere da un’attenta analisi
dell’efficacia di quello che viene erogato e della necessità/adeguatezza in rapporto alla patologia dell’utente o
anche al tipo di approccio organizzativo che viene utilizzato. Questo anche in rapporto alla forte evoluzione
tecnologica che si sta verificando e che pone continuamente gli operatori di fronte a scelte diagnostiche e
terapeutiche rinnovate, con l’esigenza di comprendere quali siano le prestazioni realmente idonee e quale sia il
loro migliore livello di utilizzo.
Differenziare le prestazioni per tipologia e criticità
Il D.Lgs 124/98 sottolinea che le prestazioni sulle quali promuovere azioni di contenimento dei tempi di attesa
sono quelle di diagnostica strumentale, di laboratorio e tutte quelle svolte in regime ambulatoriale, secondo quanto
stabilito dal D.M. del 22/7/1996, e ricomprende anche i Day hospital diagnostici. Per quanto riguarda le prestazioni
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specialistiche- ambulatoriali si può affermare che, per una corretta valutazione delle liste di attesa, è necessario
tener distinti i controlli programmati (visite e prestazioni specialistiche di controllo) successivi alla prima
prestazione specialistica, i quali dovrebbero essere di norma inseriti in parti riservate delle agende di prenotazione,
con un’organizzazione che l’azienda sanitaria individua e gestisce secondo le proprie necessità. Vanno inoltre
tenute distinte le prestazioni svolte in regime di urgenza/emergenza con accesso diretto ai servizi di pronto
soccorso e le prestazioni oggetto dei programmi di screening.
Per tali diverse tipologie devono essere assicurate modalità specifiche di accesso e di gestione, congruenti con le
necessità cliniche.
Il tema specifico comprende tutte le iniziative tendenti ad agire sull'appropriatezza della richiesta di prestazioni, e
quindi l'adesione a criteri di efficacia clinica da parte di tutti i medici interessati e il ricorso a percorsi assistenziali
condivisi.
Strumenti metodologici
Si propongono i seguenti strumenti metodologici principali per la razionalizzazione della domanda a livello
aziendale.
1.
Definire percorsi diagnostico terapeutici e/o raggruppamenti di attesa omogenei per le prestazioni individuate
con i criteri sopra proposti. A tal fine si propone l’applicazione della metodologia del coinvolgimento
partecipativo e progressivo, utilizzando la metodologia del miglioramento continuo e della verifica periodica dei
risultati. Allo scopo, andrebbero attivati appositi gruppi di lavoro, secondo i seguenti criteri:
q per le prestazioni specialistiche ad utenti non ricoverati, i gruppi di lavoro devono prevedere
essenzialmente la presenza di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ,
operatori dei servizi addetti alla prenotazione delle prestazioni;
q per le prestazioni specialistiche a pazienti ricoverati, si deve prevedere essenzialmente la presenza di
specialisti che richiedono e di specialisti che erogano la prestazione.
Per definire tali percorsi diagnostico terapeutici e/o raggruppamenti di attesa omogenei si deve far ricorso alle
seguenti fonti:
q letteratura relativa a studi di efficacia clinica;
q letteratura relativa all’appropriatezza d’uso delle risorse;
q esperienze e testimonianze locali e/o multicentriche di appropriatezza riconosciute valide da esperti
nel relativo settore;
q concordanza di opinioni di esperti che operano nel settore.
2. Sottoporre a revisione la domanda di prestazioni effettuata dagli specialisti, che costituiscono importanti agenti
della domanda, utilizzando il loro coinvolgimento partecipativo ai programmi di cui al punto precedente, anche
al fine di ridurre la frequenza delle visite di controllo nell’ambito di follow up in pazienti già studiati.
3. Monitorare la concordanza fra medici prescrittori (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta,
specialisti) e specialisti erogatori su tutti i casi, o su un campione significativo, nei quali vengono applicati i
percorsi diagnostico terapeutici e/o i raggruppamenti di attesa omogenei. I percorsi diagnostico terapeutici
dovranno essere strutturati in modo da garantire il rispetto dei tempi massimi di attesa, e tale rispetto andrà
monitorato. Occorrerà effettuare audit periodici sui casi monitorati.
4. I medici delle direzioni di distretto e delle direzioni mediche di presidio dovrebbero fungere da supporter e
monitor dell’applicazione di percorsi diagnostico terapeutici e/o raggruppamenti di attesa omogenei e delle
attività di monitoraggio ed audit.
5. Le aziende sanitarie dovranno presentare una sintesi dei risultati dei programmi di razionalizzazione della
domanda alla Conferenza dei servizi, per quanto attiene l’accessibilità alla prenotazione e alla prestazione.
2.5.2 Razionalizzazione dell'offerta
L’incremento della capacità di offerta per una struttura sanitaria è ritenuta, comunemente, l’azione più immediata e
semplice da effettuare per mettere a disposizione dell’utenza un maggior numero di prestazioni e ridurre, nel
contempo, il tempo per accedere alle stesse. La semplicità di una manovra di questo genere è relativa, in quanto
modificare un’organizzazione finalizzandola alla massimizzazione dei risultati comporta innanzitutto una
conoscenza del sistema e delle componenti che lo determinano e la capacità di selezionare quali siano le azioni
da mettere in atto che permettono di aumentare l’efficienza produttiva.
Integrare il sistema dell’offerta
Il primo obiettivo è costituito dalla definizione di un sistema integrato di tutte le strutture erogatrici che devono
rappresentare per il cittadino la rete globale di riferimento dove poter soddisfare i bisogni espressi. Quindi, anche a
livello programmatorio, non è opportuno limitare le azioni sui singoli livelli di erogazione delle prestazioni né sulle
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singole strutture, ma si richiede di affrontare la tematica dell’offerta in maniera congiunta, avendo come ambito di
intervento il territorio di riferimento.
La struttura a rete
Nella realtà italiana, l’ospedale gode ancora di una posizione centrale nel sistema dell’offerta sanitaria; tuttavia, un
appropriato utilizzo di tale struttura dovrebbe essere finalizzato all’effettuazione di prestazioni di una certa
complessità, demandando a livello territoriale tutte quelle prestazioni diagnostiche e terapeutiche che vi possano
essere eseguite secondo criteri di efficacia e di sicurezza.
Pertanto la programmazione sanitaria deve tendere ad un modello che individui il territorio come il luogo dove il
cittadino trova strutture in grado di risolvere i casi diagnostici, ricorrendo solo per selezionate necessità, a strutture
a più elevata complessità. Questo modello comporta la rivalutazione della collocazione delle risorse, valorizzando
le strutture territoriali e specializzando sempre di più quelle ospedaliere secondo quanto previsto dalle linee guida
allegate alla deliberazione della Giunta Regionale Campana n. 1364/2001. L’offerta sanitaria è quindi rivolta sia a
pazienti ricoverati, o che devono esserlo, sia a pazienti esterni che possono rivolgersi alla struttura sanitaria per
molteplici esigenze: attività d’urgenza, preventiva, di controllo periodico. Solo in alcuni e limitati casi l’offerta
ospedaliera deve rappresentare un primo accesso.
Criteri per adeguare il sistema dell’offerta
Il processo per incrementare la capacità di offerta comporta un’impostazione metodologica che può essere, in
sintesi, sviluppata nei punti seguenti:
1. analisi delle aree critiche, rapportando la propria capacità di offerta istituzionale con le esigenze espresse dai
pazienti e individuando le aree di sofferenza sulle quali focalizzare l’attenzione;
2. analisi dei processi che determinano l’output nelle aree individuate nella fase 1, con uno studio dei fattori
umani, strutturali, tecnologici e organizzativi che devono essere oggetto di miglioramento;
3. individuazione di azioni di miglioramento per aumentare la capacità di offerta nelle aree selezionate,
determinando le risorse da impiegare, i tempi di attuazione e i risultati attesi;
4. determinazione di azioni di monitoraggio periodiche per la valutazione dei risultati intermedi e finali;
5. eventuale modificazione delle azioni realizzate in seguito ai risultati raggiunti e alle modifiche intercorse nel
periodo;
6. messa a regime del processo con monitoraggio continuo ed eventuali correzioni relative.
L’individuazione delle criticità nei processi organizzativi assistenziali.
L’attenzione a livello aziendale deve essere rivolta, specialmente per quanto riguarda l’attività di ricovero,
all’evidenziazione di criticità che condizionano tutta la sequenza del processo assistenziale, la cui risoluzione
permetterebbe di facilitare il percorso del paziente e di ridurne la durata; esempi a tal riguardo sono costituiti
dall’utilizzo delle sale operatorie o di tecnologie che costituiscono "colli di bottiglia" per il processo clinico.
Da quanto sopra descritto, si evidenzia che l’aumento della capacità produttiva, finalizzata alla riduzione dei tempi
di attesa, non è una banale azione di incremento del numero delle prestazioni erogate ma è il frutto di un’attenta
analisi organizzativa, e richiede l’impegno e una forte collaborazione generale sia a livello aziendale sia a livello
interaziendale.
Saranno le Aziende Sanitarie che, tenuto conto delle problematiche esistenti e del contesto di riferimento,
potranno scegliere le azioni ritenute utili per produrre cambiamenti significativi e promuovere non solo un aumento
della capacità produttiva ma anche una razionalizzazione delle risorse impiegate.
2.5.3 Azioni nell’ambito funzionale
Prestazioni senza necessità di prenotazione.
Esistono prestazioni che, per la loro natura e per la semplicità di erogazione, non dovrebbero comportare un tempo
di attesa. Ad esempio, per la diagnostica di laboratorio, viste le esperienze già in atto in molte realtà aziendali in
merito all’effettuazione del prelievo ematico e/o alla raccolta di materiale biologico, dovrebbe essere garantito
l’accesso diretto dei pazienti senza prenotazione e senza attesa, tenendo conto in termini programmatori delle
altre attività aziendali. In maniera analoga, anche per l’elettrocardiogramma di base e la radiografia del torace, che
non comportano criticità per l’esecuzione, si potrebbe ipotizzare l’azzeramento del tempo di attesa. Tale prassi
potrebbe essere intrapresa dalle strutture erogatrici anche per altre prestazioni, nel momento in cui se ne
individuasse la possibilità operativa, al fine di facilitare ancora di più l’accessibilità alla struttura sanitaria da parte
del cittadino.
I sistemi di prenotazione e gli strumenti informatici
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Una razionalizzazione dell’offerta di prestazioni specialistiche, per essere governata, in termini quantitativi di utenti,
di prestazioni erogate e in termini di ampiezza territoriale, presuppone fondamentalmente un avanzato sistema
unificato di prenotazione, quale strumento di integrazione organizzativa per agevolare la comunicazione
(informazioni accurate, tempestive e comprensibili relativamente ai servizi disponibili) e, quindi, il collegamento e la
cooperazione tra gli operatori e le strutture pubbliche e private accreditate dell’intero territorio di utenza
dell’azienda. I sistemi di prenotazione presenti nelle varie strutture devono consentire di rilevare in via
informatizzata la totalità delle prenotazioni, delle prestazioni realmente effettuate e del tempo reale di attesa dalla
prenotazione alla effettiva erogazione. L’informatizzazione del processo di prenotazione permette una gestione
dell’intero percorso, garantendo anche la trasparenza nei confronti dell’utenza. La mancanza di cooperazione tra
strutture pubbliche e private accreditate, la distribuzione disomogenea di strutture e di attività nel territorio causano
inefficienza nell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, difficoltà di accesso ai servizi da parte degli
utenti, limitazioni della libertà di scelta per carenza d’informazioni, tutte concause della dilatazione dei tempi di
attesa per la fruizione di alcune prestazioni specialistiche e della difficoltà di raccolta dei dati per valutazioni qualiquantitative dei servizi erogati, utili per l’adozione di correttivi volti alla riduzione delle liste d’attesa. Quindi, tramite
il potenziamento, perfezionamento e omogeneizzazione dei sistemi unificati di prenotazione esistenti nelle aziende
sanitarie, estendendo in maniera capillare a tutte le sedi di erogazione la possibilità di prenotare da ogni punto del
territorio dell’azienda la pressoché totalità delle prestazioni, si possono conseguire i seguenti tre obiettivi
fondamentali:
l’universalità di accesso ai servizi sanitari in modo agevole e tempestivo;
l’eguaglianza nell’accessibilità ad un ampio spettro di servizi uniformemente distribuiti nel territorio;
la condivisione della responsabilizzazione nell’utilizzo delle risorse disponibili tra tutti gli interessati (utente,
richiedente, erogatore).
2.5.4 Azioni nell’ambito organizzativo
Analizzare e facilitare i processi
Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, molti sono i miglioramenti che una struttura può attuare, analizzando
meglio il suo percorso produttivo e le singole fasi del processo, tenendo ben presenti peculiarità e vincoli,
promuovendo azioni di miglioramento in aree risultate critiche. Molte volte non si tratta di aumentare le risorse,
umane e non, impegnate nella produzione di prestazioni sanitarie ma di facilitare i processi e le connessioni
funzionali mediante, ad esempio, l’applicazione di modalità integrate di erogazione per le prestazioni a valenza
multidisciplinare con specialisti di strutture e branche diverse.
Indubbiamente la disponibilità di attrezzature e di professionisti rimane un problema che però non può essere
considerato l’unico. Infatti, senza agire sull’organizzazione ed aumentando semplicemente le risorse a
disposizione si avrebbero dei vantaggi solo parziali, senza una reale ottimizzazione della capacità produttiva.
Innanzitutto l’organizzazione deve essere tesa a facilitare l’accessibilità alle strutture sanitarie da parte del
cittadino, rendendo disponibili, per esempio, molteplici punti di prenotazione delle prestazioni, interconnessi tra di
loro dal punto di vista informatico, come già prima citato, ma soprattutto facenti parte del medesimo disegno
organizzativo, in modo da poter essere realmente sussidiari tra di loro.
L’utilizzo delle apparecchiature
Entrando maggiormente nella realtà aziendale non si può non evidenziare la criticità connessa con l’utilizzo non
sempre ottimale delle apparecchiature. Il problema principale connesso con l’utilizzo di tecnologie, specialmente
quelle non particolarmente sofisticate, è sì la necessità di incremento del numero di ore di attività ma anche la
dispersione delle stesse all’interno delle strutture sanitarie. Infatti, una maggior concentrazione di tecnologie in
un’area stabilita e concordata tra le varie strutture interessate potrebbe permettere un utilizzo più razionale delle
stesse e una minore dispersione di risorse, evitando una eccessiva disseminazione di apparecchiature la cui
gestione, anche dal punto di vista della manutenzione, può diventare critica. Comunque un efficiente utilizzo delle
apparecchiature, in particolare di quelle ad alto livello tecnologico, comporta un impegno orario che copra l’intero
arco della giornata, sviluppato preferibilmente su tutta la settimana. Chiaramente l’implementazione di tale
modalità comporta soluzioni organizzative innovative a livello aziendale, con un utilizzo flessibile delle risorse
umane, e con scelte strategiche che permettano di recuperare capacità attrattiva, anche facilitando l’accessibilità
dei cittadini alle strutture.
Il ruolo degli ospedali e del territorio.
La struttura ospedaliera dovrebbe tendere a trattare la casistica ad alta complessità diagnostica e quella che
necessita di ricovero; in tale ottica la struttura ospedaliera dovrebbe privilegiare e interessarsi in maniera prioritaria
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dei pazienti ricoverati, riducendo al minimo l’attesa per l’esecuzione di prestazioni nei confronti di questi ultimi, al
fine di aumentare l’efficienza operativa. Inoltre la struttura ospedaliera, per ridurre la durata della degenza del
paziente che necessita di ricovero programmato, potrebbe organizzarsi per effettuare a priori, prima del ricovero, gli
esami diagnostici richiesti dal piano di cura, in modo che gli stessi vengano eseguiti dal paziente, in
preospedalizzazione, in maniera sequenziale ed in regime ambulatoriale, non dilazionando durante la degenza la
programmazione e l’esecuzione degli stessi, garantendo al tempo stesso al paziente la facilità di accesso alle
prestazioni ambulatoriali.
In linea di principio, al crescere della complessità/specializzazione della struttura ospedaliera dovrebbe
accompagnarsi una maggiore focalizzazione sui pazienti interni rispetto agli esterni, ponendo ad un estremo gli
ospedali che costituiscono l’unica struttura sanitaria di aree decentrate (e che quindi devono coprire l’intera
domanda di pertinenza) ed all’estremo opposto le strutture di alta specialità in aree metropolitane, che dovrebbero
concentrarsi esclusivamente sui pazienti ricoverati. L’organizzazione deve essere flessibile ed adattarsi anche a
tipologie di accessi differenziati, secondo la gravità/priorità clinica del paziente, come descritto nel capitolo sulla
domanda. L’introduzione di meccanismi per modulare la domanda secondo priorità cliniche non può che obbligare
la struttura sanitaria a rivedere la propria capacità di offerta, non solo incrementandola ma adattandola alle
esigenze contingenti.
Speculare a questa filosofia della funzione dell’ospedale è l’evoluzione organizzativa del distretto in cui devono
essere collocate le funzioni di tutela sanitaria e socio-sanitaria della popolazione per quanto attiene al livello
assistenziale territoriale. Particolare importanza in questo percorso assume la sperimentazione di soluzioni
organizzative tali da configurare il Distretto quale principale punto d'accesso, non solo ai servizi distrettuali ma alla
rete generale dei servizi sanitari. Tale soluzione si sostanzia, operativamente, nell’organizzazione di punti di
accettazione territoriale ai quali compete, oltre alla tradizionale funzione di filtro ed informazione, anche
l'attivazione di tutte le risposte necessarie a soddisfare la richiesta ed il bisogno del cittadino in connessione con
le risorse disponibili, in particolare le prestazioni specialistiche di primo livello .
Qualora gli interventi di cui sopra non assicurino il completo rispetto dei tempi massimi di attesa determinati, le
Aziende sanitarie possono fare ricorso ai seguenti altri due istituti, come dalla lettera a) del 12° comma dell’art. 3
del D.Lgs 124/98:
1 - attività libero professionale intramuraria;
2 - forme di remunerazione legate al risultato, anche ad integrazione di quanto previsto dai vigenti accordi nazionali
di lavoro tanto degli specialisti dipendenti che convenzionati.
Per quanto riguarda l'istituto della libera professione intramuraria, si richiama quanto contenuto nel CAPO II del
presente allegato.
I regolamenti aziendali relativi alla libera professione intramuraria dovranno essere integrati, qualora necessario,
alla luce dei criteri esplicitati nella presente direttiva.
Il 14° comma dell'art. 3 pone a carico del Direttore Generale dell'Azienda il compito di vigilare sull'attuazione delle
disposizioni relative ai commi 12 e 13. Si tratta di una norma particolarmente rilevante perché dalla stessa
scaturisce l'invito a dar corso ad iniziative di carattere disciplinare o a carattere contabile, qualora si accerti che la
mancata erogazione di prestazioni nei termini stabiliti sia imputabile a comportamenti di singoli operatori.
Appare evidente come tale previsione abbia quale presupposto l'emanazione di una regolamentazione attuativa
inequivocabile e suffragata dall'esatta conoscenza della situazione aziendale in materia di organizzazione e di
erogazione dell'assistenza specialistica.
In tal senso è opportuno che la definizione dei tempi massimi di attesa debba essere preceduta da iniziative tese
al superamento di eventuale disfunzioni o diseconomie, nel cui contesto vanno ovviamente ricondotte le
riconversioni di attività e l'utilizzazione di risorse umane anche in mobilità, nel rispetto ovviamente dei CCNL e, più
in generale, della normativa vigente.
2.5.5 Tempi di attuazione. Vigilanza e controllo
Appare opportuno riepilogare i limiti temporali stabiliti dalla legge per l'attuazione della normativa in esame:
- determinazione dei tempi massimi di attesa da parte dei Direttori generali delle Aziende entro 60 giorni dalla
entrata in vigore della direttiva: I 60 giorni decorrono dalla data di pubblicazione della stessa nel B.U.R.C.
Anche ai fini dell'espletamento delle attività di vigilanza e controllo di cui all'art. 32, comma 9, della L. n. 449/97, le
Aziende sanitarie provvederanno a trasmettere al competente Assessorato copia degli atti adottati in applicazione
di quanto indicato ai punti 1. (Assistenza specialistica resa in ambiente ospedaliero e territoriale) e 2. (Criteri per
la gestione delle liste di attesa e per la determinazione del tempo massimo di attesa).
3. SISTEMA INFORMATIVO PER L'ATTIVITA' SPECIALISTICA AMBULATORIALE
Obiettivi
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L'attivazione di un sistema informativo dell'attività specialistica ambulatoriale ha come scopo la
descrizione/valutazione dell'attività ambulatoriale a fini sia epidemiologico-clinici, sia di finanziamento, sia
organizzativo - gestionali.
Si sottolinea che la presenza di un sistema informativo dettagliato ed esaustivo rappresenterà criterio di
valutazione per l'accreditamento delle Strutture Ambulatoriali.
Al fine di definire un flusso informativo standardizzato, l'identificazione delle prestazioni avverrà, per tutte le branche
specialistiche, secondo il Nomenclatore Tariffario Regionale (Delibera di Giunta Regionale n. 378/98 e successive
modifiche ed integrazioni). Discorso analogo occorrerà sviluppare per l'attività di Pronto Soccorso non seguita da
ricovero che, pur con le necessarie specificità, dovrà avere identiche modalità di raccolta dati.
Il sistema informativo, oltre a favorire la programmazione, la gestione e la valutazione a livello aziendale, deve
essere in grado di rispondere anche ai seguenti debiti informativi:
- monitoraggio dei tempi di attesa;
- mobilità sanitaria extra ed infra regionale;
- flusso per il Ministero della Sanità (Modello STS21);
- dati aggregati per il livello di Governo regionale (definiti annualmente).
La rilevazione e la gestione analitica delle informazioni relative all'attività specialistica ambulatoriale avverrà a livello
aziendale con modalità standardizzate come previsto dalla già citata Delibera Regionale n. 378/98 . La rilevazione
che si propone è esaustiva per quanto concerne le risposte ai debiti informativi sopra evidenziati e costituisce la
base di un sistema informativo relazionale che, a livello aziendale, può essere ampliato con informazioni aggiuntive
per rispondere a esigenze conoscitive locali (esempio dati economico finanziari, etc).
Non si ritiene di aggiungere ulteriori informazioni riguardo al ticket, dal momento che sono previste a livello
nazionale modifiche alle attuali modalità di computo e riscossione dello stesso.
3.1 Dati relativi alle prenotazioni.
Le prenotazioni per le prestazioni specialistiche ambulatoriali possono avvenire in sedi e con modalità diverse.
E' importante che tutte le informazioni possano essere gestite a livello di un punto centrale che, in maniera
coordinata rispetto alle singole unità erogatrici, curano la predisposizione delle agende di lavoro in modo da
prevedere una gestione flessibile ed efficiente delle liste di attesa.
Fra i dati relativi alle prenotazioni si ritiene utile inserire un codice che individui tutte le prestazioni prenotate da
uno stesso paziente in occasione di un accesso al centro di prenotazione. Tale codice, che in un sistema
informatizzato sarà autogenerato, può essere definito come "codice contatto".
In una prima fase di implementazione del S.I. alcune realtà aziendali sperimenteranno la raccolta di questa
variabile; in tal modo si prefigura la possibilità di analizzare e descrivere non solo quante e quali prestazioni
vengono richieste ed erogate, ma anche, verosimilmente, per quali pazienti a fronte di quali problemi, venendo a
definire in maniera sempre più completa, man mano che aumenta l'integrazione tra banche dati allocate in sedi
diverse, i percorsi dei pazienti e gli episodi di malattia.
Le informazioni relative alle prenotazioni, raccolte in gran parte da chi svolge la funzione di prenotazione, si
dividono in:
A. variabili relative al singolo paziente:
- Codice fiscale
- Cognome (separato dal nome)
- Nome (separato dal cognome)
- Comune di nascita (Codice Istat)
- Data di nascita
- Sesso
- Comune di residenza (Codice Istat)
- Indirizzo (recapito, se ritenuto necessario a fini gestionali)
- Numero telefonico (recapito, se ritenuto necessario a fini gestionali)
B. variabili relative alla singola prenotazione:
- Data in cui il paziente si presenta al Centro di Prenotazione per richiedere
la prestazione sanitaria (I contatto),
- Codice contatto di prenotazione, ovvero un codice identico attribuito a tutte le prestazioni prenotate per lo stesso
paziente in un accesso al Centro di prenotazione (facoltativo nella prima fase di implementazione del S.I.)
- Numero prescrizione
- Data prescrizione
- Codice medico proponente
- Tipologia medico richiedente
- Codice prestazione richiesta
- Data di prenotazione comunicata
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- Codice di precedenza (sulla base dei criteri indicati per le liste di attesa e dei protocolli individuati a livello
aziendale).
3.2 Dati relativi alle prestazioni erogate.
Per quanto riguarda la rilevazione delle variabili relative alle prestazioni erogate occorre precisare che la visita,
intesa come incontro fra paziente e specialista, è l'unità base di rilevazione e il referto lo strumento stesso di
rilevazione delle informazioni. E' da sottolineare che buona parte delle informazioni richieste dovrebbero essere già
disponibili perché rilevate al momento della prenotazione (dati anagrafici, dati relativi alla prescrizione e al medico
richiedente) e, quindi, che i referti dovrebbero arrivare al professionista sanitario già pre-compilati.
- Base informativa minima: il Referto specialistico
Avendo definito come unità di base della rilevazione la visita documentata nel Referto specialistico, vengono di
seguito riportate le informazioni di minima richieste per il Referto. Fra queste informazioni sono incluse anche
quelle relative al ticket poiché il Referto è considerato il documento unico che registra tutte le informazioni relative
ad una visita.
Le informazioni del Referto si suddividono in:
A. Variabili relative al singolo paziente:
- tutti i dati anagrafici già elencati fra le variabili relative al singolo paziente nei dati relativi alle prenotazioni.
- modalità di accesso (prenotazione, libero accesso, P.S.)
- posizione ticket (esente, non esente, pagamento quota ricetta)
B. variabili relative alle prestazioni erogate
- codice Referto (codice univoco all'interno della struttura erogatrice)
- numero prescrizione/proposta (ricetta)
- codice unità che eroga la prestazione
- codice della prestazione erogata
- numero prestazioni erogate per ogni tipologia
- data di erogazione (la data è unica per tutte le prestazioni di uno stesso Referto)
- prestazioni pre-ricovero o post-ricovero (sì, no)
- diagnosi/segni/sintomi (facoltativo nella prima fase di implementazione del S.I.)
La rilevazione di diagnosi/segni/sintomi verrà condotta in via sperimentale, nelle prime fasi di implementazione del
S.I., presso alcune realtà aziendali e per alcune tipologie di prestazioni.
3.3 Implementazione del Sistema informativo.
Sono state fin qui individuate le informazioni che devono essere raccolte al momento della prenotazione e a quello
dell'erogazione delle prestazioni. A partire dai dati primari è necessario individuare una struttura informativa
standard che li contenga e permetta la loro disaggregazione e la successiva riaggregazione per livelli significativi.
In tutti i casi occorre che le basi dati siano il più omogenee possibili dal punto di vista dei contenuti e delle
tecnologie utilizzate. Va da sé che i vari punti di erogazione debbano adottare tecnologie e strutture di dati
assolutamente omogenee e compatibili.
Dovendo implementare ex novo un sistema informativo o dovendo reingegnerizzare un sistema già esistente, non
bisogna precludersi possibilità di analisi, e quindi conviene predisporre la base di dati sia dal punto di vista dei
contenuti che delle soluzioni tecnologiche per gli sviluppi futuri potenzialmente utili del sistema.
A tale scopo viene istituito un gruppo di coordinamento dei responsabili del sistema informativo dell'attività
specialistica ambulatoriale presso l’Assessorato alla Ricerca scientifica e tecnologica e alle risorse informatiche di
concerto con l'Agenzia Sanitaria Regionale e le AGC Piano Sanitario Regionale e Assistenza Sanitaria
dell’Assessorato alla Sanità, finalizzato a verificare le compatibilità per realizzare l'integrazione ottimale delle
banche dati anche al fine di:
1 - costruire a livello aziendale una struttura relazionale che, a partire dai dati anagrafici del paziente, riaggreghi
tutte le prestazioni erogate in un definito intervallo di tempo;
2 - integrare in rete, a livello aziendale, gli archivi dei centri di prenotazione.;
3 – consentire la consultazione in rete degli archivi aziendali da parte del livello regionale;
4 – costruire un sistema integrato con la Centrale Operativa 118 e con le Aziende Sanitarie al fine di monitorare la
disponibilità dei posti letto ospedalieri al fine di una gestione oculata delle liste d’attesa per i ricoveri, con le stesse
caratteristiche di cui ai precedenti punti.
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CAPO II
Indirizzi per la regolamentazione dell’attivita’ libero professionale nelle aziende sanitarie regionali
Connesso al problema testè affrontato delle liste di attesa di cui al D.lgs. 124/98, è quello della attività libero
professionale intramuraria, cui si dettano i seguenti criteri di indirizzo per la emanazione dello specifico atto
aziendale previsto dal DPCM del 27 marzo 2000.
1. Premessa generale e finalità
Il DPCM del 27/3/2000 “Atto di indirizzo e coordinamento concernente l’attività libero professionale intramuraria del
personale della dirigenza sanitaria del SSN, all’art. 1, comma 3, ribadisce la competenza delle regioni a
disciplinare la materia della libera professione intramuraria tenendo conto delle norme dei CCNL delle aree
dirigenziali del SSN. Definisce, altresì, gli indirizzi generali per i programmi di realizzazione di strutture destinate
all’attività libero-professionale intramuraria di cui all’art. 15 – duodecies, del D.Lgs. 502/92 ed individua i criteri ed i
limiti in base ai quali i Direttori Generali, fino alla realizzazione delle predette strutture, possono autorizzare
l’utilizzazione di studi professionali privati, a reperire fuori dell’azienda spazi sostitutivi in strutture non accreditate,
nonché i criteri direttivi per l’attivazione di misure atte a garantire la progressiva riduzione delle liste di attesa.
2.Soggetti ed enti destinatari
Le disposizioni del presente regolamento si applicano al personale dipendente dalle aziende sanitarie locali e dalle
aziende ospedaliere, al personale dell’Agenzia regionale per l'ambiente, agli IRCCS con personalità giuridica di
diritto pubblico e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale.
Gli IRCCS con personalità giuridica di diritto privato e gli istituti e gli enti ecclesiastici di cui all’art. 4, comma 12 e
13 del D.Lgs. 502/92 e successive modificazioni, adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui all’art. 1, commi
da 5 a 19, della L. 662/96 e alle disposizioni del novellato D. Lgs. 502/92 e alle linee di indirizzo del presente
regolamento
In analogia a tale disposizione normativa le Aziende terranno conto anche di quanto previsto al proposito dall’art.
41 del DPR 271/2000.
Le categorie interessate all'applicazione del presente regolamento sono quelle del personale medico, odontoiatra,
veterinario e delle altre professionalità della dirigenza del ruolo sanitario (farmacisti, biologi, chimici, fisici e
psicologi) nonché, ai soli fini dell'attribuzione degli incentivi economici, al restante personale sanitario dell'equipe
ed al personale dirigenziale e non degli altri ruoli che collabora per assicurare l'esercizio dell'attività liberoprofessionale.
Ai sensi e per gli effetti dell’art.4 comma 2 del DPCM 27.3.2000 , fatte salve le specificazioni e gli adattamenti
previsti dal decreto legislativo 21.12.1999, n. 517, le disposizioni del presente atto si applicano anche al personale
universitario appartenente alle categorie professionali indicate all’art. 2 dello stesso decreto.
3. Definizione di libera professione intramuraria
Ai fini e per gli effetti del presente regolamento per attività libero-professionale intramuraria del personale medico e
delle altre professionalità della dirigenza del ruolo sanitario si intende l'attività che detto personale, individualmente
o in équipe, esercita fuori dell'orario di lavoro e delle attività previste dall'impegno di servizio, in regime
ambulatoriale, ivi comprese anche le attività di diagnostica strumentale e di laboratorio, di day hospital, di day
surgery e di ricovero, sia nelle strutture ospedaliere che territoriali, in favore e su libera scelta dell'assistito e con
oneri a carico dello stesso o di assicurazioni o dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 9
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni, così come previsto dagli
articoli 54 e seguenti dei Contratti della Dirigenza.
4. Principi
L’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria (A.L.P.I.) non solo non deve essere in contrasto ma anzi
deve essere in sintonia con le finalità e le attività istituzionali dell’Azienda; conseguentemente deve essere
assicurato un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale
anche al fine di concorrere alla progressiva riduzione delle liste di attesa.
Per tali finalità e nel rispetto di quanto previsto dall’art. 15 – quinquies del decreto legislativo 19.6.1999 n. 229,
l’atto aziendale deve conformarsi ai seguenti principi:
q l’attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero-professionale;
13
q
q
q
devono essere salvaguardate le esigenze di servizio e deve essere garantita la prevalenza dei volumi di
attività necessari per i compiti istituzionali;
devono essere rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale ed aziendale;
devono essere assicurati i volumi prestazionali ed i tempi di attesa concordati con le equipes.
In coerenza con quanto su esposto le Aziende devono negoziare, con i dirigenti responsabili delle equipes
interessate, i volumi di attività istituzionale (complessivi ed individuali) che devono essere in ogni modo assicurati
in relazione alle risorse assegnate.
In ogni caso, dovendo essere l’A.L.P.I. erogata nel rispetto dell’equilibrio tra le attività istituzionali e liberoprofessionali, viene sancito che, laddove i tempi di attesa per l’effettuazione di prestazioni in regime istituzionale
superino i tempi massimi di attesa previsti dalla programmazione aziendale in correlazione anche alle prestazioni
libero-professionali, e laddove gli organismi paritetici di verifica di cui all’art.5 comma 2 lettera h) del DPCM
27.3.2000 non evidenzino, entro 20 giorni dell’avvenuta segnalazione formulata dalla Direzione Aziendale la quale
provvede ad informare anche i dirigenti sanitari interessati, che ciò derivi da responsabilità organizzative della
struttura si procederà, per tali prestazioni, alla provvisoria sospensione dell’A.L.P.I. fintanto che non siano
ripristinati i tempi massimi d’attesa.
5. Esclusioni
I Direttori Generali determinano nell’atto aziendale, da emanarsi entro 60 gg dal momento della entrata in vigore del
presente atto di indirizzo, i casi di incompatibilità con il corretto assolvimento dei compiti di istituto, ed esercitano i
poteri di vigilanza e di accertamento, tramite le misure ispettive ritenute più idonee, circa le violazioni degli obblighi
connessi all'esclusività delle prestazioni, l'insorgenza di eventuali conflitti di interessi o di situazioni che implichino
forme di concorrenza sleale.
Non sono, comunque, in alcun caso riconducibili alla libera professione le prestazioni rese nell'ambito delle attività
di pronto soccorso e di emergenza, di dialisi, di Terapia Intensiva e sub intensiva, nelle unità coronariche, nei
servizi di rianimazione.
6.Organizzazione della libera professione intramuraria
I Direttori Generali, sulla base delle presenti direttive nonché dei criteri generali stabiliti in sede di contrattazione
integrativa ai sensi dell'art. 4, comma 2 lett.G) dei CCNNLL di riferimento, adottano, avvalendosi del Collegio di
Direzione, un apposito atto aziendale per definire le modalità organizzative dell'attività libero professionale del
personale medico e delle altre professionalità della dirigenza sanitaria, con riferimento alle prestazioni individuali o
in équipe, sia in regime ambulatoriale che di ricovero, nonché per disciplinare le attività svolte dai dirigenti sanitari
per conto dell'azienda in regime libero professionale (attività aziendale a pagamento).
L'atto aziendale deve conformarsi ai criteri generali previsti dall'art. 5 del D.P.C.M. 27.3.2000.
In particolare i Direttori Generali:
a) fissano i criteri e le modalità per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e
corrispondente attività libero-professionale, tenuto conto che:
q l'attività libero-professionale non può comportare, per ciascun dirigente, un volume di prestazioni o
un volume orario superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali;
q l'attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero-professionale, che viene esercitata nella
salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari per
i compiti istituzionali;
q vanno rispettati comunque i piani di attività previsti dalla programmazione aziendale e regionale e
conseguentemente garantiti i volumi di prestazioni e i tempi di attesa concordati con la direzione
aziendale;
q i tempi di effettuazione delle prestazioni rese in regime istituzionale non potranno essere superiori
a quelli previsti per analoga prestazione resa in regime di A.L.P.I.;
q devono essere individuate le prestazioni non differibili in ragione della gravità e complessità della
patologia. Tali prestazioni dovranno, comunque, essere prioritariamente garantite in ambito
istituzionale;
b) Disciplinano, previa concertazione con le OO.SS. maggiormente rappresentative, il sistema di prenotazione
e le modalità di turnazione del personale che svolge attività libero-professionale nonché le modalità per
l’utilizzazione dei posti letto, degli ambulatori, delle sale operatorie e delle apparecchiature necessarie
all’espletamento delle attività di che trattasi;
c) determinano entro 6 mesi dalla data di ricezione delle presenti linee guida, i criteri e le modalità attraverso
le quali concordare con i singoli dirigenti e/o con le equipes interessate, i volumi di attività libero-professionale
intramuraria, che comunque non possono superare i volumi di attività istituzionale assicurati;
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d) prevedono che l'attività libero-professionale sia sottoposta a verifica da parte di appositi organismi
costituiti in forma paritetica e individuare penalizzazioni, consistenti anche nella sospensione del diritto
all'esercizio dell'attività stessa, in caso di violazione delle disposizioni vigenti in materia;
e) qualora per ragioni tecnico-organizzative non sia possibile articolare l’A.L.P.I. in orario differenziato rispetto
a quello dell’attività istituzionale, il dipendente dovrà rendere orario aggiuntivo in relazione alle prestazioni
effettuate;
f) le procedure seguite e le prestazioni clinico-strumentali erogate in regime libero-professionale devono
risultare sovrapponibili a quelle rese in regime istituzionale;
g) possono essere erogate in regime di A.L.P.I. esclusivamente le attivi tà specialistiche rese anche in
regime istituzionale nonché le prestazioni attinenti alla specialità non rientranti nei Livelli Essenziali di
Assistenza di cui all’art.1 del novellato D.Lgs. 502/92;
h) ferme restando le limitazioni previste dal presente atto di indirizzo in tema di incompatibilità, possono
essere erogate al di fuori delle strutture aziendali le prestazioni libero-professionali rese quale medico
competente ai sensi del D.Lgs. 626/94.
L'attività libero-professionale è prestata con le modalità indicate dall’art. 55 del CCNL.
7. Strutture per l’esercizio dell’attività libero-professionale
I Direttori Generali reperiscono idonee strutture e spazi distinti per l'esercizio della libera professione intramuraria.
In carenza di spazi interni vanno individuati fuori dall’azienda spazi sostitutivi in altre strutture pubbliche o private
non accreditate con le quali stipulare apposite convenzioni ricorrendo anche a quanto previsto dall’art. 28, comma
3, della L. 488/99, così come disciplinato dalla DGRC n. 1541/01.
8. Esercizio della libera professione in regime ambulatoriale
Fino alla realizzazione dei programmi di investimento atti ad identificare idonee strutture interne in spazi separati e
distinti, nei casi in cui non sia possibile reperire tutti le aree necessarie all'interno dell'azienda, i Direttori generali
possono autorizzare, senza oneri aggiuntivi a carico dell'azienda sanitaria, l’utilizzazione di ambulatori esterni
all’azienda, anche presso strutture non accreditate, purché rispondenti ai requisiti di accreditamento stabiliti dalle
norme vigenti in materia.
L’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria in studi professionali o ambulatori privati dovrà essere
preventivamente autorizzata dall’azienda e potrà essere svolta in non più di due sedi complessive (considerando
sia l’ambito regionale che extraregionale).
Tutte le prestazioni, con esclusione di quelle richieste da terzi direttamente all'Azienda, nonché di quelle richieste
dall'azienda stessa ai propri dirigenti ad integrazione dell'attività istituzionale, possono essere rese in regime libero
professionale solo su espressa richiesta del paziente, che deve accettare preventivamente anche le tariffe fissate
per lo scopo dalla Azienda.
Ai fini e per gli effetti del presente atto di indirizzo e coordinamento si considerano prestazioni erogate in regime
libero-professionale anche le prestazioni richieste, ad integrazione delle attività istituzionali, dalle aziende ai propri
dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive soprattutto in presenza di
carenza di organico, in accordo con l’equipes interessate.
Per i Servizi nei quali per ragioni tecnico-organizzative non sia possibile l'articolazione dell'attività liberoprofessionale in orari diversi da quelli stabiliti per l'attività istituzionale, dovrà essere stabilito un tempo standard,
corrispondente al tempo mediamente necessario all'esecuzione delle medesime prestazioni in regime
istituzionale, da recuperare in relazione al numero delle prestazioni effettuate ovvero da individuare con apposite
timbrature; ( gli orari aggiuntivi a quelli ordinari devono essere individuati in forma forfettaria in base alla
temporizzazione delle prestazioni rese, desunta dai piani di lavoro applicati in regime di attività istituzionale).
L'identificazione di tali Servizi è demandata al Collegio di Direzione.
I dipendenti facenti parte della struttura in cui si pratica la Libera Professione, anche se personalmente non
accettano di effettuare orario aggiuntivo, sono tenuti ugualmente a prestare la propria attività nei limiti del normale
orario di lavoro. In tali casi la quota oraria da rendere all'Azienda e i proventi aggiuntivi verranno ripartiti tra i
restanti membri dell'équipe.
9. Attività libero professionale dei Dirigenti sanitari del dipartimento di prevenzione e ARPAC
Alle attività libero-professionali individuali dei dirigenti medici, veterinari, sanitari ed al personale del comparto del
dipartimento di prevenzione e dell’istituto zooprofilattico sperimentale della Campania e della Calabria e
dell’ARPAC si applicano le disposizioni del presente atto di indirizzo.
Per la loro peculiarità le attività dei dirigenti possono essere rese anche fuori delle strutture aziendali e presso
terzi richiedenti ed anche per prestazioni non rese in maniera istituzionale, purchè lo svolgimento di tali prestazioni
non sia incompatibile con le funzioni istituzionali svolte o possa comunque configurare un conflitto di interessi.
I dirigenti di che trattasi in ogni caso non possono espletare tutte le attività rese a favore dei soggetti pubblici e
privati nei confronti dei quali vengono svolte, sulla base degli specifici incarichi dirigenziali attribuiti, funzioni di
vigilanza o controllo o funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria.
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10. Assistenza in regime di ricovero
Le prestazioni libero-professionali rese in costanza di ricovero possono essere erogate in due diverse modalità:
q ricovero con standard alberghiero superiore a quello ordinario, con scelta del professionista e/o dell'équipe
o prestazioni aggiuntive rispetto ai livelli essenziali di assistenza;
q ricovero ordinario in corsia con scelta del professionista o dell'équipe o con prestazioni aggiuntive rispetto
ai livelli uniformi di assistenza.
L'utente può, comunque, usufruire di ricovero con standard alberghiero superiore a quello ordinario (camere a
pagamento) senza prestazioni sanitarie aggiuntive rispetto ai livelli uniformi di assistenza. In tal caso le relative
tariffe costituiscono entrate della Azienda e non possono essere annoverate tra le risorse destinate alla libera
professione.
Il ricovero in regime libero-professionale nei presidi ospedalieri delle aziende sanitarie locali e delle Aziende
Ospedaliere deve essere garantito in idonee strutture e spazi di degenza separati e distinti. L'idoneità della
struttura è determinata con riferimento alle dotazioni strumentali che, di norma, devono essere corrispondenti a
quelle utilizzate per l'esercizio dell'attività istituzionale, nonché con riferimento alle condizioni logistiche, che
devono essere tali da consentire l'attività in spazi distinti rispetto a quelli delle attività istituzionali.
Il Direttore Generale (con l'atto aziendale) individua le predette strutture, nell'ambito dell'azienda; fino alla
realizzazione di idonee strutture interne e di spazi di degenza distinti per l'attività di ricovero, le aziende
reperiscono la disponibilità di spazi sostitutivi esterni in case di cura o altre strutture pubbliche e private non
accreditate, con le quali stipulare apposite convenzioni ricorrendo anche a quanto previsto dall’art. 28, comma 3,
della L. 488/1999, con spese a totale carico dei richiedenti.
In considerazione della dimensione dell'azienda e del numero di personale interessato, nonché in relazione ai limiti
strutturali e organizzativi della struttura esterna in rapporto alle esigenze specifiche delle diverse discipline nelle
quali attivare la libera professione gli spazi assistenziali esterni sono reperiti, almeno per ciascuna area
dipartimentale, di norma in un'unica struttura. Nella stessa, se necessario, sono attivati anche gli spazi per
l'attività libero-professionale in regime ambulatoriale.
La quota di posti letto da utilizzare per l'attività libero-professionale all'interno dell'azienda, non può essere inferiore
al 5% e, in relazione all'effettiva richiesta, superiore al 10% dei posti letto della struttura compresi quelli a
pagamento, fermo restando quanto previsto dall’art. 6, comma 2, del DPCM 27.3.2000.
11. Criteri generali per la definizione delle tariffe
I criteri generali per la determinazione delle tariffe e le modalità della loro ripartizione sono stabiliti con l'atto
aziendale in conformità alle presenti direttive ed ai contratti collettivi nazionali di lavoro, previa contrattazione
collettiva integrativa. In particolare: le tariffe per la libera professione individuale e d'équipe della dirigenza medica e
sanitaria sono definite in ogni Azienda nel rispetto dei vincoli ordinistici, d'intesa con i dirigenti interessati. Le
tariffe per le prestazioni ambulatoriali e di diagnostica strumentale e di laboratorio devono essere determinate in
modo tale da remunerare tutti i costi sostenuti della aziende per la loro erogazione utilizzando, di norma, come
riferimento il nomenclatore nazionale unico. Per tutte le prestazioni erogate in regime libero-professionale le
aziende sono obbligate alla tenuta di una contabilità separata che non può in alcun caso presentare disavanzo;
tale contabilità può essere verificata dalla commissione paritetica A.L.P.I. in tutti i suoi aspetti.
Le tariffe, pertanto, devono essere omnicomprensive dell'onorario concordato con il professionista, di tutte le
spese aggiuntive individuate, del compenso specifico da corrispondere al personale di supporto diretto che opera
fuori dell’orario ordinario di lavoro, degli incentivi o compensi in riferimento alla normativa contrattuale vigente, a
favore del personale sanitario non dirigente che partecipa in orario di lavoro all'attività libero professionale e del
personale di tutti i ruoli che collabora comunque per assicurare l'esercizio dell'attività libero professionale.
Ulteriori quote della tariffa, al netto della quota riservata all'azienda, da concordare in sede di contrattazione
integrativa in misura comunque non inferiore al 5% della massa di tutti i proventi dell'attività libero professionale
sono accantonate, quale fondo aziendale da destinare alla perequazione per le discipline della dirigenza sanitaria,
da individuarsi in sede aziendale, che abbiano una limitata possibilità di esercizio della libera professione
intramuraria. Dalla ripartizione dei fondi perequativi suddetti, non può derivare, per i destinatari un beneficio
economico superiore a quello medio percepito dai dirigenti che espletano attività libero professionale intramuraria
secondo criteri stabiliti in sede aziendale.
Le tariffe non dovranno, comunque, essere inferiori all'importo del ticket dovuto per identiche prestazioni. Possono
essere concordate tariffe inferiori per gruppi di prestazioni da effettuarsi in regime di libera professione da parte dei
dirigenti finalizzate alla riduzione dei tempi di attesa, ai sensi dell’art. 3, comma 13, del d.lgs. 124/98.
Per le prestazioni libero-professionali in regime di ricovero le tariffe risultano dalla somma di:
q una quota giornaliera fissa, qualora l'utente scelga di usufruire del trattamento diversificato di tipo
alberghiero;
q una tariffa omnicomprensiva composta dalla somma delle seguenti voci:
o del compenso spettante a titolo di onorario per l'opera professionale prestata dal medico o dal
chirurgo (o da altri professionisti) prescelto dallo stesso paziente alle cui cure esclusive egli ha
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o
o
o
o
o
o
voluto affidarsi; qualora l'attività sia svolta in équipe, tale onorario viene ripartito tra i componenti
con modalità indicate dall'équipe stessa; di tutti i costi sostenuti dall'Amministrazione per
l'effettuazione delle prestazioni aggiuntive rispetto ai livelli essenziali di assistenza relativi al
D.R.G. trattato;
di una quota corrispondente alla tariffa a carico del SSN;
dello specifico compenso spettante al personale di supporto coinvolto fuori dal normale orario di
lavoro e individuato in sede di contrattazione decentrata con le OO.SS. di categoria;
delle quote incentivanti da determinare in sede aziendale a favore del personale sanitario non
dirigente che partecipa in orario di lavoro alle prestazioni libero professionali in qualità di
componente di un'équipe;
delle quote incentivanti da determinare in sede aziendale a favore del personale che collabora
nell’attuazione dell’A.L.P.I.;
di una quota, da determinare in sede di contrattazione integrativa, quale specifico fondo aziendale
perequativo (accantonato comunque in generale, nella misura non inferiore al 5%, al netto delle
quote a favore dell’azienda, della massa di tutti i proventi dell'attività libero professionale) da
destinare alle discipline della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria (da individuarsi in sede
aziendale) che abbiano una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria;
di una eventuale quota da determinare in sede di contrattazione integrativa, quale specifico fondo
aziendale da destinare all’aggiornamento e alla formazione permanente (ECM).
Per le prestazioni libero-professionali in regime ambulatoriale le tariffe risultano dalla somma di:
q onorario del dirigente scelto dal paziente, determinato dal libero professionista ed accettato dall'Azienda;
q specifico compenso spettante al personale di supporto diretto coinvolto fuori dal normale orario di lavoro e
individuato in sede di contrattazione decentrata con le OO.SS. di categoria;
q costi diretti e indiretti sostenuti dall'Amministrazione per l'effettuazione delle prestazioni;
q quota incentivante, da individuare in sede aziendale, calcolata sull'onorario del Dirigente, destinata
all'azienda per gli incentivi a favore del personale sanitario non dirigente che partecipa in orario di lavoro
alle prestazioni libero professionali in qualità di componente di un'équipe;
q delle quote incentivanti da determinare in sede aziendale a favore del personale che collabora
nell’attuazione dell’A.L.P.I.;
q una quota, da determinare in sede di contrattazione integrativa, quale specifico fondo aziendale
perequativo (accantonato comunque in generale, nella misura non inferiore al 5% al netto delle quote a
favore dell’azienda ,della massa di tutti i proventi dell'attività libero professionale) da destinare alle
discipline della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria (da individuarsi in sede aziendale) che abbiano
una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria;
q di una eventuale quota da determinare in sede di contrattazione integrativa, quale specifico fondo
aziendale da destinare all’aggiornamento e alla formazione permanente (ECM).
Per le prestazioni ambulatoriali di diagnostica strumentale e di laboratorio, le tariffe risultano dalla somma di:
§ onorario del personale dirigente (medico/non medico) scelto dal paziente, ovvero di quello dell'équipe
prescelta, nella misura determinata dal libero professionista ed accettata dall'Azienda;
§ specifico compenso spettante al personale di supporto coinvolto fuori dal normale orario di lavoro e individuato
in sede di contrattazione decentrata con le OO.SS. di categoria;
§ quota pari ai costi diretti e indiretti (ammortamento, manutenzione apparecchiatura ecc.) aziendali, da
destinare all'Azienda e dalla stessa individuati, anche in misura forfettaria, con il dirigente Responsabile della
struttura interessata;
§ quota incentivante da individuare in sede aziendale, calcolata sull'onorario dei Dirigenti, destinata all'azienda
per gli incentivi a favore del personale sanitario non dirigente che partecipa in orario di lavoro alle prestazioni
libero professionali in qualità di componente di un'équipe;
§ quote incentivanti da determinare in sede aziendale a favore del personale che collabora nell’attuazione
dell’A.L.P.I.;
§ una quota, da determinare in sede di contrattazione integrativa, quale specifico fondo aziendale perequativo
(accantonato comunque in generale, nella misura non inferiore al 5% al netto delle quote a favore dell’azienda
,della massa di tutti i proventi dell'attività libero professionale) da destinare alle discipline della dirigenza
medica, veterinaria e sanitaria (da individuarsi in sede aziendale) che abbiano una limitata possibilità di
esercizio della libera professione intramuria;
§ di una eventuale quota da determinare in sede di contrattazione integrativa, quale specifico fondo aziendale da
destinare all’aggiornamento e alla formazione permanente (ECM).
In caso di A.L.P.I. effettuata in studi privati le quote relative al personale di supporto saranno definite in sede di
contrattazione aziendale, ferma restando la quota minima di almeno il 5% a favore della Azienda.
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Tutte le prestazioni possono essere rese in regime libero-professionale individuale e di équipe, solo su espressa
richiesta o accettazione da parte del paziente, che deve accettare preventivamente anche le tariffe fissate allo
scopo dall'Amministrazione per l’intero iter diagnostico- terapeutico della prestazione.
Le tariffe relative a prestazioni ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio, sono a totale carico dei
richiedenti; per quanto concerne le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio, la partecipazione ai
proventi non può essere superiore al 50% della tariffa praticata dall'azienda ( art.28, comma 4, ultimo periodo della
L.488/1999).
Per le prestazioni libero professionali richieste a pagamento da terzi all'Azienda, le tariffe relative sono stabilite
dall'Azienda, previa determinazione dei criteri generali in sede di contrattazione collettiva integrativa.
Le tariffe di cui ai paragrafi precedenti, non devono comunque essere determinate in importi inferiori a quelli previsti
dalle vigenti disposizioni a titolo di partecipazione del cittadino alla spesa sanitaria per corrispondenti prestazioni e
devono formare oggetto di verifica annuale, anche ai fini dell'art.3, comma 7 della legge 23 dicembre 1994, n.724,
ferme restando le disposizioni di cui al comma 5 dello stesso articolo.
12. Altre attività a pagamento ai sensi dell’art. 58 dei CCNL della dirigenza
L’attività professionale, richiesta a pagamento da terzi all’azienda e svolta fuori orario di lavoro, sia all’interno che
all’esterno delle strutture aziendali, può, a richiesta del dirigente interessato, essere considerata attività liberoprofessionale intramuraria e regolamentata come le altre attività libero professionali ovvero può essere considerata
come obiettivo prestazionale incentivato con le specifiche risorse introitate, in conformità ai contratti collettivi
nazionali di lavoro.
L’attività resa per conto dell’azienda all’esterno della struttura, se svolta in regime di attività libero-professionale,
deve garantire, comunque, il rispetto dei principi della fungibilità e della rotazione di tutto il personale che eroga le
prestazioni, ove non vi sia una specifica richiesta da parte del committente.
L’atto aziendale, adottato nel rispetto delle modalità di consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali ed in
conformità a quanto previsto dai contratti collettivi deve definire per le attività svolte per conto dell’azienda in
regime libero-professionale:
1. I limiti minimi e massimi di ciascun dirigente comprensivi anche degli eventuali tempi di raggiungimento
delle sedi di servizio compatibili con l’articolazione dell’orario di lavoro;
2. l’entità del compenso dovuto al dirigente che ha effettuato la prestazione ove l’attività abbia luogo dall’orario
di lavoro e l’eventuale rimborso spese dallo stesso sostenute ove l’attività abbia luogo nell’orario lavoro ma fuori
della struttura di appartenenza;
3. le modalità di attribuzione dei compensi e rimborsi spese: i compensi e le modalità di attribuzione sono
stabiliti dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
La partecipazione ai proventi per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio non può essere
superiore al 50 per cento della tariffa per le prestazioni finalizzate alla riduzione delle liste di attesa ai sensi del
comma 2, lettera d), dell’art. quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche ed
integrazioni;
L’atto aziendale disciplina i casi in cui l’assistito può chiedere all’azienda che la prestazione sia resa
direttamente dal dirigente scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito, in relazione alle particolari
prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e l’assistito con riferimento all’attività
libero-professionale intramuraria svolta, individualmente o in equipe, nell’abito dell’azienda fuori orario di lavoro.
Le somme derivanti dalla suddetta attività vengono incassate dal dirigente che ha effettuato la prestazione che
ne rilascia ricevuta al paziente su apposito bollettario dell’azienda. Le somme vengono versate nei successivi
5 giorni nelle casse dell’azienda che me accredita il 95% al dirigente stesso con la retribuzione del mese
successivo (art. 58 – comma 5 e 6 del CCNL.).
Rientra nel regime libero professionale l’attività di certificazione medico-legale resa dall’azienda per conto
dell’istituto nazionale degli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.) a favore degli infortunati sul lavoro e tecnopatici,
sempre che ne sia possibile assicurare concretamente il rispetto dei principi della fungibilità e della rotazione;
13. Attività libero professionale a pagamento svolta in altre Aziende del SSN o in struttura non
accreditata
Le attività professionali richieste a pagamento da singoli utenti e svolte individualmente o in equipe in strutture
di altra azienda del Servizio Sanitario Nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata, sono disciplinate
da apposita convenzione tra l’azienda e i soggetti interessati sulla base di uno schema tipo indicato nell’atto
aziendale adottato nel rispetto delle modalità di consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali. Le
predetta attività sono consentite solo se a carattere occasionale e se preventivamente autorizzate di volta
involta dall’azienda con le modalità stabilite dalla convenzione.
L’atto aziendale deve definire:
il limite massimo di attività di ciascun dirigente tenuto anche conto delle altre attività svolte;
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l’entità del compenso dovutola dirigente e/o all’equipe che ha effettuato la prestazione;
le modalità di riscossione e di attribuzione dei compensi;
la quota della tariffa spettante all’azienda conformemente ai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Gli onorari sono riscossi dalla struttura presso la quale il dirigente ha svolto l’attività con bollettari forniti
dall’azienda: la struttura, dedotte le quote di propria spettanza ai sensi della convenzione, versa
settimanalmente all’Azienda ed al dirigente le quote spettanti. La struttura presso la quale il dirigente ha
effettuato la prestazione è tenuta a rilasciare ricevuta della prestazione stessa su apposito bollettino messo a
disposizione dall’azienda.
14. Attività libero professionale svolta ai fini della riduzione delle liste di attesa
Il Direttore Generale può richiedere ai propri specialisti, anche in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 3,
comma 12, del decreto legislativo 29 aprile 1998 n. 124, quale integrazione delle attività istituzionali,
l’effettuazione di prestazioni ambulatoriali in regime di attività libero-professionale intramuraria allo scopo di
ridurre le liste di attesa, concordando i volumi di attività libero-professionale con particolare riferimento alle
prestazioni non differibili in ragione della gravità e complessità della patologia.
Pertanto, per la progressiva riduzione delle liste di attesa, il direttore generale, avvalendosi del consiglio dei
sanitari, nelle more della istituzione del collegio di direzione:
programma e verifica le liste di attesa con l’obiettivo di pervenire a soluzioni organizzative,
tecnologiche e strutturali che ne consentano la riduzione;
assume le necessarie iniziative per la razionalizzazione della domanda;
assume interventi diretti ad aumentare i tempi di utilizzo delle apparecchiature e ad incrementare
la capacità di offerta dell’azienda;
autorizza, qualora ricorrano le condizioni, lo svolgimento da parte degli specialisti di attività libero
professionale per conto dell’azienda tenendo conto dell’apporto dato dal singolo specialista
all’attività istituzionale e le concrete possibilità di incidere sui tempi di attesa;
individua nell’ambito della contrattazione aziendale specifici incentivi di carattere economico per il
personale di supporto.
15.Attività di supporto
L’atto aziendale deve disciplinare i criteri e le modalità per la ripartizione di una quota dei proventi derivanti dalle
tariffe, in conformità ai contratti collettivi nazionali di lavoro , a favore:
a) del personale del ruolo sanitario non dirigente, che partecipa all’attività libero-professionale quale
componente di una equipe o personale di supporto nell’ambito della normale attività di servizio;
b) del personale della dirigenza sanitaria che opera in regime di esclusività che, in ragione delle funzioni
svolte o della disciplina di appartenenza , non può esercitare l’attività libero-professionale;
c) del personale che collabora per assicurare l’esercizio dell’attività libero-professionale anche fuori del
normale orario di servizio ordinario.
16. Attività diverse dall’attività libero-professionale
Non rientrano tra le attività libero-professionali disciplinate dalle presenti linee guida, ancorché comportino la
corresponsione di emolumenti ed indennità, le seguenti attività:
a) partecipazione ai corsi di formazione, diplomi universitari e scuole di specializzazione e diploma, in qualità
di docente;
b) collaborazione a riviste e periodici scientifici e professionali;
c) partecipazioni a commissioni di concorso o altre commissioni presso enti e Ministeri (commissione
medica di verifica del Ministero del tesoro, di cui all’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 29 giugno 1998
n. 278, ed alle commissioni invalidi civili costituite presso le aziende sanitarie di cui alla L. 15 ottobre
1990, n. 295);
d) relazioni a convegni e pubblicazione dei relativi interventi;
e) partecipazione a comitati scientifici;
f) partecipazioni ad organismi istituzionali della propria categoria professionale o sindacale;
g) attività professionale sanitaria, resa a titolo gratuito o con rimborso delle spese sostenute a favore di
organizzazioni non lucrative di utilità sociale organizzazioni e associazioni di volontariato o altre
organizzazioni senza fine di lucro, previa comunicazione all’azienda della dichiarazione, da parte
dell’organizzazione interessata della totale gratuità delle prestazioni.
Le attività e gli incarichi di cui sopra ancorché a carattere non gratuito, non rientrano fra quelli previsti dal
comma 7, dell’art. 72, della legge n. 448 del 1998 e possono essere svolti previa autorizzazione da parte
dell’azienda, ai sensi dell’art. 58, comma7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modifiche e integrazioni, che dovrà valutare se, in ragione della continuità o della gravosità dell’impegno
richiesto o degli emolumenti conseguiti, non siano incompatibili con l’attività e gli impegni istituzionali.
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17. Osservatorio sulla libera professione
In ogni Azienda e a livello regionale si provvederà a costituire una commissione paritetica quale organismo di
osservazione e verifica per la corretta applicazione delle norme previste dal presente atto, composta da
rappresentanti delle OO.SS. maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria e
rappresentanti rispettivamente delle Aziende e della Regione.
18. Commissione di monitoraggio sulle liste di attesa
Al fine di monitorare semestralmente gli effetti del presente provvedimento sull’andamento delle liste di attesa,
viene costituita a livello regionale ed aziendale una commissione di monitoraggio composta da rappresentanti
delle Confederazioni Cgil-Cisl-Uil e delle relative organizzazioni di categoria dei pensionati e della sanità,
nonché delle associazioni di tutela degli ammalati riconosciute a livello nazionale.
19. Attività di controllo e verifica
Le aziende attraverso l’osservatorio di cui al precedente punto o altri organismi di verifica paritetici o nuclei di
controllo interni, provvedono ad accertare eventuali incompatibilità, attraverso verifiche a campione, anche
presso strutture sanitarie private accreditate e non accreditate.
20. Termini per l’attuazione
I direttori generali attuano le disposizioni di competenza in materia di attività libero-professionale entro il termine
di 60 giorni dalla notifica delle presenti linee guida. La mancata assunzione dell’iniziativa configura le ipotesi
che danno luogo alle sanzioni di cui al comma 11, dell’art. 72, della legge n. 448 del 1998.
20
ALLEGATO A
Criteri per la verifica del rapporto tra attività istituzionale e ALPI
A titolo puramente esemplificativo si rappresentano qui di seguito alcune possibili modalità operative
per la definizione del volume istituzionale di attività ai fini della verifica del rispetto dell’equilibrio tra tale
attività e quella libero-professionale:
q dovrà essere preliminarmente definita la base di riferimento del volume istituzionale di attività che,
in via esemplificativa, può essere così determinata:
Struttura di degenza
1. individuazione, per singolo DRG, del totale dei ricoveri effettuati nella struttura in un
determinato periodo;
2. valorizzazione del monte complessivo dei ricoveri sulla base del valore del singolo DRG,
tenendo conto che:
a. per i ricoveri in reparti chirurgici dovranno essere presi in considerazione solo i DRG pertinenti,
eliminando quelli riferibili a DRG medici
( pz. ricoverati non sottoposti ad interventi chirurgici
);
b. per i ricoveri in reparti medici si dovranno escludere dal conteggio i ricoveri impropri valutati
secondo il sistema PRUO.
3. il valore complessivo così ottenuto dovrà essere diviso per il numero dei sanitari operanti nello
stesso periodo nella struttura presa in considerazione.
La risultanza di tale operazione costituisce il tetto di prestazioni che globalmente i sanitari possono
erogare in regime di A.L.P.I.. Nell’ambito del tetto di prestazioni definito come sopra, ogni singolo
sanitario, comunque, non può erogare in regime di ALPI più del 10% della media di prestazioni
erogate dalla struttura presa in considerazione.
La stessa metodologia può essere applicata anche per le prestazioni erogate dai servizi diagnostici
sulla base della seguente procedura:
q o prestazioni effettuate in un determinato periodo;
q il totale così ottenuto viene conteggio del numero di esami diviso per il numero dei sanitari operanti nello
stesso periodo nel servizio preso in considerazione.
Analogamente a quanto esposto in precedenza la risultanza di tale operazione costituisce il tetto di
prestazioni che globalmente i sanitari possono erogare in regime di A.L.P.I.. Nell’ambito del tetto di
prestazioni definito come sopra, ogni singolo sanitario, comunque, non può erogare in regime di ALPI più del
10% della media di prestazioni erogate dalla struttura presa in considerazione.
A tale fine potranno essere presi come riferimento i tempi di effettuazione di analoga prestazione desumibili
dai registri di prenotazione esistenti presso i C.U.P. o di altri sistemi di rilevazione per le prestazioni
istituzionali confrontandoli con quelli previsti presso gli ambulatori libero-professionali.
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CAPO III
LA COMUNICAZIONE E L’INFORMAZIONE
1. L’approccio al problema
L'importanza dell’informazione e della comunicazione al cittadino e la necessità di prestarvi un’adeguata
attenzione è contenuta già nel D.P.C.M. del 19.5.95 “Schema generale di riferimento della Carta dei Servizi
pubblici sanitari”. Obiettivi analoghi sono stati recepiti dal D.lgs 124/98 quando, all'art. 3, comma 10, relativamente
al tempo massimo intercorrente tra la richiesta e l'erogazione delle prestazioni, afferma che "di tale termine è data
comunicazione all'assistito al momento della presentazione della domanda della prestazione, nonché idonea
pubblicità a cura delle aziende unità sanitarie o
l cali ed ospedaliere". Occorre, dunque, chiarire quali siano gli
strumenti, e quali le loro modalità di utilizzo, che consentono sia di corrispondere alle esigenze dei cittadini sia di
realizzare l'idonea pubblicità che le norme prevedono così da conseguire i fini istituzionali e gli obiettivi
organizzativi. Ciò va fatto tenendo conto che, molto spesso, l'informazione, pur presente nel settore sanitario, è
frammentata e dispersa e che il problema, quindi, non risiede tanto nella produzione di maggiori informazioni o
nell’affannosa ricerca di nuovi mezzi per la loro diffusione, quanto piuttosto nel rendere la comunicazione tra
Azienda Sanitaria e cittadini chiara, semplice, efficace e di facile accesso.
2. Le esigenze informative in tema di liste di attesa
In termini di contenuti informativi gli elementi che, in modo particolare, appare fondamentale trasmettere ai
cittadini-utenti riguardano:
1. Il sistema complessivo dell’offerta e la sua accessibilità
Rientrano in questo aspetto tutte le informazioni relative a luoghi, tempi, modalità di accesso e di utilizzo, tipologie
e costi dei servizi e delle prestazioni. Poiché il già ricordato D.P.C.M. del 19.5.95 afferma l’esigenza di fornire,
attraverso la Carta dei servizi, informazioni adeguate e tempestive, ciò che qui va evidenziato è la necessità di
offrire ai cittadini, singoli ed associati ed in modo costante e completo, una informazione generale delle diverse
opzioni che l’intero sistema offre, nonché delle azioni di miglioramento della qualità che, ad ogni livello, vengono
intraprese. Interventi sull’appropriatezza della domanda, ad esempio, debbono essere accompagnati da una idonea
informazione sia - nei dovuti termini ed anche in un’ottica di educazione sanitaria - rispetto ai fondamenti clinici sui
quali si basano, sia sulle modalità organizzative con le quali sono condotti e/o che da essi hanno origine.
Analogamente è necessario informare e chiarire i fattori (come la scarsità di risorse o il tempo necessario ad
ottenere i risultati attesi) che sollecitano ovvero impongono l’adozione di tali misure, piuttosto che il semplice
aumento dell’offerta.
Vanno evidenziati gli interventi sull’accessibilità delle prestazioni, informando chiaramente sulla possibilità di
ottenerle senza impegnativa e sulle modalità di prenotazione a mezzo telefono, internet o fax.
2. Le modifiche normative ed organizzative
Altrettanto importante è evidenziare la necessità di un tempestivo ed adeguato aggiornamento dei cittadini rispetto
alle modifiche che intervengono nell’organizzazione sanitaria, dal punto di vista normativo, strutturale e funzionale. I
rapidi cambiamenti, pur necessari, provocano spesso, oltre allo sconcerto, consistenti problemi di accesso,
soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione: tali difficoltà non possono essere lasciate del tutto ingovernate,
ma richiedono interventi mirati, atti ad informare ed a chiarire ai cittadini ed agli utenti le ragioni e gli scopi dei
processi in corso, anche per evitare l’insorgere di resistenze ai cambiamenti che, in non pochi casi, appaiono
motivate soprattutto da carenze informative. Il ri-dimensionamento e/o la riallocazione delle aree di attività, ad
esempio, pur avendo alla base obiettivi di miglioramento dell’efficienza, possono facilmente essere vissuti dai
cittadini-utenti come una “riduzione” o una “disorganizzazione”, quando non siano accompagnati da una chiara e
puntuale informazione che spiega ciò che sta avvenendo e guida l’utente lungo i nuovi percorsi.
3. Le caratteristiche dei differenti regimi di erogazione delle prestazioni
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Uno dei punti cruciali, in tema di liste di attesa, è la disparità di trattamento risultante dalla diversa attesa che si
realizza accedendo al regime istituzionale piuttosto che a quello libero-professionale. In assenza di una adeguata
informazione, tale disparità può risultare particolarmente odiosa ed essere all’origine di numerose proteste. Vanno
in particolare assunte iniziative di comunicazione in ordine a: le caratteristiche di tale doppio regime, portando a
conoscenza del cittadino-utente, in modo comprensibile, sia le norme generali sia i criteri di applicazione adottati
in ciascuna situazione; le modalità di utilizzo dell’attività libero-professionale e gli interventi di controllo e
monitoraggio che le aziende hanno assunto in ordine al rispetto della normativa; le iniziative che sono state
adottate per rendere i due regimi equi, equilibrati e proporzionati in relazione ai livelli essenziali di assistenza.
4. Il diritto alle misure di tutela e garanzia
Vanno diffuse ai cittadini, in modo chiaro ed efficace, tutte le informazioni relative ai programmi e alle misure
adottati in sede regionale e aziendale per garantire il diritto del cittadino ad ottenere prestazioni tempestive, in
ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 3, comma 13 del d.lgs. 124/98.
5. Le regole adottate per il rispetto della trasparenza
Poiché non è infrequente che i cittadini non siano a conoscenza delle misure adottate dalle aziende ai sensi della
legge n. 724 del 23.12.1994, art. 3, comma 8, per garantire la trasparenza nella gestione delle liste d’attesa e per
consentire l’accesso degli utenti interessati ai dati sulle prenotazioni, è necessario che queste informazioni siano
rese disponibili in ciascuna sede dove vengono gestiti dei registri di prenotazione, con l’indicazione chiara delle
modalità e delle procedure adottate per garantire tale accesso e per assicurare nel contempo il rispetto della
riservatezza sui nominativi delle altre persone iscritte nella lista.
Ai fini di cui al presente punto le Aziende:
adottano un efficace sistema di informazione in ordine a tutte le prestazioni erogate in regime di
ALPI, nonché le modalità di fruizione e l’elenco dei dirigenti sanitari che svolgono tale attività;
all’atto della presentazione, da parte dell’utente, di richiesta di fruizione di prestazioni sanitarie
erogate in ALPI, sono tenute a fornire per iscritto tutte le informazioni necessarie, in riferimento
alla possibilità di scelta dei professionisti, alle modalità di prenotazione e di erogazione delle
prestazioni, alle tariffe;
forniranno un dettagliato preventivo dei costi delle prestazioni richieste che, in copia, sarà
sottoscritto dal paziente.
6. L’attenzione verso i bisogni individuali dell’utente
Nell’ottica complessiva sopraindicata, va segnalata l’importanza dell’assunzione di iniziative che concretizzino
l’attenzione del sistema verso i bisogni individuali dell’utente, soprattutto quando il suo stato clinico lo richiede
maggiormente. Tra gli altri appare quanto mai necessario che, quando l’attesa si prolunga, nel periodo
intercorrente tra la prenotazione e l’erogazione delle prestazioni venga messa a disposizione dei cittadini la
possibilità di comunicare con la struttura sanitaria; ciò può essere ottenuto individuando una o più strutture in
grado di attuare azioni di intervento/sostegno e fornendo le necessarie indicazioni all’utente all’atto della
prenotazione. L’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP), per il suo specifico ruolo di interfaccia tra cittadini, direzioni
sanitarie e servizi, può essere considerato una struttura particolarmente idonea alla gestione di tali problematiche.
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CAPO IV
IL MONITORAGGIO
Una corretta gestione delle attese richiede che la direzione strategica delle aziende sanitarie sia in grado di
monitorare i bisogni e e
l priorità assistenziali della propria utenza e le caratteristiche dell’offerta fornita; tale
conoscenza rappresenta un indispensabile strumento di programmazione sanitaria nell’ambito dell’azienda e
dell’intero territorio regionale e nazionale.
Risulta perciò necessario individuare delle definizioni condivise e degli idonei strumenti di misura che consentano
una rilevazione standardizzata del fenomeno delle liste d’attesa ed eventuali comparazioni tra i diversi erogatori e
tra le diverse realtà territoriali.
1. Modalità di rilevazione
La rilevazione può avvenire in due forme:
ex ante, che consiste nella rilevazione (prospettiva) ad un determinato giorno indice della differenza tra data di
esecuzione prospettata e data della richiesta rivolta all’erogatore (rappresenta, in sostanza, il tempo d’attesa
così come percepito dall’utente);
ex post, che consiste nella rilevazione (retrospettiva) della differenza tra la data della effettiva erogazione della
prestazione e quella della richiesta rivolta all’erogatore ( rappresenta, in sostanza, il punto di vista
dell’azienda); tale valutazione richiede un sistema informatizzato che rilevi i tempi di attesa per le prestazioni
realmente erogate, escludendo sia il drop out che le prestazioni annullate dall’azienda.
E' da notare che la rilevazione ex post in genere produce in genere tempi di attesa inferiori a quelli valutati con il
metodo ex ante.
I dati elementari di interesse relativi alle prestazioni selezionate vanno rilevati, a livello aziendale e per ogni punto di
erogazione (ivi comprese le strutture private accreditate che insistono sul territorio), con riferimento ad una data
stabilita (giorno indice).
La data relativa al primo posto disponibile in agenda può essere soggetta a variabilità casuale, ma è di più
semplice rilevazione; modalità più precise, quale la prima disponibilità utile ad eseguire la prestazione seguita da
una o più disponibilità nei successivi 3 giorni (come attuato da alcune regioni), possono essere considerati di
utilità per le regioni e per le aziende laddove il sistema di rilevazione sia già a regime.
2. Oggetto della rilevazione
Risulta opportuno selezionare le prestazioni traccianti da monitorare fino al livello nazionale, tra quelle elencate
dalla Commissione istituita presso il Ministero della sanità che di seguito si elencano , rispettivamente per l’ambito
di specialistica ambulatoriale e per quello di ricovero ospedaliero, fermo restando che la Regione e le Aziende,
nell’ambito della propria autonomia e specificità territoriale, potranno identificare ulteriori prestazioni di proprio
interesse.
Prestazioni ambulatoriali
Mammografia bilaterale (codice 87.37.1)
Ecografia addome superiore (codice 88.74.1)
Ecodoppler cardiografia (codice 88.72.3)
Eco(color)doppler arti superiori o inferiori o distrettuale,
arterioso o venoso (codice 88.77.2)
TC del capo, senza e con contrasto (codice 87.03.1)
RM della colonna, senza e con contrasto (codice 88.93.1)
Esofagogastroduodenoscopia (codice 45.13)
Elettromiografia semplice (codice 93.08.1)
Prestazioni di ricovero
Colecistectomia (codice 5122)
Colecistectomia laparoscopica (codice 5123)
Cataratta (DRG 39) in ricovero ordinario
Cataratta (DRG 39) in ricovero di day hospital
Artroscopia (codice 80.2) in regime ordinario
Artroscopia (codice 80.2) in day hospital
Artroprotesi d’anca (codici 8151, 8152, 8153)
By pass aortocoronarico
(DRG 106 e 107)
Visita oculistica (codice 95.02)
Visita ginecologica (codice 89.26)
Visita generale (codice 89.7) nella branca di cardiologia
Si ritiene opportuno che vengano escluse dal monitoraggio, le visite successive alla prima (controlli), le prestazioni
'urgenti' e 'urgenti differibili' (che vanno garantite in tempi definiti dalle necessità del paziente e non in base alla
disponibilità delle liste), le prestazioni erogate nell’ambito di programmi di screening regionali e/o aziendali e quelle
inserite in protocolli diagnostico- terapeutici già definiti. L’inclusione di tali prestazioni comporterebbe, infatti, una
distorsione nei dati rilevati. Queste specifiche prestazioni, andranno comunque monitorate separatamente.
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Si segnala l'utilità di rappresentare il fenomeno utilizzando il conteggio delle prestazioni unitamente al numero di
pazienti richiedenti le stesse: infatti uno stesso paziente può richiedere una prestazione composita
(sostanzialmente unica dal punto di vista assistenziale) che, per motivi amministrativo-contabili, viene prenotata
come una pluralità di prestazioni (es. RX colonna in toto).
E' pertanto necessario individuare le modalità operative (definizione e codifica della prestazione) per ottenere tale
obiettivo.
Nel caso le aziende adottino sistemi di gestione basate sulle priorità d’accesso o percorsi diagnostico-terapeutici,
andranno utilizzate misure specifiche Le aziende dovranno garantire, tramite un monitoraggio continuo, il rispetto
dei tempi massimi dei percorsi diagnostico-terapeutici e delle singole prestazioni secondo le categorie di priorità
concordate a priori.
3. Variabili oggetto di misura
1.
tempo di attesa, espresso in giorni
2.
numero di utenti in lista
3.
numero di prestazioni offerte nell’unità di tempo (settimana)
4.
numero di prestazioni effettuate nell’unità di tempo (settimana)
5.
numero di prestazioni effettuate in regime di libera professione nell’unità di tempo
Le variabili 1. e 2. sono oggetto della rilevazione per tutti i livelli interessati (Aziende, Regione, Ministero), le
variabili 3., 4. e 5. sono di specifico interesse per il livello aziendale e regionale.
Inoltre possono essere rilevate le seguenti variabili di contesto:
popolazione residente;
presenza del CUP;
numero dei soggetti erogatori aziendali;
numero dei punti di prenotazione aziendali (telefonici e/o di sportello).
4.
1.
Misure e indicatori suggeriti
I giorni d'attesa registrati per le singole prestazioni rilevate, escludendo i casi con tempi superiori ai 365
giorni e dei tempi pari a zero giorni, possono essere descritti in termini di:
a) Tempo minimo
b) Tempo massimo
c) Valore medio
d) Valore mediano
2.
percentuale di inclusi nel tempo soglia (in un determinato momento): % di utenti cui si è prospettata
l'esecuzione di una certa prestazione entro un valore soglia (variabile a seconda della prestazione) rispetto
al totale dei richiedenti;
questo indice descrive la capacità di una Azienda sanitaria di garantire l’accesso rispetto ad un tempo
considerato di riferimento;
3.
indice di pressione esterna: numero di pazienti in lista d’attesa per una determinata prestazione / numero
di prestazioni offerte nel periodo considerato;
l’indicatore fornisce informazioni utili alla modulazione dell’offerta, indicando il volume di incremento di attività
necessario a ridurre il numero dei pazienti in lista e conseguentemente i tempi di attesa;
4.
indice di saturazione: prestazioni effettuate nel periodo considerato / numero di prestazioni offerte nel
periodo considerato* 100;
è un indicatore utile alla programmazione aziendale che confronta le prestazioni erogate con l’offerta
potenziale.
Per l’interpretazione degli indicatori di cui sopra, le aziende e le regioni possono utilizzare alcuni indicatori di
contesto:
numero di aziende dotate di CUP / totale delle aziende regionali
popolazione residente in regione / numero soggetti erogatori regionale
peso percentuale della libera professione (per una data prestazione in un determinato intervallo temporale, ad.
es. semestrale): n° di prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria / totale delle prestazioni
istituzionali
indicatori di efficienza nell’utilizzo delle apparecchiature (ore di utilizzo nell’unità di tempo considerata).
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5. Controlli
Il sistema di monitoraggio acquista la propria efficacia se consente l’effettuazione di controlli tesi ad adottare
interventi per il controllo delle liste d’attesa.
Si sottolinea l’importanza di individuare referenti, strumenti e procedure per attuare tali verifiche.
6. Interpretazione dei dati
Vanno considerate, per una corretta interpretazione dei dati:
le particolari condizioni di erogazione dei soggetti “di eccellenza”, che hanno una diversa capacità di attrazione
rispetto al altri soggetti erogatori,
il verificarsi di situazioni particolari periodiche (picchi stagionali) o eccezionali (emergenze sanitarie, ecc.)
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