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INTRODUZIONE
L’etica riguarda molti aspetti dell’agire umano. In certi contesti le
azioni e gli atteggiamenti che riconosciamo come morali sono
sostanzialmente riconducibili al comportamento individuale. Chiunque includerebbe fra tali aspetti dell’etica l’onestà, la lealtà nelle
trattative, i legami familiari e la fedeltà verso gli amici e i colleghi.
Molti vi aggiungerebbero le credenze e le pratiche religiose; altri
ancora, in senso negativo, alcuni aspetti del comportamento sessuale, o l’uso o l’abuso di droghe e bevande alcoliche.
Questo libro si occupa del modo in cui la crescita dell’economia
– o la sua stagnazione – influiscono sulla costituzione morale di
una società. Ma anche ciò che costituisce una società morale ha
molti aspetti, e la sua stessa concezione varia a seconda delle culture e degli individui.
Il modello di società morale di cui io mi avvalgo per esaminare
le conseguenze prodotte dalla crescita economica è il modello proprio dei filosofi illuministi le cui idee furono fondamentali per la
creazione dell’America come nazione indipendente e continuano a
occupare un posto centrale nel pensiero occidentale. Fra gli elementi cruciali di questa concezione vi sono l’apertura delle opportunità, la tolleranza, la mobilità economica e sociale, l’equità e la
democrazia. Esistono certamente altre concezioni valide di una
società morale; ma quella che ho adottato come modello possiede
le caratteristiche che ho indicato e rispetto alle quali misuro il progresso o il regresso che gli sviluppi economici contribuiscono a
determinare. Qui non intendo in alcun modo discutere i motivi
xiv
introduzione
per cui queste caratteristiche di una società siano auspicabili, né,
tantomeno, cerco di dimostrare perché esse siano morali. Le considero tali per il motivo che Locke e Montesquieu, Adams e Jefferson
e i filosofi politici, teorici e pratici, che si sono occupati della questione da allora in poi, ne hanno riconosciuta la natura morale.
Sarebbe stato possibile scrivere questo libro da vari altri punti di
vista, e non soltanto perché persone diverse potrebbero concepire
in maniera diversa la società morale. Uno storico, un filosofo, uno
psicologo – per non parlare di un teologo – presumibilmente tratterebbero in maniere molto differenti questo stesso argomento. Pur
avendo attinto da tutte queste discipline, ho pur tuttavia scritto
quest’opera dal punto di vista di un economista. Avendo passato
metà della vita a studiare e indagare le politiche destinate a massimizzare la crescita del prodotto e dell’occupazione nei limiti consentiti dal potenziale dell’economia, e a espandere quel potenziale
nel tempo, desideravo dire perché il legame fra crescita economica
e progresso morale di una società rivesta tanta importanza per i
paesi (come il mio) dove il reddito medio è già elevato e gran parte
della popolazione gode di un tenore di vita confortevole. È questo
il punto di partenza della mia indagine.
E, naturalmente, ho scritto quest’opera ponendomi anche nella
prospettiva del tempo e del luogo in cui vivo. Uno dei miei colleghi
di Harvard con il quale ho discusso a fondo l’ipotesi relativa al
legame fra crescita economica e progresso morale che qui propongo, un eminente studioso europeo di quindici anni più anziano di
me, ha commentato che soltanto un americano – anzi, soltanto un
americano della mia generazione – avrebbe potuto scrivere un libro
che esprimesse un punto di vista talmente ottimistico sulla crescita
economica considerata dal punto di vista morale. Se questo giudizio è esatto, mi ci riconosco con piacere.
Benjamin M. Friedman
Cambridge, Massachussetts
luglio 2005
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