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Il Magistero del Pontefice emerito Benedetto XVI
nell’ambito della Bioetica
È doveroso da parte di questa Rivista richiamare i momenti più
significativi del Magistero di Papa Ratzinger sui temi della vita, non
soltanto perché sono stati espressi con documenti che sono entrati
nella letteratura teologico-morale e nelle raccolte ufficiali dei Documenti Magisteriali, ma anche perché rappresentano orientamenti
e punti di riferimento di attualità, tuttora posti come frontiere e criteri di giudizio anche per il futuro, per quella linea di continuità,
che passa da un Pontefice all’altro e da un momento storico a quello successivo nel dialogo tra la scienza sperimentale, l’evoluzione
sociale e l’orientamento ecclesiale.
La Bioetica della vita nascente e della procreazione
Ancor prima dell’elezione a Vescovo di Roma e quindi a Successore dell’Apostolo Pietro (19 aprile 2005), Joseph Ratzinger,1 come
cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede
per oltre un ventennio, ha coordinato il lavoro per la elaborazione
di documenti ufficiali cui ha apposto la sua firma a nome del Papa e
vi ha trasfuso la Sua riflessione dottrinale.
Era il tempo in cui le recenti invenzioni in campo biomedico relative alla diagnostica prenatale e alla procreazione artificiale, specialmente in Europa e negli Stati dell’America Occidentale, reclamavano una discussione etica anche in ambito laico: si pensi al
Warnock Committee nel Regno Unito reso attivo negli anni ’80 e al
CHABI nel Consiglio d’Europa subito dopo, presso il quale io stesso
sono stato osservatore straordinario per incarico della Santa Sede
negli anni 82-83. La Congregazione per la Dottrina della Fede pose
allo studio e, seguendo la consueta procedura iniziando con un
1
Nato il 16 aprile 1927 in Marktl am In, diocesi di Passau; ordinato sacerdote il 29 giugno 1951; eletto vescovo di Munchen und Frisirg il 25 marzo 1977 e consacrato il 28 maggio 1979. Creato e pubblicato cardinale nel concistoro del 27 giugno 1977. Chiamato a rivestire il ruolo di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede il 25 novembre
1981, dove è rimasto fino all’elezione a Pontefice il 19 aprile 2005.
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gruppo di specialisti e poi passando attraverso l’esame dei vari livelli ufficiali, giunse il 22 febbraio 1987, festività della Cattedra di
S. Pietro, a pubblicare il Documento definito: “Instructio Donum
Vitae de observatia erga vitam humanam nascentem deque procreationis dignitate tuenda”,2 tradotta nel testo italiano: Il rispetto della
vita umana nascente e la dignità della procreazione, con la firma del
Card. Joseph Ratzinger prefetto e Alberto Bovone, vescovo Segretario. Ma per la letteratura divulgativa fu “Documento Ratzinger”.
Ovviamente perché il coordinatore del Documento che poi ha avuto
l’approvazione del Santo Padre Giovanni Paolo II era il prefetto J.
Ratzinger.
Il Documento copre un ampio orizzonte di premesse e di conseguenti giudizi che, come già era avvenuto per la Enciclica “Humanae Vitae” di Paolo VI3 (alla quale si rifà in punti essenziali), ebbero una pronta risonanza, non solo in campo teologico pastorale, ma
anche in ambito laico e non mancarono giudizi improntati a dubbi e
a critiche, al punto che anche per questo documento, come per la
Enciclica di Paolo VI che riguardava – come si sa – la contraccezione, la Segreteria di Stato ritenne di intervenire con un articolo
dell’Osservatore Romano firmato con tre asterischi (segno di particolare ufficialità) per rispondere a dubbi e critiche, ribadendo il
contenuto dottrinale del documento in particolare verso alcune cliniche cattoliche che espressamente avevano rifiutato le direttive del
documento ribadendo il carattere magisteriale del documento stesso.
Le affermazioni contenute nella prima parte sull’identità e lo statuto dell’embrione umano per cui si afferma che “l’essere umano è
da rispettare – come una persona umana – fin dal primo istante della sua esistenza”4 indicano in positivo un punto di eccezionale rilevanza dottrinale e morale, che richiama la convergenza della biolo-
2 CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI. Instructio “Donum Vitae” de observantia erga vitam
humanam nascentem deque procreationis dignitate tuenda. Responsiones ad quasdam questiones nostris temporibus agitatas (22 februari 1987). AAS 80 (1988): 70-102.
3 PAOLO VI. Littera encyclica “Humanae Vitae” de humana prole recte ordinanda (25 Julii 1968). AAS 60 (1968): 481-503.
4 CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI. Instructio “Donum Vitae”..., I, 1.
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gia, dell’antropologia, della visione teologica, nonché del diritto nel
rispetto assoluto dell’essere umano fin dall’inizio del suo esserci come unità e cioè dalla fecondazione.
Questo punto di capitale importanza rimarrà un riferimento di
dottrina e di prassi del Magistero, non soltanto per la questione dell’aborto procurato, ma anche per tutte le situazioni in cui la vita del
nascituro possa essere posta a rischio o soppressa nelle varie forme
di manipolazione biotecnologica, compresa in primis la fecondazione artificiale con tutte le sequele che questa comporta per l’ovulo
fecondato (embrione), l’embrione non ancora impiantato o dopo
l’impianto per la super produzione, crioconservazione, sperimentazione, prelievo di cellule embrionali, clonazione, aborto selettivo,
diagnosi preimpianto, ecc.
Un secondo caposaldo dell’impianto dottrinale della Istruzione
“Donum Vitae” è rappresentato dal principio che regola la moralità
dell’atto procreativo umano. Tale principio, derivato dalla Enciclica
“Humanae Vitae” di Paolo VI è così formulato nel testo della Istruzione: “Ogni essere umano va accolto sempre come un dono e una
benedizione di Dio. Tuttavia dal punto di vista morale una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere
il frutto del matrimonio. La procreazione umana possiede infatti delle caratteristiche specifiche in virtù della dignità dei genitori e dei figli: la procreazione di una nuova persona, mediante la quale l’uomo
e la donna collaborano con la potenza del Creatore, dovrà essere il
frutto e il segno della mutua donazione personale degli sposi. La fedeltà degli sposi, nell’unità del matrimonio, comporta il reciproco rispetto del loro diritto a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro. Il figlio ha diritto ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato nel matrimonio: è attraverso il riferimento sicuro e riconosciuto ai propri genitori che egli può scoprire
la propria identità e maturare la propria formazione umana. I genitori trovano nel figlio una conferma e un completamento del loro amore, il segno permanente della loro unione coniugale, la sintesi viva e
indissolubile della loro dimensione paterna e materna”.5
5
Ibid., II,1.
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Questo brano denso di valori morali, di bellezza, splendore, dignità e densità umana, non ha perduto la sua verità né la sua solidità nonostante le prassi selettive devastanti, strumentali e di mercato, che sono state legalizzate o comunque tollerate con la conseguente perdita d’identità della famiglia umana e con il sacrificio
strumentale di molti esseri umani. Possiamo essere certi che il futuro metterà allo scoperto la triste illusione e gli effetti negativi di
queste biotecnologie procreatiche.
A distanza di poco più di venti anni la Istruzione “Donum Vitae”
è stata ripresa in esame quando ormai Joseph Ratzinger era Pontefice Benedetto XVI, con un nuovo Documento, una seconda Istruzione intitolata “Dignitas Personae”.6
In questo documento vengono sì aggiunti alcuni nuovi problemi
etici maturati nel ventennio (come il giudizio sull’uso delle cellule
staminali e sull’eventuale impiego della clonazione, i tentativi di
ibridazione, l’impiego di matariale biologico umano di origine illecita, congelamenti di ovociti, riduzione embrionali, diagnosi preimpiantatoria, nuove forme di intercezione e contragestazione e in generale i problemi conseguenti al congelamento degli embrioni) ma
ha più fortemente ribadito le due direttive etiche poste dalla Donum
Vitae: la prima sull’identità dell’essere umano a partire dalla fecondazione dell’ovulo e l’altro punto che riguarda la liceità della procreazione umana legata al fatto che il figlio sia effetto e segno dalla
unione intima, libera e personale degli sposi.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’identità dell’essere umano che acquisisce la dignità di persona umana fin dall’inizio del
concepimento, la Dignitas Personae ha voluto correggere l’interpretazione che all’espressione “come persona” talora veniva data come se si volesse esprimere un giudizio comparativo-dubitativo (come se lo fosse, anche se non lo si può provare). Al dì là del fatto che
in campo morale anche il dubbio serio che si tratti di persona rende
illecito di fatto ogni intervento soppressivo basato sul “dubium facti”, la nuova Istruzione ha posto delle esplicitazioni che riguardano
il piano della realtà ontologica. Ecco una chiarificazione molto elo-
6
ID. Istruzione “Dignitas Personae” su alcune questioni di Bioetica (8 settembre 2008).
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quente a proposito dell’affermazione contenuta nella Donum Vitae,7
secondo la quale “l’essere umano va rispettato e trattato come una
persona fin dal suo concepimento”. La nuova Istruzione aggiunge:
“Questa affermazione di carattere etico, riconosciuta come vera e
conforme alla legge morale naturale della stessa ragione, dovrebbe
essere alla base di ogni ordinamento giuridico. Essa suppone, infatti, una verità di carattere ontologico. La realtà dell’essere umano,
infatti, per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non
consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale, poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L’embrione umano, quindi, ha fin dall’inizio la
dignità propria della persona”.8
Per quanto riguarda l’aspetto etico della procreazione e il conseguente giudizio sulle tecniche di procreazione artificiale, il principio enunciato nella Donum Vitae circa la “reciproca donazione
personale” degli sposi come esigenza etica per la procreazione responsabile, viene ribadito nella Dignitas Personae con le parole
stesse di Benedetto XVI pronunciate il 1 maggio 2008: “nella fecondità dell’amore coniugale l’uomo e la donna rendono evidente
che all’origine della loro vita sponsale vi è un “sì” genuino che
viene pronunciato e realmente vissuto nella reciprocità, rimanendo
sempre aperto alla vita (…). La legge naturale, che è alla base del
riconoscimento della vera uguaglianza tra le persone e i popoli,
merita di essere riconosciuta come la fonte a cui ispirare anche il
rapporto tra gli sposi nella loro responsabilità nel generare nuovi
figli. La trasmissione della vita è iscritta nella natura e le sue leggi permangono come norma non scritta a cui tutti devono richiamarsi”.9
Quanto all’arricchimento teologico di questa seconda Istruzione,
pubblicata con l’approvazione esplicita di Benedetto XVI, bisogna
registrare l’approfondimento apportato su tutta la tematica, sia
7
8
9
ID. Instructio “Donum Vitae”..., I, 1.
ID. Istruzione “Dignitas Personae”…, n. 5.
BENEDETTO XVI. Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale promosso dalla
Pontificia Università Lateranense nel 40 Anniversario dell’Enciclica “Humanae Vitae” (10
maggio 2008). L’Osservatore Romano, 11 maggio 2008, p. 1.
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quella della vita nascente sia quella della procreazione dal richiamo
alla duplice dignità che è propria della persona umana.
Basti citare questo numero della Istruzione “Dignitas personae”,
ripreso dalla Evangelium Vitae: “È convinzione della Chiesa che
ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma
da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato. Dio, dopo aver
creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gn 1,26), ha qualificato la sua creatura come “molto buona” (Gn 1,31) per poi assumerla nel Figlio (cfr. Gv 1,14). Il Figlio di Dio nel mistero dell’incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi dell’essere umano. Il Cristo non ha disdegnato la corporeità
umana, ma ne ha svelato pienamente il significato e il valore: “In
realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il
mistero dell’uomo”. Divenendo uno di noi, il Figlio fa sì che possiamo diventare “figli di Dio” (Gv 1,12), “partecipi della natura divina” (2 Pt 1,4). Questa nuova dimensione non contrasta con la dignità della creatura riconoscibile con la ragione da parte di tutti gli
uomini, ma la eleva ad un ulteriore orizzonte di vita, che è quella
propria di Dio e consente di riflettere più adeguatamente sulla vita
umana e sugli atti che la pongono in essere”.10
La Bioetica e l’orientamento sessuale
Non bisogna dimenticare l’intervento di carattere dottrinale e
morale della Congregazione per la Dottrina della fede nel tempo in
cui è stato Prefetto il Card. Joseph Ratzinger, qualche tempo prima
della Istruzione “Donum Vitae” in tema di omosessualità. Si tratta
del Documento intitolato: Cura pastorale delle persone
omosessuali.11 Rifacendosi ad una precedente Dichiarazione della
stessa Congregazione del 1974 in cui gli atti di omosessualità veni-
10 GIOVANNI PAOLO II. Lettera Enciclica “Evangelium Vitae” (25 maggio 1995), n. 37-38.
AAS 87 (1995): 442-444.
11 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE. Cura pastorale delle persone omosessuali, in latino: Epistula ad universos catholicae ecclesiae episcopos de pastorali personarum homosexualitatis cura (1 octobris 1986). AAS 79 (1987): 553-554.
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vano definiti “intrinsecamente disordinati e tali che non possono essere approvati in nessun caso”,12 di fronte a interpretazioni e pubblicazioni tendenti a attenuare o a negare tale disordine grave, la
Lettera ribadisce che “la particolare inclinazione della persona
omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce, tuttavia una
tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale, pertanto coloro che si trovano
in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare
sollecitudine pastorale, perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione
moralmente accettabile”.13 Dopo aver definito “erronee e fuorvianti” le interpretazioni della Bibbia secondo le quali la Scrittura su
questo tema non avrebbe nulla da dire di certo, richiama l’armonia
che si deve riscontrare tra S. Scrittura, Tradizione e Magistero e
conclude l’esame della lettura biblica e della Tradizione affermando
che “la Chiesa, obbediente al Signore che l’ha fondata e le ha fatto
dono della vita sacramentale, celebra nel Sacramento del matrimonio il disegno divino dell’unione amorosa e donatrice di vita dell’uomo e della donna”. L’attività omosessuale non esprime un’attività complementare, capace di trasmettere la vita e pertanto contraddice la vocazione a un’esistenza vissuta in quella forma di autodonazione che, secondo il Vangelo, è l’essenza stessa della vita cristiana”.14
Il Documento, dopo aver preso le distanze dai gruppi di pressione che tentano di portare confusione all’interno stesso della Chiesa
cercando di assumere una sorta di rappresentanza di tutte le persone omosessuali e di invocare l’accusa di ingiusta discriminazione
nei confronti di chiunque non condivida le loro opzioni e posizioni
pubbliche, deplora con fermezza che le persone omosessuali siano
state e siano ancora oggetto di espressioni malevoli e di azioni violente. Simili comportamenti – afferma il documento – meritano la
12 ID. Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale (29 dicembre 1975) (Titolo latino: Declaratio Persona humana quibusdamquaestionibus ad sexualen ethicam
spectantibus). AAS 68 (1976): 77-96.
13 ID. Cura pastorale delle persone omosessuali..., n. 3.
14 Ibid., n. 7.
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condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi fondamentali su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.
In definitiva il documento, pur riconoscendo la possibilità che in
certi casi per singoli soggetti possono “esistere circostanze tali da
ridurre o addirittura da togliere la colpevolezza e altre circostanze
al contrario possono accrescerla” tuttavia conclude che “dev’essere
comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche
nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta
quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le
conferisce la sua particolare dignità”.15 L’esortazione finale per il
cammino cristiano di queste persone coincide con la indicazione
propria per ogni cristiano che è chiamato a praticare la virtù e ad
accettare la croce confidando nella Grazia liberante e nell’aiuto di
sacramenti che sono segni della vicinanza e della misericordia del
Signore Risorto che accompagna ogni credente nel cammino della
liberazione interiore e nella ricerca della volontà del Padre”. E mi
piace in proposito ricordare questa frase conclusiva del Documento:
“La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, non
può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento
solo al suo orientamento sessuale. Qualsiasi persona che vive sulla
faccia della terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita, risorse, talenti e doni propri. La Chiesa offre
quel contesto del quale oggi si sente una estrema esigenza per la cura della persona umana, proprio quando rifiuta di considerare la
persona puramente come un “eterosessuale” o un “omosessuale” e
sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere
creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna”.16
Questa lettera fu richiamata e riassunta con l’aggiunta di alcune
15 Ibid., n. 11.
16 Ibid., n. 16.
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considerazioni applicative da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, sempre durante la guida come prefetto del Card.
Ratzinger con un documento intitolato “Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione
delle persone omosessuali” la cui data è 23 luglio 1992.17 Questo
documento voleva portare suggerimenti e sostegno della Conferenza
Episcopale dei Vescovi degli USA per formulare una risposta critica
nei confronti di proposte di legge avanzate in ambito civile in favore
di certe richieste degli omosessuali avanzate in nome della “non discriminazione”. Tra queste risposte c’era il diritto ad avere alloggi
distinti e di poter adottare bambini, ecc.
Questo nuovo scritto, inoltre, richiamando i punti essenziali della
Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali che ho commentato precedentemente, precisa alcuni punti sul piano applicativo
che la tendenza omosessuale non va comparata al concetto di razza,
colore della pelle, origine etnica ecc, ma comporta delle condotte e
un disordine oggettivo in base al quale la esclusione di una richiesta
può essere legittima e non costituire una ingiusta discriminazione,
come l’esclusione di un soggetto inadatto da una competizione sportiva in presenza di una fragilità di salute. Al contrario si tratterebbe
di proteggere il suo bene. In molti casi inoltre concessioni fatte dalla legge alle persone omosessuali andrebbero a danno della famiglia che invece deve essere protetta.
Di maggiore peso sul piano pratico e giuridico è stato l’intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede sempre a firma
del Card. J. Ratzinger come prefetto in data 3 giugno 2003 intitolato: Diverse questioni. Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali.18 Il documento
nella sua brevità dichiara di non voler apportare novità dottrinali
dopo i molti interventi offerti dal Magistero della Chiesa e dai competenti dicasteri della Santa Sede. Riassume le caratteristiche “irrinunciabili” del matrimonio, richiamandosi alla S. Scrittura e alla
17 Cfr.: L’Osservatore Romano, 24 luglio 1992, p. 4.
18 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE. Nota. Diverse questioni. Considerazioni
circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno
2003). AAS 96 (2004): 41-49.
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Dottrina della Chiesa circa il Sacramento del Matrimonio per concludere che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire
analogie, neppure remote tra le unioni omosessuali e il disegno di
Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le
unioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale. Gli
atti omosessuali, infatti, precludono all’atto sessuale il dono della
vita. Non sono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati”.19 Il Documento
ripete il giudizio complessivo dal punto di vista dottrinale e morale
richiamando il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Secondo l’insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le
donne con tendenze omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone inoltre sono chiamate
come gli altri cristiani a vivere la castità. Ma l’inclinazione omosessuale è oggettivamente disordinata e le pratiche omosessuali sono
peccati gravemente contrari alla castità”.20
Circa gli atteggiamenti di fatto assunti dall’autorità civile il documento descrive:
a. alcune autorità civili si limitano alla semplice tolleranza del
fenomeno;
b. altre promuovono il riconoscimento legale di tali unioni con il
pretesto di evitare atteggiamenti discriminativi;
c. in alcuni casi si stabilisce l’equivalenza legale delle unioni
omosessuali rispetto al matrimonio propriamente detto.
In merito a queste ipotesi il documento suggerisce per il primo
caso della semplice tolleranza la necessità da parte dei cattolici di
prefissare la adesione al modello famiglia e ai suoi valori specifici,
rimanendo i cattolici testimoni della verità integrale; richiamare il
carattere oggettivamente immorale di tale comportamento e indicare il rischio per la gioventù che viene rappresentato dal dilagare del
fenomeno.
In presenza del riconoscimento legale e della equiparazione al
19 Ibid., n. 4.
20 Catechismo della Chiesa Cattolica; 2358, 2359. Sul tema della omosessualità si veda la
raccolta: MELINA L, BELARDINELLI S. Amare nella differenza. Siena: Cantagalli; 2012.
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matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest’ultimo, è
doveroso apporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da
qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione delle leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è
possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In
questa materia ognuno può rivendicare il diritto all’obiezione di coscienza.21
Contro il riconoscimento delle unioni omosessuali questo documento riassume le argomentazioni di ordine razionale, di ordine
biologico antropologico, di ordine sociale e di ordine giuridico, argomentazioni che qui non stiamo a trascrivere, ma sono molto utili e
rilevanti in presenza dei dibattiti diffusi. La conclusione del Documento è che: “La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone
omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione del
comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle
unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano,
favoriscano e proteggano l’unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le
unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la
conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche
offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità. La Chiesa non può non difendere tali valori per
il bene degli uomini e di tutta la società”.22
La Bioetica e l’etica dello sviluppo
Non ritengo possibile definire nei particolari l’apporto dell’allora
Card. Ratzinger nella elaborazione della Lettera Enciclica “Evangelium Vitae”, perché questa porta l’autorità e la firma di Giovanni
Paolo II: questo Pontefice pose il problema di una risposta globale
della Chiesa alla cultura e alle politiche antivita instauratesi in sen-
21 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE. Nota..., n. 5.
22 Ibid., n. 11.
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so globale per una programmazione planetaria di “controllo delle
nascite”, fu iniziativa di Giovanni Paolo II la convocazione del Concistoro Straordinario del 1991 al termine del quale fu presentata al
Santo Padre la proposta di illuminare la cattolicità e gli uomini di
buona volontà con un documento della più alta autorevolezza e il
Santo Padre ha seguito con il suo pensiero e la sua autorità la redazione di questo documento sintetico nelle sue diverse redazioni.
È certo che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha contribuito con il suo apporto e penso soprattutto in un nodo importante della Enciclica, quello del n. 73 sul dovere dei legislatori cattolici
in presenza di diverse proposte legislative che non corrispondono
alle norme della Chiesa Cattolica, da cui scaturì il principio della
liceità della scelta di limitare il danno a determinate condizioni appoggiando una legge non conforme totalmente alle posizioni del
Magistero.
Ma l’apporto specifico di Benedetto XVI come pontefice all’ambito complessivo della Bioetica ci è venuto soprattutto attraverso la
sua Enciclica “Caritas in veritate”.23 L’aver incluso il tema della
Bioetica nel più ampio tema dello sviluppo ha posto fine – così almeno speriamo – a quel dualismo che la cultura secolarista ha sempre tentato di fare nel giudizio sulle tematiche della morale cattolica, anche sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, quando sono stati sempre accolti i documenti del Magistero Cattolico quando affrontavano i temi sociali nella linea della solidarietà, ad es. la Enciclica
“Sollecitudo rei socialis” (30 dicembre 1987) o la Enciclica “Centesimus Annus” (1 maggio 1891) mentre veniva criticato il Magistero
quando toccava i temi della sessualità, della famiglia e della Bioetica in generale, ritenuti il regno della autonomia dell’inviduo (privacy). Ciò avveniva e continuava nonostante che da parte degli
scienziati stessi, economisti in particolare, come il premio Nobel
Garry Becker, già dal 1988 si avvertiva, con argomentazioni di carattere laico e scientifico che il capitale umano e la famiglia che lo
23 BENEDETTO XVI Lettera Enciclica “Caritas in veritate” sullo sviluppo umano integrale
nella carità e nella verità (29 giugno 2009) in Insegnamenti di Benedetto XVI. Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana; 2009: 1105-1185, (trad. it.) 1182-1246.
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produce rappresentano il fondamento della stabilità economica.24
La Enciclica “Caritas in Veritate” pone queste affermazioni molto
chiare: “uno degli aspetti più evidenti dello sviluppo odierno è l’importanza del tema del rispetto per la vita, che non può in alcun modo
essere disgiunto dalle questioni relative allo sviluppo dei popoli. Si
tratta di un aspetto che negli ultimi tempi sta assumendo una rilevanza sempre maggiore, obbligandoci ad allargare i concetti di povertà e di sottosviluppo alle questioni collegate con l’accoglienza
della vita, soprattutto là dove essa è in vario modo impedita. Non
solo la situazione di povertà provoca ancora in molte regioni alti
tassi di mortalità infantile, ma perdurano in varie parti del mondo
pratiche di controllo demografico da parte dei governi, che spesso
diffondono la contraccezione e giungono a imporre anche l’aborto.
Nei Paesi economicamente più sviluppati, le legislazioni contrarie
alla vita sono molto diffuse e hanno ormai condizionato il costume e
la prassi, contribuendo a diffondere una mentalità antinatalista che
spesso si cerca di trasmettere anche ad altri Stati come se fosse un
progresso culturale”.25
Questa è la denuncia del fatto cui fa seguito nello stesso numero
della Enciclica il giudizio orientativo e il collegamento con lo sviluppo integrale.
“L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Quando una
società s’avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per
adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono.
L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di
aiuto reciproco. Coltivando l’apertura alla vita, i popoli ricchi possono comprendere meglio le necessità di quelli poveri, evitare di impiegare ingenti risorse economiche e intellettuali per soddisfare desideri egoistici tra i propri cittadini e promuovere, invece, azioni
24 BEKER GS. Treaty on the Family. Harvard: Harvard University Press; 1981; DUMONT GF.
Implosione demografica in Europa?. Bologna: Lexicon EDB; 2003: 471-484.
25 BENEDETTO XVI. Lettera Enciclica “Caritas in veritate” sullo sviluppo umano integrale..., n. 28.
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virtuose nella prospettiva di una produzione moralmente sana e solidale, nel rispetto del diritto fondamentale di ogni popolo e di ogni
persona alla vita”.26
Benedetto XVI ha indicato un ulteriore collegamento di orizzonte
in questa Enciclica quando ha incluso il tema dell’ecologia dentro
l’antropologia facendo dell’uomo il centro della responsabilità della
custodia del creato e facendo di questa custodia una parte integrante dello sviluppo. Di fronte alle visioni monistiche dello sviluppo in
cui l’uomo viene ridotto a un elemento del sistema biocentrico, la
visione propria della creazione fa dell’uomo il custode responsabile
dello sviluppo e inoltre all’ecologia dell’ambiente Benedetto XVI
collega sulla scorta di quanto aveva già detto Giovanni Paolo II la
“ecologia umana”, quella interna cioè all’uomo, che coincide con il
rispetto della legge morale e della dignità della persona. Da questi
concetti rapportati a Dio, creatore dell’universo e Padre dell’umanità, emerge una visione ampia e unitaria della Bioetica all’interno
dell’etica dello sviluppo comprensiva dell’ecologia ambientale e di
quella umana. Su questo orizzonte di ampio respiro leggiamo il n.
48 della Enciclica: “Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti, e il suo uso
rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni
future e l’umanità intera.
Se la natura, e per primo l’essere umano, vengono considerati
come frutto del caso o del determinismo evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze. Nella natura il
credente riconosce il meraviglioso risultato dell’intervento creativo
di Dio, che l’uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i
suoi legittimi bisogni-materiali e immateriali nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l’uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al
contrario, per abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono
conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione
di Dio.
26 Ibid., n. 28.
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EDITORIALE
La natura è espressione di un disegno di amore e di verità. Essa
ci precede e ci è donata da Dio come ambiente di vita. Ci parla del
Creatore (cfr. Rm 1,20) e del suo amore per l’umanità. È destinata
ad essere “ricapitolata” in Cristo alla fine dei tempi (cfr. Ef 1,9-10;
Col 1, 19-20). Anch’essa, quindi, è una “vocazione”. La natura è a
nostra disposizione non come “un mucchio di rifiuti sparsi a caso”,
bensì come un dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l’uomo ne tragga gli orientamenti doverosi
per “custodirla e coltivarla” (Gn 2,15). Ma bisogna anche sottolineare che è contrario al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona umana. Questa posizione induce ad
atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo: dalla sola natura,
intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la salvezza per l’uomo. Peraltro, bisogna anche rifiutare la posizione contraria, che mira alla sua completa tecnicizzazione, perché l’ambiente
naturale non è solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma
opera mirabile del Creatore, recante in sé una “grammatica” che
indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e
arbitrario. Oggi molti danni allo sviluppo provengono proprio da
queste concezioni distorte. Ridurre completamente la natura ad un
insieme di semplici dati di fatto finisce per essere fonte di violenza
nei confronti dell’ambiente e addirittura per motivare azioni irrispettose verso la stessa natura dell’uomo. Questa, in quanto costituita non solo di materia ma anche di spirito e, come tale, essendo
ricca di significati e di fini trascendenti da raggiungere, ha un carattere normativo anche per la cultura. L’uomo interpreta e modella
l’ambiente naturale mediante la cultura, la quale a sua volta viene
orientata mediante la libertà responsabile, attenta ai dettami della
legge morale. I progetti per uno sviluppo umano integrale non possono pertanto ignorare le generazioni successive, ma devono essere
improntati a solidarietà e a giustizia intergenerazionali, tenendo
conto di molteplici ambiti: l’ecologico, il giuridico, l’economico, il
politico, il culturale”.27
Il concetto di ecologia umana è stato impiegato per la prima vol-
27 Ibid., n. 48.
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ta dal Beato Giovanni Paolo II nella Enciclica “Centesimus Annus”
ove afferma: “Non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che
deve usarla secondo l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata, ma l’uomo è stato donato a se stesso da Dio e
deve rispettare la struttura materiale e morale di cui è stato datato:
ci si impegna troppo poco per salvaguardare le condizioni morali di
un’autentica ecologia umana”. 28 Benedetto XVI riprende questo
concetto nella Enciclica citata: “Quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio.
Il sistema ecologico si regge sul rispetto di un progetto che riguarda
sia la sana convivenza in società sia il buon rapporto con la natura.
Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende
artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se
si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e con esso quello di
ecologia ambientale. Il libro della natura è uno e indivisibile sul
versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità,
del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola
dello sviluppo umano integrale”.29
In questo sistema Benedetto XVI coinvolge la complessiva tenuta
morale della società.
Elio Sgreccia
28 GIOVANNI PAOLO II. Lettera Enciclica “Centesimus Annus” (19 maggio 1991). AAS 83
(1991): 847, n. 38.
29 BENEDETTO XVI. Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”..., n. 51.
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